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2 a guerra mondiale<br />
La figlia di Mussolini, una nave ospedale e un siluro inglese al centro di un dramma consumato in Albania 66 anni fa<br />
Quella notte<br />
a Valona...<br />
La chiamano “la spedaliera”, i<br />
vecchi marinai del posto. La<br />
nave guaritrice. Quattordici<br />
missioni, 2.300 feriti e naufraghi<br />
portati in salvo, oltre 4 mila ammalati<br />
e infermi fatti rientrare dai fronti<br />
africano e greco. Eccola, la Po, adagiata<br />
sul fondale sabbioso della baia di<br />
Valona, in Albania. Lo scafo bianco<br />
e muto, la grande e oltraggiata croce<br />
rossa. Era il 14 marzo del 1941 quando<br />
l’ex nave passeggeri, requisita dalla<br />
Regia Marina e trasformata in nosocomio<br />
galleggiante, fu centrata da un<br />
siluro inglese. Un colpo secco a poppa,<br />
sparato da una squadriglia di Fairey<br />
“Swordfish”, gli stessi aerei che,<br />
poche settimane dopo, avrebbero intercettato<br />
e messo in ginocchio la corazzata<br />
tedesca Bismarck. Tradita da<br />
104<br />
una luna troppo piena e dall’ottusità di<br />
qualche ufficiale, la “spedaliera” colò<br />
a picco in meno di dieci minuti. La vicenda,<br />
quasi ignorata dai libri di Storia,<br />
all’epoca mandò in fibrillazione i<br />
vertici del governo e del partito fascista.<br />
Perché la Po non era una normale<br />
nave ospedale: era quella su cui prestava<br />
servizio la crocerossina Edda Ciano,<br />
trentenne primogenita di Mussolini e<br />
moglie dell’allora ministro degli Esteri,<br />
il conte Galeazzo Ciano.<br />
Sul fondale. A 66 anni di distanza,<br />
con l’aiuto di tre sommozzatori albanesi<br />
(Arian Gace, Dejvis Ziso e Igli Pustina)<br />
lo studioso Pietro Faggioli è tornato<br />
assieme al fotografo Mauro Pazzi<br />
sul luogo dell’affondamento, ha visitato<br />
i locali della Po e ne ha ricostruito<br />
gli ultimi istanti di “vita”.<br />
Varata nel 1911 dal Lloyd Austriaco,<br />
l’imbarcazione trasportò a lungo passeggeri<br />
e merci. Preda bellica italiana nel<br />
1918, nell’estate del ’40 fu adibita a ospedale<br />
e, dopo aver navigato da Tripoli e<br />
Bengasi per rimpatriare le vittime della<br />
campagna nordafricana, fece rotta verso<br />
l’Adriatico. Compiuto un primo viaggio<br />
a Valona nel febbraio del ’41, vi tornò il<br />
mese successivo con 240 persone d’equipaggio:<br />
tra queste c’era Edda Ciano.<br />
Edda era stata assegnata a un ospedale<br />
da campo in Albania, dove, in<br />
quei giorni, si trovava in visita anche<br />
papà Benito. «La figlia del duce» nota<br />
Giuseppe Parlato, storico e rettore<br />
dell’Università San Pio V di Roma<br />
«era una ragazza inquieta, umorale, testarda.<br />
A 12 anni si mise a capo di una<br />
banda di maschiacci e si guadagnò l’ap-<br />
Passato<br />
sommerso<br />
Edda Mussolini,<br />
moglie del<br />
ministro degli<br />
Esteri fascista<br />
Galeazzo Ciano,<br />
in divisa da<br />
crocerossina.<br />
Prestava<br />
servizio sulla<br />
nave ospedale<br />
Po quando<br />
questa fu<br />
affondata, nel<br />
1941. A sinistra,<br />
il relitto oggi,<br />
nelle acque<br />
di Valona<br />
(Albania).<br />
105
Con papà<br />
Roma, 1927: Edda Mussolini e il<br />
padre Benito a Villa Torlonia, dal<br />
1925 residenza del dittatore.<br />
In spiaggia<br />
Edda “modaiola” in costume<br />
da bagno a due pezzi,<br />
durante una vacanza al mare.<br />
Oggi sposi<br />
Edda Mussolini e Galeazzo Ciano<br />
il giorno del loro matrimonio,<br />
celebrato il 24 aprile 1930.<br />
Gli italiani avevano 12 navi ospedale. Oltre alla Po, persero anche l’Arno<br />
pellativo di “Sandokan”. Più tardi, sulla<br />
spiaggia di Ostia, diede scandalo esibendo<br />
un bikini comprato in Inghilterra:<br />
probabilmente fu la prima italiana<br />
a indossare un due pezzi. Vestiva sportiva,<br />
lasciando gambe e braccia scoperte,<br />
portava rossetti e abiti eleganti, giocava<br />
d’azzardo perdendo quantità enormi<br />
di denaro. Al duce procurò un sacco<br />
di problemi, ma il legame fra i due restò<br />
sempre forte». Un legame fatto di<br />
amore e astiosità, ammirazione e biasimo:<br />
“Ho sottomesso il Paese” disse di lei<br />
Mussolini “ma non riuscirò a sottomettere<br />
mia figlia”.<br />
Bellicosa. Edda non nascose mai le<br />
proprie simpatie per la Germania nazista:<br />
negli Anni ’80, nel libro La mia vita<br />
(Mondadori) rivelò all’amico Domenico<br />
Olivieri che l’Italia – fosse stato per<br />
lei – sarebbe dovuta entrare in guerra<br />
fin dal settembre del ’39, “anche perché”<br />
disse “conoscevo la scarsa preparazione<br />
militare dell’Inghilterra”. Invece dovette<br />
aspettare il celebre discorso che il capo<br />
del governo fece il 10 giugno 1940 dal<br />
balcone di Palazzo Venezia. Quella sera<br />
stessa, Edda partì per Torino e si iscrisse<br />
a un corso della Croce Rossa, che a quel<br />
tempo annoverava tra le sue file diverse<br />
esponenti dell’alta società. A fine settembre<br />
s’imbarcò volontaria per l’Africa,<br />
dove dimostrò di essere una buona infermiera.<br />
Molti soldati e civili le scrissero<br />
lettere di ringraziamento. “Il nostro pensiero”<br />
si legge in una di queste “è sempre<br />
al nostro duce e a voi, contessa, per l’opera<br />
amorosa delle vostre cure”.<br />
È difficile dire se quella di farsi crocerossina<br />
fosse stata una decisione veramente<br />
autonoma. Parlato non esclude<br />
una componente paterna: «D’altronde»<br />
dice lo storico «Mussolini non poteva<br />
che condividere quella scelta, che<br />
per Edda era un modo per partecipare<br />
al conflitto».<br />
Croce<br />
in vista<br />
Il ponte<br />
passeggiata<br />
della Po e il<br />
portellone per<br />
imbarcare i<br />
feriti. A<br />
sinistra, la nave<br />
ospedale in<br />
navigazione, con<br />
la croce rossa<br />
sui comignoli.<br />
Al buio. La Po giunse a Valona “in<br />
una notte di luna incredibile”, come racconterà<br />
la stessa Edda, e gettò le ancore<br />
a circa un miglio e mezzo dalla costa, a<br />
sud della città. La mattina dopo avrebbe<br />
dovuto imbarcare feriti e malati da riportare<br />
in Italia. Per disposizione del comando<br />
locale della Marina l’imbarcazione rimase<br />
oscurata (nonostante fosse prassi<br />
che le navi ospedale tenessero le luci<br />
accese per essere riconosciute). «In quel<br />
modo» dice Faggioli «si sperava che i nemici<br />
non identificassero lo scalo e le altre<br />
navi ormeggiate». Fu un errore marchiano:<br />
il plenilunio rese tutto inutile.<br />
Alle 23 gran parte dell’equipaggio<br />
(comprese le crocerossine) si era ormai<br />
ritirato nelle proprie cabine. Edda, ironia<br />
della sorte, stava leggendo un libro di<br />
uno scrittore inglese, P. G. Wodehouse,<br />
quando cinque “Swordfish” si materializzarono<br />
a bassa quota sulla baia. «Gli<br />
“Swordfish”» spiega Faggioli «erano ae-<br />
rei tecnologicamente superati, ma molto<br />
affidabili ed efficienti».<br />
Silurati. Il motore dei velivoli e il<br />
fuoco della contraerea ruppero il silenzio.<br />
Uno degli “Swordfish” fu abbattuto;<br />
un altro, alle 23:13, sganciò un siluro<br />
che trafisse il lato destro della nave<br />
ospedale. La Po sobbalzò violentemente<br />
e, mentre gli aerei britannici facevano<br />
ritorno alla base, lo scafo cominciò a<br />
sbandare. Suonò l’allarme. Il comandante<br />
fece chiamare tutti al posto di abbandono.<br />
Vennero ammainate le scialuppe,<br />
ma una di queste si rovesciò. Due crocerossine<br />
rimasero ferite (Ennia Tramontani<br />
e Wanda Sechi), una terza provò a<br />
salvarle (la medaglia d’argento al valor<br />
militare Maria Federici) ma annegò insieme<br />
alle compagne.<br />
Dopo 2 minuti i locali di poppa erano<br />
già sott’acqua: quattro marinai vi restarono<br />
intrappolati. Altri membri dell’equipaggio<br />
scamparono alla morte ag-<br />
Documenti<br />
top secret<br />
A destra, la<br />
comunicazione<br />
del siluramento<br />
e, in alto, quella<br />
che aggiorna<br />
sulle perdite.<br />
Paese di produzione Gran Bretagna<br />
Entrata in servizio 1936<br />
Il Fairey “Swordfish”<br />
Impiego aerosilurante, bombardiere, ricognitore<br />
Equipaggio 3 uomini<br />
106 107<br />
Armamento<br />
una mitragliatrice Vickers da 7,7 mm<br />
e (secondo la configurazione) un siluro,<br />
680 kg di bombe, 8 razzi da 27 kg<br />
Motore Bristol Pegasus III M3 da 690 hp<br />
Prestazioni<br />
Dimensioni<br />
velocità massima 220 km/h<br />
quota operativa massima 5.870 metri<br />
autonomia 1.650 km<br />
Peso a vuoto 1.900 kg (a pieno carico 3.500)<br />
lunghezza 10,9 m, apertura alare 13,9 m<br />
altezza 3,8 m, superficie alare 56,4 m 2
Tragico<br />
destino<br />
Le crocerossine<br />
perite durante<br />
l’affondamento.<br />
Da sinistra: Maria<br />
Federici, Wanda<br />
Sechi ed Ennia<br />
Tramontani.<br />
Morirono altre<br />
20 persone.<br />
I membri dell’aerosilurante abbattuto<br />
rischiarono di essere linciati da alcune<br />
camicie nere. Li salvarono i marinai<br />
grappandosi al cassero, che si era staccato<br />
dalla struttura principale. Alcuni<br />
raggiunsero a fatica un cacciatorpediniere<br />
ancorato nella rada; un ufficiale nuotò<br />
fino a terra; quattro militari furono recuperati<br />
troppo tardi e morirono per assideramento.<br />
Racconterà Edda: “Uscii<br />
immediatamente dalla cabina con la lampadina<br />
tascabile che portavo sempre con<br />
me. [...] Pensai di morire, ma la cosa non<br />
mi fece nessuna paura, perché c’era un<br />
cielo meraviglioso, una luce fantastica...<br />
Vidi la capogruppo, poveretta, che veniva<br />
schiacciata fra la murata e le onde. Improvvisamente<br />
mi ritrovai vicino a un signore<br />
e gli chiesi: ‘Adesso cosa faccio?’.<br />
Mi rispose di buttarmi in mare. Saltammo<br />
insieme, l’acqua era molto fredda e<br />
io cominciai a nuotare”. La figlia del duce<br />
provò a dirigersi verso riva, ma fu scoraggiata<br />
dalla distanza. Vide una scialuppa<br />
e vi salì. Ma la lancia era ancora legata<br />
alla Po e stava affondando con essa.<br />
Per fortuna la nave toccò il fondo, la<br />
scialuppa si fermò a pelo d’acqua e i naufraghi<br />
riuscirono a liberarsi dal piroscafo.<br />
“Il mare era pieno di carte, libri, registri.<br />
Il direttore dell’ospedale urlava: ‘Dov’è<br />
la sorella Ciano?’. Pensava fossi morta”<br />
dirà a Domenico Olivieri.<br />
Uno “Swordfish”<br />
armato di siluro.<br />
I superstiti gridavano in mare, la primogenita<br />
di Mussolini assisteva impotente:<br />
“Fu una scena terribile, perché<br />
c’era la luna piena e si vedeva tutto benissimo.<br />
[...] Faceva molto freddo, battevamo<br />
i denti, e per riscaldarci ci davamo<br />
dei pugni sulla schiena”. La Ciano e gli<br />
altri vennero recuperati da un peschereccio.<br />
Poi la crocerossina fu portata al<br />
quartier generale, dove si addormentò.<br />
“Non mi presi neanche un raffreddore”<br />
ricorderà. A causa del naufragio, alla fine,<br />
morirono 23 persone.<br />
Segretissimo. La radio italiana diffuse<br />
la notizia che i britannici avevano<br />
silurato una nostra nave ospedale. «Inizialmente»<br />
dice Faggioli «s’ipotizzò che<br />
il siluro fosse partito da un sommergibile,<br />
forse per evitare di mettere a nudo il<br />
fallimento della contraerea. Ma la ricostruzione<br />
non era verosimile, anche perché<br />
nessun sommergibile si sarebbe mai<br />
avventurato all’interno della baia». E infatti<br />
un comunicato segreto del Comando<br />
superiore della Marina, a poche ore<br />
dall’incidente, parlò di un’azione condotta<br />
da “aereosiluranti” e specificò che<br />
la Po “non era illuminata”.<br />
La propaganda fascista descrisse l’attacco<br />
come un atto di vigliaccheria. Ma<br />
non fu così. I britannici avevano il diritto<br />
di colpire una nave oscurata e, nel parapiglia,<br />
potrebbero effettivamente non<br />
aver visto che si trattava di un’imbarcazione<br />
di soccorso. Se non fosse rimasta<br />
al buio, forse la Po non sarebbe andata<br />
persa. La versione di Edda lascia irrisolta<br />
la questione: “Gli inglesi” dirà la figlia<br />
del duce “credevano che il piroscafo<br />
fosse la residenza di papà e ci silurarono<br />
benché avessimo le insegne di una nave<br />
ospedaliera. È vero che non avevamo le<br />
luci accese, come invece avremmo dovu-<br />
Nave<br />
fantasma<br />
La sala da<br />
pranzo della<br />
Po, trasformata<br />
in camerata<br />
per i feriti.<br />
Pavimento<br />
e soffitto,<br />
di legno,<br />
sono marciti.<br />
A destra,<br />
dall’alto:<br />
l’argano di prua,<br />
il braccio di una<br />
scialuppa e una<br />
vasca da bagno<br />
finita sul ponte.<br />
Immergiti anche tu sul relitto<br />
della Po con il filmato su<br />
www. /storia17<br />
to, ma la notte era molto luminosa ed era<br />
impossibile non vedere l’enorme croce<br />
rossa dipinta sullo scafo”.<br />
Al fronte. E Mussolini? Ufficialmente<br />
non prese posizione. «Dopo essersi accertato<br />
che Edda stesse bene» racconta<br />
Parlato «telefonò alla moglie per riferirle<br />
l’accaduto. Poi pretese che la figlia riprendesse<br />
servizio il giorno successivo.<br />
Era una questione di immagine, di onore<br />
e dignità». E così fu. Il giorno dopo Edda<br />
ricominciò a lavorare, prima a Valona<br />
e poi a Dhërmi, sede dell’ospedale da<br />
campo più avanzato. “Ho sempre desiderato<br />
stare vicino al fronte” dirà. “La guerra<br />
la facevamo sul serio”. ❏<br />
Michele Scozzai<br />
Così proseguì la carriera della crocerossina Ciano<br />
Dopo l’Albania, la<br />
crocerossina Edda<br />
Ciano passò un breve<br />
periodo sul fronte russo<br />
e, nell’autunno del<br />
1942, cominciò a capire<br />
che la guerra sarebbe<br />
finita male. Un giorno<br />
la nave ospedale sulla<br />
quale era imbarcata<br />
trasse in salvo alcuni<br />
naufraghi italiani e<br />
inglesi. La mattina<br />
seguente, racconterà la<br />
figlia del duce, gli inglesi<br />
erano sbarbati e puliti,<br />
mentre i nostri erano<br />
“sporchi, luridi, fetenti”.<br />
Per Edda fu un segnale<br />
di come si stavano mettendo<br />
le cose.<br />
Ribelle. La crocerossina<br />
provò anche<br />
a contestare alcune<br />
delle regole imposte dal<br />
padre, come quella che<br />
impediva alle donne di<br />
indossare i pantaloni<br />
(più comodi e funzionali<br />
delle gonne quando si<br />
era al fronte) o quella<br />
che vietava ai soldati in<br />
licenza di ballare e svagarsi<br />
(fattore che influì<br />
sul morale delle truppe).<br />
Quando un giorno, a<br />
Riccione, Edda lo fece<br />
notare a Mussolini, “per<br />
poco non venne giù la<br />
casa” ricorderà. “Papà<br />
si arrabbiò, sostenendo<br />
che chi tornava dal fron-<br />
te doveva dimostrare la<br />
stessa austerità di chi<br />
era rimasto in Italia”.<br />
In Sicilia. L’esperienza<br />
da crocerossina terminò<br />
nell’estate del ’43<br />
in Sicilia. La primogenita<br />
del duce, in quei<br />
mesi, era in servizio in<br />
un ospedale vicino a<br />
Palermo, e da lì scrisse<br />
una desolata lettera al<br />
padre: riferì di una città<br />
semidistrutta, di una<br />
popolazione affamata.<br />
Chiese per i civili “pane,<br />
pasta, medicinali, indumenti”.<br />
E concluse: “Ti<br />
prego provvedi. Capisco<br />
le difficoltà, ma qui il<br />
problema è gravissimo<br />
e può da un momento<br />
all’altro diventare catastrofico<br />
anche politicamente”.<br />
Solo lei poteva<br />
parlare così al duce.<br />
Ma ormai non c’era più<br />
nulla da fare.<br />
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