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18.10.2013 Views

8 2 5 Un manichino rappresentante un guerriero mongolo completo del suo variegato armamento. 3 6 4 7 1 Dei Merkiti, la tribù che gli aveva rapito la moglie, Gengis sterminò fi no all’ultima donna e all’ultimo bambino Ali ibn al-Athir (1160-1233) furono uccise 700 mila persone. Ad aggravare l’orrore di simili stragi fu la ferocia con cui esse furono portate a termine. Al governatore di Otrar, dopo la caduta della città, fu versato argento fuso sugli occhi e nelle orecchie. E a Nishapur, dove si consumò una deliberata “pulizia etnica”, con le teste mozzate degli abitanti furono erette fuori porta tre piramidi: una di uomini, una di donne e una di bambini. Poi, per essere sicuri che in città non restasse alcun essere vivente, i Mongoli sterminarono anche cani e gatti. Figli di Satana. Il racconto di queste efferatezze, forse amplificate dai cronisti (tutti di parte avversa) ma cer- Uomini nati per combattere Il guerriero mongolo era particolarmente resistente, tanto che poteva stare anche 10 giorni senza cibo, alimentandosi solo del sangue dei suoi cavalli. Subito in sella. Imparava ad andare a cavallo già a 3 anni, e a 4 o 5 riceveva il suo primo arco, la principale arma dei Mongoli (1), e la faretra (2). Una volta adulto completava la dotazione con un elmo in ferro e cuoio (3), dei bracciali decorati a protezione degli avambracci (4) e un’armatura a lamel- to non inventate, crearono il panico sia nel mondo islamico che in Europa. Yaqut al- Hamawi, geografo arabo dell’epoca, scrisse che all’arrivo di Gengis Khan i popoli venivano “cancellati dal mondo come si cancellano dalla carta le righe scritte”. Il suo contemporaneo Matthew Paris, monaco inglese, definì i Mongoli “una detestabile razza di Satana”. E tra la gente si fece largo l’idea che gli invasori fossero gli apocalittici Gog e Magog della Bibbia. Per capire che cosa fu la furia mongola è istruttivo visitare i resti di Otrar, che un’équipe di 35 archeologi kazaki sta riportando alla luce. «Questa città, che presidiava la Via della Seta, era ricca e grande: le sue rovine coprono 200 ettari» dico- le di cuoio e stagno (5), impermeabilizzata con pece nera e indossata su un giacco di pelle imbottito, con bordi di pelliccia (6). Autosufficiente. Ogni cavaliere portava inoltre con sé una scimitarra (7), un’ascia, una lima Abilissimi in sella Cavalieri mongoli in una ricostruzione cinematografica del 2004. per affilare la punta delle frecce (8), un lazo di crine, un rotolo di corda, ago e filo, una pentola di ferro o terracotta e due borracce in pelle piene di kumys, la tradizionale bevanda alcolica fatta di latte di giumenta fermentato. (r. t.) no al cantiere. «Gli scavi sono in corso dal 1968, ma in tutti questi anni abbiamo trovato solo fondamenta, pezzi di ceramica grandi come un’unghia e pochissimi gioielli: 24 grammi d’oro in totale. Tutte le cose di valore trasportabili erano state depredate; il resto abbattuto, frantumato e polverizzato con cura». Debolezze. Eppure, visto in privato, il carnefice spietato che terrorizzava mezzo mondo non era affatto una glaciale belva insensibile. Aveva paura dei cani, anzitutto. Inoltre era ossessionato dall’idea della morte: tanto che ospitò a corte un monaco taoista in odore di santità, Qui Chang- Dov’è sepolto Gengis Khan? L’interrogativo assilla gli archeologi di mezzo mondo, chun, incaricandolo di preparargli un elisir di vita eterna. Infine, era legatissimo alla moglie Borte. Al punto che, contro gli usi locali, non la ripudiò nemmeno quando lei, rapita e violentata dai nemici Merkiti, partorì un bimbo (Jöchi) che probabilmente era figlio altrui. Anche in pubblico, del resto, Gengis Khan aveva in tempo di pace un secondo volto. Dotò il suo Stato di un’amministrazione pubblica autoritaria e centralizzata ma efficientissima, perché l’affidò agli uomini più validi nei singoli campi: Il mistero dell’ultima dimora dell’ex Temugin così vi furono ingegneri cinesi, funzionari persiani, medici arabi, ufficiali russi... Fece in modo che dal punto di vista religioso l’impero fosse un esempio di tolleranza: quando Guglielmo da Rubrouck raggiunse la Mongolia si stupì di vedervi convivere templi buddisti, moschee e chiese cristiane. Infine, cosciente del valore della cultura, bene che a lui era mancato, si circondò di letterati, artisti e pensatori provenienti dai Paesi sottomessi. 12 13 soprattutto americani e giapponesi, protagonisti di innumerevoli quanto infruttuose spedizioni. Le ricerche si sono concentrate sui monti del Khentii, nella La bara di Gengis secondo un manoscritto persiano. Mongolia orientale, e in particolare sul Burkhan Khaldun, una cima che la mitologia locale considera sacra: narra infatti una leggenda che lassù, dagli amori fra un lupo azzurro e una daina, nacque il primo nomade della steppa. Suggestioni. A indirizzare l’attenzione sul Burkhan Khaldun sono state sinora solo deduzioni logiche: Temugin nacque da quelle parti ed è quindi possibile che volesse essere sepolto nel luogo L’IMPERO MONGOLO Espansione fulminea Nella cartina, l’area occupata dalla tribù d’origine di Temugin, i territori da lui conquistati come khan e i confini massimi raggiunti dall’impero mongolo sotto i suoi discendenti. Tutto in appena un secolo. più sacro della sua terra natale. Le fonti storiche, invece, non danno alcuna indicazione utile a localizzare la tomba: raccontano solo che 40 giovani donne furono sacrificate e sepolte con l’imperatore, perché gli tenessero compagnia. Insieme a un centinaio di cavalli.

Era capace anche di gesti di generosità: raccolse dei bambini abbandonati dopo una scorreria crescendoli come suoi fi gli Eccellente fu poi la politica delle comunicazioni. Abolite le frontiere intermedie, l’Oriente e l’Europa – che l’islam aveva separato incuneandosi in Asia Centrale – tornarono a collegarsi: nacque addirittura un servizio postale che attraversava tutto il continente asiatico. Anche la sicurezza dei trasporti era garantita. Come scrisse con nostalgia uno storico uzbeko del ’600, Abu al-Ghazi Bahadur, “una fanciulla nuda e sola avrebbe potuto viaggiare da levante a ponente con un piatto d’oro in testa senza subire la minima violenza”. Giù dalla sella. Il volto buono di Gengis Khan ebbe come ispiratori alcuni saggi, reclutati nell’evoluta Cina e diventati consiglieri di corte. Uno di loro, Yelu Chucai, amava ripetere: “Si può conqui- La vodka Chinggis (altra grafia di Gengis) prodotta a Ulan-Bator. 14 stare un impero a cavallo, ma per governarlo bisogna scendere di sella”. Gengis Khan capì e “scese” più di una volta. Lo fece soprattutto quando fondò la prima città della storia mongola: Karakorum, futura capitale. Per uno Stato nato nomade e cresciuto distruggendo le città altrui, fu una rivoluzione copernicana: l’Abele vincitore si trasformava in Caino. Ma l’ex Temugin non vide mai la sua capitale finita, perché il monaco Qui Changchun non trovò l’elisir di vita eterna. Così nel 1227, anno del Cinghiale, durante una nuova campagna di guerra in Cina, Gengis rimase vittima di una caduta da cavallo. L’Europa e l’islam non lo piansero, ma anni dopo Marco Polo gli rese onore con queste parole: “Morì e fu grande sventura, perché era prudente e Passato il periodo comunista che lo aveva relegato in penombra come personaggio negativo, oggi in Mongolia Gengis Khan è tornato a essere un eroe nazionale. Su una collina di Kharkhorin (sorta nei pressi delle rovine di Karakorum) un grande monumento celebra l’impero che fu, mentre nelle campagne intorno la gente venera come talismani alcune grosse tartarughe di pietra, simbolo di immortalità, che secoli fa presidiavano gli accessi alla corte. Gloriosi natali. Intanto, in omaggio alla saggio”. Il Re Oceano «uomo del suo tempo, grande nel bene e nel male» come sintetizza Vito Bianchi, cominciava già a far discutere, dividendo i giudizi. ❏ Nino Gorio SAPERNE DI PIÙ Gengis Khan. Il principe dei nomadi, Vito Bianchi (Laterza). Gengis Khan. Alla conquista dell’impero più vasto del mondo, John Man (Mondadori). Gengis Khan. Il grande conquistatore, Michael Prawdin (Giunti). Dietrofront in Mongolia: ora il khan è una superstar memoria del khan, il governo ha varato un piano per spostare la capitale da Ulan-Bator a Kharkhorin. Ma il livello di popolarità di cui gode l’antico imperatore si misura soprattutto da un altro dato: fino a tre anni fa la maggior parte dei nomadi (che Pratica secolare Un cacciatore con la sua aquila sui monti Altaj. La caccia con i rapaci era praticata con passione anche da Gengis (nel riquadro) che si diceva avesse 1.000 tra aquile e falconi. Il monumento che celebra le glorie dell’impero mongolo a Kharkhorin. costituiscono tuttora i quattro quinti della popolazione) non aveva cognome, poi un decreto impose a tutti di sceglierne uno, e la maggior parte decise di chiamarsi Borjigin, il nome del clan tribale da cui era nato Temugin.

Era capace anche di gesti di generosità:<br />

raccolse dei bambini abbandonati dopo<br />

una scorreria crescendoli come suoi fi gli<br />

Eccellente fu poi la politica delle comunicazioni.<br />

Abolite le frontiere intermedie,<br />

l’Oriente e l’Europa – che l’islam aveva<br />

separato incuneandosi in Asia Centrale –<br />

tornarono a collegarsi: nacque addirittura<br />

un servizio postale che attraversava tutto<br />

il continente asiatico. Anche la sicurezza<br />

dei trasporti era garantita. Come scrisse<br />

con nostalgia uno storico uzbeko del ’600,<br />

Abu al-Ghazi Bahadur, “una fanciulla nuda<br />

e sola avrebbe potuto viaggiare da levante<br />

a ponente con un piatto d’oro in testa<br />

senza subire la minima violenza”.<br />

Giù dalla sella. Il volto buono di Gengis<br />

Khan ebbe come ispiratori alcuni saggi,<br />

reclutati nell’evoluta Cina e diventati<br />

consiglieri di corte. Uno di loro, Yelu<br />

Chucai, amava ripetere: “Si può conqui-<br />

La vodka Chinggis (altra grafia<br />

di Gengis) prodotta a Ulan-Bator.<br />

14<br />

stare un impero a cavallo, ma per governarlo<br />

bisogna scendere di sella”. Gengis Khan<br />

capì e “scese” più di una volta. Lo fece soprattutto<br />

quando fondò la prima città della<br />

storia mongola: Karakorum, futura capitale.<br />

Per uno Stato nato nomade e cresciuto<br />

distruggendo le città altrui, fu una<br />

rivoluzione copernicana: l’Abele vincitore<br />

si trasformava in Caino. Ma l’ex Temugin<br />

non vide mai la sua capitale finita, perché<br />

il monaco Qui Changchun non trovò l’elisir<br />

di vita eterna. Così nel 1227, anno del<br />

Cinghiale, durante una nuova campagna<br />

di guerra in Cina, Gengis rimase vittima di<br />

una caduta da cavallo. L’Europa e l’islam<br />

non lo piansero, ma anni dopo Marco Polo<br />

gli rese onore con queste parole: “Morì<br />

e fu grande sventura, perché era prudente e<br />

Passato il periodo<br />

comunista che<br />

lo aveva relegato in<br />

penombra come personaggio<br />

negativo, oggi in<br />

Mongolia Gengis Khan è<br />

tornato a essere un eroe<br />

nazionale. Su una collina<br />

di Kharkhorin (sorta<br />

nei pressi delle rovine di<br />

Karakorum) un grande<br />

monumento celebra<br />

l’impero che fu, mentre<br />

nelle campagne intorno<br />

la gente venera come<br />

talismani alcune grosse<br />

tartarughe di pietra,<br />

simbolo di immortalità,<br />

che secoli fa presidiavano<br />

gli accessi alla corte.<br />

Gloriosi natali. Intanto,<br />

in omaggio alla<br />

saggio”. Il Re Oceano «uomo del suo tempo,<br />

grande nel bene e nel male» come sintetizza<br />

Vito Bianchi, cominciava già a far<br />

discutere, dividendo i giudizi. ❏<br />

Nino Gorio<br />

SAPERNE DI PIÙ<br />

Gengis Khan. Il principe dei nomadi, Vito<br />

Bianchi (Laterza).<br />

Gengis Khan. Alla conquista dell’impero<br />

più vasto del mondo, John Man (Mondadori).<br />

Gengis Khan. Il grande conquistatore,<br />

Michael Prawdin (Giunti).<br />

Dietrofront in Mongolia: ora il khan è una superstar<br />

memoria del khan, il<br />

governo ha varato un<br />

piano per spostare la<br />

capitale da Ulan-Bator<br />

a Kharkhorin. Ma il livello<br />

di popolarità di cui<br />

gode l’antico imperatore<br />

si misura soprattutto<br />

da un altro dato: fino a<br />

tre anni fa la maggior<br />

parte dei nomadi (che<br />

Pratica<br />

secolare<br />

Un cacciatore<br />

con la sua<br />

aquila sui monti<br />

Altaj. La caccia<br />

con i rapaci era<br />

praticata con<br />

passione anche<br />

da Gengis (nel<br />

riquadro) che si<br />

diceva avesse<br />

1.000 tra aquile<br />

e falconi.<br />

Il monumento che celebra le glorie<br />

dell’impero mongolo a Kharkhorin.<br />

costituiscono tuttora<br />

i quattro quinti della<br />

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cognome, poi un<br />

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