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05.08.2013 Views

14 G Ital Med Lav Erg 2006; 28:3, Suppl www.gimle.fsm.it Tuttavia, l’acido peracetico, caratterizzato da uno stato di elevata energia, è da ritenersi un composto altamente instabile e può vedere la sua efficacia ridotta nel tempo. La preparazione di soluzioni diluite, ottenute direttamente da acido peracetico concentrato oppure come prodotto dalla reazione di diversi precursori chimici (perossido d’idrogeno e substrati N-acetilati, perossido d’idrogeno ed acido acetico), viene eseguita al momento dell’utilizzo. Usato ad alte concentrazioni presenta attività di corrosione di cute e mucose sia per ingestione che per contatto cutaneo ed i vapori hanno un’elevata attività irritante per occhi, naso e gola (2). Per il prelievo dell’acido peracetico aerodisperso possono essere utilizzati substrati solidi o liquidi trattati con: 2,2’-azino-bis(3-ethyl-benzothiazoline)-6-sulfonate (ABTS) (3), 2-([3-{2-[4-amino-2-(methylsulfanyl)phenyl]-1-diazenyl}phenyl]sulfonyl)-1-ethanol (ADS) (4), methylp-tolyl sulfide (MTS) (4) e methyl p-tolylsulfoxide (MTSO) (5). I campionatori (fiale di vetro o impinger) vengono collegati ad una pompa aspirante con flussi da 0,3 a 2 l/min per periodi di prelievo ≥15 minuti. L’analisi dei rispettivi sulfossidi o del radicale cationico, viene eseguita in cromatografia liquida (LC/UV) (4, 5) o in spettrofotometria (3). Alcuni Autori (6) propongono un campionamento mediante l’uso di una trappola criogenica Horibe (–90° C) e un’analisi in LC/fluorescenza dopo derivatizzazione (post-colonna) con acido p-idrossifenilacetico. Scopo del lavoro è la valutazione dell’esposizione professionale a vapori di acido peracetico durante l’attività di routine e di sostituzione delle soluzioni nei lavaendoscopi e nelle bacinelle. MATERIALI E METODI Un’indagine conoscitiva effettuata nel febbraio 2005 ha evidenziato che la soluzione idroalcolica di acido peracetico (Oxyster G, Farmec) viene utilizzata in 15 reparti dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Careggi con consumi mensili pari a 755 litri. In 11 reparti la disinfezione/sterilizzazione dei dispositivi medicochirurgici viene effettuata manualmente in appositi contenitori chiusi da 1 o 5 litri (bacinelle). Negli altri 4 reparti vengono utilizzate le seguenti macchine sterilizzatrici: tre CIRCLEAN 3000 e un CIRCLEAN MC 12 (SHOEI) posizionati in un piccolo locale con 15 ricambi/h (reparto 1); un F2 LABCAIRE SYSTEM LIMITED U.K. dotato di un sistema di aspirazione attiva (reparto 2); un CIRCLEAN MC 12 A (SHOEI) posizionato all’interno di un box munito di aspirazione localizzata (reparto 3); un CIRCLEAN MC 12 A (SHOEI) posizionato in un locale privo di sistemi di aspirazione (reparto 4). Per la preparazione della soluzione di acido peracetico (0,2%) viene utilizzato un generatore contenente i gruppi perossidici che operano l’attacco nucleofilo al legame carbonilico dell’N-acetil donatore presente nell’attivatore (Fig. 1). Per la determinazione delle concentrazioni di acido peracetico nell’aria ambiente è stata adottata la metodica proposta da Hecht e Coll. (5) che prevede: il prelievo con fiale contenenti gel di silice alcalinizzato ed impregnato di MTSO ad 1 l/min, l’eluizione chimica del substrato con acetonitrile, l’analisi del derivato methyl p-tolylsulfone (MTSOO) in LC/UV a 224 nm utilizzando una colonna a fase inversa C18 (250 mm x 3,2 mm, 5 µm) e una fase mobile 57/43 acetonitrile/acqua. Figura 1. Reazione di attivazione dell’acido peracetico Sono stati eseguiti 21 prelievi in postazione fissa, 12 in prossimità delle bacinelle e 9 dei lavaendoscopi, per valutare i livelli d’inquinamento ambientale durante l’intero turno lavorativo. Inoltre, sono state effettuate 18 dosimetrie personali negli addetti all’attivazione e al travaso (carico e scarico) delle soluzioni di acido peracetico, 7 nei lavaendoscopi e 11 nelle bacinelle, per tutta la durata dell’operazione (circa 10-20 minuti). Le concentrazioni ambientali dell’acido peracetico sono state confrontate con i valori limite proposti da Gagnaire e Coll. (7) e dall’INRS (Institut National de Recherche et Sècuritè): TLV-TWA = 0,62 mg/m 3 (0,2 ppm); TLV-STEL = 1,56 mg/m 3 (0,5 ppm). RISULTATI Dall’esame della Fig. 2 si evince che tutti i valori di acido peracetico rilevati in postazione fissa a livello dei lavaendoscopi (p.f. lavaend.) e delle bacinelle (p.f. bacinelle) sono nettamente inferiori al TLV-TWA di 0,62 mg/m 3 . Le concentrazioni del perossiacido riscontrate nelle dosimetrie personali degli addetti alla sostituzione della soluzione nei lavaendoscopi (op. lavaend.) e nelle bacinelle (op. bacinelle) sono inferiori al TLV- STEL di 1,56 mg/m 3 ad eccezione di un addetto del reparto 1 che ha travasato, in circa 20 minuti, 35 l in due lavaendoscopi (2,14 mg/m 3 ). Figura 2. Concentrazioni ambientali di acido peracetico riscontrate in 15 reparti I valori medi di concentrazione ambientale di acido peracetico rilevati in prossimità dei lavaendoscopi e delle bacinelle durante l’attività di routine e le operazioni di sostituzione sono risultati, rispettivamente, pari a 0,07±0,05 mg/m 3 (range: 0,01-0,16 mg/m 3 ) e a 0,04±0,05 mg/m 3 (range:

G Ital Med Lav Erg 2006; 28:3, Suppl 15 www.gimle.fsm.it 6) Xu J, Chen Z. Determination of peroxides in environmental samples by high performance liquid cheromatography with fluorescence detection. Se Pu 2005; 23(4): 366-369. 7) Gagnaire F, Marignac B, Hecht G, Hery M. Sensory irritation of acetic acid, hydrogen peroxide, peroxyacetic acid and their mixture in mice. Ann Occ Hyg 2002; 46(1): 97-102. 8) Pacenti M, Dugheri S, Pieraccini G, Boccalon P, Arcangeli G, Cupelli V. Evaluation of the occupational exposure to glutaraldehyde in some endoscopic services in an italian hospital. Indoor Built Environ 2006; 15(1): 63-68. P-04 MIELOMA MULTIPLO: RISCHIO OCCUPAZIONALE OD AMBIENTALE? M. Riccò, M. del Mar J. Sanchez, S. Cavalca, C. di Maggio, E. Adami, E. Bergamaschi, I. Franchini Università degli Studi di Parma - Dipartimento di Clinica Medica, Nefrologia, Scienze della Prevenzione Corrispondenza: Dr. Matteo Riccò - Università degli Studi di Parma, Dipartimento di Clinica Medica, Nefrologia, Scienze della Prevenzione, Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro - Tel. (cellulare e domicilio) 339/2994343, Residenza: Via Enza n°3, 43100 Parma, Italy - E-mail: mricco2000@yahoo.it MULTIPLE MYELOMA: OCCUPATIONAL OR ENVIRONMENTAL RISK? Key words: multiple myeloma, solvents, occupational exposure. ABSTRACT. Multiple myeloma (MM) is a malignant disease of unknown etiology, aring from bone marrow cells committed to express immunoglobulin chains. Occupational exposures to solvents (particularly benzene), pesticides, and/or fuels exhausts were supposed to induce evolution to malignancy, eventually in presence of favorable genotypes. A small cluster of subjects working in the same enterprise affected by MM was identified, and occupational etiology therefore supposed. Patients (3 males, 1 female; mean age 64 years) were employed in the same woodworking enterprise, but in different tasks (application of varnishes or glues, refining, or as electrician). Massive use of various classes of solvents (> 5 L/month) was identified in three patients. Personal or group protection equipments were defined as unavailable or inadequate. Patients lived in the same colonial house, and were chronically exposed (> 20 years) to pesticides applied in the near fields. Another subject residing in the same house and previously receiving diagnosis of MM was identified. In the cluster we present, occupational etiology of MM was initially suspected: the different tasks performed by the subjects, the exposure to different classes of solvents employed, and also the common living environment suggest a possible role for non-occupational agents. INTRODUZIONE Il mieloma multiplo (MM) è una neoplasia B-cellulare caratterizzata dall’accumulo e dalla proliferazione di cellule maligne a caratteri plasmacellulari, generalmente derivate dal midollo osseo, secernenti un’immunoproteina monoclonale sierica (1-2). Le complesse interazioni fra il clone neoplastico e l’organismo ospite determinano i sintomi e le disfunzioni d’organo tipiche del mieloma: dolore osseo, insufficienza renale, alta suscettibilità alle infezioni, anemia, ipercalcemia. Questi ultimi sintomi innescano solitamente il processo diagnostico che porta all’identificazione della patologia (3). L’età media di insorgenza è di 68 anni. Giustifica l’1% di tutte le patologie neoplastiche della razza bianca ed il 13% di tutte le neoplasie ematologiche (4). Non esiste una singola mutazione in grado di determinare MM che, invece, appare il risultato del susseguirsi di più eventi a livello cellulare e subcellulare (5). L’eziologia del MM rimane pertanto oscura, ma un gran numero di esposizioni ambientali, come radiazioni e pesticidi, stimolazione antigenica cronica ed infezioni vitali sono state considerate quali possibili fattori predisponenti (6-8), e così l’esposizione a solventi organici o petrolio (9). Il sospetto di un’associazione MM ed attività professionali era già stata avanzata da metanalisi condotte a partire dagli anni ’80 (10), e più recentemente ribadito da Mester et al in un uno studio su attività professionale e linfoma maligno, nel campo specifico dell’ambiente agricolo (11). A tutt’oggi, comunque, uno specifico ruolo per esposizioni occupazionali rimane non pienamente dimostrato. Di seguito, presentiamo una piccola casistica, in cui la clusterizzazione dei casi ha inizialmente indotto il sospetto di un’eziologia professionale della malattia. SOGGETTI E METODI Quattro pazienti (3 maschi - di 59, 65, 72 anni - 1 femmina di 60 anni) ricevono diagnosi di MM, con conferma istologica, fra il 1999 e 2002. Due di essi, (pazienti A e C) decedono entro 12 mesi dalla diagnosi. Dei due restanti (coniugi), uno (paziente D) è attualmente in insufficienza renale terminale ed in trattamento emodialitico. Il quarto paziente (paziente B) è in buon compenso midollare a 5 anni dalla diagnosi. I pazienti erano stati impiegati nello stesso mobilificio per una media di 21 anni (min 20, max 25), in quattro settori separati (paziente A = incollaggio; paziente B = verniciatura; paziente C = impiantistica elettrica; paziente D = rifinitura). Nel sospetto di un’eziologia occupazionale della malattia, veniva condotta un’accurata raccolta anamnestica professionale – per via diretta, nel caso dei pazienti ancora viventi, indirettamente tramite famigliari e colleghi nel caso dei soggetti deceduti. RISULTATI Nei pazienti A, B e D è stato possibile evidenziare a livello anamnestico una cronica, prolungata esposizione professionale a solventi organici (varie classi, in funzione delle diverse procedure ed attività quotidiane, esposizione retrospettivamente stimata > 5 L/mese), impiegati in ambienti di piccole dimensioni, privi di presidi di areazione/ventilazione e scarsamente aerati. Anche l’impiego di dispostivi di protezione individuale, particolarmente prima del 1994, era definito “deficitario”. Non era riferito l’impiego extra-professionale di solventi o derivati del petrolio, ed in particolare di composti contenenti benzene od analoghi. Nel caso del paziente C (addetto all’impiantistica elettrica) l’impiego di solventi o vernici non è stato confermato. Tutti i pazienti avevano vissuto per oltre 15 anni prima della diagnosi in una casa colonica isolata, lontano dall’impresa, fra campi coltivati e frequentemente sottoposti a trattamento con fertilizzanti ed alla distribuzione di pesticidi aerodispersi - talora anche tramite aeromobile. Durante la raccolta anamnestica, veniva infine segnalata la precedente diagnosi di MM anche nella madre del paziente D, casalinga ed in precedenza impiegata in attività agricole, alloggiata nella stessa abitazione e deceduta circa due anni prima che la malattia fosse diagnosticata nella figlia. CONCLUSIONI L’aggregazione famigliare del MM è sostenuta da diversi case reports, studi condotti su gemelli identici, alcuni studi caso controllo e studi di corte (12). Tale associazione potrebbe essere determinata da un comune background genetico, una comune esposizione ambientale delle famiglie, incluse l’esposizione ad alte dosi di radiazioni, pesticidi, esausti di diesel ed altri fattori occupazionali. In effetti, il reperto di piccoli cluster di MM in coppie e conviventi è sostenuto da diversi case reports (8, 13-16). Nella casistica da noi descritta, i pazienti provenivano da uno stesso stabilimento industriale, impiegati tuttavia in attività diverse svolte in diversi ambienti di lavoro: in tre dei quattro pazienti si rilevava l’impiego quotidiano di elevate quantità di solventi industriali, tuttavia eterogenei per composizione chimica, modalità di impiego e di esposizione. L’analisi di questi elementi, la cronica esposizione domestica a fattori potenzialmente implicati nella patogenesi della malattia (17), permettono tuttavia di sospettare un ruolo per agenti patogeni extra-professionali ed ambientali. BIBLIOGRAFIA 1) Sirohi B, Powles R. Multiple myeloma. Lancet 2004; 363: 875-887. 2) Grogan TM, Müller-Hermelink HK, Van Camp B et al. Pathology and Genetics. Tumours of Haematopoietic and Lymphoid Tissues. Lyon, France: International Agency for Research on Cancer (IARC) Press 2001; 142-156. 3) Riccardi A, Gobbi PG, Ucci G et al. Changing clinical presentation of multiple myeloma. Eur J Cancer 1991; 27: 1401-1405. 4) Longo DL. Plasma Cell disorders. In: Branwald E, Kasper D, Fauci A, eds. Harrison’s principles of internal medicine, 15th edn, vol.1, 2001; 727-733.

G Ital M<strong>ed</strong> Lav Erg 2006; 28:3, Suppl 15<br />

www.gimle.fsm.it<br />

6) Xu J, Chen Z. Determination of peroxides in environmental samples<br />

by high performance liquid cheromatography with fluorescence detection.<br />

Se Pu 2005; 23(4): 366-369.<br />

7) Gagnaire F, Marignac B, Hecht G, Hery M. Sensory irritation of acetic<br />

acid, hydrogen peroxide, peroxyacetic acid and their mixture in<br />

mice. Ann Occ Hyg 2002; 46(1): 97-102.<br />

8) Pacenti M, Dugheri S, Pieraccini G, Boccalon P, Arcangeli G, Cupelli<br />

V. Evaluation of the occupational exposure to glutaraldehyde in<br />

some endoscopic services in an italian hospital. Indoor Built Environ<br />

2006; 15(1): 63-68.<br />

P-04<br />

MIELOMA MULTIPLO: RISCHIO OCCUPAZIONALE OD AMBIENTALE?<br />

M. Riccò, M. <strong>del</strong> Mar J. Sanchez, S. Cavalca, C. <strong>di</strong> Maggio,<br />

E. Adami, E. Bergamaschi, I. Franchini<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma - Dipartimento <strong>di</strong> Clinica Me<strong>di</strong>ca,<br />

Nefrologia, Scienze <strong>del</strong>la Prevenzione<br />

Corrispondenza: Dr. Matteo Riccò - Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma,<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Clinica Me<strong>di</strong>ca, Nefrologia, Scienze <strong>del</strong>la Prevenzione,<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Me<strong>di</strong>cina <strong>del</strong> <strong>Lavoro</strong> - Tel. (cellulare<br />

e domicilio) 339/2994343, Residenza: Via Enza n°3, 43100 Parma, Italy<br />

- E-mail: mricco2000@yahoo.it<br />

MULTIPLE MYELOMA: OCCUPATIONAL OR ENVIRONMENTAL<br />

RISK?<br />

Key words: multiple myeloma, solvents, occupational exposure.<br />

ABSTRACT. Multiple myeloma (MM) is a malignant <strong>di</strong>sease of<br />

unknown etiology, aring from bone marrow cells committ<strong>ed</strong> to express<br />

immunoglobulin chains. Occupational exposures to solvents<br />

(particularly benzene), pesticides, and/or fuels exhausts were suppos<strong>ed</strong><br />

to induce evolution to malignancy, eventually in presence of favorable<br />

genotypes. A small cluster of subjects working in the same enterprise<br />

affect<strong>ed</strong> by MM was identifi<strong>ed</strong>, and occupational etiology therefore<br />

suppos<strong>ed</strong>. Patients (3 males, 1 female; mean age 64 years) were<br />

employ<strong>ed</strong> in the same woodworking enterprise, but in <strong>di</strong>fferent tasks<br />

(application of varnishes or glues, refining, or as electrician). Massive<br />

use of various classes of solvents (> 5 L/month) was identifi<strong>ed</strong> in three<br />

patients. Personal or group protection equipments were defin<strong>ed</strong> as<br />

unavailable or inadequate. Patients liv<strong>ed</strong> in the same colonial house,<br />

and were chronically expos<strong>ed</strong> (> 20 years) to pesticides appli<strong>ed</strong> in the<br />

near fields. Another subject resi<strong>di</strong>ng in the same house and previously<br />

receiving <strong>di</strong>agnosis of MM was identifi<strong>ed</strong>. In the cluster we present,<br />

occupational etiology of MM was initially suspect<strong>ed</strong>: the <strong>di</strong>fferent tasks<br />

perform<strong>ed</strong> by the subjects, the exposure to <strong>di</strong>fferent classes of solvents<br />

employ<strong>ed</strong>, and also the common living environment suggest a possible<br />

role for non-occupational agents.<br />

INTRODUZIONE<br />

Il mieloma multiplo (MM) è una neoplasia B-cellulare caratterizzata<br />

dall’accumulo e dalla proliferazione <strong>di</strong> cellule maligne a caratteri plasmacellulari,<br />

generalmente derivate dal midollo osseo, secernenti un’immunoproteina<br />

monoclonale sierica (1-2). Le complesse interazioni fra il<br />

clone neoplastico e l’organismo ospite determinano i sintomi e le <strong>di</strong>sfunzioni<br />

d’organo tipiche <strong>del</strong> mieloma: dolore osseo, insufficienza renale,<br />

alta suscettibilità alle infezioni, anemia, ipercalcemia. Questi ultimi sintomi<br />

innescano solitamente il processo <strong>di</strong>agnostico che porta all’identificazione<br />

<strong>del</strong>la patologia (3). L’età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> insorgenza è <strong>di</strong> 68 anni. Giustifica<br />

l’1% <strong>di</strong> tutte le patologie neoplastiche <strong>del</strong>la razza bianca <strong>ed</strong> il 13%<br />

<strong>di</strong> tutte le neoplasie ematologiche (4).<br />

Non esiste una singola mutazione in grado <strong>di</strong> determinare MM che,<br />

invece, appare il risultato <strong>del</strong> susseguirsi <strong>di</strong> più eventi a livello cellulare<br />

e subcellulare (5). L’eziologia <strong>del</strong> MM rimane pertanto oscura, ma un<br />

gran numero <strong>di</strong> esposizioni ambientali, come ra<strong>di</strong>azioni e pestici<strong>di</strong>, stimolazione<br />

antigenica cronica <strong>ed</strong> infezioni vitali sono state considerate<br />

quali possibili fattori pre<strong>di</strong>sponenti (6-8), e così l’esposizione a solventi<br />

organici o petrolio (9). Il sospetto <strong>di</strong> un’associazione MM <strong>ed</strong> attività professionali<br />

era già stata avanzata da metanalisi condotte a partire dagli anni<br />

’80 (10), e più recentemente riba<strong>di</strong>to da Mester et al in un uno stu<strong>di</strong>o su<br />

attività professionale e linfoma maligno, nel campo specifico <strong>del</strong>l’ambiente<br />

agricolo (11). A tutt’oggi, comunque, uno specifico ruolo per esposizioni<br />

occupazionali rimane non pienamente <strong>di</strong>mostrato. Di seguito, presentiamo<br />

una piccola casistica, in cui la clusterizzazione dei casi ha inizialmente<br />

indotto il sospetto <strong>di</strong> un’eziologia professionale <strong>del</strong>la malattia.<br />

SOGGETTI E METODI<br />

Quattro pazienti (3 maschi - <strong>di</strong> 59, 65, 72 anni - 1 femmina <strong>di</strong> 60<br />

anni) ricevono <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> MM, con conferma istologica, fra il 1999 e<br />

2002. Due <strong>di</strong> essi, (pazienti A e C) dec<strong>ed</strong>ono entro 12 mesi dalla <strong>di</strong>agnosi.<br />

Dei due restanti (coniugi), uno (paziente D) è attualmente in insufficienza<br />

renale terminale <strong>ed</strong> in trattamento emo<strong>di</strong>alitico. Il quarto paziente (paziente<br />

B) è in buon compenso midollare a 5 anni dalla <strong>di</strong>agnosi.<br />

I pazienti erano stati impiegati nello stesso mobilificio per una me<strong>di</strong>a<br />

<strong>di</strong> 21 anni (min 20, max 25), in quattro settori separati (paziente A =<br />

incollaggio; paziente B = verniciatura; paziente C = impiantistica elettrica;<br />

paziente D = rifinitura). Nel sospetto <strong>di</strong> un’eziologia occupazionale<br />

<strong>del</strong>la malattia, veniva condotta un’accurata raccolta anamnestica professionale<br />

– per via <strong>di</strong>retta, nel caso dei pazienti ancora viventi, in<strong>di</strong>rettamente<br />

tramite famigliari e colleghi nel caso dei soggetti dec<strong>ed</strong>uti.<br />

RISULTATI<br />

Nei pazienti A, B e D è stato possibile evidenziare a livello anamnestico<br />

una cronica, prolungata esposizione professionale a solventi organici<br />

(varie classi, in funzione <strong>del</strong>le <strong>di</strong>verse proc<strong>ed</strong>ure <strong>ed</strong> attività quoti<strong>di</strong>ane,<br />

esposizione retrospettivamente stimata > 5 L/mese), impiegati in<br />

ambienti <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni, privi <strong>di</strong> presi<strong>di</strong> <strong>di</strong> areazione/ventilazione<br />

e scarsamente aerati. Anche l’impiego <strong>di</strong> <strong>di</strong>spostivi <strong>di</strong> protezione in<strong>di</strong>viduale,<br />

particolarmente prima <strong>del</strong> 1994, era definito “deficitario”. Non era<br />

riferito l’impiego extra-professionale <strong>di</strong> solventi o derivati <strong>del</strong> petrolio,<br />

<strong>ed</strong> in particolare <strong>di</strong> composti contenenti benzene od analoghi. Nel caso<br />

<strong>del</strong> paziente C (addetto all’impiantistica elettrica) l’impiego <strong>di</strong> solventi o<br />

vernici non è stato confermato.<br />

Tutti i pazienti avevano vissuto per oltre 15 anni prima <strong>del</strong>la <strong>di</strong>agnosi<br />

in una casa colonica isolata, lontano dall’impresa, fra campi coltivati e<br />

frequentemente sottoposti a trattamento con fertilizzanti <strong>ed</strong> alla <strong>di</strong>stribuzione<br />

<strong>di</strong> pestici<strong>di</strong> aero<strong>di</strong>spersi - talora anche tramite aeromobile.<br />

Durante la raccolta anamnestica, veniva infine segnalata la prec<strong>ed</strong>ente<br />

<strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> MM anche nella madre <strong>del</strong> paziente D, casalinga <strong>ed</strong> in<br />

prec<strong>ed</strong>enza impiegata in attività agricole, alloggiata nella stessa abitazione<br />

e dec<strong>ed</strong>uta circa due anni prima che la malattia fosse <strong>di</strong>agnosticata<br />

nella figlia.<br />

CONCLUSIONI<br />

L’aggregazione famigliare <strong>del</strong> MM è sostenuta da <strong>di</strong>versi case reports,<br />

stu<strong>di</strong> condotti su gemelli identici, alcuni stu<strong>di</strong> caso controllo e stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> corte (12). Tale associazione potrebbe essere determinata da un comune<br />

background genetico, una comune esposizione ambientale <strong>del</strong>le famiglie,<br />

incluse l’esposizione ad alte dosi <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azioni, pestici<strong>di</strong>, esausti<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>esel <strong>ed</strong> altri fattori occupazionali. In effetti, il reperto <strong>di</strong> piccoli cluster<br />

<strong>di</strong> MM in coppie e conviventi è sostenuto da <strong>di</strong>versi case reports (8,<br />

13-16). Nella casistica da noi descritta, i pazienti provenivano da uno<br />

stesso stabilimento industriale, impiegati tuttavia in attività <strong>di</strong>verse svolte<br />

in <strong>di</strong>versi ambienti <strong>di</strong> lavoro: in tre dei quattro pazienti si rilevava l’impiego<br />

quoti<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> elevate quantità <strong>di</strong> solventi industriali, tuttavia eterogenei<br />

per composizione chimica, modalità <strong>di</strong> impiego e <strong>di</strong> esposizione.<br />

L’analisi <strong>di</strong> questi elementi, la cronica esposizione domestica a fattori potenzialmente<br />

implicati nella patogenesi <strong>del</strong>la malattia (17), permettono<br />

tuttavia <strong>di</strong> sospettare un ruolo per agenti patogeni extra-professionali <strong>ed</strong><br />

ambientali.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

1) Sirohi B, Powles R. Multiple myeloma. Lancet 2004; 363: 875-887.<br />

2) Grogan TM, Müller-Hermelink HK, Van Camp B et al. Pathology<br />

and Genetics. Tumours of Haematopoietic and Lymphoid Tissues.<br />

Lyon, France: International Agency for Research on Cancer (IARC)<br />

Press 2001; 142-156.<br />

3) Riccar<strong>di</strong> A, Gobbi PG, Ucci G et al. Changing clinical presentation<br />

of multiple myeloma. Eur J Cancer 1991; 27: 1401-1405.<br />

4) Longo DL. Plasma Cell <strong>di</strong>sorders. In: Branwald E, Kasper D, Fauci<br />

A, <strong>ed</strong>s. Harrison’s principles of internal me<strong>di</strong>cine, 15th <strong>ed</strong>n, vol.1,<br />

2001; 727-733.

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