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Comunitarismo e liberalismo - Swif - Università degli Studi di Bari

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Alessandro Ferrara (a cura <strong>di</strong>), <strong>Comunitarismo</strong> e <strong>liberalismo</strong><br />

l'idea della neutralità della giustizia rispetto a concezioni del bene controverse, che i<br />

comunitari giu<strong>di</strong>cano impossibile sia praticamente che epistemologicamente; in terzo luogo,<br />

l'idea della priorità dei <strong>di</strong>ritti (intesi alla Dworkin come atout da spendere nel gioco politico),<br />

priorità che ai comunitari - e a Taylor in particolare - sembra offuscare la necessità che gli<br />

in<strong>di</strong>vidui si adoperino per il mantenimento della forma <strong>di</strong> vita sociale all'interno della quale<br />

questi <strong>di</strong>ritti sono goduti; infine, l'importanza attribuita al valore della tolleranza, che i<br />

comunitari temono riveli l'incapacità <strong>di</strong> prestare la dovuta attenzione ai sistemi <strong>di</strong> credenze<br />

che creano il senso dell'identità collettiva.<br />

Ferrara, nel suo saggio introduttivo, ha cura <strong>di</strong> esaminare queste critiche con una<br />

sistematicità che il carattere composito del volume rende forse <strong>di</strong>fficoltoso realizzare<br />

affrontando <strong>di</strong>rettamente i saggi che a questi temi sono espressamente de<strong>di</strong>cati (un capitolo<br />

del lavoro <strong>di</strong> Sandel Il <strong>liberalismo</strong> e i limiti della giustizia, una lecture <strong>di</strong> MacIntyre, un articolo<br />

<strong>di</strong> Taylor, un altro articolo <strong>di</strong> Sandel). Meno sistematica è, invece, la ricostruzione delle<br />

risposte liberali ai comunitari che il curatore compie nella seconda parte del suo saggio. In<br />

questa parte, infatti, Ferrara preferisce concentrarsi quasi esclusivamente su due dei tre<br />

articoli in <strong>di</strong>fesa del <strong>liberalismo</strong>, vale a <strong>di</strong>re: Liberalismo politico <strong>di</strong> Charles Larmore e La<br />

comunità liberale <strong>di</strong> Ronald Dworkin (il terzo è quello <strong>di</strong> Jeremy Waldron, Valori particolari e<br />

moralità critica). Il <strong>liberalismo</strong> community-friendly <strong>di</strong> Dworkin, sembra a Ferrara "la posizione<br />

più vicina che si possa immaginare ad una teoria politica liberale capace <strong>di</strong> fare propria la<br />

lezione comunitarista" (p. XLII): la strategia <strong>di</strong> Dworkin (criticata da Philip Selznick e Bernard<br />

Williams in due contributi anch'essi tradotti) prevede, infatti, la possibilità per il <strong>liberalismo</strong> <strong>di</strong><br />

assimilare il valore dell'integrazione sociale senza rinunciare alle idee della tolleranza, della<br />

neutralità dello Stato rispetto alle concezioni del bene e all'autonomia dell'in<strong>di</strong>viduo rispetto<br />

alla compagine sociale. Completano il volume i lavori <strong>di</strong> Baynes e ancora <strong>di</strong> Taylor - in cui<br />

viene gettato uno sguardo più generale sulla controversia tra liberali e comunitari - e quello<br />

<strong>di</strong>chiaratamente "esegetico" <strong>di</strong> Moore - volto a chiarire l'impianto generale del pensiero <strong>di</strong><br />

Sandel.<br />

Nella prefazione a questa seconda e<strong>di</strong>zione del libro, Ferrara ricorda come "non uno dei<br />

capisal<strong>di</strong> liberali oggetto della critica comunitarista è più in pie<strong>di</strong>" (p. V). Il <strong>liberalismo</strong> è stato,<br />

in effetti, costretto dalla critica comunitaria a porsi in termini agnostici sul tema della<br />

costruzione della soggettività e ad accettare che la neutralità sia situata e che <strong>di</strong>ritti e<br />

sovranità popolare siano cooriginari. Se si considera anche che i comunitari hanno col<br />

tempo parecchio attenuato la vis polemica implicita nel loro concetto <strong>di</strong> comunità,<br />

coniugando quest'ultimo con le istanze sollevate dal fatto del pluralismo culturale, non si è,<br />

allora, probabilmente lontani dal vero nell'affermare che il duello si è chiuso con un accordo -<br />

forse più oneroso per i liberali - piuttosto che con la morte <strong>di</strong> uno dei contendenti. Rileva,<br />

però, il fatto che il <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong>o sia, comunque, rimasto a covare sotto le ceneri, quasi<br />

condensato in un punto su cui il <strong>di</strong>saccordo pare veramente irrime<strong>di</strong>abile: se, cioè, il rischio<br />

più grosso per l'in<strong>di</strong>viduo della società occidentale sia quello <strong>di</strong> perdere la sua capacità<br />

critica rispetto al contesto socioculturale nel quale è immerso (come sostiene il liberale) o,<br />

piuttosto, quello <strong>di</strong> ab<strong>di</strong>care alla propria identità storica e culturale (come ritiene il<br />

comunitario). Ora, è qui che, secondo Ferrara, si possono, in ultima analisi, rintracciare le<br />

origini delle attuali controversie sollevate dal multiculturalismo. Infatti, per i liberali più<br />

tra<strong>di</strong>zionali l'accoppiata <strong>di</strong> tolleranza ed eguaglianza colorblind fra in<strong>di</strong>vidui è quanto la<br />

giustizia richiede anche in materia dei cosiddetti <strong>di</strong>ritti culturali. E dall'altro lato la sensibilità<br />

http://lgxserve.ciseca.uniba.it/lei/recensioni/crono/2001-02/ferrara.htm (2 of 3) [09/11/2005 21.21.03]

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