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0-TESTO COMPLETO.pdf - Fondazione Santa Lucia

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Borse di studio<br />

risultati potrebbero essere dovuti a fenomeni di modificazioni qualitative nei<br />

neuroni piramidali dell’ippocampo e della corteccia cingolata anteriore.<br />

Attraverso l’analisi morfologica delle strutture, ippocampo e corteccia<br />

antero-cingolata, è stato analizzato il cambiamento morfologico (in termini di<br />

aumento/diminuzione del numero di spine dendritiche) dei neuroni piramidali.<br />

Dalla conta effettuata (attraverso la colorazione di Golgi e l’uso del<br />

software Neurolucida) è stato osservato che il gruppo sottoposto al test a 24h<br />

mostra un aumento delle spine dendritiche nei neuroni piramidali dell’ippocampo<br />

ma non in corteccia antero-cingolata. Il gruppo invece sottoposto a<br />

test a 36 giorni mostrava un aumento del numero di spine in corteccia anterocingolata<br />

ma non in ippocampo.<br />

Questi risultati, in conformità con quanto descritto in letteratura (Teixeira<br />

et al. (2006) J Neurosci 26(29): 7555-7564; Moncada et al. (2006) Neurobiol<br />

Learn Mem 86(1): 9-18; Moser et al. (1994) PNAS USA 91(26): 12673-12675],<br />

indicano che l’aumento della connettività ippocampale risulta essere associata<br />

solo al gruppo 24h e non al gruppo testato a 36 giorni. L’analisi dei neuroni<br />

piramidali della corteccia antero-cingolata mostra invece un pattern inverso<br />

indicando un significativo aumento del numero di spine nel gruppo di animali<br />

testato a 36 giorni ma non nel gruppo testato dopo 24h dal training. Nel<br />

confermare i dati sin qui discussi, sono stati addestrati altri gruppi di animali<br />

che anno ricevuto lesioni bilaterali dell’ippocampo e della corteccia cingolata<br />

anteriore. I risultati comportamentali indicano che la lesione dell’ippocampo<br />

non permette all’animale di elaborare la memoria recente, non permettendo<br />

poi l’immagazzinamento della memoria remota. In tal senso infatti, il numero<br />

di spine in corteccia rimane simile al gruppo di controllo (pseudo-addestrati).<br />

Conclusioni – In conclusione, questi risultati mostrano che la traccia di<br />

memoria viene inizialmente elaborata dall’ippocampo, poi, l’informazione<br />

sembrerebbe “ migrare ” verso la corteccia cingolata anteriore per essere<br />

immagazzinata e conservata. Tale trasferimento sembrerebbe essere supportato<br />

da cambiamenti morfologici della connettività neuronale. Questi dati<br />

sono in linea con quanto formulato da Frankland e Buontempi, i quali hanno<br />

messo in evidenza che l’ippocampo sembra svolgere la funzione di elaborazione<br />

delle informazioni in un arco temporale limitato nel tempo e, solo successivamente,<br />

le informazioni verrebbero immagazzinate stabilmente nelle<br />

neocortecce.<br />

STUDIO DELLA INTERAZIONE GENE-AMBIENTE NELLA PATOGENESI<br />

DEI DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO (Laura Altieri)<br />

Introduzione – L’autismo è un disturbo complesso ed eterogeneo in cui sono<br />

coinvolti fattori genetici ed ambientali, ciascuno dei quali contribuisce in<br />

maniera variabile nei diversi pazienti. Studi su famiglie e su gemelli supportano<br />

il contributo di fattori genetici a questa malattia. Tuttavia, l’eterogeneità<br />

dei sintomi clinici e la complessità dei processi patogenetici hanno finora reso<br />

difficile la definizione di correlazioni tra genotipo e fenotipo. Lavori recenti<br />

supportano un ruolo importante dell’instabilità genomica nei pazienti autistici.<br />

Le aumentate frequenze delle variazioni del numero di copie (CNVs,<br />

2009 117

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