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05.08.2013 Views

132 G Ital Med Lav Erg 2006; 28:3, Suppl www.gimle.fsm.it Tabella III. Risultati Azienda 1 2 3 4 5 6 7 8 Lavorazione A B C A B,D A,C A A Sistema chiuso no no no no no no no no Aspirazione localizzata si no no si no no no no Procedure di sicurezza *si no no no no no no no Monitoraggio ambientale si no no si no no no no Stoccaggio cancerogeni Ad no no Ad no no no no DPI Id Nid Nid Id Nid Nid Nid Nid Misure igieniche Ad no no Ad no no no no Informazione/formazione si no no si no no no no Sorveglianza sanitaria **si si si **si no no no no Registro esposti si no no no no no no no A = Cromatura; B = Zincatura, C = Nichelatura; D = Cromatazione, Ad = Adeguato, Id = idonei; Nid = non idonei; * non formalizzate; ** con monitoraggio biologico 1) Assenza dell’applicazione di misure di prevenzione primaria, quali: – la sostituzione dell’agente cancerogeno o in alternativa l’utilizzo del sistema a ciclo chiuso; – utilizzo di impianti automatizzati per l’immersione dei pezzi nelle vasche di trattamento, che consentono di ridurre sia l’entità d’esposizione che il numero di operatori esposti; – utilizzo di sistemi di aspirazioni localizzati (erano presenti solo in due aziende); – verifica dell’efficacia dei sistemi di aspirazione localizzati, attraverso il monitoraggio ambientale degli agenti cancerogeni. Nessuna azienda aveva programmato controlli ambientali nel tempo; due aziende avevano eseguito un unico monitoraggio che teneva conto della presenza nel ciclo produttivo delle sostanze cancerogene; – predisposizione di procedure per la gestione delle sostanze cancerogene sia nelle condizioni ordinarie di lavoro che delle emergenze (ad es. modalità di comportamento in caso di incendio, in caso di travasi accidentali di sostanze chimiche ecc.), nessuna azienda aveva procedure formalizzate; – informazione e formazione dei lavoratori sugli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, compresi i rischi supplementari dovuti al fumare; le precauzioni da prendere per evitare l’esposizione, le misure igieniche da osservare; la necessità di indossare e di impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego; il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze. Nella maggior parte dei casi, in ben sei aziende, i lavoratori erano poco informati sui rischi legati all’utilizzo di sostanze cancerogene e risultava limitata la formazione dei lavoratori in merito ai comportamenti da adottare,. Per quanto riguarda le misure igieniche in poche aziende veniva osservato il divieto di fumo, e i lavoratori erano stati informati sull’importanza di un’adeguata igiene personale prima del pranzo. In molti casi i lavoratori non avevano a disposizione un doppio armadietto per tenere separati gli indumenti da lavoro da quelli civili; – utilizzo di idonei dispositivi di protezione individuale in qui momenti lavorativi dove la protezione collettiva è insufficiente per la salvaguardia della salute e sicurezza dei lavoratori. Tranne in due casi, in cui il datore di lavoro si era impegnato personalmente nella ricerca di DPI adeguati, i DPI utilizzati non risultavano idonei (4); – stoccaggio dei recipienti e fusti contenenti le sostanze chimiche pericolose in apposito locale ben areato con ventilazione naturale continua opportunamente segnalato con idonea cartellonistica. Solo due aziende avevano affrontato in modo corretto lo stoccaggio. 2) Sorveglianza sanitaria: – la sorveglianza sanitaria degli esposti a cancerogeni professionali riveste un ruolo fondamentale ai fini della prevenzione. A parte le tre aziende che non avevano provveduto a nominare il medico competente, in due aziende i relativi medici competenti avevano inserito nel piano sanitario il monitoraggio biologico della sostanza cancerogena. In particolare era prevista la misurazione del cromo urinario, nelle urine a fine turno fine settimana. Nelle altre tre aziende i rispettivi medici non avevano preso in considerazione l’esposizione a sostanze cancerogene. Complessivamente la partecipazione del medico competente al processo di valutazione del rischio è risultata insignificante. Come indicato, scopo principale dell’indagine era la verifica dell’applicazione del titolo VII del D.Lgs 626/94, e di pari passo la diffusione tra le aziende del comparto di conoscenze più approfondite in materia di rischio cancerogeno e i conseguenti interventi di prevenzione più appropriati. In particolare, questo ha portato, presso le aziende esaminate alla realizzazione dei seguenti interventi: installazione di un impianto di aspirazione localizzato, esecuzione di un monitoraggio ambientale; stoccaggio in maniera adeguata delle sostanze pericolose; formalizzazione di procedure di lavoro di sicurezza che risultano esposte direttamente nei luoghi di lavoro; utilizzo di DPI idonei; nomina del medico competente per le tre aziende che non avevano ancora provveduto a farlo. Nonostante la maggioranza delle aziende esaminate fosse rappresentata da aziende artigianali, spesso alle prese con problemi gestionali o finanziari, la collaborazione e l’attenzione per la problematica è stata tale, che nel giro di poco tempo, si è riusciti a migliorare notevolmente la gestione del rischio cancerogeno. BIBLIOGRAFIA 1) Coordinamento Tecnico per la Sicurezza nei luoghi di lavoro della Regione e delle Province autonome - Titolo VII Dlgs 626/94- Protezione da agenti cancerogeni e/o mutageni - Linee guida - aggiornamento 2002. 2) Marmo C, Di Agostino A, Melino C. I tumori professionali - Società editrice Universo - Roma. 3) D.Lgs 19 settembre 1994, 626 “attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro”. 4) Cassinelli C, Arfaioli C, Ricucci S, Bolognesi R. Rischi per la salute nelle galvaniche - Guida all’utilizzo dei dispositivi di protezione personale - Sesto Fiorentino. P-17 VIGILANZA SUL RISCHIO CHIMICO NEI CALZATURIFICI, COME PREMESSA PER UN AUDIT GESTIONALE G. Bilancio1 , A. Sacco2 , L. Bevilacqua3 , N. Magnavita4 1 Servizio di Igiene e Medicina del Lavoro, ASL NA3, Frattamaggiore (NA) 2 Spresal ASL FR, Frosinone 3 Spresal ASL RMF, Civitavecchia 4 Istituto di Medicina del Lavoro, UCSC Roma Corrispondenza: Nicola Magnavita - Istituto di Medicina del Lavoro, Università Cattolica del Sacro Cuore, Largo Gemelli, 8 - 00168 Roma, Italy - Tel. 3473300367, Fax 0661909399, E-mail: nicolamagnavita@tiscali.it VIGILANCE ON THE CHEMICAL RISK IN THE SHOE FACTORIES, A PREMISE FOR MANAGEMENT AUDIT Key words: audit, vigilance, shoe factories. ABSTRACT. Formal audit programmes designed to provide management with established governmental standards and good industrial standards are widely diffused in companies in North America and Europe. Management systems assessments are concerned with the quality of system design, the effectiveness of the implementation of health programmes and the competence and adequacy of resources. They can be very disruptive to plant operations, and they must be well prepared before commencing the fieldwork. In order to achieve this, our Local sanitary unity sent to all shoe factories in Naples3 area a pre-audit questionnaire, requesting safety

G Ital Med Lav Erg 2006; 28:3, Suppl 133 www.gimle.fsm.it data sheets, health practitioner’s name, and health surveillance program. Rough 1/3 of shoe factories in the area responded to the questionnaire. Chemical substances included acetone, ethyl-acetate, cycloesane, methyl-ethyl-ketone, n-esane, 1,2-dichloropropane, eptane, trichloroethylene, tetrachloroethylene, solvent naphta. More than 2/3 of physician did not perform biological monitoring of exposed workers. Other special investigations were often unrelated to exposition. Strong effort is required, in order to attain acceptable levels of quality in health and safety management in shoe factories. INTRODUZIONE Le valutazioni del sistema gestionale della sicurezza o “management systems assessments” sono processi di auditing a cascata, focalizzati sulla valutazione dei processi decisionali nell’intera azienda (1). Essi mirano a valutare la qualità del sistema, l’efficacia della messa in opera dei programmi di prevenzione e l’adeguatezza delle risorse. Il loro punto focale è l’identificazione delle carenze che possono determinare un livello di rischio inaccettabile per l’organizzazione e le loro cause. Benché indispensabili ad una corretta gestione delle risorse, queste valutazioni possono avere un impatto molto forte sull’organizzazione aziendale, e devono quindi essere accuratamente preparate. Prima di proporre l’applicazione di tale metodologia, l’organo di vigilanza è tenuto a condurre un approfondito lavoro preparatorio, la cui prima tappa è l’acquisizione di informazioni sul comparto produttivo che si intende migliorare. MATERIALI E METODI È stata elaborata una scheda informativa che è stata trasmessa ai datori di lavoro del territorio della ASL NA3. Tale scheda chiedeva di fornire le schede tecniche di sicurezza degli agenti chimici pericolosi utilizzati, il nominativo del medico competente ed il programma di sorveglianza sanitaria. RISULTATI L’indagine ha consentito di delineare la mappa degli insediamenti produttivi ed il censimento degli agenti chimici in uso. Le aziende non hanno una distribuzione omogenea. Il comune più rappresentato nell’ambito dell’ASL NA3 è Grumo Nevano con 56 aziende, 13 delle quali (23%) hanno fornito la documentazione richiesta. Seguono, in ordine di frequenza, il comune di Arzano (14 aziende, delle quali hanno risposto 6, pari al 43%) e di Casandrino (14 aziende, hanno partecipato 4, pari al 28%), e gli altri comuni, nei quali si trovano meno di 10 aziende. Complessivamente, a fronte di 102 aziende censite, i dati raccolti sono relativi a 32 aziende (31%). Gli agenti chimici comprendono: acetone, etil-acetato, cicloesano (presenti in tutte le aziende del settore), metiletilchetone, n-esano, 1,2-dicloropropano, eptano, tricloroetilene, tetracloroetilene, nafta solvente. Solo in 3 calzaturifici vengono utilizzati collanti, la cui componente liquida è costituita da acqua o soluzioni acquose ammoniacali. I prodotti maggiormente pericolosi, come il tricloroetilene (cancerogeno), l’nesano al 99% e il tetracloroetilene, vengono impiegati nelle fasi di smacchiatura della tomaia in 4 aziende (12,5%). Dalle dichiarazioni dei datori di lavoro risulta che meno di un terzo dei medici competenti (4 su 13 responsabili dei 32 calzaturifici) fa ricorso a monitoraggio biologico. Uno solo di tali specialisti predispone l’effettuazione degli esami tossicologici in tutte le aziende che segue. Si osserva inoltre in questi casi che i metaboliti indicati nei protocolli di sorveglianza sanitaria spesso non corrispondono agli agenti chimici cui i lavoratori del calzaturificio sono esposti. Spesso vengono dosati metaboliti obsoleti, che potrebbero essere sostituiti da indicatori più sensibili e specifici. Nella maggior parte dei casi non viene dosato nessun metabolita. In una significativa quota dei calzaturifici (10/32, il 31%) gli accertamenti previsti dal protocollo di sorveglianza sanitaria non risultano correlati al rischio specifico. Non trova difatti giustificazione il ricorso alla valutazione bioumorale dei livelli di trigliceridi, colesterolo e glicemia, così come l’effettuazione dell’esame elettrocardiografico. Alcuni medici competenti effettuano tali accertamenti sanitari addirittura con frequenza semestrale. DISCUSSIONE L’indagine ha permesso di evidenziare significative carenze del processo di controllo dei rischi professionali nell’industria calzaturiera. L’a- spetto più rilevante è che il 70% delle aziende non ha risposto alla richiesta di informazioni, ancorché i dati richiesti fossero quanto mai elementari. Ciò induce a ritenere che la situazione reale dell’industria calzaturiera del napoletano sia peggiore di quella rilevata, in quanto le aziende che hanno risposto sono verosimilmente le più sensibili alle tematiche di salute e sicurezza. Ciò nonostante, i datori di lavoro hanno una conoscenza limitata dei possibili danni per la salute connessi con l’attività professionale, e non risultano efficacemente assistiti dai consulenti né per quanto riguarda la valutazione del rischio (che è sempre estremamente lacunosa e reticente sui livelli di esposizione) né per la sorveglianza sanitaria (che non è in grado di fornire evidenze di assorbimento, né di danno precoce). Molti datori di lavoro, che spesso ricoprono anche il ruolo di responsabili del servizio di prevenzione e protezione, sembrano ritenere di avere ottemperato ai propri obblighi semplicemente delegando ad un medico l’esecuzione delle visite mediche. Per quanto riguarda specificamente i medici competenti, emerge una stridente contraddizione tra lo scarso ricorso agli indicatori biologici di esposizione, dimostrato da questa indagine, e la dichiarata adesione ai protocolli nazionali o internazionali di sorveglianza sanitaria e alle buone pratiche di medicina del lavoro che emergono da un’altra indagine condotta da questa ASL sugli stessi medici competenti (2). Il ricorso a metodiche di “peer review” e “auditing” dei medici del lavoro e la continua formazione in medicina del lavoro appaiono misure indispensabili per migliorare la qualità della sorveglianza sanitaria nel settore calzaturiero nell’area di Napoli3. L’interesse dell’organo di vigilanza è appunto quello di migliorare i livelli di salute e sicurezza sul lavoro, non certo quella di colpire le aziende la cui attività è vitale per il benessere sociale dell’area. Dalla ricerca condotta emerge che le risorse destinate alla prevenzione sono talora impiegate in modo incongruo. Non è probabile che attività di valutazione dei rischi, di sorveglianza e di formazione/informazione non coordinate possano conseguire un miglioramento dei livelli di salute e sicurezza dei lavoratori. I datori di lavoro meritano di essere informati di tale dato. L’azienda sanitaria può espletare, prima dell’intervento di vigilanza, audit mirati alla corretta gestione delle risorse di salute e sicurezza (management systems assessment). Il punto focale di questo tipo di audit è l’identificazione delle carenze che possono determinare un livello di rischio inaccettabile per l’organizzazione. L’elaborazione di raccomandazioni è l’obiettivo principale di questo tipo di valutazione. L’esecuzione di un audit tempestivamente rispetto all’intervento ispettivo dell’organo di vigilanza può consentire alle diverse figure coinvolte dal processo di prevenzione di riconoscere le responsabilità del proprio ruolo e la necessità di coordinare le rispettive azioni in una prospettiva di medicina occupazionale basata sull’evidenza. BIBLIOGRAFIA 1) Magnavita N. Applicazione di modelli organizzativi originali per la prevenzione del rischio chimico in aziende di diverse dimensioni. Metodo A.S.I.A. IIMS Istituto Italiano di Medicina Sociale, Roma 2004. Disponibile su: http://www.iims.it/index_online.html 2) Marano M, D’Ambrosio M, Bilancio G, Sacco A, Bevilacqua L, Magnavita N. Programmazione dell’audit sulle attività del medico competente. Atti del 69° Congresso Nazionale SIMLII, Montesilvano (PE) 26-28 ottobre 2006. P-18 LA RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEL RUMORE IN AMBIENTI DI LAVORO E IL D.LGS. 195/06 R. La Bua, G. Gianello, A. Miceli, S.C.R. Pisano, A. Bergamaschi Università Cattolica S. Cuore, Roma - Centro di Igiene Industriale, Largo Francesco Vito, 1 - 00168 Roma Corrispondenza: Dr. Roberto La Bua - Università Cattolica S. Cuore, Roma - Centro di Igiene Industriale, Largo Francesco Vito, 1 - 00168 Roma, Italy - Tel. 06-30154486/7, Fax 06-3053612, E-mail: rlabua@rm.unicatt.it GRAPHIC REPRESENTATION OF NOISE IN THE WORKPLACE AND D.LGS. 195/06 Key words: noise, map, isophonic.

G Ital M<strong>ed</strong> Lav Erg 2006; 28:3, Suppl 133<br />

www.gimle.fsm.it<br />

data sheets, health practitioner’s name, and health surveillance<br />

program.<br />

Rough 1/3 of shoe factories in the area respond<strong>ed</strong> to the questionnaire.<br />

Chemical substances includ<strong>ed</strong> acetone, ethyl-acetate, cycloesane,<br />

methyl-ethyl-ketone, n-esane, 1,2-<strong>di</strong>chloropropane, eptane,<br />

trichloroethylene, tetrachloroethylene, solvent naphta. More than 2/3<br />

of physician <strong>di</strong>d not perform biological monitoring of expos<strong>ed</strong> workers.<br />

Other special investigations were often unrelat<strong>ed</strong> to exposition. Strong<br />

effort is requir<strong>ed</strong>, in order to attain acceptable levels of quality in<br />

health and safety management in shoe factories.<br />

INTRODUZIONE<br />

Le valutazioni <strong>del</strong> sistema gestionale <strong>del</strong>la sicurezza o “management<br />

systems assessments” sono processi <strong>di</strong> au<strong>di</strong>ting a cascata, focalizzati sulla<br />

valutazione dei processi decisionali nell’intera azienda (1). Essi mirano a<br />

valutare la qualità <strong>del</strong> sistema, l’efficacia <strong>del</strong>la messa in opera dei programmi<br />

<strong>di</strong> prevenzione e l’adeguatezza <strong>del</strong>le risorse. Il loro punto focale<br />

è l’identificazione <strong>del</strong>le carenze che possono determinare un livello <strong>di</strong> rischio<br />

inaccettabile per l’organizzazione e le loro cause. Benché in<strong>di</strong>spensabili<br />

ad una corretta gestione <strong>del</strong>le risorse, queste valutazioni possono<br />

avere un impatto molto forte sull’organizzazione aziendale, e devono<br />

quin<strong>di</strong> essere accuratamente preparate.<br />

Prima <strong>di</strong> proporre l’applicazione <strong>di</strong> tale metodologia, l’organo <strong>di</strong> vigilanza<br />

è tenuto a condurre un approfon<strong>di</strong>to lavoro preparatorio, la cui<br />

prima tappa è l’acquisizione <strong>di</strong> informazioni sul comparto produttivo che<br />

si intende migliorare.<br />

MATERIALI E METODI<br />

È stata elaborata una sch<strong>ed</strong>a informativa che è stata trasmessa ai datori<br />

<strong>di</strong> lavoro <strong>del</strong> territorio <strong>del</strong>la ASL NA3. Tale sch<strong>ed</strong>a chi<strong>ed</strong>eva <strong>di</strong> fornire<br />

le sch<strong>ed</strong>e tecniche <strong>di</strong> sicurezza degli agenti chimici pericolosi utilizzati,<br />

il nominativo <strong>del</strong> me<strong>di</strong>co competente <strong>ed</strong> il programma <strong>di</strong> sorveglianza<br />

sanitaria.<br />

RISULTATI<br />

L’indagine ha consentito <strong>di</strong> <strong>del</strong>ineare la mappa degli inse<strong>di</strong>amenti produttivi<br />

<strong>ed</strong> il censimento degli agenti chimici in uso. Le aziende non hanno<br />

una <strong>di</strong>stribuzione omogenea. Il comune più rappresentato nell’ambito <strong>del</strong>l’ASL<br />

NA3 è Grumo Nevano con 56 aziende, 13 <strong>del</strong>le quali (23%) hanno<br />

fornito la documentazione richiesta. Seguono, in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> frequenza, il comune<br />

<strong>di</strong> Arzano (14 aziende, <strong>del</strong>le quali hanno risposto 6, pari al 43%) e <strong>di</strong><br />

Casandrino (14 aziende, hanno partecipato 4, pari al 28%), e gli altri comuni,<br />

nei quali si trovano meno <strong>di</strong> 10 aziende. Complessivamente, a fronte<br />

<strong>di</strong> 102 aziende censite, i dati raccolti sono relativi a 32 aziende (31%).<br />

Gli agenti chimici comprendono: acetone, etil-acetato, cicloesano<br />

(presenti in tutte le aziende <strong>del</strong> settore), metiletilchetone, n-esano, 1,2-<strong>di</strong>cloropropano,<br />

eptano, tricloroetilene, tetracloroetilene, nafta solvente.<br />

Solo in 3 calzaturifici vengono utilizzati collanti, la cui componente liquida<br />

è costituita da acqua o soluzioni acquose ammoniacali. I prodotti<br />

maggiormente pericolosi, come il tricloroetilene (cancerogeno), l’nesano<br />

al 99% e il tetracloroetilene, vengono impiegati nelle fasi <strong>di</strong> smacchiatura<br />

<strong>del</strong>la tomaia in 4 aziende (12,5%).<br />

Dalle <strong>di</strong>chiarazioni dei datori <strong>di</strong> lavoro risulta che meno <strong>di</strong> un terzo<br />

dei me<strong>di</strong>ci competenti (4 su 13 responsabili dei 32 calzaturifici) fa ricorso<br />

a monitoraggio biologico. Uno solo <strong>di</strong> tali specialisti pre<strong>di</strong>spone l’effettuazione<br />

degli esami tossicologici in tutte le aziende che segue. Si osserva<br />

inoltre in questi casi che i metaboliti in<strong>di</strong>cati nei protocolli <strong>di</strong> sorveglianza<br />

sanitaria spesso non corrispondono agli agenti chimici cui i lavoratori<br />

<strong>del</strong> calzaturificio sono esposti. Spesso vengono dosati metaboliti<br />

obsoleti, che potrebbero essere sostituiti da in<strong>di</strong>catori più sensibili e specifici.<br />

Nella maggior parte dei casi non viene dosato nessun metabolita.<br />

In una significativa quota dei calzaturifici (10/32, il 31%) gli accertamenti<br />

previsti dal protocollo <strong>di</strong> sorveglianza sanitaria non risultano correlati<br />

al rischio specifico. Non trova <strong>di</strong>fatti giustificazione il ricorso alla valutazione<br />

bioumorale dei livelli <strong>di</strong> trigliceri<strong>di</strong>, colesterolo e glicemia, così come<br />

l’effettuazione <strong>del</strong>l’esame elettrocar<strong>di</strong>ografico. Alcuni me<strong>di</strong>ci competenti<br />

effettuano tali accertamenti sanitari ad<strong>di</strong>rittura con frequenza semestrale.<br />

DISCUSSIONE<br />

L’indagine ha permesso <strong>di</strong> evidenziare significative carenze <strong>del</strong> processo<br />

<strong>di</strong> controllo dei rischi professionali nell’industria calzaturiera. L’a-<br />

spetto più rilevante è che il 70% <strong>del</strong>le aziende non ha risposto alla richiesta<br />

<strong>di</strong> informazioni, ancorché i dati richiesti fossero quanto mai elementari. Ciò<br />

induce a ritenere che la situazione reale <strong>del</strong>l’industria calzaturiera <strong>del</strong> napoletano<br />

sia peggiore <strong>di</strong> quella rilevata, in quanto le aziende che hanno risposto<br />

sono verosimilmente le più sensibili alle tematiche <strong>di</strong> salute e sicurezza.<br />

Ciò nonostante, i datori <strong>di</strong> lavoro hanno una conoscenza limitata dei possibili<br />

danni per la salute connessi con l’attività professionale, e non risultano<br />

efficacemente assistiti dai consulenti né per quanto riguarda la valutazione<br />

<strong>del</strong> rischio (che è sempre estremamente lacunosa e reticente sui livelli <strong>di</strong><br />

esposizione) né per la sorveglianza sanitaria (che non è in grado <strong>di</strong> fornire<br />

evidenze <strong>di</strong> assorbimento, né <strong>di</strong> danno precoce). Molti datori <strong>di</strong> lavoro, che<br />

spesso ricoprono anche il ruolo <strong>di</strong> responsabili <strong>del</strong> servizio <strong>di</strong> prevenzione e<br />

protezione, sembrano ritenere <strong>di</strong> avere ottemperato ai propri obblighi semplicemente<br />

<strong>del</strong>egando ad un me<strong>di</strong>co l’esecuzione <strong>del</strong>le visite me<strong>di</strong>che.<br />

Per quanto riguarda specificamente i me<strong>di</strong>ci competenti, emerge una<br />

stridente contrad<strong>di</strong>zione tra lo scarso ricorso agli in<strong>di</strong>catori biologici <strong>di</strong><br />

esposizione, <strong>di</strong>mostrato da questa indagine, e la <strong>di</strong>chiarata adesione ai<br />

protocolli nazionali o internazionali <strong>di</strong> sorveglianza sanitaria e alle buone<br />

pratiche <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina <strong>del</strong> lavoro che emergono da un’altra indagine condotta<br />

da questa ASL sugli stessi me<strong>di</strong>ci competenti (2).<br />

Il ricorso a meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> “peer review” e “au<strong>di</strong>ting” dei me<strong>di</strong>ci <strong>del</strong><br />

lavoro e la continua formazione in me<strong>di</strong>cina <strong>del</strong> lavoro appaiono misure<br />

in<strong>di</strong>spensabili per migliorare la qualità <strong>del</strong>la sorveglianza sanitaria nel<br />

settore calzaturiero nell’area <strong>di</strong> Napoli3.<br />

L’interesse <strong>del</strong>l’organo <strong>di</strong> vigilanza è appunto quello <strong>di</strong> migliorare i<br />

livelli <strong>di</strong> salute e sicurezza sul lavoro, non certo quella <strong>di</strong> colpire le<br />

aziende la cui attività è vitale per il benessere sociale <strong>del</strong>l’area. Dalla ricerca<br />

condotta emerge che le risorse destinate alla prevenzione sono talora<br />

impiegate in modo incongruo. Non è probabile che attività <strong>di</strong> valutazione<br />

dei rischi, <strong>di</strong> sorveglianza e <strong>di</strong> formazione/informazione non coor<strong>di</strong>nate<br />

possano conseguire un miglioramento dei livelli <strong>di</strong> salute e sicurezza<br />

dei lavoratori. I datori <strong>di</strong> lavoro meritano <strong>di</strong> essere informati <strong>di</strong> tale<br />

dato. L’azienda sanitaria può espletare, prima <strong>del</strong>l’intervento <strong>di</strong> vigilanza,<br />

au<strong>di</strong>t mirati alla corretta gestione <strong>del</strong>le risorse <strong>di</strong> salute e sicurezza (management<br />

systems assessment). Il punto focale <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> au<strong>di</strong>t è<br />

l’identificazione <strong>del</strong>le carenze che possono determinare un livello <strong>di</strong> rischio<br />

inaccettabile per l’organizzazione. L’elaborazione <strong>di</strong> raccomandazioni<br />

è l’obiettivo principale <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> valutazione.<br />

L’esecuzione <strong>di</strong> un au<strong>di</strong>t tempestivamente rispetto all’intervento<br />

ispettivo <strong>del</strong>l’organo <strong>di</strong> vigilanza può consentire alle <strong>di</strong>verse figure coinvolte<br />

dal processo <strong>di</strong> prevenzione <strong>di</strong> riconoscere le responsabilità <strong>del</strong> proprio<br />

ruolo e la necessità <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nare le rispettive azioni in una prospettiva<br />

<strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina occupazionale basata sull’evidenza.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

1) Magnavita N. Applicazione <strong>di</strong> mo<strong>del</strong>li organizzativi originali per la<br />

prevenzione <strong>del</strong> rischio chimico in aziende <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>mensioni.<br />

Metodo A.S.I.A. IIMS Istituto <strong>Italiano</strong> <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Sociale, Roma<br />

2004. Disponibile su: http://www.iims.it/index_online.html<br />

2) Marano M, D’Ambrosio M, Bilancio G, Sacco A, Bevilacqua L, Magnavita<br />

N. Programmazione <strong>del</strong>l’au<strong>di</strong>t sulle attività <strong>del</strong> me<strong>di</strong>co competente.<br />

Atti <strong>del</strong> 69° Congresso Nazionale SIMLII, Montesilvano<br />

(PE) 26-28 ottobre 2006.<br />

P-18<br />

LA RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEL RUMORE IN AMBIENTI<br />

DI LAVORO E IL D.LGS. 195/06<br />

R. La Bua, G. Gianello, A. Miceli, S.C.R. Pisano, A. Bergamaschi<br />

Università Cattolica S. Cuore, Roma - Centro <strong>di</strong> Igiene Industriale,<br />

Largo Francesco Vito, 1 - 00168 Roma<br />

Corrispondenza: Dr. Roberto La Bua - Università Cattolica S. Cuore,<br />

Roma - Centro <strong>di</strong> Igiene Industriale, Largo Francesco Vito, 1<br />

- 00168 Roma, Italy - Tel. 06-30154486/7, Fax 06-3053612,<br />

E-mail: rlabua@rm.unicatt.it<br />

GRAPHIC REPRESENTATION OF NOISE IN THE WORKPLACE<br />

AND D.LGS. 195/06<br />

Key words: noise, map, isophonic.

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