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Solo testo.pdf - Fondazione Santa Lucia

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Sezione III: Attività per linea di ricerca corrente A<br />

Descrizione<br />

Nel corso dell’ultimo decennio numerosi studi neuroanatomici e di neuroimaging<br />

funzionale hanno dimostrato la presenza di ampie connessioni tra<br />

il cervelletto e le aree associative corticali (Schmahmann & Panda, 1987,<br />

1989; Schmahmann, 1991; Leiner et al., 1991; Ivry, 1997; Tagaris et al., 1998;<br />

Harrington and Haaland, 1999; Fink et al., 2000; Hinton et al., 2004), determinando<br />

una vera rivoluzione nella visione della funzione cerebellare. Attualmente,<br />

i nuovi orientamenti teorici sulla funzionalità cerebellare prevedono la<br />

partecipazione del cervelletto in numerose funzioni cerebrali (Kim, 1994;<br />

Fiez, 1996; Schmahmann and Sherman, 1998; Molinari et al., 2002). Uno<br />

degli aspetti in cui i circuiti cerebellari sembrano particolarmente implicati è<br />

quello relativo al controllo delle funzioni esecutive (Schmahmann & Sherman,<br />

1998). Una conferma in tal senso proviene da studi neuroanatomici che<br />

hanno descritto l’esistenza di canali segregati cerebello-frontali (Middleton &<br />

Strick, 1997; Schmahmann et al., 1998) e da studi di neuroimaging funzionale<br />

che hanno dimostrato l’attivazione di questi circuiti durante compiti di programmazione<br />

verbale, di elaborazione di strategie cognitive, di working<br />

memory, di ragionamento astratto, compiti notoriamente ritenuti a carico<br />

delle regioni frontali (Smith and Jonides, 1998; Hanakawa et al., 2003; Roth<br />

and Saykin, 2004). Tali indicazioni sono ulteriormente avvalorate dall’esistenza<br />

di pazienti con alterazioni selettive di compiti considerati “ frontali ” in<br />

seguito all’insorgenza di lesioni cerebellari (Silveri et al., 1998; Leggio et al.,<br />

2000). Sebbene sia difficile stabilire quali delle molteplici abilità sottese al<br />

funzionamento dei lobi frontali siano da considerarsi “ esecutive ” (Rabbitt,<br />

1997), la tendenza ad inibire risposte è sicuramente una delle capacità più frequentemente<br />

inclusa tra queste. La soppressione completa di un’azione è una<br />

delle forme più estreme di controllo del comportamento ed è richiesta in<br />

molte situazioni della vita reale in cui cambiamenti improvvisi degli obiettivi<br />

da raggiungere o modificazioni del con<strong>testo</strong> rendono inappropriate le azioni<br />

programmate o già in esecuzione. L’inibizione, quindi, è una caratteristica<br />

generale in tutti i tipi di controllo cognitivo ed è un chiaro esempio di intervento<br />

esecutivo (Logan, 1994).<br />

Il cervelletto racchiude due aspetti che lo rendono particolarmente adatto<br />

allo studio del fenomeno dell’inibizione. È una struttura classicamente coinvolta<br />

nella programmazione e nella rappresentazione interna del movimento<br />

(Thach, 1978; Ito, 1984; Decety et al., 1990; Ryding et al.,1993; Leggio et al.,<br />

2000) nonché nelle fasi iniziali di apprendimento di un programma motorio<br />

(Jenkins et al., 1994; Doyon, 1997). Ha una stretta correlazione funzionale con<br />

le aree prefrontali, come già accennato in precedenza, per cui le informazioni<br />

efferenti dalle strutture cerebellari giungono alle aree corticali, ed in particolare<br />

alla corteccia prefrontale, dopo aver subito una computazione sensoriale<br />

e temporale, consentendo una corretta pianificazione ed un controllo del<br />

movimento (Schmahmann & Sherman, 1998). Sulla base di tali riscontri è<br />

ragionevole ipotizzare l’esistenza di un nesso causale tra la presenza di un<br />

interessamento anatomo-funzionale delle strutture cerebellari e deficit di processamento<br />

della risposta inibitoria.<br />

386 2006

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