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GIDAC 1 U n a rifle ssio n e su l ra p p o rto - - GizmoWeb

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utiva che affligge la città, quali le risposte<br />

<strong>su</strong>l piano della qualità ambientale? Quanto<br />

questi nuovi interventi hanno contribuito alla<br />

costruzione di valori identitari, capaci cioè di<br />

<strong>ra</strong>ppresentare la vita individuale e sociale, di<br />

depositare valenze simboliche e di senso, e<br />

quindi di esplicitare le <strong>ra</strong>gioni di una civiltà?<br />

Queste domande non semb<strong>ra</strong>no oggi di g<strong>ra</strong>nde<br />

interesse.<br />

Con g<strong>ra</strong>nde difficoltà potremmo sostenere<br />

che la t<strong>ra</strong>sparenza e la qualità delle procedure<br />

decisionali, la risoluzione dei conflitti, la qualità<br />

delle relazioni messe in atto, l’ospitalità<br />

e apertu<strong>ra</strong> rispetto al luogo ed al mondo delle<br />

relazioni e dei rimandi che g<strong>ra</strong>vita intorno ad<br />

esso, abbiano ca<strong>ra</strong>tterizzato la maggior parte<br />

dei g<strong>ra</strong>ndi processi di t<strong>ra</strong>sformazione in atto.<br />

In questo quadro l’architettu<strong>ra</strong> è al servizio<br />

di un modello di sviluppo urbano che prefigu<strong>ra</strong><br />

una città punteggiata da oggetti di eccellenza,<br />

come oggetti di design che rifiutano<br />

la loro dimensione architettonica, nel senso<br />

che trovano il loro significato e la loro qualità<br />

nelle proprietà formali, nelle modellazione<br />

plastica e sempre più <strong>ra</strong><strong>ra</strong>mente nella<br />

qualità delle relazioni spaziali e sociali che<br />

int<strong>ra</strong>ttengono con il luogo: anche per questa<br />

<strong>ra</strong>gione sono mobili, possono essere sostituite,<br />

spostate, modificate o alzate con facilità<br />

(3). Sono architetture adatte per ogni dove.<br />

Architetture che non nascono da una relazione<br />

biunivoca con il luogo ma dispiegano<br />

strumenti retorici di ca<strong>ra</strong>ttere plastico, dove<br />

il luogo, le differenze e gli incidenti di percorso<br />

sono conside<strong>ra</strong>ti come un problema<br />

e <strong>ra</strong><strong>ra</strong>mente come una risorsa. Propensione<br />

che è di g<strong>ra</strong>n lunga sostenuta dalle più diffuse<br />

riviste di architettu<strong>ra</strong> nazionali, in cui<br />

i progetti vengono presentati come lucidi e<br />

brillanti oggetti di design, che rispondono al<br />

bisogno spasmodico di con<strong>su</strong>mo di nuove<br />

forme e materiali; vestiti all’ultima moda le<br />

architetture perdono g<strong>ra</strong>n parte della relazione<br />

con il contesto fisico, e sociale, perdono<br />

talvolta anche la relazione con le persone che<br />

le devono abitare. La storia del luogo e delle<br />

persone che vi abitano scompare, in favore<br />

di renderizzazioni molto glamour e di spericolati<br />

zoom d’effetto cent<strong>ra</strong>ti <strong>su</strong>i particolari<br />

dell’ultimo rivestimento trendy. Un quadro<br />

piuttosto preoccupante che semb<strong>ra</strong> alludere<br />

ad una g<strong>ra</strong>nde orgia immobiliare da svolgersi<br />

in un pano<strong>ra</strong>ma sempre più cupo di crisi energetica<br />

mondiale, di incremento esponenziale<br />

di squilibri sociali, da imminente fine del<br />

mondo, dove milioni di mig<strong>ra</strong>nti mori<strong>ra</strong>nno<br />

per fame alle frontiere int<strong>ra</strong>vedendo dalle periferie<br />

urbane e geog<strong>ra</strong>fiche son e lumiere. È<br />

il modello impe<strong>ra</strong>nte “alla Dubai City” in cui<br />

una piccola elite antidemoc<strong>ra</strong>tica e pluri-miliardaria<br />

osse<strong>ssio</strong>nata dalla fine delle risorse<br />

petrolifere pianifica la costruzione della più<br />

g<strong>ra</strong>nde speculazione immobiliare del mondo:<br />

la città spettacolo, come in un pa<strong>ra</strong>dossale<br />

post-debordiano finale di civiltà.<br />

È in questo quadro di città da sfogliare come<br />

apoteosi della città <strong>rifle</strong>ssa nelle sempre più<br />

inutili riviste di architettu<strong>ra</strong> che ci si chiede<br />

se non sia arrivato il momento di tornare<br />

ad occuparsi dell’architettu<strong>ra</strong> “ordinaria”:<br />

quella architettu<strong>ra</strong> che di fatto t<strong>ra</strong>sforma la<br />

città dalla bassa cucina, dietro il palcoscenico<br />

delle g<strong>ra</strong>ndi t<strong>ra</strong>sformazioni, nel mercato<br />

della “sostituzione edilizia”. Un’architettu<strong>ra</strong><br />

di piccolo cabotaggio, spesso brutale ma più<br />

legata alla realtà locale, ai regolamenti, alla<br />

vocazione delle imprese locali. Un’architettu<strong>ra</strong><br />

capace anche, nei casi migliori, di ironie<br />

sottili giocate <strong>su</strong>l filo delle resistenza anche<br />

questa ordinaria, del mestiere dell’architetto.<br />

Un fenomeno dal ca<strong>ra</strong>ttere capillare e diffuso<br />

che forse ha più segnato l’immagine delle<br />

città delle g<strong>ra</strong>ndi opere urbane. Architetture<br />

che ci piace chiamare “ordinarie”non soltanto<br />

in un senso Venturiano del richiamo ad elementi<br />

“convenzionali”, come ritorno ad uno<br />

sguardo <strong>su</strong>ll’esistente per tentare di produrre<br />

nuovi significati, ma anche perché ci <strong>ra</strong>ccontano<br />

delle fatiche di chi si destreggia t<strong>ra</strong> le<br />

regole del Piano e le regole non scritte delle<br />

piccole e medie imprese. È anche, se vogliamo,<br />

l’ordinarietà di un mestiere costituito di<br />

una fatica paziente, fatta di ascolto e nei casi<br />

migliori di ospitalità nei confronti del luogo,<br />

delle t<strong>ra</strong>dizioni, delle persone che le abitano,<br />

Una <strong>rifle</strong><strong>ssio</strong>ne <strong>su</strong>l <strong>ra</strong>ppo<strong>rto</strong><br />

t<strong>ra</strong> città e architettu<strong>ra</strong><br />

- Davide Derossi<br />

<strong>GIDAC</strong> 1<br />

Gizmo

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