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«Mi ritorni in mente». Mente distribuita e unità del soggetto∗ - Swif

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Michele Di Francesco<br />

processi affidabili. Il mo<strong>del</strong>lo impone soggetti parfitiani (Parfit, 1984): di gruppo,<br />

scissi, distribuiti, parziali, eccetera. Per quanto apparentemente paradossali, <strong>in</strong> realtà<br />

non vi è nulla di ontologicamente scorretto <strong>in</strong> queste entità.<br />

Il fatto è però che il soggetto di esperienza appartiene a un altro genere naturale.<br />

Un genere naturale psicologico, caratterizzato da un punto di vista prospettico di<br />

prima persona, vissuti <strong>in</strong>tenzionali coscienti, agenzia libera e <strong>in</strong>dividualità e <strong>unità</strong><br />

<strong>del</strong>la mente.<br />

Margaret Wilson (2002) enumera una serie di caratteristiche che def<strong>in</strong>irebbero<br />

l’idea di cognizione <strong>in</strong>corporata. Tra esse spicca la seguente:<br />

L’ambiente è parte <strong>del</strong> sistema cognitivo. L’<strong>in</strong>formazione che fluisce<br />

tra mente e mondo è così densa e cont<strong>in</strong>ua che, per lo studio scientifico<br />

<strong>del</strong>l’attività cognitiva, la sola mente non è un’<strong>unità</strong> di analisi significativa.<br />

(Wilson, 2002, p. 626.)<br />

In questa formulazione la mente viene scartata come un genere naturale <strong>in</strong>teressante,<br />

quando si tratta di studiare scientificamente l’attività cognitiva. Per quanto estrema,<br />

questa posizione sembra portare ai suoi esiti coerenti la nozione di mente estesa.<br />

Ed è a questo punto importante sottol<strong>in</strong>eare come questo possa rivoluzionare la nostra<br />

nozione di mente e di <strong>in</strong>dividuo. Se davvero dovessimo considerare «superato il netto<br />

conf<strong>in</strong>e tra ciò che pensa (la macch<strong>in</strong>a <strong>in</strong>tellettuale senza corpo) e il suo mondo», si<br />

giungerebbe a una visione <strong>del</strong>la mente «che assomiglia a un mucchio di agenzie profonde<br />

i cui ruoli computazionali sono spesso meglio descritti una volta che si <strong>in</strong>cludano<br />

aspetti <strong>del</strong>l’ambiente locale». (Clark, 1997, p. 196.)<br />

Ciò che resta escluso da questa descrizione impersonale <strong>del</strong> flusso<br />

<strong>del</strong>l’<strong>in</strong>formazione è la dimensione soggettiva <strong>del</strong>l’esperienza e il punto di vista <strong>del</strong>la<br />

prima persona. Questo punto di vista è perso per sempre e non recuperabile dal mo<strong>del</strong>lo<br />

esteso <strong>del</strong>la cognizione, che – <strong>in</strong>centrato sui nessi causali/<strong>in</strong>formazionali – è<br />

metodologicamente cieco rispetto ai conf<strong>in</strong>i tra mente e ambiente. I conf<strong>in</strong>i <strong>del</strong> soggetto<br />

ci sono dati solo dall’<strong>in</strong>terno. Se non siamo <strong>in</strong> grado di ricostruire questo punto<br />

di vista <strong>in</strong>terno, o lo accettiamo come un dato, oppure lo elim<strong>in</strong>iamo def<strong>in</strong>itivamente.<br />

Vorrei sottol<strong>in</strong>eare che quanto qui proposto non è un tentativo di derivare esiti dualistici<br />

a partire dalla contrapposizione tra l’<strong>unità</strong> <strong>del</strong>la mente e la frammentazione<br />

<strong>del</strong>la materia. Questa strategia è <strong>in</strong> effetti ben nota, almeno da Cartesio <strong>in</strong> poi. In<br />

realtà, come aveva già notato Kant, l’<strong>unità</strong> <strong>del</strong>la coscienza, così come si manifesta<br />

nell’esperienza <strong>del</strong> soggetto, è compatibile con la natura eventualmente composita <strong>del</strong><br />

processo (di elaborazione) da cui scaturisce – che può essere affidato ad agenzie specializzate<br />

che elaborano autonomamente s<strong>in</strong>goli aspetti <strong>del</strong> contenuto. L’<strong>unità</strong> <strong>del</strong>la<br />

coscienza può emergere a partire da attività mentali composite, modulari o distribuite.<br />

Ma perché questa emergenza abbia luogo, essa non può essere il prodotto di un<br />

processo qualsiasi. Occorrono processi che producano quelle proprietà nuove che<br />

caratterizzano la mente personale (<strong>unità</strong>, immediatezza, imm<strong>unità</strong> nell’autoascrizione,<br />

fenomenologia). Noi sappiamo che le attività sub-personali <strong>in</strong>terne che governano<br />

l’emergenza <strong>del</strong> soggetto hanno questo genere di connessione (anche se non sappiamo<br />

spiegarne i meccanismi: questo è il ‘mistero’ <strong>del</strong>la coscienza). In questo quadro, il<br />

rapporto tra il livello sub-personale e quello personale non è quello che sussiste tra<br />

realtà e illusione, ma piuttosto tra proprietà di base e proprietà emergenti. Il che signi-<br />

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