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Grandi imperi<br />

Feroce in guerra, saggio in tempo di pace, Gengis Khan fece di un popolo di pastori e analfabeti i dominatori di mezzo mondo<br />

Le orde di Gengis<br />

Colti di<br />

sorpresa<br />

Nel pieno<br />

dell’inverno le<br />

orde di guerrieri<br />

di Gengis Khan<br />

(ordu significa<br />

attendamento)<br />

attraversano<br />

la steppa e<br />

piombano con<br />

sanguinaria<br />

violenza sulla<br />

Coràsmia, un<br />

vasto Stato<br />

islamico a ovest<br />

della Mongolia.<br />

Era il 1220.<br />

7


Un giuramento fra otto tribù diede il via<br />

all’espansione mongola, che in 21 anni creò<br />

un impero più grande di quello romano<br />

Un mostro da Apocalisse.<br />

Un genio che unificò<br />

l’Asia. “Un tiranno feudale”<br />

(parere di Stalin, per<br />

25 anni leader del comunismo sovietico).<br />

“Un eccellente eroe” (giudizio<br />

di Mao Tse-tung, per 45 anni<br />

leader del comunismo cinese). “Un<br />

antenato del mio vampiro” (parola<br />

di Bram Stoker, lo scrittore irlandese<br />

che inventò Dracula). “L’uomosimbolo<br />

del secondo millennio” (responso<br />

del Washington Post, quotidiano<br />

americano). Sommate tutti questi<br />

giudizi e invertite pure gli addendi. Il risultato<br />

sarà sempre lo stesso: Gengis Khan.<br />

Chi ha ragione? Un po’ tutti, ma il<br />

Washington Post di più: lo prova il fatto<br />

che nessun altro personaggio vissuto nel<br />

Medioevo riesca tuttora a sconcertare, a<br />

dividere e a far discutere come il condottiero<br />

mongolo. Il quale, quando la Francia<br />

Una folcloristica<br />

rappresentazione<br />

europea del<br />

condottiero<br />

mongolo (1588).<br />

8<br />

Secondo una leggenda persiana, Gengis fece<br />

cuocere vivi i comandanti dei Taigiuti sconfitti.<br />

non era ancora unita e, in Italia, Pisa e Firenze<br />

litigavano per dividersi la Toscana,<br />

in soli 21 anni riuscì a conquistare il regno<br />

più grande della Storia: un territorio pari a<br />

quattro volte l’impero romano, che andava<br />

dalla Siberia alla Persia e dalla Cina al<br />

Volga, cioè alla periferia d’Europa.<br />

Re Oceano. Quest’anno ricorrono otto<br />

secoli esatti dalla fondazione di quel mega-<br />

Stato. Era infatti il 16 maggio del 1206,<br />

anno cinese della Tigre, quando le steppe<br />

della Mongolia Orientale sentirono risuonare<br />

un giuramento: “Se batteremo il nemico,<br />

ti porteremo donne, tende e cavalli.<br />

Se cacceremo belve montane, te ne daremo<br />

metà senza sventrarle. Tu sarai il più grande<br />

dei sovrani: un Re Oceano”. A parlare<br />

(più o meno) così erano i capi di otto tribù<br />

un tempo rivali, che avevano deciso di avere<br />

un capo comune: un guerriero 40enne<br />

di nome Temugin (ossia “il fabbro”).<br />

Tra gli spettatori di quella kurultay (assemblea)<br />

c’erano molti bovini, capre e cavalli,<br />

ma nessuno storico di corte in grado<br />

di scrivere per i posteri una cronaca dell’evento.<br />

Anzi, non c’era nemmeno la<br />

corte, perché il re abitava in una spartana<br />

tenda da pastore. E nessuno dei presenti<br />

sapeva scrivere: neppure il neosovrano,<br />

che nonostante questa lacuna<br />

da allora smise di chiamarsi Temugin<br />

e adottò appunto il roboante<br />

nome di Re Oceano, che nella sua lingua<br />

suonava Chinggis (o Gengis) Khan.<br />

Testa calda. Sembrava un atto di supponenza,<br />

perché Temugin non aveva né<br />

un “pedigree” di rilievo (era nato in un<br />

clan minore, i Borjigin) né una carriera<br />

da statista, ma solo un curriculum da capobanda<br />

attaccabrighe. Aveva iniziato da<br />

ragazzo, uccidendo un fratellastro per un<br />

pesce conteso. Poi, dopo la morte del padre,<br />

avvelenato da una tribù nemica, si era<br />

dedicato a mille faide, eliminando i capi rivali:<br />

l’ultimo, tale Giamuga, era un suo anda<br />

(fratello giurato) e perciò aveva avuto<br />

il privilegio di morire senza versamento di<br />

sangue, soffocato in un sacco.<br />

Temugin non era tuttavia un barbaro<br />

fuori media, ma lo specchio del suo Paese:<br />

mentre nell’adiacente Cina prosperava<br />

una civiltà antica e raffinata, i Mongoli<br />

vivevano in una primordiale condizione<br />

di nomadismo. “Non hanno in nessun luogo<br />

città stabili” si meravigliò Guglielmo da<br />

Rubrouck, un francescano che viaggiò nelle<br />

loro terre mezzo secolo più tardi e trovò<br />

solo un Paese costellato di tende (v. <strong>Focus</strong><br />

Storia n° 4, pag. 46).<br />

Oltre alle città, ai sudditi di Temugin<br />

mancavano molte altre cose: alfabeto,<br />

strutture statali, agricoltura. L’economia si<br />

basava sull’allevamento, soprattutto equino.<br />

Eppure, nel ventennio che seguì la kurultay<br />

del 1206, quell’“oceano” ricco solo<br />

di cavalli produsse un autentico tsunami.<br />

I primi a subirlo furono i popoli nomadi<br />

adiacenti: Taigiuti, Naimani, Tartari (nome<br />

che in Occidente fu usato erroneamente<br />

come sinonimo di Mongoli). Quindi le<br />

orde di Gengis Khan si lanciarono a conquistare<br />

l’altra metà del mondo, quella do-<br />

tata di città: attaccarono la Cina (1211); poi<br />

invasero l’attuale Kazakistan (1219), l’Uzbekistan<br />

(1220), l’Afghanistan, il Turkmenistan<br />

e l’Iran (1221); infine irruppero in<br />

Russia (1223).<br />

Abele contro Caino. L’espansione<br />

continuò anche dopo la morte del fondatore<br />

dell’impero (v. riquadro a pag. 10) e<br />

Distrutta<br />

dai Manciù<br />

Si scava tra<br />

le rovine di<br />

Karakorum,<br />

l’antica capitale<br />

mongola presso<br />

l’odierna<br />

Kharkhorin. A<br />

Gengis Khan e ai<br />

tesori dei suoi<br />

discendenti che<br />

regnarono sulla<br />

Cina fino al 1368<br />

sarà dedicata<br />

una mostra<br />

a partire dal<br />

prossimo ottobre<br />

a Treviso.<br />

arrivò a minacciare il cuore dell’Europa.<br />

Perché scoppiò quella “guerra mondiale”?<br />

«Al fondo» osserva Vito Bianchi, docente<br />

di Archeologia all’Università di Bari<br />

e autore di una biografia di Gengis Khan<br />

«c’era lo scontro insanabile fra un popolo<br />

di pastori, che voleva un mondo di spazi<br />

aperti, e le circostanti civiltà agricole, che<br />

Offerte per<br />

gli spiriti<br />

I Mongoli,<br />

di religione<br />

sciamanica<br />

(qui un ovoo,<br />

sorta di altare)<br />

erano tolleranti<br />

verso tutti i<br />

credo. A destra,<br />

una maschera<br />

demoniaca<br />

buddista da<br />

Ulan-Bator.<br />

avevano bisogno di insediamenti stabili e<br />

di confini precisi. È uno scontro ricorrente<br />

nella storia umana, fin dai tempi dell’agricoltore<br />

Caino e del pastore Abele. Quasi<br />

sempre hanno vinto i sedentari».<br />

Molto si è discusso sul perché, quella<br />

volta, Abele prevalse su Caino. Il merito è<br />

stato attribuito ora alla straordinaria mobilità<br />

e abilità della cavalleria mongola,<br />

ora alla sua presunta superiorità numerica,<br />

o alla sua perfetta organizzazione, o alla<br />

genialità del suo comandante. Mobilissimi<br />

e abili i cavalieri mongoli lo erano di<br />

sicuro (sapevano tirare d’arco in quattro<br />

direzioni mentre correvano al galoppo);<br />

numerosi anche, ma meno di quanto sembrasse:<br />

spesso in sella venivano sistemati<br />

dei manichini, per ingannare i nemici. Più<br />

di tutto, comunque, contarono l’organizzazione<br />

e la disciplina introdotte dal khan,<br />

entrambe ferree. L’esercito era inquadrato<br />

per unità decimali: alla base c’erano manipoli<br />

di 10 uomini, sopra unità di 10 manipoli<br />

e così via. In battaglia un soldato non<br />

poteva ritirarsi se non con gli altri nove:<br />

altrimenti i compagni l’avrebbero ucciso.<br />

Questa struttura si mostrò efficace sia negli<br />

scontri in campo aperto, combattuti soprattutto<br />

a cavallo con gli archi, sia negli<br />

assedi, dove i Mongoli impararono dai Cinesi<br />

a usare le catapulte.<br />

Carneficine. A tutto ciò si aggiungeva<br />

una determinazione spietata: l’avanzata di<br />

Gengis Khan lasciò dietro di sé montagne<br />

di morti, mai quantificati ma certamente<br />

nell’ordine dei milioni. A farne le spese<br />

furono soprattutto le città, simboli del<br />

mondo sedentario che i Mongoli aborrivano.<br />

Le devastazioni peggiori si registrarono<br />

nell’Asia musulmana: a Otrar (Kazakistan),<br />

Merv (Turkmenistan), Nishapur<br />

(Iran), Buhara e Samarcanda (Uzbekistan).<br />

Solo a Merv, narra lo storico curdo<br />

(continua a pag. 12)<br />

9


Quando il nomade Gengis capì che era suo interesse preservare le città per tassarne redditi e raccolti, smise di distruggerle<br />

Reggia itinerante<br />

La casa-tenda (ger) del “Khan dei<br />

Khan”: durante le guerre fungeva<br />

anche da quartier generale.<br />

EREDITÀ IMPERIALI<br />

espansione dell’impero L’ mongolo (v. cartina a<br />

pag. 13) proseguì anche<br />

dopo la morte del fondatore,<br />

sotto i suoi eredi (a destra).<br />

Tappe forzate. Ögödai<br />

– successore di Gengis e costruttore<br />

del grande palazzo<br />

di Karakorum – e il figlio<br />

Güyük estesero il dominio<br />

sulla Cina, mentre Mongka<br />

prese Baghdad con il fratello<br />

Hülagü (1258). In Oriente<br />

l’impero toccò l’apice con Kublai,<br />

il “Gran Cane” di Marco<br />

Polo, che nel 1271 trasferì<br />

la corte nella sottomessa<br />

Pechino e fondò la dinastia<br />

Yüan; e in Europa con Batu,<br />

anch’egli nipote di Gengis,<br />

che con la sua Orda d’Oro<br />

tartassò la Russia, attaccando<br />

la Polonia e l’Ungheria.<br />

A Cracovia, ancora oggi, un<br />

trombettiere dà ogni ora l’allarme<br />

dalla torre della cattedrale,<br />

come la sentinella che<br />

avvistò i Mongoli 8 secoli fa.<br />

Cromosoma Gengis. Nel<br />

1368 i Cinesi ricacciarono<br />

gli Yüan in Mongolia: l’ultimo<br />

Gran Khan fu Ligdan<br />

(1592-1634). Della dinastia<br />

mongola non resta dunque<br />

più nulla? Al contrario. Nel<br />

2003 alcuni genetisti hanno<br />

stabilito che in Asia vivono<br />

oggi circa 16 milioni di<br />

uomini il cui cromosoma Y<br />

risale a Gengis. (a. c.)<br />

Gengis<br />

(1162-1227)<br />

Capitale<br />

semovente<br />

Il campo mobile<br />

di Gengis Khan<br />

(il cavaliere<br />

sulla destra,<br />

con la veste<br />

gialla). L’esercito<br />

mongolo<br />

viaggiava con<br />

case e famiglie<br />

al seguito: la<br />

colonna, lunga<br />

80 km, si<br />

fermava 4 volte<br />

al giorno per<br />

far riposare<br />

gli animali.<br />

10 10 11<br />

Ögödai<br />

(1187-1241)<br />

Batu<br />

(1205-1255)<br />

Güyük<br />

(1206-1248)<br />

Mongka<br />

(1208-1259)<br />

Kublai<br />

(1215-1294)


8<br />

2<br />

5<br />

Un manichino rappresentante<br />

un guerriero mongolo completo<br />

del suo variegato armamento.<br />

3<br />

6<br />

4<br />

7<br />

1<br />

Dei Merkiti, la tribù che gli aveva<br />

rapito la moglie, Gengis sterminò fi no<br />

all’ultima donna e all’ultimo bambino<br />

Ali ibn al-Athir (1160-1233) furono uccise<br />

700 mila persone.<br />

Ad aggravare l’orrore di simili stragi<br />

fu la ferocia con cui esse furono portate<br />

a termine. Al governatore di Otrar, dopo<br />

la caduta della città, fu versato argento fuso<br />

sugli occhi e nelle orecchie. E a Nishapur,<br />

dove si consumò una deliberata “pulizia<br />

etnica”, con le teste mozzate degli abitanti<br />

furono erette fuori porta tre piramidi:<br />

una di uomini, una di donne e una di bambini.<br />

Poi, per essere sicuri che in città non<br />

restasse alcun essere vivente, i Mongoli<br />

sterminarono anche cani e gatti.<br />

Figli di Satana. Il racconto di queste<br />

efferatezze, forse amplificate dai cronisti<br />

(tutti di parte avversa) ma cer-<br />

Uomini nati per combattere<br />

Il guerriero mongolo<br />

era particolarmente<br />

resistente, tanto che<br />

poteva stare anche<br />

10 giorni senza cibo,<br />

alimentandosi solo<br />

del sangue dei suoi<br />

cavalli.<br />

Subito in sella. Imparava<br />

ad andare a<br />

cavallo già a 3 anni, e<br />

a 4 o 5 riceveva il suo<br />

primo arco, la principale<br />

arma dei Mongoli<br />

(1), e la faretra (2).<br />

Una volta adulto completava<br />

la dotazione<br />

con un elmo in ferro e<br />

cuoio (3), dei bracciali<br />

decorati a protezione<br />

degli avambracci (4) e<br />

un’armatura a lamel-<br />

to non inventate, crearono il panico sia nel<br />

mondo islamico che in Europa. Yaqut al-<br />

Hamawi, geografo arabo dell’epoca, scrisse<br />

che all’arrivo di Gengis Khan i popoli<br />

venivano “cancellati dal mondo come<br />

si cancellano dalla carta le righe scritte”. Il<br />

suo contemporaneo Matthew Paris, monaco<br />

inglese, definì i Mongoli “una detestabile<br />

razza di Satana”. E tra la gente si fece<br />

largo l’idea che gli invasori fossero gli apocalittici<br />

Gog e Magog della Bibbia.<br />

Per capire che cosa fu la furia mongola<br />

è istruttivo visitare i resti di Otrar, che<br />

un’équipe di 35 archeologi kazaki sta riportando<br />

alla luce. «Questa città, che presidiava<br />

la Via della Seta, era ricca e grande:<br />

le sue rovine coprono 200 ettari» dico-<br />

le di cuoio e stagno<br />

(5), impermeabilizzata<br />

con pece nera e indossata<br />

su un giacco<br />

di pelle imbottito, con<br />

bordi di pelliccia (6).<br />

Autosufficiente.<br />

Ogni cavaliere portava<br />

inoltre con sé<br />

una scimitarra (7),<br />

un’ascia, una lima<br />

Abilissimi in sella<br />

Cavalieri mongoli in<br />

una ricostruzione<br />

cinematografica del 2004.<br />

per affilare la punta<br />

delle frecce (8), un<br />

lazo di crine, un rotolo<br />

di corda, ago e filo,<br />

una pentola di ferro o<br />

terracotta e due borracce<br />

in pelle piene di<br />

kumys, la tradizionale<br />

bevanda alcolica fatta<br />

di latte di giumenta<br />

fermentato. (r. t.)<br />

no al cantiere. «Gli<br />

scavi sono in corso<br />

dal 1968, ma in<br />

tutti questi anni abbiamo<br />

trovato solo fondamenta, pezzi<br />

di ceramica grandi come un’unghia<br />

e pochissimi gioielli: 24 grammi d’oro<br />

in totale. Tutte le cose di valore trasportabili<br />

erano state depredate; il resto abbattuto,<br />

frantumato e polverizzato con cura».<br />

Debolezze. Eppure, visto in privato, il<br />

carnefice spietato che terrorizzava mezzo<br />

mondo non era affatto una glaciale belva<br />

insensibile. Aveva paura dei cani, anzitutto.<br />

Inoltre era ossessionato dall’idea della<br />

morte: tanto che ospitò a corte un monaco<br />

taoista in odore di santità, Qui Chang-<br />

Dov’è sepolto Gengis<br />

Khan? L’interrogativo<br />

assilla gli archeologi di<br />

mezzo mondo,<br />

chun, incaricandolo di preparargli un<br />

elisir di vita eterna. Infine, era legatissimo<br />

alla moglie Borte. Al punto che, contro gli<br />

usi locali, non la ripudiò nemmeno quando<br />

lei, rapita e violentata dai nemici Merkiti,<br />

partorì un bimbo (Jöchi) che probabilmente<br />

era figlio altrui.<br />

Anche in pubblico, del resto, Gengis<br />

Khan aveva in tempo di pace un secondo<br />

volto. Dotò il suo Stato di un’amministrazione<br />

pubblica autoritaria e centralizzata<br />

ma efficientissima, perché l’affidò<br />

agli uomini più validi nei singoli campi:<br />

Il mistero dell’ultima dimora dell’ex Temugin<br />

così vi furono ingegneri cinesi, funzionari<br />

persiani, medici arabi, ufficiali russi... Fece<br />

in modo che dal punto di vista religioso<br />

l’impero fosse un esempio di tolleranza:<br />

quando Guglielmo da Rubrouck raggiunse<br />

la Mongolia si stupì di vedervi convivere<br />

templi buddisti, moschee e chiese<br />

cristiane. Infine, cosciente del valore della<br />

cultura, bene che a lui era mancato, si circondò<br />

di letterati, artisti e pensatori provenienti<br />

dai Paesi sottomessi.<br />

12 13<br />

soprattutto<br />

americani e<br />

giapponesi,<br />

protagonisti<br />

di innumerevoli<br />

quanto<br />

infruttuose<br />

spedizioni. Le ricerche<br />

si sono concentrate sui<br />

monti del Khentii, nella<br />

La bara di<br />

Gengis secondo<br />

un manoscritto<br />

persiano.<br />

Mongolia orientale, e in<br />

particolare sul Burkhan<br />

Khaldun, una cima che<br />

la mitologia<br />

locale considera<br />

sacra:<br />

narra infatti<br />

una leggenda<br />

che lassù,<br />

dagli amori<br />

fra un lupo<br />

azzurro e una daina,<br />

nacque il primo nomade<br />

della steppa.<br />

Suggestioni. A indirizzare<br />

l’attenzione sul Burkhan<br />

Khaldun sono state<br />

sinora solo deduzioni<br />

logiche: Temugin nacque<br />

da quelle parti ed è quindi<br />

possibile che volesse<br />

essere sepolto nel luogo<br />

L’IMPERO MONGOLO<br />

Espansione<br />

fulminea<br />

Nella cartina,<br />

l’area occupata<br />

dalla tribù<br />

d’origine di<br />

Temugin, i<br />

territori da lui<br />

conquistati<br />

come khan e i<br />

confini massimi<br />

raggiunti<br />

dall’impero<br />

mongolo sotto i<br />

suoi discendenti.<br />

Tutto in appena<br />

un secolo.<br />

più sacro della sua terra<br />

natale. Le fonti storiche,<br />

invece, non danno alcuna<br />

indicazione utile a localizzare<br />

la tomba: raccontano<br />

solo che 40 giovani<br />

donne furono sacrificate<br />

e sepolte con l’imperatore,<br />

perché gli tenessero<br />

compagnia. Insieme a un<br />

centinaio di cavalli.


Era capace anche di gesti di generosità:<br />

raccolse dei bambini abbandonati dopo<br />

una scorreria crescendoli come suoi fi gli<br />

Eccellente fu poi la politica delle comunicazioni.<br />

Abolite le frontiere intermedie,<br />

l’Oriente e l’Europa – che l’islam aveva<br />

separato incuneandosi in Asia Centrale –<br />

tornarono a collegarsi: nacque addirittura<br />

un servizio postale che attraversava tutto<br />

il continente asiatico. Anche la sicurezza<br />

dei trasporti era garantita. Come scrisse<br />

con nostalgia uno storico uzbeko del ’600,<br />

Abu al-Ghazi Bahadur, “una fanciulla nuda<br />

e sola avrebbe potuto viaggiare da levante<br />

a ponente con un piatto d’oro in testa<br />

senza subire la minima violenza”.<br />

Giù dalla sella. Il volto buono di Gengis<br />

Khan ebbe come ispiratori alcuni saggi,<br />

reclutati nell’evoluta Cina e diventati<br />

consiglieri di corte. Uno di loro, Yelu<br />

Chucai, amava ripetere: “Si può conqui-<br />

La vodka Chinggis (altra grafia<br />

di Gengis) prodotta a Ulan-Bator.<br />

14<br />

stare un impero a cavallo, ma per governarlo<br />

bisogna scendere di sella”. Gengis Khan<br />

capì e “scese” più di una volta. Lo fece soprattutto<br />

quando fondò la prima città della<br />

storia mongola: Karakorum, futura capitale.<br />

Per uno Stato nato nomade e cresciuto<br />

distruggendo le città altrui, fu una<br />

rivoluzione copernicana: l’Abele vincitore<br />

si trasformava in Caino. Ma l’ex Temugin<br />

non vide mai la sua capitale finita, perché<br />

il monaco Qui Changchun non trovò l’elisir<br />

di vita eterna. Così nel 1227, anno del<br />

Cinghiale, durante una nuova campagna<br />

di guerra in Cina, Gengis rimase vittima di<br />

una caduta da cavallo. L’Europa e l’islam<br />

non lo piansero, ma anni dopo Marco Polo<br />

gli rese onore con queste parole: “Morì<br />

e fu grande sventura, perché era prudente e<br />

Passato il periodo<br />

comunista che<br />

lo aveva relegato in<br />

penombra come personaggio<br />

negativo, oggi in<br />

Mongolia Gengis Khan è<br />

tornato a essere un eroe<br />

nazionale. Su una collina<br />

di Kharkhorin (sorta<br />

nei pressi delle rovine di<br />

Karakorum) un grande<br />

monumento celebra<br />

l’impero che fu, mentre<br />

nelle campagne intorno<br />

la gente venera come<br />

talismani alcune grosse<br />

tartarughe di pietra,<br />

simbolo di immortalità,<br />

che secoli fa presidiavano<br />

gli accessi alla corte.<br />

Gloriosi natali. Intanto,<br />

in omaggio alla<br />

saggio”. Il Re Oceano «uomo del suo tempo,<br />

grande nel bene e nel male» come sintetizza<br />

Vito Bianchi, cominciava già a far<br />

discutere, dividendo i giudizi. ❏<br />

Nino Gorio<br />

SAPERNE DI PIÙ<br />

Gengis Khan. Il principe dei nomadi, Vito<br />

Bianchi (Laterza).<br />

Gengis Khan. Alla conquista dell’impero<br />

più vasto del mondo, John Man (Mondadori).<br />

Gengis Khan. Il grande conquistatore,<br />

Michael Prawdin (Giunti).<br />

Dietrofront in Mongolia: ora il khan è una superstar<br />

memoria del khan, il<br />

governo ha varato un<br />

piano per spostare la<br />

capitale da Ulan-Bator<br />

a Kharkhorin. Ma il livello<br />

di popolarità di cui<br />

gode l’antico imperatore<br />

si misura soprattutto<br />

da un altro dato: fino a<br />

tre anni fa la maggior<br />

parte dei nomadi (che<br />

Pratica<br />

secolare<br />

Un cacciatore<br />

con la sua<br />

aquila sui monti<br />

Altaj. La caccia<br />

con i rapaci era<br />

praticata con<br />

passione anche<br />

da Gengis (nel<br />

riquadro) che si<br />

diceva avesse<br />

1.000 tra aquile<br />

e falconi.<br />

Il monumento che celebra le glorie<br />

dell’impero mongolo a Kharkhorin.<br />

costituiscono tuttora<br />

i quattro quinti della<br />

popolazione) non aveva<br />

cognome, poi un<br />

decreto impose a tutti<br />

di sceglierne uno, e la<br />

maggior parte decise<br />

di chiamarsi Borjigin,<br />

il nome del clan tribale<br />

da cui era nato<br />

Temugin.

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