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Organismi pionieri e rocce: le patine a ossalati di calcio

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<strong>Organismi</strong> <strong>pionieri</strong> e <strong>rocce</strong>: <strong>le</strong> <strong>patine</strong> a <strong>ossalati</strong> <strong>di</strong> <strong>calcio</strong><br />

<strong>di</strong><br />

Marco Del Monte<br />

Università <strong>di</strong> Bologna, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze della Terra e Geologico-Ambientali<br />

Via Zamboni 67, 40127, Bologna, Italy<br />

E-mail: delmonte@geomin.unibo.it<br />

Gli organismi “<strong>pionieri</strong>” sono quelli che colonizzano per primi una roccia nuda in<br />

campo: quin<strong>di</strong> batteri (che in realtà organismi non sono), alghe, funghi e soprattutto<br />

licheni. Noi qui par<strong>le</strong>remo brevemente solo <strong>di</strong> questi ultimi rimandando per più<br />

precise e dettagliate informazioni alla <strong>le</strong>tteratura specializzata (Ahmadjian, 1993;<br />

Brown, 1984; Carli<strong>le</strong> et al., 2001; Dalby et al.,1988; Deacon, 2000; Gilbert, 2000;<br />

Ha<strong>le</strong>, 1983; Hawksworth and Hill, 1984; Laundon, 1986; Nash, 1996; Ozenda et<br />

Clauzade, 1978 ; si veda anche l’e<strong>le</strong>nco dei siti web in calce alla bibliografia).<br />

I licheni sono associazioni mutualistiche, va<strong>le</strong> a <strong>di</strong>re simbiosi, tra un fungo e un<br />

partner capace <strong>di</strong> fotosintetizzare (un’alga o un cianobatterio) che danno vita a un<br />

organismo composito. Il fungo forma un tessuto attorno al<strong>le</strong> cellu<strong>le</strong> algali, fornendo<br />

loro acqua e sostanze minerali assorbite tramite <strong>le</strong> ife dal substrato roccioso. A sua<br />

volta il partner fotosintetico fornisce al fungo carbonio organico (ami<strong>di</strong> e zuccheri) e,<br />

nel caso dei cianobatteri, azoto organico (nitrati e sali d’ammonio) a partire dall’N 2<br />

presente in atmosfera. L’alga fornisce inoltre alla simbiosi anche sostanze<br />

auxotrofiche (vitamine). Le “informazioni” e lo scambio dei nutrienti tra i due<br />

partner avvengono attraverso propagoli del fungo, che penetrano la parete alga<strong>le</strong>,<br />

detti austori.<br />

Sotto il profilo nutriziona<strong>le</strong> dato che l’alga è un organismo autotrofo mentre il fungo<br />

è eterotrofo, il più avantaggiato è il fungo. Sotto il profilo ecologico il fungo,<br />

attraverso il fitto intreccio <strong>di</strong> ife (che formano il corpo o tallo lichenico), protegge<br />

l’alga dall’essiccamento e dal congelamento risultando così fondamenta<strong>le</strong> nella<br />

colonizzazione <strong>di</strong> ambienti “estremi” (Alstrup, 1993; Alstrup and Co<strong>le</strong>, 1998;<br />

Andreev et al., 1996; Hertel, 1987; Kershaw, 1985).<br />

I licheni giocano così un ruolo fondamenta<strong>le</strong> sia alla base della catena ecologica sia<br />

come precursori della pedogenesi. Essi si comportano come <strong>pionieri</strong><br />

dell’inse<strong>di</strong>amento vegeta<strong>le</strong>. Colmate <strong>le</strong> microcavità o <strong>le</strong> microfratture con l’humus<br />

prodotto dopo la morte dal lichene stesso essi rendono possibi<strong>le</strong> lo sviluppo <strong>di</strong><br />

muschi e, concorrendo alla degradazione della roccia sottostante, quello <strong>di</strong> piante<br />

erbacee prima e <strong>le</strong>gnose poi.<br />

Durante l’evoluzione i partner lichenici (micobionte e ficobionte) si sono adattati in<br />

modo talmente stretto, che molte alghe dei licheni (ad esempio Trebouxia spp.)<br />

probabilmente non hanno esistenza autonoma. Anche per quanto riguarda il tipi <strong>di</strong><br />

1


funghi, circa 14000 per il 96% ascomiceti, solo pochissimi ( < 1% ) sono stati<br />

osservati in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita libera (Deacon, 2000).<br />

Il tallo <strong>di</strong> un lichene è, <strong>di</strong> solito costituito da una singola specie <strong>di</strong> fungo e da una<br />

singola specie fotosintetizzante. Ospiti del lichene sono sempre batteri <strong>di</strong> uno o più<br />

tipi e in <strong>di</strong>versi casi funghi parassiti (Faltynowicz, 1993; Goward and Thor, 1992).<br />

Tra i funghi dominano, come appena detto, gli ascomiceti, molto meno comuni sono<br />

i basi<strong>di</strong>omiceti ed infine eccezionali sono i licheni nei quali partecipano i<br />

deuteromiceti. Sotto questo aspetto i licheni si possono <strong>di</strong>videre in Ascolicheni e<br />

Basi<strong>di</strong>olicheni.<br />

Il partner fotosintetizzante è costituito da un alga verde (Tribouxia già citata,<br />

Clorella, P<strong>le</strong>urococcus, Protocossus, Cystocossus) o da un cianobatterio ( o alga<br />

azzurra del genere Nostoc, Gloeocapsa, Rivularia): si tratta <strong>di</strong> alghe monocellulari<br />

anche se esistono rari licheni formati da alghe filamentose (ad es. Trentepholia).<br />

Nella costituzione morfologica <strong>di</strong> un lichene la partecipazione del fungo è dominante<br />

rispetto a quella dell’alga: quello che noi comunemente chiamiamo lichene (il tallo)<br />

non è altro che un fitto intreccio <strong>di</strong> ife fungine. Secondo <strong>di</strong>versi A.A. i licheni<br />

dovrebbero far parte del dominio dei Funghi sotto la denominazione <strong>di</strong> Funghi<br />

lichenizzati.<br />

I licheni, in base all’aspetto esteriore, va<strong>le</strong> a <strong>di</strong>re alla morfologia del tallo, possono<br />

essere <strong>di</strong>stinti in crostosi, fogliosi e cespugliosi. Parlando <strong>di</strong> <strong>rocce</strong> hanno interesse<br />

praticamente solo i licheni crostosi: in questo caso il tallo si sviluppa sulla roccia<br />

come crosta appiattita a forma spesso subcircolare. Inoltre occorre fare una<br />

<strong>di</strong>stinzione tra licheni epilitici e licheni endolitici: i primi, come <strong>di</strong>ce il nome, vivono<br />

all’esterno incrostando in superficie la roccia, i secon<strong>di</strong> vivono all’interno (sino a<br />

qualche centimetro nel<strong>le</strong> pietre più trasparenti dove comunque deve essere garantita<br />

la fotosintesi) della roccia colonizzata. Mentre i funghi liberi crescono molto<br />

velocemente, il fungo del lichene epilitico, e quin<strong>di</strong> il tallo, sotto l’azione dell’alga si<br />

accresce in modo estremamente <strong>le</strong>nto (solo qualche mm/anno; Ozenda et Clauzade,<br />

1978). Nel caso poi dei licheni endolitici la crescita è <strong>le</strong>ntissima: essi sarebbero gli<br />

organismi viventi del nostro Pianeta <strong>di</strong> età maggiore (Price, 1992).<br />

Il tallo può essere coriaceo, carnoso o gelatinoso. Nel caso del<strong>le</strong> <strong>rocce</strong> è quasi<br />

sempre coriaceo. Molto vario è il colore che va dal bianco al verde marcio, al verde<br />

brillante, al giallo, al rosso ruggine, al rosso vivo, al vio<strong>le</strong>tto.<br />

Se si osserva un tallo lichenico in sezione trasversa<strong>le</strong> <strong>le</strong> cellu<strong>le</strong> fotosintetizzanti<br />

possono essere omogeneamente <strong>di</strong>stribuite o essere <strong>di</strong>sposte in un sotti<strong>le</strong> strato. Nel<br />

primo caso si parla <strong>di</strong> tallo omomero e nel secondo <strong>di</strong> tallo eterometro. In genere i<br />

licheni incrostanti superficialmente <strong>le</strong> <strong>rocce</strong> presentano un tallo eterometro, mentre è<br />

omomero quello dei licheni endolitici.<br />

2


Per quanto concerne l’azione dei licheni nella degradazione meteorica, questa è una<br />

conseguenza dell’ azione svolta dal<strong>le</strong> ife fungine che penetrano in profon<strong>di</strong>tà: esse<br />

ancorano al substrato il lichene, forniscono i macroe<strong>le</strong>menti e i microe<strong>le</strong>menti della<br />

nutrizione al simbionte estraendoli dai minerali della roccia sottostante alterandoli e<br />

mo<strong>di</strong>ficano <strong>le</strong> caratteristiche superficiali della roccia.<br />

Per quanto riguarda la profon<strong>di</strong>tà massima <strong>di</strong> penetrazione del<strong>le</strong> ife, questa varia a<br />

seconda del litotipo. Ad esempio in calcari e marmi essa raggiunge i 14 mm (Fig. 1;<br />

Del Monte 1990; Del Monte e Ferrari, 1989).<br />

Fig. 1 - Sezione trasversa<strong>le</strong> <strong>di</strong> un lichene epilitico eterometro crostoso su calcare (Pietra d’Istria).<br />

Le cellu<strong>le</strong> algali si trovano in superficie, protette da un sotti<strong>le</strong> cortex superiore. Le ife fungine<br />

(<strong>di</strong>ametro ≈ 2 μm) penetrano in profon<strong>di</strong>tà (max, osservata su questo tipo litologico 14 mm) alla<br />

ricerca degli e<strong>le</strong>menti della nutrizione canalizzando fortemente la pietra, alterandone così <strong>le</strong><br />

caratteristiche fisiche superficiali e favorendo la pedogenesi. La funzione <strong>di</strong> ancoraggio del tallo<br />

alla superficie della roccia è importante ma subor<strong>di</strong>nata a quella nutriziona<strong>le</strong>.<br />

Nel caso <strong>di</strong> graniti la profon<strong>di</strong>tà è maggiore e può raggiungere i 25 mm (Del Monte,<br />

1996). Le ife fungine penetrano attraverso la <strong>di</strong>ssoluzione dei minerali (chelazione) e<br />

forse anche attraverso la pressione determinata dal turgore cellulare. In ogni caso<br />

l’apice dell’ifa ha dei sensori capaci <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere i minerali ricchi <strong>di</strong> e<strong>le</strong>menti<br />

chimici utili da quelli poveri o da quelli del tutto privi. Nel granito, ad esempio, il<br />

quarzo (che non presenta nella sua struttura alcun e<strong>le</strong>mento della nutrizione) viene<br />

ignorato dal<strong>le</strong> ife che privi<strong>le</strong>giano innanzitutto la biotite (fig. 2) seguita dal<br />

plagioclasio e infine dal K-feldspato (Del Monte et al., 1996).<br />

3


Fig. 2 - Cristallo <strong>di</strong> biotite separata da un granito. Nei graniti <strong>le</strong> ife del micobionte penetrano a<br />

profon<strong>di</strong>tà notevoli alla ricerca degli e<strong>le</strong>menti della nutrizione (max. osservata 25 mm). Il minera<strong>le</strong><br />

più attaccato è la biotite che viene fortemente canalizzata. Le ife fungine penetrano sia lungo i piani<br />

<strong>di</strong> sfaldatura (001), sia trasversalmente a questi ultimi. Seguono nell’or<strong>di</strong>ne il plagioclasio e<br />

l’ortoclasio. Il quarzo, al contrario, privo <strong>di</strong> e<strong>le</strong>menti utili alla nutrizione, non è interessato<br />

dall’attacco. Gli apici del<strong>le</strong> ife presentano evidentemente dei sensori chimici che permettono <strong>di</strong><br />

riconoscere gli e<strong>le</strong>menti chimici e quin<strong>di</strong> i minerali utili. La perforazione avviene attraverso la<br />

<strong>di</strong>ssoluzione chimica (chelazione) e l’azione meccanica (pressione dovuta al turgore cellulare).<br />

(Cattedra<strong>le</strong> <strong>di</strong> S. Giacomo <strong>di</strong> Compostela, Spagna).<br />

Per quanto riguarda la riproduzione dei licheni essa può essere sia asessuata sia<br />

sessuata. In numerosissime forme <strong>di</strong> licheni la riproduzione asessuata avviene<br />

me<strong>di</strong>ante i sore<strong>di</strong> che sono picco<strong>le</strong> formazioni globulari, ovvero licheni in miniatura,<br />

in cui <strong>le</strong> ife fungine avvolgono alcune cellu<strong>le</strong> dell’alga o del batterio specifico. I<br />

sore<strong>di</strong> sono <strong>di</strong>spersi nell’ambiente dal vento o dall’acqua ruscellante.<br />

Inoltre, per quanto riguarda il fungo, esiste anche la tipica riproduzione sessuata: i<br />

corpi fruttiferi prendono il nome pericarpi (periteci o più comunemente apoteci) che<br />

attraverso gli asci <strong>di</strong>sperdono con forza nell’ambiente <strong>le</strong> spore fungine. Queste o<br />

incontrano nel loro viaggio il partner fotosintetizzante specifico (ma ciò è poco<br />

probabi<strong>le</strong>) o, più comunemente, viaggiano portandosi <strong>di</strong>etro alcune cellu<strong>le</strong> algali<br />

de<strong>di</strong>cate.<br />

Si è parlato subito sopra <strong>di</strong> organismi compositi: definire i licheni associazioni<br />

mutualistiche o simbiosi è infatti riduttivo: l’unione porta a nuove e <strong>di</strong>stinte unità<br />

viventi.<br />

In altri termini il lichene va ben oltre alla semplice somma del<strong>le</strong> caratteristiche e<br />

del<strong>le</strong> funzione dei due partner il micobionte e il ficobionte. Questo “nuovo”<br />

organismo assume pertanto proprietà morfologiche e fisiologiche non possedute dai<br />

due simbionti quando essi siano isolati.<br />

4


I licheni ad esempio hanno una grande versatilità ecologica che manca ai partner<br />

isolati. Si possono sviluppare sui substrati più <strong>di</strong>sparati: oltre al<strong>le</strong> <strong>rocce</strong>, i vetri<br />

(Green and Snelgar, 1977), i laterizi (Del Monte, 1989), i metalli (Richardson, 1978)<br />

e naturalmente i tronchi e i rami degli alberi.<br />

Molti <strong>di</strong> essi mostrano resistenza a temperature estreme, resistenza all’essiccamento,<br />

ecc.. Noto a tutti è il caso <strong>di</strong> Cladonia rangiferina (“lichene del<strong>le</strong> renne”) che<br />

rappresenta nel<strong>le</strong> zone nor<strong>di</strong>che subpolari l’unico alimento <strong>di</strong> renne e caribù<br />

(Thomson and Ahti, 1994; Zhurbenko, 1999).<br />

D’altronde i licheni sono estremamente sensibili agli inquinanti aero<strong>di</strong>spersi e in<br />

particolare ai composti dello Zolfo. Questa loro sensibilità che da una misura<br />

integrata della qualità dell’aria in una data area nel tempo viene da tempo utilizzata<br />

per il monitoraggio ambienta<strong>le</strong> (Del Monte, 1989; Henderson, 1990; Richardson,<br />

1975; Richardson, 1992).<br />

Infatti <strong>le</strong> varie specie hanno limiti <strong>di</strong> tol<strong>le</strong>ranza <strong>di</strong>versa: ad esempio Lecanora<br />

conizaeoides o Lepraria incana sopportano sino a 150 µg/m 3 <strong>di</strong> SO 2 in aria,<br />

Lecanora chlarotera sino a 50 µg/m 3 e specie come Parmeliella plumbea o Pannaria<br />

rubiginosa meno <strong>di</strong> 3 µg/m 3<br />

I “deserti lichenici” (fondamentalmente <strong>le</strong> gran<strong>di</strong> metropoli e <strong>le</strong> gran<strong>di</strong> aree<br />

industrializzate come ad esempio la Val<strong>le</strong> Padana) sono (stati) prodotti<br />

principalmente dagli alti valori <strong>di</strong> SO 2 in atmosfera ( > 150 µg/m 3 , negli anni ’90, in<br />

inverno, in città). Sembra che quest’ultima eserciti un effetto de<strong>le</strong>terio sui cloroplasti<br />

dell’alga portando il lichene ad una rapida morte (Richardson and Nieboer, 1983).<br />

Per quanto riguarda il metabolismo i licheni producono un numero straor<strong>di</strong>nario <strong>di</strong><br />

sostanze licheniche o prodotti lichenici o aci<strong>di</strong> lichenici (Cordoba, 1975; Culberson,<br />

1969) che alga e fungo, quando crescono isolati, non sono assolutamente in grado <strong>di</strong><br />

sintetizzare.<br />

Si danno questi nomi, che sono sinonimi, a tutti i composti organici, anaboliti e ai<br />

cataboliti, che hanno a che fare coi licheni. Queste sostanze sono in massima parte<br />

solide, hanno un punto <strong>di</strong> fusione <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse decine <strong>di</strong> °C (i valori più comuni sono<br />

compresi tra 125 e 260 °C) e in genere, ad eccezione dell’acido ossalico, sono da<br />

scarsamente solubili a insolubili in acqua.<br />

Esse ammontano a <strong>di</strong>verse centinaia e farne un e<strong>le</strong>nco anche parzia<strong>le</strong> sarebbe del<br />

tutto privo <strong>di</strong> significato. Si rimanda perciò alla <strong>le</strong>tteratura specializzata (Cordoba,<br />

1975).<br />

Le sostanze che comunque, per la (modestissima) esperienza dello scrivente,<br />

compaiono più spesso sono ad esempio gli aci<strong>di</strong>: ossalico, <strong>le</strong>canorico, lobarico,<br />

usnico, pulvinico, olivetorico, evernico, imbricarico, umbilicarico, lobarico,<br />

barbatico, tamnolico, salacinico, galico e molti altri.<br />

Un ruolo del tutto particolare è giocato dall’acido ossalico H 2C 2O 4 (Ethane<strong>di</strong>oic<br />

acid): quest’acido che sublima a 157 °C e si decompone a 189.5 °C e viceversa<br />

solubi<strong>le</strong> in H 2O ( sol.: 3; Lider, 2000). Esso è prodotto in notevo<strong>le</strong> quantità dal<br />

micobionte, ma talora anche dal ficobionte, in particolare dai cianobatteri (Del Monte<br />

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and Sabbioni, 1983). Si suppone che l’eccesso in Ca venga eliminato dal lichene<br />

attraverso la precipitazione <strong>di</strong> due <strong>ossalati</strong> <strong>di</strong> <strong>calcio</strong>: la Weddellite (CaC 2O 4 . 2H 2O,<br />

Tetragona<strong>le</strong> bipiramida<strong>le</strong>) e la Whewellite (CaC 2O4 . H 2O, Monoclina prismatica).<br />

Questi due minerali (ovvero o l’uno o l’altro) si trovano spesso in piccoli cristalli da<br />

i<strong>di</strong>omorfi a subi<strong>di</strong>omorfi all’interno del tallo lichenico.<br />

La Whewellite è statisticamente più <strong>di</strong>ffusa della Weddellite e sembra perciò essere il<br />

minera<strong>le</strong> più stabi<strong>le</strong> in natura (Del Monte and Sabbioni, 1987).<br />

L’acido ossalico può anche <strong>di</strong>sciogliersi nell’acqua <strong>di</strong> pioggia, e seguirne la sorte<br />

durante il suo ruscellamento verso il basso, sulla superficie del<strong>le</strong> <strong>rocce</strong>. In questo<br />

caso, nei sottosquadri, nel<strong>le</strong> rientranze, nel<strong>le</strong> nicchie e più in genera<strong>le</strong> in tutte <strong>le</strong> zone<br />

a val<strong>le</strong> bagnate ma non soggette a forte wash-out la soluzione acida può interagire<br />

con la calcite formando sottilissimi veli bruni <strong>di</strong> ossalato (o <strong>ossalati</strong>) <strong>di</strong> <strong>calcio</strong> (Fig.<br />

3). Queste <strong>patine</strong> brune (in realtà il colore va dal nocciola, al bruno rosa, al bruno<br />

scuro sino al rosso ruggine) sono estremamente <strong>di</strong>ffuse in natura ma abbastanza<br />

<strong>di</strong>fficili da evidenziare (Del Monte et al., 1987). Il motivo consiste nel fatto che <strong>di</strong><br />

solito il loro spessore è dell’or<strong>di</strong>ne della decina <strong>di</strong> µm e solo eccezionalmente<br />

raggiunge il centinaio <strong>di</strong> µm. Ne consegue che se si raschia la patina senza <strong>le</strong> dovute<br />

caute<strong>le</strong> ( occorre cioè asportarla delicatamente da una superfici abbastanza estesa) si<br />

pre<strong>le</strong>va soprattutto la calcite del substrato: sarà questo alla fine l’unico minera<strong>le</strong><br />

messo in evidenza me<strong>di</strong>ante XRD.<br />

Fig. 3 – I licheni crostosi colonizzano tutte <strong>le</strong> superfici del<strong>le</strong> <strong>rocce</strong> più esposte alla circolazione<br />

d’aria, all’acqua <strong>di</strong> pioggia e alla ra<strong>di</strong>azione solare. L’acqua del<strong>le</strong> idrometeore raggiungendo e<br />

impregnando il tallo dei licheni si aci<strong>di</strong>fica per acido ossalico, prodotto da questi organismi (in<br />

ragione <strong>di</strong> alcune centinaia <strong>di</strong> ppb/g). La soluzione acida così formata, scorrendo verso il basso può<br />

reagire con la calcite del calcare o del marmo: l’acido ossalico, essendo l’ossalato <strong>di</strong> <strong>calcio</strong>, meno<br />

solubi<strong>le</strong> della calcite, sposta l’acido carbonico portando alla precipitazione della Weddellite e/o<br />

della Whewellite. Col passare del tempo si formano così sottili veli <strong>di</strong> Ca-<strong>ossalati</strong> (10-100 µm<br />

circa) <strong>di</strong> colore nocciola, bruno rosa, bruno scuro o rosso ruggine. Il colore è dato da corpuscoli<br />

organici imprigionati nel precipitato, come spore fungine, frammenti <strong>di</strong> ife, colonie batteriche,<br />

ecc..Queste <strong>patine</strong> sono caratteristiche del<strong>le</strong> nicchie, dei sottosquadri e del<strong>le</strong> rientranze in genere in<br />

quanto qui i licheni sono assenti e l’acqua <strong>di</strong> pioggia aci<strong>di</strong>ficata, bagnando la pietra senza<br />

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uscellare, può interagire con essa per un tempo sufficientemente lungo a indurre la reazione<br />

chimica Ca ++ + 2HCO3 - + C2O4 -- ⇒ CaC2O4 . H2O + CO2 ⇑.<br />

I licheni colonizzano sia <strong>le</strong> pietre degli affioramenti naturali, sia ovviamente anche<br />

quel<strong>le</strong> messe in opera nella realizzazione <strong>di</strong> manufatti (miliari, muretti, mura <strong>di</strong> cinta,<br />

fabbricati, ecc.) o monumenti (chiese, palazzi, bassorilievi, altorilievi, rilievi a tutto<br />

tondo, ecc.). In queste opere dominano sia <strong>le</strong> superfici verticali sia i sottosquadri, <strong>le</strong><br />

sporgenze e <strong>le</strong> rientranze, <strong>le</strong> nicchie ecc.., va<strong>le</strong> a <strong>di</strong>re geometrie simili a quel<strong>le</strong><br />

schematizzate in figura 3. Per questo <strong>le</strong> <strong>patine</strong> a <strong>ossalati</strong> <strong>di</strong> <strong>calcio</strong> sono così comuni<br />

sul<strong>le</strong> superfici dei monumenti (Fig. 4).<br />

Fig. 4 - Pinnacolo in campo aperto in calcare. La superficie della pietra è quasi totalmente ricoperta<br />

da licheni crostosi epilitici (grigio-neri nella foto). Le due nicchie, non colonizzate dai licheni<br />

(bianche nella foto), sono invece ricoperte da una sotti<strong>le</strong> patina bruno-rosata costituita da <strong>ossalati</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>calcio</strong>. (Nostra Signora della Battaglia, Portogallo, particolare)<br />

I licheni che, come abbiamo detto, non tol<strong>le</strong>rando i composti dello zolfo<br />

aereo<strong>di</strong>spersi hanno da tempo abbandonato <strong>le</strong> città (Bates and Farmer, 1992.<br />

Del Monte, 1991). Gli <strong>ossalati</strong> <strong>di</strong> <strong>calcio</strong>, così comuni sul<strong>le</strong> superfici dei monumenti<br />

urbani rappresentano la memoria dei tempi passati quando la qualità dell’aria era<br />

buona, i licheni vivevano felici nel<strong>le</strong> città, il biodegrado era uno dei principali fattori<br />

<strong>di</strong> danno e la lotta al<strong>le</strong> “ma<strong>le</strong> erbe” uno dei principali interventi conservativi che si<br />

rendeva necessario per la salvaguar<strong>di</strong>a del<strong>le</strong> opere d’arte (Del Monte and Sabbioni,<br />

1987; Del Monte and Sabbioni, 1988).<br />

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