13.01.2014 Views

Solo testo.pdf - Fondazione Santa Lucia

Solo testo.pdf - Fondazione Santa Lucia

Solo testo.pdf - Fondazione Santa Lucia

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Neurologia clinica e comportamentale<br />

sione si distinguevano da quelli a lenta progressione sulla base delle performance<br />

in test di funzioni esecutive (Nagahama et al., 2003).<br />

I dati a disposizione risultano, tuttora, controversi, e per molte delle<br />

variabili indicate come predittori di rapidità di progressione della malattia il<br />

significato prognostico rimane dubbio, non riuscendo a chiarire la relazione<br />

tra tali variabili e l’andamento del declino nell’AD.<br />

Una possibile spiegazione della discrepanza dei risultati può essere rintracciata<br />

in problemi di tipo metodologico, quali ad esempio la breve durata<br />

del periodo di follow-up (Moritz et al., 1997), l’eterogeneità del campione utilizzato,<br />

con l’inclusione di pazienti a differenti livelli di gravità di malattia<br />

(Devanand et al., 1997). Di notevole importanza risulta anche il modo in cui la<br />

progressione della malattia viene studiata. In letteratura, sono stati utilizzati,<br />

infatti, indici di progressione di tipo cognitivo (Teri et al., 1990), funzionale<br />

(Drachman et al., 1990), indici di severità globale (O’Connor et al., 1991), o<br />

differenti endpoints, quali ad esempio l’istituzionalizzazione o la morte del<br />

paziente (Moritz et al., 1997; Drachman et al., 1990).<br />

La scelta dell’endpoint da studiare, quindi, sembra determinare l’emergere<br />

di differenti predittori di progressione. Alcuni autori, ad esempio,<br />

hanno rilevato che la presenza di segni extrapiramidali, sintomi psicotici e<br />

depressione era indicativa di una maggiore rapidità di tipo cognitivo ma<br />

non funzionale (Pearson et al., 1989). Altri autori, invece, hanno rilevato<br />

come la progressione funzionale e cognitiva nei pazienti con AD fosse predetta<br />

da fattori differenti, sottolineando in questo modo come queste variabili<br />

siano due aspetti distinti, seppure correlati, della malattia (Mortimer<br />

et al., 1992).<br />

Scopo del presente lavoro è quello di studiare il ruolo predittivo di variabili<br />

neuropsicologiche e comportamentali nella progressione sia funzionale<br />

che cognitiva di un gruppo di pazienti affetti da malattia di Alzheimer, seguiti<br />

da due anni presso l’Unità Valutativa Alzheimer di questo Istituto.<br />

Materiali e metodi<br />

Per verificare la presenza di un’eventuale differenza delle variabili neuropsicologiche<br />

e comportamentali nel predire il declino cognitivo o funzionale<br />

della malattia, i pazienti saranno distinti in “ fast ” e “ slow ” decliners,<br />

prima sulla base di un indice cognitivo e poi sulla base di uno funzionale.<br />

La progressione cognitiva sarà individuata in base alla riduzione del punteggio<br />

al MMSE tra baseline e follow-up a due anni, mentre la progressione<br />

funzionale sarà ottenuta in base alla differenza di punteggio al Barthel Index<br />

tra prima e ultima valutazione. In questo modo i pazienti saranno divisi in<br />

due gruppi di decadimento cognitivo, Fast Cognitive Decliners (FCD) e Slow<br />

Cognitive Decliners (SCD), ed in due gruppi di decadimento funzionale, Fast<br />

Functional Decliners (FFD) e Slow Functional Decliners (SFD).<br />

Le prestazioni ottenute dai sottogruppi di pazienti “ fast ” alla valutazione<br />

cognitiva (Mental Deterioration Battery – MDB), e a quella comportamentale<br />

(Neuropsychiatric inventory, NPI) saranno confrontate alla baseline con<br />

quelle dei sottogruppi “ slow ” per evidenziare la presenza di uno specifico pat-<br />

2006 383

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!