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«Mi ritorni in mente». Mente distribuita e unità del soggetto∗ - Swif

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Michele Di Francesco<br />

split-bra<strong>in</strong>. Com’è noto, l’idea è che la sezione <strong>del</strong> corpo calloso, isolando i due emisferi<br />

cerebrali, crea due flussi di coscienza <strong>in</strong>dipendenti che hanno le caratteristiche di<br />

due menti autonome. Quest’<strong>in</strong>terpretazione <strong>del</strong>la s<strong>in</strong>drome da disconnessione <strong>in</strong>teremisferica<br />

è di per sé discutibile 31 ; ma non è necessario approfondirla dal nostro punto<br />

di vista. Infatti, anche assumendo che <strong>in</strong> questi casi una mente può sc<strong>in</strong>dersi <strong>in</strong> due,<br />

ciò non significa che le presunte nuove menti non debbano possedere il tipo di <strong>unità</strong><br />

sopra descritto. Allo stesso modo potremmo ragionare nei confronti <strong>del</strong> disturbo dissociativo<br />

<strong>del</strong>l’identità (personalità multiple): anche <strong>in</strong> questo caso ciascun alter si<br />

caratterizza come dotato (nella nostra term<strong>in</strong>ologia) di una propria mente personale.<br />

Inf<strong>in</strong>e, anche s<strong>in</strong>dromi neuropsicologiche meno problematiche, come<br />

l’em<strong>in</strong>egligenza, pur comportando l’effettiva riduzione di auto-consapevolezza da<br />

parte di un soggetto, non sembrano m<strong>in</strong>are sostanzialmente l’<strong>unità</strong> <strong>del</strong>la mente <strong>del</strong><br />

paziente: quello che dim<strong>in</strong>uisce è l’ambito di applicazione, ma non il fenomeno<br />

<strong>del</strong>l’<strong>unità</strong> 32 .<br />

Una seconda classe di patologie crea problemi maggiori: esse ci presentano forme<br />

di disgregazione <strong>del</strong>l’io, nelle quali alla distruzione <strong>del</strong>la coscienza unitaria non corrisponde<br />

la creazione di altri tipi di soggettività <strong>in</strong>tegrata. Qui il caso esemplare è forse<br />

costituito dalla schizofrenia, dove il paziente «sembra perdere la capacità di formare<br />

una rappresentazione <strong>in</strong>tegrata, <strong>in</strong>terrelata, <strong>del</strong> proprio mondo e <strong>del</strong> proprio stesso io»<br />

(Brook, 2001, § 3.1.). Al posto di un soggetto unitario, abbiamo a che fare con uno<br />

spazio soggettivo composto da frammenti di esperienza, effimeri e sconnessi tra loro.<br />

A ciò si potrebbe aggiungere il caso dei «pensieri alieni», che lo schizofrenico ritiene<br />

di sentire nella propria mente senza riconoscerli come propri, <strong>in</strong>troducendo<br />

un’ulteriore forma di differenziazione all’<strong>in</strong>terno <strong>del</strong>lo spazio mentale 33 .<br />

Cosa pensare di questi casi? Innanzi tutto, bisogna dist<strong>in</strong>guere la cont<strong>in</strong>uità (nel<br />

tempo) e l’<strong>unità</strong> (<strong>in</strong> un istante) dei vari stati mentali. È naturale ipotizzare che talvolta<br />

gli stati psicologici che fanno parte dei s<strong>in</strong>goli episodi di frammentazione <strong>del</strong>lo spazio<br />

mentale possano comunque essere esperiti dal soggetto come parti di un unico spazio<br />

fenomenologico. In questo caso è m<strong>in</strong>acciata la cont<strong>in</strong>uità (e l’identità) <strong>del</strong> soggetto,<br />

ma non la richiesta che esista <strong>in</strong> un dato istante uno spazio fenomenologico <strong>in</strong>tegrato.<br />

Nel caso <strong>in</strong> cui <strong>in</strong>vece la situazione presenti una frammentazione s<strong>in</strong>cronica <strong>del</strong>lo<br />

31 Cfr. Di Francesco (1998), cap. 2 per una migliore formulazione e una discussione critica di<br />

questa lettura.<br />

32 Ammetto che l’argomentazione presentata è sommaria e l’elenco di s<strong>in</strong>dromi è tutt’altro che<br />

completo (si pensi al bl<strong>in</strong>dsight, alle «fughe» epilettiche, all’amnesia globale transitoria – cfr.<br />

Wilkes, 1988, cap. 4.) Per trattare questi casi – specie il bl<strong>in</strong>dsight, ma anche i vari tipi di<br />

neglect – bisognerebbe dist<strong>in</strong>guere tra il crollo <strong>del</strong>la coscienza cognitiva (il fallimento<br />

<strong>del</strong>l’<strong>in</strong>tegrazione <strong>del</strong>le funzioni cognitive) e quello <strong>del</strong>la coscienza personale (la frammentazione<br />

<strong>del</strong>lo spazio fenomenologico soggettivo), e poi mostrare come la tesi <strong>del</strong>l’<strong>unità</strong> essenziale<br />

<strong>del</strong>la coscienza fenomenica non sia palesemente compromessa.<br />

33 Il problema filosofico che queste riflessioni sollevano è classico: possono esistere stati mentali<br />

<strong>in</strong>dipendentemente da un soggetto che li prova? Per Hume il soggetto è un fascio di stati<br />

mentali. Per Kant, senza uno spazio soggettivo (garantito dall’«io penso», l’appercezione trascendentale)<br />

non vi è una mente. Da Dennett alle teorie rappresentazionali <strong>del</strong>la coscienza, il<br />

dibattito è tuttora aperto.<br />

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