grandi artisti - Investis
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Giambattista Tiepolo (1696-1770), Apollo e Diana, 1757, Villa Valmarana, Vicenza. 40
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- Page 8: Il Divertimento è un compendio del
Giambattista Tiepolo (1696-1770),<br />
Apollo e Diana, 1757, Villa Valmarana,<br />
Vicenza.<br />
40
<strong>grandi</strong> <strong>artisti</strong><br />
41<br />
i Tiepolo,<br />
padre e fi glio<br />
a confronto<br />
di Claudio Strinati<br />
Dirigente Generale presso il Ministero<br />
per i Beni e le Attivotà Culturali<br />
Giambattista Tiepolo era certamente il più grande pittore<br />
del mondo quando nel 1750 arrivò con i fi gli e gli allievi<br />
a Würzburg per affrescare la volta monumentale. Fu<br />
il supremo capolavoro della tarda stagione barocca e il<br />
maestro dei maestri aveva con sé due fi gli entrambi pittori,<br />
Lorenzo e Giandomenico. Lorenzo poi sarà ricordato<br />
come egregio ritrattista ma ben diverso dal padre. Giandomenico<br />
invece entrerà nell’Olimpo dei <strong>grandi</strong> ma in<br />
modo paradossale, come vero e proprio “clone” paterno.<br />
Dipingeva esattamente come suo padre rifacendone lo<br />
stile e le espressioni in modo che quasi non si sarebbe<br />
potuto distinguerne la mano. Un caso da manuale di rapporto<br />
padre fi glio in cui la personalità paterna sovrasta e
<strong>grandi</strong> <strong>artisti</strong><br />
42
Giandomenico Tiepolo (1727-1804),<br />
Pulcinella e i saltimbanchi, 1791-93,<br />
Camera dei Pulcinella, Villa di Zianigo<br />
a Mirano.<br />
predomina come un destino implacabile cui ci si arrende<br />
senza discussioni.<br />
Pochi anni dopo Giambattista e Giandomenico mettono<br />
mano a uno dei cicli di affreschi più importanti di tutto<br />
il Settecento. È la Villa Valmarana presso Vicenza che da<br />
allora in poi sarà un punto di riferimento per ogni altro artista.<br />
Giandomenico adesso ha trent’anni. Il padre dipinge<br />
nella villa vera e propria ed è l’ennesima apoteosi della<br />
sua mano eccelsa. Il fi glio affresca la foresteria e le pitture<br />
non sono da meno. Sono, anzi, di una bellezza paradisiaca<br />
da restare esterrefatti. Assomiglia sempre moltissimo a<br />
suo padre ma comincia quella divaricazione che farà di<br />
Giandomenico un caso a sé in tutta la storia dell’arte universale.<br />
Diversi linguaggi pittorici<br />
È il 1757. Mentre Giandomenico è al lavoro, a Salisburgo<br />
nasce Wolfgang Amadeus Mozart che farà del rapporto<br />
con la fi gura paterna, il grande Leopold compositore cospicuo<br />
e didatta infl essibile, uno dei contenuti cruciali del<br />
suo lavoro fi no al culmine del Don Giovanni in cui la fi gura<br />
del Commendatore è modellata sul tema dell’ uccisione<br />
del padre. Giandomenico invece non sembra avere alcuna<br />
intenzione di uccidere il padre. Al contrario lo asseconda<br />
parlando la sua stessa lingua. Oggi diremmo che si muove<br />
sullo stesso piano del “signifi cante”.<br />
Il signifi cato, però, è altrove. Illustra la vita dei contadini e<br />
i lavori della campagne. Esegue una immensa elegia fatta<br />
però con il linguaggio eroico paterno che continua a riproporre<br />
ma calato sulla terra, mentre Giambattista pensa<br />
sempre di aggirarsi sull’Olimpo, come scrisse assai bene<br />
Alvise Zorzi. La discesa sulla terra è la dimensione dell’ironia<br />
ma il senso profondo del discorso è serio e dolente.<br />
Giandomenico racconta una sua verità, quella del mondo<br />
contadino semplice e onesto. Il linguaggio del padre può<br />
raffi gurare proprio ciò che il padre stesso non avrebbe te-<br />
43<br />
Nella sua opera<br />
Giandomenico si rivolge<br />
costantemente alla<br />
dimensione dell’infanzia<br />
e lavora a una sorta<br />
di processo regressivo<br />
in cui il linguaggio paterno<br />
si trasformi nel nutrimento<br />
per divertire i bambini.<br />
nuto in considerazione e Giandomenico procede imperterrito<br />
sulla strada di un assurdo apparente.<br />
Perché imitare quando si pensa in un altro modo? E qual<br />
è quell’altro modo? Il padre è prediletto dai potenti della<br />
terra. La sua arte è la ricchezza e l’apoteosi. Ma Giandomenico<br />
pensa che occorre coltivare il proprio giardino. Va<br />
sempre più spesso nella sua piccola residenza della Villa<br />
di Zianigo a Mirano. Ci impiegherà anni prima di decorarla<br />
con un cielo di affreschi in cui il culmine dell’arte<br />
tiepolesca celebrerà il suo trionfo inverso, cambiando di<br />
segno e diventando “negativo”. Bisognerà però aspettare la<br />
Rivoluzione Francese e la caduta di Venezia. Giandomenico<br />
per molto tempo continuerà a lavorare a commissioni<br />
illustri degne del padre ma il suo pubblico è al capo opposto<br />
dei potenti della terra. Si avvicina la fi ne del secolo<br />
e l’inizio del nuovo. Giandomenico intende rivolgersi alla<br />
dimensione dell’infanzia e lavora senza pause a una sorta<br />
di processo regressivo in cui il linguaggio paterno si trasformi<br />
nel nutrimento per divertire i bambini. Mette su un<br />
ciclo di disegni, di rara e mirabile bellezza, che chiamerà<br />
Divertimento per li regazzi.<br />
La maschera di Pulcinella<br />
È la storia della vita di Pulcinella assurto a personaggio<br />
unico del suo immaginario. Anche la Villa di Zianigo si<br />
riempie dell’immagine di Pulcinella. Con un’ottica molto<br />
analoga a quella del Walt Disney che inventa Paperopoli,<br />
Giandomenico propone ai suoi lettori la storia di una<br />
maschera che è nello stesso tempo se stesso e tutti i personaggi<br />
che la circondano. È il mondo di Pulcinella dove<br />
la tragedia e la commedia si rimescolano perché la maschera<br />
non lascia trapelare fi no in fondo il mutare delle<br />
emozioni. Dunque è il personaggio ideale per affrontare il<br />
corpo a corpo decisivo con l’aulico linguaggio del padre<br />
che nel frattempo era scomparso dopo aver conosciuto un<br />
amaro declino nell’ultimo suo viaggio di lavoro in Spagna.
<strong>grandi</strong> <strong>artisti</strong><br />
Di Pulcinella Giandomenico racconta Vita, Morte e Resurrezione,<br />
e la sua Villa di Zianigo è un po’ come la Quinta<br />
del sordo di Goya, la casa in cui ci si ritira per dialogare<br />
solo con se stessi e sprofondare nell’amarezza del proprio<br />
linguaggio che fu retaggio paterno ed è ora prigione da<br />
cui non ci si può e non ci si vuole liberare. La maschera<br />
di Pulcinella è una specie di burattino e in tal senso è il<br />
precedente più illustre e sconvolgente di Pinocchio per il<br />
quale il padre è costruttore e genitore insieme. Quando<br />
Pinocchio trova, alla fi ne, se stesso buffo come burattino,<br />
essendo effettivamento nato, riproduce la metafora di<br />
Giandomenico che trova il suo proprio linguaggio buffo<br />
e grottesco calandolo nella maschera che deve divertire i<br />
bambini, cioè il soggetto che al termine della travagliata<br />
parabola vuole identifi carsi col padre ma, nel contempo,<br />
comprende amaramente che non può. E tuttavia, lì stanno<br />
la sua salvezza e il suo riscatto rivolti a un mondo che<br />
verrà. Ed è proprio l’immagine del “Mondo Nuovo” quella<br />
radicalmente inventata da Giandomenico e da lui eletta a<br />
emblema. Il “Mondo Nuovo”, nel linguaggio dell’epoca,<br />
è la lanterna magica che sbalordisce i semplici e gli umili<br />
perché fa vedere il movimento embrionale delle fi gure.<br />
Giandomenico raffi gura ripetutamente il saltimbanco che<br />
mostra il “Mondo Nuovo” alla gente. Dipinge tutti di spalle<br />
mentre stanno guardando, saltimbanco compreso con<br />
la discrezione e l’eleganza con cui nel 1804 lasciò questo<br />
mondo.<br />
Infl uenza paterna<br />
Gli storici dell’arte hanno rifl ettuto molto sul signifi cato<br />
profondo del rapporto tra un padre di quella fatta e un<br />
fi glio di quel talento. Impossibile sottoporre a una indagine<br />
psicologica persone che non abbiamo conosciuto e<br />
che non possono parlare. È fi n troppo facile, forse, il tema<br />
del confronto-scontro padre fi glio individuato in un momento<br />
emblematico della storia della cultura e dell’arte.<br />
44<br />
Impossibile sottoporre<br />
a una indagine<br />
psicologica persone che<br />
non abbiamo conosciuto<br />
e che non possono<br />
parlare. È fi n troppo<br />
facile, forse, il tema<br />
del confronto-scontro<br />
padre fi glio individuato<br />
in un momento<br />
emblematico della storia<br />
della cultura e dell’arte.<br />
È vero, però, che la storia di Giambattista Tiepolo e di<br />
suo fi glio Giandomenico assume un signifi cato universale<br />
proprio sulla base del riscontro, oggettivamente possibile,<br />
del linguaggio che certamente non parla da solo, sia pure<br />
entro certi limiti, ed ha bisogno di essere fortemente sollecitato<br />
dalla forza dell’analisi.<br />
Che Giandomenico Tiepolo abbia vissuto una sorta di<br />
complesso paterno sembrerebbe assolutamente ovvio<br />
considerate le vicende della vita che lo videro a fi anco del<br />
sommo maestro, prima come collaboratore poi come artista<br />
indubbiamente autonomo ma sempre strettamente<br />
dipendente dalla indiscussa autorità paterna, Ci si è chiesto<br />
spesso se l’arte di Giandomenico sia stata una sorta di<br />
strumento di salvezza rispetto alle presumibili intrusioni<br />
paterne e quanto abbia agito quel meccanismo, che rifulge<br />
proprio nel rapporto padre-fi glio, di trasmissione del<br />
sapere in un destino di inevitabile paranoia anche se è<br />
palmare nell’insieme dell’opera di Giandomenico una dimensione<br />
ironica che avrebbe potuto, già di per sé, preservarlo<br />
dall’onnipotenza del padre.<br />
Certo il tema del confronto familiare nell’opera di Giandomenico<br />
è ineliminabile Egli resta per tutta la vita nello spazio<br />
mentale del “fi glio” mentre Giambattista fi no alla fi ne<br />
riveste il ruolo del dominatore. Lo fu effettivamente per-
Giandomenico Tiepolo (1727-1804),<br />
Pulcinelli acrobati, 1791-93, Camera<br />
dei Pulcinella, Villa di Zianigo a Mirano.<br />
45
<strong>grandi</strong> <strong>artisti</strong><br />
ché lo stile forgiato da Giambattista Tiepolo rimase senza<br />
dubbio lo stile vincente e tale da esprimere il concetto del<br />
potere in sé e per sé, attraverso quella insuperabile dote<br />
del dominio della forma sulla complessità dello spazio che<br />
lo rese sommo frescante e acutissimo impaginatore di rappresentazioni<br />
immani e spettacolari. Ora non c’è dubbio<br />
che Giandomenico, mantenendo in sostanza il modello<br />
stilistico del padre, fu totalmente alieno proprio dall’immane<br />
e dallo spettacolare. Proprio nell’opera che è stata<br />
considerata cruciale in Giandomenico, gli affreschi della<br />
villa di Zianigo poi trasferiti a Ca’ Rezzonico, la funzione<br />
dello “spettacolo” visivo è espunta a priori.<br />
L’animazione della fi gura<br />
Lo stile, come si è osservato, è sempre ossequiente all’intramontabile<br />
insegnamento paterno ma Giandomenico<br />
accentua un aspetto del “segno” derivato da Giambattista<br />
che il padre aveva teso, piuttosto, a moderare. Si tratta<br />
di una grafi a nervosa e eccitata che costruendo le fi gure<br />
le anima conferendo all’immagine, ancorchè ferma, una<br />
latente animazione. Ma mentre in Giambattista questa<br />
attitudine al tratto “dinamico” trova espansione proprio<br />
nella immensità degli spazi che il pittore governa da vero<br />
padrone e signore della materia pittorica, in Giandomenico<br />
questo tratto diviene una sorta di “sismogramma” che<br />
agita e squassa quasi le fi gure coprendo integralmente lo<br />
spazio disponibile ma mantenendo una gracilità e una discrezione<br />
che sono all’opposto dello spirito paterno, quasi<br />
che quello stile unico e incomparabile che passsa da padre<br />
a fi glio fosse nato in Giambattista dall’audacia e dal coraggio<br />
e in Giandomenico si fosse perpetuato nel disagio<br />
e nella paura. In uno degli affreschi culminanti di Zianigo<br />
si vede una volta dove è rappresentata una specie di altalena<br />
dei Pulcinella, quasi una grottesca ascensione verso il<br />
cielo in bilico su una corda oscillante. L’assurdità del tema<br />
è evidente e un sospetto quasi di blasfemo attraversa la<br />
46<br />
scena. Del resto Pulcinella, maschera napoletana per antonomasia<br />
ma eletta da Giandomenico a personaggio chiave<br />
della sua potenza narrativa, è moltiplicato in innumerevoli<br />
fi gure nelle sue storie. In altre parole Giandomenico<br />
non rappresenta la storia di Pulcinella ma “dei” Pulcinella<br />
in quanto immagina una umanità tutta fatta di maschere<br />
purchè la maschera sia unica e sia appunto quella di<br />
Pulcinella: una specie di fi gura universale in cui l’umanità<br />
possa specchiarsi. Ma va ricordato come l’umanità<br />
che si specchia nella maschera è l’umanità dei bambini<br />
perché, parallelamente alla affrescatura della Villa di Zianigo,<br />
Giandomenico Tiepolo crea quell’album incredibile<br />
e insolito in tutta la storia dell’arte occideiitale che è il<br />
Divertimento per li regazzi, carte 104, che in altrettanti disegni<br />
narra la vita di Pulcinella. È esplicito dunque che<br />
il pubblico di Giandomenico sia il pubblico dell’infanzia,<br />
con contrapposiziotie formidabile rispetto al padre, il cui<br />
pubblico fu quello dei potenti e dei governatori della Terra.<br />
L’infanzia, per principio, non detiene alcun potere se<br />
non quello degli affetti, della fantasia e della spontaneità.<br />
Regressione infantile<br />
Giandomenico, dunque, giunto alla fíne della sua vita regredisce<br />
all’infanzia e in questo si contrappone in modo<br />
totale e disperato alla fi gura paterna, accettando il suo<br />
statuto ipostatizzato e inevitabile di fi glio ma ribaltandolo<br />
in un valore estetico altrettanto potente e universale di<br />
quello conseguito dal genitore. Dunque Tiepolo padre, in<br />
prospettiva storica, “contiene” suo fi glio ma il fi glio ha elaborato<br />
un residuo che sfuggirà a qualunque rigido inquadramento<br />
dentro il modello della fi gura paterna. Il Divertimento<br />
per li regazzi è sostanzialmente una favola ed è interessante<br />
notare come il risveglio di interesse per il mondo<br />
della favola, che porterà dopo non moltissimo tempo al<br />
lavoro dei Fratelli Grimm in Germania, sia già ben consolidato<br />
in Giandomenico che del resto aveva avuto esempi
Il Divertimento<br />
è un compendio<br />
della vita dell’uomo<br />
ed è uno sguardo gettato<br />
sul <strong>grandi</strong>oso problema<br />
del rapporto tra visione<br />
laica e visione religiosa<br />
della vita.<br />
memorabili a Venezia, come quello di Carlo Gozzi, verso<br />
il ripristino del mondo della favola per bambini nell’orizzonte<br />
culturale dei <strong>grandi</strong> e dei dotti. Dopo Giandomenico<br />
nascerà e si consoliderà una letterattura per l’infanzia che<br />
in Italia darà uno dei massimi prodotti della letteratura<br />
universale proprio nel libro di Pinocchio la cui immagine<br />
è già adombrata da Giandomenico nel Divertimento per li<br />
regazzi e nella sua interpretazione della maschera di Pulcinella.<br />
Il Divertimento è un compendio della vita dell’uomo<br />
ed è uno sguardo gettato sul <strong>grandi</strong>oso problema del rapporto<br />
tra visione laica e visione religiosa della vita, rapporto<br />
che il padre aveva trattato con enfasi monumentale<br />
e con magniloquenza idonea alla rappresentazione di un<br />
potere politico dominante.<br />
In questo Giandomenico Tiepolo è fi glio di quella Rivoltizione<br />
Francese che non potè invece entrare nel bagaglio<br />
culturale del grande genitore. È necessario, per comprendere<br />
al meglio la scelta ironica e dolente insieme del personaggio<br />
Pulcinella da parte di Giandomenico, ricordare<br />
le affermazioni di un grande intellettuale dell’epoca, Ferdinando<br />
Galiani, che notò il successo della maschera napoletana<br />
al di sopra di altre immagini altrettanto famose.<br />
Galiani aveva scritto, parlando della fi gura del Pulcinella:<br />
«nel teatro certe volte fa le parti di un signore, altre volte<br />
di un servo, di un fi losofo o d’altri, secondo i diversi<br />
capricci delle commedie, nelle quali, sempre che è bene<br />
rappresentata la sua parte con imitare i propri modi, atteggiamenti,<br />
sali, buffonerie che diconsi lazzi, è assai graziosa<br />
a dà da ridere molto più di quel che fa l’Arlecchino e il<br />
Brighella veneziano o il Dottore bolognese».<br />
Un’interpretazione psicanalistica<br />
Da questo punto di vista la connessione della fi gura di<br />
Giandomenico con una prospettiva di tipo psicanalitico,<br />
in particolare lacaniano, non è illecita quando si ricorda<br />
come nella dottrina di Lacan sia posto, proprio da un pun-<br />
47<br />
to di vista inerente al linguaggio, il grande tema dell’Io<br />
che non è considerato dallo psicanalista francese né un<br />
concetto unifi cante né unifi cato, ma piuttosto un insieme<br />
caotico di possibili identifi cazioni immaginarie, anche<br />
se alcune sono da considerarsi normative. Orbene la tesi<br />
portante di Lacan, in base a cui soltanto se l’inconscio è<br />
strutturato appunto come linguaggio l’operazione psicanalitica<br />
è possibile e legittimata, può trovare un campo di<br />
verifi ca nella emblematica vicenda del grande padre e del<br />
grande fi glio pittori.<br />
Logicamente la fi gura della maschera Pulcinella ha anche<br />
una componente demoniaca che è una mancanza di amore<br />
e di comprensione. Tutti i Pulcinella si assomigliano<br />
e sono, paradossalmente nel contempo tutti padri e tutti<br />
fi gli. Si assomigliano ma tale somiglianza è una perdita<br />
non un acquisto. Giandomenico, mantenendo sostanzialmente<br />
intatto il linguaggio del padre non mette in discussione<br />
quello che potremmo chiamare il “signifi cante”<br />
mentre opera sul signifi cato. Cosi facendo istituisce una<br />
sorta di riferimento “terzo” verso l’esterno, proprio mentre<br />
si rinchiude fi sicamente nella Villa di Zianigo che per lui<br />
signifi ca anche esilio volontario dal mondo. In tal modo<br />
si vi è l’accettazione del fatto che il padre “contenga” in sé<br />
il fi glio fi no alla fi ne, si capisce come il fi glio possa a sua<br />
volta “contenere” il padre nella dimensione prettamente<br />
infantile del gioco che allontana l’argomento ipostatizzandolo<br />
in una sorta di esclusione-inclusione dove è proprio<br />
l’Io a restare sospeso; mentre la maschera riprende il sopravvento<br />
appunto come elemento terzo che viene a costituire<br />
la dimensione del mistero impenetrabile, perché la<br />
maschera non può essere tolta e l’andirivieni tra ciò che è<br />
qualifi cabile come simbolico, ciò che è qualifi cabile come<br />
allegorico e ciò che è qualifi cabile come “reale” resta in<br />
quella stessa precaria sospensione in cui si trova il Pulcinella<br />
di Giandomenico nella scena della fi nta ascensione<br />
nell’affresco di Zianigo.