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0-TESTO COMPLETO.pdf - Fondazione Santa Lucia

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Sezione III: Attività per linea di ricerca corrente A<br />

A.3.3 – Il ruolo delle regioni dorso-laterali e mediali dell’area 10<br />

di Brodman nei processi di memoria prospettica:<br />

uno studio di fRMI (Giovanni Augusto Carlesimo)<br />

Anno d’inizio: 2009<br />

Durata in mesi: 36<br />

Parole chiave: Memoria prospettica, area 10 di Broadman, neuroimaging.<br />

Descrizione<br />

Introduzione<br />

Nella vita quotidiana ciascun individuo è impegnato nella realizzazione di<br />

un insieme di attività o intenzioni tra loro in competizione che, in alcuni casi,<br />

è necessario posticipare nel tempo. Lo studio dei processi cognitivi implicati<br />

in tali funzioni, formalmente comprese nel costrutto teorico di memoria prospettica<br />

(MP), rappresenta una tematica emergente per le neuroscienze. L’interesse<br />

scientifico in questo ambito di studio è in parte motivato dalla rilevanza<br />

clinica che riveste l’impatto di un deficit di MP sulla qualità della vita<br />

del soggetto che ne è affetto [Kliegel and Martin 2003]. Dare seguito ad un<br />

progetto, assumere una terapia medica o rispettare un appuntamento sono,<br />

infatti, solo alcune delle attività la cui esecuzione può risultare seriamente<br />

compromessa. A tale riguardo, è stato documentato come i disturbi della MP<br />

siano tra i maggiori predittori di disabilità funzionale in pazienti con patologie<br />

neurologiche [Burgess e Shallice 1997; Burgess et al. 2000] e una particolare<br />

vulnerabilità della MP è stata riscontrata in persone affette da Mild<br />

Cognitive Impairment [Costa et al. submitted; Troyer, Murphy 2007], da<br />

malattia di Parkinson [Costa et al. 2008a,b] ed in soggetti con esiti di trauma<br />

cranio-encefalico [Carlesimo et al. 2004; Henry et al. 2007]. Alcuni autori<br />

hanno, infine, mostrato che il deficit di MP può essere un fattore predittivo<br />

sensibile per lo sviluppo di sindromi dementigene [Huppert, Beardsall 1993;<br />

Jones et al. 2006].<br />

In termini neurobiologici, ricerche diverse hanno messo in luce l’implicazione<br />

delle strutture corticali frontali dell’encefalo nelle abilità di MP [Bisiacchi<br />

et al. 2009; Burgess et al. 2000; Umeda et al. 2006]. Burgess e coll. [2000]<br />

hanno inizialmente rilevato come soggetti con lesioni cerebrali a carico delle<br />

regioni anteriori e laterali della corteccia prefrontale presentassero serie difficoltà<br />

nel dare seguito all’intenzione di compiere determinate azioni dopo un<br />

certo intervallo di tempo. Gli studi di neuroimaging funzionale con l’applicazione<br />

della tomografia ad emissione di positroni (PET) e della risonanza<br />

magnetica funzionale (fRMI) hanno fornito probabilmente i dati più interessanti<br />

a sostegno del coinvolgimento di regioni discrete dei lobi frontali nella<br />

mediazione dei processi di MP [Burgess et al. 2001, 2003; Okuda et al. 1998;<br />

2007; Simons et al. 2006]. In breve, nella gran parte di questi studi sono stati<br />

applicati paradigmi di MP event-based in cui, prototipicamente, ai soggetti è<br />

richiesto di eseguire determinate azioni allorquando all’interno di una<br />

sequenza continua di stimoli si presenta uno stimolo predefinito (stimolo target);<br />

nell’intervallo tra il momento in cui viene data l’istruzione dall’esamina-<br />

330 2009

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