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industrie a rete - Investis

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<strong>industrie</strong> a <strong>rete</strong><br />

di Mario Sarcinelli<br />

Docente di Economia monetaria presso<br />

l’Università La Sapienza di Roma,<br />

Presidente di Dexia Crediop<br />

e Vicepresidente dell’ABI<br />

Come economista, mi sono occupato di regolazione bancaria,<br />

che ha come obiettivo la stabilità delle istituzioni creditizie,<br />

e in minor misura di quella fi nanziaria, che si prefi gge la<br />

trasparenza e la correttezza delle regole di condotta da parte<br />

degli intermediari. Soprattutto in questo periodo in cui la<br />

profonda crisi fi nanziaria è stata seguita da una Grande Recessione<br />

fervono le iniziative dei Governi e delle autorità di<br />

vigilanza per ridisegnare la regolazione e la supervisione delle<br />

banche, per renderle più resistenti nelle cattive congiunture<br />

e meno prone a generare rischi per la stabilità del sistema.<br />

Esistono, però, altri settori in cui si ricorre alla regolazione<br />

per la dimostrata incapacità del mercato di poter raggiungere<br />

attraverso la concorrenza una situazione ottimale per la so-<br />

48<br />

regole sì,<br />

ma non troppe<br />

cietà. La pubblicazione del libro curato da Alberto Biancardi<br />

“L’eccezione e la regola: Tariffe, contratti e infrastrutture” (Il<br />

Mulino/AREL, Bologna, 2009) su una concreta esperienza in<br />

Italia, quella del NARS o Nucleo di consulenza per l’Attuazione<br />

e la Regolazione dei Servizi di pubblica utilità, istituito<br />

con delibere del CIPE, è stata l’occasione per dare un’occhiata<br />

alla regolazione del settore infrastrutturale. A differenza di<br />

quelle più sopra menzionate e relative al settore fi nanziario,<br />

quest’ultima ha a che fare con la fi ssazione dei prezzi.<br />

Per facilitare la comprensione della tematica, vale la pena di<br />

dedicare un adeguato spazio alle <strong>industrie</strong> che hanno le caratteristiche<br />

di una infrastruttura, come quelle telefoniche,<br />

ferroviarie, autostradali, ecc.; nel gergo dei tecnici e degli<br />

economisti esse sono note come <strong>industrie</strong> a <strong>rete</strong> o verticali<br />

e posseggono tre caratteristiche: una produzione a monte,<br />

un’infrastruttura intermedia di trasmissione o di trasporto,<br />

una fornitura di servizi a valle. Negli esempi mi riferirò, per<br />

comodità, all’industria telefonica, un’industria a <strong>rete</strong> ben nota<br />

al pubblico per il crescente utilizzo che se ne fa.<br />

Le <strong>industrie</strong> verticali<br />

Con riguardo alla loro organizzazione, le <strong>industrie</strong> verticali<br />

possono assumere sei tipologie: a) integrazione verticale<br />

completa che elimina (o riduce fortemente) la concorrenza,


dando luogo a un vero e proprio monopolio, spesso defi nito<br />

naturale; b) integrazione verticale di un’impresa con concorrenza<br />

di altre imprese, però, nei segmenti a valle e/o a<br />

monte soltanto; c) segmentazione orizzontale della struttura<br />

verticale con concorrenza nei segmenti a valle e/o a monte e<br />

monopolio per quella intermedia o infrastrutturale; d) come<br />

nel caso precedente, segmentazione orizzontale con concorrenza<br />

nei segmenti a valle e/o a monte, ma con interdizione<br />

di essere presente in questi ultimi per chi è proprietario/<br />

gestore dell’infrastruttura intermedia; e) proprietà congiunta<br />

dell’infrastruttura da parte delle imprese in competizione nei<br />

segmenti a valle e/o a monte; f) infi ne, competizione tra imprese,<br />

ciascuna integrata verticalmente, i cui segmenti intermedi<br />

o infrastrutturali possono anche essere interconnessi.<br />

In passato si preferiva in Europa il modello sub a), negli ultimi<br />

decenni si cerca di promuovere la concorrenza anche in<br />

queste <strong>industrie</strong> attraverso la segmentazione orizzontale nelle<br />

sue varie confi gurazioni.<br />

Va subito precisato che la relazione tra le <strong>industrie</strong> a <strong>rete</strong> e la<br />

performance economica di un Paese è di diffi cile quantifi cazione.<br />

Al riguardo esistono molti studi, soprattutto americani,<br />

ma le loro conclusioni non sono sempre convergenti. Comunque,<br />

è largamente condivisa l’opinione che le <strong>industrie</strong><br />

a <strong>rete</strong> sono cruciali per la competitività di un Paese o di una<br />

49<br />

grande area; è questa la convinzione alla base del favore per le<br />

Trans-European Networks nel Vecchio Continente alle quali<br />

dedicano grande attenzione l’Europa e la BEI. La letteratura<br />

empirica, tuttavia, è spesso scettica circa gli effetti su crescita<br />

aggregata e occupazione di siffatti investimenti infrastrutturali,<br />

specialmente se a carattere pubblico.<br />

Accantoniamo questa problematica e guardiamo alle caratteristiche<br />

tecnico-economiche di un’industria a <strong>rete</strong>. Esse, si<br />

badi, devono essere presenti almeno in parte in un’industria<br />

a struttura verticale, ma non è necessario che le annoveri<br />

tutte, il che ha una certa infl uenza sul problema se e come<br />

regolarle.<br />

L’infrastruttura di <strong>rete</strong><br />

Dobbiamo innanzitutto defi nire con maggior precisione<br />

cos’è l’infrastruttura di <strong>rete</strong>. Ebbene, è un insieme di<br />

nodi connessi da legami (links) per la comunicazione o il<br />

trasporto. Gli investimenti nelle infrastrutture di <strong>rete</strong> tendono<br />

ad avere due caratteristiche fondamentali. In primo<br />

luogo, sono irreversibili e danno luogo a sunk costs. In<br />

secondo, sono indivisibili (lumpy).<br />

Pertanto, oltre che irreversibile ed indivisibile, l’investimento<br />

di capitale per installare un’infrastruttura di <strong>rete</strong> è spesso<br />

cospicuo, va sostenuto all’inizio (up-front) ed è fi sso. A causa


<strong>industrie</strong> a <strong>rete</strong><br />

del carattere non reversibile, i costi possono non essere recuperabili,<br />

sicché diventano idiosincratici se si modifi cano le<br />

condizioni che avevano giustifi cato l’investimento. Purtroppo,<br />

tra le condizioni che possono peggiorare le prospettive<br />

economiche dell’investimento v’è anche la regolazione…<br />

Nel segmento infrastrutturale di un’industria a <strong>rete</strong> si hanno<br />

di norma forti economie di scala e/o di diversifi cazione<br />

(scope economies), con la conseguenza che più alta è la produzione,<br />

minore è il costo unitario. Si tratta di <strong>industrie</strong> dai<br />

costi fi ssi molto elevati e con quelli marginali decisamente<br />

bassi, sicché il costo medio diminuisce quanto più si utilizza<br />

il segmento di comunicazione o trasporto, entro i limiti ovviamente<br />

della sua capacità. Queste caratteristiche di costo<br />

rendono l’infrastruttura di una <strong>rete</strong> un monopolio naturale.<br />

Si badi, però, che quest’ultima non è una massa amorfa,<br />

indistinguibile, anzi spesso è costituita da molti e differenti<br />

componenti.<br />

Le <strong>industrie</strong> a <strong>rete</strong> sono ovviamente infl uenzate dall’innovazione<br />

tecnologica, con conseguenze drammatiche sulla<br />

loro struttura. Basti pensare alla telefonia fi ssa e all’avvento<br />

di quella mobile. Ciò ha comportato la riduzione del monopolio<br />

naturale di cui la prima godeva. Complica la regolazione,<br />

tuttavia, la perdurante presenza di quest’ultimo in<br />

alcune parti della <strong>rete</strong> fi ssa (problematica dell’ultimo miglio,<br />

nel gergo della telefonia). Ciò spiega il dibattito che si è avuto<br />

in Italia sulle condizioni per l’accesso delle reti mobili a<br />

quella fi ssa.<br />

Il ruolo della concorrenza<br />

Anche quando la concorrenza è possibile tra imprese che<br />

posseggono ciascuna la propria infrastruttura, i sunk costs<br />

tendono a scoraggiare la competizione tra gli operatori e<br />

a favorire la riduzione del loro numero, il che fa assumere<br />

al mercato una struttura oligopolistica, senza minacce<br />

dall’esterno. Il timore, infatti, che una concorrenza più accesa<br />

in futuro non permetta di recuperare i costi spinge il po-<br />

50<br />

tenziale new entrant a non farsi avanti. I costi iniziali, elevati<br />

e irreversibili, quindi, costituiscono anche una barriera che<br />

scoraggia l’ingresso di altri concorrenti nel mercato.<br />

Il grado di monopolio dell’industria a <strong>rete</strong> risulta più “protetto”<br />

in presenza dei cosiddetti vantaggi degli operatori<br />

presenti (incumbency advantages), di cui fruiscono quelli con<br />

impianti semi-ammortizzati e soprattutto con buona conoscenza<br />

della propria clientela e grande attenzione alle sue<br />

richieste. Infatti, i costi di trasferimento, non solo amministrativi<br />

ma anche psicologici, per il pubblico sono spesso<br />

elevati e non spingono a migrare verso un altro operatore se<br />

sono inferiori a una certa soglia. Tuttavia, se cambia la tecnologia<br />

in modo radicale, i vantaggi dell’incumbent possono<br />

tradursi in svantaggi. Questo, per esempio, è ancora il caso<br />

della telefonia fi ssa, che sta perdendo sempre più quote di<br />

mercato rispetto a quella mobile.<br />

Se l’industria è pienamente verticalizzata, la regolazione è<br />

volta a fi ssare un prezzo uguale al costo marginale, più un<br />

appropriato mark-up per i costi fi ssi. Se si è in presenza di<br />

concorrenza a valle e di una infrastruttura gestita in condizioni<br />

di monopolio da un bottleneck provider, se quest’ultimo<br />

opera anche nel settore a valle, non dovrebbe praticare prezzi<br />

che discriminino contro gli altri utilizzatori dell’infrastruttura,<br />

pratica che è nota nel gergo come foreclosure. Di qui<br />

la preferenza per una separazione strutturale e la necessità<br />

per la regolazione di concentrarsi sull’access charge o costo<br />

di accesso, al quale si è già accennato in precedenza. Ciò<br />

sembra necessario anche quando l’infrastruttura è proprietà<br />

congiunta delle imprese in concorrenza e persino in caso<br />

di imprese verticalmente in concorrenza tra loro quando le<br />

loro reti sono interconnesse.<br />

Regolazione e supervisione<br />

In altre parole, poiché la concorrenza in questi casi non<br />

è suffi ciente a risolvere il problema del prezzo di accesso,<br />

diventa necessaria un’azione di regolazione e conseguente-


Se l’industria è pienamente<br />

verticalizzata,<br />

la regolazione è volta<br />

a fi ssare un prezzo uguale<br />

al costo marginale,<br />

più un appropriato<br />

mark-up per i costi fi ssi.<br />

mente anche una di supervisione. Si ricordi che alti costi<br />

di accesso sono anch’essi una manifestazione di potere monopolistico<br />

e possono condurre a costruire by-pass, cioè a<br />

duplicare, almeno parzialmente, risorse di <strong>rete</strong>, con spreco<br />

di capitale.<br />

Se sul lato dell’offerta sono di norma gli elementi di monopolio<br />

naturale che giustifi cano l’intervento del regolatore e<br />

del supervisore nelle <strong>industrie</strong> a <strong>rete</strong>, su quello della domanda<br />

hanno lo stesso ruolo le esternalità, che si hanno quando<br />

l’azione di un utilizzatore infl uisce sul benessere di altri<br />

utenti della medesima <strong>rete</strong>. Ad esempio, l’uso del telefono o<br />

di un’autostrada arreca benefi ci agli altri utenti poiché contribuisce<br />

ad abbassare i costi unitari, ma può concorrere in<br />

determinate ore a deteriorare il livello di servizio per gli altri<br />

attraverso la congestione della <strong>rete</strong>. Si tratta nell’esempio citato<br />

di un’esternalità dell’utente.<br />

Accanto a queste, vi sono le esternalità di club, che si generano<br />

quando il valore attribuito da un individuo all’appartenenza<br />

ad una determinata <strong>rete</strong> aumenta con il numero degli<br />

utilizzatori. È il caso tipico del telefono ed è un fenomeno<br />

che in economia va sotto il nome di economia di scala dal<br />

lato della domanda. È lo stesso principio che ha portato alla<br />

diffusione della lingua inglese: più gente la conosce, la parla<br />

e la usa, maggiore diventa la sua importanza come strumento<br />

di comunicazione per l’utente, attuale come il turista o<br />

potenziale come lo scolaro.<br />

Le esternalità di club dipendono dalla dimensione e dalla<br />

capacità dell’infrastruttura di <strong>rete</strong> e generano di solito equilibri<br />

multipli in funzione del numero di utilizzatori. A mano a<br />

mano che questi ultimi aumentano e che la <strong>rete</strong> si satura, le<br />

esternalità positive si riducono o si annullano ed emergono<br />

quelle negative dovute alla congestione.<br />

Infi ne, esiste ancora un altro tipo di esternalità, cioè quelle<br />

dovute agli spillover effects, o esternalità di investimento,<br />

come accade nel caso dei sistemi di trasporto integrato i cui<br />

benefi ci travalicano i confi ni della <strong>rete</strong> e infl uiscono su atti-<br />

51<br />

vità ad essa esterne. Spesso è proprio questo tipo di esternalità<br />

positive che spinge i pubblici poteri a prendere parte<br />

in grandi progetti infrastrutturali, ad esempio le già citate<br />

Trans-European Networks.<br />

Monopolio naturale ed esternalità sono i principali fattori<br />

che giustifi cano l’intervento regolatorio, ma un’analisi completa<br />

per la quale non v’è spazio dovrebbe esplorare anche le<br />

asimmetrie informative tra chi offre e chi domanda e l’incertezza<br />

di lungo periodo che riguarda ogni nostro agire.<br />

Il ponderoso volume curato da Alberto Biancardi sull’esperienza<br />

di regolazione in Italia è una fotografi a di quanto ha<br />

fatto il NARS, attivo dal 1996. Alla luce di questa esperienza<br />

vengono formulate due domande: a) è possibile utilizzare<br />

criteri e strumenti comuni per la regolazione dei servizi di<br />

pubblica utilità? b) è possibile fare regolazione economica<br />

in assenza di un’autorità indipendente e, comunque, come<br />

deve essere “costruito” un equilibrato contesto istituzionale<br />

per regolare economicamente i settori infrastrutturali? Al<br />

primo quesito la risposta è affermativa, ma con molte qualifi<br />

cazioni dovute alla specifi cità dei settori; sul secondo il<br />

responso è negativo e comporta la necessità di autorità indipendenti,<br />

le cui decisioni tecniche, però, devono convivere<br />

con quelle politiche.<br />

Nei settori di interesse del NARS sono state elaborate regole<br />

per calcolare la tariffa di accesso e uso dell’infrastruttura, per<br />

valorizzare produzione e fornitura dei servizi offerti attraverso<br />

di essa, per decidere se e dove investire in relazione a decisioni<br />

di costruzione, gestione e utilizzo della medesima infrastruttura,<br />

per defi nire l’assetto nel settore e il suo governo.<br />

Il sistema di regole comunque resta fi nalizzato – dice Alberto<br />

Biancardi – a tre obiettivi: fornitura del servizio a un<br />

livello qualitativo e quantitativo adeguato, effi cienza produttiva<br />

ed effi cienza allocativa. Tutti e tre devono essere conseguiti<br />

in presenza di fallimenti del mercato per la presenza di<br />

elementi di monopolio naturale e di esternalità, nonché di<br />

asimmetrie informative e di incertezza nel lungo termine.

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