Comunitarismo e liberalismo - Swif - Università degli Studi di Bari
Comunitarismo e liberalismo - Swif - Università degli Studi di Bari
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SWIF Recensioni<br />
A cura <strong>di</strong> Andrea Rossetti<br />
febbraio 2001 (8 recensioni)<br />
SWIF – E<strong>di</strong>zioni Digitali <strong>di</strong> Filosofia<br />
Registrazione ISSN 1126-4780
in<strong>di</strong>ce cronologico febbraio 2001<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Recensione <strong>di</strong><br />
Alfonso Ottobre -<br />
25/2/2001<br />
Recensione <strong>di</strong><br />
Gian Paolo<br />
Terravecchia -<br />
21/2/2001<br />
Recensione <strong>di</strong><br />
Corrado Del Bo' -<br />
18/2/2001<br />
Segnalazione <strong>di</strong><br />
Fernando<br />
Pascual -<br />
15/2/2001<br />
Recensione <strong>di</strong><br />
Maurizio Brignoli -<br />
11/2/2001<br />
Recensione <strong>di</strong><br />
Maurizio Brignoli -<br />
7/2/2001<br />
Recensione <strong>di</strong><br />
Andrea Gilardoni -<br />
4/2/2001<br />
In<strong>di</strong>ce cronologico: febbraio 2001<br />
Quaglia, Paolo, Una lettura filosofica dei racconti <strong>di</strong> J.L.<br />
Borges, Roma, EPJ, Spazio Aperto, 2000, pp. 65, Lit.15.000,<br />
ISBN 88-7801-293-9 (5/12/2000)<br />
Boella, Laura, Buttarelli, Annarosa, Per amore <strong>di</strong> altro.<br />
L'empatia a partire da E<strong>di</strong>th Stein. Milano, Raffaello<br />
Cortina, 2000, pp. 113, Lit. 16.000, ISBN 88-7078-646-3<br />
(25/11/2000)<br />
Alessandro Ferrara (a cura <strong>di</strong>), <strong>Comunitarismo</strong> e<br />
<strong>liberalismo</strong>, E<strong>di</strong>tori Riuniti, Roma, 2000, pp. LX-362, 163; £.<br />
42.000 (21/11/2000)<br />
Rossetti, Livio, Introduzione alla filosofia antica.<br />
Premesse filologiche e altri "ferri del mestiere". <strong>Bari</strong>,<br />
Levante e<strong>di</strong>tori, 1998, pp. 382, Lit. 33.000, ISBN 88-7949-164-<br />
4 (18/11/2000)<br />
Costanzo Preve, I secoli <strong>di</strong>fficili. Introduzione al pensiero<br />
filosofico dell'Ottocento e del Novecento, Pistoia, C.R.T.<br />
E<strong>di</strong>trice, 1999 (11/11/2000)<br />
Carlo Boris Menghi, L'identità normativa. Critica della<br />
fenomenologia dello spirito <strong>di</strong> Hegel. Giappichelli, Torino<br />
1999, Lit. 30.000 [ISBN 88-348-9084-1] (1/11/2000)<br />
Cassinari, Flavio, Martin Heidegger, Il pensiero poetante,<br />
La produzione lirica heideggeriana (1910-1975) Mimesis (I<br />
cabiri), Milano, 2000, pp. 281, Lit.28.000, ISBN 88-87231-64-<br />
8, (11/11/2000)<br />
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in<strong>di</strong>ce cronologico febbraio 2001<br />
Recensione <strong>di</strong><br />
Vincenzo Cuomo<br />
- 1/2/2001<br />
Costa, Mario, Dall'estetica dell'ornamento alla<br />
computerart. Napoli, Tempo Lungo e<strong>di</strong>zioni, 2000, pp. 206<br />
(64 ill.), Lit. 26.000, Euro 13,42, ISBN 88-87480-13-3<br />
(26/10/2000)<br />
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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Paolo Quaglia, Una lettura filosofica dei racconti <strong>di</strong> J.L. Borges<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Quaglia, Paolo, Una lettura filosofica dei racconti <strong>di</strong> J.L. Borges<br />
Roma, EPJ, Spazio Aperto, 2000, pp. 65, Lit.15.000, ISBN 88-7801-293-9<br />
Recensione <strong>di</strong> Alfonso Ottobre - 5/12/2000<br />
In<strong>di</strong>ce - L'autore - Link<br />
Rudolf Carnap riteneva che i "metafisici" non fossero altro che dei "musicisti senza talento<br />
musicale" e che in qualche modo l'arte fosse l'unica a poter trattare ciò che trascende il<br />
campo del "conoscitivamente sensato", la metafisica essendo "un surrogato, per lo più<br />
insufficiente dell'arte". Si può ovviamente non essere d'accordo con la tesi <strong>di</strong> Carnap (anche<br />
perché qui non è affatto contestualizzata come meriterebbe); rimane vero però che la<br />
tendenza a considerare l'esperienza estetica come la chiave per accedere ad una<br />
<strong>di</strong>mensione trascendentale sia ben presente nella riflessione filosofica moderna.<br />
Il breve saggio <strong>di</strong> Paolo Quaglia, "Una lettura filosofica dei racconti <strong>di</strong> J.L. Borges", si muove<br />
esattamente lungo questa linea <strong>di</strong> tendenza; i racconti del grande scrittore argentino, una<br />
delle figure più autorevoli della letteratura mon<strong>di</strong>ale del nostro secolo, sono infatti l'occasione<br />
per mostrare come "la limitatezza dell'esistenza viene superata me<strong>di</strong>ante l'esperienza<br />
dell'opera d'arte, capace <strong>di</strong> dare carattere meta-temporale alla vita" (dalla quarta <strong>di</strong><br />
copertina).<br />
Nei racconti <strong>di</strong> Borges, secondo la lettura che ne fa Quaglia, c'è la possibilità <strong>di</strong> rintracciare<br />
alcuni temi ricorrenti <strong>di</strong> sicuro rilievo filosofico, grazie soprattutto ad una scrittura che fa <strong>di</strong><br />
metafore e simboli un consapevole strumento <strong>di</strong> indagine "metafisica". Tra questi temi,<br />
Quaglia avverte <strong>di</strong> aver voluto concentrare la propria attenzione soprattutto su <strong>di</strong> uno: la<br />
contemplazione dell'Assoluto: "Borges ha tentato, me<strong>di</strong>ante il ricorso ad immagini simboliche<br />
<strong>di</strong> esprimere l'incomunicabilità della contemplazione [...] se l'esperienza dell'Assoluto è<br />
incomunicabile in quanto non può essere tradotta nella linearità del pensiero, è possibile<br />
alludere ad essa me<strong>di</strong>ante un linguaggio filosofico" (pag. 62).<br />
Il saggio si apre con alcune considerazioni su l'Assoluto e le sue possibili immagini. Quaglia,<br />
evidenzia come l'Assoluto sia "ciò che è sciolto da ogni rapporto, ciò che sta al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni<br />
possibile rapporto" (il termine deriva dal latino ab-solvo, vale a <strong>di</strong>re, separo-da); ma è anche<br />
vero che se l'Assoluto fosse interamente al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni possibile rapporto, esso non sarebbe<br />
neppure concepibile. Traendo spunto da Tillich che ne "La mia ricerca <strong>degli</strong> Assoluti" ha<br />
scritto che "in ogni domanda il soggetto interrogante ha già qualcosa dell'oggetto su cui<br />
interroga, altrimenti non potrebbe porre la domanda", Quaglia definisce l'Assoluto come "ciò<br />
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Paolo Quaglia, Una lettura filosofica dei racconti <strong>di</strong> J.L. Borges<br />
che è ad un tempo presente ed assente, che si dà e si sottrae" (pag. 7). E' questo uno dei<br />
più significativi paradossi filosofici che, come ha scritto Emilio Garroni in "Senso e<br />
Paradosso", non vanno confusi con i paradossi retorici o con i paralogismi. E' un paradosso<br />
inevitabile che serve a dare senso a ciò che altrimenti può sembrare semplicemente<br />
contrad<strong>di</strong>ttorio. L'Assoluto, scrive Quaglia, "non deve essere pensato come illimitato, cioè<br />
senza principio né fine, quanto piuttosto come inesauribile, cioè come quel termine<br />
dell'indagine che l'indagine stessa non riesce ad esaurire" (pag. 8).<br />
L'inesauribile quin<strong>di</strong> non ha niente a che vedere con l'in<strong>di</strong>cibile; anzi, proprio perché l'uomo è<br />
in grado <strong>di</strong> formulare certe domande, l'inesauribile va detto, sempre daccapo. Certo gli<br />
strumenti <strong>di</strong> tale ricerca non possono essere quelli logico-razionali; c'è bisogno <strong>di</strong> strumenti<br />
che, al pari dell'oggetto della ricerca, siano capaci <strong>di</strong> significare, senza però esaurire nell'atto<br />
del significare il proprio significato una volta per tutte: i simboli sono, e non soltanto da<br />
questo punto <strong>di</strong> vista, gli strumenti più potenti.<br />
La prima immagine dell'Assoluto presentata da Quaglia è quella della sfera. "Già Parmenide<br />
aveva pensato l'Assoluto [...] simile alla massa <strong>di</strong> una rotonda sfera [...] Borges, ne L'Aleph,<br />
il più conosciuto dei suoi racconti [...] ci presenta un'immagine analoga a quella parmenidea"<br />
(Pag.8) Perché la sfera? Perché essa è l'immagine che più si avvicina all'Aleph che, nella<br />
definizione <strong>di</strong> Borges è "il luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi della terra,<br />
visti da tutti gli angoli"; vi si approssima, senza coincidere perfettamente, poiché la totalità<br />
simboleggiata dall'Aleph dovrebbe essere priva <strong>di</strong> estensione; ma una totalità priva <strong>di</strong><br />
estensione è inimmaginabile (e soprattutto indescrivibile) e quin<strong>di</strong> l'Aleph non può essere<br />
altro che una sfera dal <strong>di</strong>ametro irrisorio (due o tre centimetri, <strong>di</strong>ce Borges). La "visione"<br />
dello spazio infinito è dunque simultanea; l'Assoluto reificato nella sfera irrompe nella misera<br />
<strong>di</strong>mensione spazio- temporale del vedere e dell'esperire umano, costringendo il narratore a<br />
depauperare la visione simultanea in un goffo tentativo descrittivo, me<strong>di</strong>ante l'unico<br />
strumento <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone l'uomo, quello linguistico, che per sua natura è successivo. Il<br />
tentativo <strong>di</strong> riportare l'esperienza vissuta è comunque destinato al fallimento: l'Assoluto è<br />
stato contemplato, ma tale istante privilegiato non può essere comunicato, e quin<strong>di</strong><br />
con<strong>di</strong>viso, perché lo strumento <strong>di</strong> comunicazione umana per eccellenza, il linguaggio, è<br />
inservibile.<br />
Se la sfera è l'immagine della totalità indescrivibile, la descrizione metaforica scelta da<br />
Borges per rappresentarne le proprietà è quella della Biblioteca; essa, come scrive Borges<br />
nel racconto La Biblioteca <strong>di</strong> Babele, "è una sfera il cui centro esatto è qualsisi esagono, e la<br />
cui circonferenza è inaccessibile". Quaglia ci mostra come la metafora della Biblioteca sia<br />
utilizzata non soltanto per rappresentare l'Universo, ma anche per delineare i rapporti tra<br />
finitezza e immortalità, contingenza e necessarietà; tra uomo e Dio. "La sfera, esistendo da<br />
sempre, deve avere la sua origine in un principio egualmente eterno: è certo l'opera <strong>di</strong> un<br />
<strong>di</strong>o. Il <strong>di</strong>o è il principio che essa è <strong>di</strong> se stessa. L'uomo al confronto sembra essere l'opera<br />
della contingenza: egli vive al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> essa, nella successione temporale. Eppure solo<br />
l'uomo può essere l'interprete della totalità del sapere racchiusa nella Biblioteca" (pag.14).<br />
Dunque l'uomo <strong>di</strong> fronte alla Biblioteca, all'Assoluto, ha un compito preciso: scoprire la legge<br />
della Biblioteca; ma tale scoperta, il fatto che non vi siano due soli libri identici nella<br />
Biblioteca, non è che l'inizio della ricerca, il punto <strong>di</strong> partenza <strong>di</strong> una serie infinita <strong>di</strong><br />
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Paolo Quaglia, Una lettura filosofica dei racconti <strong>di</strong> J.L. Borges<br />
interpretazioni che non possono far altro che tornare <strong>di</strong> nuovo a ciò che tentano <strong>di</strong> spiegare,<br />
all'Assoluto. Non è possibile uscire fuori <strong>di</strong> esso per descriverlo: "ogni prospettiva rivolta alla<br />
totalità riceve significato da essa, e questo significato può apparire terribile in quanto sta<br />
ancora sempre al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni possibile spiegazione" (pag. 17) L'Assoluto è ciò che dà<br />
significato alla ricerca dell'uomo; esso, come avverte Quaglia, "deve essere presente<br />
nell'interpretazione"; ma, bisogna aggiungere, deve pure essere già presente in colui che<br />
interpreta. Tale con<strong>di</strong>zione configura il destino paradossale dell'uomo che, nel tentativo <strong>di</strong><br />
"spiegare" la totalità in cui egli stesso è compreso, non può assumere un punto <strong>di</strong> vista<br />
esterno ad essa (il cosiddetto Punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> Dio). "Quando il pensiero si sforza <strong>di</strong> mettere<br />
in luce il contenuto <strong>di</strong> questa totalità, si avvolge su se stesso e precipita nel paradosso" (pag.<br />
19) Il pensiero che "si avvolge su stesso" ci riporta ad un altro dei simboli preferiti da Borges,<br />
il labirinto, al quale Quaglia de<strong>di</strong>ca il secondo capitolo del suo saggio.<br />
La ricerca dell'Assoluto si presenta quin<strong>di</strong> come un compito esorbitante per la ragione<br />
umana; gli strumenti <strong>di</strong> questa, quelli su cui l'uomo è più <strong>di</strong>sposto a fare affidamento, sono<br />
inutili ai fini della ricerca; l'Assoluto rimane muto se interrogato dal logos. E' a questo punto<br />
che la ricerca è costretta a subire una trasformazione: essa non deve essere più indagine<br />
razionale ma, più umilmente e più saggiamente, deve tramutarsi in una <strong>di</strong>sposizione ad<br />
accogliere la "rivelazione" dell'Assoluto. In questo stato d'animo anche un oggetto<br />
apparentemente insignificante come una moneta, lo Zahir dell'omonimo racconto, può<br />
illuminare improvvisamente la ricerca: "Quando un oggetto <strong>di</strong>venta un simbolo" scrive<br />
Quaglia nel quarto capitolo, "racchiude in sé un'intera storia, la quale può consentirci <strong>di</strong><br />
andare oltre la semplice apparenza con cui esso cattura la nostra attenzione. L'oggetto è<br />
però soltanto un mezzo, non sempre è necessario: ci sono <strong>degli</strong> attimi, nella vita, in cui il<br />
flusso dei pensieri si sospende e l'Assoluto si svela nella complessità del suo essere totale.<br />
Questa è l'esperienza del Mistico" (pag. 34). Ecco quin<strong>di</strong> la via d'accesso; essa è aperta solo<br />
per chi è <strong>di</strong>sposto ad abbandonare l'indagine razionale: qust'ultima infatti non può procedere<br />
perché pone le domande sbagliate. L'Assoluto propriamente non va cercato; esso si svela, o<br />
per <strong>di</strong>rla con le parole <strong>di</strong> Wittgenstein, "Esso mostra sé".<br />
Citare Wittgenstein in questo contesto sembra essere un azzardo; eppure le ultime<br />
proposizioni del Tractatus sono, com'è noto, incentrate proprio sul Mistico; e anche lì si<br />
finisce con il sottolineare l'incomunicabilità dell'esperienza mistica (la celeberrima ultima<br />
proposizione del Tractatus: su ciò, <strong>di</strong> cui non si può parlare, si deve tacere); Il Mistico non<br />
può essere detto; non ci si può servire delle parole per <strong>di</strong>re qualcosa che è "insensato" non<br />
perchè privo <strong>di</strong> senso, ma in quanto oltre il senso. Tentare <strong>di</strong> <strong>di</strong>re l'Assoluto è ad<strong>di</strong>rittura<br />
inutile, come ben sa il protagonista del racconto <strong>di</strong> Borges La scrittura del Dio il quale, pur<br />
avendo ottenuto dalla visione dell'Assoluto una conoscenza illimitata, rinuncia a proferire le<br />
parole che potrebbero liberarlo dalla prigionia, dato che "chi ha scorto l'Universo non può<br />
pensare ad un uomo, alle sue meschine gioie e sventure, anche se quell'uomo è lui".<br />
Ma il tentativo <strong>di</strong> afferrare l'Assoluto non può affidarsi soltanto alla forza delle immagini<br />
spaziali: la sfera, la biblioteca, il labirinto, la moneta. L'Assoluto reclama anche una sua<br />
<strong>di</strong>mensione temporale. I personaggi <strong>di</strong> molti racconti <strong>di</strong> Borges, come Funes, Pedro Dàmian<br />
o Hladìk, vivono dentro e, allo stesso tempo, fuori dal tempo fisico; per essi il flusso<br />
temporale può sdoppiarsi, invertire <strong>di</strong>rezione, sospendersi, raggrumandosi in un istante<br />
"privilegiato". L'eternità può manifestarsi solo nell'istante, pur non potendo in alcun modo<br />
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Paolo Quaglia, Una lettura filosofica dei racconti <strong>di</strong> J.L. Borges<br />
coincidere con esso. Anche qui dunque la <strong>di</strong>mensione dell'Assoluto non può non rivelarsi<br />
paradossale. Abbiamo appena citato un passo del saggio in cui Quaglia scrive che "... ci<br />
sono attimi, nella vita, in cui il flusso dei pensieri si sospende e l'Assoluto si svela..."; nel<br />
quarto capitolo, intitolato "L'istante, il passato e la memoria", l'autore passa ad analizzare più<br />
da vicino la con<strong>di</strong>zione paradossale dell'istante in quanto configurazione temporale<br />
dell'Assoluto. "A prima vista" scrive Quaglia, "esso può apparire come inesistente, in quanto<br />
è continuamente eroso dal futuro che avanza e dal passato in cui imme<strong>di</strong>atamente trapassa.<br />
Eppure l'istante ha una profon<strong>di</strong>tà che né il futuro, né il passato possono avere: esso è<br />
un'apertura verso l'Assoluto, è il punto d'incontro con l'eternità [...] Esso è il punto <strong>di</strong><br />
passaggio in cui non vi sono né <strong>di</strong>stinzione né riunione " (pag. 46). E' proprio questa<br />
con<strong>di</strong>zione liminale a fare dell'istante una <strong>di</strong>mensione temporale in cui l'Assoluto può<br />
svelarsi; quest'ultimo, in quanto eterno, non può avere durata ed essere misurato dall'uomo<br />
(così come nella sua <strong>di</strong>mensione spaziale non poteva avere estensione). L'istante allora<br />
rivela la possibilità <strong>di</strong> un rapporto con l'Assoluto proprio perché "esso sembra non esistere<br />
poiché, finché non è, è futuro; quando è, è già passato " (pag. 63).<br />
I racconti <strong>di</strong> Borges, secondo l'analisi <strong>di</strong> Quaglia, ci mostrano dunque lo statuto<br />
trascendentale dell'Assoluto soprattutto attraverso le sue concretizzazioni simboliche,<br />
contrad<strong>di</strong>stinte da invincibili antinomie e paradossi insolubili. Ma allora qual'è il fine che<br />
muove l'uomo verso la ricerca dell'Assoluto? "Anche se ristretta entro i limiti del ricordo"<br />
afferma Quaglia nelle ultime righe del saggio, "l'immagine dell'Assoluto conferisce<br />
all'esistenza umana una nuova <strong>di</strong>mensione, molto più profonda della precendente. Esso<br />
trasmette una ricchezza spirituale che rende l'uomo saggio" (pag. 65).<br />
In<strong>di</strong>ce<br />
1. L'Assoluto e l'Immagine; 2. Il Labirinto. 3. La Ricerca. 4. L'istante, il passato, la memoria.<br />
5. Conclusione.<br />
L'autore<br />
Paolo Quaglia, nato ad Asti nel 1952, è autore dei seguenti saggi: Controversie dottrinali nel<br />
primo Millennio del Cristianesimo, Cavallermaggiore (CN) 1992; Contemplazione ed<br />
espressione nella filosofia <strong>di</strong> Plotino, Cuneo 1995; Lineamenti <strong>di</strong> teoria ermeneutica in A.<br />
Rosmini, Chieri (TO) 1997.<br />
Link<br />
Pagina de<strong>di</strong>cata alla Collezione Borges presso la Biblioteca dell'<strong>Università</strong> della Virginia<br />
http://www.lib.virginia.edu/speccol/colls/borges.html<br />
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Paolo Quaglia, Una lettura filosofica dei racconti <strong>di</strong> J.L. Borges<br />
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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Boella, Buttarelli, Per amore <strong>di</strong> altro. L'empatia a partire da E<strong>di</strong>th Stein<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Boella, Laura, Buttarelli, Annarosa, Per amore <strong>di</strong> altro. L'empatia a<br />
partire da E<strong>di</strong>th Stein<br />
Milano, Raffaello Cortina, 2000, pp. 113, Lit. 16.000, ISBN 88-7078-646-3.<br />
Recensione <strong>di</strong> Gian Paolo Terravecchia - 25/11/2000<br />
In<strong>di</strong>ce - Le autrici<br />
[Parole chiave: empatia, fenomenologia, relazioni sociali.]<br />
Il libro ha un respiro <strong>di</strong> originalità per un'esposizione del tema certo non convenzionale. Gli<br />
interventi delle autrici, con una certa alternanza nella sequenza dei capitoli, conferiscono<br />
vivacità al ritmo espositivo. Non può poi sfuggire la sensibilità femminile delle autrici, pur<br />
<strong>di</strong>versamente declinata: due donne che riflettono sulla filosofia <strong>di</strong> E<strong>di</strong>th Stein, una tra le più<br />
significative pensatrici del Novecento.<br />
Chi è familiare con la letteratura critica sulla Stein, malgrado le numerose opere <strong>di</strong> qualità e<br />
rigore, verrà certo scosso dal dormiveglia che una mielata apologetica sa spesso produrre e<br />
rispetto alla quale il testo è indubiamente lontano. Fin dall'inizio si viene infatti ridestati dalle<br />
graffianti considerazioni <strong>di</strong> Buttarelli. L'autrice infatti simula un retorico stupore nei confronti<br />
delle interpretazioni <strong>di</strong> Stein che propongono una lettura della sua vita come suggellata<br />
pacificamente dal martirio. Si tratterebbe, secondo l'autrice, <strong>di</strong> una "spiegazione" <strong>di</strong> quella<br />
che invece lei interpreta come un'ostinata "costruzione <strong>di</strong> una vita per niente perspicua e<br />
luminosa" (p. 13). Quella <strong>di</strong> E<strong>di</strong>th Stein è, secondo Buttarelli, una "figura tormentata che<br />
lascia in ere<strong>di</strong>tà la convinzione che nel sacrificio ci sia una risposta" (p. 14). A tale risposta<br />
però, a partire dai testi della Stein, pare non sia dato <strong>di</strong> arrivare, in quanto sull'argomento in<br />
essi vi è solo il silenzio. Non che Buttarelli neghi la possibilità <strong>di</strong> una certa trasparenza della<br />
figura della fenomenologa tedesca, essa però va guadagnata, paradossalmente, attraverso<br />
"il buio pesto della fede". Si tratta <strong>di</strong> una ricerca <strong>di</strong> Dio condotta da E<strong>di</strong>th Stein sotto la cifra<br />
dell'incomprensibilità, o meglio della me<strong>di</strong>azione: ciò che <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Dio, lo si legge attraverso i<br />
testi da lei scritti su altri (Teresa d'Àvila, Giovanni della Croce, Dionigi l'Areopagita).<br />
L'interprete del suo pensiero si trova così condotto nella propria ricerca come in un percorso<br />
empatico. La conoscenza della realtà, nella sua oggettività, viene guadagnata attraverso<br />
l'incontro empatico con l'altro, cioè gli autori <strong>di</strong> cui Stein scrive.<br />
Proprio l'insegnamento dell'empatia, le rimprovera Buttarelli, viene però <strong>di</strong>menticato dalla<br />
Stein nell'imitatio Christiche portò la pensatrice tedesca al martirio (è noto che lei morì nel<br />
1942 nel campo <strong>di</strong> concentramento <strong>di</strong> Auschwitz). Secondo Buttarelli, la letteralità e<br />
l'irreversibilità dell'assunzione della croce non è compatibile col rapporto <strong>di</strong> vicinanza, ma<br />
anche e, soprattutto, <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco che è l'empatia. Proprio la lezione sull'empatia avrebbe<br />
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Boella, Buttarelli, Per amore <strong>di</strong> altro. L'empatia a partire da E<strong>di</strong>th Stein<br />
dovuto prevenire la ra<strong>di</strong>calità del martirio. La critica <strong>di</strong> Buttarelli non è però con<strong>di</strong>visibile: in<br />
essa vi la pretesa <strong>di</strong> trattare come insegnamenti quelli che sono invece avvenimenti propri <strong>di</strong><br />
un itinerario esistenziale condotto su un piano strettamente personale ed intimo. Per<br />
esprimerlo con linguaggio wittgensteiniano, si pretende <strong>di</strong> far <strong>di</strong>re a Stein ciò che lei ha<br />
inteso solo mostrare.<br />
Il tema del buio, della notte, ritorna come centrale nel secondo capitolo, svolto da Laura<br />
Boella. L'autrice conduce il lettore a riflettere sulla metafora attraverso un sapiente uso<br />
soprattutto <strong>di</strong> Scientia crucis, l'ultima opera <strong>di</strong> E<strong>di</strong>th Stein. La notte non è la metafora del<br />
nulla, non è un'immagine nichilista, piuttosto, è l'esperienza sensibile dell'invisibile,<br />
dell'inafferrabile (p. 39). La notte si mostra come lo spazio dell'incontro. Si tratta <strong>di</strong> uno<br />
spazio accogliente, sebbene drammatico. Stein è certo consapevole dell'effetto paralizzante<br />
della notte, perfino del suo prefigurare la morte, non<strong>di</strong>meno traspare dal testo, nella sua<br />
interezza, una suggestione <strong>di</strong> pace e accoglienza. Colpiscono le caratterizzazioni della<br />
notte: "La notte incantata del chiaro <strong>di</strong> luna, bagnata <strong>di</strong> mite e tenera luce", e la notte oscura<br />
che "mette fine all'affanno e ai rumori del giorno, portando riposo e pace" (cit. a p.38).<br />
Entrambe le immagini prospettano un accesso a quanto c'è <strong>di</strong> più prezioso al mondo, cioè<br />
l'enigma del suo senso, che comportauna "rottura dei confini dell'io" (p. 42). Il tema<br />
dell'empatia si sublima così in una prospettiva più ampia che suggerisce un nuovo grado<br />
della vita spirituale.<br />
Il volume ruota attorno al quarto capitolo "Amore per l'altro" che è il più esteso e che<br />
rappresenta l'esposizione tematica maggiormente organica e conforme al titolo. In esso si<br />
ripercorre l'itinerario che ha condotto l'autrice al problema dell'empatia. Boella richiama<br />
l'importanza della "prima fase del movimento fenomenologico" per la formazione del<br />
pensiero <strong>di</strong> Stein. Il solo rapporto con Husserl infatti non è sufficiente per un esaustivo<br />
inquadramento del pensiero dell'autrice: vi sono nel suo lavoro anche importanti suggestioni<br />
provenienti da Max Scheler e da Adolf Reinach. Non si tratta però semplicemente <strong>di</strong> due<br />
nomi da aggiungersi a quello del maestro Husserl, quanto piuttosto della punta più evidente<br />
dell'impostazione <strong>di</strong> tutta una scuola, quella dei fenomenologi <strong>di</strong> Gottinga alla quale Stein si<br />
sentì particolarmente legata (tra i nomi più significativi Boella ricorda: Moritz Geiger,<br />
Alexander Pfänder, Dietrich von Hildebrand). Certo il lavoro condotto da Stein in qualità <strong>di</strong><br />
assistente <strong>di</strong> Husserl fu fondamentale per la sua formazione, ma già le lezioni del maestro le<br />
avevano fatto maturare la consapevolezza dell'importanza del tema dell'empatia. Nelle sue<br />
lezioni, infatti, "Husserl aveva parlato del fatto che un mondo esterno oggettivo poteva<br />
essere conosciuto solo in modo intersoggettivo" (cit. a p. 58). L'empatia, in quanto<br />
conoscenza dell'altra persona, pareva essere la via per la fondazione dell'oggettività. In lei<br />
quin<strong>di</strong> la preoccupazione gnoseologica e fondativa del maestro e la prospettiva<br />
antropologica propria dei membri del circolo <strong>di</strong> Gottinga si fondevano in maniera originale.<br />
L'empatia, Einfühlung, infatti non ha nulla <strong>di</strong> romantico o sentimentale. Essa è il fondamento<br />
<strong>di</strong> tutti gli atti (emotivi, cognitivi, volitivi, valutativi, narrativi, etc.) con cui viene colta la vita<br />
psichica altrui (p. 66). Attraverso l'empatia ci si rende conto della gioia, del dolore vissuto<br />
dall'altro. Non ci si immedesima con l'altro: il vissuto dell'altro viene avvertito come non<br />
originario. Nell'empatia rimane ferma l'irriducibile <strong>di</strong>stanza tra sè e l'altro. L'atto però<br />
consente <strong>di</strong> cogliere l'altro "uscendo dal recinto dell'io", rendendosi recettivi nei confronti<br />
della sua esprienza più intima. Pur avendo una <strong>di</strong>mensione cognitiva, piuttosto che affettiva,<br />
si può <strong>di</strong>re che l'empatia è "amore per" in quanto consiste nel viversi in relazione a qualcosa<br />
che non è mera esteriorità, in un incontro che esula dal controllo e dall'iniziativa dell'io (p.<br />
71).<br />
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Boella, Buttarelli, Per amore <strong>di</strong> altro. L'empatia a partire da E<strong>di</strong>th Stein<br />
Nel suo insieme, il testo manca <strong>di</strong> uno sviluppo unitario: <strong>di</strong> questo stato <strong>di</strong> cose però dà<br />
ragione il sottotitolo che recita: "L'empatia a partire da E<strong>di</strong>th Stein". I capitoli <strong>di</strong> contorno al<br />
quarto possono perciò leggersi come sentieri <strong>di</strong> me<strong>di</strong>tazione. Il lettore dovrà poi certamente<br />
riconoscere che sono meritevoli <strong>di</strong> essere percorsi.<br />
In<strong>di</strong>ce*<br />
Introduzione<br />
1. L'enigma <strong>di</strong> una vita femminile (Annarosa Buttarelli)<br />
2. La notte che addolcisce le cose (Laura Boella)<br />
3. Il dolore nell'esperienza e gli "Assoluti" della storia e dellafilosofia (Laura Boella)<br />
4. Amore per altro (Laura Boella)<br />
5. L'empatia in pratica. Scritti sulla donna (Annarosa Buttarelli)<br />
6. La ricerca <strong>di</strong> un linguaggio (Annarosa Buttarelli)<br />
Appen<strong>di</strong>ce bibliografica<br />
* Trattandosi <strong>di</strong> un libro a due mani, si in<strong>di</strong>ca tra parentesi l'autrice responsabile del capitolo,<br />
secondo quanto in<strong>di</strong>cato nell'Introduzione (p. 12).<br />
Le Autrici<br />
Laura Boella Insegna Filosofia morale all'<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> Milano.Tra le sue<br />
pubblicazioni: Ernst Bloch. Trame della speranza, Milano1987; Hannah Arendt. Agire<br />
politicamente, pensare politicamente, Milano 1995; Cuori pensanti , Mantova 1998.<br />
Annarosa Buttarelli Collabora con il <strong>di</strong>partimento <strong>di</strong> Filosofia dell'<strong>Università</strong> <strong>di</strong>Verona e fa<br />
parte della Comunità filosofica Diotima. I suoi saggi più importanti sono contenuti in: Diotima,<br />
Oltre l'uguaglianza, Napoli 1995; AA.VV., La rivoluzione inattesa. Donne al mercato del<br />
lavoro, Milano 1997.<br />
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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Alessandro Ferrara (a cura <strong>di</strong>), <strong>Comunitarismo</strong> e <strong>liberalismo</strong><br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Alessandro Ferrara (a cura <strong>di</strong>), <strong>Comunitarismo</strong> e <strong>liberalismo</strong>.<br />
E<strong>di</strong>tori Riuniti, Roma, 2000, pp. LX-362, 163; £. 42.000.<br />
Recensore <strong>di</strong>: Corrado Del Bo'<br />
In<strong>di</strong>ce - L'autore<br />
Non brillerebbe certo per originalità chi oggi affermasse che il <strong>di</strong>battito tra liberali e<br />
comunitari - che negli anni Ottanta ha tanto animato la filosofia politica <strong>di</strong> lingua inglese - è<br />
da tempo giunto a un punto morto e che altre sono le urgenze su cui è impegnata la teoria<br />
politica normativa. Se guar<strong>di</strong>amo la questione da questo punto <strong>di</strong> vista, <strong>di</strong>venta <strong>di</strong>fficile non<br />
pensare alla ripubblicazione <strong>di</strong> <strong>Comunitarismo</strong> e <strong>liberalismo</strong>, una raccolta <strong>di</strong> saggi a cura <strong>di</strong><br />
Alessandro Ferrara che aveva visto per la prima volta la luce otto anni fa, come a un<br />
esercizio <strong>di</strong> pura archeologia filosofica. Sarebbe però un errore considerare il volume sotto<br />
questa luce, e non solo perché la biografia intellettuale e scientifica <strong>di</strong> Ferrara non può<br />
proprio generare questo tipo <strong>di</strong> equivoci. La nuova e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> un libro <strong>di</strong>venuto ormai<br />
introvabile è, infatti, soprattutto l'occasion per cercare <strong>di</strong> capire cosa <strong>di</strong> quel <strong>di</strong>battito è<br />
sopravvissuto e ispira ancora oggi la riflessione filosofico-politica anglofona.<br />
Il contesto da cui emergono le critiche comunitarie ai liberali è noto: con la pubblicazione<br />
dell'opera <strong>di</strong> John Rawls A Theory of Justice (1971), il <strong>liberalismo</strong> si avviava a <strong>di</strong>venire il<br />
para<strong>di</strong>gma vincente nella filosofia politica, al punto che verso la fine <strong>degli</strong> anni Settanta,<br />
perlomeno Oltremanica e Oltreoceano, sembrava ormai impossibile negare <strong>di</strong> essere, in un<br />
qualche senso, liberali. Il <strong>di</strong>saccordo, in effetti, aveva finito per riguardare l'estensione dei<br />
poteri pubblici e l'entità; della re<strong>di</strong>stribuzione delle risorse (si pensi a Robert Nozick e al suo<br />
Anarchia, Stato e Utopia), ma non, ad esempio, la natura consensualista dell'obbligazione<br />
politica o l'adozione <strong>di</strong> una qualche versione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidualismo axiologico. Agli inizi <strong>degli</strong> anni<br />
Ottanta i comunitari sparigliarono le carte in tavola: autori come Alasdair MacIntyre, Michael<br />
Sandel e Charles Taylor recuperarono una serie <strong>di</strong> suggestioni più o meno antiliberali del<br />
passato (tra<strong>di</strong>zionalismo, hegelismo, marxismo, elitismo, autoritarismo, ra<strong>di</strong>calismo) per<br />
"rifonderle [...] in una tonalità <strong>di</strong>versa all'interno della sinfonia liberale. Una tonalitàforte e<br />
insistente che accentua una costellazione <strong>di</strong> valori non-in<strong>di</strong>vidualistici con variegate<br />
sfumature <strong>di</strong> timbro, ma che in fondo non giunge mai a suggerire una rottura completa con il<br />
quadro <strong>di</strong> riferimento politico-istituzionale che le democrazie liberali hanno posto in essere<br />
negli ultimi tre secoli" (p. XII). Cosa del <strong>liberalismo</strong> in generale e del <strong>liberalismo</strong> rawlsiano in<br />
particolare non convince i comunitari? Innanzitutto, la nozione liberale <strong>di</strong> sè, che è ritenuta<br />
dai comunitari eccessivamente astratta (l'io, secondo questi autori, non può essere pensato<br />
come refrattario all'influenza del contesto storico-sociale da cui proviene); in secondo luogo,<br />
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Alessandro Ferrara (a cura <strong>di</strong>), <strong>Comunitarismo</strong> e <strong>liberalismo</strong><br />
l'idea della neutralità della giustizia rispetto a concezioni del bene controverse, che i<br />
comunitari giu<strong>di</strong>cano impossibile sia praticamente che epistemologicamente; in terzo luogo,<br />
l'idea della priorità dei <strong>di</strong>ritti (intesi alla Dworkin come atout da spendere nel gioco politico),<br />
priorità che ai comunitari - e a Taylor in particolare - sembra offuscare la necessità che gli<br />
in<strong>di</strong>vidui si adoperino per il mantenimento della forma <strong>di</strong> vita sociale all'interno della quale<br />
questi <strong>di</strong>ritti sono goduti; infine, l'importanza attribuita al valore della tolleranza, che i<br />
comunitari temono riveli l'incapacità <strong>di</strong> prestare la dovuta attenzione ai sistemi <strong>di</strong> credenze<br />
che creano il senso dell'identità collettiva.<br />
Ferrara, nel suo saggio introduttivo, ha cura <strong>di</strong> esaminare queste critiche con una<br />
sistematicità che il carattere composito del volume rende forse <strong>di</strong>fficoltoso realizzare<br />
affrontando <strong>di</strong>rettamente i saggi che a questi temi sono espressamente de<strong>di</strong>cati (un capitolo<br />
del lavoro <strong>di</strong> Sandel Il <strong>liberalismo</strong> e i limiti della giustizia, una lecture <strong>di</strong> MacIntyre, un articolo<br />
<strong>di</strong> Taylor, un altro articolo <strong>di</strong> Sandel). Meno sistematica è, invece, la ricostruzione delle<br />
risposte liberali ai comunitari che il curatore compie nella seconda parte del suo saggio. In<br />
questa parte, infatti, Ferrara preferisce concentrarsi quasi esclusivamente su due dei tre<br />
articoli in <strong>di</strong>fesa del <strong>liberalismo</strong>, vale a <strong>di</strong>re: Liberalismo politico <strong>di</strong> Charles Larmore e La<br />
comunità liberale <strong>di</strong> Ronald Dworkin (il terzo è quello <strong>di</strong> Jeremy Waldron, Valori particolari e<br />
moralità critica). Il <strong>liberalismo</strong> community-friendly <strong>di</strong> Dworkin, sembra a Ferrara "la posizione<br />
più vicina che si possa immaginare ad una teoria politica liberale capace <strong>di</strong> fare propria la<br />
lezione comunitarista" (p. XLII): la strategia <strong>di</strong> Dworkin (criticata da Philip Selznick e Bernard<br />
Williams in due contributi anch'essi tradotti) prevede, infatti, la possibilità per il <strong>liberalismo</strong> <strong>di</strong><br />
assimilare il valore dell'integrazione sociale senza rinunciare alle idee della tolleranza, della<br />
neutralità dello Stato rispetto alle concezioni del bene e all'autonomia dell'in<strong>di</strong>viduo rispetto<br />
alla compagine sociale. Completano il volume i lavori <strong>di</strong> Baynes e ancora <strong>di</strong> Taylor - in cui<br />
viene gettato uno sguardo più generale sulla controversia tra liberali e comunitari - e quello<br />
<strong>di</strong>chiaratamente "esegetico" <strong>di</strong> Moore - volto a chiarire l'impianto generale del pensiero <strong>di</strong><br />
Sandel.<br />
Nella prefazione a questa seconda e<strong>di</strong>zione del libro, Ferrara ricorda come "non uno dei<br />
capisal<strong>di</strong> liberali oggetto della critica comunitarista è più in pie<strong>di</strong>" (p. V). Il <strong>liberalismo</strong> è stato,<br />
in effetti, costretto dalla critica comunitaria a porsi in termini agnostici sul tema della<br />
costruzione della soggettività e ad accettare che la neutralità sia situata e che <strong>di</strong>ritti e<br />
sovranità popolare siano cooriginari. Se si considera anche che i comunitari hanno col<br />
tempo parecchio attenuato la vis polemica implicita nel loro concetto <strong>di</strong> comunità,<br />
coniugando quest'ultimo con le istanze sollevate dal fatto del pluralismo culturale, non si è,<br />
allora, probabilmente lontani dal vero nell'affermare che il duello si è chiuso con un accordo -<br />
forse più oneroso per i liberali - piuttosto che con la morte <strong>di</strong> uno dei contendenti. Rileva,<br />
però, il fatto che il <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong>o sia, comunque, rimasto a covare sotto le ceneri, quasi<br />
condensato in un punto su cui il <strong>di</strong>saccordo pare veramente irrime<strong>di</strong>abile: se, cioè, il rischio<br />
più grosso per l'in<strong>di</strong>viduo della società occidentale sia quello <strong>di</strong> perdere la sua capacità<br />
critica rispetto al contesto socioculturale nel quale è immerso (come sostiene il liberale) o,<br />
piuttosto, quello <strong>di</strong> ab<strong>di</strong>care alla propria identità storica e culturale (come ritiene il<br />
comunitario). Ora, è qui che, secondo Ferrara, si possono, in ultima analisi, rintracciare le<br />
origini delle attuali controversie sollevate dal multiculturalismo. Infatti, per i liberali più<br />
tra<strong>di</strong>zionali l'accoppiata <strong>di</strong> tolleranza ed eguaglianza colorblind fra in<strong>di</strong>vidui è quanto la<br />
giustizia richiede anche in materia dei cosiddetti <strong>di</strong>ritti culturali. E dall'altro lato la sensibilità<br />
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Alessandro Ferrara (a cura <strong>di</strong>), <strong>Comunitarismo</strong> e <strong>liberalismo</strong><br />
comunitarista riemerge in vesti multiculturali insinuando il dubbio che questa ricetta non<br />
quadri più con le intuizioni morali <strong>di</strong> un mondo che non conosce punti archime<strong>di</strong>ci e standard<br />
transculturali (p. VIII). Questa è, in definitiva, la piccola lezione che possiamo trarre<br />
leggendo oggi <strong>Comunitarismo</strong> e <strong>liberalismo</strong>: i problemi del riconoscimento della pari <strong>di</strong>gnità<br />
per i <strong>di</strong>versi gruppi che popolano la società democratica e della definizione delle modalità<br />
attraverso cui tale riconoscimento deve eventualmente avvenire possono essere compresi<br />
pienamente solo avendo chiaro il nesso che li lega a quell'irrisolta tensione tra due <strong>di</strong>versi<br />
apparati analitici che la querelle liberali/comunitari aveva fatto emergere.<br />
In<strong>di</strong>ce<br />
Prefazione alla seconda e<strong>di</strong>zione<br />
Introduzione, <strong>di</strong> Alessandro Ferrara<br />
Nota del curatore<br />
<strong>Comunitarismo</strong> e <strong>liberalismo</strong><br />
La giustizia e il bene, <strong>di</strong> Michael J. Sandel; Il patriottismo è una virtù?, <strong>di</strong> Alasdair MacIntyre;<br />
La natura e la portata della giustizia <strong>di</strong>stributiva, <strong>di</strong> Charles Taylor; La controversia<br />
<strong>liberalismo</strong>-comunitarismo e l'etica comunicativa, <strong>di</strong> Kenneth Baynes; Il <strong>di</strong>battito fra sor<strong>di</strong> tra<br />
liberali e comunitari, <strong>di</strong> Charles Taylor; Liberalismo politico, <strong>di</strong> Charles Larmore; La comunità<br />
liberale, <strong>di</strong> Ronald Dworkin; Il compito incompiuto <strong>di</strong> Dworkin, <strong>di</strong> Philip Selznick; Dworkin<br />
sulla comunità e gli interessi critici, <strong>di</strong> Bernard Williams; Il <strong>di</strong>scorso morale e la tolleranza<br />
liberale: l‚aborto e l'omosessualità, <strong>di</strong> Michael J. Sandel; L'anti<strong>liberalismo</strong> <strong>di</strong> Sandel, <strong>di</strong><br />
Michael S. Moore; Valori particolari e moralità critica, <strong>di</strong> Jeremy Waldron<br />
Note<br />
L'autore<br />
Alessandro Ferrara è professore associato presso la Facoltà <strong>di</strong> Lettere dell‚<strong>Università</strong> <strong>di</strong><br />
Parma è autore <strong>di</strong> Autenticità riflessiva. Il progetto della modernità dopo la svolta linguistica<br />
(Feltrinelli, 1999) e <strong>di</strong> Giustizia e Giu<strong>di</strong>zio. Ascesa e prospettive del modello giu<strong>di</strong>zialista<br />
nella filosofia politica contemporanea.<br />
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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Livio Rossetti, Introduzione alla filosofia antica<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Rossetti, Livio, Introduzione alla filosofia antica. Premesse filologiche e<br />
altri "ferri del mestiere". <strong>Bari</strong>, Levante e<strong>di</strong>tori, 1998, pp. 382, Lit. 33.000,<br />
ISBN 88-7949-164-4.<br />
Segnalazione <strong>di</strong> Fernando Pascual - 18/11/2000<br />
[pubbl. in Alpha Omega, 3 (2000), pp. 163-164; riproduzione autorizzata dalla<br />
rivista]<br />
Chi è interessato alla filosofia può trarre da questo lavoro un prezioso aiuto per essere<br />
iniziato al pensiero antico. Come osserva il prof. Livio Rossetti, docente dell'<strong>Università</strong> <strong>di</strong><br />
Perugia, molti testi danno per conosciute nozioni e problemi che, invece, risultano poco noti<br />
anche a chi frequenta la <strong>di</strong>sciplina (pp. 9s. e p. 24).<br />
Dopo alcuni argomenti preliminari (parte I), nei quali si sottolinea come la filosofia<br />
contemporanea sia profondamente ra<strong>di</strong>cata in quella greca, Rossetti offre una<br />
presentazione delle fonti (papiri, co<strong>di</strong>ci, e<strong>di</strong>zioni) e dei problemi che tali fonti suscitano. Egli<br />
mostra quin<strong>di</strong> l'importanza dell'apporto della critica testuale e della filologia, per consentire,<br />
nella misura del possibile, la restitutio dei testi "originali" (parti II-III).<br />
La parte IV stu<strong>di</strong>a la bibliografia critica, con un'interessante presentazione dei principali<br />
corpora antichi (frammenti <strong>di</strong> Democrito e <strong>di</strong> Crisippo, testi <strong>di</strong> Platone, Aristotele e Plotino),<br />
con le e<strong>di</strong>zioni più attuali e le traduzioni reperibili in lingua italiana. Si parla anche delle<br />
principali raccolte <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> altri autori antichi (i presocratici, i socratici, le quattro<br />
scuole <strong>di</strong> Atene, ecc.) e delle storie della filosofiaelaborate già nel mondo antico (che ci<br />
orientano, sebbene con errori e deformazioni, nell'accesso alla vita e alle idee dei <strong>di</strong>versi<br />
autori).<br />
La parte V, <strong>di</strong> grande interesse, ci introduce nei criteri per una lettura filosofica dei testi, cosa<br />
non possibile con la sola filologia. Il filologo, infatti, ha bisogno dell'aiuto del filosofo non solo<br />
per la restitutio, ma anche per proporre le parole più chiare e fedeli per tradurre i <strong>di</strong>versi<br />
testi. Questa parte trova un complemento nella parte VI, che presenta il contributo<br />
dell'informatica nell'attuale ricerca sul pensiero antico (e anche me<strong>di</strong>evale). In questo campo<br />
il prof. Rossetti può vantarsi <strong>di</strong> aver iniziato dei lavori preziosi, come un'utile e stimolante<br />
e<strong>di</strong>zione "elettronica" dell'Eutifrone platonico (cf. Rossetti Livio (a cura <strong>di</strong>), Dialoga con<br />
Socrate sulla base dell'Eutifrone platonico, Armando, Roma 1995).<br />
L'insieme è completato con un ampio glossario (pp. 289-344) sui termini chiave o comunque<br />
utili nelle ricerche sui testi antichi, e con un in<strong>di</strong>ce analitico che permette d'integrare sia il<br />
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Livio Rossetti, Introduzione alla filosofia antica<br />
glossario, sia i contributi offerti nel testo. Alla fine troviamo <strong>di</strong>verse tavole illustrative che<br />
complementano gli stu<strong>di</strong> realizzati nellibro.<br />
Lo stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> filosofia antica può trovare nel testo in<strong>di</strong>cazioni d'interesse. Così, si ricorda la<br />
situazione <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> sulla "duplicazione" <strong>di</strong> Antifonte (considerato oggi un unico<br />
personaggio, pp. 19, 63). Si mostrano anche i dubbi che sussistono sulla "scientificità" della<br />
previsione dell'eclisse solare del 585 a.C. da parte <strong>di</strong> Talete (p. 20). Si fa vedere come<br />
l'inizio della lettura mentale possa essere databile già nel V secolo a.C. (contro<br />
l'affermazione molto <strong>di</strong>ffusa che posticipa tale inizio al IV secolo d.C., pp. 56s). Il volume<br />
offre delle osservazioni critiche riguardo a certe assenze nella raccolta dei presocratici <strong>di</strong><br />
Diels-Kranz (come le informazioni su Protagora che vengono da Sesto Empirico, p. 125).<br />
Rossetti sottolinea la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> interpretare "oggettivamente" il pensiero <strong>degli</strong> antichi, il che<br />
rende necessaria la consultazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse storie della filosofia per avere una prospettiva<br />
più aperta (p. 223).<br />
Sarebbe stato opportuno approfon<strong>di</strong>re il "fatto casuale" del titolo Metafisica che è stato dato<br />
all'insieme <strong>di</strong> testi aristotelici raccolti sotto questo nome (pp. 143-145), il che sarebbe da<br />
confrontare con altri stu<strong>di</strong> che mostrano un'origine più speculativa, sebbene non dovuta ad<br />
Aristotele, <strong>di</strong> tale titolo che non sarebbe stato soltanto un risultato del caso.<br />
L'insieme, dunque, risulta <strong>di</strong> grande utilità, un autentico vademecum per molti stu<strong>di</strong>osi che<br />
avranno così una rapida informazione sulle modalità tecniche <strong>di</strong> approccio ai testi dei primi<br />
filosofi della tra<strong>di</strong>zione occidentale, e che potranno avere notizie e in<strong>di</strong>cazioni metodologiche<br />
<strong>di</strong> grande utilità per la ricerca e la riflessione.<br />
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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Costanzo Preve, I secoli <strong>di</strong>fficili<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Costanzo Preve, I secoli <strong>di</strong>fficili. Introduzione al pensiero filosofico<br />
dell'Ottocento e del Novecento<br />
Pistoia, C.R.T. (Episteme e sofia), 1999, pp. 192, Lit. 20.000.<br />
Recensione <strong>di</strong> Maurizio Brignoli - 11/11/2000<br />
In<strong>di</strong>ce<br />
I secoli <strong>di</strong>fficili <strong>di</strong> Costanzo Preve è un'introduzione storica e teorica, integrata da una<br />
<strong>di</strong>mensione <strong>di</strong>dattica, alla filosofia <strong>degli</strong> ultimi due secoli. L'elemento teorico che sottende il<br />
saggio è l'adesione ad una concezione veritativa della conoscenza filosofica intesa come<br />
"capacità <strong>di</strong> orientamento, in<strong>di</strong>viduale e collettiva, nella <strong>di</strong>stinzione del Bene e del Male, che<br />
deriva da un'interpretazione della totalità espressiva del legame sociale in cui gli uomini<br />
sono inseriti" (p. 20). Capacità che non può essere data in modo definitivo, ma abbisogna <strong>di</strong><br />
tre elementi: logos (inteso come confronto <strong>di</strong> posizioni <strong>di</strong>fferenti che presuppongono <strong>di</strong> poter<br />
giungere ad una verità non convenzionale) che si concretizza sul piano collettivo nell'ethos e<br />
si in<strong>di</strong>vidualizza nel singolo come phronesis. Mentre la scienza della natura <strong>di</strong>stingue i due<br />
piani del Bene/Male e del Vero/Falso in filosofia il Vero è anche Bene ed il Falso è anche<br />
Male.<br />
La caratteristica filosofica della modernità occidentale viene in<strong>di</strong>viduata, sulla scorta <strong>di</strong><br />
Gadamer, nell'assenza <strong>di</strong> un fondamento filosofico che faccia chiaro riferimento alla finitezza<br />
dell'uomo e della sua razionalità. Ci troviamo così con una razionalità illimitata senza<br />
capacità autoregolativa. All'interno <strong>di</strong> questo processo <strong>di</strong> "razionalizzazione irrazionale", in<br />
cui il senso del mondo non più indagato in termini <strong>di</strong> verità perde ogni razionalità, la finitezza<br />
è sacrificata alle <strong>di</strong>vinità della Scienza, della Storia, della Politica, dell'Economia. Il vero<br />
punto <strong>di</strong> svolta filosofico sta nella nuova concezione della storia come me<strong>di</strong>um temporale<br />
omogeneo in cui si secolarizza il vecchio contenuto teologico eliminando, al contempo, il<br />
principio <strong>di</strong> autolimitazione. Superata la legittimazione religiosa è necessaria una nuova<br />
legittimazione politica (contrattualistica con Rousseau) ed economica (utilitaristica con<br />
Smith) che viene a fondare filosoficamente la modernità borghese. Per quanto<br />
apparentemente opposti Rousseau e Smith hanno un presupposto comune <strong>di</strong> tipo<br />
in<strong>di</strong>vidualistico: la modernità nasce esorcizzando la solitu<strong>di</strong>ne, presupposto in<strong>di</strong>spensabile<br />
per potersi pensare come luogo della sovranità illimitata della ragione attraverso la volontà<br />
politica e lo scambio <strong>di</strong> merci. Si ritorna paradossalmente ad una situazione <strong>di</strong> tipo "religioso"<br />
in cui si opera una delega ad un destino esterno e non controllabile con l'aggravante della<br />
per<strong>di</strong>ta del senso del limite. Il filosofo che si è opposto a tutto ciò e che è stato il massimo<br />
interprete critico della modernità è stato Hegel.<br />
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Costanzo Preve, I secoli <strong>di</strong>fficili<br />
In Hegel il carattere veritativo della conoscenza filosofica è temporale, in quanto il tempo<br />
comporta finitezza e limite caratteristiche concrete dell'esistenza della verità, e circolare, in<br />
quanto la verità non necessita <strong>di</strong> un fondamento iniziale ma può essere ripercorsa iniziando<br />
da qualsiasi punto della concreta esperienza umana. L'affermazione del carattere veritativo<br />
della filosofia non ha un'origine astratta ed impositiva, ma in Hegel si sviluppa all'interno <strong>di</strong><br />
una situazione teorica e pratica <strong>di</strong> critica a tre pretese astratte della modernità: la critica<br />
all'indebita assolutizzazione del metodo scientifico, all'assolutizzazione della finitezza storica<br />
e sociale, all'assolutizzazione del mondo economico moderno. La conquista <strong>di</strong> Hegel viene<br />
persa da tre gran<strong>di</strong> pensatori che negano il carattere veritativo della conoscenza filosofica:<br />
Comte, Marx e Nietzsche.<br />
La filosofia hegeliana, borghese ma non ancora capitalistica, tramonta non per ragioni<br />
teoriche ma perché la nuova società industriale ha bisogno <strong>di</strong> una sua filosofia adatta alle<br />
esigenze <strong>di</strong> emancipazione <strong>degli</strong> strati popolari e piccolo-borghesi: il positivismo. Il car<strong>di</strong>ne<br />
del positivismo è costituito dalla critica al valore veritativo della filosofia. Con<strong>di</strong>zionato dal<br />
periodo storico (1815-30) in cui la religione e la filosofia dominanti cercavano <strong>di</strong> legittimare la<br />
società feudale Comte confuse una congiuntura storica con le caratteristiche eterne della<br />
filosofia; quando Hegel aveva già criticato la metafisica come teoria <strong>di</strong> un "Fondamento<br />
Primo" da cui partire.<br />
Marx abbandona l'interpretazione veritativa della filosofia perché convinto dell'inutilità <strong>di</strong><br />
duplicazione <strong>di</strong> una realtà già avviata a trasformazione a causa <strong>di</strong> una sua intima <strong>di</strong>namica.<br />
La filosofia non serve più perché si trasferisce all'interno <strong>di</strong> una scienza della rivoluzione.<br />
Ripetizione inconsapevole del positivismo <strong>di</strong> Comte. In questo modo la geniale teoria dei<br />
mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> produzione, risposta alle richieste <strong>di</strong> elaborazione <strong>di</strong> una storia universale unitaria<br />
avanzata dalla modernità, si presenta con una carenza <strong>di</strong> critica filosofica, per la quale è<br />
necessario un livello <strong>di</strong> trascendenza logico ed ontologico che in Hegel vi è ed in Marx<br />
manca. Questo livello, secondo Preve, è sempre un idealismo e fra l'idealismo ed il<br />
positivismo (anche se chiamato materialismo) non vi sono vie <strong>di</strong> mezzo.<br />
Nietzsche è inconsapevolmente uno dei pensatori più veritativi dell'occidente. La verità è che<br />
"Dio è morto" e quin<strong>di</strong> tramonta la possibilità <strong>di</strong> fondare validamente il comportamento<br />
umano. A questa situazione nichilistica non si può rispondere con un'impossibile teoria della<br />
verità, ma con una strategia antropologica. Soluzione già presentata da Hegel e da Marx<br />
come risposta alla fine <strong>di</strong> ogni fondamento metafisico. La soluzione <strong>di</strong> Nietzsche è però postborghese:<br />
"lo Ubermensch nietzscheano è al <strong>di</strong> là della morale borghese, e dunque dello<br />
Spirito Oggettivo hegeliano" (p. 90). Nietzsche, che in<strong>di</strong>vidua come nemici la democrazia ed<br />
il socialismo, offre in realtà alla prima l'argomento filosofico a lei più congeniale della<br />
riduzione della verità ad interpretazione e, d'altro canto, non sa che il general intellect<br />
marxiano, basata sullo sviluppo delle forze produttive e quin<strong>di</strong> su <strong>di</strong> un programma<br />
rivoluzionario non basato sull'invi<strong>di</strong>a ed il risentimento sociale, costituisce il presupposto<br />
materiale dell'Ubermensch. Nietzsche e Marx pongono ad Hegel un inconsapevole tributo<br />
ponendo il principio esplicativo della propria filosofia (il Comunismo e l'Ubermensch) alla fine<br />
del processo storico e non all'inizio. Perdono però <strong>di</strong> Hegel il carattere veritativo della<br />
conoscenza filosofica.<br />
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Costanzo Preve, I secoli <strong>di</strong>fficili<br />
La filosofia del Novecento, una delle meno originali, si muove all'interno delle tre utopie -<br />
scientifica (Comte), politico-sociale (Hegel e Marx), antropologica (Nietzsche) -<br />
ottocentesche. Weber porta a realizzazione il processo, opposto a quello hegeliano, <strong>di</strong><br />
"razionalizzazione irrazionale". Hegel ricerca l'universale tramite un'indagine veritativa logica<br />
ed ontologica, Weber fonda l'autocoscienza sul "<strong>di</strong>sincanto" e sull'assunzione irreversibile<br />
<strong>degli</strong> specialismi professionali come unico fondamento. È in realtà un passaggio da<br />
un'ideologia idealistica ad una nichilistica che segna la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> padronanza del soggetto<br />
borghese sul mondo sociale. Freud, riconoscendo il metodo scientifico quale unica forma <strong>di</strong><br />
razionalità, critica il positivismo sulla base del positivismo stesso. Ed è proprio questo<br />
metodo scientifico che mostra il fondamento irrazionale della razionalità umana. In Freud<br />
abbiamo una concezione filosofica profondamente pessimistica derivante dal fatto che l'io<br />
non può basarsi filosoficamente su nulla se non sulla consapevolezza (<strong>di</strong> Weber e <strong>di</strong><br />
Nietzsche) <strong>di</strong> un "<strong>di</strong>sincanto totale". Con Freud l'autocoscienza filosofica borghese giunge al<br />
capolinea.<br />
È forse il rovesciamento dell'episteme in techne a costituire il DNA filosofico del Novecento.<br />
È merito <strong>di</strong> Husserl aver in<strong>di</strong>viduato la natura tecnica della scienza con la conseguente<br />
inversione <strong>di</strong> mezzi e fini e <strong>di</strong> aver tentato, come Bergson, <strong>di</strong> garantire alla filosofia uno<br />
spazio autonomo.<br />
Il maggior problema filosofico del Novecento è costituito dalla legittimità o meno <strong>di</strong> una<br />
rivoluzione ra<strong>di</strong>cale contro il capitalismo. In Marx il comunismo si pone come una scienza<br />
complessiva dell'uomo, un'episteme. Questa nel comunismo storico novecentesco si<br />
trasforma in techne. Il fallimento del comunismo è così un caso particolare del fallimento<br />
generale del Secolo Breve nell'impostare il problema del rapporto fra economia, scienza,<br />
tecnica e vita quoti<strong>di</strong>ana. Sia in Marx che in Calvino la centralità ontologica del volere<br />
umano, il libero arbitrio, viene negata al fine però <strong>di</strong> fondare la libertà al livello superiore<br />
della coscienza della necessità storica. La figura antropologica centrale del comunismo è la<br />
"libera in<strong>di</strong>vidualità", nozione mutuata da Hegel che, a sua volta, la deriva dal<br />
protestantesimo cinquecentesco. Ora però il marxismo ha respinto la trascendentalità<br />
idealistica della verità filosofica riducendo così la <strong>di</strong>alettica ad una narrazione manipolata<br />
dello svolgimento storico. Conseguenza inevitabile della trasformazione dello Spirito<br />
Oggettivo in Spirito Assoluto. Rinuncia che è nello storicismo positivistico dello stesso Marx.<br />
Per quanto riguarda la riflessione antropologica, intesa come scienza filosofica globale dei<br />
comportamenti umani, il Novecento è stato testimone dell'esaurimento <strong>di</strong> progetti utopici<br />
infondati nati nel Secolo Lungo: il miraggio positivistico dell'Uomo Scientifico, il miraggio<br />
rivoluzionario dell'Uomo Nuovo ed il miraggio dell'Oltreuomo-Superuomo. Quello che Preve<br />
definisce il Massacro Amministrativo, le cui forme storiche principali sono il genoci<strong>di</strong>o<br />
razziale e lo sterminio nucleare, è il segno della per<strong>di</strong>ta completa <strong>di</strong> controllo dei soggetti sui<br />
prodotti della loro azione sociale. Adempimento <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ni giuri<strong>di</strong>camente legittimi e<br />
ideologicamente motivati il cui contenuto è il Male Assoluto. Il titolare del Massacro<br />
Amministrativo è l'Ultimo Uomo <strong>di</strong> Nietzsche: "prodotto terminale dell'oblio <strong>di</strong> ogni scienza<br />
filosofica dell'uomo, e dunque <strong>di</strong> ogni orizzonte veritativo della conoscenza filosofica" (p.<br />
146).<br />
L'economia finanziaria, religione dominante della globalizzazione, presenta la novità storica<br />
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Costanzo Preve, I secoli <strong>di</strong>fficili<br />
<strong>di</strong> una religione senza filosofia in quanto l'economia non è un'episteme autoriflessiva ma<br />
solamente una techne positivistica. La "società monoteistica <strong>di</strong> mercato a pensiero unico"<br />
(p.158) è il rovesciamento <strong>di</strong> Rousseau, dei marxisti e <strong>di</strong> Hegel. Questi sostenevano la<br />
sottomissione dell'economia alla politica (posizione che risale ad Aristotele) ed erano<br />
sostenitori <strong>di</strong> un'episteme come scienza complessiva dell'uomo e fieri oppositori <strong>di</strong> una<br />
trasformazione <strong>di</strong> questa in una techne non autoriflessiva. Adatta a questa situazione vi è<br />
comunque una filosofia il cui contenuto è il nichilismo e la cui forma è il metodo analitico: il<br />
primo scioglie la vali<strong>di</strong>tà logica ed ontologica <strong>di</strong> tutto ciò che non è presenzialità del valore <strong>di</strong><br />
scambio, il secondo <strong>di</strong>strugge ogni <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> coscienza storica.<br />
In<strong>di</strong>ce<br />
Introduzione Il carattere veritativo della conoscenza filosofica<br />
Cap. I Le caratteristiche filosofiche della modernità occidentale<br />
Cap. II La filosofia <strong>di</strong> Hegel come interpretazione della modernità<br />
Cap. III Il positivismo <strong>di</strong> Comte come ritorno ad una visione non critica della modernità<br />
Cap. IV La rivoluzione teorica <strong>di</strong> Karl Marx<br />
Cap. V La filosofia del martello <strong>di</strong> Nietzsche<br />
Cap. VI Dal secolo lungo (1789-1914) al secolo breve (1914-1991). Alcune chiavi teoriche<br />
per la comprensione della filosofia del Novecento<br />
Cap. VII Il Novecento e il problema filosofico della scienza e della tecnica<br />
Cap. VIII Il Novecento e il problema filosofico del capitalismo e della rivoluzione<br />
Cap. IX Come evitare l'avvento dell'Ultimo Uomo. La riflessione antropologica nel Novecento<br />
Cap. X La filosofia nell'epoca della globalizzazione economica mon<strong>di</strong>ale<br />
Conclusione Un percorso <strong>di</strong> verità e <strong>di</strong> libertà.<br />
Nota <strong>di</strong>dattica. Nota bibliografica<br />
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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Carlo Boris Menghi, L'identita' normativa<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Carlo Boris Menghi, L'identità normativa. Critica della fenomenologia<br />
dello spirito <strong>di</strong> Hegel<br />
Giappichelli, Torino 1999, Lit. 30.000 [ISBN 88-348-9084-1]<br />
Recensione <strong>di</strong> Maurizio Brignoli - 1/11/2000<br />
In<strong>di</strong>ce - Nota bio-bibliografica<br />
L'identità normativa <strong>di</strong> Carlo Boris Menghi costituisce l'esito conclusivo <strong>di</strong> un processo <strong>di</strong><br />
lettura anticronologico <strong>di</strong> Hegel: dagli esiti conclusivi della filosofia del <strong>di</strong>ritto agli inizi della<br />
fenomenologia. Questa Critica della Fenomenologia dello spirito <strong>di</strong> Hegel, come recita il<br />
sottotitolo, procede attraverso un lavoro <strong>di</strong> citazione, parafrasi ed analisi con l'obiettivo finale<br />
<strong>di</strong> valutare la coerenza interna del progetto hegeliano.<br />
Nella parte prima, de<strong>di</strong>cata alla "Logica del fenomeno", Menghi sottolinea l'improprietà della<br />
definizione hegeliana <strong>di</strong> "reciproco riconoscimento" in relazione all'imme<strong>di</strong>atezza dell'identità<br />
ed alla duplicità dell'uno: solo apparentemente il processo <strong>di</strong> riconoscimento si basa sulla<br />
<strong>di</strong>fferenza e sull'ineguaglianza. In realtà ogni estremo si presenta come assoluta me<strong>di</strong>azione<br />
imme<strong>di</strong>ata ed identità <strong>di</strong> soggetto/pre<strong>di</strong>cato, mancando quin<strong>di</strong> al riconoscimento la logica<br />
ternaria <strong>di</strong> soggetto-me<strong>di</strong>azione-oggetto (soggetto-verbo-pre<strong>di</strong>cato). Aporetica si <strong>di</strong>mostra<br />
così la conclusione hegeliana relativa al riconoscimento all'interno dell'autocoscienza<br />
secondo la quale "un estremo è solo ciò che viene riconosciuto e l'altro è solo ciò che<br />
riconosce", <strong>di</strong> fatto qui non vi è alcuna relazione: "L'autocoscienza della me<strong>di</strong>azione<br />
imme<strong>di</strong>ata innanzitutto non è coscienza riconoscente l'altro reale" (p. 64).<br />
Il rapporto servo-signore è gravato da un'aporia iniziale: nel riconoscimento autocosciente i<br />
soggetti plurali sono l'"Uno imme<strong>di</strong>ato", parlare quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una lotta delle autocoscienze<br />
<strong>di</strong>venta l'elemento aporetico che grava sul nesso tra in<strong>di</strong>pendenza e <strong>di</strong>pendenza. L'opera<br />
delle imme<strong>di</strong>ate coscienze antagonistiche è solo la negazione astratta che azzera il negativo<br />
"in una posizione che ha la forza del tutto ideale e per nulla <strong>di</strong>alettica <strong>di</strong> una pregiu<strong>di</strong>cante<br />
presupposizione" (p. 65). Il tentativo <strong>di</strong> fondare questa <strong>di</strong>fferenza come contrad<strong>di</strong>zione è in<br />
realtà, secondo Menghi, importante solo da un punto <strong>di</strong> vista ideologico. Nel processo <strong>di</strong><br />
riconoscimento fra signore e servo manca la ragione stessa del riconoscimento.<br />
L'operare, inteso come rapporto fra in<strong>di</strong>viduo e cosa, è per l'autore il nucleo centrale della<br />
Fenomenologia. Nel rapporto servo-signore-cosa è quest'ultima la vera padrona<br />
dell'autocoscienza. La liberazione del servo "avviene grazie all'effettiva me<strong>di</strong>azione della<br />
cosa <strong>di</strong> per sé estranea agli estremi del sillogismo (signore e servo), ossia alla presupposta<br />
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Carlo Boris Menghi, L'identita' normativa<br />
me<strong>di</strong>azione imme<strong>di</strong>ata dei due estremi" (p. 67). Tutto ciò fa emergere secondo Menghi come<br />
la pretesa cecità del signore costituisca un sillogismo astratto meglio definibile come "raggiro<br />
ideologico" (p. 68). L'unico me<strong>di</strong>o reale è costituito dalla "cosa" nei cui confronti<br />
l'autocoscienza si risolve in una raddoppiata e universale signoria e raddoppiato ed<br />
universale asservimento. Però anche la cosa rientra a sua volta in questo rapporto <strong>di</strong><br />
asservimento e padronanza in quanto necessita <strong>di</strong> essere lavorata per fungere da me<strong>di</strong>o. La<br />
contrad<strong>di</strong>zione si contrad<strong>di</strong>ce e ci ritroviamo con un circolo in<strong>di</strong>fferenziato <strong>di</strong> ruoli, trinità<br />
imme<strong>di</strong>ata dell'uno come signore-cosa-servo. La caratteristica ambigua del "me<strong>di</strong>o<br />
imme<strong>di</strong>ato" è un tema su cui Menghi insiste più volte.<br />
Nella sezione sul "Sapere razionale" Menghi cerca <strong>di</strong> vedere se e come la Fenomenologia<br />
dello spirito sia la premessa <strong>di</strong> quell'imme<strong>di</strong>atezza me<strong>di</strong>ata che avrà il suo metodo nella<br />
Scienza della logica ed il suo risultato nella Filosofia del <strong>di</strong>ritto.<br />
La questione principale, che investe l'intera Fenomenologia dello spirito, verte sul problema<br />
se l'unità sia una "connessione" od una "identità". In questa fase della Fenomenologia si<br />
passa da un'identità imme<strong>di</strong>ata e tautologica ad una <strong>di</strong>fferenza in<strong>di</strong>fferente con l'impossibilità<br />
<strong>di</strong> determinare l'identità concettuale. Ogni alterità si presenta come astratta negazione che<br />
non consente reale rapporto.<br />
Menghi rileva anche altri limiti sottolineando l'ambigua connessione, a partire fin dalla sua<br />
origine fenomenologica, tra moralità ed eticità nel passaggio da autocoscienza a razionalità.<br />
Criticamente sospettabile è anche il passaggio risolutivo della ragione, dove la "cosa" è la<br />
"sostanza etica", dove è posta l'identità <strong>di</strong> "sé" e "cosa", del soggettivo e dell'oggettivo in<br />
quanto Uni-versale.<br />
La seconda parte è de<strong>di</strong>cata alla "Logica dello spirito", qui si tratta <strong>di</strong> vedere se la<br />
Fenomenologia dello spirito costituisca la fedele premessa dell'eticità dello Stato della<br />
Filosofia del <strong>di</strong>ritto o ne sia invece l'anticipato tra<strong>di</strong>mento. Qui scopriamo come il <strong>di</strong>ritto risulti<br />
essere solamente un'operazione fittizia.<br />
Ve<strong>di</strong>amo evidenziarsi ciò che viene dall'autore apostrofato "lungo raggiro <strong>di</strong> Hegel" (p. 178)<br />
quando al negativo, definito "assoluta negatività", non corrisponde una reale me<strong>di</strong>azione. In<br />
questo modo l'assenza del termine me<strong>di</strong>o rende inutile il passaggio dall'imme<strong>di</strong>atezza<br />
presupposta dell'essere alla me<strong>di</strong>azione posta dall'autocoscienza. Menghi presenta questo<br />
quesito: è la fenomenologia hegeliana una logica o una metafisica del sapere<br />
inconsapevole? Lascia intendere l'autore che il ritorno dell'universale all'universale,<br />
dell'identità all'identità e del singolo al singolo sia il raggiro <strong>di</strong> una tautologia. La<br />
Fenomenologia dello spirito è veramente la narrazione dell'effettiva intelligenza occidentale<br />
o non è invece che la tautologica periferia <strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso evitabile?<br />
Secondo l'autore dall'inizio alla fine del lavoro <strong>di</strong> Hegel il principio <strong>di</strong> assolutezza determina il<br />
nesso tra identità e <strong>di</strong>fferenza e quin<strong>di</strong> pre-determina la riduzione ad unità del molteplice: la<br />
<strong>di</strong>fferenza, in quanto <strong>di</strong>fferenza sempre assoluta, è il medesimo dell'identità. L'identità<br />
normativa si chiude definendo l'identità del concetto l'ultimo e risolutivo raggiro del sapere.<br />
"Parafrasando Hegel, contro Hegel, il concetto assoluto costituisce davvero la<br />
commemorazione e il calvario della storia, abbandonata alla sua solitu<strong>di</strong>ne da questo<br />
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Carlo Boris Menghi, L'identita' normativa<br />
astrattissimo regno del linguaggio" (p. 229).<br />
In<strong>di</strong>ce<br />
Introduzione al conoscere Parte Prima La logica del fenomeno I Sapere II Sapere <strong>di</strong> sé III<br />
Sapere razionale Parte Seconda La logica dello spirito I Essenza della legge II Natura<br />
dell'opera apparente III Circolo dell'identità.<br />
Nota bio-bibliografica<br />
Carlo Boris Menghi è or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Filosofia del <strong>di</strong>ritto presso l'<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Macerata. Gli altri<br />
due scritti che completano la trilogia de<strong>di</strong>cata allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Hegel sono Società o Stato.<br />
Critica delle "Lezioni" hegeliane <strong>di</strong> filosofia del <strong>di</strong>ritto (1817/1818), Giappichelli, Torino 1994<br />
e La negazione normativa. Aufhebung e Auflösung nella Scienza della logica <strong>di</strong> Hegel,<br />
Giappichelli, Torino 1997.<br />
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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Flavio Cassinari: Martin Heidegger. Il pensiero poetante<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Cassinari, Flavio, Martin Heidegger. Il pensiero poetante, La produzione<br />
lirica heideggeriana (1910-1975)<br />
Mimesis (I cabiri), Milano, 2000, pp. 281, Lit.28.000, ISBN 88-87231-64-8.<br />
Recensione <strong>di</strong> : Andrea Gilardoni<br />
In<strong>di</strong>ce - L'autore<br />
Il testo è sorto dall'originario intento <strong>di</strong> tradurre le poesie <strong>di</strong> Martin Heidegger, trasformandosi<br />
poi in una monografia de<strong>di</strong>cata all'intero corpus delle sue liriche. Contiene perciò tutte le<br />
liriche, in traduzione italiana con testo tedesco a fronte, e si presenta, oltre che come<br />
un'interpretazione generale, anche come un commento lirica per lirica.<br />
Perché scegliere <strong>di</strong> commentare e interpretare le liriche heideggeriane, normalmente<br />
ritenute <strong>di</strong> scarso valore letterario? Questo testo si pone naturalmente la domanda. La<br />
risposta si trova nella possibilità <strong>di</strong> leggere le liriche attraverso i saggi e i saggi attraverso le<br />
liriche. Ma non solo: Heidegger afferma, e Cassinari lo segue in questo, che le liriche, in<br />
quanto espressione privilegiata <strong>di</strong> pensiero anticipano ciò che poi viene esplicato nei saggi<br />
filosofici. L'altro pensiero, insomma, a cavallo tra poesia e filosofia, e più originario delle due,<br />
ha bisogno <strong>di</strong> entrambe. Al<strong>di</strong>là <strong>di</strong> queste vaghe affermazioni, quello che occorreva era<br />
proprio un'interpretazione accurata delle liriche, la letteratura critica su questo tema è infatti<br />
scarsa o nulla, eppure la sua attività poetica copre un carco <strong>di</strong> tempo che va dagli stu<strong>di</strong><br />
teologici giovanili a pochi mesi prima della morte. Flavio Cassinari ci offre questa<br />
interpretazione mancante, evitando facili scorciatoie, usando un'espressione spesso<br />
utilizzata per in<strong>di</strong>care l'opera <strong>di</strong> Giacomo Leopar<strong>di</strong>: pensiero poetante. I due poli, poesia e<br />
filosofia, si incontrerebbero così <strong>di</strong> nuovo in Martin Heidegger. L'interpretazione, a gran<strong>di</strong><br />
linee, e <strong>di</strong> primo acchito, potrebbe formularsi così: la riflessione filosofica e la composizione<br />
poetica in Heidegger tracciano insieme un cammino dalla temporalità dell'essere alla sua<br />
topologia. Cassinari non smembra il corpus poetico e cerca una lettura intrinseca ai testi, in<br />
cui pensare e poetare, manifestazioni del <strong>di</strong>re originario, restano prossime e irriducibili. La<br />
ricostruzione dello sviluppo delle acquisizioni teoriche conseguite all'interno della produzione<br />
lirica chiarisce ed estende concettualmente alcuni risultati della riflessione speculativa.<br />
Veniamo al dunque: Cassinari <strong>di</strong>stingue tre fasi dell'attività poetica heideggeriana. E queste<br />
sono: il lirismo intimista, la centralità dell'istanza ontologico-cosmologica, la sua<br />
caratterizzazione linguistico-topologica. Lasciamo da parte la prima, che segue il passaggio<br />
dagli stu<strong>di</strong> teologici a quelli filosofici (tra il 1910 e il 1917), e consideriamo la seconda, molto<br />
più interessante: include la raccolta Winke (Cenni), e la lirica Aus der Erfahrung des<br />
http://lgxserve.ciseca.uniba.it/lei/recensioni/crono/2001-02/cassinari.htm (1 of 4) [09/11/2005 21.21.06]
Flavio Cassinari: Martin Heidegger. Il pensiero poetante<br />
Denkens (Dall'esperienza del pensiero), del 1947. È in questa fase che l'attività poetica<br />
viene concepita come un'esperienza <strong>di</strong> pensiero peculiare. Nella raccolta del 1941 ricorre la<br />
contrapposizione tra due figure: il pensiero dell'ente, caratteristico del senso comune e della<br />
visione scientifica sul mondo, fondato sulla progettualità febbrile e sui calcoli del soggetto;<br />
l'altro pensiero, il pensiero dell'essere che sa restare in ascolto della chiamata, rendendo<br />
grazie. Che cosa significa questa contrapposizione <strong>di</strong> modalità <strong>di</strong> pensiero nelle poesie <strong>di</strong><br />
Winke? Innanzitutto un consapevole e <strong>di</strong>chiarato antirappresentazionalismo, che impone<br />
scelte espressive, sul piano linguistico, vicine all'ermetismo: versi brevi, spesso spezzati,<br />
con termini scelti spesso da Hölderlin o dalle analisi filosofiche a lui de<strong>di</strong>cate. Queste liriche<br />
hanno allora bisogno del riferimento alla produzione saggistica, contenuta in Holzwege, o<br />
alle lezioni dello stesso periodo. I temi che emergono sono: il rapporto tra il pensiero<br />
or<strong>di</strong>nario e il pensiero dell'essere; il rapporto tra l'essere e l'esistente, la caratterizzazione<br />
cosmologica dell'istanza fondativa all'interno <strong>di</strong> una configurazione dualistica (terra e<br />
mondo).<br />
Aus der Erfahrung des Denkens segna una svolta nel valore teoretico della produzione lirica:<br />
non è più la traduzione in versi <strong>di</strong> contenuti elaborati altrimenti, ma il luogo <strong>di</strong> concrezione <strong>di</strong><br />
un pensiero che trova in seguito sviluppo e prosecuzione nei saggi e seminari. L'elegia del<br />
1947 anticipa allora risultati teorici relativi alla concezione dell'essere e alla sua<br />
configurazione da parte dell'esistente. Heidegger rinuncia alla rigida applicazione espressiva<br />
dell'anti-rappresentazionalismo e indulge a una maggiore descrittività e metaforicità.<br />
Secondo Cassinari si raggiunge qui l'autonomizzazione concettuale del contenuto <strong>di</strong><br />
pensiero dell'esperienza poetica. Si verifica qui, sul piano propriamente concettuale, ciò che<br />
Heidegger definisce pensiero poetante, e con esso il primato rispetto al piano propriamente<br />
concettuale. Si precisa così la tesi del libro: che Heidegger sia stato spinto, nei testi risalenti<br />
agli anni cinquanta, a identificare l'essenza manifestativa dell'essere con il linguaggio non<br />
tanto dall'interesse teorico per il linguaggio poetico, quanto piuttosto dalla pratica del<br />
medesimo, nella sua ra<strong>di</strong>cale alterità sia rispetto ai linguaggi specialistici (anche filosofici)<br />
sia rispetto a quello or<strong>di</strong>nario. L'esperienza del linguaggio poetico è al contempo esperienza<br />
<strong>di</strong> pensiero poetante. L'altro pensiero, il pensiero dell'essere, ne deriva come una questione<br />
concernente la pratica linguistica, per cui il <strong>di</strong>re originario è pensare e poetare. E la tesi si<br />
specifica: l'identificazione <strong>di</strong> essere e linguaggio conduce Heidegger a un'interpretazione<br />
topologica dell'istanza ontologica che è nuova rispetto agli anni precedenti: il pensiero<br />
umano si configura come un cammino che percorre, sin dall'inizio, la contrada dell'essere.<br />
In Aus der Erfahrung des Denkens questo cammino si precisa come topologia dell'essere e<br />
località (Ortschaft è il titolo <strong>di</strong> una poesia): la nuova interpretazione dell'istanza ontologica da<br />
perno sul suo carattere spaziale, piuttosto che temporale (come invece accadeva in Sein<br />
und Zeit). L'identificazione <strong>di</strong> essere e linguaggio è allora consequenziale all'impostazione<br />
topologica maturata nell'ambito della pratica poetica: si tratta della terza fase poetica,<br />
comprendente la raccolta del 1970, Gedachtes, la lirica del 1971 Sprache e due poesie del<br />
1975 de<strong>di</strong>cate a Erhardt Kästner e pubblicate postume. La caratterizzazione topologica (cioè<br />
spaziale, ma originaria, ovvero priva <strong>di</strong> connotazioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne metrico come la temporalità <strong>di</strong><br />
Essere e tempo e la Seinsgeschichte <strong>degli</strong> anni trenta erano prive <strong>di</strong> connotazioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne<br />
cronologico) dell'ontologia è il risultato concettuale dell'esperienza poetica.<br />
Ma il cammino <strong>di</strong> Heidegger nel pensiero, poetante e filosofico, concerne comunque il<br />
problema dell'essere. Heidegger stesso, nella lirica Aus der Erfahrung des Denkens, si<br />
http://lgxserve.ciseca.uniba.it/lei/recensioni/crono/2001-02/cassinari.htm (2 of 4) [09/11/2005 21.21.06]
Flavio Cassinari: Martin Heidegger. Il pensiero poetante<br />
esprime così: "Denken ist <strong>di</strong>e Einschränkung auf einen / Gedanken, der einst wie ein Stern<br />
am Himmel / der Welt stehen bleibt [Pensare è la limitazione a un / pensiero, che una volta<br />
per sempre come una stella nel cielo / del mondo resta fisso]". Il <strong>di</strong>verso taglio prospettico<br />
(spaziale e non temporale) lo manifesta come questione dell'uomo: la prospettiva topologica<br />
costituisce allora il tentativo <strong>di</strong> pensare coesistenza e coessenzialità nella concretezza<br />
dell'uomo come esistenza storica. La domanda sul come dell'essere chiede del dove<br />
dell'uomo nella storia. Se, però, accettiamo queste conclusioni, il percorso topologico<br />
riconduce alla temporalità, interpretata già da essere e tempo come storicità. Dov'è allora il<br />
nuovo pensiero poetante? Ci sia permesso allora un suggerimento, per cui vogliamo citare<br />
Heidegger: „Die Sage des Denkens wäre erst dadurch in ihr / Wesen beruhigt, dass sie<br />
unvermögend würde, / jenes zu sagen, was ungesprochen bleiben muss. / Solches<br />
Unvermögen brächte das Denken vor seine Sache." (Il <strong>di</strong>re originario del pensare nella<br />
propria / essenza riposerebbe in armonia con se stesso, se <strong>di</strong>venisse impotente / a <strong>di</strong>re ciò<br />
che deve restare non proferito/ Tale impotenza porterebbe il pensiero davanti alla propria<br />
cosa). Ci si riferisce qui all'impotenza. Si tratta <strong>di</strong> un termine che nel corso delle metamorfosi<br />
del pensiero <strong>di</strong> Heidegger ricompare più volte, anche se con <strong>di</strong>versi nomi: Möglichkeit<br />
(possibilità), Kraft (forza), Macht (potenza), sempre riferito al suo contrario o correlato: l'atto,<br />
la realtà, l'effettività o l'opera (actus, energheia, Wirklichkeit). Sin da Essere e tempo,<br />
Heidegger pone in primo piano la possibilità rispetto alla realtà, e attraverso <strong>di</strong> essa<br />
reinterpreta l'essere dell'esserci (umano) come cura, , poter-essere e storicità. Come?<br />
Potenziando il reale, inattualizzando la potenza. Si tratta allo stesso tempo <strong>di</strong> un<br />
rovesciamento ra<strong>di</strong>cale rispetto alla tra<strong>di</strong>zione della <strong>di</strong>stinzione tra atto e potenza, con il<br />
primato del primo, ma anche con la <strong>di</strong>stinzione tra essere ed ente, tra essenza ed esistenza.<br />
Nelle lezioni su Nietzsche Heidegger, oltre a interpretarne il pensiero tramite l'identificazione<br />
<strong>di</strong> Eterno ritorno dell'uguale e Volontà <strong>di</strong> potenza nel concetto <strong>di</strong> "volontà <strong>di</strong> volontà", ne<br />
vede l'altro lato, sempre trascurato dalla critica, nel concetto <strong>di</strong> potenziarsi della potenza<br />
(Ermächtigung der Macht, che Volpi, nella sua traduzione del Nietzsche presso Adelphi<br />
rende con superpotenziamento della potenza). Ed è proprio questo il cammino per pensare<br />
poeticamente, e per cui il pensare l'altro pensiero, quello della potenza e dell'atto insieme e<br />
a un tempo, che si attualizzano non attualizzandosi ma potenziandosi, può avvenire solo<br />
nella poesia: trattenere il <strong>di</strong>re, restando nell'impotenza della lingua ("farsi parola del<br />
vocabolo", scrive Heidegger).<br />
Una poesia non rappresenta e non <strong>di</strong>ce, ma accenna, dando la località del pensiero,<br />
localizzandolo senza definirlo, dandone quello che era il trovarsi (la Befindlichkeit, propria<br />
della poesia) in Essere e tempo, mantenendo valida l'identificazione <strong>di</strong> parlare ed essere.<br />
Il pensiero si fa uso (ethos): Heidegger nella poesia Sprache allude al Brauch, località del<br />
farsi parola dei vocaboli.<br />
In<strong>di</strong>ce<br />
Introduzione. Riflessione filosofica e composizione poetica in Martin Heidegger<br />
Frühe Ge<strong>di</strong>chte / Liriche Giovanili<br />
I. Fede e poesia. Il giovane Heidegger dalla teologia alla filosofia<br />
1. L'uomo come parte della natura creata: l'intento apologetico delle prime liriche<br />
heideggeriane.<br />
2. Dall'apologetica alla filosofia: la scoperta dell'esistenza umana e l'intimismo poetico.<br />
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Flavio Cassinari: Martin Heidegger. Il pensiero poetante<br />
3. Naturalismo romantico: l'interpretazione esistenziale della natura.<br />
Winke / Cenni<br />
II. Cenni. L'altro pensiero e l'istanza cosmologica.<br />
1. Linguaggio poetico, "pensiero dell'ente" e "pensiero dell'essere": antinaturalismo poetico e<br />
antirappresentazionalismo filosofico.<br />
2. Il "pensiero dell'essere" e l'essere.<br />
3. L'esistenza umana e l'essere.<br />
4. L'istanza cosmologica come fondamento dell'esperienza ontologica.<br />
Aus der Erfahrung des Denkens / Dall'esperienza del pensare<br />
III. Canto e pensiero. "Dall'esperienza del pensare".<br />
1. Il rapporto tra Winke e Aus der Erfahrung des Denkens<br />
2. Il pensare come cammino: il concetto <strong>di</strong> esperienza, il suo carattere destinale e la<br />
solitu<strong>di</strong>ne dell'esistente.<br />
3. L'essenza del pensiero e i pericoli che la minacciano.<br />
4. Il "pensiero poetante" come rammemorazione.<br />
Gedachtes , Sprache / Pensieri, linguaggio<br />
IV Presenza, linguaggio, topologia: dalla verità dell'essere alla sua località.<br />
1. La composizione poetica come ra<strong>di</strong>ce dell'identificazione <strong>di</strong> essere e linguaggio dopo Aus<br />
der Erfahrung des Denkens.<br />
2. Parole come cenni, <strong>di</strong>re come "rendere grazie".<br />
3. Carattere "locale" del pensiero che fa esperienza dell'essere.<br />
4. L'interpretazione topologica dell'istanza fondativa in Heidegger come esito speculativo<br />
della pratica poetica.<br />
5. L'essenza dell'essere: dall'interpretazione "storica" a quella "topologica".<br />
Conclusioni: Pratica poetica e "svolta" topologica. Riferimenti bibliografici.<br />
L'autore<br />
Flavio Cassinari dottore <strong>di</strong> ricerca in filosofia, collabora con la cattedra <strong>di</strong> Filosofia teoretica<br />
dell'<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> Pavia. È autore <strong>di</strong> Definizione e rappresentazione. Antropologia<br />
e metafisica nell'interpretazione heideggeriana <strong>di</strong> Kant (Milano, 1994). Redattore <strong>di</strong><br />
Fenomenologia e società ha collaborato con Aut aut, Iride, Itinerari filosofici, Para<strong>di</strong>gmi,<br />
Segni e comprensione. Ha inoltre tradotto e curato l'e<strong>di</strong>zione italiana <strong>di</strong> opere <strong>di</strong> H. Ott,<br />
Martin Heidegger: sentieri biografici, e <strong>di</strong> H.P. Duerr, Tempo <strong>di</strong> sogno. Natura selvaggia e<br />
processo <strong>di</strong> civilizzazione.<br />
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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Mario Costa, Dall'estetica dell'ornamento alla computerart<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Costa, Mario, Dall'estetica dell'ornamento alla computerart<br />
Napoli, Tempo Lungo e<strong>di</strong>zioni, (Vertici, collana <strong>di</strong> Estetica e Poetiche <strong>di</strong>retta<br />
da Mario Costa, 3), 2000, pp. 206 (64 ill.), Lit. 26.000, Euro 13,42, ISBN 88-<br />
87480-13-3<br />
Recensione <strong>di</strong> Vincenzo Cuomo - 26/10/2000<br />
In<strong>di</strong>ce - L'autore<br />
Il libro <strong>di</strong> Mario Costa sull'estetica dell'ornamento si pone un duplice obiettivo: quello <strong>di</strong><br />
proporre un'interpretazione dell'essenza dell'ornamento e quello <strong>di</strong> prospettare l'arte<br />
ornamentale come un vero e proprio modello <strong>di</strong> operatività estetica adeguato al tramonto<br />
tecnoscientifico dell'umanismo. L'arte ornamentale è, infatti, un'arte strutturalmente<br />
asemantica e desoggettivata, rispetto a cui vengono a cadere le due fondamentali passioni<br />
"umane, troppo umane" della "verità" e del "soggetto". L'ornamento è il regno dell'intelletto<br />
astratto ma è anche lo splendore della bellezza sensibile. In esso si manifesta l'estraneità<br />
dell'umano all'inorganico e la sua oscura pulsione ad esso, e la perfezione matematica dei<br />
cristalli si avvicina segretamente all'impulso or<strong>di</strong>nante dell'intelletto.<br />
Il libro persegue i suoi obiettivi muovendosi sia sul piano dell'approfon<strong>di</strong>mento filosofico che<br />
su quello della messa in evidenza del processo <strong>di</strong> ornamentalizzazione rintracciabile nella<br />
storia dell'arte pittorica a partire da metà Ottocento.<br />
Per quanto riguarda l'analisi filosofica, attraverso una serrata <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> molte tesi<br />
interpretative, da Kant a Herbart, da Semper a Riegl, da Simmel a Gadamer, da Hartmann a<br />
Langer, l'autore mostra come l'ornamento non possa essere confuso né con il concetto <strong>di</strong><br />
cornice (parergon) né con quello (vicino ma ben <strong>di</strong>stinto) <strong>di</strong> astrazione. La cornice, infatti, ha<br />
l'unica funzione <strong>di</strong> richiamare l'attenzione su un altro-da-sé; l'astrazione è, invece, "una<br />
manovra esercitata dal soggetto per ricondurre a sé quello che per vocazione prescinde da<br />
esso e lo esclude dal suo essere" (p. 132).<br />
L'ornamento, afferma Costa, "è il regno del dominio della forma" (p. 131), o meglio è "regno<br />
del rapporto tra le forme" (ibidem). Vi sono varie teorie che possono plausibilmente spiegare<br />
l'essenziale <strong>di</strong>namica delle forme ornamentali (a tali teorie è de<strong>di</strong>cato un intero capitolo del<br />
libro); resta valido in ogni caso il concetto fondamentale in base al quale "la forma<br />
dell'ornamento risulta dalla vocazione alla forma interna al gesto e alla materia uniti<br />
assieme; ed è come <strong>di</strong>re che quella della forma decorativa è un' auto-germinazione e non un<br />
sopravvenire dall'esterno" (p. 132).<br />
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Mario Costa, Dall'estetica dell'ornamento alla computerart<br />
I caratteri fondamentali dell'ornamento sono in<strong>di</strong>viduati dall'autore nella ripetizione del<br />
motivo e nell'imitazione dell'inorganico. Ed è a partire da tali caratteri che Costa, facendo<br />
anche ricorso in maniera intrigante al concetto freu<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> coazione a ripetere, porta a<br />
conclusione la sua tesi interpretativa: "nell'ornamento […] l'artista è soltanto la causa<br />
efficiente grazie alla quale la logica dell'inorganico si attiva e si mette in opera; esso è<br />
pertanto una manifestazione <strong>di</strong>retta dell'inorganico che si esprime qui attraverso la sua<br />
fisiologia logico-formale e attraverso la ripetizione che domina tutto il processo; ma qui, la<br />
ripetizione è, appunto, sotto il controllo del 'preconscio', cioè dell'artista che asseconda<br />
l'inorganico ma lo restituisce in modo che la 'coazione a ripetere' alla quale pur obbe<strong>di</strong>sce,<br />
cessa <strong>di</strong> svolgere un'azione solamente <strong>di</strong>sgregante e <strong>di</strong>struttiva, e viene invece vissuta, e<br />
poi fruita, in quel tipo <strong>di</strong> modalità della ripetizione che, come Freud <strong>di</strong>ce, è '<strong>di</strong> per sé fonte <strong>di</strong><br />
piacere'. È da questo punto <strong>di</strong> vista che l'ornamento può, forse, essere considerato […] una<br />
sorta <strong>di</strong> gioioso memento mori della specie" (pp. 134-135).<br />
Come <strong>di</strong>cevamo, le argomentazioni <strong>di</strong> Mario Costa annodano le riflessioni filosofiche ed<br />
estetologiche ad un'accurata ricognizione interpretativa del processo <strong>di</strong> ornamentalizzazione<br />
avvenuto nell'arte pittorica occidentale a partire dalla metà dell'Ottocento, momento in cui "la<br />
pittura si avvia in una <strong>di</strong>rezione che muove dal rifiuto <strong>di</strong> ogni illusionismo spaziale ed arriva<br />
alla piena tematizzazione della propria essenza <strong>di</strong> superficie" (p. 41). La "conquista della<br />
superficie", così come l'autore emblematicamente la definisce, l'arte pittorica la raggiunge<br />
fondamentalmente per il con<strong>di</strong>zionamento subito ad opera <strong>di</strong> due nuovi me<strong>di</strong>a allora<br />
emergenti: la fotografia e il manifesto pubblicitario. Tuttavia è attraverso il confronto e la<br />
contaminazione con quest'ultimo che la pittura inizia il suo processo <strong>di</strong> ornamentalizzazione.<br />
Costa lo ricostruisce a gran<strong>di</strong> linee in<strong>di</strong>candone i momenti cruciali: la scuola <strong>di</strong> Pont-Aven, i<br />
nabis, il "gruppo <strong>di</strong> Bloomsbury", fino alla esplicita tematizzazione, avvenuta tra gli anni '50 e<br />
'70 del Novecento, <strong>di</strong> una vera e propria arte ornamentale. Quest'ultima parte della sua<br />
ricostruzione viene a colmare una vera e propria lacuna nella storiografia artistica<br />
contemporanea: l'opera pittorica del pittore carrarese Luciano Lattanzi - eccentrica non solo<br />
rispetto al suo tempo (gli anni '50 e '60) ma anche rispetto alle opere del gruppo <strong>degli</strong><br />
schematisti (Robert Estivals, Jacques Caux) a cui egli è stato legato – l'arte ornamentale dei<br />
pittori americani Miriam Shapiro e <strong>di</strong> Robert Zakanitch, attivi a partire dagli inizi <strong>degli</strong> anni<br />
Settanta, sono i momenti emblematici <strong>di</strong> un processo che, a parere <strong>di</strong> Costa, si compie,<br />
inverandosi, nella computerart. Le immagini numeriche, infatti, sono immagini asemantiche,<br />
desoggettivate ed autoreferenziali; in esse la pulsione all'ornamento trova il suo punto <strong>di</strong><br />
arrivo: il loro splendore è manifestazione <strong>di</strong> un intelletto calcolante ormai svincolato da quella<br />
insania che è (è stato?) l'umano.<br />
Attraverso la riflessione sull'ornamento, il libro propone, come si è forse già compreso, un<br />
giu<strong>di</strong>zio teorico <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne generale sulla con<strong>di</strong>zione antropologica contemporanea<br />
definitivamente segnata dalla tecnoscienza. A parere <strong>di</strong> Costa anche l'arte ha da tempo<br />
subito un ra<strong>di</strong>cale mutamento. Non più luogo della verità, ad essa non sono restate che due<br />
vie da percorrere: quella che la fa arte sperimentale, luogo in cui sperimentare e prefigurare<br />
"modelli <strong>di</strong> adattamento adeguati e funzionali alle mutate con<strong>di</strong>zioni antropologiche" (M.<br />
Costa, Estetica dei me<strong>di</strong>a, Roma, 1999, p. 27), e quella che la fa tornare ad essere luogo <strong>di</strong><br />
contemplazione della bellezza, ma <strong>di</strong> quella inumana dell'inorganico, <strong>di</strong> quella estranea e<br />
autosufficiente delle immagini numeriche. Riflettere sull'ornamento significa, a suo <strong>di</strong>re,<br />
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Mario Costa, Dall'estetica dell'ornamento alla computerart<br />
me<strong>di</strong>tare su questa seconda possibilità.<br />
In<strong>di</strong>ce<br />
Introduzione. Iohann Friedrich Herbart. Ornamento e preistoria. Sull'essenza dell'ornamento.<br />
La ricerca dell'oggettività. La conquista della superficie. Decorazione, rappresentazione,<br />
astrazione. Dinamica della decorazione. Ornamento e filosofia. Musica e ornamento.<br />
Ornamento e poesia. Ornamento e arte contemporanea. Per un'estetica dell'ornamento.<br />
Ornamento e computerart. Illustrazioni.<br />
L'autore<br />
Mario Costa (Torre del Greco, 1936) è professore <strong>di</strong> Estetica all'<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Salerno e <strong>di</strong><br />
Metodologia della critica all'<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Napoli (I.U.O). <strong>Stu<strong>di</strong></strong>oso e interprete delle<br />
avanguar<strong>di</strong>e storiche fin dagli anni Sessanta, è, da vent'anni, impegnato nella definizione <strong>di</strong><br />
un'estetica dei nuovi me<strong>di</strong>a e su <strong>di</strong> essa ha pubblicato numerosi saggi e volumi in Italia e<br />
all'estero. Negli ultimi anni sono apparsi in Italia: Della fotografia senza soggetto. Per una<br />
teoria dell'oggetto tecnologico, Genova/Milano, 1997; Il sublime tecnologico. Piccolo trattato<br />
<strong>di</strong> estetica della tecnologia, Roma, 1998; L'estetica della comunicazione. Sull'uso estetico<br />
della simultaneità a <strong>di</strong>stanza, Roma, 1999; L'estetica dei me<strong>di</strong>a. Avanguar<strong>di</strong>e e tecnologia,<br />
Roma, 1999.<br />
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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