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VDG Magazine

Sulla qualità e sulla “trasparenza” (intesa nell’accezione di genuinità, ma anche di informazione puntuale, tracciabilità e sicurezza) del cibo – lo diciamo da tempo – c’è ancora molto da lavorare. Soprattutto da parte delle istituzioni e in particolar modo di quelle europee. L’ardua sfida – o l’impari duello che dir si voglia – con la quale bisogna fare i conti, more solito, è quella tra le lobby industriali dell’agroalimentare,

Sulla qualità e sulla “trasparenza” (intesa nell’accezione di genuinità, ma anche di informazione puntuale, tracciabilità e sicurezza) del cibo – lo diciamo da tempo – c’è ancora molto da lavorare. Soprattutto da parte delle istituzioni e in particolar modo di quelle europee.
L’ardua sfida – o l’impari duello che dir si voglia – con la quale bisogna fare i conti, more solito, è quella tra le lobby industriali dell’agroalimentare,

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tutt’oggi, sono ancora limitati – rispetto ad altre<br />

medie europee – ma, in compenso, le produzioni<br />

proliferano di anno in anno. E l’interesse<br />

generale verso l’agricoltura bio cresce<br />

progressivamente, lasciando facilmente presagire<br />

un’impennata dei consumi sul lungo<br />

periodo. Al di là dei numeri, dei gusti e delle<br />

mode, un interrogativo rimane tuttavia sullo<br />

sfondo: quanto ne sanno veramente gli italiani<br />

e gli stessi consumatori del biologico?<br />

Per definizione della Commissione Europea,<br />

«l’agricoltura biologica è un sistema di produzione<br />

agricola che cerca di offrire al consumatore<br />

prodotti freschi, gustosi e genuini,<br />

rispettando il ciclo della natura e minimizzando<br />

l’impatto umano nell’ambiente me-<br />

Sta diventando sempre<br />

più la tendenza alimentare<br />

del terzo millennio: ma quanto<br />

sanno veramente gli italiani<br />

di biologico? Scopriamone<br />

insieme peculiarità, segreti<br />

e contraddizioni<br />

diante: la rotazione delle colture, l’impiego<br />

molto limitato dei pesticidi, il divieto dell’uso<br />

di Ogm, l’uso di risorse locali (dai fertilizzanti<br />

ai foraggi), la scelta di piante e animali<br />

resistenti alle malattie e capaci di adattarsi<br />

alle condizioni del luogo, l’utilizzo di pratiche<br />

di allevamento appropriate per le diverse<br />

specie di bestiame». Ma siamo certi che basta<br />

sapere questo per potersi districare nel variegato<br />

mondo dei consumi bio? La nostra indagine<br />

ha provato a fare un po’ di chiarezza, partendo<br />

da una fotografia dello status quo del<br />

bio italiano per inoltrarsi quindi tra i segreti,<br />

le peculiarità e le piccole e grandi contraddizioni<br />

di questo tipo di agricoltura alternativa a<br />

quella convenzionale sulle cui produzioni non<br />

sempre ci viene detta tutta la verità.<br />

Una nicchia<br />

di grande<br />

potenzialità<br />

A cura dell’Osservatorio Agroalimentare Nomisma<br />

L’Italia è oggi il primo paese europeo per numero di<br />

operatori biologici. Le aziende della filiera sono complessivamente<br />

48.269. Il numero degli operatori non è<br />

tuttavia che uno dei parametri per valutare l’effettiva importanza<br />

economica dell’agricoltura biologica: occorre valutare<br />

l’estensione delle superfici agricole a essa dedicate e<br />

il tipo di colture. Nell’agricoltura biologica, l’uso del suolo<br />

è ripartito tra Superficie Agricola Utilizzata (SAU) già<br />

biologica e in conversione: la transizione dall’agricoltura<br />

convenzionale avviene entro un determinato periodo di<br />

tempo (di conversione, appunto), durante il quale sono applicate<br />

le disposizioni relative alla produzione biologica. I<br />

prodotti della terra coltivati in azienda durante la conversione<br />

non possono però venire certificati, e dunque messi<br />

in commercio, come biologici.<br />

Colture bio: secondi solo agli spagnoli<br />

In termini di superfici, l’Italia non detiene invece il primato<br />

che è ad appannaggio della Spagna. Si piazza però<br />

al secondo posto assieme alla Francia, con una SAU biologica<br />

complessiva che nel 2011 è risultata pari a poco<br />

più di un milione di ettari, di cui 837.107 già biologici.<br />

In termini di superfici, il bio rappresenta così l’8,5% della<br />

superficie agricola italiana. Si tratta quindi di cifre contenute<br />

in termini relativi, ma rilevanti in termini assoluti in<br />

quanto proiettano il nostro Paese ai primi posti dell’Unione<br />

Europea. Le colture foraggere detengono la quota più<br />

rilevante di superficie biologica, sono presenti in tutto il<br />

Mezzogiorno, ma soprattutto in Sicilia e Puglia. Seguono<br />

i cereali e alcune colture permanenti, tra cui olivo, vite e<br />

varie specie di frutta. In quest’ultimo settore sono gli agrumi<br />

a fare la parte del leone. Tra gli ortaggi solo la carota<br />

evidenzia cifre significative. Il quadro dell’offerta produttiva<br />

è completato dalla zootecnia biologica.<br />

febbraio 2013<br />

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