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<strong>arte</strong> a cura di Kristina Radanovic<br />
pag. 54<br />
Alberto Garruti<br />
MAXXI DIAloGhI con lA cIttà<br />
Roma, marzo 2009 – Cinque finestre che<br />
affacciano su via Guido Reni, quelle della<br />
prima sala pronta ad accogliere un’opera.<br />
Da fuori un bagliore di luci sommesso<br />
che, all’improvviso, si alza, si accende,<br />
abbaglia.<br />
E’ l’installazione site-specific che Alberto<br />
Garutti ha ideato per il MAXXI, il museo<br />
delle arti del XXI secolo progettato<br />
da Zaha Hadid e quasi ultimato: ogni volta<br />
che un fulmine cadrà in Italia durante<br />
i temporali, una sala del MAXXI - luogo<br />
attrattore e propulsore di energie - si<br />
“accenderà”, grazie a una fitta selva di<br />
lampade collegate con il CESI (Centro<br />
Elettrotecnico Sperimentale Italiano).<br />
L’opera – la prima ad “abitare” lo spazio<br />
del museo, anticipandone la futura attività<br />
espositiva – si inaugura giovedì 2 aprile,<br />
ed è visibile dall’esterno. Fa p<strong>arte</strong> del<br />
ciclo espositivo MAXXI - Dialoghi con la<br />
città, a cura di Laura Cherubini, che prevede<br />
una serie di installazioni di artisti di<br />
fama internazionale che hanno per protagonista<br />
la luce e accompagnano la fase<br />
conclusiva dei lavori del museo.<br />
Un attento ascolto del luogo e del suo spazio,<br />
la consapevolezza che l’opera nasce<br />
nell’incontro con lo spettatore, il senso mistico<br />
della natura sono aspetti del lavoro<br />
di Garutti presenti anche nell’installazione<br />
realizzata per il MAXXI, di forte impatto<br />
evocativo.<br />
I passanti si fermano ad osservare il cantiere<br />
del nuovo museo, guardano verso<br />
l’alto sopra le recinzioni, cercano di capire.<br />
L’opera tiene conto di questo sguardo<br />
verso l’alto: quello che accadrà sarà improvviso<br />
e imprevedibile, come spesso lo<br />
sono quei fenomeni della natura da cui<br />
Garutti sembra trarre ispirazione per questa<br />
opera.<br />
“La macchina luminosa allestita nel cuore<br />
del museo – spiega Alberto Garutti - non<br />
vuole “rilevare” un fenomeno elettrico, ma<br />
“rivelare” agli spettatori il legame di consanguineità<br />
tra <strong>arte</strong> e natura. Immagino la<br />
sala del MAXXI diventare un luogo sensibile,<br />
in grado di perdere le sue dimensioni<br />
fisiche e il rapporto con il tempo e trasformarsi<br />
in una sorta di ambiente di mediazione<br />
tra il cielo e la città. Un dispositivo<br />
in grado di mettere in relazione Roma<br />
con tutta l’Italia e di ribadire la vocazione<br />
dell’<strong>arte</strong> ad essere universale.<br />
“Le opere di Garutti – dice Laura Cherubini -<br />
sanno restituire il senso dell’app<strong>arte</strong>nenza<br />
alla comunità, nascono da una relazione<br />
“sentimentale” con i luoghi e le persone e<br />
si realizzano pienamente solo nell’incontro<br />
con lo spettatore. Garutti riannoda i fili tra<br />
il pubblico e l’<strong>arte</strong> contemporanea”.<br />
Alberto Garutti, artista e docente, è titolare<br />
all’Accademia di Brera di Milano e professore<br />
per la cattedra di Arte 2 <strong>press</strong>o la<br />
Facoltà di Architettura di Venezia, IUAV.<br />
Invitato a grandi manifestazioni internazionali,<br />
come la Biennale di Venezia nel<br />
1990 o il M.A.R.T.A, Museum di Herford<br />
nel 2001, è spesso chiamato a realizzare<br />
opere pubbliche per città e musei: a<br />
Ghent in Belgio per il Museo S.M.A.K.;<br />
per la Biennale di Istanbul sul ponte del<br />
Bosforo; nel 2002 a Kanazawa, in Giappone,<br />
in collaborazione con il 21st Century<br />
Museum of Contemporary Art e a<br />
Bolzano per la città e il Museion. Altre<br />
opere pubbliche sono state eseguite a<br />
Bergamo, a Gallipoli e, nel 2004, per la<br />
sede Tiscali di Cagliari.<br />
Numerose le mostre personali e collettive<br />
di cui è stato protagonista, tra cui quelle<br />
<strong>press</strong>o Galleria Paul Maenz a Colonia, Galleria<br />
Locus Solus a Genova, Galleria Ugo<br />
Ferranti a Roma, Galleria Minini a Brescia,<br />
Studio Guenzani e Galleria Marconi a Milano,<br />
Museo S.M.A.K. a Ghent, Magazzino<br />
d’Arte Moderna a Roma, Arte all’Arte<br />
2000 e 2005, Associazione culturale Zerynthia,<br />
Certosa di Padula, Villa Manin a<br />
Codroipo. E’ presente nella mostra ITALI-<br />
CS, Arte italiana fra tradizione e rivoluzione<br />
1968-2008, a Palazzo Grassi a Venezia<br />
poi a Chicago, al Museum of<br />
Contemporary Art.<br />
Nel 2000 è stato membro della commissione<br />
giudicatrice del premio Querini-Furla<br />
per l’Arte a Venezia e, nel 2002/2003,<br />
membro della giuria per il concorso indetto<br />
dal Sole24ore “I Nuovi Segni: <strong>arte</strong> nella<br />
comunità e committenza pubblica” e<br />
presidente della giuria italiana per l’ultima<br />
edizione dell’Italian Studio Program<br />
al Museo MOMA/P.S.1 Contemporary Art<br />
Center di New York.<br />
Dopo l’intervento di Garutti, il prossimo<br />
progetto del ciclo MAXXI - Dialoghi con la<br />
città prevede un’installazione di Tobias<br />
Rehberger.<br />
In una sala del<br />
nuovo museo<br />
MAXXI<br />
le luci vibreranno<br />
quando in Italia un<br />
fulmine cadrà<br />
durante i temporali.<br />
Quest’opera è<br />
dedicata a tutti<br />
coloro che passando<br />
di lì penseranno<br />
al cielo.<br />
A.G.<br />
MAXXI<br />
Museo nazionale delle arti<br />
del XXI secolo<br />
via Guido Reni 2f, Roma<br />
fino al 17 maggio 2009<br />
Il progetto di<br />
Alberto Garutti è realizzato<br />
con il sostegno tecnico<br />
Zumtobel Illuminazione S.r.l.<br />
e con la collaborazione del CE-<br />
SI – Centro Elettrotecnico Sperimentale<br />
Italiano<br />
si ringrazia il Consorzio<br />
MAXXI 2006
Emma ciardi 1879-1933<br />
IMprEssIonIsMo vEnEzIAno<br />
Il Museo Nazionale di Villa Pisani ospita dal<br />
22 febbraio al 23 maggio 2009 la mostra<br />
antologica dedicata a Emma Ciardi (Venezia<br />
1879-1933), promossa dalla Soprintendenza<br />
per i Beni Architettonici e Paesaggistici<br />
per le province di Venezia, Belluno,<br />
Padova e Treviso con il patrocinio e il contributo<br />
della Regione Veneto, organizzata<br />
da Munus e curata da Myriam Zerbi. La<br />
splendida villa, fatta costruire nel Settecento<br />
dal 114simo doge della Serenissima Almorò<br />
Pisani a Stra, sulle rive del Brenta, dove<br />
natura e opera dell’uomo si uniscono, è<br />
la cornice ideale per far rivivere l’<strong>arte</strong><br />
di Emma Ciardi e la sua pittura che, come<br />
dicevano i suoi contemporanei, sa “affascinare<br />
e sedurre”.<br />
Emma Ciardi, che ha spesso passeggiato,<br />
fotografato (come molti pittori del suo tempo<br />
usava la fotografia come strumento di lavoro<br />
per fissare luci e tagli prospettici) o fatto<br />
veloci schizzi dal vero nel magnifico<br />
parco di Villa Pisani, vincitore del premio<br />
“Parco più bello d’Italia 2008”, torna<br />
cent’anni dopo a raccontare il suo Settecento<br />
con ville e giardini popolati di damine<br />
e cavalieri in un colorito svolazzare di sete<br />
cangianti che, nelle differenti gradazioni<br />
di verde, danno vita, in ogni dipinto, ad una<br />
festa per gli occhi. In un turbinio di idoli cristallini<br />
dalle lunghe vesti a coda e dai neri<br />
tricorni, Emma miscela sulla tavolozza brani<br />
di realtà e tocchi di artificio e rinnova di<br />
un’epoca trascorsa ciò che le appare come<br />
metafora di leggerezza e serenità.<br />
La sua creatività, libera da steccati ideologici,<br />
prosegue sulla traccia del vedutismo<br />
veneziano, nutrendosi delle esperienze<br />
macchiaiole, im<strong>press</strong>ioniste e post im<strong>press</strong>ioniste,<br />
rielaborate in modo personale, e<br />
trova ben presto una sua via es<strong>press</strong>iva originale<br />
che la distingue anche dal lirismo vedutistico<br />
del padre e dal naturalismo bucolico<br />
del fratello.<br />
La mostra offre un quadro esauriente dell’intenso<br />
itinerario creativo della Ciardi attraverso<br />
una preziosa selezione di oltre<br />
sessanta opere, alcune delle quali assoluti<br />
inediti, mai uscite prima d’ora dalle collezioni<br />
e concesse per la prima volta in esposizione.<br />
In una vivace sarabanda narrativa lo<br />
spettatore viene condotto a conoscere una<br />
personalità artistica la cui tavolozza unisce<br />
la vaporosa leggerezza e luminosità di tocco<br />
di Guardi alla corposità d’impasti e alla<br />
frammentarietà di pennellata che rende così<br />
caratteristica e riconoscibile la sua <strong>arte</strong>.<br />
La rassegna di Villa Pisani ripercorre tutti i<br />
filoni privilegiati dalla pittura di Emma, dal-<br />
pag. 56<br />
le vedute di parchi con ambientazioni settecentesche,<br />
alle sue Venezie, ai ritratti dei<br />
luoghi incontrati durante i suoi viaggi che<br />
la portano ad esporre sulle ribalte nazionali<br />
(Torino, Firenze Roma, Napoli, Biennale di<br />
Venezia) e internazionali (Monaco di Baviera,<br />
Parigi, Barcellona, Bruxelles, Pittsburgh,<br />
Atene, San Francisco), e a tenere con successo<br />
personali a Londra (1910, 1913, 1928,<br />
1933), Parigi (1914), New York e Chicago<br />
(1924).<br />
La Venezia di Emma è la «primadonna»<br />
di vedute cristalline, vitali e energiche in<br />
cui le gondole, insieme ai bragozzi scomparsi<br />
oggi dal Bacino di San Marco, voltano<br />
noncuranti lo sguardo ai segni del moderno,<br />
che si susseguono in quegli anni in laguna,<br />
dall’interramento dei rii ai battelli a vapore<br />
che iniziano a solcare le acque del Canal<br />
Grande.. Le figure umane p<strong>arte</strong>cipano alla<br />
resa del luogo, come già nei teleri del Giambellino,<br />
infondendo vita a calli, campi, vie<br />
d’acqua e forza dinamica all’ambiente circostante.<br />
Esposte al Museo Nazionale di Villa Pisani<br />
vedute di Asiago, scorci di Cortina, di città<br />
quali Londra, Firenze, Parigi, Amalfi, Vicenza,<br />
dei vasti prati d’Inghilterra e della campagna<br />
di Refrontolo (Treviso), rifugio dell’ultimo<br />
periodo della sua esistenza. Se nella<br />
natura addomesticata le sue damine sognano,<br />
del Settecento, convegni al parco e minuetti<br />
in smaglianti improvvisazioni cromatiche,<br />
nella campagna inglese e trevigiana<br />
la natura ariosa, limpida, senza ridondanze,<br />
appare austera, bella, semplice e senza pose<br />
come tante volte è stata descritta la Ciardi<br />
da chi la conosceva.<br />
La mostra viene inaugurata in occasione<br />
dell’uscita del catalogo / volume monografico<br />
di Emma Ciardi Emma Ciardi. Vita e<br />
opere a cura di Myriam Zerbi, edito da Umberto<br />
Allemandi & C., ricognizione storico<br />
artistica sulla pittrice e approfondimento<br />
degli studi sul personaggio e sull’ambiente<br />
in cui ha vissuto e operato.<br />
A cinque anni di distanza dalla prima esposizione<br />
in tempi moderni della pittrice, organizzata<br />
nella ex Barchessa Morosini a Mirano<br />
nel 2003, l’antologica di Villa Pisani<br />
viene ad integrare la ricostruzione storico<br />
artistica della sua attività per poter dare la<br />
possibilità di conoscere un’artista apostrofata<br />
dai suoi contemporanei come “una delle<br />
pittrici più valide d’Europa” e tra le rarissime<br />
donne artiste che, a cavallo tra i due secoli,<br />
guadagnarono fama internazionale, in<br />
compagnia delle im<strong>press</strong>ioniste Berthe Morisot<br />
e Mary Cassatt.<br />
Museo Nazionale<br />
di Villa Pisani<br />
Via Doge Pisani 7<br />
30039 Stra (Venezia)<br />
fino al 23 maggio 2009<br />
Organizzazione:<br />
Munus S.p.A.<br />
Via Alessandro Fleming 55<br />
00191 Roma<br />
cromofobie<br />
pErcorsI DEl bIAnco<br />
E DEl nEro<br />
nEll’ArtE ItAlIAnA<br />
contEMporAnEA<br />
Dal 14 febbraio al 31 maggio 2009 l’EX<br />
AURUM di Pescara, affascinante struttura<br />
progettata da Giovanni Michelucci negli<br />
anni Trenta, ospita la mostra “CROMOFO-<br />
BIE, percorsi del bianco e del nero nell’<strong>arte</strong><br />
italiana contemporanea”. La mostra, curata<br />
da Silvia Pegoraro, è realizzata dalla Regione<br />
Abruzzo e dal Comune di Pescara nell’ambito<br />
di un progetto pilota della PARC - Direzione<br />
generale per la qualità e la tutela del<br />
paesaggio, l’architettura e l’<strong>arte</strong> contemporanee<br />
del Ministero per i Beni e le Attività<br />
Culturali, intitolato “SENSI CONTEMPO-<br />
RANEI”, con la collaborazione del Ministero<br />
per lo Sviluppo Economico e della Biennale<br />
di Venezia. L’idea della mostra dedicata ai<br />
“Percorsi del bianco e del nero nell’<strong>arte</strong><br />
italiana contemporanea” è nata dalla fascinazione<br />
esercitata sulla curatrice dal grande<br />
“Tunnel” optical di Getulio Alviani, presente<br />
all’interno dell’Ex Aurum di Pescara. Si<br />
tratta di una grande opera-ambiente, fondata<br />
su una semplicissima e complessa interazione<br />
ottico-mentale tra il bianco e il nero. ”La<br />
mostra “CROMOFOBIE” vuole essere una<br />
panoramica significativa della presenza<br />
del bianco e del nero nell’<strong>arte</strong> italiana<br />
contemporanea, dal dopoguerra ad oggi,<br />
a partire cioè da es<strong>press</strong>ioni storicizzate<br />
del bianco e del nero nell’<strong>arte</strong>, sia iconica che<br />
aniconica, sino ad arrivare agli sviluppi più<br />
attuali delle ricerche sul bianco e il nero, nelle<br />
giovani generazioni. Saranno presenti 76<br />
artisti, ed esposte circa 130 opere, per costruire<br />
un percorso storico-tematico che vada,<br />
appunto, da lavori già “storicizzati” ai lavori<br />
di artisti delle ultime generazioni.<br />
Il bianco e il nero possono significare l’assenza<br />
o la somma di tutti i colori, e nel Novecento<br />
assurgono a simbolo della tautologia, categoria<br />
fondamentale e fondante di tanta <strong>arte</strong><br />
del XX secolo, tutta più o meno legata a una<br />
radice “concettuale” in senso lato, dal Quadrato<br />
bianco su fondo bianco di Malevic al<br />
bianco “assoluto” di Ryman, ai neri di Burri e<br />
di Reinhardt.<br />
Molti artisti contemporanei usano il bianco<br />
e il nero con una forte consapevolezza della<br />
tensione che questi non-colori determinano,<br />
perché di fronte al vuoto o al silenzio lo spettatore<br />
è preso da una sorta di vertigine che<br />
può sgomentare oppure può innescare uno<br />
stimolante meccanismo di ricerca, inconscia<br />
o consapevole, tale da mettere in moto tutte<br />
le sensibilità emotive e logiche, evocative e<br />
mnemoniche, come in una sorta di percorso<br />
iniziatico. L’“assenza visibile di colore” e “la<br />
fusione di tutti i colori”, parimenti rintracciabili<br />
nel bianco e nel nero, diverranno per Vasilij<br />
Kandinskij e Kazimir Malevic oggetto di<br />
una costante riflessione che, trascendendo le<br />
considerazioni puramente coloristiche, coinvolgerà<br />
il gesto artistico nella sua interezza.<br />
E così pure per Paul Klee, nel suo continuo<br />
parallelismo tra pittura e musica, che lo porta<br />
alla realizzazione di opere celebri come Bianco<br />
polifonicamente incorniciato (1930).<br />
Nel dopoguerra trovano es<strong>press</strong>ioni di straordinario<br />
interesse, soprattutto nelle varie forme<br />
di “astrattismo”: dal primo Rauschenberg<br />
a Tobey, a Twombly, dal materismo di Burri al<br />
segno-scrittura di Novelli, allo spazialismo di<br />
Fontana, con le sue derivazioni in Manzoni,<br />
Castellani, Bonalumi, Scheggi, e nell’<strong>arte</strong> optical,<br />
con Alviani o Colombo.<br />
Ma anche nella figurazione la presenza del<br />
bianco e del nero è oltremodo significativa e<br />
suggestiva, come in certe esperienze legate<br />
in qualche modo al “Pop”, come quelle di<br />
Schifano e di Lombardo, o in grandi “inclassificabili”<br />
come De Dominicis.<br />
ex Aurum<br />
via F.F. d’Avalos, Pescara<br />
fino al 31 maggio 2009<br />
dal lunedì al sabato<br />
dalle 9.30 alle 13.30<br />
e dalle 15.30 alle 19.30.<br />
Domenica<br />
dalle 15.30 alle 19.30
Ex Elettrofonica luigi Einaudi<br />
nasce nel cuore della Roma più antica e<br />
popolare EX ELETTROFONICA: una galleria<br />
che segna un punto di svolta nella concezione<br />
architettonica degli spazi espositivi<br />
privati. Beatrice Bertini, giovane curatrice<br />
e storica dell’<strong>arte</strong>, ha voluto interpretare lo<br />
spazio come luogo di interazione attiva fra architettura<br />
e arti visive: l’idea è infatti quella di<br />
chiamare gli artisti a fondere il loro lavoro con<br />
lo spazio, per creare non solo una reciproca interazione<br />
ma un’opera d’<strong>arte</strong> unica. La concezione<br />
spaziale di EX ETTROFONICA è a cura<br />
di Alessandra Belia e Federico<br />
Bistolfi, ex collaboratori dello studio romano<br />
di Zaha Hadid, che hanno dato vita ad un<br />
ambiente sospeso, un contenitore per l’<strong>arte</strong><br />
in cui possano nascere sensazioni per alimentare<br />
l’immaginazione. L’indeterminatezza<br />
della forme e l’assenza di spigoli e angoli,<br />
genera una spazialità ovattata, un organico<br />
limbo bianco. Una pelle continua avvolge<br />
fisicamente la struttura, in uno spazio fluido<br />
che interagendo con l’<strong>arte</strong> sembra in continua<br />
evoluzione. Uno spazio dinamico, in cui è l’<strong>arte</strong><br />
la matrice del cambiamento.<br />
A inaugurare questa realtà espositiva così<br />
diversa da quella tradizionale è stata scelta<br />
un’installazione ambientale (dalla durata<br />
minima) di Maria Dompè, artista che attraverso<br />
la scelta dei luoghi e la loro trasformazione,<br />
costruisce con lo spazio un rapporto intimo<br />
e totale. La prima mostra sarà quella di<br />
Giangaetano Patanè che dal 1 aprile al 5<br />
maggio presenterà sette opere realizzate appositamente<br />
per l’Ex Elettrofonica, incentrate<br />
sulla poetica del ponte e dei limiti dello spazio.<br />
Accanto a ponti stilizzati, che rimandano<br />
al tema dei rapporti dell’uomo con l’uomo e<br />
dell’uomo con “l’ignoto”, vengono poste in essere<br />
forme ovali irregolari che rappresentano<br />
il limite del possibile e il confine del desiderabile.<br />
Si tratta di opere dal forte accento drammatico,<br />
volutamente ridotte all’essenziale, incentrate<br />
sulla relazione tra il vivente e il suo<br />
spazio possibile, in cui non mancano rimandi<br />
ad una visione trascendentale dell’esistenza<br />
in generale. Il limite tra ciò che sta dentro e<br />
ciò che sta fuori evoca un senso di nostalgia,<br />
di speranza, e di dubbio irrisolto che viene interpretato<br />
soprattutto dalla scelta dei colori,<br />
ma anche dalla posizione delle poche figure<br />
che compaiono in modo sempre differente<br />
sulle tele. Le opere, di grande impatto visivo,<br />
sono supportate da un simbolismo apparentemente<br />
semplice, ma in realtà assoluto, che indaga<br />
i rapporti tra l’uomo e la morte, tra l’uomo<br />
e i propri simili.<br />
Ex Elettrofonica<br />
Roma, Vicolo Sant’Onofrio 10-11<br />
dal m<strong>arte</strong>dì al venerdì 11.00- 18.30<br />
lunedì chiuso, sabato su appuntamento<br />
pag. 58<br />
Curata da Roberto Einaudi, la mostra ripropone<br />
la figura di Luigi Einaudi: economista<br />
liberale, professore all’Università di Torino<br />
e all’Università Bocconi di Milano, viticoltore<br />
nel suo podere a Dogliani, raffinato<br />
collezionista di libri rari, giornalista de “La<br />
Stampa”, “Corriere della Sera” e “The Economist”,<br />
direttore di riviste scientifiche come<br />
la “Riforma Sociale” e la “Rivista di storia<br />
economica”, Governatore della Banca<br />
d’Italia dal 1945 al 1948, Presidente della<br />
Repubblica dal 1948 al 1955.<br />
Opere d’<strong>arte</strong>, fotografie, testimonianze inedite<br />
e oggetti quotidiani, provenienti dagli<br />
archivi dello Stato, dalla Presidenza della<br />
Repubblica, dalla Banca d’Italia, dalla Camera<br />
dei Deputati, dalla Fondazione Corriere<br />
della Sera, dalle Fondazioni intitolate<br />
a Luigi Einaudi, dalla famiglia Einaudi e da<br />
collezioni private, documentano le fasi della<br />
vita di quest’intellettuale e statista di alto<br />
rigore morale e forte impegno civile. Le<br />
opere in mostra, oltre a far luce sulla figura<br />
di Einaudi, concorrono alla ricostruzione<br />
della memoria storica dell’Italia.<br />
Vengono ricostruiti nella mostra i tre studi<br />
di Luigi Einaudi: lo studio alla Banca<br />
d’Italia, dove progettò la stabilizzazione<br />
della lira; lo studio al Quirinale, da<br />
dove garantì la ripresa della vita democratica<br />
dell’Italia repubblicana; lo studio-scala<br />
di San Giacomo, prediletto luogo di<br />
appartata riflessione.<br />
All’interno degli ambienti evocati o ricostruiti<br />
troveranno posto i documenti, gli<br />
oggetti, i quadri, gli arredi, i dipinti e le<br />
sculture originali.<br />
Il percorso della mostra si articola in più sezioni<br />
affidate a studiosi coordinati da Pierluigi<br />
Ciocca: dall’infanzia alla prima guerra<br />
mondiale, agli anni oscuri del fascismo<br />
e della guerra, alle proposte einaudiane per<br />
l’Europa, alla Consulta e alla Costituente,<br />
dove nacquero le nuove istituzioni democratiche,<br />
alla ricostruzione economica<br />
come Governatore della Banca d’Italia e<br />
Ministro del Bilancio, fino alla Presidenza<br />
della Repubblica.<br />
TITOLO MOSTRA<br />
“L’eredità di Luigi Einaudi<br />
La nascita dell’Italia repubblicana<br />
e la costruzione dell’Europa”<br />
Archivio di Stato<br />
Piazza Castello 209, Torino<br />
ingresso libero da piazzetta Mollino<br />
13 febbraio – 26 aprile 2009<br />
su prenotazione 27 aprile – 10 maggio 2009<br />
www.mostraluigieinaudi.it
Intrigo Internazionale<br />
Il cInEMA DI roMAn polAnskI<br />
Dal 4 aprile al 28 giugno 2009 Cinecittàdue<br />
Arte Contemporanea ospita “INTRIGO<br />
INTERNAZIONALE. IL CINEMA DI ROMAN<br />
POLANSKI”, una mostra fotografica dedicata<br />
al regista di origine polacca ma apolide<br />
per vocazione, che ha dato corpo a opere<br />
di inimitabile ricerca es<strong>press</strong>iva, un maestro<br />
della modernità che nel crearsi il proprio<br />
stile ha sfiorato tutte le correnti del suo<br />
tempo. Esperienze che hanno indelebilmente<br />
segnato il suo modo di fare cinema, multiforme<br />
e unico nella sua essenza, rendendo<br />
la sua <strong>arte</strong> disponibile alle contaminazioni<br />
di forme e generi ma al tempo stesso non riconducibile<br />
a mode e stereotipi. La mostra,<br />
presentata lo scorso autunno al Museo Nazionale<br />
del Cinema di Torino, curata da Alberto<br />
Barbera, ripercorre l’iter artistico del<br />
regista attraverso 120 fotografie di scena<br />
e di set scattate dai più famosi fotografi.<br />
Completa l’allestimento uno schermo al<br />
plasma che propone alcune sequenze tratte<br />
dai film più famosi di Polanski. Figlio di un<br />
polacco di discendenza ebraica e una cattolica<br />
di origini russe, Roman Polanski nasce a<br />
Parigi nel 1933. Dopo un’infanzia turbolenta,<br />
si avvicina al mondo del cinema come attore<br />
pag. 60<br />
prima e come regista poi. Nel 1963 si trasferisce<br />
in Inghilterra per realizzare alcune delle<br />
sue opere più originali, per poi spostarsi<br />
negli Stati Uniti e infine in Francia, dove ora<br />
vive stabilmente con la moglie Emmanuelle<br />
Seigner e i loro due figli, Morgane e Elvis.<br />
Dopo un’inestimabile carriera, nel corso della<br />
quale ha realizzato film diventati capisaldi<br />
della storia del cinema di tutti i tempi, la<br />
consacrazione definitiva arriva nel 2002 con<br />
il premio Oscar per la direzione dello splendido<br />
film Il Pianista.<br />
“Roman Polanski – come ha sottolineato Alberto<br />
Barbera, direttore del Museo Nazionale<br />
del Cinema - è un maestro della modernità,<br />
capace di mescolare il gusto dell’assurdo<br />
all’umorismo surreale, il senso dell’angoscia<br />
individuale a quello della tragedia storica, il<br />
kammerspiel al fantastico, il fascino discreto<br />
della violenza all’attrazione irresistibile per<br />
l’avventura.”<br />
La mostra è uno degli eventi collaterali della<br />
seconda edizione di ROMA. The Road to<br />
Contemporay Art, fiera internazionale d’<strong>arte</strong><br />
contemporanea in programma dal 2 al 5<br />
aprile 2009.<br />
Cinecittàdue<br />
Arte Contemporanea<br />
Centro Commerciale<br />
Cinecittàdue,<br />
Viale Palmiro Togliatti 2,<br />
Roma<br />
fino al 28 giugno 2009<br />
dal lunedì alla domenica, dalle<br />
ore 11.00 alle ore 19.30<br />
Giuseppe Uncini<br />
DAllE tErrE AGlI ArtIfIcI<br />
L’Accademia Nazionale di San Luca lunedì<br />
30 marzo 2009 ricorda Giuseppe Uncini,<br />
protagonista dell’<strong>arte</strong> contemporanea italiana<br />
e internazionale, Accademico Nazionale<br />
di San Luca dal 1991 e Presidente dell’insigne<br />
Accademia nel 2003. Per la prima volta,<br />
ad un anno dalla scomparsa dell’artista,<br />
nella sua città patria elettiva, Giuseppe Uncini<br />
sarà ricordato con una mostra, un incontro<br />
e un libro. Così si esprime Uncini<br />
in una lontana intervista: “…Nel mio lavoro<br />
certamente i materiali sono molto importanti.<br />
Essi, per me, sono strettamente legati<br />
all’idea, anzi sono corpo e logica dell’idea...<br />
Ai materiali fisici aggiungo dei materiali<br />
‘non fisici’: lo spazio, la luce e l’ombra, il<br />
vuoto e il pieno, il colore delle materie, un<br />
disegno ampio, statico, silenzioso, essenziale…Le<br />
mie opere dunque, le mie costruzioni<br />
non ‘raccontano’, non ‘demandano a’,<br />
ma vogliono rappresentare solo quanto in<br />
esse è presente.”<br />
La mostra Giuseppe Uncini. Dalle Terre agli<br />
Artifici (30 marzo – 30 aprile 2009), la prima<br />
di <strong>arte</strong> contemporanea allestita nelle<br />
Gallerie storiche dell’Accademia, ripercorre<br />
la carriera artistica del grande scultore,<br />
con alcune significative opere che rappresentano<br />
tutto l’arco della sua ricerca plastica<br />
e materica. Di esse, Senza titolo del<br />
1958, Architettura n. 194 del 2005 e Artifici<br />
n. 5 del 2008 (ultima opera realizzata da<br />
Uncini), sono inedite ed esposte per la prima<br />
volta, mentre Cemento armato del 1960,<br />
già costituente p<strong>arte</strong> di un’opera composta<br />
da sei moduli e poi smembrata, riappare recuperata<br />
e restaurata dopo la prima mostra<br />
del 1961.<br />
L’incontro sarà l’occasione per presentare il<br />
volume Giuseppe Uncini. Scritti, Manifesti,<br />
Interviste. Dalle Terre agli Artifici, a cura<br />
di Nicola Carrino. Il volume raccoglie integralmente<br />
gli scritti, i manifesti del Gruppo<br />
Uno di Roma di cui l’artista è stato p<strong>arte</strong> attiva<br />
dal 1962 al 1967 e le interviste rilasciate<br />
a riviste e quotidiani nazionali sino al<br />
2008. La ricorrenza si colloca all’interno delle<br />
manifestazioni accademiche che nel tributo<br />
di onore verso personalità riconosciute,<br />
trova occasione di volgere attenzione<br />
alle arti ed al loro studio, come incidenti nel<br />
contesto storico e sociale.<br />
Accademia Nazionale<br />
di San Luca<br />
piazza dell’Accademia<br />
di San Luca 77<br />
Roma<br />
fino al 30 aprile 2009<br />
dal lunedì al venerdì<br />
dalle 10,00 alle 19,00<br />
sabato dalle 10,00 alle 13,00<br />
domenica e festività chiuso