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GIUGNO 2013 Anno X N.146<br />
“Da uno che non è disposto a<br />
condividere con te il destino, non dovresti<br />
accettare nemmeno una sigaretta.”<br />
C. Pavese
EDITORIALE<br />
“C’è una speciale<br />
provvidenza anche nella<br />
caduta di un passero.”<br />
[W. Shakespeare, Amleto, atto V, scena II]<br />
Silvio Cattarina<br />
Tra le tante attività, dentro e insieme alla vita ordinaria delle Comunità e dei nostri Centri, tra poco ci attende<br />
un’importante, nuova ed impegnativa esperienza: la mostra dell’Imprevisto al Meeting di Rimini.<br />
Il ‘notiziario Meeting’ ha descritto con le seguenti parole l’evento che ci riguarda e che si dipanerà<br />
alla fine di agosto: “Una mostra che racconterà – attraverso testimonianze ed immagini – la vita della<br />
Comunità e le tappe del cammino che i ragazzi si trovano a vivere in essa, scegliendo come singolare<br />
punto di osservazione l’esperienza della ‘messa in vita’ (più che ‘in scena’) di Amleto di William<br />
Shakespeare che dal 2009 ha luogo tra le mura dell’Imprevisto. I cinque atti dell’opera diventano così<br />
altrettanti spazi di riflessione sul percorso terapeutico ed educativo della Comunità”. La mostra sarà<br />
curata da Gilberto Santini, Alessandro Di Carlo e Valeria Vallerani. Il titolo sarà: “Che opera d’arte è<br />
l’uomo! La bellezza come possibilità educativa. L’Imprevisto”.<br />
Peraltro l’ultimo atto di Amleto verrà rappresentato dai ragazzi della Comunità Terapeutica Educativa<br />
proprio negli ultimi giorni di <strong>giugno</strong>. Assisteremo ancora una volta, come del resto per ogni attività<br />
di ogni giorno, ma in talune di esse si manifesta in modo eccezionale ed emblematico, all’esperienza<br />
affascinante e feconda dell’immergersi nella prova, dell’interrogarsi, dell’irrompere dentro orizzonti<br />
inediti, avventurosi: l’esperienza dell’incontro con un gigante dell’umano che è appunto Shakespeare,<br />
per vedere e sperimentare la positività della vita, il dramma dell’amore, la sfida della libertà.<br />
Mi interrogo circa il motivo profondo per cui ai ragazzi piace tanto quest’esperienza di rappresentare<br />
Amleto: a memoria, dopo prove su prove, sbagli, riprese, richiami, studio diurno e notturno, la vergogna<br />
e la ritrosia, la paura del mostrarsi. Penso sicuramente alla bravura di Gibo e, in forza di questa<br />
anche alla forza del teatro. La recitazione accorata e convinta – peraltro davanti a persone care, ai genitori<br />
ed ai familiari – è la ricerca del proprio volto. E’ il proprio volto ritrovato e mostrato, rimostrato<br />
nuovo, inedito. Sorprendente.<br />
Un tempo i nostri ragazzi il loro volto l’avevano perduto, rovinato, svilito. Ora lo ritrovano, almeno<br />
tentano, lottano per ritrovarlo. Anche in compagnia dei grandi dell’umanità. Che serena e tranquilla<br />
speranza. Che curiosità a capire tutto fino in fondo, che ribaltamento di sguardi, di visuale. Che desiderio<br />
di comprendere e che capacità di stupore verso l’affascinante drammaticità della vita, che bisogno<br />
di commozione, di compassione.<br />
Nudi, spogliati dei vecchi abiti consunti della prova antica, strappati dal silenzio assordante del nascondimento<br />
e della sconsolatezza giungono sul palco, sul palco della vita, sul trono della vita ossia della<br />
presenza. Dalla follia del niente e del banale alla follia del tutto, del pieno, del sazio, del soddisfacente.<br />
Un dialogo a tu per tu, veemente e audace, ardimentoso con tutto il desiderio del proprio cuore e con il<br />
desiderio del cuore di tutti gli uomini, nessuno escluso.<br />
ORAZIO<br />
Un ragazzo come noi, che ha fatto tanti errori ma<br />
ha voluto riparare, chiedendosi sempre di più,<br />
senza lasciarsi travolgere ancora dal modello sbagliato<br />
di vita che la società moderna ci offre.<br />
Questo è Orazio, un ragazzo ventisettenne siciliano<br />
che dopo aver conosciuto Silvio, ha voluto<br />
conoscere e sentire dal vivo quello che succede a<br />
L’imprevisto.<br />
È venuto a Pesaro per una settimana, partecipando<br />
alle nostre assemblee, all’incontro del gruppo<br />
operativo, fino ad arrivare alle cene con le case<br />
di reinserimento. Insomma, ha voluto assaporare<br />
proprio tutto della realtà che ci circonda.<br />
Ci ha parlato di lui, dei problemi che ha avuto con<br />
le sostanze e dell’incontro che gli ha cambiato la<br />
vita, facendogli accendere “i fari” del desiderio,<br />
per vedere bene la realtà e per trovare una risposta<br />
alle domande della sua vita.<br />
Ci ha trasmesso tanta forza con la sua tenacia e<br />
ha paragonato il nostro rapporto con la comunità<br />
al suo rapporto con la ragazza, che non gli risparmia<br />
nulla e non si ferma davanti ad un traguardo<br />
raggiunto, ma è disposta a chiedere e a chiedersi<br />
sempre di più. Per lui è lo strumento attraverso cui<br />
Dio lo sta conducendo a una cosa grande.<br />
Ci ha colpito il suo modo di riuscire a vedere la<br />
bellezza e a farla sua, senza lasciarsela scappare<br />
per nessun motivo.<br />
Ha fatto così anche con Silvio (dopo aver letto il<br />
suo libro) quando ha saputo che sarebbe andato in<br />
Sicilia, offrendosi come suo autista personale.<br />
Ha messo da parte tutti i suoi impegni per qualcosa<br />
di più grande, per nutrire la sete della sua anima.<br />
Nei suoi occhi si vedono la speranza, la gioia e la<br />
voglia di vivere, cosa che ci ha voluto trasmettere<br />
con la sua presenza tra di noi, e ha voluto far tesoro<br />
delle nostre testimonianze per far si che la luce<br />
dei suoi fari sia sempre più forte e più chiara.<br />
Il nostro dolore è sacro, perchè ce lo ha messo<br />
Dio! Ci è servito infatti per incontrare e riconoscere<br />
il suo abbraccio. Che grazia che abbiamo<br />
ricevuto! Ci pensate? Ha già fatto tutto lui, a noi<br />
rimane solo di cedere ogni giorno al suo abbraccio,<br />
qualunque sia il nostro stato d’animo e voi<br />
che state vivendo la comunità siete privilegiate!<br />
Vivetela seriamente!<br />
Vi abbraccio una ad una.<br />
Orazio<br />
2<br />
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Caterina<br />
3
4<br />
IL BENE CHE NON SI ACCETTA<br />
Cosa succede ogni giorno alla comunità per tossicodipendenti “L’imprevisto” di Pesaro? Com’è strutturata?<br />
Come è nata? Abbiamo incontrato la comunità e il fondatore Silvio Cattarina con queste ed altre domande e<br />
siamo tornati a Rimini con negli occhi la bellezza di quelle facce. Quest’anno saranno presenti al Meeting con<br />
una mostra, un’occasione per incontrarli ed ascoltare le loro testimonianze.<br />
di Erika Elleri e Valentina Gravaghi<br />
In una giornata di sole splendente partiamo dal Meeting di Rimini alla volta della comunità maschile de<br />
“L’Imprevisto”, situata alle porte di Pesaro, a ridosso della spiaggia e della ferrovia. Volevamo incontrarli,<br />
guardare le loro facce e ascoltare i loro racconti. Infatti, proprio quest’anno saranno al Meeting con una mostra<br />
per parlare di quello che sta accadendo ogni giorno in quella comunità nata ben 23 anni fa dall’intuizione<br />
di Silvio Cattarina. Una mostra che racconterà, attraverso testimonianze e immagini, le tappe di un incontro<br />
fatto nella Comunità, scegliendo l’esperienza di Amleto come punto di osservazione. I cinque atti dell’opera<br />
Shakespeariana, grazie all’apporto di Gilberto Santini, diventano spazi di riflessione sul percorso terapeutico<br />
ed educativo della Comunità.<br />
Un interesse, quello di Silvio per la tossicodipendenza, nato da giovane e che è maturato grazie all’incontro<br />
con due sacerdoti, Don Gianfranco Gaudiano di Pesaro e don Luigi Giussani e poi con alcuni amici che lo<br />
hanno in qualche modo indirizzato verso quel percorso, che lo avrebbe portato a fondare quest’opera.<br />
Ci si spalanca un mondo<br />
Entrati nel suo ufficio ci si spalanca un mondo, che ha a che fare con lui e la sua storia: pareti colorate, farfalle<br />
e uccellini e decine di foto di amici e personaggi, che sono passati di lì o che semplicemente lui ha incontrato.<br />
È con la stessa semplicità e trasparenza, senza alcun distacco, che lui si propone ai ragazzi che arrivano in<br />
comunità. «Non c’è separazione – ha affermato – tra noi e i ragazzi. Non forniamo loro un servizio, ma gli<br />
proponiamo un’amicizia che dura per sempre». Il contrario delle tecniche pedagogiche insegnate in Università.<br />
«Per noi responsabili – ha continuato - ogni ragazzo è sempre un imprevisto, un incontro, un’avventura<br />
che dura tutta la vita». Ed è proprio dagli ultimi versi della poesia di Montale “Prima del viaggio” che prende<br />
il nome la comunità, esemplificando l’attesa del cuore di ogni uomo: “Un imprevisto è la sola speranza”. «Se<br />
chiedi ai ragazzi l’origine di quel nome – ci ha raccontato con un sorriso - ti rispondono che è una bella poesia<br />
di don Giussani. E questo mostra come loro siano in grado di andare subito alla fonte delle cose».<br />
La comunità<br />
Il notiziario meeting con questo articolo lancia la notizia della Mostra alla<br />
manifestazione riminese di fine agosto<br />
La comunità accoglie ragazzi di età compresa tra i 15 e i 21 anni e il tentativo degli educatori è quello di andare<br />
all’origine di tutto. «Vogliamo comprendere, capire e giudicare assieme quello che è la vita e la persona. È un<br />
lavoro di giudizio che implica due incontri al giorno (uno al mattino e l’altro al pomeriggio) e i ragazzi sono<br />
chiamati a giudicare e a raccontare verbalmente e per iscritto la loro vita». Perché per loro la parola è importante.<br />
È un modo per far venir fuori la persona. «Vogliamo scavare nel cuore delle persone per capire sempre<br />
di più il mistero della vita. Desideriamo che accada una grande cosa tra noi e i ragazzi, fare un’esperienza<br />
forte di vita insieme, di novità e scoperta. Non ci basta uscire dal male della droga. Vogliamo incontrare tutto,<br />
desideriamo il miracolo». Questo è il modo in cui Silvio si pone davanti ai ragazzi, è la sfida che lancia loro<br />
fin dall’inizio. Il percorso di recupero dura circa due anni, anche se va valutato caso per caso, e all’inizio si<br />
toglie loro tutto: dal piercing al telefonino, al contatto con le morose, perfino la scuola. Gli orari sono rigidi,<br />
scanditi da assemblee, dalle mansioni quotidiane. «Tutto serve perché la vita dei nostri centri sia un continuo,<br />
grande struggimento».<br />
Il metodo<br />
Nel tempo il metodo di Silvio è cambiato. All’inizio rimaneva molto colpito dalle storie drammatiche dei ragazzi<br />
e delle famiglie e cercava di trovare una soluzione per aiutarli. Pian, piano ha smesso di essere colpito<br />
da loro, ha smesso di studiarli e ha cominciato a pensare a sé, a parlare con loro apertamente e a dire loro:<br />
«Pensiamo ad un’avventura che sia per sempre e che ci prenda totalmente». Infatti, la sfida è che attraverso<br />
tutte le cose che devono fare - il lavoro, le attività, il teatro, lo sport - possano scoprire se c’è qualcosa che<br />
va loro incontro e che li solleva. Il contrario della logica della droga, che si esprime emblematicamente con<br />
il termine “mi faccio”, come se la soluzione fosse dentro di sé e quindi come se bastasse immettere una sostanza.<br />
La grande scoperta, invece, è che la soluzione sta al di fuori di noi. «Quello che vi distrugge – dice<br />
Silvio ai ragazzi - e che vi ha fatto soffrire non è il male, ma il bene che non si accetta». Poi aggiunge: «E qui<br />
cerchiamo di mostrargli come il bene non sia solo in questo luogo, ma che c’è sempre stato nella loro vita,<br />
semplicemente non l’hanno saputo accettare». Molti ragazzi se la prendono con i genitori, perché non sono<br />
mai stati guardati, considerati da loro. Silvio li sprona dicendo loro: «smettetela di andare contro voi stessi e i<br />
vostri genitori, tutto il combattimento vivetelo contro Dio». In modo che possano esprimere al meglio il grido<br />
che c’è al fondo di loro.<br />
All’altezza del grido del cuore<br />
«Desidero – ha continuato - che siano all’altezza del grido che agita il loro cuore. Invitandoli a parlare è come<br />
se dicessi loro: impara a gridare, non temere di tirare fuori quello che hai nel cuore, tutte le domande di verità,<br />
di senso religioso, gli interrogativi che riguardano il senso della vita, il valore dello studio e del lavoro, il<br />
perché della droga, della malattia, della morte». Qui si comprende bene il loro bisogno di avere qualcuno da<br />
guardare, qualcuno che sia per loro una presenza. «Tuttavia, diciamo loro di non guardare noi, ma dove noi<br />
guardiamo, così da imparare a gridare come facciamo noi».<br />
Cosa troveranno dopo?<br />
“E quelli che escono cosa troveranno?” è la domanda di molti genitori. E la risposta di Silvio è sempre la<br />
stessa: «Qui imparano che la realtà viene loro incontro e quindi verranno trovati e non devono trovare niente.<br />
Tutto accade nell’istante e si impara a scoprire di essere trovati, chiamati». Da qui sono passati circa 900 ragazzi<br />
e la maggior parte ce l’ha fatta ad uscire dal tunnel. Alcuni di essi hanno deciso di rimanere. C’è perfino<br />
un appartamento che accoglie i ragazzi che dopo il percorso hanno deciso di restare e per l’occasione ci hanno<br />
invitato a pranzo per offrirci un piatto di pasta preparata da loro. Facce solari e sorridenti di chi ha vissuto un<br />
dramma, ma che ora è pronto ad affrontare tutto.<br />
Eugenio, ad esempio, ci ha confidato «Ho sempre avuto questo pensiero, se ci potesse essere veramente un<br />
posto dove poter essere libero, me stesso. Qui ho imparato ad accettare i limiti miei e degli altri, ad avere fiducia<br />
in me stesso e negli altri, nel gruppo». Oppure Stefano ha parlato dell’”emozione sana” che emerge nel<br />
recitare: «La positività di quell’esperienza ci ha tirato fuori il bello che ciascuno di noi ha dentro di sé. Oltre<br />
la fatica, l’impegno».<br />
Questi ragazzi saranno al Meeting, per raccontarci di loro, dei loro drammi e di quello che vivono ora, dal<br />
teatro all’esperienza nella comunità. E lo fanno con quel sorriso sulle labbra di chi ora sa chi guardare.<br />
5
amici spagnoli<br />
Il 27 Maggio è venuto a trovarci un gruppo di spagnoli<br />
amici di Silvio. La loro conoscenza è avvenuta<br />
2 anni fa quando tre dei nostri ragazzi, Lorenzo<br />
M., Riccardo S., Stefano M., insieme a Silvio sono<br />
partiti per Madrid per visitare un carcere minorile.<br />
Lì hanno incontrato Don Alvaro, un prete che si<br />
presta a confessare i detenuti. Da quest’incontro chi<br />
è rimasto più colpito è stato proprio Don Alvaro,<br />
in particolare dalle nostre testimonianze: quasi non<br />
credeva alle parole dei ragazzi e allo sguardo stupito<br />
dei detenuti. Appena finito l’incontro ha voluto<br />
sapere da Silvio come contattare l’Imprevisto, “la<br />
nostra comunità”, perché come ci ha descritti lui, a<br />
Madrid non esiste un luogo come questo. Là, a chi ha problemi con la legge o dipendenza non viene data nessuna<br />
alternativa al carcere ed è proprio questo che ha spinto Don Alvaro a venirci a trovare di persona. Quello che<br />
mi ha colpito di più è come in una città così grande come Madrid, ragazzi come noi, con gli stessi problemi non<br />
abbiano la possibilità di fare un lavoro, un percorso sulla propria persona e magari riuscire consapevoli di poter<br />
affrontare diversamente le difficoltà di ogni giorno e trascorrere una vita migliore di prima.<br />
Dario P.<br />
Il 28.05 il Tingolo è stato “invaso” da dominatori spagnoli: tre hombres e tre mujeres! Questi amici madrileni<br />
sono venuti a farci visita, dopo aver conosciuto Silvio all’incontro fatto con alcuni dei nostri ragazzi a Madrid.<br />
Volevano conoscere la nostra realtà e la “magia” che ci cattura e ci tiene legate a questa esperienza sin dal primo<br />
giorno in cui entriamo. Abbiamo raccontato di noi, e due compagne di origine sud americana hanno potuto<br />
parlare per tutto il tempo nella loro lingua madre, approfittando dell’occasione, visto che c’era chi le capiva. Gli<br />
spagnoli, ci hanno raccontato di loro e della loro esperienza che li lega ai ragazzi del carcere minorile, dove vanno<br />
ad allietare le giornate e a portare un po’ di gioia. Dopo l’assemblea sono rimasti con noi a pranzo (c’erano anche<br />
Silvio, Giancarlo e Grazia), e hanno apprezzato le nostre “doti culinarie” e la cucina italiana. è stato un incontro<br />
interessante, dove abbiamo potuto constatare che, nonostante le differenze culturali e le nazioni che ci dividono,<br />
siamo legati dallo stesso desiderio di lasciarci guidare da Qualcun altro, affinché la nostra strada diventi meno<br />
tortuosa e sempre più sicura, ma con un invidiabile paesaggio a farci da cornice!<br />
Caterina<br />
amici russi<br />
Il 5 Giugno, accompagnato dalla professoressa<br />
Elena Mazzola, ci ha fatto visita il noto filosofo russo<br />
Alexander Filomenko.<br />
“Era tanto tempo che non vedevo nello stesso posto un gruppo<br />
di persone così belle e mentre ascoltavo i vostri racconti pensavo<br />
“che cos’è questa bellezza?”. Le mosche aiutano molto in questo.<br />
Un filosofo che io amo molto,Wittgenstein, diceva che il compito<br />
della filosofia è molto semplice. Il compito della filosofia è quello<br />
di far vedere alle mosche la via d’uscita dalla trappola. In una<br />
bottiglia di vetro sbattono contro il vetro. Se la mosca è fortunata<br />
riuscirà a volar via e non si ricorderà neanche più dov’era il problema.<br />
Io sono sicuro che l’uomo quando vede la bellezza non<br />
pensa più a se stesso.<br />
È una fortuna grandissima che noi abbiamo potuto vedere questa<br />
bellezza, è impressionante quant’è fragile, non siamo noi fragili,<br />
è la bellezza fragile.<br />
Noi pensiamo sempre a come difendere noi stessi, a come risolvere<br />
i nostri problemi, ma quando la bellezza arriva, tu ti dimentichi<br />
di te e ti rendi conto che c’è bisogno di difendere quella bellezza.<br />
Noi troviamo sempre delle cose più importanti della bellezza, difendiamo<br />
qualsiasi cosa, il nostro onore, lo Stato, i nostri valori e<br />
pensiamo che per la bellezza c’è sempre tempo e così moriamo.<br />
Invece lei ha bisogno di un rapporto, come quello di una madre<br />
con il bambino.<br />
Una volta ho invitato da me dei miei amici da Mosca, dalla Siberia, dall’Italia e tutti con la stessa caratteristica:<br />
erano tutti del Movimento ed erano tutti miei amici. Io volevo fargli conoscere i miei amici ucraini. Era<br />
un momento così grandioso che chiamai anche un giornalista che potesse scrivere di questa cosa e il giornale<br />
“Tracce” molto gentilmente mi ha mandato una persona. Ho incontrato questo giornalista e siamo andati in<br />
giro. Cinque minuti abbiamo chiacchierato e mi ha colpito che con lui è stato un discorso serio iniziato molto<br />
in fretta. È stato un discorso molto rapido e bello e ci siamo detti a vicenda che cosa ci rende vivi. Io gli ho<br />
raccontato dei miei ragazzi che hanno avuto dei problemi e la loro storia è stata difficile come la vostra, e lui<br />
mi ha raccontato che qualche giorno prima di quel viaggio in Ucraina era stato a Pesaro, e mi ha parlato tutto<br />
il tempo di Pesaro. Poi ho rincontrato questa persona dopo qualche anno e mi ha detto “non sono più un giornalista”.<br />
E io “come no? cosa fai?” “Sono andato a lavorare a Pesaro”! In quel momento mi sono detto che<br />
dovevo assolutamente capire cosa succedeva a Pesaro.<br />
...Volevo dire una cosa sulla decisione di seguire l’operatore, ma non sentirsi all’altezza..<br />
Io ho una poetessa e teologa preferita, si chiama Olga Sedakova e sono quasi sicuro che vincerà il premio<br />
nobel. Io avevo quasi paura a parlare con lei, ma lei mi piaceva molto ed io pensavo sempre parlando con lei<br />
di non essere all’altezza e non dire sciocchezze, non deluderla, tutte le cose che capitano normalmente quando<br />
ami una persona. Quando l’ho incontrata, ho capito che c’era una strada molto semplice, cioè che grazie a Dio<br />
potevo invece che parlare con lei, portare le sue valige! Oppure ad esempio lei cercava il suo accendino, non<br />
lo trovava ed io le ho dato il mio. Cioè ti trasformi in un servitore e per qualche ragione questa è una grande<br />
felicità e mi sembra che il rapporto con la bellezza sia proprio costruito in questo modo. A me sembra che<br />
quando tu fai una fatica per seguire qualcuno significa che deve ancora succedere qualcosa d’importante, non<br />
hai ancora capito com’è facile per le mosche uscire dalla finestra aperta!!”<br />
6 7
don onelio e<br />
ARIANNA<br />
Lunedì 27 Maggio ho cominciato il tirocinio all’opera Padre Damiani:<br />
aiuto gli infermieri, gli inservienti, i malati. Già da subito mi sono<br />
trovata bene con le persone che ci sono. Ho preso confidenza con gli<br />
anziani, ma in particolare mi è accaduto di incontrare Don Onelio, un uomo<br />
apparentemente molto burbero, di poche parole, con un età molto lunga che gli ha portato<br />
via anche la forza di muoversi per cui è sulla sedia a rotelle.<br />
Ho avuto la fortuna di parlarci, e quando, presentandoci, mi ha detto che era un prete, ho sentito il desiderio<br />
di chiedergli se poteva e voleva confessarmi. Lui ha cambiato espressione e non ha esitato a dirmi<br />
di si.<br />
Da lì il suo volto e le sue parole sono diventate più chiare che mai, tant’è che ho subito intuito che il Signore<br />
stava lì, attraverso lui, attraverso il suo sguardo limitato. Era immenso il suo sguardo, ho pregato<br />
con lui, e siccome io gli ho detto che spesso cerco Dio solo nei momenti di difficoltà, mi ha detto di non<br />
preoccuparmi, perché noi andiamo dai ricchi perché siamo poveri, cosa che non ho ben compreso del<br />
tutto, ma ho capito quando mi ha detto di ringraziare il Signore sempre per quello che ho, assolvendomi<br />
e perdonandomi.<br />
Da lì, le poche volte che ho rivisto Don Onelio mi ha sempre sorriso e due giorni dopo sento arrivare<br />
l’ambulanza: era lui che non stava bene.<br />
Il giorno seguente vado al lavoro e mi fermo in ufficio a parlare con Angela, uno dei miei punti di riferimento,<br />
e lei mi ha detto che Don Onelio era deceduto.<br />
Cosa significa per me tutto questo?<br />
Parlandone con Grazia, con le compagne, con Augu e con Gianchi, si è capito che non è un caso questo,<br />
bensì un avvenimento, una fortuna, una presenza che si è manifestata a me. Io ho avuto un’intuizione<br />
che può essere minima rispetto a quello che veramente può dirmi un avvenimento così, però è come se<br />
il messaggio fosse: “Io ci sono sempre, ma tu cercami nelle persone che hai accanto, e dai qualche cosa<br />
anche tu, ringrazia e sii cosciente della tua povertà, così da poter chiedere a chi ha”.<br />
Sommato a questo periodo, a tutte le novità che mi vengono addosso a fiume, ho ancora più chiaro che<br />
non posso permettermi ancora di ridurmi a poco, di pensare di farmi da sola ancora, di preoccuparmi,<br />
perché sono certa che qualcuno pensa a me, anche attraverso la comunità, e lo sto sentendo da vicino.<br />
Arianna<br />
la paternità è una ferita<br />
Intervento svolto da Gabriele Balestra nel mese di Marzo a San Carlo di Cesena<br />
Sono Gabriele ho 44 anni, vivo a Forlì e faccio il contadino. Sposato con Barbara dal ’98, abbiamo 4<br />
figli.<br />
Ho finito la comunità a Pesaro nel Marzo ’94. Nonostante l’età non ho ancora capito come si fa ad essere<br />
figlio, figuriamoci ad essere padre di 4 figli. Il segno della paternità è quello della ferita, il dolore, il colpo<br />
prodotto dalla perdita. Il fatto storico che lo esprime meglio, per ogni tempo, è l’evento che si produce<br />
sul Golgota: il figlio che viene colpito nel nome del padre! La paternità incontrata in comunità mi ha insegnato,<br />
testimoniato, che la vita non è solo appagamento, conferma, rassicurazione materna, ma anche<br />
perdita, mancanza, fatica e dolore! La comunità dava un compito ed una direzione, ed era esigente…<br />
aveva il coltello dalla parte del manico! Ma il cancello era aperto e noi eravamo “liberi” di tornare nel<br />
mondo delle favole. Ma questi padri che ho incontrato e con cui lottavo ma perdevo, mi volevano bene<br />
anche quando sbagliavo, mi valorizzavano…cioè mi rendevano più forte...! Cioè il padre ti da due scapaccioni<br />
ma crede nei suoi figli, più di loro stessi...Ecco io sono un padre un po’ così, un padre che porta<br />
una ferita, un dolore…quello di vedere i limiti che la vita mi ha lasciato scolpiti nel carattere dei figli.<br />
Ma so anche che son buoni figli e che la vita gli farà capire il senso di quei limiti. Sono un padre che ha<br />
sbagliato e che sbaglierà ancora, che quando si arrabbia è cattivo. Il dolore per questo a volte mi spalanca<br />
una porta: capisco che ha senso, questo dolore, e spero mi renda migliore!<br />
A volte non lo dimostro, ma sono un padre contento dei miei figli, di vedere come si impegnano nella<br />
scuola e nello sport, ognuno a seconda delle proprie possibilità. Come cantava Celentano: “Conto su di<br />
te, non pretendo e non voglio che diventi un re, nè un campione sul miglio, ma soltanto che tu faccia<br />
sempre del tuo meglio”.<br />
A volte, parlando con mia moglie dei figli concludo dicendo: “Ma si dai, tra un po’ avremo problemi<br />
maggiori...con l’arrivo delle tempeste e dei monsoni adolescenziali ne vedremo delle belle!” Più profondamente<br />
penso, dovranno fare la loro strada, come io ho fatto la mia, sbagliare per trovare quella giusta,<br />
piangere per amore o per un’ingiustizia, gioire per la presenza di un amico e del mondo così bello, anche<br />
solo per la linea di un crinale!<br />
Non ho la certezza che andrà tutto bene, che saranno loro a farmi il funerale, che io riesca ad accettare la<br />
loro idea di libertà e di felicità…che non combacerà di certo con la mia. In tutto questo spero di rimanere<br />
al fianco di mia moglie e che venga qui un Angelo a dirmi: “TUTTO CIò NON è CONTRO DI TE, MA<br />
PER TE!” Questa certezza, che io non so darmi, ma che spero mi sia data, vorrei che accompagnasse la<br />
mia paternità e il mio cammino.<br />
8 9
“QUEL SI CHE NON MI ASPETTAVO”<br />
Sabato 25 maggio era la giornata<br />
dell’incontro genitori ma per via di un<br />
provvedimento noi del Tingolo non<br />
l’abbiamo fatto…sembrava una giornata<br />
qualunque finché poco prima del<br />
pranzo si è presentata Grazia e ci ha<br />
comunicato che verso le 16 sarebbero<br />
venuti a trovarci alcuni suoi amici. Siamo<br />
rimasti incuriositi fino a quell’ora<br />
visto che non sapevamo chi fossero,<br />
finché non vediamo entrare una decina<br />
di bambini dai 9 ai 14 anni, un frate, due maestre e il marito di una di quest’ultime: era la classe di<br />
catechismo di S. Bernardino di Urbino che si stava preparando alla cresima.<br />
Alcune di noi avrebbero dovuto fare una testimonianza, io, Daphne, ero tra queste. Premetto che per<br />
parlare ho sempre detto di no, ma quel giorno quando Grazia e le compagne me lo hanno chiesto ho<br />
deciso per il SI e come me anche altre compagne.<br />
Non mi aspettavo che quel SI, che spesso mi nego perché troppo presa da quello che io penso di non<br />
saper fare, cambiasse quel momento, non solo per me che ho testimoniato la mia esperienza e il mio<br />
bisogno, ma per tutti.<br />
Dopo aver parlato noi e aver risposto alle domande fatte da loro, l’ultimo intervento, quello di Filippo,<br />
marito di una delle maestre, è stato quello che ci ha colpito di più: veder commuoversi un uomo che<br />
poco prima era entrato senza grandi aspettative ci ha confermato ancora una volta quanto sia straordinario<br />
addentrarsi fino alle viscere della verità e del bisogno.<br />
Arianna e Daphne<br />
Care sorelle,<br />
sì, ho detto sorelle, perché ieri quando sono entrato nella stanza<br />
dove eravate a sedere tutte insieme, ho ridotto tutto (eravate tutte<br />
donne, c’era il fumo, i tatuaggi) e mi sono detto: “ma dove sono?”<br />
Ero a disagio e volevo andare via da lì, ma quando avete incominciato<br />
a testimoniare la vostra vita in modo vero, in quel momento<br />
è accaduto un fatto, un imprevisto che ha frantumato le<br />
mie riduzioni e mi ha legato a voi come sorelle, perchè quello che<br />
avete detto mi corrispondeva più di me stesso, e quando accade<br />
questo, io non posso che inginocchiarmi davanti a questa cosa e<br />
riconoscerla, quindi se all’inizio sarei scappato dal Tingolo, alla<br />
fine non sarei più andato via.<br />
Questo cambiamento capisco che non posso darmelo da solo, io<br />
al massimo arrivo solo a ridurre.<br />
Vi abbraccio forte.<br />
Nel mese di Aprile in mattinata un gruppetto di noi ragazzi, accompagnati<br />
da Valeria, ci siamo recati alla prefettura di Pesaro, attesi<br />
da un’insegnante che ci ha guidato nella mostra dedicata alla vita e<br />
storia dello scienziato francese Jérôme Lejeune.<br />
Lejeune fu uno scienziato, affascinato dal mistero dell’essere umano, che dedicò la propria esistenza<br />
allo studio e alla comprensione delle persone affette dalla sindrome di down. Prima delle sue scoperte,<br />
le persone portatrici di questa malattia erano considerate inferiori, contagiose per la società al punto<br />
da essere emarginate e private dei diritti dell’uomo.<br />
Lejeune fin da subito si innamorò di queste persone, perché le considerava degne di grandi cose, come<br />
qualsiasi altro essere umano; lui voleva cercare in ogni cosa la verità e dopo studi e ricerche, nel 1958<br />
scoprì l’origine della malattia nota come trisomia 21. Fu il primo a schierarsi contro l’ignoranza di<br />
molti e a sostenere le sue idee di giustizia e verità, credendoci anche quando tutto quello che stava<br />
costruendo sembrava sbriciolarsi. Questo perché la comunità scientifica decise di usare la scoperta di<br />
Jérôme Lejeune come possibilità di eliminare il problema alla radice, tramite l’aborto per chi scopriva<br />
di avere un figlio down. In Lejeune si aprì una profonda ferita nel cuore dopo questa terribile notizia<br />
e per anni combattè per far sì che queste persone godessero del dono della vita e del bene degli altri<br />
così come erano, a costo di rimetterci la propria carriera e reputazione. La vita di quest’uomo mi ha<br />
colpito molto perché, come succede anche qui a l’Imprevisto, egli guardava quello che i suoi piccoli<br />
amici portavano, non il loro limite, guardava il loro grande desiderio di vivere, di essere in qualche<br />
modo all’altezza, come tutti noi.<br />
Riccardo L.<br />
10<br />
Filippo<br />
11
c’è posta per...<br />
Ciao Silvio,<br />
ti scrivo per ringraziare per i due giorni passati con voi festeggiando il mio 50esimo compleanno e rivivendo<br />
dopo qualche mese di assenza dall’uscita di Tommaso dalla comunità l’incontro genitori.<br />
Ancora una volta ho potuto toccare e sperimentare di come siamo voluti bene e che il Buon Dio non ci<br />
abbandona mai, anzi ti è sempre vicino in modi inaspettati che escono dai tuoi progetti e ti fanno dire<br />
che tutto è fatto e voluto da un Altro, anche se molte volte non lo capisci soprattutto quando fai fatica,<br />
tutto questo è per un bene più grande, come dici te è PER SEMPRE, come il getto della fontana di Storo.<br />
Forse ancora più di prima dei due anni trascorsi con voi durante la permanenza di Tommi in comunità<br />
ho sentito di appartenere ad una cosa grande.<br />
L’accoglienza tua, di Miriam, di Dicio e Valeria, ma soprattutto lo sguardo, la semplicità e la gioia dei<br />
ragazzi della casa di reinserimento, mi hanno confermato che il bene vince su tutto, ed anche le storie<br />
dei nostri ragazzi lo testimoniano.<br />
Come non emozionarsi nell’abbraccio tuo Silvio, o quello dei ragazzi che per poco durante la foto mi<br />
facevano ribaltare, o l’amore con cui Valeria stava insieme ad Achille il figlio di Francesco, oppure il<br />
saluto di Dicio a Tommi con un bacio che dice tutto, oppure di come avete preparato la cena, l’attenzione<br />
in tutti i particolari senza lasciare da parte niente perché tutto è importante nella vita.<br />
Alla fine della giornata mi chiedevo perché ciò è avvenuto e pur riconoscendo che siete per me delle<br />
persone speciali, ciò non mi bastava perché vorrebbe dire che se un giorno non ci incontrassimo più tutto<br />
finirebbe.<br />
Per questo tornando a casa e parlando con Tommi e Anna, era ancora una volta evidente la certezza che<br />
voi siete per me il mezzo per guardare e riconoscere qualcosa di più grande.<br />
Ed allora la prima cosa che ho fatto è stato di ringraziarLo.<br />
Un altro momento che mi ha colpito è stato l’incontro fatto con Gabriele Balestra alla fine dell’incontro<br />
genitori.<br />
Io non avevo mai visto Gabriele ma da subito sembrava che ci conoscessimo da sempre, infatti te Silvio<br />
ci hai chiesto vedendo come parlavamo, da quanto ci conoscevamo e la risposta di entrambi è stata da<br />
Sempre o come durante il colloquio Gabriele mi chiede cosa avrei fatto io davanti al tuo invito pressante<br />
di pranzare a casa tua con lui, essendo combattuto tra tutti i suoi impegni di famiglia .<br />
Anche qui capisco che tutto è accaduto perchè qualcun altro ci tiene insieme, altrimenti perchè chiedi un<br />
consiglio ad uno che hai conosciuto da 5 minuti.<br />
Ora mi fermo altrimenti mi commuovo ancora.<br />
Grazie ancora di tutto.<br />
Giuliano<br />
Cosa mai potrò fare?<br />
L’attenzione alla persona non può sfuggire…in nessun caso e sono le azioni che contano! Tante volte<br />
siamo uomini feriti, alcune volte può scapparci un sorriso, altre volte esplode forte la rabbia o scende<br />
una lacrima. Due giovani ragazzi, dall’espressione di angeli e di bravi ragazzi, sprigionano in me forti<br />
emozioni e la voglia di fare. Cosa mai potrò fare per loro e per tanti come loro? Ho conosciuto Stefano<br />
e Claudio, ho sentito le loro storie, ho avvertito un grande senso di appartenenza alla comunità, una<br />
grande consapevolezza “nel voler vincere il dolore e la sofferenza”. Vi è una luce prorompente nei<br />
loro occhi: un sacrificio immenso nel dire e raccontare le loro storie.<br />
Amiamoli, non possiamo fare altro, amiamoli per come sono, per dove sono arrivati ma soprattutto<br />
non dimentichiamoci mai del loro essere persone! Abbattiamo ogni resistenza nei confronti del problema:<br />
“l’uomo va amato, accolto, con i suoi limiti, e i suoi errori”, infondiamo loro coraggio perché<br />
si può e si deve cambiare! Aumentiamo la loro forza con impegno e metodo…<br />
Iva<br />
Guerrino Ottaviani, da lunghi anni preside dell’Istituto Alberghiero,<br />
è deceduto pochi giorni fa.<br />
Cara Signora Ottaviani,<br />
mi chiamo Marigona, sono un’ex studentessa dell’istituto professionale “Branca”.<br />
Ci tenevo a scriverle per testimoniare a lei e alla sua famiglia la mia vicinanza in questo momento<br />
così doloroso per la improvvisa perdita che avete avuto. Non ci conosciamo ma ci tengo a dirle di<br />
come suo marito per me non sia stato solo un dirigente scolastico, ma un adulto da seguire per come<br />
nella sua fermezza prendeva a cuore noi studenti. Pensi che molte volte mi fermavo nel suo ufficio<br />
semplicemente per salutarlo e scambiare due parole. è stata una presenza, quella vissuta con lui, di<br />
grande significato e importanza.<br />
Quando ho ricevuto la triste notizia mi sono sentita spiazzata, assalita da mille domande…perchè<br />
devono accadere certi drammi? La risposta non ce l’ho, ma quello che di certo c’è è l’impronta che il<br />
Preside Ottaviani ha lasciato, ciò che ci ha trasmesso e che vivrà sempre.<br />
Nulla e nessuno può distruggere o eliminare la verità e la grandezza che attraverso di lui è stata portata.<br />
Io non so se lei è credente; io la fede l’ho riscoperta in questi ultimi anni. Ci tengo a dirle che prego<br />
molto per voi, perchè da questo dolore possa fiorire qualcosa di buono, come per me è stato nell’esperienza<br />
di dolore per la perdita di mio padre alcuni anni fa. Sono certa che dal Cielo il Signor Ottaviani<br />
sarà per sempre con voi perchè nulla, neanche la morte vince sull’amore che dalla vostra famiglia è<br />
germogliato. Io credo che possa davvero esserci ‘un per sempre’, qualcosa e Qualcuno di eterno.<br />
Se posso permettermi nel salutarvi vorrei anche abbracciare lei e i suoi figli.<br />
Questo è il testo di una canzone di Claudio Chieffo che ci tengo a farvi leggere:<br />
“Non avere paura piccolo figlio mio, è la strada più dura che ti porterà là, lascia dunque il sentiero<br />
prendi i campi e va. C’è qualcuno con te, non ti lascerà mai, non avere paura, prendi i campi e vai.<br />
Quando incontrerai il lupo, la volpe o il leone non restare impaurito e non far confusione, son di un<br />
altro racconto che finisce male, non potranno toccarti non voltarti perchè c’è qualcuno con te...così<br />
quando sarai a quell’ultimo ponte con il tempo alle spalle e la vita di fronte, una mano più grande ti<br />
solleverà, abbandonati a quella non temere perchè c’è qualcuno con te, non ti lascerà mai non avere<br />
paura non voltarti e vai”.<br />
Marigona<br />
Sono Laura, la “signora della biblioteca” di Sommacampagna, come qualcuno comincia a chiamarmi,<br />
chissà perché?<br />
Desidero ringraziarti moltissimo e scusa per favore il ritardo, per gli splendidi incontri del 9 maggio,<br />
che hanno lasciato molto soddisfatti tutti, ragazzi, docenti, i sacerdoti, i genitori ed i membri del comitato<br />
della biblioteca, che mi incaricano di porgerti il loro caloroso saluto.<br />
Era la serata sulla quale avevo puntato, quella più significativa e di spessore, ma credo che gli incontri<br />
con i ragazzi abbiano avuto un significato particolare, che ha lasciato il segno. La dirigente scolastica<br />
ci ha chiesto di proseguire su questa strada; l’incontro con la “persona”, con il vissuto, soprattutto se<br />
di un certo tipo, vale molto più di qualsiasi trattato, spiegazione, conferenza.<br />
Ti auguro lunga vita e salute per poter proseguire nella tua opera, mi auguro di poterci incontrare<br />
nuovamente.<br />
Grazie, di cuore, che il Signore ci assista.<br />
Laura<br />
12 13
SfMndMness<br />
TANTI AUGURI A...<br />
-Kaoutar: “Ma questo<br />
animale è la niguana?”<br />
-Benedetta: “Qui ci sta un ingarbuglio”<br />
-Martina: “Abbiamo usato l’imbastitrice<br />
per l’impasto del dolce!”<br />
-Cruciverba: “sdraiato sulla schiena” Carolina:<br />
“eretto”<br />
-Alice: “Cosa vuol dire eufemisticamente?”<br />
Carolina: “Eufemia non era una Santa?”<br />
-Giulia riferendosi al<br />
film Bianca come il latte, rossa<br />
come il sangue: “Ci vuole<br />
far vedere il film Rosso sangue,<br />
bianco nero!”<br />
-Anastasia: “per compardicio la<br />
catena la chiudo io!”<br />
GIOCANDO A<br />
FIORI E FRUTTI:<br />
animali:<br />
Martina: “Aspice”<br />
Benedetta: “Felicottero”<br />
Città italiane:<br />
Anastasia: “Navona”<br />
Modelli di macchine:<br />
Carolina: “Paperino”<br />
-Arianna: “è<br />
venuta a prendere l’appendistrato”<br />
-Maria Elena: “Io sono<br />
disprezziva”<br />
Anastasia: “Al massimo<br />
dispregiativa!”<br />
M. Elena: “No! Quello è<br />
il verbo!”<br />
-Cruciverba: “<br />
La sposa di Ettore”<br />
Carolina: “Achille”<br />
-Carolina: “Non lo distrate!”<br />
-Cassandra: “I vasi sanguinei”<br />
-Cruciverba:<br />
“Uomini di sangue<br />
misto”<br />
Kaoutar: “Vampiri”<br />
-Cruciverba:“Materiale per<br />
fare strade”<br />
Kaoutar: “Sfalto”<br />
(N.B. per far entrare la parola<br />
ha annerito una casella!!!)<br />
...da qualcuno<br />
abbiamo preso!!!<br />
-Mamma Giulia: “Cosa fai con<br />
quest’arma contrundente?”<br />
-Mamma Caterina: “Povero ragazzo,<br />
ha avuto la meningite cocco!”<br />
-Babbo Giulia: “Mettici l’osmarino!”<br />
-Nonna Martina: “Si è sentito male di<br />
punto in bianco, gli è venuto l’ics!”<br />
VALERIA V. (12.06):<br />
Tanti auguri Valeria! Il tempo passa e i ragazzi<br />
cambiano, tu per noi sei sempre stata e sarai<br />
un grande punto di riferimento, come una<br />
mamma, che quando non sappiamo qualcosa<br />
è sempre pronta ad aiutarci e a spiegarci le<br />
cose come se fossimo i suoi figli. L’importanza<br />
che dai alle piccole cose di tutti i giorni ci<br />
fa capire quanto tieni a noi e quanto è bella<br />
la vita…ancora tanti auguri! Ti vogliamo<br />
bene, i tuoi ragazzi.<br />
GIUSEPPE (04.06):<br />
L’arrampicata è una delle cose che fai con<br />
passione, nonostante gli ostacoli che trovi<br />
lungo il percorso non molli mai…in questo<br />
ci insegni che per raggiungere un obbiettivo<br />
bisogna scalare la vita passo dopo passo per<br />
rafforzarsi e diventare uomini. Grazie Giuseppe!<br />
Tanti auguri dai tuoi ragazzi.<br />
BENEDETTA (10.06):<br />
Sei il nostro arcobaleno! Perciò non farci<br />
vedere solo il bianco e il nero! Vogliamo vederti<br />
gridare il tuo bisogno, vogliamo vederti<br />
cedere e affidarti, ci aspettiamo tanto da te!<br />
Auguri per i tuoi 21 anni, ora sei maggiorenne<br />
a tutti gli effetti. Ti vogliamo bene, le tue<br />
compagne!<br />
RICCARDO C. (09.06):<br />
Tanti auguri al nostro Riccardo, che ha compiuto<br />
27 anni!! Hai capito quanto sei importante<br />
per noi? Non te lo dimenticare mai,<br />
perché quello che hai incontrato non finisce…<br />
Ti vogliamo bene, i tuoi amici.<br />
ALEXANDER (08.06):<br />
Auguri Alexander…oramai ci conosciamo da<br />
3 mesi e fin da subito abbiamo scoperto che<br />
sei un tipo molto simpatico e riesci a farti volere<br />
bene. Sai che questa è la strada giusta e<br />
stiamo vedendo che stai tenendo duro e non<br />
molli, continua così.<br />
Forza Alexander!!<br />
FABRIZIO (28.06):<br />
Ci colpisce vedere quanto questo cammino<br />
non serva solo a noi ragazze ma anche a voi<br />
operatori.<br />
Vediamo in te un grande cambiamento, un<br />
mettersi in gioco personalmente riportandoci<br />
anche esempi concreti della tua vita.<br />
Apprezziamo la tua franchezza nel dirci le<br />
cose per riportarci con i piedi per terra!<br />
Auguri di buon compleanno. Ti vogliamo<br />
bene, le tue ragazze.<br />
LUCA (21.06):<br />
Caro Luca, ci colpisce come sei attento a ogni minimo particolare, come riesci a leggerci dentro,<br />
come riesci ad avere uno sguardo sempre nuovo su di noi in modo da arrivare dritto ai<br />
nostri punti deboli; anche se fa male, va bene così, perché sappiamo che dietro questa cosa<br />
c’è un bene immenso, ci vuoi far crescere! Grazie per tutta la pazienza che hai! Tanti Auguri!<br />
Ti vogliamo bene, le tue ragazze.<br />
14<br />
Aiuta<br />
l’Imprevisto!<br />
devolvi il<br />
5 X mille!<br />
Codice Fiscale del beneficiario: 01366340410<br />
15
l’angolo tatzebao<br />
Ciao Luciano, grazie, sei stato, sei un<br />
grande amico.<br />
Ti abbiamo voluto tanto bene perché tu<br />
ce ne hai voluto tantissimo.<br />
Non è poco quello che sei stato come<br />
idraulico delle nostre comunità.<br />
“Questi giorni sono stati belli.<br />
C’è stato un via vai di persone che è venuta<br />
a renderti omaggio: i tuoi amici, i tuoi ex<br />
colleghi, i tuoi amati zii, i tuoi cugini, i tuoi clienti.<br />
Tutti a testimoniare quanto ti volevano bene, tutti a testimoniare che<br />
uomo eccezionale sei.<br />
Uomini eccezionali fanno cose eccezionali e tu nella tua vita, insieme alla<br />
Marisa, nei hai fatte due di cose eccezionali: Loris e la Cinzia.<br />
La Cinzia, la tua bambina.<br />
Lei ti ha fatto il regalo più bello che si può fare ad un padre, ti ha dato<br />
due splendidi nipoti, la Giulia e Matteo.<br />
Li hai cresciuti tu, erano sempre con te, sarà difficile anche per loro<br />
adesso che non ci sei più tu.<br />
Loris, lui ti assomiglia così tanto. È un uomo buono, come te.<br />
Gli hai insegnato il valore delle cose, l’amore per il suo lavoro.<br />
Gli hai insegnato l’importanza della famiglia, e io ti sarò sempre grata<br />
per questo.<br />
Eravate una cosa solo tu e lui.<br />
Sarà difficilissimo senza di te, dammi tu la forza per stargli accanto.<br />
Io non lo so se dove sei ora non senti più dolore, non so se credere al<br />
fatto che tu da lassù ci puoi vedere, però so con certezza che tu sarai<br />
sempre con noi, in ogni cosa che faremo; sarai con noi in ogni posto in<br />
cui andremo e te lo dedicheremo.<br />
Sarai con noi ogni Natale e ogni compleanno.<br />
Ai nostri figli racconteremo che il nonno era una gran bella persona, che<br />
vuole loro un gran bene e poi gli regaleremo le magliette del Milan, proprio<br />
come avresti fatto tu.<br />
Un giorno una mia cara amica, che aveva perso il padre con una malattia<br />
orribile come la tua, mi disse per consolarmi: “ricordati Eli che<br />
purtroppo il seme deve morire per dare il frutto”. Io vorrei tanto essere<br />
un frutto degno di te.<br />
Ciao Lucio.”<br />
[Ricordo di Luciano letto da un familiare al termine della messa funebre]<br />
Periodico de “L’imprevisto” realizzato dalla Comunità terapeutica femminile ”Tingolo”