«Mi ritorni in mente». Mente distribuita e unità del soggetto∗ - Swif
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<strong>«Mi</strong> <strong>ritorni</strong> <strong>in</strong> <strong>mente»</strong><br />
l’<strong>in</strong>formazione <strong>del</strong> taccu<strong>in</strong>o deve essere assunta da Otto come una ragione. Qu<strong>in</strong>di<br />
deve entrare a far parte <strong>del</strong> suo spazio mentale.<br />
Se poi Otto scrive sul taccu<strong>in</strong>o cose contraddittorie, vi annota progetti <strong>in</strong>compatibili<br />
e così via, questo da solo non basta a creare un conflitto <strong>in</strong>teriore. Se Otto legge sul<br />
taccu<strong>in</strong>o: «recarsi alla mostra», ma non ci va, questo non è di per sé un caso di debolezza<br />
<strong>del</strong>la volontà. Se legge: «ieri ho scalato l’Everest», ma non ci crede, non si contraddice.<br />
Se dubita che l’appunto sia suo, non «ode voci», né teme di soffrire di alluc<strong>in</strong>azioni.<br />
(Su questo punto torneremo.)<br />
In una sorta di replica anticipata a questo tipo di obiezioni, Clark e Chalmers (pp.<br />
12-14) propongono alcuni v<strong>in</strong>coli per considerare il supporto esterno come una vera<br />
parte di una mente estesa. Ne <strong>in</strong>dico tre:<br />
(a) Il taccu<strong>in</strong>o è una costante nella vita di Otto.<br />
(b) L’<strong>in</strong>formazione è accessibile senza difficoltà.<br />
(c) Otto la accetta automaticamente e senza discutere.<br />
Dal punto di vista di una prospettiva che mette <strong>in</strong> discussione i conf<strong>in</strong>i tra mente,<br />
corpo e mondo, tuttavia, queste richieste esprimono v<strong>in</strong>coli estr<strong>in</strong>seci e non giustificati,<br />
<strong>in</strong>trodotti solo per far ‘tornare i conti’, ovvero per isolare i sistemi fisici a cui <strong>in</strong>tuitivamente<br />
assegneremmo il titolo onorifico di sistemi cognitivi.<br />
Si noti che: (a) non esprime una condizione né necessaria, né sufficiente perché il<br />
taccu<strong>in</strong>o contribuisca causalmente a una prestazione cognitiva di Otto; (b) tenta di<br />
mimare <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>soddisfacente l’immediatezza con cui i nostri stati mentali ci appaiono<br />
nostri (un conto è essere sicuri di qualcosa; un conto che lo stesso dubbio<br />
<strong>in</strong>torno a qualcosa sia privo di senso); lo stesso vale per (c) e l’<strong>in</strong>correggibilitàevidenza<br />
degli stati mentali.<br />
In sostanza (a), (b) e (c) appaiono dei tentativi di rispecchiare <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i empirici<br />
aspetti concettuali essenziali <strong>del</strong>la mente personale.<br />
Comunque la si pensi su questo punto, il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>la mente estesa implica che i<br />
conf<strong>in</strong>i <strong>del</strong> soggetto (e non solo <strong>del</strong>la mente) si aprano al mondo. Abbiamo qu<strong>in</strong>di un<br />
«io [self25 ] esteso»: «Otto stesso va considerato come un sistema esteso, che accoppia<br />
organismo biologico e risorse esterne». Gli agenti cognitivi <strong>in</strong> questa prospettiva sono<br />
«spread <strong>in</strong>to the world» (Clark, Chalmers, 1998, p. 18). Però i soggetti non sono<br />
diffusi nel mondo. Sono cose diverse, per le quali vale la differenza tra se stessi e il<br />
mondo che è dato loro e <strong>in</strong> cui agiscono26 . La loro natura è tale che non ne possono<br />
fare parte componenti che non sono <strong>in</strong> grado di <strong>in</strong>terfacciarsi <strong>in</strong> modo immediato e<br />
diretto con il campo fenomenologico che ne <strong>del</strong>imita e determ<strong>in</strong>a la coscienza. Un<br />
25 La tendenza a tradurre <strong>in</strong> ogni circostanza «self» con «sé» va combattuta. Sia perché spesso<br />
«io» è il term<strong>in</strong>e più naturale <strong>in</strong> italiano, sia perché esiste una differenza filosofica tra l’io (il<br />
soggetto, quale esso di fatto è) e il sé, <strong>in</strong>teso come una costruzione o una autorappresentazione<br />
<strong>del</strong>l’io. Identificare questi due livelli significa proporre una teoria metafisica molto impegnativa.<br />
26 Susan Hurley (1994) ha recentemente ripreso la tesi kantiana, secondo cui l’<strong>unità</strong> <strong>del</strong>la coscienza<br />
richiede un mondo oggettivo esterno alla mente. Sarebbe <strong>in</strong>teressante confrontare<br />
questa tematica con le osservazioni qui sviluppate.<br />
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