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i libri che fingiamo di aver letto - Investis

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uone letture<br />

iniziati e non fi niti:<br />

<strong>di</strong> Giuliano Vigini<br />

Docente <strong>di</strong> Sociologia dell’e<strong>di</strong>toria<br />

contemporanea all’Università Cattolica<br />

<strong>di</strong> Milano<br />

Nei sondaggi, si sa, spesso si tende a dare <strong>di</strong> sé un’immagine<br />

migliore <strong>di</strong> quanto non sia e si afferma pertanto <strong>di</strong> <strong>aver</strong><br />

fatto qualcosa <strong>di</strong> positivo <strong>che</strong> invece non corrisponde alla<br />

realtà. Così è an<strong>che</strong> per i <strong>libri</strong>. Può capitare dunque <strong>che</strong>,<br />

per non vergognarsi <strong>di</strong> <strong>di</strong>re <strong>che</strong> non si è mai <strong>letto</strong> un classico<br />

considerato un caposaldo della letteratura universale<br />

o, perlomeno, della propria letteratura nazionale, si <strong>di</strong>ca<br />

<strong>di</strong> <strong>aver</strong>lo <strong>letto</strong> o perfi no ri<strong>letto</strong>. Salvo poi confessare, in un<br />

altro sondaggio ad hoc, <strong>che</strong> non era vero. Quel libro non<br />

lo si era proprio iniziato o, tutt’al più, lo si era iniziato,<br />

ma non si era riusciti a fi nirlo. Un sondaggio inglese – <strong>di</strong><br />

cui ha riferito Maria Novella De Luca su la Repubblica (6<br />

74<br />

i <strong>libri</strong> <strong>che</strong> fi ngiamo<br />

<strong>di</strong> <strong>aver</strong> <strong>letto</strong><br />

marzo 2009) – ha preso appunto in esame queste “false” o<br />

“incompiute” letture.<br />

Naturalmente, non ci soffermeremo qui sull’esistenza <strong>di</strong><br />

tanti millantati cre<strong>di</strong>ti letterari. Può però essere interessante<br />

cercare <strong>di</strong> capire le motivazioni (e giustifi cazioni) relative<br />

al “non <strong>letto</strong>” o al “non fi nito”.<br />

Il caso più comune <strong>di</strong> “non lettura” è probabilmente determinato<br />

dal fatto <strong>che</strong> non si è mai avuta l’occasione <strong>di</strong> <strong>aver</strong>e<br />

per le mani un certo libro, né si è mai stati suffi cientemente<br />

stimolati ad andarlo a cercare. Del resto, il <strong>di</strong>sinteresse o la<br />

noia rientrano tra le prime cause <strong>di</strong> non-lettura, e basta <strong>che</strong><br />

su un’opera soffi an<strong>che</strong> soltanto il venticello <strong>di</strong> essere oscuro<br />

o <strong>di</strong>ffi cile, complesso o noioso (l’Ulisse <strong>di</strong> Joyce o Il capitale<br />

<strong>di</strong> Marx sono due esempi classici) <strong>che</strong> subito si rinuncia.<br />

I classici e la scuola<br />

Per i classici non letti, bisogna riconoscere innanzitutto <strong>che</strong><br />

a volte li si è sentiti nominare sui banchi <strong>di</strong> scuola, non li si<br />

è capiti o comunque non sono stati accolti, e là perciò sono<br />

rimasti. Non sempre è perché non si sono avuti bravi insegnanti<br />

capaci <strong>di</strong> spiegarli nel modo dovuto e soprattutto <strong>di</strong><br />

farne innamorare. Il più delle volte è perché quei <strong>libri</strong> non<br />

erano proprio adatti per l’età in cui si è stabilito il primo<br />

contatto. E il cattivo ricordo <strong>di</strong> allora li ha evidentemente


segnati <strong>di</strong> un marchio funesto da cui tenersi lontani per<br />

gli anni a venire. Questo insegna tra l’altro <strong>che</strong> se la lettura<br />

non è vissuta (e non si è aiutati a viverla) come esperienza<br />

coinvolgente e creativa, fatta nel modo e nei tempi giusti,<br />

può an<strong>che</strong> <strong>aver</strong>e un effetto controproducente. Non è infatti<br />

soltanto una questione <strong>di</strong> bellezza o vali<strong>di</strong>tà letteraria, ma<br />

<strong>di</strong> scelte più o meno opportune in una determinata stagione<br />

della vita.<br />

Esistono però an<strong>che</strong> i <strong>libri</strong> (classici o meno) <strong>che</strong> si acquistano<br />

con l’idea <strong>di</strong> leggerli, “prima o poi”, ma <strong>che</strong> in realtà<br />

non si leggeranno, per motivi <strong>di</strong>versi. Ci sono invece i<br />

<strong>libri</strong> <strong>che</strong> si acquistano sapendo già in partenza <strong>che</strong> non<br />

saranno mai tolti dagli scaffali, l’acquisto non essendo stato<br />

motivato dal puro piacere <strong>di</strong> leggere, ma da un insieme <strong>di</strong><br />

sollecitazioni convergenti: l’estetica (la bella e<strong>di</strong>zione), la<br />

como<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> arredo, la pubblicità, la convenienza economica<br />

(basso prezzo o sconti), la facilità <strong>di</strong> acquisto, ecc. Basti<br />

pensare al fenomeno esplosivo <strong>di</strong> questi anni: i <strong>libri</strong> venduti<br />

in e<strong>di</strong>cola allegati ai giornali, <strong>che</strong> hanno sicuramente<br />

fatto scoprire un sorprendente Paese <strong>di</strong> clienti occasionali,<br />

ma <strong>che</strong> non hanno probabilmente generato molti più <strong>letto</strong>ri<br />

<strong>di</strong> quelli <strong>che</strong> esistevano prima.<br />

Perché si abbandona la lettura<br />

Diverso è il <strong>di</strong>scorso dei <strong>libri</strong> cominciati e non fi niti.<br />

Cominciamo col <strong>di</strong>re <strong>che</strong> è legittimo “abbandonare”<br />

un libro a se stesso se non corrisponde alle<br />

attese <strong>che</strong>, a ragione o a torto, si erano riposte<br />

in quel libro. O più semplicemente se, dopo<br />

un capitolo o due, la lettura risulta talmente<br />

astrusa o pesante, senza palpito e quin<strong>di</strong> poco<br />

coinvolgente da evocare subito quanto ebbe<br />

a <strong>di</strong>re il Manzoni a proposito dell’Ebreo <strong>di</strong><br />

Verona dello scrittore gesuita Antonio Bresciani:<br />

«Ho <strong>letto</strong> i primi due perio<strong>di</strong>, paiono<br />

due sentinelle <strong>che</strong> <strong>di</strong>cano: non andare avanti».<br />

Può an<strong>che</strong> capitare <strong>che</strong>, in altri luoghi<br />

e circostanze, si riprendano in mano quelle<br />

pagine in un primo tempo respinte e <strong>che</strong><br />

appaiono <strong>di</strong>verse da come erano state accolte<br />

la prima volta. E questo perché conta<br />

molto an<strong>che</strong> la <strong>di</strong>sposizione d’animo <strong>di</strong> chi<br />

75


uone letture<br />

legge, la serenità, la concentrazione, l’umore, l’ambiente<br />

adatto, ecc.: tutti fattori essenziali <strong>che</strong> possono mo<strong>di</strong>fi care<br />

notevolmente la percezione <strong>che</strong> si riceve da un libro in un<br />

determinato momento. Bisogna però <strong>di</strong>re <strong>che</strong> il più delle<br />

volte, quando un classico, un romanzo o un saggio vengono<br />

abbandonati, non si riprendono più in mano e anzi<br />

non si vede l’ora <strong>di</strong> liberarsene, perché, avendo già solai o<br />

cantine occupate, ed essendoci in casa poco spazio, non si<br />

vorrebbe rischiare <strong>di</strong> mandar fuori <strong>di</strong> casa i fi gli per voler<br />

conservare a tutti i costi an<strong>che</strong> i <strong>libri</strong> “brutti”.<br />

Il fenomeno dell’abbandono è naturalmente legato an<strong>che</strong><br />

alla lunghezza <strong>di</strong> un certo testo, sia in rapporto alla propria<br />

personale costanza, sia in relazione all’effettiva ristrettezza<br />

<strong>di</strong> tempo <strong>di</strong>sponibile, non meno <strong>che</strong> all’abitu<strong>di</strong>ne crescente<br />

<strong>di</strong> “consumare” tutto in fretta. Il fattore “tempo”, se rappresenta<br />

un ostacolo reale o psicologico molto forte per<br />

qualunque genere <strong>di</strong> lettura, è chiaro <strong>che</strong> per opere ponderose<br />

(tanto per esemplifi care: Guerra e pace <strong>di</strong> Tolstoj; I<br />

fratelli Karamazov <strong>di</strong> Dostoevskij; La montagna incantata <strong>di</strong><br />

Thomas Mann; Il mulino del Po <strong>di</strong> Bac<strong>che</strong>lli…), la fatica <strong>di</strong><br />

arrivare in fondo vince sull’ebbrezza <strong>di</strong> riuscire a conquistare<br />

alcune delle gran<strong>di</strong> vette della letteratura.<br />

La frantumazione del tempo<br />

Quando si parla <strong>di</strong> “tempo”, naturalmente, non ci si riferisce<br />

solo al tempo del lavoro e degli impegni, ma an<strong>che</strong> –<br />

come già in altre occasioni si è avuto modo <strong>di</strong> rilevare – al<br />

tempo “<strong>di</strong>sperso”, generato dal tipo <strong>di</strong> organizzazione e,<br />

in una certa misura, <strong>di</strong>sorganizzazione della nostra società,<br />

<strong>che</strong> in un modo o nell’altro ha ridotto la possibilità <strong>di</strong><br />

“scegliere” il proprio tempo e ha fatto scadere progressivamente<br />

la qualità del tempo vissuto. La per<strong>di</strong>ta d’intensità<br />

e continuità nella lettura <strong>di</strong>pende certamente an<strong>che</strong> dalla<br />

frantumazione <strong>di</strong> questo tempo della vita, <strong>che</strong> si è alienato,<br />

impoverito o <strong>di</strong>sperso, tale comunque da non rendere più<br />

attraente né facile l’incontro con il libro. Diminuendo la<br />

76<br />

Il fenomeno<br />

dell’abbandono<br />

è naturalmente legato<br />

an<strong>che</strong> alla lunghezza<br />

<strong>di</strong> un certo testo,<br />

sia in rapporto<br />

alla propria personale<br />

costanza, sia in relazione<br />

all’effettiva ristrettezza<br />

<strong>di</strong> tempo <strong>di</strong>sponibile,<br />

non meno <strong>che</strong><br />

all’abitu<strong>di</strong>ne crescente<br />

<strong>di</strong> “consumare”<br />

tutto in fretta.<br />

serenità e la concentrazione, la solitu<strong>di</strong>ne e il silenzio <strong>che</strong><br />

sono il delicato “ecosistema” entro il quale la lettura può<br />

attecchire e svilupparsi, ci si è trovati <strong>di</strong> fatto in con<strong>di</strong>zioni<br />

fi si<strong>che</strong> e psicologi<strong>che</strong> sempre meno favorevoli a costruire o<br />

a rafforzare gli spazi della lettura personale.<br />

Esiste però in questo una grande <strong>di</strong>fferenza tra femmine e<br />

maschi, in quanto le donne – oltre a leggere molta più narrativa<br />

degli uomini, come confermano da lunghi anni tutte<br />

le indagini sulla lettura – sono <strong>di</strong> gran lunga più costanti,<br />

motivate, coinvolte nelle storie <strong>che</strong> leggono, e raramente<br />

“abbandonano”, an<strong>che</strong> se caricate <strong>di</strong> impegni e se si tratta<br />

<strong>di</strong> romanzi <strong>di</strong> 800-1000 pagine.<br />

Un caso a sé, tra i <strong>libri</strong> non letti o poco letti, è sicuramente


la Bibbia. Una recente indagine, realizzata in nove Paesi<br />

dalla Federazione biblica cattolica e coor<strong>di</strong>nata da Luca<br />

Diotallevi, ha fatto emergere i seguenti dati. Gran parte<br />

degli italiani tiene in gran conto la Bibbia (il 66% contro il<br />

39% degli spagnoli e il 35% <strong>di</strong> francesi e olandesi); a volte,<br />

però, senza sapere bene <strong>che</strong> cosa sia (si confonde l’Antico<br />

con il Nuovo Testamento; si pensa <strong>che</strong> la Bibbia sia costituita<br />

dai soli Vangeli; in qual<strong>che</strong> caso si ritiene perfi no <strong>che</strong><br />

contenga i <strong>libri</strong> del Papa). Pur avendo un <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />

punti percentuali rispetto a Stati Uniti e Regno Unito (ma<br />

an<strong>che</strong> Germania e Polonia), il 75% degli italiani (<strong>che</strong> <strong>di</strong>venta<br />

l’84% tra i praticanti) ne possiede comunque almeno una<br />

copia, visto <strong>che</strong> in Italia se ne vendono parecchi milioni <strong>di</strong><br />

esemplari all’anno, tra e<strong>di</strong>zioni integrali e parziali. Quanto<br />

poi a leggerla, è tutta un’altra storia. Spesso, infatti, la Bibbia<br />

è soltanto un volume tra gli altri, magari in bella vista<br />

tra gli scaffali, ma <strong>che</strong> si prende raramente in mano. Basti<br />

<strong>di</strong>re <strong>che</strong> se negli Stati Uniti il 75% degli americani (l’83%<br />

dei praticanti, molti dei quali protestanti, quin<strong>di</strong> con una<br />

maggiore familiarità alla lettura della Bibbia rispetto ai cattolici)<br />

ha <strong>letto</strong> almeno un brano della Bibbia nell’ultimo<br />

anno, in Italia questa percentuale scende al 27% (38% tra<br />

i praticanti).<br />

Il libro più <strong>letto</strong><br />

La Bibbia, tuttavia, è un caso a sé an<strong>che</strong> per il fatto <strong>che</strong><br />

non dev’essere letta in modo continuativo, dall’inizio alla<br />

fi ne. I <strong>libri</strong> <strong>che</strong> la compongono sono molto <strong>di</strong>versi tra loro;<br />

alcuni sono molto impegnativi e si conquistano a fatica; in<br />

ogni caso bisogna leggerli e assaporarli con lentezza per<br />

coglierne pienamente il senso ed estrarne tutta la ric<strong>che</strong>zza.<br />

Tuttavia, per non farli rientrare nella categoria dei “non<br />

letti” o dei “non fi niti”, ogni tanto si dovrebbe pur scegliere<br />

<strong>di</strong> leggere qual<strong>che</strong> libro o almeno qual<strong>che</strong> passo della Bibbia.<br />

Invece – a conferma <strong>che</strong> la Bibbia fi nisce su qual<strong>che</strong><br />

scaffale e lì resta, <strong>di</strong>menticata – c’è un recente sondaggio<br />

77<br />

<strong>di</strong> Famiglia cristiana, dal quale emerge il dato allarmante<br />

<strong>che</strong> il 69% (incluso il 50% dei praticanti) non ha mai <strong>letto</strong><br />

per intero, nel corso <strong>di</strong> tutta la sua vita, i quattro Vangeli,<br />

mentre il 15% risponde “solo in parte” (vale a <strong>di</strong>re soltanto<br />

alcune parti <strong>di</strong> tutti e quattro).<br />

Un’altra categoria a parte (classici, romanzi o saggi contemporanei)<br />

è quella dei <strong>libri</strong> <strong>che</strong> si “assaggiano” o “annusano”<br />

soltanto. Una lettura frammentaria, altalenante e trasversale,<br />

una sorta <strong>di</strong> “zapping” tra un testo e l’altro, per leggere<br />

un capitolo, spiluccare qua e là un pensiero, trovare uno<br />

spunto, consultare un dato… Questo capita frequentemente<br />

per le opere <strong>di</strong> consultazione, ma può accadere an<strong>che</strong><br />

per un romanzo, giusto per farsi un’idea <strong>di</strong> come l’autore<br />

scrive e ambienta la storia; <strong>di</strong> dove a un certo punto va a<br />

parare… An<strong>che</strong> questi, se si vuole, sono <strong>libri</strong> “non letti”<br />

o “non fi niti”, ma onestamente non era nemmeno questa<br />

l’intenzione <strong>di</strong> chi è andato a consultarli.<br />

A voler completare il quadro, bisognerebbe an<strong>che</strong> accennare<br />

– se non altro per le <strong>di</strong>mensioni (12,8%, pari a oltre<br />

7 milioni <strong>di</strong> persone) – al fenomeno contrario a quello esaminato<br />

fi nora: ossia ai <strong>libri</strong> <strong>che</strong> vengono letti, ma <strong>che</strong> paradossalmente<br />

si <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> non <strong>aver</strong> <strong>letto</strong>. Questo fenomeno<br />

è determinato – statisticamente parlando – dai cosiddetti<br />

“<strong>letto</strong>ri morbi<strong>di</strong>” o, per meglio <strong>di</strong>re, inconsapevoli, nel senso<br />

<strong>che</strong> non percepiscono come veri e propri <strong>libri</strong> quelli <strong>che</strong><br />

stanno leggendo (gialli, romanzi rosa, guide turisti<strong>che</strong>, <strong>libri</strong><br />

per la casa, hobby e tempo libero, testi scaricati da Internet<br />

o su supporto <strong>di</strong>gitale, ecc.) e pertanto non si ritengono<br />

dei veri e propri <strong>letto</strong>ri. Qualcosa, quin<strong>di</strong>, si recupera alla<br />

categoria dei <strong>libri</strong> <strong>che</strong> si cominciano e si fi niscono.<br />

In defi nitiva, se sono tanti i <strong>libri</strong> <strong>che</strong> fi ngiamo <strong>di</strong> <strong>aver</strong> <strong>letto</strong>,<br />

sono ancora più numerosi quelli <strong>che</strong> abbiamo <strong>letto</strong>. E, in ogni<br />

caso, tanti o pochi <strong>che</strong> siano, l’importante è star bene con i<br />

<strong>libri</strong> <strong>che</strong> si sono scelti. Come <strong>di</strong>ceva Ennio Flaiano (Frasario<br />

essenziale per passare inosservati in società), alla fi ne «non si<br />

tratta <strong>di</strong> leggerli, ma <strong>di</strong> abitarli, <strong>di</strong> sentirseli addosso».

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