i libri che fingiamo di aver letto - Investis
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segnati <strong>di</strong> un marchio funesto da cui tenersi lontani per<br />
gli anni a venire. Questo insegna tra l’altro <strong>che</strong> se la lettura<br />
non è vissuta (e non si è aiutati a viverla) come esperienza<br />
coinvolgente e creativa, fatta nel modo e nei tempi giusti,<br />
può an<strong>che</strong> <strong>aver</strong>e un effetto controproducente. Non è infatti<br />
soltanto una questione <strong>di</strong> bellezza o vali<strong>di</strong>tà letteraria, ma<br />
<strong>di</strong> scelte più o meno opportune in una determinata stagione<br />
della vita.<br />
Esistono però an<strong>che</strong> i <strong>libri</strong> (classici o meno) <strong>che</strong> si acquistano<br />
con l’idea <strong>di</strong> leggerli, “prima o poi”, ma <strong>che</strong> in realtà<br />
non si leggeranno, per motivi <strong>di</strong>versi. Ci sono invece i<br />
<strong>libri</strong> <strong>che</strong> si acquistano sapendo già in partenza <strong>che</strong> non<br />
saranno mai tolti dagli scaffali, l’acquisto non essendo stato<br />
motivato dal puro piacere <strong>di</strong> leggere, ma da un insieme <strong>di</strong><br />
sollecitazioni convergenti: l’estetica (la bella e<strong>di</strong>zione), la<br />
como<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> arredo, la pubblicità, la convenienza economica<br />
(basso prezzo o sconti), la facilità <strong>di</strong> acquisto, ecc. Basti<br />
pensare al fenomeno esplosivo <strong>di</strong> questi anni: i <strong>libri</strong> venduti<br />
in e<strong>di</strong>cola allegati ai giornali, <strong>che</strong> hanno sicuramente<br />
fatto scoprire un sorprendente Paese <strong>di</strong> clienti occasionali,<br />
ma <strong>che</strong> non hanno probabilmente generato molti più <strong>letto</strong>ri<br />
<strong>di</strong> quelli <strong>che</strong> esistevano prima.<br />
Perché si abbandona la lettura<br />
Diverso è il <strong>di</strong>scorso dei <strong>libri</strong> cominciati e non fi niti.<br />
Cominciamo col <strong>di</strong>re <strong>che</strong> è legittimo “abbandonare”<br />
un libro a se stesso se non corrisponde alle<br />
attese <strong>che</strong>, a ragione o a torto, si erano riposte<br />
in quel libro. O più semplicemente se, dopo<br />
un capitolo o due, la lettura risulta talmente<br />
astrusa o pesante, senza palpito e quin<strong>di</strong> poco<br />
coinvolgente da evocare subito quanto ebbe<br />
a <strong>di</strong>re il Manzoni a proposito dell’Ebreo <strong>di</strong><br />
Verona dello scrittore gesuita Antonio Bresciani:<br />
«Ho <strong>letto</strong> i primi due perio<strong>di</strong>, paiono<br />
due sentinelle <strong>che</strong> <strong>di</strong>cano: non andare avanti».<br />
Può an<strong>che</strong> capitare <strong>che</strong>, in altri luoghi<br />
e circostanze, si riprendano in mano quelle<br />
pagine in un primo tempo respinte e <strong>che</strong><br />
appaiono <strong>di</strong>verse da come erano state accolte<br />
la prima volta. E questo perché conta<br />
molto an<strong>che</strong> la <strong>di</strong>sposizione d’animo <strong>di</strong> chi<br />
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