15.08.2013 Views

Mario Alberghina Salvo Andò Giusy Catanese Antonio Guarino ...

Mario Alberghina Salvo Andò Giusy Catanese Antonio Guarino ...

Mario Alberghina Salvo Andò Giusy Catanese Antonio Guarino ...

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>Mario</strong> <strong>Alberghina</strong><br />

<strong>Salvo</strong> <strong>Andò</strong><br />

<strong>Giusy</strong> <strong>Catanese</strong><br />

<strong>Antonio</strong> <strong>Guarino</strong><br />

Luigi Iannitti<br />

Andrea Manganaro<br />

Filippo Motta<br />

Peppino Ortoleva<br />

Giulio Perani<br />

Carmelo Rapisarda<br />

Concetta Reina<br />

Francesco Riggi<br />

Enrico Rizzarelli<br />

Salvatore Claudio Sgroi<br />

Giacinto Taibi<br />

Simone Tamburello<br />

Cinzia Tutino<br />

Francesca Verzì<br />

Gaetano Zito


Editoriale<br />

Quando questo numero del Bollettino sarà<br />

nelle mani del lettore, un doppio appuntamento<br />

sarà probabilmente davanti alla<br />

comunità nazionale e a quella accademica: le<br />

elezioni per la nuova legislatura e quelle per il<br />

nuovo rettore. Entrambe meriterebbero un’ampia<br />

discussione, come anche un bilancio di ciò<br />

che si è fatto e di ciò che resta da fare; delle delusioni<br />

avute e delle speranze realizzate; dei<br />

passi indietro e di quelli che hanno fatto crescere<br />

la comunità nazionale e quella più piccola,<br />

ma senza dubbio a noi più vicina, del nostro<br />

ateneo.<br />

Ma non è questo il ruolo che spetta ad una<br />

rivista che rappresenta la voce ufficiale dell’università<br />

di Catania, specie per quanto riguarda le<br />

elezioni che ci sono più vicine. Ciascuno è sufficientemente<br />

adulto per svolgere le sue considerazioni<br />

e avrà nel contempo maturato le proprie<br />

riflessioni. Del resto, nel corso degli anni<br />

passati non sono mancate le occasioni per intervenire<br />

nei confronti della politica istituzionale<br />

verso l’ università, e ancora lo facciamo in questo<br />

numero. Una sola cosa abbiamo sempre<br />

avuto presente nel passato e ci preme tuttora:<br />

l’interesse dell’istituzione universitaria, come<br />

intesa e interpretata nei limiti e nelle possibilità<br />

del nostro sempre parziale e tutto umano discernimento.<br />

E oggi, con la chiusura del 2005 e un avvenire<br />

assai incerto circa le politiche future locali<br />

e nazionali, non ci resta che orientare il nostro<br />

pensiero alla progettazione del futuro, cercando<br />

di riflettere in positivo, piuttosto che sottolineare<br />

quanto di negativo abbiamo osservato e vissuto<br />

sinora. E così, approfittando delle ancora<br />

recenti feste natalizie, ci vien da rivolgere alcuni<br />

desideri ad un ipotetico Babbo Natale che<br />

invece del consueto abito rosso indossa l’ermellino<br />

accademico.<br />

Vorremmo innanzi tutto che nel futuro la comunità<br />

accademica nazionale non fosse più<br />

trattata come un minus habens, come una<br />

masnada di grassatori delle casse dello stato che<br />

bisogna ridurre a ragione attraverso una drastica<br />

cura dimagrante, dirottando le risorse nazionali<br />

ad altri più produttivi e pimpanti intraprese<br />

accademiche. Vorremmo che il colloquio istituzionale<br />

fosse realmente proficuo, con interlocutori<br />

che ci stanno ad ascoltare e che sono consapevoli<br />

della complessità dell’istituzione universitaria,<br />

delle sue insufficienze, ma anche dei<br />

suoi punti di forza. Sogniamo nuovamente che<br />

il mondo accademico possa essere considerato<br />

come il centro propulsore della ricerca scientifica<br />

italiana e non solo come un regno dei signori<br />

della guerra, dediti solo allo scambio di<br />

dispetti e alla ricerca di privilegi. Vagheggiamo<br />

una attenta politica riformista che per essere<br />

efficace non ha bisogno di strombazzare provvedimenti<br />

taumaturgici inesistenti, ma che con<br />

cauto e costante operare sia invece in grado di<br />

incidere su quei meccanismi ormai obsoleti<br />

che (non ce lo nascondiamo) ancora esistono e<br />

sono certamente causa di non poco malessere.<br />

Ma auspichiamo anche una comunità accademica<br />

locale che sia in grado di rimediare a<br />

qualche errore commesso in passato – per attivismo<br />

anche precipitoso e forse per quella vertigine<br />

determinata dalla possibilità di moltiplicare<br />

corsi e master praeter necessitatem – e che<br />

decida di puntare più sulla qualità che sulla<br />

quantità, più sulla ricerca che sulla didattica.<br />

Anche per scongiurare quella “liceizzazione”<br />

da molti paventata e tuttavia, quasi con inconsapevole<br />

accanimento, perseguita.<br />

Gli appuntamenti futuri non sono da poco.<br />

Come sempre, possono essere una occasione di<br />

crescita della qualità come anche un modo per<br />

dissipare risorse ed energie. Il desiderio che<br />

consegniamo a questo Babbo Natale in ermellino<br />

è che le ragioni della qualità e della ricerca<br />

scientifica siano la nostra stella polare degli<br />

anni avvenire.<br />

1


2<br />

Anno 11, n. 4, dicembre 2005<br />

Sommario<br />

EDITORIALE<br />

POLITICHE UNIVERSITARIE<br />

Dopo la riforma<br />

4 Il (mal)fatto e il da farsi<br />

di Enrico Rizzarelli<br />

6 “Rumours” dal Palazzo (a c. della redazione)<br />

7 Buone intenzioni e cattive azioni<br />

di <strong>Salvo</strong> <strong>Andò</strong><br />

10 Il dialogo necessario. L’accordo tra Università<br />

e Studio teologico S. Paolo<br />

di Gaetano Zito<br />

12 La circolazione dell’informazione nell’ateneo<br />

di Francesca Verzì<br />

RICERCA E RISORSE<br />

Indici statistici e fattore “umano” nella ricerca<br />

14 La necessità di una quantificazione intelligente<br />

di Giulio Perani<br />

17 Le ragioni di un rifiuto di rispondere<br />

di Peppino Ortoleva<br />

19 La lettera del rifiuto<br />

20 Ricerca scientifica e realtà industriale.<br />

L’esempio della ERG-ISAB in Sicilia<br />

di Luigi Iannitti<br />

21 Il gruppo Erg (a cura della redazione)<br />

22 Lavorare insieme, lavorare meglio.<br />

La sinergia possibile tra dipartimenti universitari<br />

ed enti di ricerca<br />

di Francesco Riggi<br />

LA DIDATTICA<br />

Tra scuola e università<br />

24 Navigare a vista. I nuovi corsi di laurea per<br />

la formazione degli insegnanti<br />

di Andrea Manganaro<br />

26 La marcia del gambero della scuola italiana.<br />

Ovvero, riformare per andare indietro<br />

di Filippo Motta


ORIZZONTI INTERNAZIONALI<br />

I progetti di internazionalizzazione<br />

del nostro ateneo<br />

29 Verso una dimensione globale<br />

di Carmelo Rapisarda<br />

30 La laurea specialistica in “Lingua e<br />

culture europee ed extraeuropee”<br />

31 Il Master sulle produzioni<br />

agro-alimentari mediterranee<br />

32 Il dottorato in Scienze umane<br />

32 Una strategia di internazionalizzazione<br />

già consolidata<br />

di Cinzia Tutino e <strong>Giusy</strong> <strong>Catanese</strong><br />

UNIVERSITÀ E TERRITORIO<br />

35 Un laboratorio attrezzato per ricerca<br />

e didattica nel Polo universitario di Ragusa<br />

di <strong>Mario</strong> <strong>Alberghina</strong><br />

37 Una città come laboratorio.<br />

L’insediamento di Architettura a Siracusa<br />

di Giacinto Taibi<br />

MEMORIA DELL’ATENEO<br />

40 Otto anni a Catania<br />

di <strong>Antonio</strong> <strong>Guarino</strong><br />

L’UNIVERSITÀ DEGLI STUDENTI<br />

42 Alla ricerca dell’efficienza.<br />

La qualità dei servizi dell’ateneo catanese<br />

di Concetta Reina e Simone Tamburello<br />

LIBRI E DINTORNI<br />

44 La “grammatica”: una brutta parola?<br />

di Salvatore Claudio Sgroi<br />

LA VOCE DELLE FACOLTÀ<br />

46 Giurisprudenza / Lettere e Filosofia /<br />

Scienze della formazione<br />

Numero chiuso in redazione il 18 gennaio 2006<br />

BOLLETTINO D’ATENEO<br />

Aut. Trib. di Catania<br />

n. 15 del 04.07.1995<br />

Sede<br />

Piazza dell’Università 16<br />

95131 Catania<br />

Tel. +390957307503<br />

+39095317801<br />

Fax.+390957307595<br />

www.unict.it<br />

bollett@unict.it<br />

Direttore responsabile<br />

Giovanni Toscano<br />

Hanno collaborato<br />

a questo numero:<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Alberghina</strong><br />

Corrado Cataldi<br />

Francesco Coniglione<br />

Andrea Manganaro<br />

Francesco Milazzo<br />

Carmelo Rapisarda<br />

Francesco Riggi<br />

Salvatore Claudio Sgroi<br />

Rita Valenti<br />

Responsabile di Redazione<br />

Francesco Coniglione<br />

Redazione<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Alberghina</strong><br />

Andrea Manganaro<br />

Salvatore Claudio Sgroi<br />

Segretaria di redazione<br />

Carmela Virgillito<br />

Impaginazione grafica<br />

Simona Maimone<br />

Stampa<br />

Tipografia Placido Dell’Erba<br />

Biancavilla<br />

Finito di stampare<br />

Gennaio 2006


4<br />

politiche universitarie<br />

Dopo la riforma<br />

Il (mal)fatto e il da farsi<br />

Enrico Rizzarelli<br />

Un bilancio in negativo<br />

Nei prossimi mesi i regolamenti<br />

attuativi investiranno il sistema<br />

universitario, che subirà<br />

tutti gli aspetti negativi della<br />

legge, approvata da qualche<br />

mese, sullo stato giuridico dei<br />

docenti universitari. Quello<br />

che non era riuscito al governo<br />

di centro-sinistra, alla fine<br />

della scorsa legislatura con la<br />

proposta Zecchino, è ora stato<br />

acquisito con la legge del governo<br />

di centro-destra. L’oppo-<br />

sizione vasta ma disomogenea<br />

alla legge Moratti ha sperimentato<br />

la sostanziale sterilità di<br />

una mobilitazione tutta interna<br />

al sistema universitario, in un<br />

contesto di sostanziale indifferenza<br />

e, forse, di diffidenza da<br />

parte dell’opinione pubblica.<br />

Le alternative proposte di ingegneria<br />

concorsuale, gli ormai<br />

rituali lamenti per l’insufficienza<br />

delle risorse e la richiesta<br />

indiscriminata di stabilizzazione<br />

del personale in formazione<br />

sembrano esser state recepite<br />

come una contrapposizione di<br />

tipo politico o come una rivendicazione<br />

di tipo sindacale. La<br />

proposta della maggioranza di<br />

governo risulta assolutamente<br />

carente per quanto attiene il<br />

reclutamento e, in un contesto<br />

pre-elettorale, tenta di ottenere<br />

un minimo di consenso ammiccando<br />

verso il personale da<br />

più tempo in servizio. La legge<br />

ripropone il costo “zero” per lo<br />

Stato, l’onere delle risorse ricade<br />

sulle università e, contemporaneamente,<br />

si propone una<br />

ulteriore frammentazione di<br />

figure precarie che, come già<br />

sperimentato in passato, potranno<br />

condurre solo a inaccettabili<br />

sanatorie.<br />

Siamo in presenza di una<br />

sostanziale rinuncia al “gover-


no di sistema”, in un ambito<br />

decisivo per lo sviluppo e la<br />

competitività del Paese. Emerge<br />

una logica, ammesso che ci<br />

sia, in contraddizione con le<br />

nuove modalità di finanziamento<br />

degli atenei e con l’esercizio<br />

di valutazione della<br />

ricerca, i cui risultati peseranno<br />

sulla futura allocazione delle<br />

risorse. Lo stato giuridico<br />

approvato appare coerente<br />

con un sistema universitario<br />

che, in molte realtà, non c’è<br />

più. Un modello vecchio delle<br />

carriere in contraddizione con<br />

le logiche dell’autonomia, la<br />

quale si basa su istituzioni con<br />

identità forti (non si giustificherebbe,<br />

altrimenti, l’autonomia<br />

statutaria) in competizione<br />

per le risorse, che si ottengono<br />

sottoponendo a valutazione le<br />

proprie attività istituzionali<br />

(coerentemente con la prevista<br />

agenzia di valutazione), e che<br />

dovrebbe vivere in un contesto<br />

di incentivi piuttosto che di<br />

regole. Atenei che possano<br />

attrarre per la qualità dei propri<br />

ricercatori e dei propri docenti,<br />

per la politica di formazione<br />

alla ricerca e del rapporto con<br />

il territorio.<br />

Occasione mancata, sottovalutazione<br />

delle conseguenze<br />

dell’attuale divario in termini<br />

di numero di ricercatori (secondo<br />

la recente classifica dell’OCSE,<br />

l’Italia si colloca, per<br />

numero di ricercatori rispetto<br />

al totale degli occupati, solo<br />

prima di Turchia e Messico e<br />

dopo Grecia e Portogallo), messaggio<br />

frustrante per i nostri<br />

giovani, mortificati da retribuzioni<br />

insoddisfacenti e da criteri<br />

di selezione che spesso<br />

nulla hanno a che vedere con<br />

il riconoscimento del merito,<br />

costretti ad emigrare per seguire<br />

la propria vocazione alla<br />

ricerca e certo non incoraggiati<br />

a rientrare, una volta sperimentato<br />

un contesto europeo o<br />

extraeuropeo.<br />

Obiettivi per il futuro<br />

Sarebbe facile aggiungere altre<br />

critiche a quanto recentemente<br />

approvato, più difficile fare<br />

delle proposte alternative. La<br />

prossima competizione elettorale<br />

potrebbe esser l’occasione<br />

per verificare l’attenzione per<br />

il ruolo della ricerca e della formazione<br />

da parte delle forze<br />

politiche, avendo sperimentato<br />

che i tempi del mondo politico,<br />

a redditività immediata,<br />

mal si conciliano con quelli<br />

del mondo della ricerca, a redditività<br />

differita. E comunque,<br />

chi crede nell’autonomia e nel<br />

ruolo dell’università non può<br />

non partecipare allo sforzo di<br />

riflessione che è in atto e che<br />

sarà ulteriormente sollecitato<br />

dai regolamenti attuativi, disponibile<br />

al confronto ed alla<br />

revisione delle posizioni.<br />

La prima proposta/richiesta<br />

non può non riguardare l’investimento<br />

sul futuro. Le risorse<br />

per ricerca e formazione sono<br />

prioritarie anche in contesti<br />

economici difficili e, come già<br />

dimostrato da altri paesi, sono<br />

la precondizione per lo sviluppo<br />

competitivo. Quindi, risorse<br />

per il reclutamento a partire<br />

dal potenziamento del dottorato<br />

di ricerca.<br />

Non si tratta solo di aumentare<br />

il numero dei dottorandi,<br />

ma di rivedere anche le modalità<br />

con cui si procede alla selezione.<br />

Ogni università adotterà<br />

propri e trasparenti criteri, impegnando<br />

sia le risorse statali<br />

che risorse aggiuntive. Alla fine<br />

di ogni ciclo, ogni scuola/corso<br />

di dottorato verrà sottoposta a<br />

valutazione sulla base dei risultati<br />

ottenuti in termini di pubblicazioni,<br />

grado di internazionalizzazione,<br />

attrattività, ecc.,<br />

come pubblicizzato preventivamente<br />

dall’agenzia indipendente<br />

di valutazione che proporrà<br />

la distribuzione delle risorse,<br />

in modo da render con-<br />

University College London<br />

veniente atteggiamenti virtuosi.<br />

Poiché la credibilità di un sistema<br />

richiede un certo tempo per<br />

affermarsi, si può pensare ad<br />

una scansione temporale con<br />

cui arrivare alla distribuzione di<br />

tutte le risorse statali sulla base<br />

dei nuovi criteri. La classifica<br />

delle varie scuole e/o dei relativi<br />

corsi dovrebbe esser resa<br />

pubblica, anche per incentivare<br />

la mobilità dei laureati.<br />

L’ulteriore periodo di formazione<br />

alla ricerca avrà caratteristiche<br />

specifiche per ogni<br />

ateneo, con retribuzione paragonabile<br />

agli standard europei<br />

e possibilità di accesso a finanziamenti<br />

di ricerca nazionali<br />

riservati ai giovani ricercatori<br />

in formazione. Gli atenei potranno<br />

concorrere all’acquisizione<br />

di risorse statali secondo<br />

lo stesso meccanismo ipotizzato<br />

per il dottorato, sottoponendo<br />

a valutazione le strutture<br />

di ricerca a cui afferisce il<br />

personale in formazione. Entro<br />

un intervallo temporale che<br />

può anche esser differente per<br />

le diverse aree scientifiche, ma<br />

non superiore a dieci anni dalla<br />

laurea di secondo livello, il<br />

personale in formazione ha di-<br />

5


6<br />

politiche universitarie<br />

Mentre il mondo universitario<br />

cerca ancora di<br />

riprendersi dal colpo subito<br />

con la recente riforma<br />

Moratti – incerto se sorridere<br />

a tanto strombazzare di “riforma<br />

dell’università” o se<br />

preoccuparsi per un modo di<br />

procedere che rivela la sostanziale<br />

ignoranza del mondo<br />

accademico e dei suoi<br />

meccanismi – già sembrano<br />

delinearsi i tratti fondamentali<br />

delle norme attuative delle<br />

nuove regole concorsuali.<br />

Dalla bozza in circolazione,<br />

approvata di recente dal consiglio<br />

dei ministri, si evidenzia<br />

subito una difformità rispetto<br />

alla legge delega: qui<br />

l’aumento dei posti di idoneità<br />

rispetto ai posti finanziabili<br />

comunicati dalle università<br />

era fisso. Invece nella<br />

ritto ad esser sottoposto a giudizio<br />

selettivo per l’acquisizione<br />

di una posizione permanente<br />

all’interno del sistema universitario<br />

nazionale.Gli atenei<br />

dovrebbero essere adeguatamente<br />

incentivati a perseguire<br />

una politica di mobilità.<br />

Sulla base della valutazione<br />

complessiva dell’agenzia indipendente<br />

di valutazione, ogni<br />

istituzione contratterà con il<br />

MIUR le risorse necessarie per<br />

assicurare l’attività istituzionale<br />

esposta in uno specifico piano<br />

quinquennale. In questo<br />

contesto, ogni struttura dipartimentale<br />

o di ricerca, riconosciuta<br />

dallo statuto del singolo<br />

ateneo, richiederà il finanziamento<br />

per l’attivazione di una<br />

posizione permanente relativa<br />

ai diversi livelli a cui potranno<br />

concorrere sia il personale afferente<br />

che quello proveniente<br />

da altri atenei o enti di ricerca.<br />

“Rumours” dal Palazzo<br />

bozza di decreto legislativo si<br />

parla di una quota non superiore<br />

al 40%, laddove il reale<br />

incremento è stabilito dal<br />

decreto ministeriale di bando<br />

delle idoneità e può essere<br />

differente settore per settore,<br />

in dipendenza da alcuni criteri<br />

ivi indicati.<br />

Insomma, sembra che tutto<br />

venga a dipendere dalla<br />

discrezionalità del ministro,<br />

in coerenza con le tante iniziative<br />

di questi anni volte a<br />

limitare l’autonomia delle<br />

università. Rimane la riserva<br />

del 25% di posti per ordinario<br />

e del 15% per associato, elevata<br />

del 100% nelle prime<br />

due tornate per gli ordinari e<br />

nelle prime quattro per gli<br />

associati, in evidente contrasto<br />

alla esigenza di ringiovanimento<br />

delle università tante<br />

Evitando futili esercizi di ingegneria<br />

concorsuale, che non ha<br />

mai evitato le degenerazioni,<br />

ed eventuali ostracismi di possibili<br />

maggioranze, saranno automaticamente<br />

ammessi coloro<br />

i quali per qualità e quantità di<br />

produzione scientifica superino<br />

il valore medio nazionale,<br />

determinato dall’esercizio di<br />

valutazione della ricerca del<br />

triennio precedente per la specifica<br />

area di ricerca. Lo statuto<br />

di ogni ateneo riporterà le norme<br />

di valutazione per la copertura<br />

delle diverse posizioni.<br />

Con meccanismo simile a quello<br />

previsto nel caso del reclutamento,<br />

l’agenzia indipendente<br />

di valutazione assegnerà nuove<br />

risorse che premieranno le<br />

strutture più competitive sulla<br />

base dell’attività scientifica dei<br />

ricercatori, chiamati a ricoprire<br />

le diverse posizioni Gli organi<br />

di governo dovrebbero rispon-<br />

volte sbandierata. Inoltre, il far<br />

pesare sui bilanci degli atenei<br />

i costi delle procedure concorsuali<br />

nazionali equivale ad<br />

un ulteriore taglio dei magri<br />

fondi a loro disposizione.<br />

Resta infine irrisolto nella<br />

bozza il problema se le facoltà<br />

che hanno richiesto il<br />

bando hanno poi l’obbligo di<br />

procedere successivamente<br />

alla valutazione comparativa<br />

con la commissione dei cinque<br />

sorteggiati, oppure se<br />

possono decidere di non chiamare<br />

nessuno.<br />

Se tale obbligo non sussiste,<br />

come sembra logico sia in<br />

ossequio all’autonomia, allora<br />

a che pro vincolare il numero<br />

di idonei alle richieste<br />

degli atenei?<br />

(a cura della redazione)<br />

dere dell’eventuale giudizio negativo.<br />

I ricercatori-docenti saranno<br />

periodicamente sottoposti<br />

a valutazione per la parte di<br />

salario legata ai risultati.<br />

È ovvio che i sopra riportati<br />

meccanismi sono opinabili e<br />

migliorabili; una proposta di<br />

discontinuità per cambiare l’attuale<br />

situazione deve restare<br />

però all’interno di un quadro<br />

generale di incentivi per cui<br />

alle singole strutture di ricerca<br />

convenga chiamare le persone<br />

più valide e venga ad essere<br />

chiaramente individuata la responsabilità<br />

di chi decide.<br />

Simili meccanismi dovrebbero<br />

esaltare il senso di appartenenza<br />

all’istituzione, rispetto<br />

all’attuale identificazione con<br />

l’area disciplinare, ed attuare<br />

al meglio l’autonomia del sistema,<br />

basata sulla responsabilità,<br />

la programmazione e la valutazione.


Buone intenzioni e<br />

cattive azioni<br />

<strong>Salvo</strong> <strong>Andò</strong><br />

<strong>Salvo</strong> <strong>Andò</strong> ha insegnato nelle università di Bologna<br />

e di Catania; attualmente è docente di diritto costituzionale<br />

europeo comparato presso l’università S. Pio V<br />

di Roma e rettore dal 2004 della Libera Università Kore<br />

di Enna. Dirige la rivista Mediterranean Journal of<br />

Human Rights, edita dall’università di Malta, e negli ultimi<br />

anni si è occupato dei problemi costituzionali della<br />

sicurezza, del dibattito sulle riforme istituzionali, dei diritti umani. Tra le<br />

sue pubblicazioni Mediterranean security and human rights after the<br />

cold war (CEDAM, 1997), Il declino della neutralità nell’attuale fase del<br />

costituzionalismo europeo (CEDAM, 2002), Oltre la tolleranza (Marco<br />

Valerio Editore, 2004).<br />

Sulla riforma Moratti si<br />

continuano a manifestare<br />

giudizi contrastanti, non<br />

solo tra gli addetti ai lavori ma<br />

anche all’interno dei partiti.<br />

Tutto ciò è comprensibile, se si<br />

pensa che le sorti dell’università<br />

incidono non marginalmente<br />

sul futuro del paese. E<br />

tuttavia non sono tanto le<br />

intenzioni che va manifestando<br />

la ministra a tenere alta la<br />

polemica, bensì la scarsa coerenza<br />

che, a giudizio di molti,<br />

si ravvisa tra i fini che la riforma<br />

vuole perseguire e gli strumenti<br />

che in concreto vengono<br />

messi a disposizione dell’università.<br />

… e finalmente il topolino<br />

venne partorito<br />

È un fatto che la riforma Moratti<br />

ha scontentato tutti. Ha scontentato<br />

i partiti dell’opposizione,<br />

i rettori che si sono espressi,<br />

talvolta anche duramente,<br />

contro di essa anche attraverso<br />

i deliberati della CRUI, i sindacati<br />

della scuola, gli studenti e<br />

le loro organizzazioni. È difficile,<br />

secondo costoro, che l’u-<br />

niversità ridisegnata dalla Moratti<br />

possa fare quel salto di<br />

qualità che tanti auspicano.<br />

La riforma lascia molto a<br />

desiderare con riferimento alle<br />

politiche del reclutamento, soprattutto<br />

per quanto riguarda<br />

l’accesso dei giovani alla carriera<br />

universitaria. Si può condividere<br />

l’idea della ministra<br />

secondo cui non ha senso<br />

tenere in servizio dei ricercatori<br />

a vita. Ciò che non si può<br />

condividere è il rimedio adottato.<br />

Immettere nell’università<br />

nuovi precari, tenuto conto<br />

che già in atto vi sono figure di<br />

precari atipici come gli assegnisti,<br />

significa creare nuove<br />

condizioni di disagio all’interno<br />

della comunità universitaria;<br />

significa soprattutto creare<br />

le premesse per future rivendicazioni<br />

destinate a produrre<br />

nuove disfunzioni all’interno<br />

degli atenei. Le esperienze di<br />

precariato che si sono fatte in<br />

tutti i settori della pubblica amministrazione<br />

dimostrano che<br />

il precariato è nemico dell’efficienza,<br />

anche perché esso<br />

crea scarso coinvolgimento nel<br />

perseguimento dei fini a cui<br />

tende l’organizzazione nella<br />

quale si opera.<br />

La riforma poi inevitabilmente<br />

avvia un ritorno a forme<br />

di governo dell’università caratterizzate<br />

da una forte impronta<br />

centralistica. Tutto quello<br />

che si è fatto negli ultimi<br />

venti anni per affermare in<br />

concreto l’autonomia dell’università<br />

rischia di essere messo<br />

adesso in discussione. Chi frequenta<br />

il ministero dell’università<br />

si rende conto di questo<br />

nuovo clima. Sono tornate a<br />

formarsi le code dietro le porte<br />

di alti, e meno alti, burocrati; si<br />

torna a bussare alla porta del<br />

ministero per risolvere problemi<br />

che sembravano definitivamente<br />

assegnati alla competenza<br />

degli atenei.<br />

Non c’è poi un piano finanziario<br />

sul quale fare affidamento<br />

per rinnovare l’università.<br />

Si fa un gran parlare dei<br />

saperi che l’università dovrebbe<br />

assicurare per rendere competitivo<br />

il sistema paese, ci si<br />

spiega che l’università non<br />

deve accontentarsi di provvedere<br />

a garantire comunque la<br />

funzione docente, ma deve<br />

occuparsi dell’effettivo apprendimento<br />

da parte di chi la frequenta<br />

e delle misure necessarie<br />

per incrementarlo, e però<br />

non si mette mano ad un sistema<br />

di incentivi che spinga in<br />

direzione del conseguimento<br />

di questi risultati.<br />

Era stato detto dalla Moratti<br />

che le università sarebbero<br />

state valutate in relazione agli<br />

sforzi da esse compiute per<br />

garantire una dignitosa offerta<br />

formativa. Si era parlato di rigorose<br />

verifiche periodiche<br />

tendenti a valutare la validità<br />

degli strumenti organizzativi di<br />

cui le università si avvalgono,<br />

la loro capacità di interagire<br />

con i centri di ricerca pubblici<br />

e privati più prestigiosi, i con-<br />

7


8<br />

politiche universitarie<br />

tenuti innovativi dell’attività<br />

didattica. Sono questi gli elementi<br />

dai quali si può evincere<br />

l’efficacia del processo formativo,<br />

e non il numero dei laureati<br />

prodotti o i tempi mediamente<br />

richiesti per completare<br />

il percorso di studio. Ed è sulla<br />

base di questi elementi che,<br />

attraverso l’erogazione delle<br />

risorse pubbliche, si possono<br />

premiare quegli atenei che<br />

concretamente si impegnano a<br />

conseguire se non l’eccellenza,<br />

comunque un buon livello<br />

dei servizi erogati.<br />

Nella riforma Moratti però<br />

non c’è nessuna indicazione in<br />

questo senso. Si continua a<br />

parlare di efficienza con riferimento<br />

al sistema universitario.<br />

Ma l’efficienza dell’università<br />

non si può misurare sulla base<br />

di criteri aziendalistici, che<br />

poco si addicono ad una istituzione<br />

che deve garantire la diffusione<br />

del sapere. L’efficacia<br />

dell’azione svolta dall’università<br />

va riferita alla qualità dei<br />

saperi impartiti e alle capacità<br />

cognitive che essa riesce a promuovere.<br />

Se l’università però è<br />

costretta solo a sopravvivere<br />

alla meno peggio, a fare bilanci<br />

tutti destinati a garantire la<br />

spesa corrente, riservando poco<br />

o nulla agli investimenti, è<br />

difficile che essa possa assolvere<br />

a compiti diversi da quelli<br />

dell’organizzazione didattica<br />

minima e dello svolgimento<br />

degli esami. La mancanza delle<br />

risorse necessarie per un decoroso<br />

funzionamento costringe<br />

alla mera sopravvivenza soprattutto<br />

le università meridionali,<br />

che difficilmente ricevono<br />

aiuti nell’attività di ricerca dal<br />

“settore privato”.<br />

In queste condizioni la crociata<br />

per l’eccellenza rappresenta<br />

soltanto un espediente<br />

propagandistico destinato a<br />

rafforzare gli atenei che, per la<br />

loro storia e per le favorevoli<br />

condizioni ambientali in cui<br />

operano, possono avvalersi del<br />

sostegno garantito dai livelli di<br />

governo locali e dai privati. L’università<br />

dell’eccellenza, insomma,<br />

non si fa con le chiacchiere,<br />

bensì scommettendo<br />

seriamente sulla formazione e<br />

destinando risorse adeguate a<br />

questo scopo. Ciò richiede che<br />

si individui davvero nelle politiche<br />

della formazione lo strumento<br />

più efficace per reggere<br />

una competizione internazionale<br />

che nel campo della diffusione<br />

dei saperi diviene sempre<br />

più spietata.<br />

Se alle università non si dà<br />

questa certezza, è inevitabile<br />

che esse sviluppino una concorrenza<br />

tra di loro al più basso<br />

livello possibile per accaparrarsi<br />

gli studenti, e soprattutto<br />

gli studenti lavoratori, sottoscrivendo<br />

con i diversi settori<br />

della pubblica amministrazione<br />

e gli ordini professionali<br />

convenzioni “a prezzi sempre<br />

più stracciati”, cioè riconoscendo<br />

crediti a tutti pur di<br />

“laureare l’esperienza”. Ma<br />

così facendo è difficile che<br />

vengano in Italia studenti stranieri,<br />

e soprattutto che vengano<br />

nelle università del Mezzogiorno<br />

studenti provenienti dai<br />

paesi della sponda sud del<br />

Mediterraneo. Forse sarebbe<br />

bene che per ogni corso di laurea<br />

si stabilisse il numero massimo<br />

di crediti “esterni” convalidabili,<br />

così da fare corrispondere<br />

al valore legale del titolo<br />

di studio un accertamento del<br />

merito in buona parte rimesso<br />

alla stessa università che quel<br />

titolo rilascia.<br />

È ovvio che una politica<br />

dell’università non può prescindere<br />

da una politica generale<br />

della formazione. Un paese<br />

il quale non ritiene di dover<br />

spendere risorse adeguate nelle<br />

politiche educative va incontro<br />

a inevitabili conflitti<br />

sociali, allorché è costretto a<br />

regolare il mercato del lavoro,<br />

accettando il rischio della precarietà,<br />

dei lavori part time,<br />

insomma i rischi che sono tipici<br />

di un mercato del lavoro flessibile.<br />

Per restare dentro un<br />

mercato del lavoro globale che<br />

fa della flessibilità il suo criterio<br />

ordinatore, occorrono efficaci<br />

politiche dell’aggiornamento<br />

permanente. Il che significa<br />

che i giovani devono<br />

soprattutto “imparare ad imparare”.<br />

È necessario acquisire<br />

conoscenze che consentano<br />

ad essi di resistere alla innovazione<br />

tecnologica, sapendo<br />

conservare il proprio posto di<br />

lavoro, e una volta che lo perdono<br />

sapendolo riconquistare<br />

al più presto. È necessario sapere<br />

autovalorizzare le proprie<br />

capacità cognitive.<br />

Le politiche universitarie,<br />

quindi, non possono essere del<br />

tutto indipendenti dalle politiche<br />

generali della formazione.<br />

Allo “Stato di cultura” sono<br />

affidati compiti che prima erano<br />

esclusivamente devoluti al<br />

sistema di protezione sociale.<br />

Le sfide per le università<br />

siciliane<br />

I problemi qui indicati sono<br />

particolarmente complessi nella<br />

nostra regione. Qui il confronto<br />

tra l’università e il mondo<br />

del lavoro è episodico,<br />

distratto, privo di qualunque<br />

riferimento a strumenti istituzionali<br />

che possano in qualche<br />

modo orientare l’offerta formativa,<br />

tenuto conto dei bisogni<br />

del territorio.<br />

L’idea che ci possa essere<br />

un dialogo permanente tra l’università<br />

e i distretti industriali<br />

organizzati nel naturale bacino<br />

di utenza dell’università, non è<br />

realistica ovviamente dove i<br />

distretti industriali non ci sono,<br />

dove i privati per le dimensioni<br />

delle aziende non fanno ricerca<br />

(anche perché non adeguatamente<br />

stimolati a farla attraverso<br />

incentivi non solo di tipo


fiscale), dove le imprese un<br />

tempo pubbliche e adesso privatizzate<br />

hanno conosciuto un<br />

declino nel settore della ricerca<br />

che è sotto gli occhi di tutti.<br />

Lo stesso rapporto con la pubblica<br />

amministrazione è un<br />

rapporto difficile. Questa non<br />

riesce ad essere un interlocutore<br />

attendibile per le istituzioni<br />

pubbliche che si occupano<br />

della formazione, proprio al<br />

fine di meglio orientare l’offerta<br />

formativa.<br />

È del resto difficile pensare<br />

che ci si possa muovere verso<br />

una formazione eccellente,<br />

che si possano organizzare super<br />

scuole tipo l’Ècole nationale<br />

d’administration (da anni<br />

si parla di organizzare una<br />

ENA siciliana) se poi i laureati<br />

eccellenti non hanno garanzie<br />

di ingresso in un mercato del<br />

lavoro che riconosca il merito,<br />

a cominciare proprio dai settori<br />

del pubblico impiego. A<br />

poco vale essere in possesso di<br />

una super laurea se poi per<br />

avere il posto bisogna avere dei<br />

santi in paradiso; insomma fare<br />

l’ENA serve a poco, se poi il<br />

vero titolo di preferenza è la<br />

raccomandazione.<br />

Naturalmente non è soltanto<br />

l’ambiente a creare gravi difficoltà<br />

per una università che<br />

voglia interagire con il territorio,<br />

ma sono anche le stesse<br />

università siciliane spesso a<br />

precludersi la prospettiva di<br />

poter contare di più e di essere<br />

un efficace motore dello sviluppo<br />

nel momento in cui a<br />

livello regionale non riescono<br />

a fare sistema.<br />

L’offerta formativa delle diverse<br />

università siciliane non si<br />

integra a livello regionale in<br />

modo efficace; ciascuna università<br />

offre normalmente gli<br />

stessi corsi di laurea, cioè propone<br />

un’offerta formativa abbastanza<br />

generalista e non tende<br />

ad affermare una propria<br />

specificità culturale. Tutto ciò<br />

comporta l’incapacità del sistema<br />

universitario siciliano a<br />

proporsi all’esterno come un<br />

sistema caratterizzato da apprezzabili<br />

sinergie con riferimento<br />

alle politiche didattiche<br />

e alle politiche della ricerca,<br />

sinergie che possono valorizzare<br />

meglio mezzi e professionalità<br />

disponibili. Si ha invece<br />

una polverizzazione dell’offerta<br />

formativa che non consente<br />

l’emergere dei punti di forza di<br />

ciascun ateneo.<br />

Si discute ancora del Politecnico<br />

del Mediterraneo, cioè<br />

di un’iniziativa comune delle<br />

università siciliane che dovrebbe<br />

mobilitare importanti<br />

risorse. Qualcosa via via va<br />

maturando in questo senso, ma<br />

il vero nemico da abbattere,<br />

con riferimento a iniziative di<br />

questo tipo, sono le chiusure<br />

campanilistiche, l’idea che sono<br />

utili per l’università solo le<br />

iniziative allocate nel “proprio”<br />

territorio. Così ragionando,<br />

è difficile incidere sulle<br />

politiche della cooperazione<br />

economica e culturale che interessano<br />

l’area meridionale<br />

del Mediterraneo. E invece la<br />

Sicilia ha bisogno del contributo<br />

delle sue università per<br />

svolgere il ruolo di attore importante<br />

con riferimento alle<br />

politiche dello sviluppo che<br />

riguardano la regione mediterranea,<br />

sapendo organizzare<br />

una efficace offerta di servizi<br />

culturali, concretamente fruibili<br />

dai paesi della sponda sud.<br />

Per promuovere una siffatta<br />

politica dello sviluppo nella<br />

macroregione mediterranea<br />

serve certo la lungimiranza<br />

della classe politica, ma anche<br />

la passione degli uomini di cultura,<br />

che devono sentire il<br />

Mediterraneo come la grande<br />

patria per la quale lavorare nei<br />

prossimi anni. Non basta limitarsi<br />

a firmare convenzioni tra<br />

le università che magari restano<br />

lettera morta. Né bastano le<br />

visite di cortesia e le conferenze<br />

nel corso delle quali si esalta<br />

la possibile centralità mediterranea<br />

all’interno di un<br />

nuovo ordine geopolitico. Si<br />

tratta di mettere a disposizione<br />

servizi, esperienze, centri di<br />

ricerca che devono essere facilmente<br />

accessibili per chi dal<br />

sud viene a studiare, a fare ricerca<br />

nei paesi della sponda<br />

nord, ma anche di acquisire<br />

conoscenze che riguardano la<br />

cultura ed i problemi dei paesi<br />

che si vogliono assistere e che<br />

non possono essere sommarie<br />

o ispirate ad atteggiamenti di<br />

sufficienza.<br />

Il sud del Mediterraneo non<br />

è un’area da colonizzare culturalmente.<br />

È una grande risorsa<br />

culturale da valorizzare e<br />

nessuno può farlo meglio di<br />

noi meridionali, che con i<br />

paesi della sponda sud abbiamo<br />

da sempre mantenuto rapporti<br />

di amicizia.<br />

Si tratta di sapersi muovere<br />

nello spirito che avrebbe dovuto<br />

caratterizzare il processo di<br />

Barcellona. La cooperazione<br />

culturale in quest’area funziona<br />

se essa si basa sullo scambio di<br />

conoscenze che deve seguire le<br />

due direttrici: nord-sud, sudnord.<br />

Per potere svolgere questa<br />

funzione il nostro sistema<br />

universitario deve riorganizzarsi;<br />

è un problema di mezzi, ma<br />

è un problema anche di apertura<br />

culturale verso i problemi di<br />

una regione, come quella<br />

mediterranea, che da sempre è<br />

la “regione delle differenze”.<br />

9


politiche universitarie<br />

10<br />

Il dialogo necessario<br />

L’accordo tra Università e Studio teologico S. Paolo<br />

Gaetano Zito<br />

Gaetano Zito, sacerdote della diocesi di Catania, è docente<br />

ordinario di Storia della Chiesa e di Metodologia generale<br />

allo Studio teologico S. Paolo di Catania, dove è stato<br />

preside dal 1999 al 2005. È anche direttore dell’Archivio<br />

storico diocesano e della biblioteca del Seminario arcivescovile,<br />

oltre che vice-presidente dell’Associazione archivistica<br />

ecclesiastica. Ambito privilegiato delle sue ricerche sono la storia<br />

socio-religiosa della Sicilia e l’archivistica ecclesiastica.<br />

Gli inizi del dialogo e<br />

della collaborazione<br />

tra lo Studio teologico<br />

S. Paolo, fondato nel 1969, e<br />

l’università degli studi di Catania<br />

può datarsi al 1983. Il<br />

primo incontro si è realizzato il<br />

22 febbraio di quell’anno con<br />

la tavola rotonda su Chiesa e<br />

mafia in Sicilia. Nel successivo<br />

mese di aprile seguì il convegno<br />

di studi su Il concilio Vaticano<br />

II venti anni dopo, gli atti<br />

del quale costituiscono il primo<br />

volume dei Quaderni di<br />

Synaxis.<br />

Il convegno, prima annuale<br />

e poi biennale, e i Quaderni<br />

sono il segno evidente di un’intensa<br />

e proficua collaborazione,<br />

che ha saputo mettere insieme<br />

linguaggi diversi.<br />

Una collaborazione promossa<br />

dal S. Paolo che, di volta<br />

in volta, ha individuato facoltà<br />

e docenti universitari meglio<br />

rispondenti al tema del convegno,<br />

deciso in seno al consiglio<br />

dello Studio. Tanto al momento<br />

di dar vita all’Istituto per la<br />

documentazione e la ricerca S.<br />

Paolo (1982), quanto per la<br />

pubblicazione di Synaxis, il S.<br />

Paolo ha sempre valorizzato<br />

l’apporto di docenti universitari.<br />

Solo nel 1999 Università e<br />

Studio teologico hanno stabilito<br />

un primo rapporto istituzionale:<br />

insieme con l’arcidiocesi<br />

di Catania hanno dato vita al<br />

Centro studi interdisciplinare<br />

sul fenomeno religioso (CESI-<br />

FER), con sede operativa in S.<br />

Nicola l’Arena a Catania. Altro<br />

tratto del rapporto tra Studio e<br />

Università, a livello informale,<br />

può considerarsi la presenza<br />

nello Studio di alcuni docenti<br />

dell’Università; come anche<br />

l’invito a qualche docente del<br />

S. Paolo a tenere seminari o<br />

corsi a contratto presso l’università.<br />

La possibilità di stabilire un<br />

collegamento istituzionale è<br />

stato uno degli argomenti affrontati<br />

nel primo incontro formale,<br />

il 18 settembre 2000,<br />

chiesto dal preside del S. Paolo,<br />

Gaetano Zito, al rettore Ferdinando<br />

Latteri. È sembrato un<br />

dovere istituzionale dire della<br />

presenza e dell’attività dello<br />

Studio teologico, quale realtà<br />

accademica complementare<br />

alla ricerca e alla docenza<br />

offerta dalle facoltà universitarie.<br />

Ne sono derivate forme di<br />

collaborazione e di reciproca<br />

presenza ad eventi promossi<br />

dall’una o dall’altro.<br />

A favorire in questi ultimi<br />

anni le condizioni per pervenire<br />

ad una convenzione ufficiale<br />

e stabilmente operativa tra le<br />

due istituzioni hanno contribuito<br />

in modo determinante gli<br />

orientamenti accademici dell’attuale<br />

preside della facoltà di<br />

Scienze politiche, Giuseppe<br />

Vecchio. Cosicché, espletati i<br />

dovuti passaggi al consiglio<br />

dello Studio e al Consiglio di<br />

facoltà, nel maggio 2005 giungeva<br />

a compimento l’iter per<br />

un accordo di reciproca collaborazione.<br />

Intanto, nell’ottobre del<br />

2004, il coordinatore del dottorato<br />

in Scienze umane del<br />

Dipartimento di processi formativi<br />

dell’università, Francesco<br />

Coniglione, chiedeva la<br />

disponibilità dello Studio per<br />

una partnership nelle attività<br />

didattiche e formative del dottorato.<br />

Disponibilità accordata<br />

con parere unanime del Consiglio<br />

dello Studio.<br />

Alla luce di questi fatti, al<br />

rettore è sembrato opportuno<br />

proporre allo Studio teologico<br />

la stipula di un accordo-qua-


dro tra l’Università e il S. Paolo.<br />

Accordo firmato il 30 settembre<br />

2005. Nelle motivazioni si<br />

evidenziano: l’impegno alla<br />

«collaborazione reciproca, nel<br />

segno di un dialogo costruttivo<br />

fra istituzioni di grande rilevanza<br />

culturale»; la «prospettiva<br />

dell’individuazione di autorevoli<br />

iniziative comuni attorno<br />

a tematiche di grande rilevanza<br />

scientifica e sociale»;<br />

l’utilità di «promuovere le occasioni<br />

di studio e approfondimento<br />

sui temi storici, filosofici,<br />

linguistici, sociologici, letterari,<br />

giuridici, etici che sono<br />

di interesse comune dei docenti<br />

e degli studenti delle due<br />

Istituzioni»; il «rispetto del<br />

principio di autonomia e di<br />

libertà di insegnamento».<br />

Il testo a firma del rettore e<br />

del preside dello Studio, che<br />

ha la durata di quattro anni e il<br />

valore di accordo-quadro, essenzialmente<br />

prevede attività<br />

di ricerca comune su problematiche<br />

religiose; possibilità<br />

agli studenti di frequentare<br />

corsi non impartiti presso l’istituzione<br />

convenzionata, con<br />

riconoscimento di esami e crediti;<br />

l’impegno a organizzare<br />

due incontri scientifici per an-<br />

no accademico su temi di interesse<br />

etico e religioso e a costituire<br />

un comitato paritetico per<br />

coordinare le attività didattiche<br />

e scientifiche.<br />

L’accordo con la facoltà di<br />

Scienze politiche prevede il<br />

mutuo riconoscimento di crediti<br />

formativi secondo l’offerta<br />

formativa delle due istituzioni;<br />

la possibilità di istituire e attivare<br />

presso la facoltà di Scienze<br />

politiche percorsi di studio<br />

di II livello in stretta collaborazione<br />

con lo Studio teologico;<br />

la progettazione e realizzazione<br />

di iniziative comuni su tematiche<br />

di interesse culturale e<br />

sociale, nel rispetto dell’autonomia<br />

di ciascuna istituzione,<br />

con la possibilità anche di dar<br />

vita a nuove strutture e/o di<br />

aderire a strutture già esistenti.<br />

Circa gli aspetti finanziari, università<br />

e Studio provvedono<br />

nei propri ambiti di intervento,<br />

salvo a verificare forme di corresponsabilità<br />

laddove fosse<br />

necessario.<br />

Ulteriori forme di collaborazione,<br />

frattanto, vanno prospettandosi,<br />

sia con la facoltà<br />

di Scienze della formazione,<br />

sia con quella di Lettere. Gli<br />

accordi in atto e quelli in itine-<br />

re indubbiamente aprono ad un<br />

reciproco arricchimento e alla<br />

corresponsabilità per la crescita<br />

del livello culturale e sociale<br />

dell’isola. Allo Studio teologico<br />

San Paolo, in particolare, l’accordo<br />

permette nuove prospettive<br />

culturali che lo stimolino a<br />

qualificare sempre più docenza<br />

e ricerca. Ad esso appartiene,<br />

per dovere istituzionale, offrire<br />

un apporto competente nell’indagine<br />

sull’esperienza religiosa,<br />

sulle questioni etiche, sulle<br />

tematiche teologiche ma anche<br />

sulla storia del cristianesimo.<br />

Se ne avvantaggia, di conseguenza,<br />

anche il servizio diretto<br />

che presta ad una porzione<br />

significativa del territorio<br />

dell’isola. La gran parte dei<br />

suoi circa 300 alunni provengono<br />

dalle diocesi di Acireale,<br />

Caltagirone, Catania, Nicosia,<br />

Noto e Siracusa. Non manca<br />

ogni anno un gruppo di studenti<br />

esteri, in particolare di<br />

nazioni africane, asiatiche e<br />

dell’America latina. La sua attività,<br />

in special modo per la<br />

specializzazione che rilascia<br />

in teologia morale, è al servizio<br />

di tutta la Sicilia e lo pone in<br />

dialogo con istituzioni accademiche<br />

italiane e straniere.<br />

11


politiche universitarie<br />

12<br />

La circolazione<br />

dell’informazione nell’ateneo<br />

Francesca Verzì<br />

Il 20 dicembre, nella sede<br />

del Centro servizi biblioteche<br />

di Scienze politiche ha<br />

avuto luogo un evento che<br />

voleva promuovere il confronto<br />

tra i partecipanti sul tema<br />

“Come facciamo circolare i<br />

dati e le informazioni in ateneo?”,<br />

organizzato utilizzando<br />

l’Open space technology, una<br />

tecnica di inclusione basata<br />

sulla spontaneità dell’approccio<br />

e del contributo degli attori<br />

coinvolti.<br />

Tale evento ha inoltre suggellato<br />

la conclusione di un<br />

percorso di sperimentazione di<br />

due “Cantieri d’innovazione“<br />

durati un anno ed è contestualmente<br />

servito per dare un<br />

senso condiviso alla costituzione<br />

della “Rete dei comunicatori<br />

d’ateneo”, strumento di<br />

organizzazione proposto per<br />

supportare la comunicazione<br />

interna.<br />

Il programma “Cantieri<br />

d’innovazione” è una iniziativa<br />

del Dipartimento della funzione<br />

pubblica (DFP), il cui<br />

obiettivo è quello di introdurre<br />

innovazione e cambiamento<br />

nelle pubbliche amministrazioni.<br />

Nella passata stagione<br />

l’ateneo aveva aderito a due<br />

progetti, uno sull’analisi del<br />

clima organizzativo (vedi il<br />

BdA 1/2005) ed un altro sull’approfondimento<br />

del fenomeno<br />

delle sponsorizzazioni<br />

nelle pubbliche amministrazioni.<br />

L’esperienza fatta è stata<br />

inserita tra le buone prassi<br />

incluse nella banca dati del<br />

Formez dei “Buoni esempi”<br />

delle PP.AA. (http://www.buoniesempi.it/).<br />

Nella stagione<br />

2004-2005, l’ateneo di Catania<br />

ha voluto ripetere l’esperienza<br />

e ha aderito a tre dei<br />

“Cantieri” organizzati: “Regole<br />

e regolamenti d’organizzazione”,<br />

“Piani di Comunicazione”<br />

e “Processi decisionali<br />

inclusivi”.<br />

Il gruppo di lavoro che ha<br />

proposto e seguito i “Cantieri”<br />

è costituito dal dirigente dell’area<br />

risorse umane dott. Armando<br />

Conti, che ha coordinato<br />

i progetti; dalla dott.ssa Carmen<br />

Astone, del servizio ispettivo<br />

interno, referente presso il<br />

DFP per “Regole e regolamenti”;<br />

dal dott. Carlo Sammartano,<br />

URP, referente per “Piani di<br />

comunicazione”; e dalla dottoressa<br />

Francesca Verzì, Ufficio<br />

studi e programmazione, referente<br />

per “Processi decisionali<br />

inclusivi”.<br />

L’ipotesi progettuale innovativa<br />

è stata quella di utilizzare<br />

strumenti e metodologie che<br />

favoriscono la partecipazione<br />

allo scopo di redigere un piano<br />

di comunicazione interno. In<br />

un ateneo decentrato, come<br />

quello di Catania, in cui coesistono<br />

professionalità e modalità<br />

di lavoro differenti e differenziate,<br />

il filo della comunicazione<br />

tra soggetti è spesso<br />

interrotto o reso complesso<br />

dalla distanza, dall’emergenza<br />

e da linguaggi differenti. Nello<br />

stesso tempo, però, la comunicazione<br />

efficace rappresenta<br />

un fattore di sviluppo nevralgico<br />

per un’organizzazione così<br />

complessa ed articolata.<br />

L’incrocio tra i due “Cantieri”<br />

– “Processi decisionali inclusivi”<br />

e “Piani di comunicazione”<br />

– è servito a finalizzare<br />

la redazione del piano alla<br />

costituzione di uno strumento<br />

organizzativo utile a rafforzare<br />

e a condividere la mission dell’ateneo<br />

con tutti i funzionari<br />

che quotidianamente rappresentano<br />

il front office nei confronti<br />

del territorio.<br />

Fare circolare le informazioni<br />

creando un network di<br />

soggetti che, per posizione o<br />

funzione, rappresentano dei<br />

nodi della comunicazione in<br />

ateneo: questo lo strumento<br />

individuato per “risolvere” la<br />

circolazione delle informazioni.<br />

Ma come fare funzionare<br />

tale network? Il gruppo di lavoro<br />

ha scommesso sul fatto che<br />

la partecipazione crea nuovi<br />

stimoli e mette in rete punti di<br />

vista che a volte non riescono<br />

ad incontrarsi, che fungono a<br />

loro volta da sprone per ulteriori<br />

riflessioni, in un circolo<br />

virtuoso che consente ai diversi<br />

stakeholder di condividere<br />

ciascuno il proprio contributo<br />

con gli altri.<br />

È stato così progettato un<br />

evento che ponesse, “emotiva-


mente” oltre che professionalmente,<br />

le basi per un’efficace<br />

rete dei comunicatori, utilizzando<br />

la tecnica dell’Open<br />

space technology (OST), un<br />

metodo utilizzato nei contesti<br />

più vari, in cui si chiede ai partecipanti<br />

di affrontare la tematica<br />

in discussione, facendo<br />

leva sulla capacità di ciascuno<br />

di essere creativo e “innovativo”<br />

nelle soluzioni proposte.<br />

All’evento erano stati invitati<br />

circa 100 dipendenti e<br />

comunicatori d’ateneo, selezionati<br />

sulla base del proprio<br />

ruolo (segretari di dipartimento,<br />

di centri di gestione amministrativa<br />

e di presidenze, oltre<br />

a quanti istituzionalmente si<br />

occupano di comunicazione)<br />

o in base alla segnalazione del<br />

dirigente responsabile (nel<br />

caso degli uffici dell’amministrazione<br />

centrale). Ai lavori<br />

hanno aderito oltre 60 funzionari,<br />

che hanno mantenuto il<br />

proprio impegno fino alla conclusione<br />

dei lavori. La conduzione<br />

dell’evento è stata affidata<br />

ad un’esperta in progettazione<br />

partecipata, l’arch. Iolanda<br />

Romano, presidente di<br />

“Avventura Urbana” di Torino,<br />

che ha una lunga e ampia<br />

esperienza in tema di progettazione<br />

partecipata. A Catania,<br />

l’OST è stato organizzato anche<br />

grazie all’aiuto di volontari<br />

che hanno partecipato con<br />

entusiasmo e competenza, tra i<br />

quali studenti della Scuola<br />

superiore di Catania, volontari<br />

del servizio civile e diversi<br />

dipendenti dell’università.<br />

Nell’arco della giornata, i<br />

partecipanti hanno proposto e<br />

discusso 12 diversi temi in tre<br />

sessioni di lavoro; sono emersi<br />

utili spunti di riflessione e alcune<br />

proposte operative sulla<br />

tematica della circolazione<br />

delle informazioni che ancora,<br />

al momento in cui viene redatto<br />

questo contributo, sono in<br />

fase di analisi e di approfondi-<br />

mento da parte del gruppo di<br />

lavoro. A conclusione dell’evento,<br />

è stato consegnato ai<br />

partecipanti un rapporto di<br />

tutto ciò che è stato discusso<br />

nell’ambito della giornata. Il<br />

rapporto è stato anche reso<br />

disponibile in tempo reale sul<br />

web d’ateneo (www.unict.it/<br />

retecomunicatori), dove tutt’ora<br />

è consultabile, insieme ad<br />

una galleria fotografica.<br />

L’esperienza ha avuto un<br />

forte impatto sui partecipanti,<br />

ma anche sugli organizzatori<br />

dell’OST. Lo stupore di trovarsi<br />

a “maneggiare” un metodo<br />

di lavoro diverso e scoprirsi<br />

capaci di cambiare le regole<br />

del confronto hanno destato<br />

notevole entusiasmo, anche in<br />

coloro che al mattino apparivano<br />

più scettici. Catania ha<br />

sperimentato, per prima tra gli<br />

atenei in Italia e certamente tra<br />

le prime amministrazioni nel<br />

Mezzogiorno, la possibilità di<br />

avviare e gestire processi partecipati.<br />

Non si è trattato della<br />

costituzione di un’arena deliberativa<br />

vera e propria, piuttosto<br />

dell’avvio di un processo<br />

inclusivo utile a rilevare punti<br />

di vista ragionati di dipendenti<br />

che, per posizione o esperienza,<br />

possono fornire efficaci<br />

indicazioni gestionali/amministrative.<br />

La via intrapresa dall’ateneo,<br />

oltre che per la forte connotazione<br />

di innovatività, ap-<br />

pare anche un passaggio strategicamente<br />

rilevante verso la<br />

modernizzazione ed il miglioramento<br />

delle pubbliche amministrazioni.Un’amministrazione<br />

che riesce ad “ascoltare”<br />

i propri dipendenti, offrendo<br />

dinamiche opportunità di confronto,<br />

crea le basi per un<br />

approccio positivo al cambiamento.<br />

13


icerca e risorse<br />

14<br />

Indici statistici e fattore<br />

“umano” nella ricerca<br />

L’Istat ha avviato una rilevazione finalizzata ad acquisire informazioni<br />

sulle attività di ricerca svolte dai docenti universitari in Italia<br />

nell’anno accademico 2004-2005. La rilevazione, inserita nel programma<br />

statistico nazionale 2004-2006, consiste nel selezionare<br />

tra tutti i docenti universitari di ruolo in Italia un campione con<br />

metodo casuale. I selezionati devono precompilare un questionario<br />

inviato a ciascuno e in seguito rispondere ad una intervista<br />

telefonica che segue lo schema del questionario. A tale richiesta il<br />

prof. Peppino Ortoleva ha opposto il proprio motivato rifiuto con<br />

lettera pubblica (che riportiamo nell’apposito box). Le questioni<br />

sollevate sono di fondo e concernono innanzi tutto la “filosofia”<br />

che sottende certe forme di valutazione della efficienza e della<br />

qualità sia della ricerca che della didattica, troppo spesso demandate<br />

a indici meramente quantitativi assai dubbi (si pensi alla misura<br />

della qualità didattica effettuata in base al numero dei fuori corso<br />

e dei laureati). La redazione ha pensato di domandare al dott. Giulio<br />

Perani, responsabile per l’Istat del settore Ricerca & Sviluppo,<br />

e al prof. Peppino Ortoleva di motivare i rispettivi punti di vista, in<br />

favore o contro le caratteristiche di fondo di tale metodologia di<br />

rilevazione.<br />

La necessità di una<br />

quantificazione intelligente<br />

Giulio Perani*<br />

La rilevazione Istat sull’attività<br />

di ricerca dei docenti<br />

universitari nell’anno<br />

accademico 2004-2005 ha<br />

esclusive finalità statistiche. I<br />

Giulio Perani, nato a Roma nel 1960, economista, è<br />

attualmente Primo ricercatore e responsabile dell’Unità<br />

operativa per le statistiche su R&S e innovazione<br />

presso l’Istituto nazionale di statistica. Dal 1998 è<br />

delegato italiano al gruppo di lavoro Eurostat per le<br />

statistiche su scienza e tecnologia e al gruppo di<br />

esperti degli indicatori su scienza e tecnologia dell’Ocse.<br />

risultati di tale rilevazione sono,<br />

infatti, tutelati dalle norme<br />

sul segreto statistico e sulla<br />

protezione dei dati personali<br />

che escludono qualsiasi loro<br />

utilizzo per fini amministrativi<br />

o per la valutazione dei singoli<br />

docenti o delle singole strutture<br />

universitarie.<br />

Sgombrato il campo dai<br />

sospetti di una finalità impropria<br />

di tale rilevazione, vorrei<br />

chiarire che la sua motivazione<br />

concreta è la crescente domanda<br />

di statistiche sulla ricerca e<br />

l’innovazione che le istituzioni<br />

italiane ed europee rivolgono<br />

all’Istat a seguito della definizione<br />

dei cosiddetti “obiettivi<br />

di Lisbona”, individuati dal<br />

Consiglio europeo nel 2000.<br />

Per fare un esempio, avere<br />

individuato come obiettivo per<br />

l’insieme dei paesi Ue il raggiungimento<br />

del 3% del prodotto<br />

interno lordo come livello<br />

delle spese per ricerca, ha<br />

reso ancora più importante una<br />

corretta misurazione statistica<br />

di tale spesa, in particolare in<br />

Italia e in quei paesi che sono<br />

ancora molto lontani dall’obiettivo<br />

prefissato.<br />

Nel contesto della statistica<br />

europea, la produzione annuale<br />

di indicatori sulla ricerca è<br />

un preciso obbligo di legge per<br />

l’Istat, nei termini e con i tempi<br />

previsti dal regolamento europeo<br />

n. 753 entrato in vigore nel<br />

corso del 2004, che stabilisce,<br />

tra l’altro, le modalità per la<br />

produzione della stima annuale<br />

della spesa per R&S (“Ricer-<br />

* Le opinioni contenute in questo<br />

articolo non rappresentano<br />

una posizione ufficiale dell’Istat.


ca e Sviluppo”) sostenuta dalle<br />

università, nonché quella del<br />

personale universitario impegnato<br />

in ricerca.<br />

L’attività di rilevazione dell’Istat,<br />

oltre all’acquisizione<br />

dei bilanci delle università e<br />

dei dipartimenti, si concentra<br />

sulla valutazione del tempo<br />

destinato alla ricerca dai docenti<br />

e dai ricercatori di ruolo.<br />

In proporzione al tempo dedicato<br />

da questi alla ricerca è poi<br />

stimata la quota di spesa per il<br />

personale da includere tra le<br />

spese per ricerca.<br />

L’Istat – in linea con le metodologie<br />

raccomandate dal<br />

Manuale di Frascati dell’Ocse<br />

(Oecd, Frascati Manual. Proposed<br />

Standard Practice for<br />

Surveys on Research and Experimental<br />

Development, Parigi<br />

2002) – sta quindi chiedendo a<br />

un campione statisticamente<br />

rappresentativo di docenti di<br />

fornire una valutazione sulla<br />

percentuale del tempo di lavoro<br />

effettivamente impegnato in<br />

attività di ricerca. Sarà sulla<br />

base dei risultati di questa rilevazione<br />

(articolati per fascia,<br />

area disciplinare, sesso, ecc.)<br />

che, per i prossimi anni, verrà<br />

stimata la quota di tempo mediamente<br />

dedicata dai docenti<br />

universitari ad attività di ricerca.<br />

Analogamente sarà calcolata<br />

quella parte della remunerazione<br />

dei docenti da considerare<br />

come “spesa per ricerca”.<br />

Tale procedura è già comune<br />

per l’Istat che utilizza<br />

attualmente coefficienti calcolati<br />

sulla base dei risultati di<br />

un’analoga rilevazione sui<br />

docenti svolta nel 1997.<br />

È ovviamente lecito chiedersi<br />

se una tale procedura statistica<br />

produrrà dati corretti,<br />

oppure dati “distorti” con riferimento<br />

ad alcuni settori scientifico-disciplinari<br />

o ad alcune<br />

categorie di docenti.<br />

A un tale quesito si può solo<br />

rispondere che i dati prodotti e<br />

diffusi dall’Istat devono rispondere<br />

a elevati criteri di “qualità<br />

statistica”. La misurazione statistica<br />

dei fenomeni considerati<br />

(che è intrinsecamente un’interpretazione<br />

molto parziale<br />

della realtà osservata) deve<br />

essere infatti realizzata mediante<br />

procedure accettate e<br />

trasparenti con l’obiettivo di<br />

ottimizzare l’accuratezza e la<br />

comparabilità dei risultati, minimizzando<br />

sia i costi dell’operazione<br />

statistica, che le<br />

possibili incoerenze con altre<br />

fonti disponibili. Come già ricordato,<br />

la rilevazione sull’attività<br />

di ricerca dei docenti universitari<br />

viene svolta secondo<br />

le metodologie concordate a<br />

livello Ocse ed Eurostat e codificate<br />

nel Manuale di Frascati.<br />

Tale Manuale – attualmente<br />

giunto alla sua sesta edizione<br />

e che rappresenta la fonte<br />

primaria di metodologie per le<br />

statistiche sulla ricerca – nella<br />

sua prima edizione (1963) si<br />

limitava a considerare gli indicatori<br />

sulla ricerca nel campo<br />

delle scienze fisiche e naturali.<br />

È soltanto dalla metà degli anni<br />

’70 che le ricerche in ambito<br />

sociale e umano hanno acquisito<br />

pari dignità delle “scienze<br />

dure” nelle statistiche internazionali<br />

sulla R&S e questo soprattutto<br />

per le insistenze di<br />

alcuni paesi, tra cui l’Italia,<br />

che avevano interesse a far<br />

emergere le loro attività di ricerca<br />

in tale ambito.<br />

In conseguenza di ciò,<br />

alcune definizioni e classificazioni<br />

da sempre utilizzate nel<br />

Manuale di Frascati (valga per<br />

tutte la distinzione tra ricerca<br />

di base, ricerca applicata e<br />

sviluppo sperimentale) non si<br />

adattano perfettamente alla<br />

ricerca in ambito sociale e<br />

umano; e d’altronde, come il<br />

concetto di “sviluppo sperimentale”<br />

è difficilmente applicabile<br />

nel contesto delle scienze<br />

umanistiche, il concetto di<br />

“ricerca di base”, ad esempio,<br />

è quasi totalmente estraneo<br />

alle discipline ingegneristiche<br />

e tecnologiche (questi temi<br />

sono approfonditi nel capitolo<br />

4 del Manuale di Frascati, che<br />

rimanda anche al Manual for<br />

Statistics on Scientific and<br />

Technological Activities dell’Unesco,<br />

Parigi 1984).<br />

Ciò che l’Istat chiede ai<br />

docenti interessati dalla rilevazione<br />

è uno sforzo di “adattamento”<br />

della propria realtà alle<br />

15


icerca e risorse<br />

16<br />

classificazioni proposte con il<br />

solo obiettivo di produrre indicatori<br />

statistici omogenei per<br />

l’intera popolazione dei docenti<br />

e ricercatori universitari,<br />

in particolare per quanto riguarda<br />

la quantificazione del<br />

tempo impegnato in attività di<br />

ricerca.<br />

Se dovessimo avere un<br />

basso numero di rispondenti a<br />

causa della difficoltà dei docenti<br />

interessati a ritrovare nelle<br />

definizioni e nelle classificazioni<br />

adottate dall’Istat la specificità<br />

delle loro discipline<br />

(problema comune sia ai ricercatori<br />

in scienze sociali e umane,<br />

che ai ricercatori in scienze<br />

fisiche e naturali) allora potremmo<br />

realmente rischiare<br />

una “distorsione” nei risultati a<br />

causa dell’elevato numero di<br />

mancate risposte.<br />

Più in generale, una caratteristica<br />

della produzione di<br />

statistiche sulla ricerca è lo sbilanciamento<br />

verso gli indicatori<br />

di “input” dei processi di<br />

ricerca, con la speculare mancanza<br />

di robusti indicatori di<br />

“output”. Gli indicatori chiave<br />

a cui si riferisce il Manuale di<br />

Frascati sono, infatti, tipici indicatori<br />

di “input”: personale<br />

impegnato in ricerca e spesa<br />

per ricerca. E questi sono an-<br />

che gli indicatori comunemente<br />

utilizzati per il confronto tra<br />

paesi o tra settori istituzionali.<br />

Siamo cioè in grado di rispondere<br />

a domande come: quale<br />

paese Ue dedica più risorse<br />

alla ricerca universitaria? Ma<br />

non a domande del tipo: in<br />

quale paese o in quale settore<br />

vengono realizzati i migliori<br />

risultati di ricerca? (Altri indicatori<br />

statistici – indicatori<br />

bibliometrici, statistiche sui<br />

brevetti, ecc. – possono, ovviamente,<br />

essere utilizzati per<br />

rispondere a queste domande).<br />

Anche la rilevazione sull’attività<br />

di ricerca dei docenti<br />

sarà, quindi, in grado di dirci<br />

“quanto tempo di lavoro i<br />

docenti italiani impiegano in<br />

ricerca” (e non necessariamente<br />

i docenti di discipline sociali<br />

o umane dovranno risultare<br />

meno impegnati in ricerca dei<br />

loro colleghi fisici o chimici o<br />

matematici), ma nessuno potrà<br />

utilizzare i risultati della rilevazione<br />

per sostenere che un tipo<br />

di ricerca sia “più produttivo”<br />

di un altro, e questo semplicemente<br />

perché la risposta a un<br />

tale quesito va oltre gli obiettivi<br />

e, soprattutto, le potenzialità<br />

della rilevazione.<br />

Siamo, quindi, tornati al<br />

problema dell’utilizzo dei dati<br />

raccolti con la rilevazione Istat.<br />

È evidente che ogni dato statistico,<br />

una volta pubblicato,<br />

può essere soggetto a interpretazioni<br />

diverse. L’esperienza<br />

del dibattito pubblico nel corso<br />

degli ultimi mesi in Italia ha<br />

mostrato abbastanza chiaramente<br />

come variazioni in termini<br />

di decimali del Pil o dell’indice<br />

della produzione industriale<br />

possono essere interpretate<br />

in modo difforme a seconda<br />

dell’immagine che si intende<br />

fornire all’opinione pubblica<br />

della situazione economica<br />

del paese.<br />

Le statistiche sulla ricerca<br />

non fanno eccezione a tale<br />

riguardo. Siamo consapevoli<br />

che alcuni indicatori possono<br />

essere interpretati in modo<br />

contraddittorio e persino distorti<br />

nella loro capacità esplicativa.<br />

Purtroppo, i produttori<br />

di statistiche ufficiali possono<br />

fare ben poco oltre che assicurare<br />

la massima trasparenza<br />

sulle metodologie utilizzate e<br />

sugli obiettivi istituzionali delle<br />

proprie attività.<br />

Sarà quindi assolutamente<br />

positivo che i risultati della rilevazione<br />

diano luogo a un dibattito<br />

pubblico in cui intervengano<br />

più voci possibile.<br />

Nella prospettiva di ribadire la<br />

valenza della statistica ufficiale<br />

come “bene pubblico”, l’Istat<br />

può impegnarsi a valutare<br />

l’ipotesi di una presentazione<br />

pubblica dei risultati della rilevazione<br />

a cui siano invitati, in<br />

primo luogo, coloro che hanno<br />

sollevato timori sull’utilizzo di<br />

tali dati. Un ulteriore segnale di<br />

trasparenza sarà offerto dalla<br />

disponibilità dell’Istat a rendere<br />

accessibili – ad esclusivo<br />

fine di ricerca – i risultati della<br />

rilevazione. In tal modo, gli<br />

scienziati sociali potranno utilizzare<br />

tali risultati per le loro<br />

analisi sul sistema universitario<br />

e contribuire a rendere tali dati<br />

ancora più utili e produttivi.


Le ragioni di un rifiuto<br />

di rispondere<br />

Peppino Ortoleva<br />

Peppino Ortoleva è professore straordinario di Storia dei<br />

mezzi di comunicazione all’università di Torino. Tra i<br />

suoi volumi più recenti, Mediastoria, terza edizione<br />

ampliata, Milano, Net 2003; Luci del teleschermo. Televisione<br />

e cultura in Italia (con M.T. Di Marco), Milano,<br />

Electa Mondadori 2004; La radio nel terzo millennio<br />

(con G. Cordoni e N. Verna), in stampa. È presidente di<br />

Mediasfera.<br />

Quando ho ricevuto lo<br />

scorso novembre, come<br />

molti colleghi, un<br />

questionario inviato via posta<br />

elettronica dall’Istat, finalizzato<br />

alla rilevazione del tempo<br />

che i docenti universitari italiani<br />

dedicano effettivamente alla<br />

ricerca, ho rifiutato di rispondere,<br />

inviando una lettera all’Istat<br />

e per conoscenza all’Andu<br />

(Associazione nazionale docenti<br />

universitari), alla quale<br />

non sono iscritto ma di cui seguo<br />

le attività da qualche tempo<br />

(vedi il box a fianco).<br />

Con mia sorpresa, dopo<br />

che l’Andu ha diffuso la mia<br />

lettera tramite il suo indirizzario,<br />

ho ricevuto numerose lettere<br />

di consenso da colleghi<br />

dei più diversi ambiti disciplinari<br />

(che ringrazio qui collettivamente),<br />

inclusi diversi docenti<br />

di facoltà scientifiche e in<br />

particolare di ingegneria. Questi<br />

hanno sottolineato l’inadeguatezza<br />

del questionario di<br />

cui parliamo a rilevare anche<br />

le attività di ricerca nei loro settori,<br />

mettendo in luce anche<br />

motivi di dissenso ulteriori.<br />

Diversi colleghi hanno poi<br />

rifiutato pubblicamente di rispondere<br />

al questionario con<br />

motivazioni analoghe alle mie.<br />

Il dottor Giulio Perani dell’Istat,<br />

dando prova di grande<br />

correttezza e imparzialità, mi<br />

ha quindi contattato per aprire<br />

un confronto pubblico, di cui<br />

questo è il primo momento, e<br />

ci auguriamo entrambi che<br />

possa poi proseguire e allargarsi<br />

ancora.<br />

L’articolo di Perani chiarisce<br />

bene le finalità dell’indagine:<br />

stabilire dei criteri omogenei<br />

in tutti i campi dello studio<br />

accademico per misurare le<br />

attività che vengono definite di<br />

Ricerca e Sviluppo sulla base<br />

di un concetto che, elaborato<br />

dagli economisti a partire, se<br />

non erro, dagli anni tra le due<br />

guerre, è poi stato largamente<br />

accolto come criterio di valutazione<br />

dell’innovatività o dell’arretratezza<br />

delle nazioni.<br />

Credo che dobbiamo anche<br />

dare per scontata l’assoluta<br />

correttezza dell’Istat sia nel<br />

procedere alla sua indagine in<br />

modo del tutto separato da<br />

qualsiasi intento valutativo, e il<br />

fatto che la redazione del questionario<br />

non sia stata condizionata<br />

dalle scelte politiche di<br />

chicchessia. Se la mia lettera, o<br />

quelle di altri colleghi, hanno<br />

dato l’impressione che si potesse<br />

o volesse dare del questionario<br />

una lettura “dietrologica”<br />

di qualunque tipo, credo<br />

giusto dire che si è trattato probabilmente<br />

di un equivoco.<br />

Personalmente, ho sottolineato<br />

ben due volte nella mia pur<br />

breve lettera che escludevo<br />

qualsiasi dubbio sulle finalità<br />

dell’Istat e sulla buona fede dei<br />

suoi dirigenti.<br />

Ciò non toglie che si possano<br />

formulare due osservazioni<br />

preliminari. La prima riguarda<br />

proprio le regole europee in<br />

materia. Esiste una tendenza<br />

delle istituzioni comunitarie a<br />

imporre in molti ambiti, attraverso<br />

la terminologia e i criteri<br />

di calcolo, standard rigidi che<br />

non sono stati mai sottoposti a<br />

pubblico confronto con l’opinione<br />

pubblica, e tanto meno<br />

con gli interessati. È un risultato<br />

della via tecnocratica all’unione<br />

del continente, caratterizzata<br />

dall’adozione in tutti i<br />

campi di criteri “oggettivi” che<br />

vengono assunti come ineluttabili<br />

senza mai discuterne le<br />

possibili implicazioni politiche,<br />

e anche propriamente<br />

ideologiche. Di fronte a standard<br />

del genere, istituzioni<br />

come l’Istat sono forse nell’impossibilità<br />

di opporsi, ma il dissenso<br />

dei singoli rimane legittimo.<br />

Da questo punto di vista,<br />

il fare conoscere la critica di<br />

molti colleghi italiani ai concetti<br />

“europei” di ricerca e sviluppo<br />

potrebbe essere un contributo<br />

serio alla causa europea,<br />

quella vera.<br />

In secondo luogo, se esiste<br />

una consonanza di fatto fra<br />

due processi in corso (in questo<br />

caso, l’accettazione da<br />

parte Istat di standard inade-<br />

17


icerca e risorse<br />

18<br />

guati da un lato, le politiche<br />

degli ultimi governi in materia<br />

di ricerca dall’altro) ciò non<br />

vuol dire né che si debbano<br />

cercare collusioni consapevoli,<br />

né, a maggior ragione, che si<br />

possa tornare alle atroci formule<br />

staliniste sulla convergenza<br />

“oggettiva” tra disegni<br />

diversi. Molto semplicemente,<br />

credo che si stia imponendo,<br />

tacitamente, una mentalità in<br />

materia di ricerca, di cui il questionario<br />

è frutto come lo sono<br />

le politiche governative, e che<br />

merita di essere, una buona<br />

volta, messa in discussione<br />

apertamente.<br />

Capisaldi di questo modo di<br />

pensare sono:<br />

- la fede perdurante nel<br />

celebre motto (Esposizione di<br />

Chicago, 1933) secondo cui<br />

«la scienza scopre, la tecnica<br />

applica, l’uomo si adegua».<br />

Questo modo di pensare è<br />

stato letteralmente fatto a pezzi<br />

dagli studi di storia e sociologia<br />

della scienza e della tecnica<br />

degli ultimi trent’anni, e dalla<br />

ricerca cognitiva, ma evidentemente<br />

è tuttora molto seguito,<br />

altrimenti la distinzione rigida<br />

fra ricerca di base e applicata<br />

non verrebbe riproposta con<br />

tanta sicumera;<br />

- l’abbandono di uno dei<br />

presupposti cardine dell’idea<br />

stessa di università, secondo il<br />

quale negli studi superiori il<br />

docente non ha solo il ruolo di<br />

diffondere un sapere già certo<br />

ma deve condividere con gli<br />

allievi i terreni di frontiera degli<br />

studi, attraverso una varietà di


forme e di livelli di educazione:<br />

dai laboratori ai seminari,<br />

dai corsi specialistici ai dottorati.<br />

Al suo posto si sta imponendo<br />

una sorta di corollario al<br />

motto di Chicago sopra ricordato:<br />

«la scienza scopre, l’insegnamento<br />

diffonde», un<br />

modello che tende a trasformare<br />

l’università in un luogo di<br />

pura divulgazione di saperi<br />

elaborati altrove: solo così si<br />

spiega la distinzione rigida tra<br />

didattica e ricerca imposta dal<br />

questionario;<br />

- l’accettazione passiva di<br />

modelli considerati “moderni”<br />

lo dimostra, nelle scelte dell’amministrazione<br />

Moratti, lo<br />

scimmiottamento nominalistico<br />

di sigle celebri, come avviene<br />

per il cosiddetto “Mit di<br />

Genova”, oggetto di enormi finanziamenti<br />

(ha ottenuto da<br />

solo la stessa cifra destinata al<br />

sistema universitario nel suo<br />

insieme prima ancora di avere<br />

provato qualsiasi potenzialità<br />

di ricerca).<br />

La vicenda del centro genovese<br />

è tanto più grottesca in<br />

quanto segue di pochi anni la<br />

sistematicamente devastazione<br />

(operata da Luigi Berlinguer,<br />

per la verità, prima e più<br />

che dall’attuale ministro) di<br />

quel che restava di un’istituzione<br />

di ricerca originale e ancora<br />

strategica in diverse aree<br />

disciplinari, come il Cnr. Una<br />

tendenza analoga si riscontra<br />

nel questionario che stiamo<br />

discutendo, ad esempio nell’evidente<br />

privilegiamento dell’uso<br />

del blind referee nella selezione<br />

dei saggi per la pubblicazione,<br />

quasi che quest’uso<br />

fosse di per sé un criterio di<br />

qualità. In realtà, si tratta semplicemente<br />

del modello prevalente<br />

nell’area anglosassone:<br />

un modello che ha notevoli<br />

meriti, ma non è sempre né<br />

necessariamente superiore alla<br />

tradizione europea continentale<br />

dei comitati di redazione<br />

Cari amici<br />

come luogo di discussione e<br />

di giudizio condiviso, tradizione<br />

che si sta purtroppo perdendo.<br />

Se è vero, come ritengo e<br />

come ho cercato di sottolineare,<br />

che questa mentalità si<br />

ritrova nel questionario che<br />

stiamo discutendo come in<br />

molte scelte politiche dell’attuale<br />

governo ma anche di<br />

consistenti settori dell’opposizione,<br />

allora un banale atto di<br />

dissenso come il rifiuto di<br />

rispondere può essere uno dei<br />

La lettera del rifiuto<br />

ho letto con attenzione le<br />

vostre domande, e devo dire<br />

che non ritengo, molto onestamente,<br />

siano adeguate al<br />

tipo di lavoro, non solo mio,<br />

ma di gran parte dei docenti<br />

di facoltà non scientifiche.<br />

Ci si chiede infatti di inquadrare<br />

la nostra attività di<br />

ricerca in un quadro statistico<br />

concepito per altri ambiti<br />

(basta pensare alla distinzione<br />

tra ricerca “di base” e<br />

“applicata” che è già piuttosto<br />

ideologica e discutibile<br />

nelle scienze fisiche, è problematica<br />

in campo chimico<br />

ed è decisamente confusiva<br />

nelle scienze della comunicazione<br />

di cui mi occupo; o<br />

alla distinzione tra riviste<br />

con referee e senza, quando<br />

il sistema dei referee nelle<br />

riviste europee anche prestigiose<br />

di ambito umanistico è<br />

ancora decisamente minoritario).<br />

Quel tanto o poco che so di<br />

metodologia della ricerca<br />

sociale mi dice che si tratta<br />

di un questionario biased,<br />

credo inconsapevolmente,<br />

dal quale emergerà inevitabilmente<br />

che le facoltà di ingegneria<br />

fanno infinitamente<br />

più ricerca di quelle di lettere,<br />

e che la ricerca sociale<br />

quantitativistica è molto più<br />

produttiva dell’altra: il che<br />

può essere vero naturalmente,<br />

ma diventa rilevante solo<br />

se accertato coi metodi corretti.<br />

Considerando la politica<br />

degli ultimi ministeri (Berlinguer-Moratti)<br />

credo che il<br />

risultato così ottenuto servirà<br />

soprattutto a giustificare la<br />

strategia già decisa, che privilegia<br />

alcuni centri di sedicente<br />

(alla lettera) eccellenza<br />

e di sedicente ricerca<br />

schiacciando la qualità del<br />

resto sul modello delle 39<br />

università di nuova costituzione.<br />

Credo che questo risultato<br />

non sia voluto da chi<br />

ha concepito il questionario,<br />

ma certo io non intendo prestarmi<br />

a un’operazione con<br />

queste caratteristiche.<br />

Con i migliori saluti<br />

Peppino Ortoleva<br />

possibili strumenti per aprire<br />

una riflessione collettiva sul<br />

futuro della ricerca. Si rischia,<br />

altrimenti, di riproporre all’infinito,<br />

anche nel nostro campo,<br />

la falsa opposizione tipica dell’Italia<br />

degli ultimi trent’anni,<br />

tra l’efficientismo per finta di<br />

quelli che chiamano manager i<br />

presidi e aziende le unità sanitarie<br />

per nascondere la realtà,<br />

e il purismo per finta di chi si<br />

appella alle tradizioni per eludere<br />

ogni giudizio sul proprio<br />

lavoro.<br />

19


icerca e risorse<br />

20<br />

Ricerca scientifica<br />

e realtà industriale<br />

L’esempio della ERG-ISAB in Sicilia<br />

Luigi Iannitti<br />

Luigi Iannitti ha 43 anni, due figli, è laureato in Chimica<br />

industriale presso l’università di Catania e dirigente del<br />

Gruppo ERG dal 2001, dove ha iniziato nel 1990 la carriera<br />

professionale come tecnologo di processo. Dal 1992<br />

al 1999 è stato componente del gruppo di sviluppo del<br />

progetto per l’Impianto IGCC (Integrated Gasification<br />

Combined Cycle) di ISAB Energy (gruppo ERG), occupandosi<br />

di progettazione di processo, pianificazione e controllo del progetto,<br />

gestione dei contratti di fornitura e vendita. Dal 1999 al 2003 è stato<br />

responsabile delle relazioni istituzionali per l’area di Siracusa di ERG SpA.<br />

Dal 2004 è responsabile della tecnologia di ISAB Energy Services.<br />

Quando la redazione mi<br />

ha chiesto di scrivere un<br />

“pezzo” sul ruolo che<br />

può, o meglio dovrebbe avere,<br />

una struttura scientifico-industriale<br />

di qualità come ERG, ed<br />

in particolare quale ruolo formativo<br />

ISAB Energy svolge nell’interesse<br />

dei giovani laureati<br />

in discipline scientifiche e tecniche,<br />

ho accettato di buon<br />

grado. Il mio proposito era di<br />

muovermi sulla scia di alcune<br />

iniziative che ERG aveva avviato<br />

sul territorio siciliano, grazie<br />

alle quali essa si era proposta<br />

non solo in veste di azienda<br />

dinamica alla ricerca dei migliori<br />

giovani laureati in materie<br />

tecniche e scientifiche, ma anche<br />

come impresa in grado di<br />

offrire un contributo per l’analisi<br />

del mercato del lavoro e per<br />

l’orientamento dei saperi. Questo<br />

articolo, quindi, vuole essere<br />

la logica continuazione di un<br />

progetto di orientamento scola-<br />

stico avviato nel 2001 da ERG,<br />

intitolato “Il Capitale Invisibile”,<br />

che aveva lo scopo di fornire<br />

agli studenti delle scuole medie<br />

di primo e secondo grado<br />

una rassegna delle possibili alternative<br />

per la prosecuzione<br />

del cammino scolastico.<br />

Parallelamente e coerentemente<br />

al progetto ERG ha stabilito<br />

momenti di comune riflessione<br />

con il mondo accademico<br />

siciliano, attivando convenzioni<br />

con le università al fine di<br />

offrire ai giovani laureandi in<br />

discipline tecniche e scientifiche<br />

argomenti per lo svolgimento<br />

di tesi di laurea e a giovani<br />

laureati la possibilità di<br />

svolgere stage presso l’azienda.<br />

Senza avere la presunzione<br />

di tracciare linee maestre o di<br />

sancire regole di interazione tra<br />

mondo industriale e università,<br />

descriverò l’attività frutto della<br />

collaborazione tra i migliori<br />

tecnici della società e docenti,<br />

ricercatori e studenti delle facoltà<br />

siciliane che negli ultimi<br />

anni hanno svolto presso le<br />

società del gruppo ERG, ed in<br />

particolare presso ISAB Energy,<br />

stage e tesi di laurea. Non mancano<br />

proficui rapporti con altre<br />

università italiane, come più<br />

avanti sarà evidenziato.<br />

Per poter illustrare l’attività<br />

di tutoring offerta dai tecnici<br />

ISAB Energy ai giovani laureandi<br />

e laureati occorre innanzitutto<br />

descrivere brevemente l’ambito<br />

entro il quale la società si<br />

muove e quali processi industriali<br />

sono in essa utilizzati.<br />

ISAB Energy è proprietaria<br />

di un impianto IGCC, che utilizza<br />

i residui della lavorazione<br />

della raffineria, il così detto<br />

“fondo del barile”, per produrre,<br />

in una sezione di massificazione,<br />

un gas di sintesi che<br />

costituisce il combustibile per<br />

un sistema composto da turbine<br />

a gas, caldaie a recupero e turbine<br />

a vapore. Scopo finale è la<br />

produzione di oltre quattro<br />

miliardi di kilowattora di energia<br />

elettrica pulita, cioè circa il<br />

2% del fabbisogno nazionale di<br />

energia. L’impianto, primo<br />

esempio in Italia di applicazioni<br />

simili, utilizza sia per i processi<br />

produttivi che per i sistemi<br />

di salvaguardia ambientale le<br />

migliori tecnologie oggi disponibili<br />

sul mercato.<br />

La corretta gestione dell’impianto,<br />

sommata alla volontà<br />

aziendale di operare secondo la


logica dei sistemi di gestione integrata<br />

di ambiente, sicurezza e<br />

qualità, impongono da un lato<br />

attenti controlli periodici e dall’altra<br />

l’adesione al principio<br />

del miglioramento continuo.<br />

Proprio l’esigenza del miglioramento<br />

continuo impone un<br />

costante, costruttivo e proficuo<br />

rapporto con il mondo accademico<br />

e quindi con i migliori studenti<br />

prima e laureati poi. In<br />

questo ambito si sviluppano i<br />

rapporti tra ISAB Energy ed il<br />

mondo accademico.<br />

Volendo indicare in maniera<br />

specifica le varie aree di confronto,<br />

provando a toccare sia<br />

gli argomenti già ampiamente<br />

materia di studio che quelli di<br />

possibile approfondimento, si<br />

va dall’economia e finanza allo<br />

studio dei materiali, dall’impiantistica<br />

chimica alle turbine<br />

a gas, senza trascurare le scienze<br />

ambientali e la legislazione<br />

ambientale.<br />

L’impianto IGCC è stato<br />

costruito, primo esempio italiano<br />

per importanza del finanziamento,<br />

ricorrendo alla tecnica<br />

del Project Financing; su tale<br />

argomento sono state svolte<br />

alcune tesi e molti studi ancora<br />

potrebbero essere approfonditi<br />

utilizzando l’esempio di ISAB<br />

Energy per verificare le teorie<br />

rispetto ad un caso di successo.<br />

Per rimanere nell’area dell’economia,<br />

poi, oltre ai classici lavori<br />

di analisi di particolari processi<br />

amministrativi o organizzativi,<br />

ISAB Energy apre le porte<br />

a studi tecnico/economici del<br />

mercato dell’energia elettrica e<br />

della borsa elettrica, argomento<br />

davvero nuovo per il panorama<br />

italiano.<br />

Volendo poi analizzare argomenti<br />

tecnici, ma senza voler<br />

ancora entrare in questioni ingegneristiche,<br />

campo di studio<br />

è la valutazione d’impatto ambientale,<br />

lo studio sulle emissioni<br />

in atmosfera, e tutti i metodi<br />

e le tecniche per la mitiga-<br />

Il gruppo ERG<br />

ERG è il principale gruppo<br />

indipendente italiano<br />

operante nei settori dell’energia<br />

e del petrolio,<br />

quotato in Borsa dall’ottobre<br />

1997. Opera nella raffinazione<br />

del greggio, nella<br />

distribuzione di prodotti<br />

petroliferi e nella produzione<br />

di energia elettrica. Rappresenta<br />

oggi circa il 22%<br />

della capacità totale di raffinazione<br />

nazionale e si posiziona<br />

come secondo operatore<br />

del settore in Italia.<br />

Le vendite ERG sul mercato<br />

interno coprono il 9%<br />

dei consumi nazionali di<br />

prodotti petroliferi.<br />

Le attività del gruppo<br />

ERG sono divise in tre aree:<br />

raffinazione costiera, attraverso<br />

la società controllata<br />

ERG Raffinerie Mediterranee;<br />

downstream integrato,<br />

attraverso la controllata<br />

ERG Petroli; energia elettrica,<br />

attraverso la controllata<br />

ERG Power & Gas, che detiene<br />

il 51% di ISAB Energy.<br />

(a cura della redazione)<br />

zione delle emissioni in aria,<br />

acqua e suolo. Temi più propriamente<br />

tecnici sono lo studio<br />

dei processi chimici e lo<br />

studio dei materiali, che è argomento<br />

particolarmente stimolante<br />

considerando il notevole<br />

utilizzo in ISAB Energy di materiali<br />

innovativi.<br />

Ruolo rilevante possono avere<br />

gli approfondimenti nell’ambito<br />

dell’ingegneria meccanica:<br />

l’adozione di sistemi<br />

complessi come le turbine a gas<br />

e le turbine a vapore rendono<br />

l’IGCC palestra dove studenti e<br />

laureati in ingegneria meccanica<br />

possono approfondire teorie<br />

e sistemi e spesso proporre<br />

soluzioni innovative. Analoga<br />

esperienza possono vivere studenti<br />

e laureati in ingegneria<br />

elettrica che hanno a disposizione<br />

apparecchiature elettriche<br />

innovative operanti alle altissime,<br />

alte e medie potenze,<br />

così come i giovani elettronici<br />

possono approfondire i temi dei<br />

controlli automatici, delle applicazioni<br />

strumentali moderne<br />

e in generale del controllo di<br />

processo. Tutte le tematiche citate<br />

sono approfondite in ISAB<br />

Energy su tecnologie innovative,<br />

sugli ultimi ritrovati della<br />

scienza applicata mondiale,<br />

progettati dalle società industriali<br />

leader nei loro settori<br />

quali General Electric, Ansaldo,<br />

ABB.<br />

Non di rado, nel recente<br />

passato, la collaborazione tra<br />

ISAB Energy ed università ha<br />

registrato successi, e i lavori<br />

svolti hanno portato alla realizzazione<br />

di modifiche impiantistiche<br />

innovative attraverso investimenti<br />

cospicui. È questo il<br />

campo nel quale proficuamente<br />

industria e università possono<br />

sviluppare le risorse umane<br />

e raggiungere ognuna i propri<br />

obiettivi operando in sinergia,<br />

attraverso una migliore integrazione<br />

delle due realtà, nell’interesse<br />

da un lato della scienza,<br />

della didattica e dei giovani<br />

laureati e dall’altro della migliore<br />

gestione operativa delle<br />

aziende e per il migliore utilizzo<br />

delle risorse energetiche.<br />

Il futuro è già tracciato, ne è<br />

prova la partecipazione di ISAB<br />

Energy ad un progetto di ricerca<br />

industriale (ex art. 5 del D.M.<br />

593/2000) al fianco di Ansaldo<br />

Energia, università di Genova e<br />

di Cagliari, Cnr ed Enea per lo<br />

studio di “modelli e metodologie<br />

innovative per il controllo,<br />

la diagnostica e la gestione di<br />

impianti termoelettrici combinati<br />

gas-vapore in condizioni<br />

operative fortemente variabili e<br />

perturbate”.<br />

21


icerca e risorse<br />

22<br />

Lavorare insieme,<br />

lavorare meglio<br />

La sinergia possibile tra dipartimenti universitari ed enti di ricerca<br />

Francesco Riggi<br />

Anni addietro, una collezione<br />

quasi sterminata<br />

di Istituti universitari,<br />

spesso di piccole dimensioni e<br />

con un numero limitato di afferenti,<br />

sia in termini di docenti<br />

che di personale non docente,<br />

descriveva bene il panorama<br />

degli atenei italiani. Il passaggio<br />

alla struttura di tipo dipartimentale<br />

vide atteggiamenti di<br />

vario genere: da quelli forte-<br />

mente preoccupati del cambiamento<br />

drastico che questa<br />

rivoluzione avrebbe apportato,<br />

a quelli soddisfatti perché il<br />

nuovo tipo di organizzazione<br />

codificava ciò che per molti<br />

versi era la situazione di fatto<br />

già esistente in molti ambienti.<br />

Tra questi, molte strutture<br />

scientifiche, che per tradizione<br />

erano già organizzate come<br />

strutture fortemente unitarie,<br />

abituate a confrontarsi con i<br />

problemi e le possibili soluzioni<br />

in un’ottica di ampio respiro.<br />

A queste, l’autonomia dipartimentale<br />

agevolava per alcuni<br />

versi il compito, favorendo<br />

una gestione decentrata<br />

delle risorse e dando allo stesso<br />

tempo la possibilità di affrontare<br />

in modo più efficiente,<br />

senza sprechi o duplicazione<br />

di risorse, molti problemi di<br />

tipo logistico, amministrativo,<br />

di ricerca e organizzazione del<br />

personale, oltre che di supporto<br />

alla didattica.<br />

La costituzione del dipartimento<br />

di Fisica nel nostro ateneo<br />

– oggi dipartimento di Fisica<br />

e Astronomia – rappresentò<br />

una ulteriore possibilità per<br />

esprimere al meglio la collaborazione<br />

già esistente da lunga<br />

data tra una struttura universitaria<br />

e diversi enti di ricerca<br />

con cui il dipartimento aveva<br />

costruito nel tempo una tradizione<br />

di ricerca, di lavoro e di<br />

rapporto con la città e il territorio.<br />

Oggi nel dipartimento di<br />

Fisica e Astronomia convivono<br />

non soltanto docenti, ricercatori,<br />

personale tecnico e amministrativo<br />

dell’ateneo di Catania,<br />

ma anche un numero<br />

molto elevato di colleghi afferenti<br />

ad altri enti. L’Istituto<br />

nazionale di fisica nucleare<br />

(Infn), l’ente che promuove e<br />

coordina in Italia la ricerca in<br />

fisica nucleare e particellare,<br />

sia di base che applicata, è<br />

organizzato in sezioni (ospitate<br />

per l’appunto nei dipartimenti<br />

universitari) e in laboratori<br />

nazionali. La sola sezione<br />

Infn di Catania ha circa 50 persone<br />

tra ricercatori, tecnologi,<br />

tecnici e personale amministrativo:<br />

quanto forse sarebbe<br />

bastato in altri tempi a costituire<br />

un dipartimento di non piccole<br />

dimensioni. Ma la sezione<br />

Infn non è la sola struttura che<br />

ha sede e personale proprio nel<br />

dipartimento. Il Centro siciliano<br />

di fisica nucleare e struttura<br />

della materia ha celebrato da<br />

poco i cinquanta anni della sua<br />

esistenza: creato nel 1954 come<br />

struttura regionale per pro-


muovere le ricerche di fisica<br />

nucleare, dotato di uno dei<br />

primi acceleratori di particelle,<br />

contribuisce ancora oggi in<br />

diversi modi all’attività di<br />

ricerca con finanziamenti e<br />

borse di studio per i giovani<br />

laureati. Matis è un centro dell’Istituto<br />

nazionale di fisica<br />

della materia del Cnr: istituito<br />

nel 2003, come polo di eccellenza<br />

per ricerche di nanoelettronica<br />

e nanofotonica, è ospitato<br />

all’interno del dipartimento,<br />

con un personale di circa<br />

25 unità tra dipendenti e associati.<br />

Il Consorzio nazionale interuniversitario<br />

per le scienze<br />

fisiche della materia (Cnism),<br />

da poco istituito, promuove e<br />

coordina ricerche di base e tecnologiche<br />

nell’area della fisica<br />

della materia, con circa 20<br />

afferenti. In tempi ancora più<br />

recenti, l’informatica avanzata,<br />

con la tecnologia basata sulle<br />

griglie computazionali (Grid),<br />

ha visto il sorgere di altre realtà<br />

innervate nella realtà del dipartimento<br />

e degli enti con cui il<br />

dipartimento collabora: il progetto<br />

Trigrid e il consorzio<br />

Cometa, con gli obiettivi di sviluppare,<br />

anche in ambito regionale,<br />

laboratori virtuali, attività<br />

di ricerca e di formazione, collaborazioni<br />

con enti pubblici e<br />

privati per applicazioni scientifiche<br />

e industriali. Realtà queste<br />

ultime che coinvolgono da<br />

sole oltre 20 tra ricercatori e<br />

tecnici.<br />

Ma la collaborazione tra<br />

dipartimento ed enti di ricerca<br />

non è limitata agli enti e alle<br />

persone che fisicamente risiedono<br />

e svolgono la loro attività<br />

all’interno dell’edificio dipartimentale:<br />

il Laboratorio nazionale<br />

del Sud dell’Infn, l’Osservatorio<br />

astrofisico dell’Inaf e<br />

l’Istituto di microelettronica e<br />

microsistemi del Cnr (situato<br />

all’interno di STMicroelectronics)<br />

sono esempi di enti che,<br />

pur nella loro autonomia gestionale<br />

e complessiva, promuovono<br />

svariate attività legate<br />

a quelle dipartimentali. Basterebbe<br />

solo ricordare il fatto<br />

che la quasi totalità dei gruppi<br />

di ricerca sono in genere<br />

“misti”, con la partecipazione<br />

a programmi congiunti da parte<br />

di ricercatori di diversa provenienza,<br />

con finanziamenti<br />

che provengono da diverse<br />

fonti ma finalizzati a obiettivi<br />

comuni. Ma non è che un<br />

aspetto di questa sinergia: l’organizzazione<br />

logistica di supporto<br />

alla ricerca e alla didattica<br />

avanzata del dipartimento<br />

di Fisica e Astronomia non sarebbe<br />

possibile senza il contributo<br />

essenziale che proviene<br />

dagli altri enti. Abituati ad organizzare<br />

in comune i servizi<br />

che rendono possibile fare ricerca<br />

e didattica nell’ambito<br />

della fisica, sarebbe impensa-<br />

bile oggi per i fisici non avere<br />

un centro di calcolo, un’officina<br />

meccanica, un laboratorio<br />

di elettronica o di rivelatori,<br />

una biblioteca, i reparti tecnici…<br />

Tutti servizi che in molti<br />

casi hanno personale afferente<br />

a vari enti.<br />

La collaborazione non si<br />

ferma qui, ma si estende alla<br />

didattica e alla formazione: dal<br />

contributo che gli enti di ricerca<br />

danno alla didattica attraverso<br />

il loro personale, le loro<br />

attrezzature e i relativi servizi,<br />

alle borse di studio (anche per<br />

il dottorato), all’insegnamento<br />

nei corsi di didattica avanzata,<br />

al rapporto con il mondo della<br />

scuola e in genere con il territorio<br />

cittadino, soprattutto nel<br />

2005, anno mondiale della<br />

fisica, che ha visto un fiorire di<br />

attività in questa direzione.<br />

Niente problemi dunque?<br />

Costruire unitariamente costituisce<br />

sempre una sfida che<br />

richiede coordinamento, valorizzazione<br />

delle risorse, stima<br />

reciproca, interesse al bene<br />

comune: una sfida non facile,<br />

ma che è possibile – e doveroso<br />

– affrontare ancora oggi,<br />

nonostante gli enormi problemi<br />

posti dalla complessa organizzazione<br />

universitaria e dal-<br />

Ingresso del dipartimento<br />

di Fisica e Astronomia di Catania<br />

la fisionomia degli enti di ricerca.<br />

Nella coscienza, ormai<br />

consolidata da un’esperienza e<br />

da una tradizione, che lavorare<br />

insieme è anche lavorare<br />

meglio.<br />

23


la didattica<br />

24<br />

Tra scuola e università<br />

Navigare a vista<br />

I nuovi corsi di laurea per<br />

la formazione degli insegnanti<br />

Andrea Manganaro<br />

Èl’università, e non da oggi,<br />

l’istituzione per eccellenza<br />

deputata alla formazione<br />

degli insegnanti delle<br />

scuole secondarie. Lo è stata<br />

fino a qualche anno fa per la<br />

sua funzione fondamentale di<br />

elaborazione e trasmissione<br />

dei saperi disciplinari. Dal<br />

1999, con l’avvio delle Scuole<br />

interuniversitarie di specializzazione<br />

per l’insegnamento secondario<br />

(Sis), l’università è<br />

stata però chiamata ad assolvere<br />

il compito della formazione<br />

anche pedagogico-didattica e,<br />

complessivamente, professionale<br />

degli insegnanti di tutti i<br />

cicli scolastici. I corsi biennali<br />

delle Sis, a numero chiuso, si<br />

concludono infatti con esami<br />

di stato con valore abilitante.<br />

Nell’ultimo quinquennio le Sis<br />

hanno richiesto a una parte<br />

consistente dell’università un<br />

confronto con il mondo della<br />

scuola e con la didattica, prima<br />

percepiti con distacco o indifferenza.<br />

E però le Sis sono comunque<br />

rimaste un’appendice,<br />

una integrazione aggiuntiva<br />

dell’università e dell’attività<br />

dei suoi docenti, non determinando<br />

mutamenti nella istituzione.<br />

Un notevole cambiamento<br />

della stessa organizzazione uni-<br />

versitaria, e già a partire dal<br />

prossimo anno accademico, si<br />

annuncia invece con il decreto<br />

legislativo n. 227 dello scorso<br />

17 ottobre. Paradossalmente le<br />

norme promulgate recentemente<br />

per la scuola, in attuazione<br />

dell’art. 5 della legge 28<br />

marzo 2003, n. 53, coinvolgono<br />

di fatto in primo luogo proprio<br />

l’università. Rilevanti innovazioni,<br />

con l’istituzione di<br />

nuovi corsi di laurea, sono infatti<br />

indotte dai processi di<br />

riforma (o controriforma, a seconda<br />

del punto di vista) che<br />

stanno investendo i segmenti<br />

di istruzione inferiore. Stabilendo<br />

nuovi percorsi di formazione<br />

degli insegnanti e nuove<br />

modalità per il loro reclutamento,<br />

il d. l. n. 227 affida,<br />

infatti, alle università e in particolare<br />

a corsi di laurea specialistica,<br />

e non più alle Sis, il<br />

compito della formazione iniziale<br />

e della abilitazione all’insegnamento.<br />

D’ora in poi chi<br />

vorrà insegnare, nel primo come<br />

nel secondo ciclo d’istruzione<br />

(considerati “di pari dignità”<br />

nei percorsi formativi)<br />

dovrà frequentare appositi corsi<br />

di laurea magistrale biennale,<br />

diversi da quelli sino ad ora<br />

esistenti. Saranno infatti a numero<br />

programmato e vi si potrà<br />

accedere, dopo le lauree triennali,<br />

«previo superamento di<br />

apposite prove selettive». E saranno<br />

finalizzati esplicitamente<br />

all’insegnamento. Se l’approfondimento<br />

disciplinare sarà<br />

assolutamente prevalente,<br />

parte dei crediti formativi sarà<br />

infatti riservata all’area pedagogico-didattica<br />

e alle attività<br />

di tirocinio. Decreti attuativi<br />

dovranno indicare classi di<br />

corsi di laurea (potranno essere,<br />

oltre che di facoltà, anche di<br />

interfacoltà e interuniversitarie),<br />

corrispondenti classi di<br />

abilitazione, distribuzione dei<br />

crediti tra i vari settori scientifico-disciplinari<br />

e le altre attività.<br />

Per ora è stato stabilito soltanto,<br />

con farraginose percentuali,<br />

che tali decreti determineranno<br />

i «crediti distinti per i<br />

settori scientifico-disciplinari<br />

in misura pari all’80% dei<br />

complessivi 120 crediti formativi<br />

universitari, di cui non più<br />

del 25% dell’area pedagogicoprofessionale».<br />

È però già stato<br />

stabilito che dai nuovi corsi di<br />

laurea non dovranno derivare<br />

«maggiori oneri» a carico del<br />

bilancio dello Stato e delle singole<br />

università, in sintonia con<br />

quella che è ormai una linea<br />

costante negli interventi in<br />

materia di istruzione. A finanziare<br />

i corsi saranno solo le<br />

tasse di iscrizione degli studenti.<br />

I posti disponibili saranno<br />

determinati in base alla programmazione<br />

triennale del<br />

numero delle cattedre che si<br />

prevede di coprire per concorso<br />

nelle scuole statali in ogni<br />

regione, aumentato di un ulteriore<br />

30%, in considerazione<br />

di un complessivo fabbisogno


a livello nazionale. A supportare<br />

il nuovo percorso formativo<br />

dei singoli corsi di laurea<br />

sarà un’apposita struttura di<br />

ateneo, anch’essa da istituire,<br />

il «Centro d’ateneo per la formazione<br />

degli insegnanti». Saranno<br />

suoi i compiti dell’organizzazione<br />

delle prove d’accesso,<br />

del tutorato e del tirocinio,<br />

del raccordo con le scuole<br />

del territorio.<br />

Elemento caratterizzante dei<br />

nuovi corsi di laurea sarà il rapporto<br />

con la scuola: per la destinazione<br />

professionale, che<br />

determinerà il curriculum, finalizzato<br />

non solo all’acquisizione<br />

dei saperi disciplinari,<br />

ma anche delle specifiche<br />

competenze dell’insegnante<br />

(pedagogiche, ma anche «organizzative,<br />

relazionali e comunicative»);<br />

per le attività di<br />

tirocinio da svolgersi nelle istituzioni<br />

scolastiche, coordinate<br />

da supervisori (appartenenti ai<br />

ruoli della scuola); e, infine,<br />

per la stessa configurazione<br />

dell’esame finale necessario<br />

per il conseguimento della laurea<br />

magistrale unitamente all’abilitazioneall’insegnamento.<br />

Oltre alla discussione della<br />

tesi è previsto infatti «un esame<br />

di stato» con «apposite prove»<br />

(anch’esse da definire con<br />

decreto). Gli esami saranno<br />

affidati a commissioni, nominate<br />

dall’autorità accademica<br />

competente, ma composte<br />

anche da docenti titolari nelle<br />

istituzioni scolastiche. I laureati-abilitati<br />

all’insegnamento<br />

saranno inseriti, sulla base del<br />

voto conseguito, in un albo<br />

regionale e in base a questo<br />

assegnati alle scuole per svolgere<br />

«un anno di applicazione»,<br />

con un contratto di formazione-lavoro,<br />

e sotto la supervisione<br />

di un tutor. A conclusione<br />

di quest’anno di effettivo<br />

insegnamento, il neo-docente<br />

sarà giudicato, con l’attribuzione<br />

di un punteggio,<br />

dall’apposito comitato di valutazione<br />

interno all’istituzione<br />

scolastica. Solo così, e solo<br />

con un ulteriore giudizio positivo<br />

(dopo quello conclusivo<br />

della laurea magistrale), e dopo<br />

almeno sei anni complessivi<br />

di formazione (3+2+1), i laureati<br />

abilitati potranno essere<br />

ammessi finalmente ai concorsi,<br />

previsti con «cadenza almeno<br />

triennale», per accedere ai<br />

ruoli delle scuole statali.<br />

E quello del concorso è certamente<br />

un altro dei non pochi<br />

punti controversi del suddetto<br />

decreto. Il numero chiuso e la<br />

selezione per l’accesso ai corsi<br />

di laurea si giustificherebbero<br />

con la dichiarata finalità di eli-<br />

minare la sovrabbondanza di<br />

aspiranti all’insegnamento rispetto<br />

ai posti effettivamente<br />

disponibili. La previsione di<br />

bandire concorsi per un numero<br />

di posti superiore del 30%<br />

alle cattedre disponibili, non<br />

assicura però la certezza del<br />

lavoro, né elimina la prospettiva<br />

del precariato per una consistente<br />

parte dei futuri laureandi<br />

dei nuovi corsi. Il precariato<br />

a lungo termine sembrerebbe<br />

invece di fatto assicurato<br />

dal decreto a chi già<br />

oggi ha seguito un percorso<br />

universitario di formazione e<br />

di abilitazione all’insegnamento:<br />

gli specializzati (e gli<br />

attuali specializzandi) delle<br />

Sis, che finirebbero assieme ad<br />

altre centinaia di migliaia di<br />

precari nelle cosiddette graduatorie<br />

permanenti.<br />

A tutti loro sarà complessivamente<br />

riservato il 50% dei<br />

posti disponibili per l’accesso<br />

ai ruoli. L’altro 50% sarà invece<br />

destinato ai vincitori del<br />

concorso per titoli ed esami,<br />

cui avranno accesso solo i<br />

nuovi laureati dei corsi di laurea<br />

abilitanti. Ai non pochi<br />

elementi contraddittori e<br />

discutibili del recente decreto<br />

si aggiunge infine l’eccessivo<br />

numero di decreti attuativi<br />

previsti, che rendono non<br />

ancora del tutto definito il<br />

quadro del nuovo sistema.<br />

Giunio Luzzatto ne ha previsti<br />

ben 14. E anche per ciò,<br />

commentando questo decreto,<br />

ha usato il condizionale,<br />

dubitando che esso possa<br />

divenire operante. Fatto sta<br />

però che un nuovo sistema<br />

formativo e una nuova tipologia<br />

di corsi di laurea sono<br />

stati previsti per legge sin dal<br />

prossimo anno accademico.<br />

Una attesa eccessiva dei<br />

decreti che definiscano almeno<br />

le classi di laurea e di abilitazione<br />

e la distribuzione dei<br />

crediti, renderebbe oltremodo<br />

difficile la programmazione<br />

didattica delle facoltà e ulteriormente<br />

vaghe le prospettive<br />

per migliaia di studenti.<br />

25


la didattica<br />

26<br />

La marcia del gambero<br />

della scuola italiana<br />

Ovvero, riformare per andare indietro<br />

Filippo Motta<br />

Docente di storia e filosofia nei licei, il prof. Filippo Motta<br />

ha anche una lunga esperienza nella direzione scolastica<br />

e ha compiuto molteplici esperienze nella formazione dei<br />

docenti in corsi abilitanti, per l’ingresso in ruolo, nonché<br />

nel tutoraggio e guida nel tirocinio trasversale nell’ambito<br />

della Sissis di Catania.<br />

In che condizioni gli studenti<br />

provenienti dalle scuole superiori<br />

giungono all’università?<br />

È tutta responsabilità di<br />

questa non riuscire a far loro<br />

rispettare i tempi curriculari<br />

normali? Non si può prescindere<br />

dal rispondere a queste domande<br />

se si vuole intendere<br />

appieno quali sono le difficoltà<br />

che vengono rilevate nel corso<br />

degli studi universitari. E in<br />

tempi in cui continuamente si<br />

parla della necessità di riformare<br />

questo e quello, o ci si gloria<br />

delle riforme fatte, non è forse<br />

vano riflettere sulle condizioni<br />

in cui versa attualmente la<br />

scuola, frutto di un lungo processo<br />

degenerativo iniziato già<br />

nella precedente legislatura,<br />

per nulla arginato nel corso di<br />

quella in via di esaurimento. È<br />

questo un processo di lungo<br />

periodo, che ha condotto all’attuale<br />

disorientamento didattico-gestionale<br />

in cui sembra versare<br />

la scuola italiana.<br />

L’abbandono del modello educativo<br />

definibile come “tradizionale”,<br />

ovvero selettivo, gentiliano,<br />

classista, lungi dal partorire<br />

un sistema in cui meriti e<br />

bisogni raggiungessero un ac-<br />

cettabile equilibrio, ha dato<br />

invece luogo ad un generalizzato<br />

abbassamento dei livelli<br />

qualitativi in ogni ordine e<br />

grado, con l’affermazione di un<br />

buonismo “paternalistico” che<br />

rincorre non tanto i più deboli,<br />

quanto i più pigri; che dispensa<br />

corsi di recupero, ma lesina di<br />

fatto risorse a corsi di approfondimento;<br />

che dilapida energie<br />

in “sportelli help”, ma non riesce<br />

ad assecondare pienamente<br />

la fame di sapere e di progresso<br />

dei migliori.<br />

Le competenze linguistiche<br />

vengono sempre più sacrificate<br />

(la “morte” dell’analisi logica<br />

nelle elementari e medie, del<br />

greco nei licei classici e del latino<br />

in quelli scientifici è ormai<br />

imminente o già in atto), tramite<br />

una progressiva sostituzione<br />

della sintassi e della logica con<br />

la recitazione, il canto, il ballo<br />

sudamericano, le gite a base di<br />

pigiama-party, le passeggiate<br />

per andare a vedere la statua di<br />

qualche Vittorio Emanuele, la<br />

preparazione di mostre a forza<br />

di cartelloni sbilenchi e fumetti,<br />

gli impegni più variopinti ed<br />

estrosi, il culto di una antropologia<br />

ed etnografia d’accatto. La<br />

competenza nelle relazioni logiche<br />

ha lasciato sempre più il<br />

campo ad un mondo di esperti<br />

in balletti e canzonette, pronto<br />

a divorare ore ed ore di trasmissioni<br />

televisive di adeguata<br />

“eccellenza”. Con la sola eccezione<br />

di quanti hanno la fortuna<br />

di imbattersi in docenti di<br />

tale carisma da riuscire a porre<br />

un argine a tale deriva, oppure<br />

possono contare su opportunità<br />

culturali o su ambienti familiari<br />

che in qualche modo possano<br />

rimediare alle carenze dell’agenzia<br />

scolastica.<br />

Una meticolosa ricerca sugli<br />

“interventi didattici integrativi”<br />

(i famigerati I.D.E.I., ovvero i<br />

fondi ministeriali destinati a<br />

corsi di recupero e di approfondimento<br />

disciplinare, quindi<br />

con insegnamento “frontale”)<br />

potrebbe illuminare su come<br />

vengono impiegate le risorse<br />

economiche a disposizione<br />

delle scuole italiane per perfezionare<br />

i curriculi disciplinari.<br />

Un’analoga ricerca sul cosiddetto<br />

“Fondo d’Istituto” (prevalentemente,<br />

i soldi destinati a<br />

consentire la realizzazione di<br />

attività non curriculari, ma di<br />

supporto all’apprendimento e<br />

alla formazione, senza insegnamento<br />

frontale) non darebbe<br />

risultati di maggior conforto: è<br />

una corsa all’invenzione di progetti<br />

extra o paradidattici che<br />

dovrebbero raggiungere lo scopo<br />

di arricchire l’offerta formativa,<br />

consegnando agli alunni<br />

ulteriori opportunità di crescita<br />

e di apprendimento. Ma ogni<br />

anno di solito si evita accuratamente<br />

di valutare con serietà i<br />

risultati del “Piano dell’offerta<br />

formativa” (il P.O.F, cioè il documento<br />

annuale che presenta<br />

l’organigramma, le attività, i<br />

percorsi formativi e gli obiettivi<br />

di un istituto) dell’anno precedente,<br />

e il correlato raggiungimento<br />

degli obiettivi programmati;<br />

con il risultato di ribadire,<br />

o di inventare dal nulla, “pro-


getti” spesso preparati senza<br />

un’autentica competenza e<br />

consapevolezza progettuale,<br />

non di rado approssimativi<br />

negli obiettivi e nelle finalità<br />

educative, quasi sempre elusivi<br />

sulle verifiche e sull’autovalutazione.<br />

Nel migliore dei casi, tali<br />

progetti servono sostanzialmente<br />

a distribuire pochi spiccioli<br />

ai docenti più intraprendenti<br />

e più influenti; in qualche<br />

caso sfortunato, costituiscono<br />

una spartizione selvaggia di<br />

risorse, fonte di scontri feroci<br />

tra docenti, oppure tra docenti<br />

e personale ATA (collaboratori<br />

scolastici e personale di segreteria),<br />

con alunni che partecipano<br />

talvolta per divertirsi un<br />

po’, talaltra per arruffianarsi il<br />

docente di turno. I vari P.O.N. e<br />

P.O.R. (i Programmi operativi<br />

nazionali o regionali) riproducono<br />

tutto sommato gli stessi<br />

meccanismi, con la differenza<br />

che in tali casi il fiume di denaro,<br />

di provenienza “europea”, è<br />

assai più “tracimante”; per cui<br />

si possono vedere galleggiare<br />

“esperti esterni” di dubbia fama<br />

intellettuale, ma amici e parenti<br />

di qualcuno… che può; oppure<br />

veri esperti ridotti a svolgere<br />

mansioni di nursery con<br />

branchi di alunni impegnati<br />

nella masticazione di gomme<br />

per non addormentarsi; conferenze<br />

cui assistono inebetiti<br />

genitori di alunni scolasticamente<br />

ricattabili; allegre festicciole<br />

con cioccolatini e bon<br />

bon per pubblicizzare i mirabolanti<br />

risultati delle ricerche<br />

effettuate; … e via dicendo su<br />

questo piano.<br />

Bisogna dare comunque<br />

atto che uno dei più “nobili” tra<br />

gli obiettivi dei progetti inseriti<br />

nel POF di un istituto è quello<br />

di… battere la concorrenza.<br />

Ovvero, di contribuire a creare<br />

un clima attraente e “piacione”,<br />

in grado cioè di attirare un maggior<br />

numero di iscrizioni. Per-<br />

ché con l’autonomia, insieme a<br />

tanti effetti di indubbio rilievo<br />

positivo, a causa del “dimensionamento”<br />

degli istituti e del<br />

relativo pericolo di accorpamenti,<br />

si deve registrare quest’altra<br />

piacevole novità: gli istituti<br />

fanno di tutto, e in certi casi<br />

si deve proprio sottolineare il<br />

“di tutto”, per accaparrarsi<br />

iscrizioni e formare nuove classi<br />

o, almeno, mantenere quelle<br />

dell’anno precedente. Anche<br />

perché l’attribuzione di fondi<br />

dipende dal numero di iscritti e<br />

dal conseguente numero di<br />

docenti e di personale ATA. Il<br />

che comporta anche che le<br />

“bocciature”, anche quelle del<br />

tutto inevitabili, vanno assolutamente<br />

evitate: troppe boccia-<br />

ture non attirano nuove iscrizioni,<br />

anzi possono contribuire<br />

al diffondersi di una “cattiva<br />

fama” dell’istituto.<br />

Su questo piano la “concorrenza”<br />

con le scuole private<br />

“paritarie” è decisamente una<br />

concorrenza “all’italiana”, cioè<br />

assai poco liberale e in larga<br />

misura truccata. Certo, non sono<br />

poche le scuole private che<br />

svolgono un lavoro di rispettabilissima<br />

serietà, sia sul piano<br />

della formazione culturale che<br />

sul piano del recupero di casi<br />

difficili, o su entrambi i piani,<br />

specie laddove si concepisce la<br />

formazione dei giovani come<br />

una vera e propria missione (è il<br />

caso più spesso degli istituti<br />

religiosi); ma sono purtroppo<br />

non poche le scuole “paritarie”<br />

che, in sostanziale assenza di<br />

ogni forma di autentico controllo<br />

e di ogni reale motivazione<br />

pedagogica, agiscono<br />

non tanto come agenzie formative,<br />

bensì come pure e semplici<br />

imprese commerciali, per le<br />

quali la “soddisfazione del<br />

cliente” diventa un obiettivo<br />

esclusivo. E quasi sempre il<br />

cliente (cioè studenti e genitori)<br />

è attento più che alla qualità<br />

dell’istruzione, al conseguimento<br />

del diploma, a qualsiasi<br />

costo. In senso letterale.<br />

Infatti l’esame di stato finale<br />

(la ex “maturità”), che fino a<br />

qualche anno fa costituiva l’u-<br />

nico “controllo di qualità” cui<br />

erano sottoposte le singole<br />

scuole e gli stessi docenti, ora<br />

non è più in alcun caso un ostacolo:<br />

la commissione d’esame<br />

è formata esclusivamente dagli<br />

stessi docenti che hanno seguito<br />

i “candidati” lungo la loro<br />

formazione, sia nelle scuole<br />

“paritarie” come nelle scuole<br />

statali; con la sola eccezione<br />

del presidente, al quale tuttavia<br />

compete soltanto il controllo<br />

della mera legalità formale di<br />

tutti gli atti.<br />

Lo stesso accesso agli esami<br />

di stato, peraltro, è ormai possibile<br />

anche con i soli requisiti<br />

dell’età e della cittadinanza in<br />

27


la didattica<br />

28<br />

loco, per cui un ventiseienne<br />

analfabeta potrebbe anche ottenere<br />

il proprio diploma, se ha<br />

imbroccato l’annata giusta e la<br />

scuola giusta; e sarebbe sin<br />

troppo facile andare a verificare<br />

l’eccezionale quantità di<br />

cambi di residenza, in prossimità<br />

degli esami di stato, verso<br />

località onorate dalla presenza<br />

di scuole “paritarie”. Non è un<br />

mero caso che nell’ultimo<br />

anno, con tali meccanismi, il<br />

% iscritti<br />

125<br />

100<br />

75<br />

50<br />

25<br />

0<br />

Percentuale relativa alla prove-<br />

nienza scolastica degli studenti<br />

ammessi dopo selezione ai<br />

CdL di Medicina e Chirurgia ed<br />

Odontoiatria nell’AA 2005-2006<br />

nell’Università di Catania<br />

classico<br />

scientifico<br />

altri<br />

numero degli studenti esterni<br />

che si presentano alla maturità<br />

è esploso dai circa duecento ad<br />

oltre diecimila: miracoli del<br />

“mercato”! E come non notare<br />

anche la percentuale di alunni<br />

geniali che, forti di un’alta<br />

media dei voti conseguita nel<br />

penultimo anno, saltano l’ultimo<br />

anno e si presentano, per lo<br />

più con felici esiti, agli esami di<br />

stato.<br />

Anche negli istituti statali,<br />

tuttavia, l’esame di stato ha perduto<br />

ogni caratteristica di<br />

momento di reale verifica del<br />

lavoro svolto dagli insegnanti:<br />

la remora, seppur anche semplicemente<br />

“psicologica”, per<br />

cui ci si sforzava di presentare<br />

voti sufficientemente realistici e<br />

programmi ben svolti in esten-<br />

sione e in approfondimento, è<br />

ormai morta e sepolta, “assassinata”<br />

dalla composizione esclusivamente<br />

interna della<br />

commissione d’esame. Il controllo<br />

finale sulla qualità del<br />

prodotto è così operato soltanto<br />

da coloro che tale prodotto<br />

hanno forgiato, in assenza di<br />

qualsivoglia altra forma di verifica<br />

degli standard qualitativi.<br />

La didattica, infatti, difficilmente<br />

viene controllata dai<br />

dirigenti scolastici che, divenuti<br />

manager, più o meno economicamente<br />

“gratificati” dalla<br />

invasività dei progetti, tendono<br />

a non controllare più compiti,<br />

registri, programmazioni individuali<br />

o di classe ed efficienza<br />

dei docenti, se non in casi<br />

disperati; contribuendo così,<br />

per quanto involontariamente,<br />

alla persistente anomia degli<br />

istituti scolastici dal punto di<br />

vista didattico. I docenti, a loro<br />

volta, sono sostanzialmente abbandonati<br />

a se stessi e privi di<br />

un’adeguata formazione in servizio<br />

che non consista nell’essere<br />

obbligati a seguire di malavoglia,<br />

in orari pomeridiani<br />

spesso gravidi di sacrifici comunque<br />

sproporzionati rispetto<br />

ai reali benefici, corsi di aggiornamento<br />

nei quali la distanza<br />

tra la teoria e la pratica riproduce<br />

dualismi rispetto ai quali<br />

quelli platonici e cartesiani<br />

rivelano tutta la loro levità.<br />

La formazione in servizio,<br />

tranne che in pochissimi casi,<br />

non segue né una logica organicamente<br />

nazionale, né una<br />

coerente programmazione sistemica:<br />

tranne che in rari casi<br />

è affidata allo spontaneismo<br />

professionale, all’improvvisazione<br />

e al gioco talora oscuro di<br />

interessi e comparaggi; essa è in<br />

realtà la grande assente nella<br />

scuola italiana, con conseguenze<br />

che vanno facendosi sempre<br />

più gravi. Basterebbe scorrere<br />

l’elenco delle istituzioni ammesse<br />

come “enti formatori”,<br />

per trovare esempi luminosi<br />

di... comicità istituzionale. Gli<br />

attuali insegnanti avevano imparato<br />

sul campo la professione,<br />

ma in realtà riproducevano,<br />

più o meno adattandolo alle circostanze,<br />

un modello professionale<br />

fatto di stili comunicativi<br />

e di parametri valutativi<br />

mutuati, per emulazione o per<br />

contrasto, dai docenti di cui<br />

erano stati gli allievi. Ma nel<br />

frattempo scuola e società<br />

hanno profondamente modificato<br />

tutte le loro caratteristiche<br />

di base, senza che il governo<br />

della scuola riuscisse a raccogliere<br />

e a trasmettere segnali,<br />

indicazioni, paradigmi rinnovati<br />

e adeguati in maniera inequivoca,<br />

coerente e sistemica.<br />

Anche gli ultimi, recenti<br />

sforzi, seppur in parecchi casi<br />

apprezzabili, non hanno tuttavia<br />

lenito il senso di disorientamento<br />

degli operatori scolastici;<br />

anzi, per taluni aspetti, lo<br />

hanno acuito. Persino sul tema<br />

della formazione iniziale dei<br />

docenti, dove con le scuole di<br />

specializzazione si è compiuto<br />

il maggiore sforzo teorico e pratico,<br />

non si riesce a raccogliere<br />

indicazioni coerenti e stabilmente<br />

definitive.<br />

In questo quadro, le difficoltà<br />

e le debolezze degli studenti<br />

universitari italiani possono<br />

risultare non solo comprensibili,<br />

ma in certo qual modo<br />

persino giustificabili; rendendo<br />

ancora più gravoso il compito<br />

di chi volesse impegnarsi nell’arduo<br />

compito di immaginare<br />

dei possibili rimedi.<br />

La speranza che la scuola<br />

italiana recuperi il prestigio di<br />

cui, seppur settorialmente, aveva<br />

tutto sommato goduto e si<br />

allinei a standard di produttività<br />

europei, a forza di riforme cervellotiche<br />

e controriforme gladiatorie,<br />

sembra destinata a<br />

soccombere per lasciare il<br />

posto ad una kierkegardiana<br />

angoscia.


I progetti di<br />

internazionalizzazione<br />

del nostro ateneo<br />

Verso una dimensione<br />

globale<br />

Carmelo Rapisarda<br />

L’obiettivo di innalzare gli<br />

standard qualitativi della<br />

ricerca scientifica e della<br />

formazione superiore impone,<br />

in misura crescente, l’esigenza<br />

di costanti relazioni e confronti<br />

con diverse realtà tecnologiche<br />

e umane, tanto per un<br />

allargamento del bacino di fruizione<br />

delle innovazioni conoscitive<br />

e scientifiche prodotte,<br />

quanto per un funzionale differenziamento<br />

del potenziale<br />

umano che deve operare in tale<br />

settore di attività. Così, da qualche<br />

tempo la valutazione di<br />

qualsiasi lavoro scientifico (e di<br />

chi lo ha prodotto!) passa ormai<br />

pressoché obbligatoriamente<br />

attraverso l’analisi di indici o<br />

parametri che permettono di<br />

giudicare il grado di inserimento<br />

del lavoro stesso nei percorsi<br />

evolutivi seguiti dalla collettività<br />

scientifica internazionale.<br />

Analogamente, in una società<br />

sempre più globalizzata, il giudizio<br />

su qualsiasi elaborazione<br />

progettuale viene espresso anche<br />

attraverso l’esame dell’ampiezza<br />

territoriale delle sue ricadute<br />

sui processi di sviluppo.<br />

Quindi, non soltanto la formazione<br />

dei futuri ricercatori ma<br />

quella di tutta la classe intellettuale<br />

e dirigente delle generazioni<br />

a venire devono prevedere<br />

l’apertura più ampia possibile<br />

verso un sistema multiculturale.<br />

Nonostante tali premesse,<br />

anche limitando il campo di<br />

visione a livello europeo, possono<br />

già notarsi marcate differenze<br />

nei volumi di scambio<br />

culturale e di mobilità di docenti<br />

e studenti non solo tra<br />

diversi paesi ma anche tra istituzioni<br />

universitarie del medesimo<br />

paese. Esistono così realtà<br />

che, avendo da tempo privilegiato,<br />

per varie ragioni di carattere<br />

sia storico che economico,<br />

i flussi umani e culturali sia<br />

verso che dalle loro strutture, si<br />

avvantaggiano adesso di un<br />

rilevante bagaglio di tradizioni<br />

e di contatti internazionali che<br />

li pongono al centro di un<br />

intenso movimento non solo di<br />

persone ma soprattutto di importantissime<br />

risorse intellettuali<br />

e culturali. Sono queste,<br />

per esempio, le università europee<br />

in cui oggi, passeggiando<br />

per i corridoi o entrando in<br />

un’aula, è possibile notare visi<br />

di molteplici colori, ovvero<br />

occhi di svariate forme e tagli.<br />

Ma sono anche le università in<br />

cui può capitare di seguire una<br />

lezione che, benché tenuta da<br />

un docente locale, viene svolta<br />

in una lingua diversa da quella<br />

nazionale. E sono queste, di<br />

conseguenza, anche le univer-<br />

orizzonti internazionali<br />

29


orizzonti internazionali<br />

30<br />

La laurea specialistica in<br />

“Lingua e culture europee ed extraeuropee”<br />

L<br />

’approvazione del progetto<br />

di internazionalizzazione<br />

del biennio di Laurea specialistica<br />

in Lingue e Culture<br />

europee ed extraeuropee, il<br />

cui coordinatore è il prof.<br />

<strong>Antonio</strong> Pioletti, segna una<br />

tappa significativa dell’offerta<br />

formativa della facoltà di Lingue<br />

e Letterature straniere,<br />

per il duplice motivo che<br />

risponde alla vocazione strutturalmente<br />

internazionale<br />

della facoltà e che proietta le<br />

attività didattiche in ambito<br />

euromediterraneo.<br />

Partner stranieri sono infatti<br />

l’università Blaise Pascal<br />

di Clermont-Ferrand (Francia),<br />

l’università Maometto V-<br />

Agdal (Marocco) e l’università<br />

di Gabes (Tunisia), con il supporto<br />

anche del consorzio<br />

universitario della provincia<br />

sità in cui notevolissimo è il<br />

livello di scambio internazionale<br />

anche nell’ambito di percorsi<br />

formativi di livello superiore,<br />

quali quelli di dottorato e postdottorato.<br />

Ragioni di varia natura, invece,<br />

hanno per lo più frenato,<br />

in passato, la proiezione internazionale<br />

di molti atenei italiani,<br />

spesso realizzando situazioni<br />

di limitazione o persino di<br />

chiusura non solo all’accesso di<br />

risorse umane e culturali straniere<br />

ma anche all’arricchimento<br />

del patrimonio intellettuale<br />

nostrano attraverso l’apporto<br />

di elementi e idee di origine<br />

esotica. Per lo più affidata<br />

all’iniziativa personale di singoli<br />

soggetti, quindi, l’apertura<br />

internazionale delle nostre università<br />

italiane ha, fino a tempi<br />

relativamente recenti, sofferto<br />

la mancanza di un supporto<br />

di Ragusa. Il corso di laurea<br />

specialistica è già attivato nelle<br />

due sedi di Catania e di<br />

Ragusa. La sua internazionalizzazione<br />

prevede che il titolo<br />

finale venga rilasciato dalle<br />

tre università di Catania,<br />

Agdal e Clermont-Ferrand e si<br />

basa sulla trasformazione del<br />

profilo formativo finora offerto<br />

mediante la diretta esperienza<br />

nei paesi delle lingue e<br />

delle culture oggetto di studio<br />

specialistico. Si intende in<br />

particolare fornire conoscenze<br />

basate su una visione interculturale<br />

dei fenomeni linguistici,<br />

storici, politici, antropologici,<br />

letterari, filosofico-religiosi,<br />

artistici e archeologici<br />

avvenuti dall’antico al moderno<br />

nell’interazione tra i paesi<br />

europei e quelli gravitanti nell’area<br />

mediterranea.<br />

programmatico istituzionale,<br />

che ne potesse costituire una<br />

guida e un idoneo strumento<br />

orientativo sulla base di precise<br />

linee strategiche globali di sviluppo.<br />

Possono, infatti, individuarsi<br />

quasi esclusivamente<br />

solo nell’ultimo ventennio le<br />

misure normative emanate nel<br />

nostro Paese con l’obiettivo di<br />

stimolare e incentivare l’internazionalizzazione<br />

della ricerca<br />

e, più in generale, di tutto il<br />

sistema della formazione superiore.<br />

In tale contesto, particolarmente<br />

incisiva può considerarsi<br />

l’azione del Miur, che da<br />

alcuni anni, in seno all’attività<br />

di programmazione triennale<br />

del sistema universitario nazionale,<br />

dedica speciale attenzione<br />

alle misure atte a sostenere<br />

il processo di internazionalizzazione<br />

degli atenei italiani. In<br />

La collaborazione scientifica<br />

e didattica tra docenti<br />

appartenenti a università diverse<br />

e l’opportunità per gli<br />

studenti di frequentare corsi<br />

presso le sedi consorziate, sia<br />

tramite periodi di soggiorno<br />

sia a distanza, permetteranno<br />

la circolazione di conoscenze<br />

più approfondite in merito<br />

alla lingua e alla civiltà dei<br />

vari paesi coinvolti. I laureati<br />

saranno in grado di svolgere<br />

funzioni di coordinamento,<br />

consulenza e organizzazione<br />

nell’ambito delle relazioni e<br />

degli scambi internazionali,<br />

nonché in quello della formazione<br />

linguistico-culturale e<br />

della valorizzazione e conservazione<br />

del patrimonio culturale.<br />

Lingue di insegnamento<br />

saranno l’italiano, il francese e<br />

l’arabo.<br />

particolare, l’ultimo piano<br />

triennale, relativo al periodo<br />

2004-2006, ha destinato risorse<br />

per 15 milioni di Euro al<br />

cofinanziamento, sino al limite<br />

del 50% dei costi ammissibili,<br />

di progetti presentati dalle università<br />

e finalizzati a concorrere,<br />

attraverso il potenziamento<br />

della loro dimensione internazionale,<br />

all’accrescimento della<br />

qualità del sistema formativo<br />

e alla promozione della<br />

competitività internazionale<br />

del sistema universitario italiano.<br />

In fase applicativa è emersa<br />

con chiarezza la volontà di<br />

determinare un’ampia partecipazione<br />

degli atenei italiani<br />

all’iniziativa, evitando così la<br />

concentrazione di risorse verso<br />

poche istituzioni universitarie.<br />

I progetti in questione, infatti,<br />

potevano essere in una prima<br />

fase proposti in via del tutto


autonoma anche da singoli<br />

docenti di ruolo, ma la loro<br />

definitiva presentazione ai fini<br />

dell’eventuale approvazione e<br />

finanziamento andava successivamente<br />

realizzata da parte<br />

dei rettori delle rispettive università<br />

di appartenenza, nel<br />

limite massimo di 12 progetti<br />

per ateneo. Tale principio ispiratore<br />

di base, volto ad<br />

ampliare il beneficio derivante<br />

dal finanziamento ministeriale<br />

favorendone la ricaduta su un<br />

numero di soggetti quanto più<br />

ampio possibile, è stato integralmente<br />

applicato anche in<br />

seno alla nostra università, con<br />

la precisa scelta del nostro<br />

senato accademico, oltre che<br />

di cofinanziare i progetti ritenuti<br />

presentabili fino al limite<br />

del 25% dei costi ammissibili,<br />

di stimolare l’ampia adesione<br />

all’iniziativa da parte di tutte<br />

le facoltà attraverso l’invito,<br />

rivolto a ciascuna di esse, a<br />

selezionare e presentare un<br />

solo progetto. Tale scelta ha<br />

evitato l’eccessiva frammentazione<br />

di proposte, favorendo<br />

altresì accordi e accorpamenti<br />

che in molti casi si sono rivelati<br />

utili ai fini di un’opportuna<br />

integrazione di competenze, a<br />

vantaggio della stessa qualità<br />

dei progetti proposti.<br />

L’iter valutativo si è adesso<br />

completato da poche settimane<br />

e ne sono già stati resi noti<br />

i risultati. Cinque tra i progetti<br />

presentati dall’ateneo di Catania,<br />

sono stati approvati e ammessi<br />

a cofinanziamento:<br />

alcuni di essi (sinteticamente<br />

descritti negli appositi box) si<br />

riferiscono a misure volte<br />

all’internazionalizzazione di<br />

corsi di studio, quali master<br />

(come il programma presentato<br />

dalla facoltà di Agraria),<br />

corsi di laurea (facoltà di Lingue<br />

e letterature straniere) o<br />

dottorati di ricerca (facoltà di<br />

Scienze della formazione);<br />

altri riguardano, invece, pro-<br />

Il master sulle produzioni<br />

agro-alimentari mediterranee<br />

Il progetto di master internazionale<br />

su innovazioni e<br />

sostenibilità delle produzioni<br />

agro-alimentari dell’area<br />

mediterranea, coordinato dal<br />

prof. Carmelo Rapisarda,<br />

prende spunto dalla constatazione<br />

dell’importanza dell’agricoltura<br />

per i paesi del<br />

bacino del Mediterraneo,<br />

quale settore di attività i cui<br />

avanzamenti tecnologici risultano<br />

indispensabili per<br />

ogni miglioramento sociale e<br />

per la sostenibilità dello sviluppo<br />

economico e culturale<br />

delle popolazioni locali.<br />

Forti dell’esperienza di un<br />

corso di laurea in Scienze e<br />

tecnologie agrarie tropicali e<br />

subtropicali, è stato ipotizzato<br />

un corso di specializzazione<br />

post-laurea da realizzarsi<br />

attraverso l’armonica sinergia<br />

con importanti università<br />

del Mediterraneo meridionale,<br />

quali l’Institut Agronomique<br />

et Vétérinaire Hassan II<br />

(Marocco), l’Università El-<br />

Fateh (Libia) e l’Università 7<br />

aprile (Libia).<br />

L’attività didattica in programma<br />

prevede approfondimenti<br />

nei settori dei sistemi e<br />

delle tecniche colturali, delle<br />

produzioni animali, della<br />

gestione delle risorse naturali,<br />

dello sviluppo sostenibile<br />

delle filiere agro-alimentari e<br />

dei relativi sistemi di mercato.<br />

Il percorso formativo, rivolto<br />

a un numero definito di<br />

studenti provenienti sia dall’università<br />

di Catania che<br />

grammi congiunti di ricerca. È<br />

questo il semplice affidamento<br />

alla fertile terra di un piccolissimo<br />

seme, che attraverso un<br />

dalle tre sedi partner, si articolerà<br />

attraverso lezioni e<br />

seminari tenuti, presso la<br />

sede di Ragusa, da docenti<br />

delle quattro istituzioni coinvolte;<br />

a ciò si aggiungerà uno<br />

stage di due mesi, che tutti gli<br />

studenti svolgeranno presso<br />

una delle tre università straniere<br />

(o in strutture produttive<br />

ad esse collegate).<br />

Caratteristiche peculiari<br />

del master approvato sono<br />

principalmente costituite dallo<br />

stretto collegamento della<br />

sua attività didattica a quella<br />

del citato corso di laurea di<br />

Ragusa e dal rilascio finale di<br />

un titolo doppio (o multiplo)<br />

da parte delle istituzioni che<br />

sono state direttamente coinvolte<br />

nella formazione dei<br />

singoli studenti. Il percorso<br />

didattico approvato prevede<br />

la quasi totale trasferibilità<br />

dei crediti formativi universitari<br />

ai fini di un’eventuale<br />

prosecuzione degli studi,<br />

soprattutto per il successivo<br />

conseguimento della laurea<br />

specialistica in Scienze e tecnologie<br />

agrarie tropicali e<br />

subtropicali presso l’università<br />

di Catania.<br />

Lingua principale d’insegnamento,<br />

per le lezioni curriculari,<br />

è l’italiano (per gli<br />

studenti stranieri, il progetto<br />

prevede lo svolgimento di un<br />

corso base di lingua italiana);<br />

inglese e francese saranno<br />

previsti per le attività seminariali<br />

e, soprattutto, durante<br />

lo stage.<br />

complesso di cure colturali<br />

dovrà consentire, nell’arco di<br />

alcuni anni, di ottenere una<br />

rigogliosa piantagione.<br />

31


orizzonti internazionali<br />

32<br />

Facendo seguito ai consolidati<br />

rapporti scientifici esistenti<br />

con il Social Science<br />

Research Center della Mississippi<br />

State University (U.S.A.)<br />

e con il Department of Philosophy<br />

della University of<br />

Reno (Nevada, U.S.A.), la<br />

proposta presentata dalla<br />

facoltà di Scienze della formazione<br />

riguarda l’internazionalizzazione<br />

del 22° ciclo<br />

del dottorato di ricerca in<br />

Scienze umane, coordinato<br />

dal prof. Francesco Coniglione.<br />

Suo obiettivo è formare<br />

figure aventi ampia capacità<br />

di competere sul piano internazionale<br />

(anche grazie<br />

all’acquisizione di un titolo<br />

spendibile non solo in Italia),<br />

mirando parallelamente a<br />

intensificare i rapporti di partenariato<br />

con i citati centri di<br />

Il dottorato in Scienze umane<br />

eccellenza e a promuoverne<br />

la collaborazione in modo da<br />

pervenire all’elaborazione di<br />

comuni proposte di ricerca.<br />

Per lo svolgimento dell’attività<br />

didattica, prevista interamente<br />

in lingua inglese, vengono<br />

programmati corsi teorico-pratici<br />

ufficiali, svolti sia<br />

dai docenti componenti il<br />

collegio del dottorato italiano<br />

sia da quelli delle università<br />

partner, cui si aggiungono dei<br />

seminari tenuti da docenti<br />

esterni (sia italiani che stranieri).<br />

Per ciascun dottorando<br />

saranno promosse delle esperienze<br />

di approfondimento e<br />

di applicazione a tematiche<br />

concrete di ricerca presso le<br />

università partner, a seconda<br />

della qualificazione e dell’indirizzo<br />

che lo studente vorrà<br />

dare alla propria formazione;<br />

Un strategia di<br />

internazionalizzazione<br />

già consolidata<br />

Cinzia Tutino e <strong>Giusy</strong> <strong>Catanese</strong><br />

L’internazionalizzazione<br />

del sistema di formazione<br />

avanzata è stata ritenuta<br />

dal nostro ateneo la strategia<br />

prioritaria per rispondere<br />

all’impatto della globalizzazione<br />

nel rispetto delle caratteristiche<br />

del sistema nazionale e<br />

delle sue peculiarità in termini<br />

di identità culturale del paese.<br />

Le motivazioni accademiche<br />

per un processo di internazionalizzazione<br />

sono direttamente<br />

legate alla storia e allo sviluppo<br />

della nostra università<br />

che, forte di una storia di centinaia<br />

di anni, non può prescindere<br />

dal porre l’enfasi sugli<br />

standard di qualità formativa<br />

che ne hanno altresì costituito<br />

la preparazione della tesi<br />

finale prevede, inoltre, che lo<br />

studente abbia sia un tutor<br />

nell’università di provenienza,<br />

sia uno nell’università<br />

straniera di riferimento<br />

che lo ospita. Le misure di<br />

internazionalizzazione, oltre<br />

a promuovere la mobilità dei<br />

docenti tra le sedi partner,<br />

sono essenzialmente rivolte a<br />

favorire la mobilità (per un<br />

numero massimo di 18 mesi e<br />

minimo di 12) sia dei quattro<br />

studenti italiani che dei due<br />

studenti americani che saranno<br />

ammessi al dottorato; a<br />

tale scopo la Mississippi State<br />

University ha cofinanziato il<br />

dottorato con la somma di<br />

48.000 dollari, a significare il<br />

rapporto di fiducia e di affidabilità<br />

nutrito verso il nostro<br />

ateneo.<br />

la base dello sviluppo. A tale<br />

proposito va sottolineato come<br />

già in tale ottica l’ateneo catanese<br />

sia stato fra i pochi atenei<br />

italiani a sottoporsi a valutazione<br />

da parte della Conferenza<br />

dei rettori europei (CRE) e<br />

come parecchi dei corsi di laurea<br />

siano stati valutati dalla<br />

CRUI nell’ambito del programma<br />

“Campus”.<br />

L’università di Catania ha<br />

sviluppato processi organici di<br />

internazionalizzazione finalizzati<br />

all’integrazione della<br />

dimensione internazionale e<br />

interculturale nei normali processi<br />

di insegnamento, di ricerca<br />

e dei servizi, ponendo l’enfasi<br />

sulla necessità di sviluppare<br />

nuove competenze in studenti,<br />

docenti e staff per mezzo<br />

di una formazione internazionale,<br />

onde generare quel cir-


colo virtuoso che può portare<br />

ad una crescita di tutta l’istituzione.<br />

In particolare, ha sviluppato<br />

specifiche attività<br />

internazionali prevalentemente<br />

in termini di sviluppo e assistenza<br />

alla mobilità accademica<br />

e degli studenti, organizzando<br />

adeguatamente l’Ufficio<br />

relazioni internazionali (URI),<br />

dotandolo di uno staff proprio<br />

e curandone un’adeguata strategia<br />

di sviluppo delle conoscenze<br />

e delle competenze.<br />

Ogni facoltà ha istituito una<br />

Commissione relazioni internazionali<br />

e un responsabile per<br />

esse nella persona del preside<br />

della facoltà o più comunemente<br />

di un suo delegato. In<br />

alcune facoltà è stato creato un<br />

vero e proprio Ufficio.<br />

La strategia di internazionalizzazione<br />

è stata prevalentemente<br />

volta a favorire programmi<br />

accademici comuni<br />

con altre istituzioni universitarie<br />

di pari livello, sia di ricerca<br />

che di insegnamento e formazione,<br />

sviluppando anche<br />

attività extra-curricolari, nell’ottica<br />

di una formazione<br />

professionale ricorrente di<br />

alto livello.<br />

In termini strategici, con<br />

riferimento ai programmi accademici<br />

si è voluto privilegiare<br />

quella che è la naturale attitudine<br />

dell’università catanese,<br />

con particolare riferimento alla<br />

formazione avanzata (dottorati<br />

di ricerca) e alla formazione<br />

professionale ricorrente. Per far<br />

ciò si è ritenuto di dovere operare<br />

in una doppia strategia che<br />

guardasse, da un lato, a interazioni<br />

con i paesi del Mediterraneo<br />

e, dall’altra, ai paesi a<br />

tecnologia avanzata con l’obiettivo<br />

di sviluppare rapporti<br />

in cui gli aspetti didattici si<br />

coniugassero alle finalità di<br />

formazione nel settore della<br />

ricerca scientifica di eccellenza.<br />

Si è data priorità a progetti<br />

di formazione avanzata con lo<br />

sviluppo di corsi in lingua straniera,<br />

di curricula internazionalizzati<br />

a tutti i livelli, della<br />

formazione in aree tematiche<br />

innovative, dello studio all’estero.<br />

Si sottolinea, inoltre, la<br />

politica di incentivazione dei<br />

moduli con presenza di docenti<br />

stranieri, anche nella composizione<br />

dei collegi dei dottora-<br />

ti e dei master, in modo da<br />

favorire lo sviluppo di una ricerca<br />

e di una didattica rispondente<br />

agli standard della comunità<br />

scientifica internazionale.<br />

Nell’ambito degli accordi-quadro<br />

interuniversitari si è<br />

mirato alla concretizzazione<br />

degli stessi in programmi di<br />

azioni dettagliati, con la partecipazione<br />

fattiva delle singole<br />

facoltà.<br />

Nella tabella 1 vengono riportati<br />

i progetti approvati dal<br />

MIUR nell’ambito del programma<br />

di internazionalizzazione<br />

degli atenei italiani dal<br />

1998 ad oggi. Dalla sua analisi<br />

si evidenzia come l’attenzione<br />

dell’ateneo si sia concentrata<br />

sui corsi di livello avanzato<br />

(lauree specialistiche e dottorati<br />

di ricerca); per quanto<br />

riguarda l’area geografica per<br />

cui l’università di Catania ha<br />

negli ultimi anni manifestato<br />

grande interesse, sono sicuramente<br />

da evidenziare i sempre<br />

più intensi rapporti con i paesi<br />

del bacino mediterraneo; non<br />

sono tuttavia da tralasciare i<br />

numerosi contatti con i paesi<br />

dell’Unione Europea, dell’Asia<br />

e degli Stati Uniti, che da anni<br />

ormai collaborano con il<br />

nostro ateneo.<br />

I criteri di valutazione a cui<br />

ci si è ispirati per la selezione<br />

iniziale dei progetti inoltrati al<br />

Ministero si sono riferiti a parametri<br />

oggettivi con riferimento<br />

alla qualità del progetto, alle<br />

attività in corso dei partner proponenti<br />

con i partner internazionali,<br />

alle esperienze formative<br />

già evidenziate in ambito<br />

internazionale dei proponenti<br />

le azioni formativi. Nella valutazione<br />

globale del progetto<br />

sono stati altresì presi in considerazione<br />

indicatori di qualità<br />

con riferimento al monitoraggio<br />

delle attività proposte. In<br />

particolare la qualità delle proposte<br />

è stata valutata con riferimento<br />

alla valenza formativa<br />

e scientifica in essa palesate,<br />

all’impatto prevedibile nella<br />

33


orizzonti internazionali<br />

34<br />

Tab. 1 - Progetti presentati da docenti dell’Università di Catania nell’ambito del programma di internazionalizzazione<br />

degli atenei italiani e approvati dal MIUR dal 1998 ad oggi.<br />

Docente Coordinatore Titolo Tipologia<br />

G. Ronsisvalle Sviluppo di un programma di Dottorato di Ricerca Dottorato di Ricerca<br />

in scienze farmaceutiche in collaborazione tra gli<br />

omologhi corsi di dottorato delle Università di<br />

Granada e di Catania finalizzato al rilascio di titolo<br />

congiunto di dottore di ricerca in scienze farmaceutiche.<br />

R. Pucci Dottorato di ricerca in fisica in co-tutela con mutuo Dottorato di Ricerca<br />

riconoscimento del titolo.<br />

A. M. Giuffrida Stella Dottorato di ricerca in neurobiologia. Dottorato di Ricerca<br />

V. Zappalà Dottorato franco-italiano in politiche penali europee. Dottorato di Ricerca<br />

A. Corbino Ius Civile Europaem: il diritto dei privati nella Laurea specialistica<br />

dimensione continentale. Fondamenti storici e<br />

prospettive di integrazione giuridica.<br />

A. Ferro Convenzione Catania - New York tra università per Dottorato di Ricerca<br />

il Dottorato in informatica (Computer Science).<br />

L. Fortuna Internazionalizzazione del XIX-XX ciclo del Dottorato Dottorato di Ricerca<br />

in ingegneria elettronica ed automatica: progetto<br />

d’Internazionalizzazione per la mobilità di studenti e<br />

docenti con l’Università di California San Diego (1999).<br />

I. Marino La dimensione europea del diritto amministrativo: Dottorato di Ricerca<br />

sistema di common law ed administrative law nel<br />

quadro dell’integrazione comunitaria.<br />

F. Nicolosi Equazioni e disequazioni variazionali ellittiche non Dottorato di Ricerca<br />

lineari degeneri ed applicazioni.<br />

G. Ronsisvallle Centro internazionale e coordinamento nazionale di Centro di Ricerca<br />

istruzione e apprendimento permanente –<br />

facoltà di Farmacia.<br />

C. Rapisarda Master internazionale su innovazioni e sostenibilità Master annuale<br />

delle produzioni agro-alimentari dell’area mediterranea.<br />

B. Montanari La costruzione dell’identità europea, sicurezza collet- Progetto di Ricerca<br />

tiva, libertà individuali e modelli di regolazione sociale.<br />

A. Pioletti Internazionalizzazione del biennio di laurea magistrale Laurea specialistica<br />

Lingue e culture europee ed extraeuropee.<br />

A. Messina From benchwork to bedside: analisi molecolare e Progetto di Ricerca<br />

bioinformatica di fenotipi patologici.<br />

F. Coniglione Dottorato internazionale in scienze umane. Dottorato di Ricerca<br />

comunità scientifica internazionale,<br />

all’inserimento di attività<br />

premianti per giovani talenti<br />

ed alle utili opportunità<br />

che questi ultimi potessero trarre<br />

da cooperazioni articolate e<br />

consolidate. L’organizzazione<br />

e l’articolazione culturale delle<br />

proposte sono state oggetto di<br />

particolare valutazione anche<br />

in riferimento alle soluzioni<br />

logistiche proposte.<br />

Un ulteriore parametro di<br />

valutazione ha fatto riferimento<br />

alla congruenza finanziaria<br />

della proposta, premiando altresì<br />

quelle azioni che prevedevano<br />

quote di cofinanziamento<br />

da parte dei proponenti.<br />

Indicatori di valutazione<br />

sono stati altresì parametri tendenti<br />

a quantificare la complementarietà<br />

tra i partner proponenti<br />

i progetti ed il grado di<br />

cooperazione già assestato tra<br />

essi. Importanza rilevante è<br />

stata data nella stima dell’impatto<br />

del progetto con le realtà<br />

economiche, culturali e produttive<br />

nel contesto in cui i<br />

fruitori dell’iniziativa dovevano<br />

operare. Particolare valenza<br />

è stata data alle iniziative che<br />

potevano già fruire di un accordo<br />

di programma gia stipulato.


Un laboratorio attrezzato<br />

per ricerca e didattica nel<br />

Polo universitario di Ragusa<br />

<strong>Mario</strong> <strong>Alberghina</strong><br />

La facoltà di Medicina e<br />

Chirurgia si appresta a dotarsi<br />

di una organizzazione<br />

funzionale per la utilizzazione<br />

di grandi attrezzature<br />

scientifiche che corrispondano<br />

alle esigenze di moderni poli di<br />

ricerca, apparecchiature di<br />

particolare complessità e costo,<br />

di carattere multidisciplinare.<br />

Essa ha già individuato<br />

programmi di ricerca comuni<br />

su biomedicina e biotecnologia<br />

medica applicata da svolgere<br />

nel Polo decentrato di<br />

Ragusa, presso le strutture didattico-scientifiche<br />

messe a disposizione<br />

dal consorzio universitario<br />

della provincia omonima,<br />

convenzionato con l’università<br />

di Catania, nell’Area<br />

di sviluppo industriale. Particolari<br />

settori di studio che verranno<br />

seguiti riguarderanno l’imaging<br />

diagnostico innovativo<br />

molecolare in medicina e l’effetto<br />

di farmaci su sistemi cellulari<br />

correlato con lo studio<br />

integrato del metabolismo mediante<br />

impiego di genomica.<br />

Numerosi progetti di ricerca<br />

di base e clinica potranno<br />

così essere portati a compimento<br />

mediante l’utilizzo immediato<br />

dei nuovi grandi strumenti<br />

di uso comune a più<br />

strutture scientifiche e/o di insegnamento,<br />

ivi inclusi i dipartimenti,<br />

le facoltà universitarie<br />

ed i loro corsi di laurea che<br />

insistono sul Polo decentrato<br />

ragusano, a seguito dell’adde-<br />

stramento di personale specializzato,<br />

interno ed esterno all’università,<br />

che possa svolgere<br />

funzioni di servizio e consulenza<br />

ad enti esterni, pubblici e<br />

privati, presenti nel territorio.<br />

L’organica collaborazione tra<br />

mondo della ricerca, organismi<br />

scientifici pubblici, operatori<br />

privati e imprese industriali<br />

nel campo biomedicale, biotecnologico,<br />

di farmaci innovativi,<br />

è l’ambizioso obiettivo<br />

che si vuole raggiungere.<br />

Alcuni “Centri grandi strumentazioni”<br />

sono presenti nel<br />

territorio nazionale e presso<br />

strutture appositamente attrezzate<br />

del centro e nord Europa.<br />

Centri consimili non sono disponibili<br />

nella nostra regione e<br />

nel Mezzogiorno. In Sicilia,<br />

questo stato di cose penalizza<br />

lo sviluppo della ricerca scientifica<br />

e la formazione ad essa<br />

associata, creando disagi agli<br />

utilizzatori finali (ricercatori,<br />

consumatori, pazienti, PMI),<br />

costretti a pagare di più per servizi<br />

od a rinunciare ad essi.<br />

Tale insufficienza impedisce,<br />

inoltre, lo sviluppo di PMI<br />

impegnate nei diversi settori<br />

della produzione, della ricerca<br />

avanzata e dell’innovazione,<br />

numerose nei Paesi più avanzati,<br />

contribuendo negativamente<br />

alla qualità della vita.<br />

L’acquisizione di altre apparecchiature<br />

ad ampliamento<br />

avverrà a breve con il finanziamento<br />

del POR-Assessorato Industria<br />

Regione Sicilia concesso<br />

sulla misura 3.15. Per suo<br />

università e territorio<br />

35


università e territorio<br />

36<br />

compito istituzionale la facoltà<br />

di Medicina promuove e organizza<br />

l’assistenza, la ricerca<br />

scientifica e l’istruzione superiore,<br />

integrando le attività di<br />

ricerca e quelle didattiche così<br />

che costituiscano motivazioni<br />

e qualificazioni le une delle<br />

altre. Allo stato attuale il Centro<br />

di strumentazione di Ragusa<br />

ha già approvato uno statuto<br />

consortile, un regolamento<br />

interno e uno di gestione che<br />

ne garantiranno la fruibilità<br />

continuativa agli utenti ricercatori<br />

ed agli studenti.<br />

I dipartimenti coinvolti nei<br />

progetti di ricerca, assistenza e<br />

servizio che si attueranno nel<br />

Centro sono costituiti per la<br />

maggior parte da docenti e<br />

ricercatori che appartengono<br />

alla facoltà medica, afferenti ai<br />

settori scientifico-disciplinari<br />

di scienze di base e scienze cliniche.<br />

Il Centro, inoltre, intende<br />

promuovere la cooperazione<br />

e il trasferimento di tecnologia<br />

tra ambiente di ricerca<br />

universitaria e quello industriale.<br />

Con l’acquisizione di<br />

nuova e più sofisticata strumentazione<br />

esso potrà anche<br />

avviare attività di alta formazione<br />

di personale qualificato<br />

in campo biotecnologico e<br />

chimico-clinico.<br />

Un numero sempre maggiore<br />

di utenti del settore biomedico<br />

ed agro-alimentare (imprese<br />

private, enti e strutture di<br />

ricerca pubbliche, aziende<br />

sanitarie, aziende alimentari e<br />

farmaceutiche) si avvalgono di<br />

tecnologie avanzate per il raggiungimento<br />

di livelli di competitività<br />

scientifica e/o commerciale,<br />

adeguati a soddisfare<br />

gli standard europei ed internazionali.<br />

Il potenziamento di laboratori<br />

centralizzati o poli biotecnologici<br />

potrebbe accrescere<br />

la propensione all’innovazione<br />

di prodotto, di processo<br />

ed organizzativa delle imprese<br />

locali, all’eccellenza settoriale<br />

e all’inserimento della comunità<br />

scientifica meridionale in<br />

reti di cooperazione internazionale,<br />

nonché alla promozione<br />

ed al soddisfacimento della<br />

domanda di innovazione dei<br />

soggetti collettivi del Mezzogiorno.<br />

Le attrezzature acquisite<br />

(microscopio a scansione ambientale,<br />

microscopio confocale,<br />

cDNA microarray) e che<br />

andranno ad acquisirsi (microscopio<br />

TIRF, sistema automatico<br />

COMET, stazione imaging<br />

RT), inoltre, consentiranno: la<br />

messa a punto di nuove tecnologie<br />

e la costituzione di banche-dati<br />

e collezioni; la copertura<br />

di servizi per il territorio;<br />

lo sviluppo della bioinformatica;<br />

il trasferimento dell’innovazione<br />

nel settore delle biotecnologie<br />

mediche; la promozione<br />

di sinergie con centri di<br />

ricerca e operatori nella PMI;<br />

la formazione di giovani laureati<br />

e tecnici; lo sviluppo di<br />

spin-off universitario. In tal<br />

modo si tenderà ad elevare il<br />

livello qualitativo della ricerca<br />

scientifica, dell’offerta formativa<br />

e del livello tecnologico<br />

delle PMI attuabile all’interno<br />

della Facoltà e dei Corsi di Laurea<br />

decentrati.<br />

In particolare, il potenziamento<br />

e l’innovazione della<br />

strumentazione del Centro permetteranno<br />

di elevare il livello<br />

di formazione dei dottori di<br />

ricerca offrendo migliori opportunità<br />

di inserimento nel mondo<br />

del lavoro.<br />

Il laboratorio di cui stiamo<br />

parlando costituisce, inoltre,<br />

un complemento significativo<br />

di qualificazione territoriale<br />

per gli studenti di Medicina<br />

del polo ragusano. Con la sua<br />

istituzione, si realizza, infatti,<br />

una concentrazione nello<br />

stesso luogo non solo di competenze<br />

scientifiche multidisciplinari<br />

e di strumentazione<br />

multiuso di alto potenziale<br />

innovativo e formativo, ma<br />

anche un’integrazione davvero<br />

unica di ricerca ed attività<br />

didattica per gli studenti che<br />

potrà metterli a diretto contatto<br />

con scienziati, strumentazione<br />

e programmi di ricerca<br />

nell’area preclinica, cosa che<br />

non ha l’eguale nella sede di<br />

Catania.


Una città come laboratorio<br />

L’insediamento di Architettura a Siracusa<br />

Giacinto Taibi<br />

L’insediamento della facoltà<br />

di Architettura a Siracusa<br />

sta per compiere<br />

un decennio di piena attività di<br />

didattica e di ricerca. Questo<br />

luogo, così ricco di testimonianze<br />

del passato e di stratificazioni<br />

storiche, ha ben recepito<br />

l’accoglimento di una<br />

facoltà con la quale instaura<br />

una sinergia di interessi architettonici,<br />

culturali, filosofici e<br />

umanistici. A dire il vero questa<br />

facoltà già esisteva nell’università<br />

di Catania; infatti in un<br />

suo articolo il preside della<br />

facoltà di Architettura prof.<br />

Ugo Cantone così riferiva sui<br />

precedenti storici della Facoltà<br />

nell’ateneo catanese:<br />

«Un ricercatore della facoltà di<br />

Ingegneria, l’architetto Franco<br />

Imbrosciano, nell’indagare sui<br />

modi di intendere l’insegnamento<br />

delle discipline progettuali<br />

nelle diverse epoche,<br />

trovò, negli archivi della università<br />

di Catania, nel periodo<br />

compreso tra il 1779 e il 1868,<br />

una serie di documenti molto<br />

importanti inerenti gli atti costitutivi<br />

di un Corso di Studi in<br />

Architettura presso la facoltà di<br />

Scienze matematiche, fisiche e<br />

naturali.<br />

Il 14 gennaio 1829 con atto<br />

notarile che si trova sotto la<br />

voce Cattedra di Architettura<br />

1829 vol. 576, f. 9r, 10r, 10v,<br />

11r, 11v, 12r, 12v, si attiva il<br />

Corso di laurea per gli agri-<br />

mensori e per gli architetti della<br />

regia università di Catania,<br />

regolato sul sistema delle seguenti<br />

cattedre che vi concorrevano:<br />

Mineralogia, Chimica<br />

generale, Agraria, Fisica generale,<br />

Geometria, Algebra, Matematica<br />

sublime, Architettura.<br />

La sua appartenenza ad una<br />

area prettamente scientifica,<br />

trova giustificazione nell’influenza<br />

di una cultura tecnologica<br />

della coeva epoca protoindustriale.<br />

Del resto, i corsi di<br />

Architettura per la loro eterogeneità<br />

disciplinare adottata,<br />

sono collocabili sia in un contesto<br />

tecnologico, quanto in<br />

uno umanistico.<br />

Malgrado le gloriose presenze<br />

di grandi architetti-docenti<br />

e del servizio prestato<br />

nella ricostruzione barocca<br />

della città etnea, nel 1868, a<br />

causa di una incomprensibile e<br />

penalizzante “legge Casati”, il<br />

corso di studi in Architettura<br />

venne soppresso, perché Catania,<br />

non essendo capoluogo di<br />

regione, non possedeva il diritto<br />

di continuità. In cambio<br />

venne concesso un biennio di<br />

Ingegneria e, solo negli ultimi<br />

decenni del secolo scorso, si è<br />

innescato l’iter istitutivo per<br />

una facoltà di Architettura al<br />

passo con i tempi.»<br />

Con la determinata volontà<br />

degli organi istituzionali dell’università<br />

è stata ricostituita<br />

nell’ateneo catanese nel 1995<br />

la facoltà di Architettura, con<br />

sede decentrata a Siracusa, con<br />

un duplice obiettivo: che la<br />

nuova istituzione fosse al servizio<br />

– essendo in posizione geografica<br />

baricentrica – della vasta<br />

area della Sicilia orientale e<br />

che, contemporaneamente offrisse<br />

di questa un ampio panorama<br />

storico-culturale, consono<br />

alla sua storia.<br />

In effetti, proprio per questo<br />

panorama di interessi che Siracusa<br />

offre, in questi primi dieci<br />

anni di attivazione la facoltà ha<br />

registrato iscritti ben superiori<br />

alle 1200 unità, provenienti<br />

prevalentemente dalle province<br />

siciliane di Siracusa, Catania,<br />

Ragusa, Enna e Caltanissetta<br />

(vedi la figura 1).<br />

A rafforzare l’interesse per il<br />

sito decentrato, tenuto conto<br />

della finalità rivolta alla costituzione<br />

di una scuola di Architettura,<br />

ovvero di formazione e<br />

di educazione alla cultura e<br />

Siracusa, isola di Ortigia<br />

37


università e territorio<br />

38<br />

sensibilità sia architettonica<br />

che estetica, sta il fatto che la<br />

città di Siracusa, caratterizzata<br />

da una compatta presenza di<br />

reperti storici nel suo sito e<br />

dalla qualità paesaggistica di<br />

Ortigia, decisamente tra le più<br />

prestigiose città della Magna<br />

Grecia, ha rivestito nell’antichità<br />

un notevole ruolo culturale,<br />

testimoniato dalle sue<br />

meravigliose vestigia che possono<br />

costantemente suscitare<br />

motivi di riflessione sulle qualità<br />

architettoniche ed urbane<br />

di una città considerata la culla<br />

della civiltà occidentale.<br />

Proprio Ortigia ha in passato<br />

rappresentato il luogo del<br />

potere della “polis” e della<br />

sacralità: in Ortigia sorgevano<br />

la reggia ed il palazzo dei Tribunali,<br />

a sud verso l’ingresso<br />

del Porto Grande, e i santuari<br />

dedicati a divinità come Athena,<br />

Apollo e Artemide. Ortigia<br />

ebbe momenti di splendore<br />

anche successivi al periodo<br />

greco, in concomitanza alla<br />

rifondazione della diocesi di<br />

Siracusa nel 1093 con il Vescovo<br />

Ruggero, ricevendo immunità<br />

e privilegi che contribuirono<br />

alla rinascita della città<br />

dopo gli anni bui della dominazione<br />

araba. Successivamente,<br />

nel 1361, Siracusa riacquista<br />

il ruolo di capitale di un<br />

vasto dominio, formato da nove<br />

comuni, detto della Camera<br />

Reginale. Questo periodo fiorente<br />

si tradusse nella formazione<br />

dell’attuale aspetto urbano<br />

stratificatosi con la facies<br />

barocca attuale.<br />

Proprio questi sono i luoghi<br />

oggi frequentati e popolati<br />

dagli iscritti alla facoltà di<br />

Architettura.<br />

Per gli studenti studiare e<br />

vivere ad Ortigia significa operare<br />

in un contesto altamente<br />

qualificato, che rappresenta il<br />

vero scopo che li anima, ovvero<br />

quello di crescere culturalmente<br />

vivendo all’interno di<br />

un vero laboratorio di architettura.<br />

Così si esprime la studentessa<br />

polacca Daria Wrockaw,<br />

prima studentessa straniera<br />

che, con il progetto Erasmus,<br />

studia architettura a Siracusa:<br />

«… qui si studia architettura<br />

andando in giro per la città.<br />

Tutto quello che trovi sui libri,<br />

poi, lo puoi constatare personalmente<br />

con questi meravigliosi<br />

edifici che ci sono».<br />

Non vi è dubbio che in questo<br />

luogo, così pregno di interessi,<br />

gli allievi della facoltà di<br />

Architettura non possono non<br />

subire il fascino sottile dell’architettura<br />

antica, prelevarne i<br />

valori culturali e ricercare, tra<br />

questi, i criteri per una modernità<br />

altamente meditata. Ortigia,<br />

in una interpretazione<br />

metafisica, rappresenta la certezza<br />

della rinascita intellettuale,<br />

con ricadute economiche<br />

di sicura rilevanza.<br />

Si registrano così i primi fermenti<br />

di attività edilizia e le<br />

prime decise modificazioni relative<br />

all’apparato prestazionale<br />

del patrimonio immobiliare,<br />

il quale è stato, e continua ad<br />

essere, oggetto di interventi di<br />

consolidamento, di lifting e di


continua manutenzione ordinaria<br />

per essere idoneo ed adeguato<br />

alle nuove e mutate esigenze.<br />

Nel contempo si adeguano<br />

ai nuovi bisogni le attività dei<br />

ristoratori che devono soddisfare<br />

l’utenza, fornendo prestazioni<br />

al più consolidato fenomeno<br />

turistico e adesso<br />

anche alla massa di studenti,<br />

dal più esigente al più frettoloso.<br />

Specialmente la sera, quando<br />

gli studenti sono maggiormente<br />

liberi da impegni didattici,<br />

i pub, le pizzerie e i locali<br />

di ristoro trovano maggiore<br />

affluenza di allievi della nuova<br />

facoltà di Architettura.<br />

È cominciata così la metamorfosi<br />

del volto della città<br />

aretusea, che si trova pervasa<br />

da una notevole popolazione<br />

studentesca la quale interessata<br />

a tutti i percorsi della stratificazione<br />

storica e alla lettura<br />

profonda dell’architettura del<br />

passato, determina con la sua<br />

massiccia presenza uno sconvolgimento<br />

delle comuni attività<br />

degli aretusei.<br />

Le lezioni accademiche, i<br />

laboratori di progettazione, il<br />

vivere in questo ambiente pregno<br />

di cultura, di storia, vero<br />

laboratorio di una facoltà di<br />

Architettura, come anche i<br />

viaggi di studio, fanno sì che lo<br />

studente possa avere una formazione<br />

culturale completa,<br />

in vista della propria futura attività<br />

professionale.<br />

Al tempo stesso, la presenza<br />

della popolazione studentesca<br />

ha inciso sulla realtà siracusana<br />

ed ha determinato da<br />

tempo un mutamento dell’assetto<br />

originario della città, con<br />

ricadute sugli incontri culturali,<br />

sulle attività commerciali e<br />

sulle attività ludiche e di ristorazione.<br />

Nel contempo il rinnovato<br />

fermento nel mercato immobiliare,<br />

sempre in continua ascesa,<br />

e l’incessante – e sempre in<br />

crescita – interesse verso il<br />

consolidamento, il recupero e<br />

la valorizzazione del patrimonio<br />

architettonico esistente,<br />

hanno prodotto, nelle abitudini<br />

e nella mentalità dei cittadini<br />

aretusei, un significativo<br />

mutamento in ordine alle nuove<br />

esigenze, dettate dalla sempre<br />

più attenta popolazione<br />

studentesca.<br />

Ma si intravede un’altra<br />

ricaduta sul territorio, certamente<br />

di più ampia rilevanza,<br />

determinata dal crescente, e<br />

sempre maggiore, numero di<br />

laureati i quali, fortificati nel<br />

loro sapere e consapevoli delle<br />

loro conoscenze nel settore di<br />

una ferma e rigorosa composizione<br />

architettonica, della teoria<br />

del recupero degli insiemi<br />

edilizi e della cultura del restauro<br />

del patrimonio storico<br />

monumentale, agiranno a tutto<br />

campo, determinando una<br />

ragionata modificazione dell’ambiente<br />

o il mantenimento e<br />

consolidamento dei valori<br />

naturali, fortemente significativi<br />

per quel luogo.<br />

E così i futuri interventi saranno<br />

anche segni di un nuovo<br />

e più intenso fermento di rinnovamento,<br />

proseguendo sulla<br />

strada di quanto già fatto all’interno<br />

delle aule, durante i corsi<br />

universitari, nei laboratori di<br />

progettazione architettonica e<br />

in occasione della conclusione<br />

del ciclo di studi con la dissertazione<br />

delle tesi di laurea,<br />

momento e luogo di sperimentazione<br />

e di simulazione di una<br />

convinta volontà intesa a dare,<br />

con interventi mirati, onestà<br />

culturale, pulizia architettonica<br />

e riequilibrio ad una città<br />

così fortemente storicizzata.<br />

39


memoria dell’ateneo<br />

40<br />

Otto anni a Catania<br />

<strong>Antonio</strong> <strong>Guarino</strong><br />

<strong>Antonio</strong> <strong>Guarino</strong> (1914), già magistrato e senatore della<br />

repubblica, è professore emerito di diritto romano nell’università<br />

Federico II di Napoli e fondatore delle riviste<br />

romanistiche IVRA, con Cesare Sanfilippo nel 1950, e<br />

Labeo nel 1955. Erede della scuola di diritto romano partenopea,<br />

ne è stato degno continuatore con allievi numerosi<br />

e di prestigio. Instancabile organizzatore culturale e giurista a tutto<br />

tondo, ha al suo attivo una produzione scientifica vastissima e raffinata,<br />

che privilegia la scienza romanistica ma non è mai da meno nei frequenti<br />

contributi di diritto positivo e di storia dell’antichità.<br />

Di solito mi vanto di aver<br />

trascorso a Catania i<br />

primi dieci anni della<br />

mia carriera di professore di<br />

ruolo. Ma ho fatto meglio i<br />

conti. Gli anni catanesi sono<br />

stati soltanto otto: dal 1942-43<br />

al 1949-50, dopo di che passai<br />

a Napoli. Il fatto è che in quel<br />

periodo di tempo obbiettivamente<br />

piccolo io e i miei colleghi<br />

della facoltà giuridica<br />

(primo fra tutti l’indimenticabile<br />

Cesare Sanfilippo) ce la<br />

prendemmo tanto a cuore per<br />

superare i dissesti provocati<br />

dalla guerra e facemmo tante<br />

cose per rimettere in sesto l’organizzazione<br />

scientifica e didattica,<br />

che gli anni furono<br />

sostanzialmente pari non dico<br />

a dieci, ma addirittura ad una<br />

ventina. E un altro fatto, sia<br />

detto senza enfasi, è che io a<br />

Catania ho lasciato una buona<br />

parte del mio cuore. Ora che<br />

sono vecchio e fuori servizio,<br />

ma sì, vi ritornerei per chiudere<br />

la mia lunga vita (e possibilmente,<br />

prima del congedo, per<br />

provare ancora una volta, o<br />

meglio due, o meglio anche<br />

dieci, il gusto impareggiabile<br />

della “scacciata” appena tirata<br />

fuori, scottante e gravida di formaggio<br />

fresco, dal forno). Non<br />

solo. Finalmente mi prenderei<br />

un fine di settimana a Taormina,<br />

località incantevole che,<br />

mi dovete credere, durante gli<br />

otto anni di Catania non sono<br />

mai riuscito a visitare.<br />

Il sospirato concorso universitario<br />

lo vinsi a fine novembre<br />

del 1942. Dato che ero a<br />

Roma, impegnato a fare il<br />

magistrato in Tribunale, il giorno<br />

dopo mi precipitai al Ministero<br />

dell’Istruzione per sapere<br />

se e quale ateneo fosse disponibile<br />

per un neo-professore di<br />

Storia del diritto romano. Ve ne<br />

erano due: Camerino e Catania.<br />

I vecchi maestri cui mi rivolsi<br />

per suggerimenti mi consigliarono<br />

tutti la vecchia e gloriosa<br />

Camerino, visto che Catania<br />

era quotidianamente sotto<br />

bombardamento degli Anglo-<br />

Americani che avevano occupato<br />

ormai la Tunisia. Non so<br />

dire perché (forse fu in quanto<br />

Catania, Villa Cerami:<br />

la Grande bagnante di Emilio Greco


era molto più popolata di studenti)<br />

scelsi Catania. Ai primi di<br />

dicembre feci il primo viaggio:<br />

tutto sommato, piuttosto scomodo,<br />

ma lungo il Tirreno,<br />

attraverso lo Stretto e poi su una<br />

Littorina (così la si chiamava<br />

allora) che lambiva le magiche<br />

acque da Messina ad Acitrezza.<br />

Bombardamenti nessuno. Mi<br />

dissi che forse si stava esagerando<br />

con queste storie dei<br />

bombardamenti incessanti.<br />

Ma, quando giunsi in città e<br />

mi vi inoltrai su uno scassatissimo<br />

taxi, ebbi una doccia<br />

fredda. Le mura della periferia<br />

erano zeppe di manifesti e<br />

manifestini funerari che lamentavano<br />

la morte di un<br />

figlio, di un fratello, di uno zio,<br />

di un cugino, di un padre e via<br />

dicendo. Un’ecatombe. Solo<br />

qualche giorno dopo mi spiegarono<br />

che i morti c’erano, ma<br />

non erano tanti quanti si poteva<br />

figurarsi: nell’uso popolare,<br />

i manifesti mortuari erano fatti<br />

affiggere non dall’intera famiglia<br />

del defunto, ma dai singoli<br />

congiunti, cioè dalle singole<br />

persone di cui lo scomparso<br />

fosse padre, figlio, nonno, nipote<br />

eccetera. Non dico che fu<br />

una notizia lieta. Dico solo che<br />

fu, almeno in un certo senso,<br />

una ragione di minore allarme.<br />

Comunque lasciamo andare<br />

queste tristezze. Quando il<br />

taxi, quel giorno dell’arrivo, mi<br />

sbarcò davanti all’edificio dell’università<br />

fu una meraviglia,<br />

uno stupore, una gioia. Vetri<br />

rotti e infissi scassati in quantità,<br />

ma la bellissima struttura<br />

era, nel suo complesso, intatta.<br />

E intatta sarebbe rimasta, a<br />

scorno dei pessimisti e dei<br />

menagramo, sino alla fine<br />

della guerra.<br />

Sanfilippo lo trovai in una<br />

sala del seminario giuridico,<br />

all’ultimo piano, che leggeva<br />

gravemente (tutto gravemente<br />

faceva Sanfilippo) un passo<br />

dalla Glossa di Accursio sedu-<br />

Catania, Villa Cerami<br />

to davanti ad un tavolo coperto<br />

da molti altri libri. Di poche<br />

parole, ma nella sostanza addirittura<br />

fraterno. Mi fece fare il<br />

giro del palazzo anche per presentarmi<br />

ad altri professori presenti:<br />

primo fra tutti Orazio<br />

Condorelli, filosofo del diritto<br />

che io tuttora considero uno<br />

dei più grandi gentiluomini di<br />

tutti i tempi. Stabilimmo d’accordo<br />

l’orario delle lezioni e la<br />

data della mia prolusione in<br />

aula magna. La prolusione<br />

(solennità di altri tempi) l’avrei<br />

fatta il mese successivo, il 21<br />

gennaio 1943, rivestito dalla<br />

severa toga universitaria catanese,<br />

davanti ai colleghi tutti in<br />

toga e al cospetto di un pubblico<br />

numeroso e tranquillissimo,<br />

quasi che fosse stato pattuito<br />

col nemico che in quel giorno<br />

e a quell’ora non vi sarebbero<br />

stati bombardamenti. Bombardamenti<br />

in effetti non ve ne<br />

furono. Fallica, il solenne portiere<br />

dell’edificio, mi disse per<br />

rassicurarmi: “Non si preoccupi,<br />

professore, oggi non vengono.<br />

Non vengono, anche se<br />

rimane stabilito che cornuti<br />

sono”.<br />

Il resto è storia. Storia di<br />

otto anni di intense vicende<br />

che non posso stare a raccontarvi<br />

io, essendo stato di esse<br />

uno degli attori. Occorrerebbe<br />

uno storico a tutto tondo che le<br />

ricostruisse e le valutasse. Ne<br />

verrebbe fuori, vi assicuro,<br />

qualcosa di molto interessante.<br />

Io posso dirvi solo che di quegli<br />

anni ormai lontani ho ricordi<br />

quasi tutti bellissimi. Quasi<br />

tutti, non tutti. Alcuni ricordi,<br />

lo ammetto, sono soltanto<br />

belli.<br />

41


l’università degli studenti<br />

42<br />

Alla ricerca dell’efficienza<br />

La qualità dei servizi dell’ateneo catanese<br />

Concetta Reina e Simone Tamburello<br />

La scorsa estate è stata presentata<br />

la Grande Guida<br />

all’università 2005, opera<br />

che giudica, in base a criteri<br />

scientifici, gli atenei e le facoltà<br />

italiane esprimendo una valutazione<br />

in un range tra 66 e 110,<br />

come fosse un normale laureato.<br />

Ebbene, tale indagine promossa<br />

da “Repubblica” e condotta<br />

dal Censis ha posizionato<br />

il nostro ateneo decimo rispetto<br />

agli undici grandi atenei nazionali.<br />

Il punteggio è stato di<br />

81/110, frutto della media delle<br />

quattro componenti di valutazione:<br />

strutture (76), internet<br />

(95), borse (78) e servizi (75).<br />

Una classifica che non ci rende<br />

giustizia dato che, a ben vedere,<br />

sono tanti i pregi del nostro<br />

pluricentenario ateneo, come<br />

anche dei suoi laureati, che<br />

hanno dato lustro nel mondo<br />

alla nostra terra; e tanti sono<br />

anche i pregi di una città definita<br />

da molti colleghi, italiani e<br />

no, “a misura di studente”.<br />

Ci potrebbero essere tuttavia<br />

tanti margini di miglioramento,<br />

a cominciare dalla voce<br />

in cui l’ateneo ha il voto più<br />

basso: i servizi. Per fare un concreto<br />

esempio, possiamo rivolgere<br />

la nostra attenzione a un<br />

servizio essenziale come la se-<br />

greteria studenti di una facoltà<br />

quale quella di Economia, che<br />

sta attraversando un trend crescente<br />

di iscritti. Una segreteria<br />

studenti svolge una gamma<br />

molto ampia di servizi, che spaziano<br />

dalle iscrizioni alla consegna<br />

delle tesi di laurea, fino a<br />

tutti i problemi relativi al pagamento<br />

delle tasse, passando per<br />

la registrazione degli esami<br />

superati da tutti gli studenti<br />

della facoltà e la verifica dell’attribuzione<br />

dei crediti. Ebbene,<br />

chi ha la necessità di accedere<br />

a questo servizio deve fare<br />

pazientemente la fila nell’atrio<br />

di palazzo Fortuna, in corso


delle Province, dove è allocata<br />

la segreteria, mediamente un<br />

paio d’ore.<br />

Per cercare di capire i motivi<br />

di questo disservizio, che è<br />

solo un esempio delle pecche<br />

che penalizzano oltremodo la<br />

valutazione del nostro ateneo,<br />

abbiamo consultato direttamente<br />

il dott. <strong>Antonio</strong> Mangano,<br />

responsabile della segreteria<br />

studenti della facoltà di Economia.<br />

Ciò che è emerso è in<br />

linea con il nostro modo di<br />

vivere, cioè senza mezze misure:<br />

se in alcuni casi ci si lascia<br />

andare ad inutili sprechi, in<br />

altri, come appunto per la<br />

segreteria, si deve fare “di<br />

necessità virtù”. E così, mentre<br />

la vecchia segreteria di via di<br />

Sangiuliano godeva di sei stanze,<br />

a palazzo Fortuna essa<br />

comprende la stanza di accoglienza<br />

al pubblico ed un’altra<br />

sola stanza, piena all’inverosimile<br />

di incartamenti. A parte la<br />

ristrettezza degli spazi, i molti<br />

studenti che aspettano fuori<br />

dalla porta si saranno sicuramente<br />

chiesti: perché non si<br />

aumenta il numero di impiega-<br />

ti allo sportello? La risposta è<br />

che il lavoro di segreteria dovrebbe<br />

essere svolto non dagli<br />

studenti part time, aventi solo<br />

funzioni di archiviazione e registrazione<br />

delle materie, ma<br />

dal personale strutturato, nella<br />

fattispecie gli ex articolisti denominati<br />

“puc”; ma i pochi in<br />

forza all’organico della segreteria<br />

sono “impegnati in altre<br />

attività”. Ancora, tanti si saranno<br />

chiesti: a che serve l’iscrizione<br />

on line quando poi la<br />

domanda deve comunque essere<br />

consegnata in segreteria?<br />

Qui, la questione si incastra<br />

con un altro disservizio: la non<br />

tempestività con cui vengono<br />

registrate le materie e la necessità<br />

di verificare, caso per caso,<br />

che lo studente abbia il numero<br />

di crediti necessari per accedere<br />

al successivo anno di<br />

corso; perché allora non agevolare<br />

chi deve solamente consegnare<br />

un modulo o chiedere<br />

un’informazione? La risposta è<br />

che il servizio offerto allo sportello<br />

è indifferenziato. Sì, è<br />

vero, il personale lavora con<br />

grande disponibilità, conti-<br />

nuando il servizio anche oltre<br />

l’orario ufficiale di chiusura per<br />

smaltire tutti gli studenti ancora<br />

in fila; ed è anche vero che<br />

la facoltà di Economia è lo<br />

specchio di un disagio comune<br />

a tutte le facoltà catanesi.<br />

Bisogna riconoscere che il<br />

vero nodo sta nella mancanza<br />

di fondi da parte dell’amministrazione<br />

centrale allo scopo di<br />

assumere altro personale strutturato.<br />

È paradossale però pensare<br />

al fatto che, mentre dentro<br />

le aule si studiano i concetti di<br />

ottimizzazione della forza lavoro<br />

e di impiego efficiente<br />

delle risorse produttive, fuori<br />

dall’aula c’è una fila interminabile<br />

per avere una semplice<br />

stampa, per la quale occorrono<br />

dieci secondi. Diciamo grazie<br />

al personale di segreteria per il<br />

suo impegno. Noi vorremmo<br />

però veder tutelato il nostro<br />

diritto allo studio e ad una università<br />

funzionale e a misura di<br />

studente, in modo da poter così<br />

scalare la classifica delle università<br />

italiane e occupare tra<br />

qualche anno un posto di rilievo<br />

nel panorama nazionale.<br />

43


libri e dintorni<br />

44<br />

La “grammatica”:<br />

una brutta parola?<br />

Salvatore Claudio Sgroi<br />

Èprobabile che, se si<br />

chiedesse agli Italiani –<br />

e varrebbe la pena di<br />

fare un qualche sondaggio<br />

nazionale in proposito – a che<br />

cosa faccia pensare una parola<br />

come “grammatica”, la maggior<br />

parte degli intervistati<br />

risponderebbe con associazioni<br />

negative di costrizione, di<br />

sofferenze, di errore, inevitabilmente<br />

legate alle trascorse<br />

esperienze scolastiche.<br />

Ora è indubbio che la lingua<br />

sia uno strumento sociale<br />

a un tempo di comunicazione<br />

intersoggettiva, di conoscenza<br />

della realtà e di espressione<br />

individuale. E in quanto strumento<br />

con tali funzioni essa<br />

non può non avere una “struttura”,<br />

una “grammatica”, un<br />

meccanismo interno grazie a<br />

cui può funzionare. Ogni parlante<br />

nativo, in quanto individuo<br />

in grado di svolgere queste<br />

tre funzioni, non può a sua<br />

volta non conoscere la grammatica<br />

della propria lingua,<br />

che ha imparato in maniera<br />

naturale grazie all’esposizione<br />

ad essa e all’interazione con i<br />

suoi simili. La grammatica (la<br />

“struttura”) immanente, “nascosta”<br />

nella/della lingua di<br />

una comunità (la chiamiamo<br />

Grammatica-1) è appresa naturalmente<br />

in maniera quasi<br />

“inconscia” dal singolo parlante<br />

nativo, colto o incolto (chiamiamo<br />

questa: Grammatica-<br />

2). Nessun parlante conosce<br />

peraltro la Grammatica-1, la<br />

struttura, della lingua di tutta<br />

una comunità in maniera completa.<br />

Nessun parlante conosce<br />

per es. tutte le parole e tutti i<br />

significati di una lingua di<br />

milioni di utenti; nessun parlante<br />

è in grado di capire realmente<br />

tutto quello che è per es.<br />

scritto in un quotidiano nazionale.<br />

Solo tutti i parlanti di una<br />

lingua nel loro insieme conoscono<br />

tutta la lingua. La lingua<br />

è peraltro soggetta a ogni possi-<br />

bile e imprevedibile mutamento<br />

in dipendenza dei bisogni<br />

cognitivi-comunicativi-espressivi<br />

dei suoi utenti. Il cui diverso<br />

“peso” sociale inciderà in<br />

misura maggiore o minore nel<br />

conferire prestigio e autorità a<br />

questo o a quell’uso. Sicché<br />

corretti saranno solo gli usi dei<br />

parlanti/scriventi “colti” o ben<br />

inseriti (“che contano”) nella<br />

società, scorretti invece gli usi<br />

di chi è “incolto” (o è rimasto<br />

socialmente emarginato).<br />

Dinanzi alla Grammatica-<br />

1, immanente, della lingua<br />

posseduta da milioni di utenti<br />

nativi (da ognuno solo in<br />

parte), che la modificano continuamente<br />

per i propri bisogni<br />

cognitivi-comunicativi-espressivi,<br />

c’è poi una terza Grammatica,<br />

quella causa di angosce<br />

dei parlanti-studenti, di cui<br />

sopra. Questa è in realtà la<br />

Grammatica intesa come “teoria”<br />

elaborata da grammatici<br />

e/o linguisti, allo scopo di dar<br />

conto del funzionamento e del<br />

cambiamento della Grammatica-1<br />

o struttura della lingua<br />

della comunità. La quale è<br />

peraltro inattingibile nella sua<br />

totalità se non attraverso lo studio<br />

della Grammatica-2 inconscia<br />

e parziale di alcuni parlanti/scriventi,<br />

colti. Quindi<br />

nessuna Grammatica-3, teoria<br />

della lingua, cioè nessun libro<br />

di grammatica potrà dar conto<br />

in maniera esaustiva della<br />

Grammatica-1, infinita, della<br />

lingua di milioni di utenti. Una<br />

teoria (grammaticale, o meno)<br />

sarà sempre parziale rispetto<br />

alla infinita realtà linguistica.<br />

Si spera solo che la teoria sia<br />

priva di patenti contraddizioni,<br />

anche se non si potrà mai


dimostrare la sua perfetta coerenza<br />

interna. Questa intrinseca<br />

parzialità e inadeguatezza<br />

di qualsiasi teoria grammaticale<br />

spiega quindi la molteplicità<br />

delle Grammatiche-3, dei libri<br />

di grammatica, la cui teoria<br />

può peraltro differenziarsi in<br />

base al modello o ai modelli: di<br />

tipo tradizionale di matrice<br />

greco-latina, o strutturale novecentesco,<br />

o generativo-trasformazionale,<br />

o sociolinguistico,<br />

ecc.<br />

Una ulteriore differenziazione<br />

distingue le teorie grammaticali<br />

di tipo prevalentemente<br />

normativo, preoccupate cioè di<br />

segnalare gli usi “normali”,<br />

non-marcati, da quelle di tipo<br />

prescrittivo ricche di indicazioni<br />

di forme “errate” da evitare,<br />

da quelle di tipo prevalentemente<br />

descrittivo degli usi “colti”<br />

e sociolinguistico, con annotazioni<br />

fredde, senza pregiudizi<br />

anche degli usi “incolti”.<br />

La definizione del polisemico<br />

Grammatica, che si legge<br />

in un noto dizionario: «1.<br />

insieme delle convenzioni e<br />

delle norme di scrittura, pronuncia,<br />

sintassi e morfologia di<br />

una lingua o di un dialetto:<br />

grammatica italiana, francese,<br />

la grammatica del tedesco, 2a.<br />

studio sistematico di una lingua<br />

e delle sue norme; la disciplina<br />

che ha per oggetto tale<br />

studio: studiare, imparare la<br />

grammatica» – solo in parte<br />

contrappone (significato n. 1)<br />

la Grammatica-1 o struttura<br />

della lingua e la Grammatica-<br />

2 inconscia appresa dal parlante<br />

nativo (colto o incolto)<br />

alla (significato n. 2a.) Grammatica-3<br />

“teoria della lingua”,<br />

descrittiva-prescrittiva-normativa-sociolinguistica,<br />

di tipo<br />

tradizionale o moderno.<br />

C’è ancora da chiedersi perché<br />

a scuola si studia la Grammatica-3.<br />

La finalità quasi universalmente<br />

riconosciuta è<br />

quella di “parlare e scrivere<br />

correttamente la lingua”. Tale<br />

finalità non va certamente negata,<br />

ma non va neppure supervalutata<br />

(come invece si tende a<br />

fare, con l’effetto di generare<br />

angosce a generazioni di studenti).<br />

Come si diventa bravi<br />

guidatori guidando la macchina,<br />

anziché discutendo di essa,<br />

di come funziona ecc., così si<br />

diventa bravi utenti della lingua<br />

parlata e scritta facendo pratica<br />

della lingua parlata e scritta,<br />

cioè leggendo moltissimo e<br />

scrivendo, verbalizzando cioè i<br />

propri pensieri per sé e per gli<br />

altri, ascoltando discorsi colti e<br />

discutendo con persone colte...<br />

E allora a che serve studiare la<br />

Grammatica-3? Semplicemente:<br />

per il piacere di capire come<br />

è fatta una lingua (e più in generale<br />

il linguaggio). Un oggetto<br />

complicatissimo, su cui ancora<br />

si sa troppo poco... Studiare la<br />

Grammatica-3, anzi le Grammatiche-3,<br />

di qualsiasi lingua,<br />

ha funzione “cognitiva”, serve<br />

ad esercitare l’intelligenza, dei<br />

bambini e degli adulti. E naturalmente<br />

si deve parlare ai bambini<br />

di teoria grammaticale in<br />

maniera diversa rispetto agli<br />

adulti. Leggere e sforzarsi di<br />

capire una Grammatica-3 anziché<br />

dare angoscia genera in<br />

realtà tranquillità e serenità – in<br />

quanto una teoria grammatica-<br />

le propone un ordine, una<br />

razionalità, pur se provvisoria,<br />

di una realtà irrefrenabile, quali<br />

sono gli usi infiniti di una comunità<br />

di parlanti.<br />

Infinita la lingua, ricchissima<br />

la tradizione di studi grammaticali<br />

dell’italiano. Tanto<br />

ricca e complessa che, dopo la<br />

Storia della grammatica italiana<br />

di C. Trabalza del 1908<br />

(ancor oggi insostituibile ma<br />

inevitabilmente invecchiata),<br />

nessuno ha più osato intraprendere<br />

uno studio così impegnativo.<br />

Il lettore non potrà<br />

quindi che rallegrarsi della<br />

Breve storia della grammatica<br />

italiana, cioè delle Grammatiche-3,<br />

di Simone Fornara (Carocci,<br />

Roma 2005), giovane<br />

studioso di grammatiche cinque-<br />

e settecentesche. Una<br />

“bussola” della collana carocciana,<br />

nata per rispondere alle<br />

esigenze delle lauree brevi e<br />

dei corsi con crediti, ma assai<br />

felice nella scelta della complessa<br />

materia. E di piacevolissima<br />

lettura. Un percorso organizzato<br />

per secoli (dal Quattrocento<br />

al Novecento), con<br />

scelte di autori e testi non<br />

scontati.<br />

Una mappa ricca di indicazioni<br />

sulle motivazioni esterne<br />

(la plurisecolare questione<br />

della lingua, i problemi dell’insegnamento)<br />

che hanno<br />

determinato l’esigenza di descrivere<br />

la lingua italiana, ovvero<br />

toscana. E con una felice<br />

scelta, suggerita dai precedenti<br />

studi intelligentemente utilizzati<br />

e aggiornati con ricerche<br />

di prima mano, di significativi<br />

fenomeni grammaticali<br />

interni (il numero delle coniugazioni,<br />

il congiuntivo, l’autonomia<br />

del condizionale, la prima<br />

persona dell’imperf. indic.,<br />

lui/lei come soggetto, distinzione<br />

nome/agg.). Poco più di<br />

un centinaio di pagine: solida<br />

piattaforma di una possibile<br />

monografia accademica.<br />

45


la voce delle facoltà<br />

46<br />

La voce delle facoltà<br />

Giurisprudenza<br />

Il Convegno dei costituzionalisti<br />

italiani<br />

La recente approvazione del<br />

“Trattato che adotta una Costituzione<br />

per l’Europa” rappresenta<br />

un momento cruciale<br />

nello sviluppo del processo di<br />

integrazione europea, mettendo<br />

alla prova – non senza una<br />

certa suggestione per via del<br />

lessico e degli istituti giuridici<br />

adottati – l’attualità di tematiche<br />

e nozioni tradizionali del<br />

diritto costituzionale nella prospettiva<br />

della realtà sopranazionale<br />

offerta dall’ordinamento<br />

comunitario.<br />

Un’approfondita riflessione<br />

scientifica sullo stato del processo<br />

di costituzionalizzazione<br />

dell’Unione europea si è<br />

avuta nel corso delle giornate<br />

dedicate ai profili dell’integrazione<br />

dei sistemi costituzionali<br />

europeo e nazionali, oggetto<br />

del convegno annuale dell’Associazione<br />

italiana dei costituzionalisti<br />

(A.I.C.) tenutosi a<br />

Catania il 14 e 15 ottobre, che<br />

ha visto la partecipazione di<br />

numerosi autorevoli studiosi<br />

del diritto costituzionale nazionale<br />

ed europeo.<br />

L’occasione di studio – la<br />

cui organizzazione è stata affidata<br />

al preside della facoltà di<br />

Giurisprudenza, prof. Luigi Arcidiacono,<br />

componente del<br />

consiglio direttivo dell’A.I.C. –<br />

è stata particolarmente utile<br />

per mettere a fuoco i più rilevanti<br />

aspetti della nuova<br />

“Costituzione europea” nell’ambito<br />

dell’evoluzione, più<br />

che cinquantennale, dell’esperienza<br />

comunitaria, anche allo<br />

scopo di tracciare alcune linee<br />

di tendenza per il prossimo<br />

futuro.<br />

I lavori congressuali, ai<br />

quali hanno portato un prezioso<br />

contributo anche il presidente<br />

della Corte costituzionale,<br />

prof. Pier Alberto Capotosti,<br />

ed il presidente emerito della<br />

stessa prof. Valerio Onida,<br />

nonché il prof. Giuliano Amato,<br />

già vice-presidente della<br />

Convenzione europea – si sono<br />

indirizzati nella triplice<br />

direzione attinente ai profili<br />

dell’integrazione dei sistemi<br />

costituzionali europeo e nazionale<br />

osservati, rispettivamente,<br />

dal lato delle istituzioni<br />

parlamentari, delle autorità<br />

governanti, nonché degli atti<br />

comunitari.<br />

Tra i numerosi aspetti emersi<br />

e dibattuti nelle relazioni<br />

congressuali, unanime è stato il<br />

riconoscimento del fatto che i<br />

parlamenti nazionali sono entrati<br />

a pieno titolo nell’articolazione<br />

organizzativa del Trattato-Costituzione:<br />

non solo per<br />

completare l’architettura istituzionale<br />

“multilivello” dell’Unione;<br />

ma anche, con tutta la<br />

carica dell’esperienza di demo-<br />

crazia rappresentativa che radicano<br />

in sé, nell’obiettivo di<br />

compensare il noto deficit di<br />

legittimazione democratica dell’ordinamento<br />

europeo.<br />

Al contempo, nel nuovo<br />

disegno costituzionale europeo<br />

risulta rafforzata l’idea di<br />

un parlamento “non legislatore”,<br />

che si caratterizza essenzialmente<br />

per la posizione di<br />

controllo sul governo; si tende<br />

a guardare con particolare<br />

interesse alle nuove disposizioni<br />

costituzionali europee in<br />

materia di forma di governo,<br />

miranti soprattutto al rafforzamento<br />

del vincolo fiduciario<br />

tra commissione e parlamento<br />

europeo. In merito alla funzione<br />

esecutivo-amministrativa è<br />

stato avvertito come si vada<br />

affermando un sistema unico,<br />

risultante dall’intreccio tra<br />

azione europea e nazionale,<br />

che tende a sostituire la tradizionale<br />

distinzione fra i due<br />

ordinamenti.<br />

Nonostante le difficoltà ed i<br />

contraccolpi nel processo di<br />

ratifica in Francia ed in Olanda,<br />

per via, com’è noto, dell’esito<br />

negativo dei referendum,<br />

l’esperienza comunitaria sembra<br />

volgere ad una dimensione<br />

qualitativamente nuova, dando<br />

vita ad una evidente discontinuità<br />

con i trattati precedenti:<br />

il richiamo ai principi ed ai<br />

valori del costituzionalismo<br />

segna l’ulteriore avanzamento<br />

del processo di integrazione


verso una più definita Unione<br />

politica, la cui configurazione<br />

– questo è certo – non può<br />

fare a meno delle tradizioni<br />

costituzionali comuni ai paesi<br />

membri.<br />

Incontro sulla tutela dei consumatori<br />

Quale tutela è riconosciuta ai<br />

consumatori vittime degli<br />

accordi tra imprese che hanno<br />

fissato prezzi più elevati per i<br />

beni e i per i servizi? Dopo una<br />

lunga polemica sulle pagine<br />

delle riviste, si sono confrontati<br />

su questo tema il 21 ottobre<br />

scorso nell’aula magna della<br />

facoltà di Giurisprudenza, per<br />

iniziativa congiunta dei dottorati<br />

di Diritto privato generale e<br />

di Diritto commerciale, il prof.<br />

<strong>Mario</strong> Libertini, ordinario di<br />

Diritto industriale dell’università<br />

di Roma “La Sapienza”,<br />

assertore della tutela sul piano<br />

della responsabilità extracontrattuale,<br />

e il prof. Carlo Castronovo,<br />

ordinario di Diritto civile<br />

dell’Università cattolica di<br />

Milano, fautore della tutela sul<br />

piano dell’invalidità negoziale.<br />

È seguito un serrato dibattito<br />

con numerosi e qualificati interventi:<br />

di particolare interesse<br />

la posizione, espressa dal<br />

prof. Belfiore e dalla prof.ssa<br />

Maugeri, volta ad individuare il<br />

fondamento della tutela dei<br />

consumatori, più che nella<br />

disciplina repressiva delle intese,<br />

nella norma sanzionatrice<br />

dell’abuso di posizione dominante.<br />

Lettere e Filosofia<br />

Inaugurazione nel segno del<br />

“nuovo” quella della facoltà di<br />

Lettere e Filosofia. Bando alla<br />

tradizionale “prolusione”, pre-<br />

ludio all’attività didattica, l’anno<br />

accademico 2005-06 è<br />

stato aperto dal neo-eletto preside<br />

prof. Enrico Iachello con<br />

una vera e propria presentazione<br />

della facoltà alla città, segno<br />

di un programma attraverso il<br />

quale quest’ultima intende<br />

svolgere un ruolo di “motore”<br />

di attività culturali e di sperimentazioni<br />

artistiche, in un<br />

sinergico rapporto fra istituzione<br />

universitaria e territorio.<br />

Così mercoledì 21 dicembre<br />

nell’Auditorium “Giancarlo De<br />

Carlo” del Monastero dei Benedettini<br />

(l’occasione ha visto<br />

anche l’intitolazione dello spazio<br />

al famoso architetto recentemente<br />

scomparso) il preside<br />

Iachello ha esposto gli intenti,<br />

i percorsi, le proposte del suo<br />

programma in una relazione su<br />

“La Facoltà e il territorio”, nella<br />

quale prioritario è apparso il<br />

rapporto con la comunità alla<br />

cui storia e alla cui identità in<br />

primo luogo l’istituzione universitaria<br />

appartiene. Il territorio<br />

è costituito dalla sua storia,<br />

dalle sue attese, ma soprattutto<br />

dai suoi protagonisti attuali: le<br />

scuole, le forze sociali, religiose,<br />

imprenditoriali e politiche,<br />

le altre istituzioni e associazioni<br />

culturali. Solo intessendo un<br />

fitto rapporto di confronto e di<br />

scambio con essi sarà possibile<br />

rendere produttivo l’impegno<br />

della facoltà e contribuire,<br />

attraverso lo statuto specifico,<br />

quello della ricerca e della formazione,<br />

allo sviluppo complessivo<br />

della comunità in cui<br />

si opera. È stato questo d’altronde<br />

il senso dell’“Omaggio<br />

a Catania. Il sorriso e la rabbia<br />

di Domenico Tempio”, titolo<br />

dell’inusuale “lezione” affidata<br />

all’interpretazione di Vincenzo<br />

Pirrotta, l’attore-cantastorie<br />

palermitano dalla declamazione<br />

epica della scuola di<br />

Mimmo Cuticchio, esibitosi in<br />

una straordinaria performance,<br />

affresco fantasmagorico de La<br />

Carestia di Tempio. Il poema<br />

della rivolta simbolo di una<br />

Catania settecentesca teatro di<br />

una sensibilità dalle cifre eccessive<br />

ma magnifiche, introdotto<br />

dal prof. <strong>Antonio</strong> Di<br />

Grado e contrappuntato dal<br />

travolgente accompagnamento<br />

della Bandamenano, ha dato<br />

l’avvio alle proposte culturali<br />

programmate da Lettere e<br />

Filosofia, concepite sia come<br />

eventi per il territorio sia quale<br />

risultato di progetti di ricerca e<br />

di formazione sempre più<br />

rispondenti alle attese e alle<br />

esigenze della comunità e vissuti<br />

come spazio “ideale” nel<br />

quale vivere una sinergica crescita<br />

sociale e culturale.<br />

Scienze della<br />

Formazione<br />

Convegno<br />

“Il Valore dei valori”<br />

Nei giorni 7-8 ottobre 2005 si è<br />

svolto nella nostra università, e<br />

nella sede decentrata di Scienze<br />

e tecniche psicologiche di<br />

Enna, un convegno organizzato<br />

dal Centro Interuniversitario<br />

per la Ricerca sulla genesi e<br />

sullo sviluppo delle motivazioni<br />

prosociali e antisociali (di<br />

cui la facoltà di Scienze della<br />

formazione fa parte). Il tema<br />

del convegno è stato incentrato<br />

sulla attuale valenza dei<br />

“valori”, nelle diverse declinazioni<br />

che essi assumono nella<br />

società contemporanea, e<br />

nella funzione essenziale che<br />

possono avere nella prevenzione<br />

della devianza e dei comportamenti<br />

antisociali. Il convegno<br />

ha visto la partecipazione,<br />

come relatore ospite, di<br />

uno dei più eminenti studiosi<br />

dei valori a livello mondiale, il<br />

prof. Shalom Schwarz della<br />

Hebrew University di Gerusa-<br />

47


la voce delle facoltà<br />

48<br />

lemme, insieme a relatori italiani<br />

delle università di Roma<br />

(A.S. Bombi, G.V. Caprara),<br />

Milano (V. Cigoli, E. Scabini),<br />

Padova (D. Capozza), Firenze<br />

(A. Fonzi), Napoli (P. Valerio),<br />

oltre che dell’università di Catania.<br />

L’iniziativa, che ha visto<br />

un’ampia partecipazione di<br />

pubblico e in particolare di studenti,<br />

è stata co-finanziata dal<br />

Consorzio ennese universitario<br />

e dalla fondazione “Cristina<br />

Mazzotti”.<br />

Conferenza sulla disabilità<br />

Il 27 ottobre, nell’aula magna<br />

dell’ateneo, il prof. Renzo Vianello,<br />

ordinario di Psicologia<br />

dello sviluppo e preside della<br />

facoltà di Psicologia dell’università<br />

di Padova, ha tenuto<br />

una conferenza per il personale<br />

docente e non docente dell’università,<br />

sul tema “Disabilità:<br />

problemi e possibili interventi”.<br />

L’iniziativa è stata promossa<br />

congiuntamente dalla<br />

facoltà di Scienze della formazione<br />

e dal Centro servizi per<br />

le problematiche delle disabilità,<br />

diretto dalla prof. Marcella<br />

Renis che, dopo l’intervento<br />

di saluto del rettore prof. Latteri<br />

e del preside prof. Di Nuovo,<br />

ha illustrato il significato dell’intervento<br />

per la riduzione<br />

delle barriere (non solo architettoniche,<br />

ma anche didattiche<br />

e psicologiche) come momento<br />

importante nello sviluppo<br />

dell’ateneo.<br />

Seminario di studi sulla riforma<br />

della scuola<br />

Il 17 novembre 2005 si è tenuto<br />

presso la sede della facoltà<br />

un seminario di studi in collaborazione<br />

con l’IRRE (Istituto<br />

regionale ricerca educativa)<br />

della Sicilia sul tema: “La riforma<br />

della scuola: che ne pensa-<br />

no docenti e genitori?”. Sono<br />

stati presentati i risultati di una<br />

ricerca empirica promossa dall’IRRE<br />

Sicilia, su come i diversi<br />

aspetti della riforma sono<br />

percepiti da docenti e genitori<br />

di scuola primaria.<br />

Il progetto è stato presentato<br />

dal preside della facoltà, prof.<br />

Santo Di Nuovo, docente di<br />

psicologia nell’università di<br />

Catania, vice-presidente IRRE<br />

Sicilia, da Alessandra La Marca,<br />

docente di didattica generale<br />

nell’università di Palermo<br />

e da Silvio Galeano, dirigente<br />

scolastico, entrambi componenti<br />

del Comitato tecnicoscientifico<br />

dell’IRRE Sicilia.<br />

I risultati della ricerca, utili a<br />

fare il punto in un momento di<br />

grande innovazione nella realtà<br />

scolastica, sono stati presentati<br />

dalle dott.sse Marina Guarnera<br />

e Irene Sapienza della<br />

nostra facoltà, e da Francesca<br />

Anello e Francesca Pedone dell’università<br />

di Palermo.<br />

Giornate di studio in collaborazione<br />

con la Provincia regionale<br />

di Catania<br />

L’assessorato alle pari opportunità<br />

della Provincia regionale<br />

di Catania ha organizzato<br />

insieme alla facoltà di Scienze<br />

della formazione un ciclo di<br />

seminari su temi di grande importanza<br />

per la riduzione delle<br />

“dis-parità” nel contesto sociale,<br />

a cui la formazione e l’educazione<br />

possono dare un rilevante<br />

contributo.<br />

La prima giornata di studio,<br />

coordinata dalla prof. Liana<br />

Daher, si è tenuta il 20 ottobre<br />

2005 sul tema, sempre drammaticamente<br />

attuale, dell’abuso<br />

sui minorenni; la seconda<br />

(11 novembre), a cura della<br />

prof.ssa Rosaria Longo, ha<br />

avuto per argomento “Donne e<br />

lavoro”; la terza (18 Novembre)<br />

è stata incentrata su “Stra-<br />

nieri come immigrati: fra integrazione<br />

e ghettizzazione”, ed<br />

è stata coordinata dal prof.<br />

Grzegorz J. Kaczyński. Le tre<br />

iniziative, che hanno visto coinvolti<br />

numerosi docenti, ricercatori<br />

e dottorandi della fa-coltà<br />

di Scienze della formazione,<br />

hanno avuto un’ampia e attenta<br />

partecipazione da parte di studenti<br />

e operatori del settore.<br />

Seminario di studi in memoria<br />

dello studente Sebastiano Lauretta<br />

Il 30 novembre 2005, nell’aula<br />

del dipartimento di Processi<br />

formativi, si è tenuto un seminario<br />

di studi sul tema “Convivere<br />

con l’handicap: Problematiche<br />

della disabilità insorta<br />

improvvisamente e del cambiamento<br />

di stato”.<br />

Hanno partecipato come relatori<br />

Marcella Renis, Graziella<br />

Scuderi e Stefania Scaffidi (del<br />

Centro disabili di ateneo),<br />

Simon Villani, Giuseppe Greco,<br />

Simona Panerai dell’IRCCS<br />

“Oasi di Troina”. Il seminario è<br />

stato l’occasione per ricordare<br />

lo studente della facoltà Sebastiano<br />

Lauretta, tragicamente<br />

scomparso nel 2005, attivamente<br />

impegnato nel lavoro di<br />

riabilitazione.<br />

Viaggio di studio presso la Mississippi<br />

State University.<br />

Come ogni anno, si è svolto nel<br />

mese di novembre 2005 il<br />

viaggio di studio presso l’università<br />

statunitense del Mississippi,<br />

con la quale la nostra<br />

facoltà ha un agreement di ricerca<br />

e didattica. Il viaggio ha<br />

visto la partecipazione di numerosi<br />

studenti insieme ad<br />

alcuni docenti della Facoltà (i<br />

proff. Giampaolo Catelli e Letterio<br />

Todaro, il dottorando dott.<br />

Cappello).


la voce delle facoltà<br />

48<br />

lemme, insieme a relatori italiani<br />

delle università di Roma<br />

(A.S. Bombi, G.V. Caprara),<br />

Milano (V. Cigoli, E. Scabini),<br />

Padova (D. Capozza), Firenze<br />

(A. Fonzi), Napoli (P. Valerio),<br />

oltre che dell’università di Catania.<br />

L’iniziativa, che ha visto<br />

un’ampia partecipazione di<br />

pubblico e in particolare di studenti,<br />

è stata co-finanziata dal<br />

Consorzio ennese universitario<br />

e dalla fondazione “Cristina<br />

Mazzotti”.<br />

Conferenza sulla disabilità<br />

Il 27 ottobre, nell’aula magna<br />

dell’ateneo, il prof. Renzo Vianello,<br />

ordinario di Psicologia<br />

dello sviluppo e preside della<br />

facoltà di Psicologia dell’università<br />

di Padova, ha tenuto<br />

una conferenza per il personale<br />

docente e non docente dell’università,<br />

sul tema “Disabilità:<br />

problemi e possibili interventi”.<br />

L’iniziativa è stata promossa<br />

congiuntamente dalla<br />

facoltà di Scienze della formazione<br />

e dal Centro servizi per<br />

le problematiche delle disabilità,<br />

diretto dalla prof. Marcella<br />

Renis che, dopo l’intervento<br />

di saluto del rettore prof. Latteri<br />

e del preside prof. Di Nuovo,<br />

ha illustrato il significato dell’intervento<br />

per la riduzione<br />

delle barriere (non solo architettoniche,<br />

ma anche didattiche<br />

e psicologiche) come momento<br />

importante nello sviluppo<br />

dell’ateneo.<br />

Seminario di studi sulla riforma<br />

della scuola<br />

Il 17 novembre 2005 si è tenuto<br />

presso la sede della facoltà<br />

un seminario di studi in collaborazione<br />

con l’IRRE (Istituto<br />

regionale ricerca educativa)<br />

della Sicilia sul tema: “La riforma<br />

della scuola: che ne pensa-<br />

no docenti e genitori?”. Sono<br />

stati presentati i risultati di una<br />

ricerca empirica promossa dall’IRRE<br />

Sicilia, su come i diversi<br />

aspetti della riforma sono<br />

percepiti da docenti e genitori<br />

di scuola primaria.<br />

Il progetto è stato presentato<br />

dal preside della facoltà, prof.<br />

Santo Di Nuovo, docente di<br />

psicologia nell’università di<br />

Catania, vice-presidente IRRE<br />

Sicilia, da Alessandra La Marca,<br />

docente di didattica generale<br />

nell’università di Palermo<br />

e da Silvio Galeano, dirigente<br />

scolastico, entrambi componenti<br />

del Comitato tecnicoscientifico<br />

dell’IRRE Sicilia.<br />

I risultati della ricerca, utili a<br />

fare il punto in un momento di<br />

grande innovazione nella realtà<br />

scolastica, sono stati presentati<br />

dalle dott.sse Marina Guarnera<br />

e Irene Sapienza della<br />

nostra facoltà, e da Francesca<br />

Anello e Francesca Pedone dell’università<br />

di Palermo.<br />

Giornate di studio in collaborazione<br />

con la Provincia regionale<br />

di Catania<br />

L’assessorato alle pari opportunità<br />

della Provincia regionale<br />

di Catania ha organizzato<br />

insieme alla facoltà di Scienze<br />

della formazione un ciclo di<br />

seminari su temi di grande importanza<br />

per la riduzione delle<br />

“dis-parità” nel contesto sociale,<br />

a cui la formazione e l’educazione<br />

possono dare un rilevante<br />

contributo.<br />

La prima giornata di studio,<br />

coordinata dalla prof. Liana<br />

Daher, si è tenuta il 20 ottobre<br />

2005 sul tema, sempre drammaticamente<br />

attuale, dell’abuso<br />

sui minorenni; la seconda<br />

(11 novembre), a cura della<br />

prof.ssa Rosaria Longo, ha<br />

avuto per argomento “Donne e<br />

lavoro”; la terza (18 Novembre)<br />

è stata incentrata su “Stra-<br />

nieri come immigrati: fra integrazione<br />

e ghettizzazione”, ed<br />

è stata coordinata dal prof.<br />

Grzegorz J. Kaczyński. Le tre<br />

iniziative, che hanno visto coinvolti<br />

numerosi docenti, ricercatori<br />

e dottorandi della fa-coltà<br />

di Scienze della formazione,<br />

hanno avuto un’ampia e attenta<br />

partecipazione da parte di studenti<br />

e operatori del settore.<br />

Seminario di studi in memoria<br />

dello studente Sebastiano Lauretta<br />

Il 30 novembre 2005, nell’aula<br />

del dipartimento di Processi<br />

formativi, si è tenuto un seminario<br />

di studi sul tema “Convivere<br />

con l’handicap: Problematiche<br />

della disabilità insorta<br />

improvvisamente e del cambiamento<br />

di stato”.<br />

Hanno partecipato come relatori<br />

Marcella Renis, Graziella<br />

Scuderi e Stefania Scaffidi (del<br />

Centro disabili di ateneo),<br />

Simon Villani, Giuseppe Greco,<br />

Simona Panerai dell’IRCCS<br />

“Oasi di Troina”. Il seminario è<br />

stato l’occasione per ricordare<br />

lo studente della facoltà Sebastiano<br />

Lauretta, tragicamente<br />

scomparso nel 2005, attivamente<br />

impegnato nel lavoro di<br />

riabilitazione.<br />

Viaggio di studio presso la Mississippi<br />

State University.<br />

Come ogni anno, si è svolto nel<br />

mese di novembre 2005 il<br />

viaggio di studio presso l’università<br />

statunitense del Mississippi,<br />

con la quale la nostra<br />

facoltà ha un agreement di ricerca<br />

e didattica. Il viaggio ha<br />

visto la partecipazione di numerosi<br />

studenti insieme ad<br />

alcuni docenti della Facoltà (i<br />

proff. Giampaolo Catelli e Letterio<br />

Todaro, il dottorando dott.<br />

Cappello).


AD AUGENDUM, FIRMANDUM,<br />

ET EXORNANDUM<br />

SICULORUM GYMNASIUM,<br />

CATINÆ IN URBE CLARISSIMA,<br />

VETUSTA BONARUM ARTIUM SEDE<br />

Monastero dei Benedettini,<br />

Biblioteca civica: sala Vaccarini

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!