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Solo testo.pdf - Fondazione Santa Lucia

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Sezione III: Linea di ricerca corrente F<br />

F.1.3 – Divisione dell’attenzione spaziale (Emiliano Macaluso)<br />

Attività previste<br />

– Scansioni fMRI in 16 volontari sani in condizioni di attenzione divisa.<br />

– Analisi dei dati e stesura manoscritti<br />

Descrizione<br />

Nell’ambito degli studi sull’attenzione spaziale visiva è stata frequentemente<br />

discussa la possibilità per l’individuo di prestare simultaneamente<br />

attenzione a stimoli presentati in regioni differenti dello spazio (Shaw e<br />

Shaw, 1977; McMains e Somers, 2004). Tradizionalmente, il funzionamento<br />

dell’attenzione è stato descritto nei termini della metafora del “ fascio di<br />

luce ” (spotlight): in altre parole, l’attenzione opererebbe nello spazio come<br />

una torcia luminosa selezionando regioni dello spazio e agevolando l’elaborazione<br />

dell’informazione in esse contenuta (Posner, 1980; Posner e Cohen,<br />

1984).<br />

Nell’ambito di studi neurofisiologici sono stati descritti i correlati neurali<br />

dello spotlight attenzionale nelle aree visive striate ed extra-striate: in<br />

particolare, le rappresentazioni retinotopiche associate alle regioni spaziali<br />

del campo visivo cui i soggetti stavano correntemente prestando attenzione<br />

mostravano un’aumentata attività fMRI (Kastner et al., 1998; Tootell et al.,<br />

1998; Brefczynski e De Yoe, 1999; Somers et al., 1999; Muller et al., 2003).<br />

Nonostante la scarsa flessibilità implicita nel concetto di spotlight attenzionale,<br />

in numerosi studi comportamentali e neurofisiologici è stata descritta<br />

la possibilità di dividere lo spotlight visivo tra regioni di spazio non attigue,<br />

sebbene con una ridotta efficacia della performance percettiva. Tuttavia, la<br />

possibile esistenza di spotlight attenzionali multipli è tuttora oggetto di<br />

dibattito specialmente riguardo ai meccanismi che ne consentirebbero il<br />

controllo: infatti, sono stati formulati dei modelli alternativi per l’interpretazione<br />

di tali dati che attribuiscono la performance di attenzione divisa a<br />

strategie adottate dal soggetto: ad esempio è stato suggerito che i soggetti<br />

possono spostare rapidamente un unico spotlight tra le varie posizioni spaziali<br />

e che il costo osservato in compiti di attenzione divisa sarebbe dovuto<br />

al tempo di tale spostamento (shifting) (Shulman et al., 1979; Tsal, 1983).<br />

Parimenti, Eriksen e collaboratori hanno proposto un modello della “ lente a<br />

zoom ” (zoom lens model) secondo il quale la grandezza dello spotlight può<br />

essere modulata in funzione delle richieste comportamentali ed abbracciare<br />

più posizioni spaziali contemporaneamente (Eriksen e Yeh, 1985).<br />

L’obiettivo principale del presente progetto è dunque quello di indagare il<br />

potenziale coinvolgimento di processi cognitivi controllati nell’attenzione spaziale<br />

divisa confrontando condizioni sperimentali di “ divided attention ” vs.<br />

“ focused attention ” mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI). In particolare,<br />

si valuterà l’effetto di dividere l’attenzione fra posizioni spaziali<br />

rispetto ai processi legati a dividere l’attenzione fra oggetti diversi ma presentati<br />

nella stessa posizione.<br />

560 2006

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