indice cronologico aprile 2001 - Swif - Università degli Studi di Bari
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SWIF Recensioni<br />
A cura <strong>di</strong> Andrea Rossetti<br />
<strong>aprile</strong> <strong>2001</strong> (7 recensioni)<br />
SWIF – E<strong>di</strong>zioni Digitali <strong>di</strong> Filosofia<br />
Registrazione ISSN 1126-4780
<strong>in<strong>di</strong>ce</strong> <strong>cronologico</strong> <strong>aprile</strong> <strong>2001</strong><br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Recensione <strong>di</strong><br />
Francesco<br />
Tampoia -<br />
29/4/<strong>2001</strong><br />
Recensione <strong>di</strong><br />
Nico De<br />
Federicis -<br />
25/4/<strong>2001</strong><br />
Recensione <strong>di</strong><br />
Francesco<br />
Tampoia-<br />
22/4/<strong>2001</strong><br />
Recensione <strong>di</strong><br />
Tiziana Portera -<br />
11/4/<strong>2001</strong><br />
Presentazione <strong>di</strong><br />
Francesco<br />
Tampoia -<br />
8/4/<strong>2001</strong><br />
Recensione <strong>di</strong><br />
Angelo Marocco -<br />
5/4/<strong>2001</strong><br />
Recensione <strong>di</strong><br />
Francesco<br />
Tampoia -<br />
1/4/<strong>2001</strong><br />
In<strong>di</strong>ce <strong>cronologico</strong>: <strong>aprile</strong> <strong>2001</strong><br />
Pansera, Maria Teresa, L’uomo e i sentieri della tecnica,<br />
Heidegger, Gehlen, Marcuse.<br />
Roma, Armando, (Temi del nostro tempo), 1998, pp. 175, Lit.<br />
25.000, ISBN 88-7144-872-3 (14/2/<strong>2001</strong>)<br />
Gallino, Luciano, Globalizzazione e <strong>di</strong>suguaglianze.<br />
Roma-<strong>Bari</strong>, Laterza, 2000, pp. 130, Lit. 24.000, ISBN<br />
8842061409 (25/2/<strong>2001</strong>)<br />
Jarvie Ian, Pralong Sandra (a cura <strong>di</strong>), Popper e la società<br />
aperta 50 anni dopo. Roma, Armando, (Temi del nostro<br />
tempo), 2000, pp. 319, Lit. 45.000. (13/2/<strong>2001</strong>)<br />
Lévinas, Emmanuel, Nell'ora delle nazioni. Letture<br />
talmu<strong>di</strong>che e scritti filosofico-politici.<br />
Milano, Jaca Book, 2000, ISBN 88-16-40533-3. (8/2/<strong>2001</strong>)<br />
Tampoia, Francesco, Il filosofo <strong>di</strong>mezzato<br />
Roma, Armando, 2000, pp. 208, Lit. 30.000, ISBN 88-8358-<br />
064-8 (4/2/<strong>2001</strong>)<br />
Mauro De Zan (a cura <strong>di</strong>), I "Mon<strong>di</strong> <strong>di</strong> Carta" <strong>di</strong> Giovanni<br />
Vailati.<br />
Milano, Franco Angeli, 2000, pp. 288 (4/2/<strong>2001</strong>)<br />
Canfora, Luciano, Un mestiere pericoloso - La vita<br />
quoti<strong>di</strong>ana dei filosofi greci. Palermo, Sellerio, (La<br />
memoria), 2000, pp. 234, Lit. 18.000. ISBN 88-389-1582-2<br />
(3/2/<strong>2001</strong>)<br />
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<strong>in<strong>di</strong>ce</strong> <strong>cronologico</strong> <strong>aprile</strong> <strong>2001</strong><br />
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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Pansera, Maria Teresa, L'uomo e i sentieri della tecnica<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Pansera, Maria Teresa, L'uomo e i sentieri della tecnica, Heidegger,<br />
Gehlen, Marcuse.<br />
Roma, Armando, (Temi del nostro tempo), 1998, pp. 175, Lit. 25.000, ISBN<br />
88-7144-872-3<br />
Recensione <strong>di</strong> Francesco Tampoia - 14/2/<strong>2001</strong><br />
In<strong>di</strong>ce - L'Autrice - Links<br />
L'agile, ma nello stesso tempo denso, volume <strong>di</strong> Maria Teresa Pansera si inserisce in un<br />
filone <strong>di</strong> ricerca, la filosofia della tecnica, <strong>di</strong>venuto interessante, per quanto non ricco <strong>di</strong> lavori<br />
nel panorama della filosofia italiana, almeno da un decennio, dopo lustri <strong>di</strong> esitazione e<br />
incertezza dovuti certamente alla mancanza <strong>di</strong> una tra<strong>di</strong>zione. La produzione dell'ultimo<br />
Severino, <strong>di</strong> Galimberti e altri è piuttosto recente. Ancora una volta dobbiamo constatare dei<br />
ritar<strong>di</strong> nella cultura e nella filosofia italiana, come quello registrato a suo tempo per la<br />
filosofia della scienza, o dobbiamo pensare che la <strong>di</strong>citura "filosofo della tecnica" <strong>di</strong>a fasti<strong>di</strong>o<br />
a qualcuno?<br />
Da noi spesso i tecnici, forse perché troppo assorbiti nelle loro ricerche, come <strong>di</strong>re<br />
fossilizzati nelle loro <strong>di</strong>scipline, salvo qualche rara eccezione, mancano <strong>di</strong> adeguata<br />
sensibilità per intendere la tecnologia secondo una prospettiva umanistico - filosofica. Il<br />
danno maggiore lo procurano quando mettono a tacere chi vuole occuparsene, affermando<br />
che questo approccio è pseudoscientifico, un mero esercizio retorico, un <strong>di</strong>scorso obsoleto.<br />
Non succede >così nel mondo anglosassone, o in Francia o in Germania, dove i sentieri<br />
della tecnica sono stati e sono <strong>di</strong> notevole interesse e attualità.<br />
Chiaro ed efficace a questo riguardo l'esor<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Fulvio Cesare Manara nella sua recensione,<br />
apparsa su SWIF il 24.11.2000, a Flori<strong>di</strong> Luciano, Philosophy and Computing. An<br />
introduction, London-New York, Routledge, 1999.<br />
Nell'introduzione l'Autrice cerca le origini della filosofia della tecnica nel passato, sebbene<br />
sia pronta ad ammettere che il periodo della prima rivoluzione industriale ne è l'origine più<br />
probabile. Fa riferimento a Platone, in<strong>di</strong>scutibile punto <strong>di</strong> partenza, e prosegue con S.<br />
Agostino e S. Tommaso, Bacone e Cartesio, fino a Comte e Saint Simon.<br />
Il libro continua <strong>di</strong>videndosi in tre parti: il concetto <strong>di</strong> tecnica in Heidegger; l'uomo e la tecnica<br />
in Gehlen; la critica della ragione tecnica in Marcuse.<br />
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Pansera, Maria Teresa, L'uomo e i sentieri della tecnica<br />
I tre filosofi, osserva l'autrice, pur avendo affrontato la questione secondo parametri <strong>di</strong>versi,<br />
perché <strong>di</strong>verse sono le loro filosofie, presentano tuttavia dei punti comuni, primo tra tutti,<br />
quello <strong>di</strong> considerare la tecnologia un principio <strong>di</strong> salvezza, nonostante il pericolo che essa<br />
rappresenta per il destino dell'umanità.<br />
Esaurienti le pagine su Heidegger e la tecnica, sulla vexata quaestio dello strumentalismo, la<br />
concezione per cui la tecnica è uno strumento, un mezzo per l'uomo, giu<strong>di</strong>cata da Heidegger<br />
caduca per il semplice motivo che il mezzo <strong>di</strong>venta fine.<br />
Heidegger, nello scritto Introduzione alla metafisica (1953), afferma che per i greci dìche e<br />
tèchne, Essere e uomo, si contrappongono; al centro è l'uomo della tra<strong>di</strong>zione prometeica. Il<br />
filosofo aggiunge che l'uomo della tecnica, quando considera la tecnica come strumento, si<br />
illude <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare signore della terra, mentre invece si aliena, perde la sua umanità, perde la<br />
sua libertà.<br />
Heidegger, pertanto, prova a lanciare un appello <strong>di</strong> libertà, un appello perché l'uomo cerchi<br />
l'essenza della tecnica, qualcosa <strong>di</strong> non tecnico, che lo liberi dell'impiego provocante<br />
(Bestellen), un appello che bisogna saper ascoltare "C'è un mistero che bisogna arrischiarsi<br />
a penetrare superando il pericolo che consiste nel rimanere a livello del Bestellen,<br />
dell'impiego provocante, senza mai andare oltre, senza raggiungere mai l'essenza della<br />
tecnica" (p. 67). Pensare la tecnica, cercare l'essenza della tecnica, per Heidegger significa<br />
capirla a partire dalle sue origini con uno spirito che non sia metafisico. L'essenza della<br />
tecnica non può essere qualcosa <strong>di</strong> tecnico, perché la considerazione estrinseca della<br />
tecnica, ossia il tecnicismo, preclude all'uomo la possibilità <strong>di</strong> porsi in modo autentico <strong>di</strong><br />
fronte ad essa. Finché l'uomo si limiterà a rappresentarsi la tecnica e a praticarla, a<br />
rassegnarsi ad essa o a fuggirla resterà prigioniero della tecnica e incatenato ad essa sia<br />
che la accetti sia che la neghi.<br />
Se l'approccio <strong>di</strong> Heidegger è ontologico, quello <strong>di</strong> Gehlen è antropologico e utilizza<br />
ampiamente l'apporto della psicologia sociale, della biologia, della zoologia, delle scienze<br />
naturali e umane (ve<strong>di</strong> L'uomo nell'era della tecnica, 1957). Per Gehlen la tecnologia non è<br />
avversa all'uomo, anzi senza <strong>di</strong> essa l'uomo non avrebbe potuto assumere il posto che<br />
occupa nel mondo. Per l'uomo la tecnologia è una seconda natura. Detto altrimenti la<br />
tecnica è insita nell'essenza <strong>di</strong> uomo, la tecnica è antica quanto l'uomo, né, come racconta il<br />
mito <strong>di</strong> Prometeo, l'uomo avrebbe potuto sopravvivere se non gli fosse stata donata la<br />
tecnica .<br />
In un breve cenno alla storia della tecnica Gehlen fa riferimento a due cesure decisive nella<br />
storia della civiltà occidentale: il passaggio dalla vita nomade alla vita sedentaria, in età<br />
preistorica; la rivoluzione industriale, avvenuta in età moderna. Svolte entrambe epocali e<br />
totalizzanti che hanno coinvolto l'economia, la cultura, la morale, l'esistenza quoti<strong>di</strong>ana.<br />
Alla fine del XX secolo si ha l'impressione <strong>di</strong> essere sulla soglia <strong>di</strong> un'altra svolta. La cultura<br />
europea si sta lentamente avviando al tramonto come rivelano alcuni sintomi: mancanza <strong>di</strong><br />
centro <strong>di</strong> riferimento, sensazione <strong>di</strong> abbandono, indebolimento e appiattimento dell'attività<br />
intellettuale, rilassamento e rinuncia al fare, ricerca del piacere, rifiuto <strong>di</strong> modelli esemplari.<br />
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Pansera, Maria Teresa, L'uomo e i sentieri della tecnica<br />
Nella tra<strong>di</strong>zione greca accanto al senso del tragico e della violenza verso la natura e<br />
viceversa della natura verso l'uomo, in contrappeso, è il senso della philia, dell'amicizia, che<br />
si manifesta me<strong>di</strong>ante l'uso, da parte dell'uomo, <strong>di</strong> una tecnica buona. Nella nostra epoca il<br />
bisogno fondamentale <strong>di</strong> sicurezza dell'uomo pare non venga sod<strong>di</strong>sfatto del tutto dalla<br />
tecnica, forse perché la tecnica non riesce a realizzare un armonioso rapporto a tre con<br />
l'ambiente sociale e con l'ambiente naturale.<br />
Nello sfondo <strong>di</strong> questa visione contrad<strong>di</strong>ttoria e fondamentalmente pessimistica Gehlen, per<br />
superare il <strong>di</strong>sagio della tecnica, intravede il percorso dell'ascesi (L'uomo nell'età della<br />
tecnica). Egli ritiene più che legittimo e sostenibile il <strong>di</strong>ritto alla rinuncia del cosiddetto<br />
benessere, o meglio ritiene importante, anzi fondamentale, un orientamento dell'uomo verso<br />
la qualità della vita nelle scelte per il sod<strong>di</strong>sfacimento dei bisogni, nelle scelte consumistiche.<br />
Seguendo questo percorso, mentre si relativizza il ruolo della politica, lo statuto peculiare<br />
della politica, accade che l'ethos del benessere umanitaristico si ritrovi in una visione più<br />
privatistica, che recepisce con evidenza e concretezza i bisogni, gli interessi più prossimi,<br />
che sono poi quelli del privato e della propria famiglia.<br />
Marcuse, il terzo filosofo scelto dall'autrice, tratta il fenomeno della tecnica in una prospettiva<br />
politica, nella convinzione che la trasformazione tecnologica della natura comporta anche la<br />
trasformazione dell'uomo.<br />
La tecnica può sembrare neutrale ma non lo è, come la scienza, e pertanto il significato<br />
ultimo della tecnica <strong>di</strong>pende dai fini che l'uomo impone alle sue azioni; ma con il passare del<br />
tempo lo strumento si è trasformato in fine e ha concorso ad accrescere in modo più efficace<br />
il dominio dell'uomo sull'uomo attraverso il dominio della natura. Seguendo suggerimenti<br />
marxiani, sostiene che la razionalità dell'economia, della produzione e del consumo, sono<br />
esterne all'uomo. Accantonata la <strong>di</strong>alettica capitale/lavoro e la problematica dell'alienazione<br />
del lavoratore, intende analizzare più a fondo la figura del consumatore. Costui, a lungo<br />
andare, scopre il contrasto esistente tra la possibilità <strong>di</strong> liberazione dalla schiavitù del lavoro<br />
(che avviene riducendo le ore <strong>di</strong> lavoro) e la possibilità <strong>di</strong> liberazione dal bisogno economico,<br />
dai beni <strong>di</strong> consumo e dal sistema repressivo della società industrializzata.<br />
Quale la soluzione <strong>di</strong> Marcuse?<br />
Il progresso tecnico e la società capitalistica non hanno in sé la soluzione, corrono<br />
all'impazzata, come <strong>di</strong>ce Heidegger, verso la fine e pertanto la via d'uscita va cercata in uno<br />
spazio interno all'uomo, in una <strong>di</strong>mensione umanistica nuova, critica, forse antica che<br />
sembra impersonata dai <strong>di</strong>versi, dai pacifisti, dagli sfruttati, dagli emarginati, dai<br />
sottosviluppati. È lo spazio, in realtà intravisto anche in passato, che potremmo chiamare<br />
della cultura e dell'arte. Con la <strong>di</strong>fferenza che mentre nella società pretecnologica l'alta<br />
cultura o l'arte erano opposte alla realtà, erano essenzialmente altro, nella società<br />
tecnologicamente avanzata, invece, sono integrate alla società e concorrono a compattare<br />
la globalità e uni<strong>di</strong>mensionalità della nostra vita. Oggi, purtroppo, i <strong>di</strong>versi linguaggi, i <strong>di</strong>versi<br />
me<strong>di</strong>a, affiancano il consolidamento del sistema; la realtà e la razionalità tendono a<br />
coincidere in quella che è un'irragionevole ragionevolezza. Ciò che è o appare fuori è<br />
marginale, esterno, inutile, superfluo; non significa niente, è cassato.<br />
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Pansera, Maria Teresa, L'uomo e i sentieri della tecnica<br />
L'ideologia della società industriale avanzata, tuttavia, ha in sé, <strong>di</strong>aletticamente, alla Hegel,<br />
la sua negazione: per un verso oggettiva l'uomo, per l'altro lo rende libero perché accresce il<br />
tempo libero postlavorativo, durante il quale l'uomo può cercare un cambiamento qualitativo<br />
dell'esistenza, un regno ove superare lo stato <strong>di</strong> necessità.<br />
La ragione critica, quin<strong>di</strong>, si oppone al sistema, ma per farlo deve partire da una<br />
precon<strong>di</strong>zione, un requisito oggettivo che le viene offerto dallo sviluppo scientifico e<br />
tecnologico, l'abbondanza dei beni primari, l'aumento del tempo libero. È proprio con<br />
l'aumento del tempo libero che si presenta all'uomo del nostro tempo la possibilità, non più<br />
utopistica (fine dell'utopia) <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficare una società ove le varie forme <strong>di</strong> esistenza si<br />
esplicano nel sensuale, nel giocoso, nel calmo, nel bello, ove il progresso consiste nella<br />
coscienza della libertà.<br />
Il para<strong>di</strong>gma marcusiano, pertanto, si regge da una parte sull'auspicio <strong>di</strong> una rivoluzione per<br />
la qualità della vita che parta dalla situazione attuale del pianeta, dall'altra sul richiamo al<br />
significato etimologico della tèchne greca, ossia conoscenza operativa, creazione artistica e<br />
produzione tecnologica, che unisce armonicamente immaginazione e ragione, per orientare<br />
l'esistenza secondo un ethos estetico. Questa rivoluzione della società e nella società dovrà<br />
coinvolgere, in mo<strong>di</strong> e tempi <strong>di</strong>versi, anche il terzo mondo, ancora in<strong>di</strong>etro nello sviluppo.<br />
Pur mantenendo il quadro fondamentalmente pessimistico, alla Heidegger, Marcuse<br />
nell'ultima sua opera, La <strong>di</strong>mensione estetica (1978), scrive: "Ciò che esperimentiamo ogni<br />
giorno non è la <strong>di</strong>sintegrazione <strong>di</strong> tutto quello che è organico, unitario, dotato <strong>di</strong> significato,<br />
ma piuttosto il governo e il dominio dell'intero, l'unificazione inflitta e imposta dall'alto: non è<br />
la <strong>di</strong>sintegrazione, ma la riproduzione e l'integrazione della realtà a costituire la catastrofe.<br />
Nella cultura della società attuale, è proprio la forma estetica che può, grazie alla sua<br />
alterità, opporsi a tale integrazione" (Herbert Marcuse, La <strong>di</strong>mensione estetica, Milano,<br />
Mondadori, 1978, p. 65).<br />
Al termine due appunti critici, che non inficiano la valutazione positiva sul libro della<br />
Pansera: il primo riguarda le poche pagine su Platone e la tecnica, un po' affrettate e non del<br />
tutto chiare. Il secondo riguarda l'accostamento dei tre filosofi, che mettendo meglio in<br />
evidenza accanto alle analogie le reciproche <strong>di</strong>fferenze, operazione tentata fuggevolmente<br />
in queste righe, avrebbe reso più chiaro ed efficace il <strong>di</strong>scorso. Per fare un esempio, se<br />
tanto per Marcuse quanto per Heidegger la neutralità della tecnica è insostenibile molto<br />
<strong>di</strong>versa tra i due è l'eventuale possibilità <strong>di</strong> aggiramento o superamento della stessa. Per<br />
Marcuse <strong>di</strong> fronte al totalitarismo della o<strong>di</strong>erna società tecnologica, <strong>di</strong> fronte all'irrazionalità<br />
della società più razionale, è possibile solo un'azione <strong>di</strong> oltrepassamento metafisico. Per<br />
Heidegger tale oltrepassamento è obsoleto e caduco, per lui sono <strong>di</strong>verse le possibilità<br />
umane. Allo stesso modo il richiamo alla <strong>di</strong>mensione estetica <strong>di</strong> Marcuse è sempre posto da<br />
un'angolazione umanistica, ontica; da un'angolazione ontologica, quello <strong>di</strong> Heidegger.<br />
In<strong>di</strong>ce<br />
Introduzione; 1. Alle origini della filosofia della tecnica; 2. Heidegger, Gehlen e Marcuse.<br />
Parte prima: Il concetto <strong>di</strong> tecnica in Heidegger. Parte seconda: L'uomo e la tecnica in<br />
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Pansera, Maria Teresa, L'uomo e i sentieri della tecnica<br />
Gehlen. Parte terza: La critica della ragione tecnica in Marcuse. Riferimenti bibliografici<br />
L'autrice<br />
Maria Teresa Pansera è ricercatrice presso il Dipartimento <strong>di</strong> Filosofia dell'<strong>Università</strong> <strong>di</strong><br />
Roma Tre, dove insegna Antropologia filosofica. Tra le sue pubblicazioni: L'uomo progetto<br />
della natura. L'antropologia filosofica <strong>di</strong> Arnold Gehlen (1990); Esprimere l'inesprimibile:<br />
musica e filosofia nel pensiero <strong>di</strong> Vla<strong>di</strong>mir Jankélévitch (1994); ha curato il volume <strong>di</strong> M.<br />
Scheler, La posizione dell'uomo nel cosmo (1997)<br />
Links<br />
Per la ricerca <strong>di</strong> siti su Gehlen, Heidegger e Marcuse si possono utilizzare Hippias e Noesis,<br />
due motori <strong>di</strong> ricerca de<strong>di</strong>cati esclusivamente alla filosofia.<br />
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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Luciano Gallino, Globalizzazione e <strong>di</strong>suguaglianze<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Gallino, Luciano, Globalizzazione e <strong>di</strong>suguaglianze.<br />
Roma-<strong>Bari</strong>, Laterza, 2000, pp. 130, Lit. 24.000, ISBN 8842061409.<br />
Recensione <strong>di</strong> Nico De Federicis - 25/02/<strong>2001</strong><br />
In<strong>di</strong>ce - L'autore<br />
Il volume <strong>di</strong> Luciano Gallino, senza dubbio tra i migliori sociologi italiani, si <strong>di</strong>stingue per il<br />
fatto <strong>di</strong> essere uno dei non numerosi libri sulla globalizzazione, apparsi in lingua italiana, in<br />
grado <strong>di</strong> sostenerne una trattazione agevole, ma allo stesso tempo senza mai superare il<br />
confine sottile che separa la <strong>di</strong>vulgazione scientifica dal giornalismo. D'altra parte, è pur vero<br />
che la globalizzazione è stata il tema dell'anno, e pertanto ha coinvolto alla stessa maniera<br />
tanto il <strong>di</strong>battito, quanto la pubblicistica politica. Molteplici iniziative e<strong>di</strong>toriali (in se stesse<br />
benemerite) e un numero fin troppo copioso <strong>di</strong> convegni e incontri seminariali hanno<br />
ripercorso anche in Italia quanto già avveniva da alcuni anni in altri paesi, soprattutto in<br />
quelli <strong>di</strong> area anglosassone.<br />
Il libro che presentiamo si caratterizza per essere uno stu<strong>di</strong>o molto interessante che,<br />
nonostante l'estrema sobrietà della trattazione, si <strong>di</strong>stingue per aver contribuito alla<br />
<strong>di</strong>scussione intorno a un aspetto molto controverso del tema, ma <strong>di</strong> rilievo indubbio non solo<br />
per questioni puramente scientifiche: gli effetti della mon<strong>di</strong>alizzazione dei mercati sulla<br />
crescita delle <strong>di</strong>suguaglianze. Le tesi principali del volume appaiono chiare fin dalla prima<br />
fugace scorsa dell'<strong>in<strong>di</strong>ce</strong>: il rapporto tra stato e mercato, un tema classico della letteratura<br />
sociologico-politica fin da Max Weber, è l'oggetto del primo capitolo, quello maggiormente<br />
teorico. Il secondo capitolo affronta il problema che dà il titolo al volume: il problema della<br />
stratificazione delle <strong>di</strong>suguaglianze all'interno <strong>di</strong> una realtà sociale dominata da quella stessa<br />
apertura sovranazionale dei capitalismi nazionali che è il tratto <strong>di</strong>stintivo dell'età della<br />
globalizzazione. L'ultimo capitolo è de<strong>di</strong>cato a una ricognizione delle politiche internazionali<br />
volte a contrastare gli effetti perversi della globalizzazione, cioè le nuove forme <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>suguaglianza che il mercato mon<strong>di</strong>ale tende a costituire.<br />
Come ben comprende lo stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> scienza economica, la produzione delle <strong>di</strong>suguaglianze<br />
rappresenta una caratteristica immanente al sistema <strong>di</strong> produzione capitalistico, del quale<br />
tuttavia l'autore non pone mai in dubbio la necessità strutturale. Al contrario, le intenzioni <strong>di</strong><br />
Gallino appaiono <strong>di</strong>verse. In modo <strong>di</strong>fferente dalla letteratura <strong>di</strong> orientamento coerentemente<br />
marxista, egli cerca <strong>di</strong> porre in rilievo non tanto la possibilità <strong>di</strong> un sistema 'alternativo' <strong>di</strong><br />
produzioni <strong>di</strong> beni e <strong>di</strong> servizi, ma l'ineluttabilità propria della sfera economica e del mercato<br />
a entrare in rapporto con la sfera politica. Si tratta pertanto <strong>di</strong> quello stesso sistema politico<br />
http://lgxserve.ciseca.uniba.it/lei/recensioni/crono/<strong>2001</strong>-04/gallino.htm (1 of 4) [09/11/2005 21.24.30]
Luciano Gallino, Globalizzazione e <strong>di</strong>suguaglianze<br />
che nel mondo contemporaneo non può che identificarsi con lo stato nazionale. Secondo<br />
Gallino (ma qui si potrebbe anche far riferimento alla foltissima letteratura sul tema, una<br />
letteratura che ha dominato almeno l'ultimo ventennio delle ricerche <strong>di</strong> sociologia politica),<br />
non è davvero possibile parlare <strong>di</strong> mercato senza affermare, allo stesso tempo, la<br />
<strong>di</strong>mensione statuale. Si tratta, appunto, <strong>di</strong> quello stesso "mercato come istituzione <strong>di</strong> stato",<br />
per la verità già presente in forma chiara nella letteratura <strong>di</strong> orientamento socialdemocratico<br />
nella prima metà del ventesimo secolo. In opposizione a quanti, come i cosiddetti<br />
Globalizers, sostengono la tesi della crisi, o persino della morte dello stato nazionale, la<br />
sfida dell'autore è quella <strong>di</strong> verificare quanto sia ancora attuale la <strong>di</strong>fesa del primato della<br />
politica in un mondo in cui il mercato non solo ha valicato lo spazio geografico della<br />
territorialità, ma ha trasceso pure quello fisico <strong>di</strong> quanto era finora considerato realtà. Il<br />
mondo virtuale, il regno delle reti e dei sistemi d'informazione, cominciano a <strong>di</strong>segnare in<br />
misura sempre crescente una geografia nella quale le idee <strong>di</strong> residenzialità <strong>degli</strong> interessi,<br />
delle abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> vita, persino delle frequentazioni quoti<strong>di</strong>ane, non esistono più (p. 19 ss.).<br />
Eppure l'autore non pare convinto <strong>di</strong> una tale ineluttabilità dell'estensione sovranazionale.<br />
Egli ricorda come sia ancora possibile, anzi venga messa in atto in modo consapevole, una<br />
politica commerciale apertamente espansiva o restrittiva del mercato interno, come la<br />
politica <strong>di</strong> alte tariffe doganali praticata dagli Stati Uniti, oppure la stessa politica <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa e<br />
promozione del mercato interno dell'Unione Europea. Per il secolo entrante, l'autore<br />
prospetta non già la <strong>di</strong>struzione dello stato, bensì lo sviluppo <strong>di</strong> una sua <strong>di</strong>versa<br />
configurazione (p. 33). Troppi sono i fenomeni negativi prodotti dalla ristrutturazione<br />
capitalistica che ha caratterizzato gli anni novanta, tanto in riferimento al sistema<br />
commerciale mon<strong>di</strong>ale, quanto in riferimento al mercato del lavoro interno; così sui<br />
movimenti della popolazione nelle varie regioni del mondo - si pensi alle gran<strong>di</strong> migrazioni <strong>di</strong><br />
massa dal sud verso il nord del globo (p. 46) -, come sugli equilibri intergenerazionali<br />
all'interno dei singoli paesi (p. 47). In conclusione, la globalizzazione sembra aver<br />
accentuato la <strong>di</strong>sparità delle risorse materiali e intellettuali tra i paesi, sia in relazione<br />
all'innovazione tecnologica, sia in relazione alla formazione del capitale umano (p. 41).<br />
Tra gli effetti perversi della globalizzazione Gallino annovera innanzi tutto la stratificazione<br />
delle <strong>di</strong>suguaglianze. Forse, il capitolo de<strong>di</strong>cato all'argomento è davvero la parte<br />
maggiormente riuscita del volume. Coniugando in modo esemplare chiarezza e sinteticità,<br />
dapprima l'autore guida il lettore all'interno della teoria della stratificazione sociale,<br />
mettendone in luce la relatività in relazione ai sistemi <strong>di</strong> organizzazione delle collettività, e, al<br />
contempo, ricordandone l'ineluttabilità all'interno della comunità umana (p. 51 ss.; p. 63).<br />
Successivamente, egli fornisce una rassegna delle teorie attraverso cui si tenta<br />
l'interpretazione <strong>di</strong> una realtà siffatta (p. 63). Le conclusioni <strong>di</strong> Gallino sono sconsolanti. Il<br />
mondo della globalizzazione non solo è lontano dall'essere il luogo della soluzione del<br />
problema economico come i cultori dell'apertura 'mon<strong>di</strong>ale', forse in modo eccessivamente<br />
ottimistico, hanno sperato potesse rivelarsi, ma ad<strong>di</strong>rittura appare la causa <strong>di</strong> un effettivo<br />
incremento delle <strong>di</strong>suguaglianze, in modo conforme a quanto era già avvenuto all'interno<br />
delle singole nazioni nel corso dell'età delle 'rivoluzioni del capitalismo', cioè in un'epoca<br />
anteriore alla comparsa del potere regolativo dello stato.<br />
Il terzo e ultimo capitolo affronta problemi più <strong>di</strong>chiaratamente programmatici, ponendo in<br />
questione le politiche in<strong>di</strong>cate nelle agende dei principali poteri regolativi del sistema<br />
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Luciano Gallino, Globalizzazione e <strong>di</strong>suguaglianze<br />
mon<strong>di</strong>ale. Anche in questa sede, l'autore mette in rilievo come la globalizzazione<br />
(interpretata ora come fenomeno esclusivamente economico) tenda a produrre una<br />
polarizzazione delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita (p. 98), soprattutto allorché la fiducia nel mito della<br />
crescita infinita, maturata nel corso <strong>degli</strong> anni sessanta, oggi appare <strong>di</strong>chiaratamente<br />
smentita dai rappresentanti più illustri della scienza economica (su questa posizione, infatti,<br />
si vedano gli interventi <strong>di</strong> J. K. Galbraith e P. Krugman).<br />
La parte conclusiva del volume si addentra nelle analisi dell'azione delle organizzazioni<br />
internazionali, prima fra tutte le Nazioni Unite. Il Rapporto sullo sviluppo umano dell'ONU<br />
relativo all'anno 1999 ha messo apertamente in evidenza l'esistenza <strong>degli</strong> "effetti perversi<br />
della globalizzazione" (p. 106), anche se una linea d'azione conseguente in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> una<br />
global governance in verità tarda molto ad arrivare. Per questa ragione, nella parte<br />
conclusiva del volume, l'autore auspica la formazione <strong>di</strong> una forte rete <strong>di</strong> movimenti<br />
transnazionali per la promozione <strong>di</strong> una "globalizzazione dal volto umano" (pp. 117 ss.). Se il<br />
Consiglio <strong>di</strong> sicurezza economica in seno alle Nazioni Unite in verità rappresenta un<br />
obiettivo ancora futuribile, tuttavia questo fallimento non può essere imputato solamente<br />
all'avversione del potere economico internazionale. In questa sede entra in gioco una<br />
questione che resta sullo sfondo del lavoro <strong>di</strong> Gallino: il fatto che ogni ipotetica cessione <strong>di</strong><br />
sovranità da parte <strong>degli</strong> stati nazionali in favore <strong>di</strong> un rafforzamento del ruolo delle Nazioni<br />
Unite come organo <strong>di</strong> gestione del governo mon<strong>di</strong>ale si pone <strong>di</strong>nanzi a un problema<br />
preliminare, che è meramente politico. La <strong>di</strong>fficoltà incontrata dalla revisione del principio del<br />
controllo <strong>di</strong>ffuso praticato dall'Assemblea Generale dell'ONU (che rappresenta la proiezione<br />
in sede <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto internazionale del principio <strong>di</strong> sovranità, propria del <strong>di</strong>ritto interno) esprime a<br />
chiare lettere tutta la forza che ancora oggi gli stati esercitano come strumenti <strong>di</strong> formazione<br />
dell'or<strong>di</strong>ne politico. D'altra parte, il depotenziamento della sovranità nazionale esprime sotto<br />
un altro versante la crisi <strong>di</strong> quella stessa possibilità regolativa dello stato nei confronti del<br />
mercato, dalla quale però Gallino ha preso le mosse. Per questa ragione, la promozione <strong>di</strong><br />
una global governance non può essere affatto una riproposizione delle caratteristiche dello<br />
stato nazionale in sede più ampia.<br />
In<strong>di</strong>ce<br />
Introduzione<br />
Capitolo primo - Il mercato, istituzione <strong>di</strong> stato<br />
1. La costruzione sociale del mercato - 2. Il mercato come sistema informativo e regolatore<br />
sociale - 3. Il fattore tecnologia. Dal mercato luogo al ciber-mercato - 4. Mercato e mercati.<br />
Globalizzazione e localizzazione - 5. Stato, sovranità e mercato - 6. Mercato del lavoro e<br />
stratificazione sociale - 7. Globalizzazione dei gruppi <strong>di</strong> riferimento e migrazioni<br />
Capitolo secondo - La stratificazione delle <strong>di</strong>suguaglianze nel mondo globalizzato<br />
1. La stratificazione sociale, sistema <strong>di</strong> <strong>di</strong>suguaglianze - 2. Come si misura la stratificazione -<br />
3. Perché le società sono formate da strati <strong>di</strong>suguali? - 4. Nel mondo globalizzato le<br />
<strong>di</strong>suguaglianze crescono - 5. Il ricambio <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui che formano i <strong>di</strong>versi strati. La<br />
mobilità sociale - 6. Stratificazione sociale, marginalità ed esclusione - 7. Rappresentazioni<br />
collettive della stratificazione<br />
Capitolo terzo - Globalizzazione, occupazione, sviluppo: <strong>degli</strong> effetti perversi della<br />
globalizzazione<br />
1. Le credenziali della globalizzazione: una verifica - 2. Le proposte dell'ONU per governare<br />
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Luciano Gallino, Globalizzazione e <strong>di</strong>suguaglianze<br />
la globalizzazione - 3. Alcuni obiettivi per una "global governance" efficace - 4. Iniziative dal<br />
basso per una globalizzazione dal volto umano<br />
Bibliografia<br />
L'autore<br />
Luciano Gallino insegna sociologia all'<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Torino. Tra i maggiori sociologi italiani, è<br />
autore dei volumi: La sociologia: concetti fondamentali, Torino 1989; L'incerta alleanza:<br />
modelli <strong>di</strong> relazioni tra scienze umane e della natura, Torino 1992 e Se tre milioni vi sembran<br />
pochi. Sui mo<strong>di</strong> per combattere la <strong>di</strong>soccupazione, Torino 1998.<br />
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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Jarvie Ian, Pralong Sandra, Popper e la societa' aperta 50 anni dopo<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Jarvie Ian, Pralong Sandra (a cura <strong>di</strong>), Popper e la società aperta 50<br />
anni dopo<br />
Roma, Armando, (Temi del nostro tempo), 2000, pp. 319, Lit. 45.000<br />
Recensione <strong>di</strong> Francesco Tampoia - 13/2/<strong>2001</strong><br />
In<strong>di</strong>ce - Links<br />
A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> cinquant'anni dalla pubblicazione <strong>di</strong> La società aperta e i suoi nemici K. Popper<br />
fa sentire ancora massiccia la sua rilevanza e la sua influenza nel panorama filosofico, anzi<br />
è come se alla fortuna del Popper epistemologo si aggiunga la fortuna del Popper filosofo<br />
della politica.<br />
Questo volume, tradotto tempestivamente dall'Armando, fornito <strong>di</strong> una densa e dotta<br />
premessa <strong>di</strong> D. Antiseri e M. Bal<strong>di</strong>ni che funge da agile cornice introduttiva al tema,<br />
raccoglie quin<strong>di</strong>ci interventi, per quanto <strong>di</strong>suguali e segnati dall'occasionalità, <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi e<br />
amici, contemporanei <strong>di</strong> Popper, ma anche allievi dell'ultima generazione. Sono gli interventi<br />
della Conferenza svoltasi al Central European University <strong>di</strong> Praga tra il 9 e 10 Novembre<br />
1995, poco più <strong>di</strong> un anno dalla morte del filosofo.<br />
Preziose le pagine che riportano i ricor<strong>di</strong> personali <strong>di</strong> E. Gombrich su episo<strong>di</strong> biografici a<br />
partire dagli anni Trenta, sulle peripezie e <strong>di</strong>fficoltà e<strong>di</strong>toriali per la pubblicazione del<br />
ponderoso volume. Interessante, in ugual misura, l'ultima intervista ad Adam J. Chmielewski<br />
in cui il filosofo vicino alla morte, novello Socrate, spazia da problematiche prettamente<br />
filosofiche a problemi <strong>di</strong> attualità, al giu<strong>di</strong>zio sulla televisione, a quello sulla Chiesa polacca.<br />
Il saggio <strong>di</strong> Mark A. Notturno, invece, entra nel cuore della filosofia popperiana facendo un<br />
parallelo tra il filosofo della scienza e il filosofo della politica, ricorda l'appello popperiano alla<br />
libertà e alla tolleranza "la democrazia funzionerà bene in una società che rispetta la libertà<br />
e la tolleranza, e non in una società che non capisce questi valori", la scelta in favore della<br />
società aperta in contrapposizione alla società chiusa, l'invito a una prassi politica che<br />
coniughi la solidarietà con la libertà in<strong>di</strong>viduale.<br />
Popper criticò senza tentennamenti il socialismo reale perché, strutturando la società come<br />
sistema chiuso, aveva tra<strong>di</strong>to le aspirazioni in<strong>di</strong>viduali <strong>degli</strong> uomini, ma criticò anche il<br />
capitalismo selvaggio. Vide da autentico, vero liberale, il pericolo che si annida nelle<br />
istituzioni, la loro possibilità <strong>di</strong> deteriorarsi, <strong>di</strong> procurare danno ai citta<strong>di</strong>ni.<br />
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Jarvie Ian, Pralong Sandra, Popper e la societa' aperta 50 anni dopo<br />
Di taglio ben <strong>di</strong>verso l'intervento <strong>di</strong> D. Miller sul rapporto Popper-Tarski, tutto incentrato sul<br />
classico problema della verità. Popper nella sua lunga ricerca <strong>di</strong> filosofo della scienza<br />
combattè sempre, anche nella stagione del cosiddetto postpopperismo, le tesi relativistiche<br />
<strong>di</strong> alcuni suoi allievi, il relativismo quale atteggiamento nefasto per l'uomo e per la stessa<br />
filosofia. Con<strong>di</strong>vise la teoria della verità <strong>di</strong> Tarski che, partendo dall'esame delle antinomie<br />
semantiche, giunge alla conclusione che in nessun linguaggio formale coerente è definibile<br />
la nozione <strong>di</strong> verità. Volle dare in tal modo la risposta, dopo il lungo <strong>di</strong>battito scientifico da<br />
Hilbert a Gödel, a uno dei no<strong>di</strong> più ardui e controversi del pensiero logico e matematico del<br />
Novecento. Per Popper come per Tarski non esiste alcun criterio <strong>di</strong> verità generale,<br />
vanamente cercato nei secoli; ogni criterio <strong>di</strong> verità ha il carattere della provvisorietà.<br />
L'intervento <strong>di</strong> Jan Jarvie ruota sul binomio società aperte e società chiuse; quello <strong>di</strong> J.<br />
Watkins scopre quasi provocatoriamente un pizzico <strong>di</strong> Hegel nella società aperta, avviata sin<br />
dall'antichità dagli Ateniesi in Grecia; quello <strong>di</strong> S. Pralong, in Minima Moralia - Esiste un'etica<br />
della società aperta?, che, dopo la caduta del muro <strong>di</strong> Berlino (1989), trova confermata la<br />
vali<strong>di</strong>tà della società aperta, l'attualità <strong>di</strong> un'etica aperta, <strong>di</strong> ispirazione postilluministica, ma<br />
che rifugge da ogni utopia.<br />
Nel saggio <strong>di</strong> Bryan Magee, dal titolo Di che utilità può essere Popper per un politico<br />
concreto?, inserito in questo stimolante volume, si indugia sulla congiunzione della<br />
metodologia della politica e della teoria della conoscenza perché entrambe pongono<br />
problemi, sia pur <strong>di</strong>versi, all'uomo, gli suggeriscono <strong>di</strong> affrontarli con la stessa metodologia<br />
dei trials and errors.<br />
Preliminarmente Magee offre uno spaccato autobiografico <strong>degli</strong> anni settanta, quando<br />
insegnava filosofia al Ballion College <strong>di</strong> Oxford. Scrive che i giovani in quegli anni erano<br />
fortemente influenzati dal marxismo "Desideravano vivere in una società perfetta. Solo che,<br />
ovviamente, anche la società in cui vivevano aveva dei gravi <strong>di</strong>fetti. Così, tale forma <strong>di</strong><br />
società doveva essere rifiutata" (p. 230). Volevano la perfezione, volevano ciò che non<br />
avevano in Inghilterra; anche se, per lo più, le cose andavano in modo accettabile, non<br />
erano contenti per qualcosa che andava male. "Tutto questo portò anche gran parte <strong>di</strong> loro a<br />
supporre, erroneamente, che ci dovesse essere da qualche parte qualcosa <strong>di</strong> infinitamente<br />
migliore: dato che, ovviamente, le cose non erano perfette lì, avrebbero dovuto essere<br />
perfette altrove - o, almeno, c'era della gente altrove che doveva sicuramente provare a<br />
renderle tali. Alle critiche della realtà comunista si ribatteva quasi sempre con l'accusa che<br />
qui le cose andavano altrettanto male, se non peggio, e che perlomeno i comunisti si<br />
sforzavano <strong>di</strong> realizzare un ideale morale, cosa che i nostri politici, cinici e interessati<br />
solamente ai propri affari, non facevano" (p. 231)<br />
Resto convinto, <strong>di</strong>ce, Magee che le idee <strong>di</strong> K. Popper sono un meraviglioso antitodo contro<br />
questo tipo <strong>di</strong> illusioni. Del resto era evidente che l'ideale del socialismo, inteso alla maniera<br />
tardo-ottocentesca o <strong>di</strong> inizio novecento, che aveva rappresentato una forte motivazione per<br />
milioni <strong>di</strong> persone, nell'ultimo quarto del novecento, anche da prima, non reggeva più.<br />
Ispirandosi al pensiero <strong>di</strong> Popper aggiunge: "I programmi portano quin<strong>di</strong> alla rigi<strong>di</strong>tà, al<br />
fanatismo e, <strong>di</strong> conseguenza, a un atteggiamento in molti aspetti contrario alla razionalità.<br />
L'uomo con un programma, <strong>di</strong> solito, sa <strong>di</strong> avere ragione; e, a causa <strong>di</strong> questa sua certezza,<br />
si sente giustificato a eliminare l'opposizione con ogni mezzo ritenga necessario" (p. 232)<br />
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Jarvie Ian, Pralong Sandra, Popper e la societa' aperta 50 anni dopo<br />
Popper ha illustrato con una formula molto efficace la metodologia scientifica per la<br />
soluzione dei problemi: P 1 --> TS --> EE --> P 2 (ove P 1 = problema, idea iniziale; TS =<br />
tentativo <strong>di</strong> soluzione proposto; EE = eliminazione errori; P 2 = nuovo problema) (K. Popper,<br />
Conoscenza oggettiva, Roma, Armando, 1975, par. XVIII, pp. 317-318). Questa<br />
metodologia, valida in teoria della conoscenza, ben si adatta come metodologia della<br />
politica.<br />
Alcuni hanno qualificato Popper pensatore <strong>di</strong> destra, ma ad essere precisi Popper, mettendo<br />
al primo posto, tra i valori politici, la libertà in<strong>di</strong>viduale e la tolleranza, è soprattutto un grande<br />
democratico. La parte più innovativa del suo pensiero appare quella riguardante le<br />
istituzioni. Quando ha parlato <strong>di</strong> metodologia scientifica e della sua applicazione in politica<br />
ha insistito molto sulle istituzioni "Non sono solo le politiche che devono essere viste come<br />
tentativi per risolvere i problemi: ma anche le istituzioni" (p. 238). Qui non si fa o vuole uno<br />
strumentalismo vieto e cinico, perché una teoria politica che non fosse fondata su principi<br />
fondamentali, primi tra tutti i <strong>di</strong>ritti sacrosanti dell'uomo, i <strong>di</strong>ritti civili, non entrerebbe mai nel<br />
novero delle teorie; Popper la respingerebbe in partenza. Si tratta <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>mensionare il valore<br />
delle istituzioni, stabilirne la loro precarietà. Più avanti "Proprio come nel caso delle politiche<br />
un'istituzione che non è una soluzione ad alcun problema è superflua - invero è esattamente<br />
questa la con<strong>di</strong>zione che rende le istituzioni obsolete" (p. 238).<br />
Verso la fine del suo saggio Magee, confermando il suo popperismo, puntualizza che<br />
l'approccio <strong>di</strong> Popper è valido e utile ai politici <strong>di</strong> professione, ma ha dei limiti: può essere un'<br />
ottima guida riguardo a come fare le cose, ma <strong>di</strong>ce poco riguardo a che cosa fare.<br />
Per chiudere riportiamo dal saggio Abbinare la teoria popperiana alla pratica <strong>di</strong> F. Eidlin,<br />
quasi a voler compen<strong>di</strong>are l'insegnamento più fecondo <strong>di</strong> Popper per la ricerca e la<br />
conoscenza, estensibile alla politica, alle istituzioni, che vanno sottoposte a una continua<br />
valutazione critica perché l'umanità possa crescere, alcuni pensieri: "la conoscenza ha molte<br />
fonti, ma nessuna <strong>di</strong> queste è giustificata; a ogni passo in avanti, scopriamo problemi nuovi<br />
e insoluti; quando pensavamo <strong>di</strong> poggiare su una base solida e sicura, tutto si è rivelato<br />
incerto e mutevole" (p. 311). Ritorna in mente l'immagine della palude e delle palafitte.<br />
Ancora più significativo il passo precedente, nella stessa pagina, in cui Popper, a proposito<br />
del fatto per cui gli uomini non possiedono la verità, ma sono in grado <strong>di</strong> assumere<br />
l'atteggiamento razionalista, scrive: "Io posso avere torto e tu puoi avere ragione, e per<br />
mezzo <strong>di</strong> uno sforzo possiamo avvicinarci un po' <strong>di</strong> più alla verità" (p. 311). Nobile richiamo<br />
al valore etico <strong>di</strong> concetti quali uguaglianza e reciprocità, <strong>di</strong> sapore geometrico, che deve<br />
contrad<strong>di</strong>stinguere sempre i comportamenti umani nella sfera etica e civile.<br />
In<strong>di</strong>ce<br />
Premessa all'e<strong>di</strong>zione italiana: Le ragioni della società aperta.<br />
Parte Prima: Preliminari. Introduzione. E. H. Gombrich, Ricor<strong>di</strong> personali della<br />
pubblicazione de "La società aperta"; 2. A. J. Chmielewski e Karl R. Popper, Il futuro è<br />
aperto. Una conversazione con Sir Karl Popper.<br />
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Jarvie Ian, Pralong Sandra, Popper e la societa' aperta 50 anni dopo<br />
Parte Seconda: Rivolgersi al testo. 3. M. A.. Notturno, La società aperta e i suoi nemici:<br />
autorità, comunità, burocrazia; 4. D. Miller, Popper e Tarski; 5. I. Jarvie, I tipi ideali <strong>di</strong><br />
Popper: società aperte e chiuse, astratte e concrete; 6. J. A. Hall, Il deficit sociologico de "La<br />
società aperta" analizzato e corretto; 7. J. Watkins, Un pizzico <strong>di</strong> Hegel ne "La società<br />
aperta"? .<br />
Parte Terza: 8. C. Von Mettenheim, Il problema dell' oggettività nel <strong>di</strong>ritto e nell'etica; 9. S.<br />
Pralong, Minima moralia: esiste un'etica della società aperta? 10. B. Magee, Di che utilità<br />
può essere Popper per un politico concreto?; 11. A. Flis, La Chiesa Polacca come nemico<br />
della società aperta. Alcune riflessioni sulle trasformazioni socio-politiche e post-comuniste<br />
nell'Europa Centrale; 12. A. J. Chmielewski, La vita dopo il liberalismo; 13. J. Agassi, La<br />
nozione del moderno Stato-Nazione: Popper e il nazionalismo; 14. C. Hoschl, Esiste la<br />
causalità nella storia?; 15. F. Eidlin, Abbinare la teoria popperiana alla pratica.<br />
Links<br />
Due importanti motori <strong>di</strong> ricerca de<strong>di</strong>cati alla filosofia che rinviano a numerosi siti de<strong>di</strong>cati a<br />
Karl R. Popper:<br />
http://hippias.evansville.edu/<br />
http://noesis.evansville.edu/bin/index.cgi<br />
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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Emmanuel Levinas, Nell'ora delle nazioni<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Lévinas, Emmanuel, Nell'ora delle nazioni. Letture talmu<strong>di</strong>che e scritti<br />
filosofico-politici.<br />
Milano, Jaca Book, 2000, ISBN 88-16-40533-3. Traduzione e cura <strong>di</strong> Silvano<br />
Facioni; e<strong>di</strong>zione originale: A l'heure des nations, Paris, Les É<strong>di</strong>tions de<br />
Minuit, 1988.<br />
Recensione <strong>di</strong> Tiziana Portera - 8/2/<strong>2001</strong><br />
In<strong>di</strong>ce - L'autore - Bibliografia - Links<br />
Finalmente offerto ai lettori italiani dopo ben do<strong>di</strong>ci anni dalla prima e<strong>di</strong>zione francese, il<br />
volume lévinasiano, pur nell'eterogeneità dei contributi che lo compongono, possiede - come<br />
tutte le opere de<strong>di</strong>cate dall'Autore all'ebraismo - la densità concettuale del testo filosofico.<br />
Benché i contenuti siano costituiti - come in<strong>di</strong>ca il sottotitolo - da letture talmu<strong>di</strong>che e scritti<br />
flosofico-politici, la medesima trama speculativa che regge i più conosciuti testi teorici del<br />
Lituano è, in questa raccolta <strong>di</strong> saggi brevi ed articoli, nettamente percepibile, anche se<br />
imme<strong>di</strong>atamente meno "appariscente".<br />
La struttura che sostiene ed unifica i testi presentati coincide col movimento che ha come<br />
origine e punto <strong>di</strong> ritorno la Torah; ovvero - più precisamente - la convergenza e, <strong>di</strong>rei, la<br />
"riduzione" <strong>di</strong> ogni possibile <strong>di</strong>scorso etico-politico ai nuclei genetici delle modalità<br />
"responsabili" della relazione col prossimo: la Bibbia e il Talmud.<br />
Nell'ora delle nazioni, introdotto da un breve ma illuminante saggio <strong>di</strong> Silvano Facioni, si<br />
articola secondo le sezioni tematiche <strong>di</strong> seguito illustrate.<br />
La Prefazione, presentando il tema car<strong>di</strong>ne dell'opera, delinea lo sfondo sul quale vanno<br />
collocate le letture: nella Torah "i giu<strong>di</strong>ci d'Israele [...] si istruiscono e si formano al loro<br />
compito cercando, senza requie e sempre più in profon<strong>di</strong>tà, gli echi e le tracce del suo senso<br />
infinito"; ma l'"intimità" dell'ebreo con la sua Torah è insieme "esigenza rimarchevole <strong>di</strong> un<br />
rapporto con tutte le nazioni", ovvero "con tutte le famiglie dell'umano" (4). È la Parola, nella<br />
sua capacità <strong>di</strong> trascendere <strong>di</strong>acronicamente l'or<strong>di</strong>ne del tempo, ad esprimere i significati<br />
universali che appartengono all'umanità. E la conferma alla profonda alleanza <strong>di</strong> Israele con<br />
tutte le nazioni viene fornita da Lévinas attraverso argomenti e citazioni tratti dagli scritti<br />
talmu<strong>di</strong>ci e dal testo sacro. Talmu<strong>di</strong>co, d'altra parte, è l'andamento stesso <strong>di</strong> quest'opera<br />
lévinasiana, che conserva, nella propria <strong>di</strong>alettica interna, la memoria dello stile dei gran<strong>di</strong><br />
commentatori.<br />
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Emmanuel Levinas, Nell'ora delle nazioni<br />
Le Letture Talmu<strong>di</strong>che riproducono gli interventi tenuti nell'arco <strong>di</strong> sei anni in occasione dei<br />
Colloqui <strong>degli</strong> intellettuali ebrei <strong>di</strong> lingua francese. L'incontro del 1986 ebbe come tema<br />
dominante appunto quello delle "settanta nazioni", con riferimento all'espressione talmu<strong>di</strong>ca<br />
che in<strong>di</strong>ca i popoli "altri" rispetto a Israele.<br />
Lévinas muove le proprie interpretazioni delle pagine rabbiniche dalla convinzione che non<br />
solo il pensiero talmu<strong>di</strong>co è capace <strong>di</strong> oltrepassare i limiti comunicativi del <strong>di</strong>venire storico,<br />
ma che ad<strong>di</strong>rittura, in tale pensiero, "ci sarebbe una parola mirabilmente costruita per<br />
un'interrogazione permanente, per un'interrogazione che permette alle <strong>di</strong>verse epoche del<br />
tempo <strong>di</strong> comunicare tra loro" (18).<br />
Il commento a Megilla 7a, che tratta dell'inserimento del Rotolo <strong>di</strong> Ester all'interno del<br />
canone biblico, contiene <strong>degli</strong> interessanti riman<strong>di</strong> alla purità ebraica e all'universalità del<br />
dono della Torah. Numerosi i riferimenti alla contemporaneità, nonché gli accenni alle<br />
nozioni filosofiche, tipicamente lévinasiane, del volto e dell'assolutezza della responsabilità<br />
etica. La Traduzione della scrittura (il testo analizzato è Megilla 8b) affronta il problema della<br />
possibilità <strong>di</strong> rendere il testo sacro in lingue <strong>di</strong>verse dall'ebraico, riuscendo tuttavia a<br />
mantenerne "la <strong>di</strong>gnità e la portata spirituali" (43); l'implicazione profonda del commento<br />
riguarda la riflessione sulla me<strong>di</strong>azione greca del pensare ebraico: la lingua greca (per<br />
estensione, "occidentale") demistifica e demitizza, ma il "paziente parlare" della civiltà<br />
ellenica "rappresenta anche il pregio della nostra ere<strong>di</strong>tà greca" (62). L'idolatria è<br />
l'argomento delle pagine de<strong>di</strong>cate al trattato Sanhedrin 99a e b. Gli idoli ai quali si riferisce<br />
l'Autore altro non sono che le maniere "irriverenti" <strong>di</strong> accostarsi alla Torah. È evidentemente<br />
desacralizzante negare che "la Torah viene dal cielo", ma lo è altrettanto interpretare le<br />
Scritture in senso contrario alla halakah (ossia in contrasto con la regola tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong><br />
prescrizione della condotta), considerarla "un prodotto culturale che si offre a una <strong>di</strong>sputa <strong>di</strong><br />
intellettuali" (71) o, ad<strong>di</strong>rittura, pur nell'accettazione dell'origine <strong>di</strong>vina della Torah, riferire<br />
all'intelletto umano le "articolazioni logiche dell'insegnamento" che essa implica. Idolatria è<br />
altresì negare la costitutiva <strong>di</strong>namicità della Torah, concependola come "un'istituzione, un<br />
oggetto sacro, mentre la sua essenza è apertura" (75); ma anche sminuirne l'infinita<br />
capacità <strong>di</strong> produrre significati, arrestandosi alla infeconda comprensione letterale. Al <strong>di</strong> là<br />
del ricordo (Berakot 12b e 13a) propone un tema car<strong>di</strong>ne della tra<strong>di</strong>zione ebraica, quello<br />
della memoria: l'incessante, vicendevole rimando tra presente e passato, realizzato nel<br />
racconto, non è che la <strong>di</strong>mensione stessa nella quale si colloca e si svolge la coscienza<br />
spirituale giudaica. L'ultimo paragrafo <strong>di</strong> questa partecipata lettura talmu<strong>di</strong>ca è riservato<br />
all'ebreo russo Vasilij Grosmman e al suo romanzo Vita e destino, de<strong>di</strong>cato agli orrori del<br />
1917 e alle personali speranze escatologiche legate agli eventi rivoluzionari; nell'opera lo<br />
scrittore descrive - secondo le parole <strong>di</strong> Lévinas - il "mondo inabitabile nell'abisso della sua<br />
<strong>di</strong>sumanizzazione: affondamento della base della civiltà europea" (100-1). Le nazioni e la<br />
presenza d'Israele tratta invece delle interpretazioni che, nel trattato Talmu<strong>di</strong>co <strong>di</strong> Pesahim<br />
118b, adombrano nelle tre potenze <strong>di</strong> Roma, Kuš (Etiopia) ed Egitto (e nelle rispettive<br />
modalità <strong>di</strong> rapportarsi alla partecipazione del tempo messianico), le <strong>di</strong>verse tipologie della<br />
vita nazionale nelle quali, "attraverso le forme dell'esistenza che sono storia pura, traspare<br />
l'inumano e l'umano" (111).<br />
La sezione Pensiero e Santità ospita due articoli accomunati dall'esplicita enucleazione <strong>di</strong><br />
concetti etico-filosofici dalle in<strong>di</strong>cazioni e dagli spunti offerti dai testi religiosi. In Dall'etica<br />
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Emmanuel Levinas, Nell'ora delle nazioni<br />
all'esegesi il tema dell'identificazione del profetismo e del talmu<strong>di</strong>smo con "il processo<br />
stesso della venuta <strong>di</strong> Dio all'idea nel volto dell'altro uomo" (128), si incrocia con quello<br />
dell'obbligazione originaria: l'alterità, intesa come prossimità, consacra ed elegge l'"io" in<br />
virtù del vincolo <strong>di</strong> "risposta" all'appello dell'altro. È questo il senso in cui "Amerai il prossimo<br />
come te stesso" viene a coincidere con "Amerai il tuo prossimo, tale è il tuo io" (126). Le<br />
implicazioni etiche dell'interpretazione testuale sono altrettanto evidenti nelle pagine che<br />
Lévinas de<strong>di</strong>ca alla visione giudaica dell'abbassamento (Ebraismo e Kenosi); qui non solo<br />
nega ogni accento <strong>di</strong>ssacrante alla convinzione talmu<strong>di</strong>ca che "in Dio il congiungimento <strong>di</strong><br />
innalzamento e <strong>di</strong>scesa è inseparabile" (132), ma coniuga a tale prospettiva teologica<br />
l'attribuzione <strong>di</strong> un ruolo essenziale alla condotta umana nel mantenimento dell'or<strong>di</strong>ne<br />
cosmico e nella sopravvivenza del creato; leggendo rabbi Volozin, Lévinas commenta:<br />
"L'uomo, attraverso le azioni conformi alla Torah, alimenta l'associazione <strong>di</strong> Dio al mondo,<br />
oppure [...] estingue i poteri <strong>di</strong> tale associazione <strong>di</strong>vina; dall'uomo <strong>di</strong>pende l'accrescersi della<br />
santità, dell'elevazione e dell'essere dei mon<strong>di</strong> o il loro ritorno al nulla" (141-142).<br />
"Cos'è l'Europa? È La Bibbia e i Greci" (153). Questa definizione sintetizza e denomina la<br />
sezione de<strong>di</strong>cata alla riflessione sulle contrad<strong>di</strong>zioni del linguaggio occidentale che, posto a<br />
confronto con quello biblico, mostra la tentazione e - contemporaneamente - l'incapacità, <strong>di</strong><br />
misconoscere l'unicità d'altri e la "misericor<strong>di</strong>a che questa invoca" (155). Le figure <strong>di</strong> Moses<br />
Mendelssohn, Anna Salomon Halperin e Franz Rosenzweig (Amicizia giudaico-cristiana)<br />
costituiscono i punti d'appoggio per la conclusione critica fondamentale sul senso del<br />
rapporto tra pensiero occidentale ed ebraismo: "L'assolutamente vero si scinde, nella sua<br />
stessa verità, in giudaismo e cristianesimo e si gioca sul loro <strong>di</strong>alogo" (180).<br />
La sezione conclusiva del volume contiene le interviste Ebraismo "e " Cristianesimo e Sulla<br />
filosofia ebraica, che pongono il filosofo a confronto - rispettivamente - con il Vescovo<br />
Hammerle e con Françoise Armengaud.<br />
Chiude il volume un utile Glossario sui termini fondamentali della religione ebraica.<br />
In<strong>di</strong>ce<br />
Fuoco nero su fuoco bianco. Lévinas tra parole e parole (<strong>di</strong> Silvano Facioni)<br />
Prefazione<br />
Letture talmu<strong>di</strong>che: Per un posto nella Bibbia, La traduzione della Scrittura, Disprezzo della<br />
Torah come idolatria, Al <strong>di</strong> là del ricordo, Le nazioni e la presenza d'Israele - PENSIERO E<br />
SANTITÀ, Dall'etica all'esegesi, Ebraismo e Kenosi<br />
La Bibbia e i Greci: La Bibbia e i Greci, Il pensiero <strong>di</strong> Moses Mendelssonh<br />
Amicizia giudaico-cristiana: La filosofia <strong>di</strong> Franz Rosenzweig<br />
Interviste: Ebraismo "e" Cristianesimo, Sulla filosofia ebraica<br />
Glossario - In<strong>di</strong>ce dei nomi.<br />
L'autore<br />
Emmanuel Lévinas nasce a Kaunas (Lituania), da famiglia ebrea, nel 1906. Formatosi alle<br />
<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Strasburgo e Friburgo, insegna alla Scuola Normale Israelita Orientale <strong>di</strong><br />
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Emmanuel Levinas, Nell'ora delle nazioni<br />
Parigi, alle <strong>Università</strong> <strong>di</strong> Poitiers, Paris-Nanterre e alla Sorbona. Muore il 25 <strong>di</strong>cembre 1995<br />
a Parigi. È Autore <strong>di</strong> (opere in volume): La théorie de l'intuition dans la phénoménologie de<br />
Husserl, Paris, 1930; De l'existence à l'existant, Paris, 1947; Le Temps et l'Autre,<br />
Montpellier, 1979 (già in J. Wahl, Le Choix, Le Monde, L'Existence, Paris-Grenoble, 1947);<br />
En découvrant l'existence avec Husserl et Heidegger, Paris, 1949; Totalité et Infini. Essai sur<br />
l'exteriorité, La Haye, 1961; Difficile Liberté. Essais sur le juda•sme, Paris, 1963; Quatre<br />
Lectures Talmu<strong>di</strong>ques, Paris, 1968; Humanisme de l'autre homme, Montpellier, 1972;<br />
Autrement qu'être ou au de-là de l'essence, La Haye, 1974; Sur Maurice Blanchot,<br />
Montpellier, 1975; Noms propres, Montpellier, 1976; Du Sacré au Saint. Cinq nouvelles<br />
lectures talmu<strong>di</strong>ques, Paris, 1977; De Dieu qui vient à l'ideé, Paris, 1982; De l'évasion,<br />
Montpellier, 1982; Ethique et Infini. Dialogues avec Philippe Nemo, Paris, 1982; L'au-delà du<br />
verset. Lectures et <strong>di</strong>scours talmu<strong>di</strong>ques, Paris, 1982; Trascendence et intellegibilité,<br />
Genève, 1984; Hors Sujet, Montpellier, 1987; A l'heure de nations, Paris, 1988; De<br />
l'oblitération, Paris, 1990; Entre nous. Essais sur le penser-à-l'autre, Paris, 1991; Dieu, la<br />
Mort et le Temps, Paris, 1993; Liberté et commandement, Paris, 1994; Les imprévus de<br />
l'histoire, Paris, 1994.<br />
Bibliografia essenziale<br />
Per un'introduzione al pensiero <strong>di</strong> Lévinas:<br />
● G. Ferretti, La filosofia <strong>di</strong> Lévinas. Alterità e trascendenza, Torino, Rosenberg &<br />
Sellier, 1996<br />
● F. P. Ciglia, Un passo fuori dall'uomo. La genesi del pensiero <strong>di</strong> Lévinas, Padova,<br />
Cedam, 1988<br />
● S. Petrosino, La verità nomade. Introduzione a Emmanuel Lévinas, Milano, Jaca<br />
Book, 1980<br />
● C. Davis, Lévinas: An Introduction, Notre Dame, In<strong>di</strong>ana, University of Notre Dame<br />
Press, 1996<br />
● S. Strassr, Jenseits von Sein end Zeit. Eine Einführung in E. Levinas' Philosophie, Den<br />
Haag, Nijhoff, 1978<br />
Su Lévinas e il Talmud:<br />
● A. Chiappini, Amare la Torah più <strong>di</strong> Dio. Emmanuel Lévinas lettore del Talmud,<br />
Firenze, Giuntina, 2000<br />
● P. Cabri, La lettura infinita. Interpretazioni talmu<strong>di</strong>che <strong>di</strong> E. Lévinas, Roma, Garamond,<br />
1993<br />
● P. Simon-Nahum, Une "herméneutique de la parole"; Emmanuel Lévinas et les<br />
Colloques des intellectuels juifs, Pardes 26 (1999), pp. 181-194<br />
● I. F. Stone, Rea<strong>di</strong>ng Levinas, Rea<strong>di</strong>ng Talmud: An Introduction, Philadelphia, Jewish<br />
Publication Society, 1998<br />
Per un'introduzione alla conoscenza del Talmud:<br />
● G. Stemberger, Il Talmud. Introduzione, testi, commenti, Bologna, Dehoniane, 1989<br />
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Emmanuel Levinas, Nell'ora delle nazioni<br />
Links<br />
● S. J. Sierra, La lettura ebraica delle scritture, Bologna, Dehoniane, 1995<br />
● Welcome To The Emmanuel Levinas, curato da Peter Atterton. Un sito completo per la<br />
conoscenza <strong>di</strong> Lévinas; contiene esaustive in<strong>di</strong>cazioni bibliografiche e saggi<br />
d'approfon<strong>di</strong>mento<br />
● Emmanuel Levinas Page by Gen Nakayama, oltre alle pagine de<strong>di</strong>cate al filosofo,<br />
<strong>degli</strong> interessanti link sull'ebraismo e la Shoah<br />
● Il Volto dell'Altro, intervista a Lévinas<br />
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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Francesco, Tampoia, Il filosofo <strong>di</strong>mezzato<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Tampoia, Francesco, Il filosofo <strong>di</strong>mezzato<br />
Roma, Armando, 2000, pp. 208, Lit. 30.000, ISBN 88-8358-064-8<br />
Presentazione <strong>di</strong> Francesco Tampoia - 4/2/<strong>2001</strong><br />
In<strong>di</strong>ce - L'autore<br />
Lo scopo del ribro consiste nel tracciare un panorama delle idee filosofiche nel tempo con lo<br />
strumento della narrazione da offrire soprattutto ai giovani, <strong>di</strong> presentare, in pochi e brevi<br />
capitoli, una personale e critica valutazione sull’attuale statuto della <strong>di</strong>sciplina,<br />
raccontandone le tappe significative, gli episo<strong>di</strong> più noti ma anche meno noti, insinuando, <strong>di</strong><br />
volta in volta, l'alterazione paradossale, seria e/o semiseria, abbassando con spunti<br />
improvvisi, a volte biografici, il tono e l'atmosfera.<br />
Il prologo, del genere della fiction, giocato su un incontro immaginario tra due intellettuali in<br />
uno <strong>degli</strong> ultimi giorni del Secondo Millennio, ha la funzione <strong>di</strong> delineare per un verso la<br />
personalità dell’io narrante, <strong>di</strong> configurare per l’altro più coerentemente l’insieme, il contesto<br />
in cui ha luogo il raccontare e l’argomentare, i <strong>di</strong>versi scenari, le interpretazioni, i testi. Non<br />
un espe<strong>di</strong>ente tecnico-tattico o la cornice ai capitoli o lezioni, bensì il mezzo e il metodo per<br />
rendere manifesti gli orientamenti e le convinzioni <strong>di</strong> fondo, anche esistenziali e umane, <strong>di</strong><br />
un immaginario intellettuale <strong>di</strong> oggi.<br />
L'opera, poi, con l'ausilio <strong>di</strong> accessibili stu<strong>di</strong> su Platone, S. Agostino e S. Anselmo, Cartesio,<br />
Kant, Hegel, Nietzsche, Heidegger, Popper e i filosofi della scienza, Rorty, raffigura<br />
personaggi come in una ideale scuola d’Atene, uniti in cenacolo, intenti a conversare tra <strong>di</strong><br />
loro, ad affermare, a negare, a domandare, a rispondere sotto la regia dell’immaginario<br />
filosofo neoscettico Enesidemo da Crotone.<br />
Lo scettico che parla, conoscitore della storia della filosofia, adottando scambievolmente<br />
tonalità seriose e umoristiche, battute e riflessioni, riesce a sollevarsi oltre le incrostazioni<br />
manualistiche, consunte o usurate, <strong>di</strong> tanta produzione scolastica. Con una lettura furbesca,<br />
ma pur sempre rispettosa dei testi, svelando lati umani e esistenziali dei filosofi come per<br />
metterli su una scena, theatrum phifilosophicum, per <strong>di</strong>rla con Foucault "teatro <strong>di</strong> mimi dalle<br />
scene molteplici, fuggevoli e istantanee", va a scoprire un senso recon<strong>di</strong>to della filosofia, in<br />
chiave attuale, contemporanea, probabilmente più confacente agli uomini del Terzo<br />
millennio.<br />
Abbiamo così Platone che nel Gorgia presenta Socrate come fosse in <strong>di</strong>fficoltà.<br />
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Francesco, Tampoia, Il filosofo <strong>di</strong>mezzato<br />
"Ciò che più dà alla testa a Socrate e lo molesta, quasi lo fa imbestialire è, tuttavia, il fatto<br />
che si voglia attribuire alla retorica, tecnica ambigua anche se seducente, il primato che<br />
spetta alla filosofia.<br />
In precedenza Callicle ha detto che se è vero che la filosofia impone rispetto, il rispetto del<br />
logos, e per questo fa provare <strong>di</strong>sagio, fa arrossire, mette in crisi <strong>di</strong> fronte alle contrad<strong>di</strong>zioni,<br />
fa anche sentire perennemente in bilico fra sapere e non sapere. Semmai può essere adatta<br />
ai giovani. Un adulto incerto, in sospensione tra sapere e non sapere non è un vero uomo,<br />
non è maturo perché non ha coraggio, anzi è malato e decrepito. <br />
(Gorg. 481c-d)" (pp. 32-33).<br />
E ancora Callicle che bolla colui che de<strong>di</strong>ca un’intera vita alla filosofia perché non potrà<br />
conoscere veramente gli uomini (ivi<br />
485c). Resta, insomma, perennemente bambino e merita anch’egli la frusta. La pratica<br />
filosofica è contro natura perché incatena e chiude nella "caverna del logos", è contro<br />
l’or<strong>di</strong>ne naturale delle cose. Callicle, come <strong>di</strong>rà Nietzsche, è un uomo reale, in carne e ossa,<br />
un uomo che ama l’azione e vuole mantenersi con i pie<strong>di</strong> sulla terra.<br />
Siamo <strong>di</strong> fronte a una scena paradossale perché stentiamo a capire chi dei due, Callicle o<br />
Socrate, è il sapiente. Al riso della servetta trace, per la caduta del filosofo Talete nel pozzo,<br />
si unisce ora l’ironia <strong>di</strong> Callicle, il quale vuol dare, con le sue ultime battute, un’altra<br />
definizione della > (p. 33).<br />
Abbiamo l'ultimo Platone che, insod<strong>di</strong>sfatto, si muove all’affannosa ricerca <strong>di</strong> sfuggenti<br />
verità, che gli sembra ritrovare in principi o metaidee (<strong>di</strong>ade, limite/illimite, mescolanza/causa<br />
della mescolanza), ravvisabili in quelle numerose coppie: identità/<strong>di</strong>fferenza,<br />
somiglianza/<strong>di</strong>ssimiglianza, quiete/movimento, pari/<strong>di</strong>spari, principi matematici e filosofici<br />
insieme che <strong>di</strong>mostrano come la rottura dell’essere parmenideo, annunciata e compiuta nel<br />
Sofista, è definitiva.<br />
La vera conoscenza consiste, dunque, nel saper unificare la molteplicità in una visione<br />
sinottica che non è solo unificazione <strong>di</strong> sensibilia nell’ambito <strong>di</strong> un’idea, bensì anche<br />
unificazione <strong>di</strong> più idee, <strong>di</strong> rapporti, <strong>di</strong> connessione e <strong>di</strong> esclusione.<br />
E il vero filosofo per Platone "è colui che, consapevole dell’aporeticità della filosofia, della<br />
stessa definizione, cercata un po’ ingenuamente nei primi <strong>di</strong>aloghi, segue un particolare filo<br />
<strong>di</strong> Arianna spostandosi dalla <strong>di</strong>visione elementarizzante alla comunanza dei generi,<br />
koinonìa, per mezzo <strong>di</strong> una me<strong>di</strong>azione, un principio che operi la imitazione, assicuri la<br />
partecipazione, metta in atto la presenza e fon<strong>di</strong> la comunanza" (pp. 50-51).<br />
S. Anselmo che non riesce a liberarsi del testardo, cocciuto Gaunilone.<br />
Il suo argomento, breve, semplice, unico per l’accesso alla <strong>di</strong>vinità non convince Gaunilone,<br />
non convince nemmeno S. Tommaso che appoggiandosi a schemi neoplatonici preferisce<br />
parlare <strong>di</strong> un exodus da Dio <strong>di</strong> tutto l’universo, compreso l’uomo, e <strong>di</strong> un re<strong>di</strong>tus, un ritorno a<br />
Dio. Egli <strong>di</strong>ce:
Francesco, Tampoia, Il filosofo <strong>di</strong>mezzato<br />
riuscendo essa a raggiungere il proprio fine, è stata offerta all’uomo una via per potersi<br />
elevare alla conoscenza <strong>di</strong> Dio; cosicché mentre tutte le perfezioni delle cose <strong>di</strong>scendono<br />
or<strong>di</strong>natamente da Dio, vertice supremo della realtà, l’uomo, cominciando dalle cose inferiori<br />
e salendo gradatamente, può progre<strong>di</strong>re nella conoscenza <strong>di</strong> Dio; poiché anche nel moto<br />
<strong>degli</strong> esseri corporei la via per cui si <strong>di</strong>scende è identica a quella che sale, a prescindere dai<br />
rapporti con i rispettivi punti <strong>di</strong> partenza e <strong>di</strong> arrivo>> (S. Tommaso, Summa Contra Gentiles,<br />
IV,1).<br />
Cartesio che ruota come una trottola intorno al cogito sin quasi a perdere l’equilibrio.<br />
Nella seconda Me<strong>di</strong>tazione Cartesio esor<strong>di</strong>sce presentando lo stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio, <strong>di</strong> estrema<br />
debolezza, <strong>di</strong> insicurezza in cui lo ha lasciato il dubbio meto<strong>di</strong>co, si sente come un naufrago<br />
scivolato in uno stagno profon<strong>di</strong>ssimo, abissale, buio ove non è possibile poggiare i pie<strong>di</strong> o<br />
nuotare agitando le braccia. O come chi, fermo sull’orlo <strong>di</strong> un precipizio o su una ca<strong>di</strong>toia <strong>di</strong><br />
una torre, affacciato verso il vuoto prova delle vertigini, soffre l’horror vacui.<br />
Archimede per dare all’universo un solido fondamento fisico chiedeva soltanto un punto<br />
fisso, l’ancoraggio <strong>di</strong> tutta la ricerca a un primum immobile, Cartesio allo stesso modo<br />
vagola, irretito dal dubbio, cercando un qualcosa, un quid su cui appoggiarsi.<br />
Come in soliloquio, parlando con se stesso si <strong>di</strong>ce: se tutto è falso, se ciò che vedo e<br />
immagino sono chimere forse ho una certezza, quella per cui non vi è nulla <strong>di</strong> sicuro al<br />
mondo, posso estendere su tutto la negatività. Ma nemmeno questo posso fare perché nel<br />
momento in cui nego affermo, e poi potrebbe esserci qualcosa che io non conosco, vera o<br />
falsa che sia. Mentre nel capo si alternano il sì e il no, l’ "affirmo" e "nego", e sono ancora<br />
sotto l’influenza del genio maligno ho una reazione. Non voglio cedere al ricatto del dubbio,<br />
penso: mi inganni fin che vorrà, egli non potrà mai fare che io sia nulla, fino a che penserò <strong>di</strong><br />
essere qualche cosa.<br />
Kant che verso la fine della Critica della Ragion Pura <strong>di</strong>chiara:<br />
(Critica della Ragion Pura, trad. it. Roma-<strong>Bari</strong>, Laterza, 1981, secondo tomo, p.<br />
547). Quasi a voler sbaraccare tutto mentre all’inizio aveva pensato, sia pure all’ombra <strong>di</strong> un<br />
venato scetticismo, <strong>di</strong> rafforzare la ragione con la critica.<br />
Nietzsche che da grande ironico cerca <strong>di</strong> scrollarsi <strong>di</strong> dosso più <strong>di</strong> duemila anni <strong>di</strong> pensiero<br />
europeo, Popper, Wittgenstein che ri<strong>di</strong>mensiona l’epistemologia novecentesca fino a<br />
tradurla in quoti<strong>di</strong>ana prassi "Il filosofo deve sentirsi in una situazione paradossale, come<br />
quella vecchia signora che perde continuamente questa o quest'altra cosa, e deve sempre<br />
cercarla <strong>di</strong> nuovo: una volta gli occhiali, un'altra volta un mazzo <strong>di</strong> chiavi" (L. Wittgenstein,<br />
Della Certezza, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1978, par. 532).<br />
Per finire con Rorty che muovendo gli ultimi decisivi passi per la conclusione <strong>di</strong> un ciclo della<br />
storia dell’Occidente scrive che il filosofo del nostro tempo, il conversatore deve essere un<br />
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Francesco, Tampoia, Il filosofo <strong>di</strong>mezzato<br />
intellettuale ironico.<br />
(R. Rorty, La filosofia dopo la filosofia. Contingenza, ironia e<br />
solidarietà, introduzione <strong>di</strong> A.G. Gargani, Roma <strong>Bari</strong>, Laterza, 1989, pp. 89-90).<br />
Evidentemente per il primo punto l’intellettuale adotta un noto atteggiamento scettico, dubita<br />
sul valore veritativo e conoscitivo del linguaggio e dei vocabolari, tramandati nel tempo; per il<br />
secondo punto è convinto della debolezza argomentativa del suo attuale vocabolario che<br />
offre semmai dei valori probabili; per il terzo, infine, mette in <strong>di</strong>scussione l'ipotesi del<br />
rispecchiamento tra realtà e pensiero sia per sé che per gli altri.<br />
Questo intellettuale, insomma, è un uomo che non prende sul serio se stesso, sa <strong>di</strong> non<br />
sapere e <strong>di</strong> sapere, è convinto che le parole con cui si autodescrive o descrive il mondo<br />
sono destinate a cambiare, che le parole si <strong>di</strong>cono in contesti provvisori e scivolano<br />
seguendo la legge del panta rei. È un intellettuale che non prende sul serio se stesso, né gli<br />
altri, e tuttavia <strong>di</strong> questi accetta democraticamente la conversazione in uno spirito <strong>di</strong><br />
tolleranza.<br />
L’intellettuale ironico è la personificazione dell’ironia. Ma quale ironia? Quella <strong>di</strong> Rorty non è<br />
l’ironia socratica o platonica, ironia strategica, strumentale a un progetto universale,<br />
momento <strong>di</strong> preambolo critico e confutatorio, <strong>di</strong> purificazione dagli errori, cui segue il<br />
momento propositivo. L’ironia socratica dei Dialoghi platonici, a meno che non si ritenga sia<br />
rivolta allo stesso Socrate e cioè non sia ironia dell’ironia, autoironia e qualche volta si ha<br />
questa impressione, vuole essere meto<strong>di</strong>ca, sembra che non debba portare a risultati certi e<br />
invece approda a traguar<strong>di</strong> stabiliti, si esprime con tratti <strong>di</strong>scorsivi, con un’ansia, uno spirito<br />
fondazionale e illuministico serio e drammatico, che mancano all’ironico rortiano, intellettuale<br />
ironico senza metodo.<br />
In<strong>di</strong>ce<br />
Prologo. Cap. I Platone. Cap. II Tra fede e intelletto. Cap. III Me<strong>di</strong>tazioni cartesiane. Cap. IV<br />
La sintesi dell’io penso <strong>di</strong> Kant. Cap. V Aenesidemus. Cap. VI Il filosofare <strong>di</strong> Hegel. Cap. VII<br />
Lo scriba del caos. Cap. VIII I sentieri interrotti <strong>di</strong> Heidegger. Cap. IX Un villaggio <strong>di</strong> palafitte.<br />
Cap. X I tropi <strong>di</strong> Rorty. Epilogo<br />
L'autore<br />
Francesco Tampoia è laureato in Filosofia con una tesi sul pensiero <strong>di</strong> Hume presso<br />
l'<strong>Università</strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong>; ha seguito corsi <strong>di</strong> perfezionamento a Londra, corsi e convegni a Roma e<br />
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Francesco, Tampoia, Il filosofo <strong>di</strong>mezzato<br />
Brescia. Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> filosofia e Storia nei Licei, ha pubblicato i saggi L'algoritmo scambiato<br />
(Firenze 1988), Socrate non è Elisa, però… (Firenze 1994). Si interessa <strong>di</strong> filosofia della<br />
scienza, <strong>di</strong> ermeneutica, <strong>di</strong> filosofia della tecnologia informatica. Nel Luglio 2000 ha<br />
pubblicato presso Armando E<strong>di</strong>tore Il filosofo <strong>di</strong>mezzato. Breve nota bio-bibliografica<br />
sull'autore<br />
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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De Zan, I Mon<strong>di</strong> <strong>di</strong> carta <strong>di</strong> Giovanni Vailati<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Mauro De Zan (a cura <strong>di</strong>), I "Mon<strong>di</strong> <strong>di</strong> Carta" <strong>di</strong> Giovanni Vailati.<br />
Milano, Franco Angeli, 2000, pp. 288.<br />
Recensione <strong>di</strong> Angelo Marocco - 4/2/<strong>2001</strong><br />
In<strong>di</strong>ce - L'autore - Links<br />
Nel panorama della cultura filosofica italiana la figura <strong>di</strong> Giovanni Vailati (1863-1909)<br />
rappresenta, come ha autorevolmente scritto Eugenio Garin, uno "strano caso". In Vailati si<br />
riconosce infatti un pensatore atipico, anomalo, non legato a una scuola particolare e<br />
irriducibile a qualunque etichetta. Oltretutto, non fu un filosofo professionale, non fece parte<br />
dell’ambiente universitario; anzi, ben presto si trovò in contrasto con gli orientamenti culturali<br />
del tempo. Ciononostante, da più parti si sottolinea come la sua opera sia esempio <strong>di</strong> onestà<br />
intellettuale, un’opera ancora viva e attuale per ricchezza <strong>di</strong> insegnamenti e spunti teoretici.<br />
Una rivisitazione critica del patrimonio ideale del filosofo e matematico cremasco è oggi<br />
offerto dall’interessante volume I "Mon<strong>di</strong> <strong>di</strong> Carta" <strong>di</strong> Giovanni Vailati (Franco Angeli, Milano<br />
2000), la cui organizzazione e<strong>di</strong>toriale è stata curata con attenzione e competenza da Mauro<br />
De Zan, responsabile del "Centro <strong>Stu<strong>di</strong></strong> Giovanni Vailati". Il libro raccoglie i vari contributi<br />
presentati alle due giornate <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o che si sono tenute a Crema in occasione del<br />
novantesimo anniversario della morte del pensatore (26-27 marzo 1999).<br />
Il volume si apre con il saggio <strong>di</strong> Massimo Ferrari (Giovanni Vailati e l’epistemologia europea<br />
del primo Novecento, p. 14-30), secondo il quale per una interpretazione complessiva<br />
dell’opera <strong>di</strong> Vailati sono rintracciabili molti accessi. Pur nella pluralità <strong>di</strong> prospettive, l’autore<br />
però coglie il centro portante dell’insegnamento vailatiano in quella nuova attitu<strong>di</strong>ne ad<br />
affrontare la portata filosofica dell’impegno scientifico non più come frutto <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong><br />
automatismo intellettuale. "E chi oggi - scrive Ferrari - legga le pagine <strong>di</strong> Vailati de<strong>di</strong>cate ad<br />
autori come Mach o Duhem si deve chiedere se la luci<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> certi giu<strong>di</strong>zi, la tempestività <strong>di</strong><br />
certe letture e la prontezza con cui venivano varcati i limiti inequivocabile della sua statura <strong>di</strong><br />
stu<strong>di</strong>oso, celino anche un limite e un problema irrisolto" (p. 30). In particolare, emerge dal<br />
confronto con l’epistemologia europea il limite <strong>di</strong> un’interpretazione strumentalista che lascia<br />
in ombra la riflessione incentrata sulle scienze fisiche, essenziale invece per autori come<br />
Mach. In questo però Vailati finisce <strong>di</strong> fatto per dare dei propri interlocutori un’immagine <strong>di</strong><br />
parte. Soprattutto perviene a una visione strumentalista del sapere scientifico che sembra<br />
preludere a una sua riduzione a puro schematismo economico che molto avvicina la teorica<br />
<strong>degli</strong> "pseudoconcetti" <strong>di</strong> crociana memoria. In questo, sottolinea Ferrari, il pensatore<br />
cremasco pare avere semplificato la ricchezza dell’elaborazione epistemologica con la quale<br />
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De Zan, I Mon<strong>di</strong> <strong>di</strong> carta <strong>di</strong> Giovanni Vailati<br />
egli pur tentava <strong>di</strong> condurre un confronto serrato.<br />
A conclusioni simili perviene il saggio <strong>di</strong> Giorgio Lanaro (Per una rilettura del rapporto tra<br />
Vailati e la filosofia italiana, pp. 31-36), che mette in luce come a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> quasi un secolo<br />
sia forse oggi possibile iniziare a tracciare un bilancio equilibrato dell’insegnamento<br />
vailatiano. Secondo Lanaro, anche se non devono essere attenuati né ignorati i limiti della<br />
sua opera, tuttavia "le luci sovrastano le ombre"; così, "se non rappresenta certo la più alta o<br />
compiuta esperienza filosofica del Novecento italiano, ne è senz’altro una delle più originali"<br />
(p. 36). Del resto, Vailati non fu ignorato o trascurato dai suoi contemporanei, anche alla<br />
luce della sua straor<strong>di</strong>naria capacità <strong>di</strong> simpatizzare e <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre esperienze intellettuali<br />
senza pregiu<strong>di</strong>zi. Non per questo però, conclude Lanaro, non è del tutto azzardato parlare<br />
oggi del pensatore cremasco in termini <strong>di</strong> "solitu<strong>di</strong>ne intellettuale".<br />
Attraverso l’analisi delle testimonianze e dei contributi pubblicati negli anni imme<strong>di</strong>atamente<br />
successivi alla morte dai suoi contemporanei, Mauro De Zan (Vailati letto dai<br />
contemporanei, pp. 37-49), offre un’articolata riflessione sui motivi del precoce oblio nel<br />
quale cade il filosofo cremasco. La più evidente caratteristica che colpisce <strong>di</strong> queste<br />
testimonianze è per l’autore l’intensa partecipazione, oltre alla capacità <strong>di</strong> presentare in<br />
modo estremamente corretto la figura <strong>di</strong> Vailati. Secondo De Zan, a "oscurare" il nostro<br />
pensatore fu piuttosto un evidente mutamento <strong>di</strong> clima coincidente con la fine dell’età <strong>di</strong><br />
Giolitti che porta a "una generalizzata <strong>di</strong>strazione <strong>degli</strong> intellettuali italiani", nel senso che<br />
essi non si <strong>di</strong>mostrano ancora "in grado <strong>di</strong> comprendere come l’uso della ragione criticoanalitica,<br />
il rispetto delle posizioni altrui e l’interesse, la passione, per le vicende e le<br />
ideologie politiche non siano necessariamente inconciliabili" (p. 49).<br />
Uno dei fronti particolarmente interessanti della riflessione <strong>di</strong> Vailati è costituito<br />
dall’attenzione de<strong>di</strong>cata alla teorie psico-gnoseologiche. Significativo da questo punto <strong>di</strong><br />
vista è l’incontro con Franz Brentano, <strong>di</strong> cui ci rimane un intenso carteggio, testimonianza<br />
della vicinanza intellettuale tra i due stu<strong>di</strong>osi. Si tratta <strong>di</strong> un aspetto affrontato dal saggio <strong>di</strong><br />
Antonio Santucci (Giovanni Vailati e la psicologia, pp. 50-70), che dalla sua puntuale analisi<br />
osserva come "gli interessi <strong>di</strong> Vailati per la psicologia sporgessero dal suo ambito<br />
<strong>di</strong>sciplinare, o meglio si soffermassero in prevalenza sui suoi rapporti con le dottrine della<br />
conoscenza" (p. 59).<br />
Sempre nell’ambito <strong>di</strong> una considerazione sull’interesse <strong>di</strong> Vailati per la psicologia si<br />
inquadra il contributo <strong>di</strong> Franco Bal<strong>di</strong>ni (Vailati-Freud: un incontro mancato, pp. 71-87).<br />
L’autore in particolare istituisce un interessante confronto tra Vailati e Freud, mettendo in<br />
evidenza gli elementi comuni che informano le loro prospettive <strong>di</strong> ricerca. Se allora i due non<br />
si incontrarono, nonostante le molte affinità <strong>di</strong> pensiero, ciò si spiega per Bal<strong>di</strong>ni "quasi<br />
esclusivamente per una fatalità della vita" (p. 85). Ma soprattutto la vicenda <strong>di</strong> Vailati<br />
conferma ancor più come "il razionalismo italiano avrebbe avuto i mezzi e i motivi per<br />
operare nel senso <strong>di</strong> un proprio necessario rinnovamento. Ma la storia seguente <strong>di</strong>mostra<br />
che esso […] ha fallito nel suo compito" (p. 87). In questo senso, conclude l’autore, la<br />
lezione <strong>di</strong> Vailati oggi "è ancora integralmente, luminosamente, davanti a noi" (p. 87).<br />
Un altro fondamentale aspetto interessante del pensiero <strong>di</strong> Vailati è rappresentato dalla sua<br />
collaborazione alle ricerche <strong>di</strong> logica-matematica condotte dal gruppo <strong>di</strong> Peano con <strong>di</strong>verse<br />
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De Zan, I Mon<strong>di</strong> <strong>di</strong> carta <strong>di</strong> Giovanni Vailati<br />
pubblicazioni nella Rivista <strong>di</strong> Matematica. Per Silvio Bozzi (Vailati e la logica, pp. 88-111),<br />
"Vailati è stato protagonista <strong>di</strong> un momento unico nella storia della Logica in Italia", ovvero<br />
gli anni dell’affermarsi della scuola <strong>di</strong> Peano (p. 88). Il nostro pensatore comprese, tra i<br />
primi, l’importanza delle concezioni <strong>di</strong> Ch.S. Peirce, la cui impostazione logica fu da lui<br />
giu<strong>di</strong>cata il punto <strong>di</strong> riferimento più rigoroso per la fondazione del pragmatismo.<br />
Il contributo <strong>di</strong> Lara Piersanti (Vailati e Russell, pp. 112-130) si pone in linea <strong>di</strong> continuità<br />
con il precedente, cercando in particolare <strong>di</strong> puntualizzare l’interesse <strong>di</strong> Vailati per la logica<br />
simbolica. Indubbiamente, come sostenuto da Geymonat, Vailati non può essere<br />
considerato un vero e proprio logico. Comunque sia, l’autrice mette in risalto le significative<br />
conoscenze <strong>di</strong> Vailati sulle ricerche <strong>di</strong> Frege e <strong>di</strong> Russell, anche se queste non si<br />
tradurranno mai in un concreto programma <strong>di</strong> ricerca (p. 112). Infatti, scrive la Piersanti, "pur<br />
proponendo assiomatizzazioni per l’aritmetica e la geometria, pur stu<strong>di</strong>ando le nozioni<br />
primitive, pur utilizzando la logica simbolica per scoprire i punti deboli nelle <strong>di</strong>mostrazioni, il<br />
filosofo cremasco rimane all’interno <strong>di</strong> una prospettiva contenutistica della matematica" (p.<br />
130).<br />
Con Il fondamento linguistico della scienza in Vailati (pp. 131-140) Francesco Aqueci<br />
analizza particolareggiatamente il tema del valore del linguaggio. Secondo Aqueci, la<br />
suggestione importante dell’insegnamento <strong>di</strong> Vailati è che la psicologia comprende non<br />
soltanto la filologia comparata e la semantica, ma anche la psicologia genetica, necessaria<br />
alla storia della scienza (p. 140). E, in ogni caso, la filologia comparata si pone all’interno <strong>di</strong><br />
quel tentativo <strong>di</strong> concezione sintetica del mondo e della vita, che purtroppo il nostro<br />
pensatore mai riuscì a elaborare compiutamente.<br />
Da quello che siamo venuti <strong>di</strong>cendo si comprende come Vailati fosse poco interessato alle<br />
categorie, quanto piuttosto a problemi precisi, come quelli riguardanti l’economia, le idealità<br />
morali e la <strong>di</strong>dattica. Come ha scritto Garin, "il senso del concreto fu forse il suo limite, fu<br />
certo la sua forza" (E. Garin, Intellettuali italiani del XX secolo, 1974, p. 92). A testimoniare<br />
l’ampio spettro <strong>di</strong> interessi <strong>di</strong> Vailati si considerino le sue riflessioni intorno all’economia, un<br />
aspetto preso in considerazione nel contributo <strong>di</strong> Luigino Bruni (Vailati e l’economia, pp. 141-<br />
156). Diciamo subito che Vailati non fu un economista <strong>di</strong> professione, ebbe però una<br />
profonda conoscenza della storia e della teoria economica. A sostegno <strong>di</strong> questa<br />
osservazione basti pensare, ad esempio, ai suoi <strong>di</strong>aloghi epistolari con alcuni principali<br />
economisti contemporanei, da Einau<strong>di</strong> a Cabiati, da Sella a Jannaccone, da Cognetti de<br />
Martiis a Pareto. Secondo Bruni, particolarmente illuminante nel rivelare una chiave <strong>di</strong> lettura<br />
della filosofia economica vailatiana, la quale forse non ha avuto il riconoscimento che<br />
avrebbe meritato, risulta il <strong>di</strong>alogo <strong>di</strong> Vailati con Pareto. In questo senso, anche in ambito <strong>di</strong><br />
scienza economica si potrebbe parlare <strong>di</strong> "sfortuna" <strong>di</strong> Vailati (p. 155). Ulteriore conferma<br />
dell’importanza attribuita dal filosofo cremasco all’economia è dato dal convincimento - come<br />
scrive Mario Quaranta nel suo contributo (L’alternativa al marxismo <strong>di</strong> Giovanni Vailati, pp.<br />
157-191) - che "l’economia assolve ai compiti <strong>di</strong> quella ‘teoria del sociale’ cui guardava<br />
Vailati come l’unica in grado <strong>di</strong> soppiantare il marxismo e <strong>di</strong> spiegare in termine razionali e<br />
esaurienti tutti i fenomeni sociali" (pp. 190-191).<br />
Proseguendo nella rassegna dei temi della riflessione vailatiana, il saggio <strong>di</strong> Maria Paola<br />
Negri (La storia delle scienze delle ricerche <strong>di</strong> Giovanni Vailati, pp. 192-222) ricostruisce le<br />
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De Zan, I Mon<strong>di</strong> <strong>di</strong> carta <strong>di</strong> Giovanni Vailati<br />
coor<strong>di</strong>nate storico-epistemologiche che hanno guidato le indagini <strong>di</strong> Vailati sulla storia del<br />
pensiero scientifico. Ciò che importa notare è il fatto che il nostro pensatore si è avvicinato al<br />
fenomeno scienza con un approccio che oggi definiremmo olistico. Questo, nota l’autrice,<br />
conferma il rilievo che Vailati assegnava alla riflessione epistemologica, cogliendo il ruolo<br />
che l’epistemologia avrebbe assunto nel Novecento. "La linea <strong>di</strong> continuità - scrive la Negri -<br />
che dal cremasco porta ai contemporanei passa attraverso la consonanza <strong>di</strong> idee che da<br />
Peano, a Bertrand Russell, giunge sino al razionalismo critico <strong>di</strong> Karl Popper" (pp. 219-220).<br />
Un’ultima considerazione si deve fare a proposito della riflessione pedagogica <strong>di</strong> Vailati. A<br />
chiarire il tema ritroviamo il contributo <strong>di</strong> Fabio Minazzi (Vailati e la scuola italiana, pp. 223-<br />
251), che osserva come "è inutile negare come, alla luce <strong>di</strong> queste molteplici esigenze, le<br />
proposte <strong>di</strong> Vailati e le sue critiche ai mali tra<strong>di</strong>zionali della scuola italiana, finiscano per<br />
assumere, ancora oggi, un loro rilievo e un’attualità indubbia" (p. 251). Continuando allora su<br />
questa linea, troviamo il saggio <strong>di</strong> Marina Dalé (Giovanni Vailati e la <strong>di</strong>dattica della<br />
matematica, pp. 252-280), che, analizzando il particolare aspetto dell’insegnamento della<br />
matematica, ha evidenziato come gli esiti cui perviene la riflessione <strong>di</strong> Vailati presentano<br />
elementi ancora attuali. Resta però il fatto che nella con<strong>di</strong>zione attuale <strong>di</strong> estrema flui<strong>di</strong>tà<br />
nella quale vive il sistema scolastico italiano, "questo genera amarezza perché significa che<br />
la scuola italiana è piuttosto immobile" (p. 280).<br />
Completa il volume il contributo <strong>di</strong> Lucia Ronchetti (Il rior<strong>di</strong>no del fondo Giovanni Vailati, pp.<br />
281-285) che traccia una ricognizione complessiva sul lavoro <strong>di</strong> rior<strong>di</strong>no svolto a partire dal<br />
1997 sul fondo <strong>di</strong> Giovanni Vailati conservato nella Biblioteca del Dipartimento <strong>di</strong> Filosofia<br />
dell’<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> Milano.<br />
Dopo quanto si è detto, mi pare che merito della presente e<strong>di</strong>zione sia quello <strong>di</strong> analizzare<br />
l’opera e il pensiero vailatiano sotto molteplici angolature e punti <strong>di</strong> vista, mettendo in luce la<br />
sua attualità anche ai nostri giorni. In fondo, i problemi che Vailati pone sono ancora attuali e<br />
queste sue pagine offrono ancora motivi <strong>di</strong> riflessione. Nel complesso, se l’andamento delle<br />
relazioni evidenzia, come scrive De Zan, "la passione e quasi la partigianeria per Vailati", tali<br />
contributi - frutto comunque <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>te letture dei testi vailatiani, oltreché sorrette da<br />
solide conoscenze storiche e specialistiche - tuttavia devono essere interpretati<br />
positivamente, proprio perché "rivelano quanto ancora oggi ci siano <strong>di</strong> stimolo il suo pensiero<br />
e il suo impegno intellettuale e civile" (p. 11).<br />
In<strong>di</strong>ce<br />
Presentazione <strong>di</strong> Gian Carlo Corada; Introduzione <strong>di</strong> Mauro De Zan; 1. Massimo Ferrari,<br />
Giovanni Vailati e l’epistemologia europea del primo Novecento; 2. Giorgio Lanaro, Per una<br />
rilettura del rapporto tra Vailati e la filosofia italiana; 3. Mauro De Zan, Vailati letto dai<br />
contemporanei; 4. Antonio Santucci, Giovanni Vailati e la psicologia; 5. Franco Bal<strong>di</strong>ni,<br />
Vailati-Freud: un incontro mancato; 6. Silvio Bozzi, Vailati e la logica; 7. Lara Piersanti,<br />
Vailati e Russell; 8. Francesco Aqueci, Il fondamento linguistico della scienza in Vailati; 9.<br />
Luigino Bruni, Vailati e l’economia; 10. Mario Quaranta, L’alternativa al marxismo <strong>di</strong><br />
Giovanni Vailati; 11. Maria Paola Negri, La storia delle scienze delle ricerche <strong>di</strong> Giovanni<br />
Vailati; 12. Fabio Minazzi, Vailati e la scuola italiana; 13. Marina Dalé, Giovanni Vailati e la<br />
<strong>di</strong>dattica della matematica; 14. Lucia Ronchetti, Il rior<strong>di</strong>no del fondo Giovanni Vailati.<br />
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De Zan, I Mon<strong>di</strong> <strong>di</strong> carta <strong>di</strong> Giovanni Vailati<br />
Autore<br />
Mauro De Zan insegna filosofia e storia nei licei. Collabora a "Società e Storia", "Rivista <strong>di</strong><br />
Storia della Filosofia", "Bioetica" e "Il Voltaire". È responsabile del Centro <strong>Stu<strong>di</strong></strong> Giovanni<br />
Vailati e ha curato alcune iniziative e<strong>di</strong>toriali de<strong>di</strong>cate al filosofo lombardo.<br />
Links<br />
● Centro <strong>Stu<strong>di</strong></strong> Giovanni Vailati:<br />
http://weblab.crema.unimi.it/vailati/<br />
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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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Luciano Canfora, Un mestiere pericoloso<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Filosofiche<br />
Canfora, Luciano, Un mestiere pericoloso - La vita quoti<strong>di</strong>ana dei<br />
filosofi greci<br />
Palermo, Sellerio, (La memoria), 2000, pp. 234, Lit. 18.000, ISBN 88-389-<br />
1582-2<br />
Recensione <strong>di</strong> Francesco Tampoia - 03/02/<strong>2001</strong><br />
In<strong>di</strong>ce - L'autore<br />
Se M. Detienne ha scritto un piacevole e dotto libro sulla vita quoti<strong>di</strong>ana <strong>degli</strong> dei greci (G.<br />
Sissa - M. Detienne, La vita quoti<strong>di</strong>ana <strong>degli</strong> dei greci, Laterza 1989), Luciano Canfora, noto<br />
filologo, antichista, esperto <strong>di</strong> storia greca, ha voluto narrarci, in questo libro, la vita<br />
quoti<strong>di</strong>ana dei filosofi greci, le loro vite pericolose a causa del loro mestiere, presentando sei<br />
agili quadri storici, esaurientemente documentati, trattati con garbo, spirito, e profonda<br />
conoscenza.<br />
Il quoti<strong>di</strong>ano è il dettaglio, è il tempo delle opere e della giornata, o come <strong>di</strong>ce P. Ricoeur "il<br />
quoti<strong>di</strong>ano è il tempo in cui l'esperienza soggettiva della durata incontra il mondo" (Sissa -<br />
Detienne, La vita quoti<strong>di</strong>ana cit., p. 16). Solitamente si pensa ai filosofi come a uomini<br />
immersi nel mondo delle idee, avulsi dal quoti<strong>di</strong>ano, inclini alla vita contemplativa, e invece<br />
anch'essi vivono parte della giornata occupati in una quoti<strong>di</strong>anità non <strong>di</strong>versa dagli altri<br />
uomini, una quoti<strong>di</strong>anità cui non si sottraggono nemmeno, per seguire il parallelo con il libro<br />
<strong>di</strong> Detienne, gli dei greci. Ad essi, peraltro, gli uomini si avvicinano, come vuole Platone, in<br />
quanto ricercatori <strong>di</strong> philosophia che non è il "sapere", ma il desiderio <strong>di</strong> sapere, la ricerca<br />
della sophia, della saggezza, <strong>di</strong> quella verità il cui possesso è riservato agli dei.<br />
L'assunto <strong>di</strong> Canfora è che il mestiere <strong>di</strong> filosofo in Grecia fu pericoloso. Vi furono<br />
sicuramente filosofi greci che non fecero tristi esperienze, ma ne fecero quelli impegnati<br />
personalmente in politica o che vollero farsi consiglieri del politico. Seguiamo nell'or<strong>di</strong>ne i sei<br />
capitoli.<br />
I. Socrate, ovvero l'infallibilità della maggioranza. Dal Simposio <strong>di</strong> Platone.<br />
Per la tra<strong>di</strong>zione greca il simposio rappresenta la scena finale del banchetto, riunione<br />
conviviale in cui si beve del vino facendo passare la coppa tra i convitati, mentre liberamente<br />
si conversa, si scherza, si canta. È la cornice alla conversazione dei vari commensali, che<br />
un giorno, siamo nella primavera del 416, a turno, ognuno secondo le proprie abilità<br />
argomentative, decidono <strong>di</strong> tessere l’elogio dell’Amore. La scena è riportata da Apollodoro<br />
me<strong>di</strong>ante un racconto che ripete quanto gli ha narrato Aristodemo, uno dei presenti alla<br />
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Luciano Canfora, Un mestiere pericoloso<br />
festa.<br />
Atene è una città poco rassicurante, dove si rischiava la vita per un reato <strong>di</strong> opinione "Ma in<br />
una cerchia ristretta e anche un po’ gaudente si godeva <strong>di</strong> una conversazione intelligente,<br />
varia e paradossale, inarrestabile, arricchita da intermezzi <strong>di</strong>lettevoli" (p. 12). Il desiderio <strong>di</strong><br />
sapere, la curiosità filosofica, la voglia <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere insieme fanno da coagulo, da tramite, da<br />
legame per questi amici, intellettuali greci. Uno <strong>di</strong> essi, impaziente, chiede ad Apollodoro:<br />
"Piuttosto non tirarti in<strong>di</strong>etro; esau<strong>di</strong>sci la nostra richiesta, e narraci quelle antiche<br />
conversazioni" (Simposio 173c). Senza farsi pregare e senza mettere in dubbio la veri<strong>di</strong>cità<br />
del racconto, con un tuffo in un'atmosfera rarefatta, a tratti mitica e leggera, così Apollodoro<br />
lo ripropone: quel giorno parlarono nell’or<strong>di</strong>ne Fedro, Pausania, Aristofane, Erissimaco,<br />
Agatone, Socrate… e così via. Può darsi che Platone, raccontando la notte del Simposio,<br />
avesse in mente <strong>di</strong> sdrammatizzare e addolcire l'atmosfera in uno dei momenti più<br />
drammatici della storia della città. È certo che dopo qualche tempo il gruppo avrà numerose<br />
<strong>di</strong>fficoltà e traversie, si scomporrà. Socrate, poi, sfiderà il "popolo sovrano" quando,<br />
componente del Consiglio dei Cinquecento, in veste <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>ce in un processo, si pronuncerà<br />
contro la maggioranza, <strong>di</strong>chiarando che non avrebbe fatto nulla contro la legge. Era uno dei<br />
casi, frequenti in quel periodo, in cui il demo nel suo insieme tenta <strong>di</strong> farsi legge, spesso ci<br />
riesce; si pone, insomma, contro la legge scritta, la legge dei padri. Mentre parecchi suoi<br />
amici, nel frattempo, hanno preferito fuggire, Socrate resta ad Atene. Lo <strong>di</strong>ce lui stesso con<br />
forza nell'Apologia, quando <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> non aver mai voluto lasciare la città se non per doveri<br />
militari e, come sappiamo, non la lascerà nemmeno in seguito, quando Critone gli offrirà la<br />
fuga prima <strong>di</strong> morire.<br />
Ma <strong>di</strong> che fu accusato Socrate? In primo luogo <strong>di</strong> corrompere i giovani, non credendo negli<br />
dei, in cui credeva la città, e nello stesso tempo <strong>di</strong> introdurre <strong>di</strong>vinità nuove. In secondo<br />
luogo nel commettere atto <strong>di</strong> empietà. La condanna passerà per pochi voti ad opera <strong>di</strong> una<br />
giuria popolare; sarebbe bastato che una trentina <strong>di</strong> voti, una piccola <strong>di</strong>fferenza, si fosse<br />
spostata dalla sua parte e Socrate sarebbe stato assolto.<br />
II. L'esule: vita randagia del cavaliere Senofonte.<br />
Il secondo quadro, de<strong>di</strong>cato a Senofonte, racconta la storia <strong>di</strong> una o<strong>di</strong>ssea, la vita randagia<br />
del cavaliere Senofonte, uomo sempre a contatto con armati, in mezzo a eserciti, sempre<br />
coinvolto in scontri e battaglie. Simile a O<strong>di</strong>sseo, che "<strong>di</strong> molti uomini vide le città e conobbe<br />
l'indole", continuamente in viaggio, visita città, strade, paesaggi nuovi, mai visti prima. È in<br />
continuo spostamento dalla natìa Atene alla Persia, dall' Eufrate al Mar Nero, da Baghdad<br />
alle falde delle montagne del Caucaso. Un uomo che spesso, dopo tante avventure, dà<br />
l'impressione <strong>di</strong> voler tornare in patria, ma che in effetti non lo fa e forse non intende farlo, un<br />
uomo nomade, sempre in casa e sempre lontano da casa. Cavaliere e soldato, <strong>di</strong>scepolo e<br />
amico <strong>di</strong> Socrate, con un'idea dello stato e della politica più pragmatica e particolare, <strong>di</strong>versa<br />
dal maestro, ancora più lontana da quella del contemporaneo Platone. Eppure quella <strong>di</strong><br />
Senofonte e quella <strong>di</strong> Platone sembrano due vite parallele. Scrive l'Autore: "Senofonte<br />
rompe con Atene per effetto della guerra civile e dei suoi postumi; e da quel momento<br />
prende altre strade che daranno anche alimento al suo pensiero politico" (p. 69). Senofonte<br />
nella sua riflessione politica vuol partire dal basso, dalla quoti<strong>di</strong>anità <strong>degli</strong> atti amministrativi,<br />
dalla quoti<strong>di</strong>anità della giustizia, dalla conduzione della guerra. "Platone rompe anche lui con<br />
Atene, ma in conseguenza non già della guerra civile bensì dell'uccisione <strong>di</strong> Socrate" (ivi).<br />
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Luciano Canfora, Un mestiere pericoloso<br />
III. Platone e la riforma della politica.<br />
Platone "ha raccontato con pathos e profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> pensiero tutto il finale della vita del<br />
maestro" (p. 67). In quei giorni drammatici gli allievi <strong>di</strong> Socrate si sentirono minacciati; lo<br />
stesso Platone dopo la morte del maestro partì per Megara, poi si spostò a Cirene, poi<br />
ancora in Italia dai pitagorici Filolao ed Eurilo, quin<strong>di</strong> in Egitto, infine a Siracusa. Se i primi<br />
viaggi furono motivati da interesse culturale e scientifico quello per Siracusa fu pensato<br />
esclusivamente in termini politici. Di recente J. Derrida ha detto che Platone è stato il primo<br />
a provare sulla propria pelle il para<strong>di</strong>gma della "tentazione <strong>di</strong> Siracusa", l'esperienza, cioè,<br />
del filosofo che crede <strong>di</strong> essere qualificato per illuminare, con i suoi consigli politici, chi<br />
pratica l'arte o detiene il potere <strong>di</strong> governare. Per questo Platone fece, lui <strong>di</strong> nobili origini, la<br />
tristissima esperienza della schiavitù; per questa stessa tentazione pagarono un caro<br />
prezzo, talvolta con la vita, <strong>di</strong>versi filosofi anche nell'età moderna e contemporanea.<br />
Nella Lettera VII Platone ci descrive lo stato d'animo e le motivazioni più profonde che lo<br />
spinsero a fare il suo primo viaggio a Siracusa. Da giovane aveva pensato, una volta<br />
raggiunta la maturità, <strong>di</strong> entrare in politica. La situazione <strong>di</strong> governo delle città <strong>di</strong> allora era<br />
deprimente, tutte erano mal governate. Pensò che l'unica soluzione a quei mali potesse<br />
essere o <strong>di</strong> portare al governo i filosofi, oppure <strong>di</strong> rendere i politici filosofi. In prima persona<br />
aggiunge che partì da Atene con l'idea e la speranza <strong>di</strong> sperimentare a Siracusa il buon<br />
governo, confessa anche che provava vergogna ad apparire <strong>di</strong> fronte a se stesso un uomo<br />
capace solo <strong>di</strong> parole e che mai mette mano <strong>di</strong> sua volontà ad alcuna opera.<br />
IV. Aristotele uno e due.<br />
Il saggio su Aristotele ha un'architettura narrativo-stilistica particolare, perché rappresenta<br />
contemporaneamente, come in chiaroscuro o controluce, intersecandole, la vicenda terrena<br />
del filosofo e la fortuna, riccamente documentata, che ebbero i suoi scritti nell'età ellenistica<br />
e me<strong>di</strong>evale.<br />
La biografia del filosofo è abbastanza nota, dalla nascita a Stagira alla frequenza<br />
dell'Accademia ad Atene, ove restò vent'anni, periodo in cui ebbe un rapporto intenso e<br />
proficuo con Platone, non certo facile, ma sempre basato sul rispetto reciproco. Passata la<br />
città sotto la guida <strong>di</strong> Demostene, Aristotele, sentendosi in pericolo, dovette fare le valigie e<br />
partire. Si stabilì ad Atarnao e dopo alcuni anni fu chiamato come precettore <strong>di</strong> Alessandro<br />
da Filippo il Macedone.<br />
Quando Alessandro prese il potere, Aristotele tornò ad Atene e si de<strong>di</strong>cò all'insegnamento<br />
con molto successo nel Liceo, scuola adeguatamente fornita <strong>di</strong> strumenti <strong>di</strong>dattici e<br />
scientifici quali la ricca biblioteca, macchine e attrezzi tecnologicamente avanzati. Il suo<br />
allievo Alessandro, intanto, procedeva alla conquista <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi regni e per ultimo del regno <strong>di</strong><br />
Persia. Una congiura, tramata contro <strong>di</strong> lui a corte, ruppe l'equilibrio, fino ad allora stabile, tra<br />
principe e mondo della cultura, tra potere e filosofia. Alessandro reagì con ferocia e mise a<br />
morte anche Callistene, nipote <strong>di</strong> Aristotele, che gli era stato per <strong>di</strong>verso tempo consigliere.<br />
È il crimine del potere contro la filosofia; per secoli si <strong>di</strong>rà per ricordare: Alessandro sterminò<br />
i persiani a migliaia, ma uccise anche Callistene. Poco dopo, nel 323, egli stesso moriva<br />
improvvisamente, pare avvelenato.<br />
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Luciano Canfora, Un mestiere pericoloso<br />
Cambiato il clima politico ad Atene, Aristotele all'età <strong>di</strong> sessantadue anni lascia la città;<br />
sembra abbia detto in quella occasione che voleva evitare che gli Ateniesi peccassero una<br />
seconda volta contro la filosofia. Un anno dopo moriva. Intersecata alla storia del filosofo<br />
l'Autore sviluppa la vicenda fortunosa, alterna, appassionante, romanzesca <strong>degli</strong> scritti,<br />
lungo un ampio tratto <strong>di</strong> storia, dalla morte <strong>di</strong> Aristotele all'età ellenistico-romana, fino al<br />
me<strong>di</strong>oevo per fermarsi a Guglielmo <strong>di</strong> Moerbeke. Ci piace riportare la riflessione finale <strong>di</strong><br />
Canfora: "l'e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Andronico, matrice <strong>di</strong> tutto quanto nei millenni successivi è stato letto<br />
e apprezzato come opera <strong>di</strong> Aristotele, fu insi<strong>di</strong>ata, in ra<strong>di</strong>ce, da due inconvenienti: uno<br />
fattuale, e cioè la pessima qualità del testo, "depravato" da Apellione, e uno soggettivo, e<br />
cioè il proposito <strong>di</strong> dare forma organica e compiuta a qualcosa che non era stato mai tale,<br />
nemmeno all'origine. L'Aristotele che noi leggiamo <strong>di</strong>scende da quello costruito (più che<br />
ricostruito) al tempo <strong>di</strong> Augusto" (p. 147). Per Canfora il corpus a noi pervenuto risente non<br />
poco della concezione filosofica dell'età ellenistica, in linea con alcuni orientamenti delle più<br />
recenti interpretazioni <strong>degli</strong> scritti <strong>di</strong> Aristotele.<br />
V. Epicuro e Lucrezio: il senso <strong>degli</strong> atomi.<br />
Presentati alcuni caratteri umani <strong>di</strong> Epicuro, una volta detto della sua liberalità, del suo<br />
enorme successo come maestro, del suo convincimento che la filosofia è la terapia più<br />
efficace, unica per la salute dell'anima, come si legge nelle prime pagine a carattere<br />
protrettico della Lettera a Meneceo, l'Autore <strong>di</strong>chiara che per trattare <strong>di</strong> Epicuro si riferirà al<br />
De rerum natura <strong>di</strong> Lucrezio perché questa è l'unica opera della scuola epicurea integra. La<br />
concezione dell'universo <strong>di</strong> Epicuro prevede un universo infinito e aperto, infiniti mon<strong>di</strong>, il<br />
vuoto, un movimento eterno <strong>di</strong> atomi. Ma andando oltre il cieco meccanicismo <strong>di</strong> Democrito,<br />
Epicuro introduce un "correttivo", che, chiamato clinamen, sarà meglio definito da Lucrezio.<br />
Lucrezio argomenta che senza clinamen gli atomi cadrebbero dall'alto in basso come gocce<br />
d'acqua; tra loro non vi sarebbe alcun urto, nessuna collisione. È con l'aiuto del clinamen<br />
che la natura possiede la capacità <strong>di</strong> creare, "Gli urti (che Democrito non aveva previsto)<br />
sono dunque in<strong>di</strong>spensabili a determinare l'evento creativo, ma la guida della "natura" (entità<br />
imprecisata) resta in<strong>di</strong>spensabile" (p. 157). Tesi un po’ imbarazzante per un meccanicista<br />
integrale, ma che bisogna accogliere; è come se la fisica corregga la matematica: gli atomi<br />
non sono tutti uguali.<br />
Dopo alcuni cenni alla vita <strong>di</strong> Lucrezio senza <strong>di</strong>re molto, per il semplice motivo che non si sa<br />
quasi nulla, sono esposte delle riflessioni sulla mortalità dell'anima, dedotte parafrasando<br />
l'insegnamento del maestro Epicuro: "Dunque il più rabbrividente dei mali è nulla per noi:<br />
giacchè quando noi siamo, la morte non è presente, e quando è presente la morte, allora noi<br />
non siamo" (p. 169). Insegnamento che non porta all'in<strong>di</strong>fferenza etica, bensì a un'etica laica<br />
elevata, perché il bene è fonte <strong>di</strong> felicità e benessere in sé e per sé. Il bene nel momento in<br />
cui si effettua è bene per gli altri, e <strong>di</strong>venta piacere per chi lo fa, secondo la naturale<br />
humanitas che contrassegna l'uomo e gli uomini.<br />
La polemica, infine, <strong>di</strong> Lucrezio contro ogni forma <strong>di</strong> religione. Se la teoria cosmologica,<br />
quella fisica e quella etica, mirando alla felicità dell'uomo, cercano <strong>di</strong> liberarlo soprattutto<br />
dalle paure, anche la critica alla religione e, ricordando spunti senofanei, al <strong>di</strong>ffuso<br />
antropomorfismo religioso, assume lo stesso scopo. Accenti, battute, riflessioni analoghe si<br />
ritrovano nelle "Operette morali" <strong>di</strong> G. Leopar<strong>di</strong>, per quanto con risultati <strong>di</strong>versi.<br />
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Luciano Canfora, Un mestiere pericoloso<br />
VI. Un mestiere pericoloso.<br />
All'inizio dell'ultimo capitolo l'Autore ricorda l'assunto del libro richiamandosi a Husserl, che<br />
nella conferenza <strong>di</strong> Praga del 1935 ebbe a <strong>di</strong>re: "Già dagli inizi della filosofia incomincia la<br />
persecuzione. Gli uomini che consacrano la loro vita alle idee sono messi al bando della<br />
società". Nel mondo antico è certo che la tensione tra filosofi e potere politico fu<br />
particolarmente acuta. Ora lo scenario è quello dell'impero romano in declino, quello del<br />
sopravanzare del cristianesimo durante il Tardo Impero. La città <strong>di</strong> Alessandria è ancora<br />
molto popolosa, vivace per i traffici e per la cultura, luogo particolarmente gravido per le lotte<br />
ideologiche, religiose, politiche. Una città dalle molte anime. In questo contesto va situata la<br />
vicenda terrena <strong>di</strong> un'intellettuale, Ipazia, figura quasi leggendaria <strong>di</strong> donna bella e raffinata,<br />
colta, esperta <strong>di</strong> matematica e <strong>di</strong> filosofia, anima <strong>di</strong> un cenacolo scientifico-filosofico <strong>di</strong><br />
ispirazione neoplatonica. Un giorno <strong>di</strong> quaresima mentre attraversava la città, <strong>di</strong> ritorno a<br />
casa, con indosso il mantello filosofico, fu aggre<strong>di</strong>ta, era l'anno 415. La tirarono fuori dalla<br />
carrozza, la trascinarono fino a una chiesa vicina, la denudarono, la massacrarono a colpi <strong>di</strong><br />
tegole, la tagliarono a pezzi e ne bruciarono i miserabili resti. Si è molto <strong>di</strong>scusso su questo<br />
episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> violenza per capirne le ragioni, per conoscere gli autori e i mandanti. Canfora,<br />
raccolto parecchio materiale e testimonianze, è propenso ad attribuire l'atto <strong>di</strong> violenza al<br />
partito cristiano, alla gerarchia atanasiana, molto forte ad Alessandria, guidata dal vescovo<br />
Cirillo. Esempio <strong>di</strong> vita pericolosa <strong>di</strong> una filosofa, come esempi <strong>di</strong> vita pericolosa con esiti<br />
mortali furono anche quelli, parecchi secoli dopo, <strong>di</strong> Pietro Ramo, barbaramente massacrato<br />
da sicari cattolici nella notte <strong>di</strong> S. Bartolomeo (27 agosto 1572), o quello, Canfora sembra<br />
credere a quanto sostenuto da E. Pies in uno stu<strong>di</strong>o apparso in Italia il 1996, <strong>di</strong> Cartesio<br />
avvelenato misteriosamente, ma non troppo, a Stoccolma il 1650.<br />
In<strong>di</strong>ce<br />
Un mestiere pericoloso. - Socrate ovvero l'infallibilità della maggioranza. - L'esule: vita<br />
randagia del cavaliere Senofonte. - Platone e la riforma della politica. - Aristotele uno e due. -<br />
Epicuro e Lucrezio: il senso <strong>degli</strong> atomi. - Un mestiere pericoloso. Note. In<strong>di</strong>ce dei nomi<br />
antichi. In<strong>di</strong>ce dei nomi moderni. In<strong>di</strong>ce dei luoghi. In<strong>di</strong>ce dei passi citati.<br />
L'autore<br />
Luciano Canfora, nato a <strong>Bari</strong> il 1942, uno dei maggiori storici dell'antichità, è Direttore del Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
dell'Antichità dell'<strong>Università</strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong>. Dalla sua notevole attività <strong>di</strong> scrittore e pubblicista, che comprende testi <strong>di</strong><br />
filologia greca e latina, numerosi volumi <strong>di</strong> carattere storico, ricor<strong>di</strong>amo: Vita <strong>di</strong> Lucrezio, Sellerio, 1993; Ellenismo,<br />
Laterza ,1995; Teoria e tecnica della storiografia classica, Laterza 1996; Un ribelle in cerca <strong>di</strong> libertà. Profilo <strong>di</strong> P.<br />
Togliatti, Sellerio, 1998; La biblioteca del patriarca. Fozio censurato nella Francia <strong>di</strong> Mazzarino, Salerno, 1998; Caio<br />
Giulio Casere. Il <strong>di</strong>ttatore democratico, Laterza, 1999; La storiografia greca, B. Mondadori, 1999; Il mistero Tuci<strong>di</strong>de,<br />
Adelphi, 1999<br />
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Luciano Canfora, Un mestiere pericoloso<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Bari</strong> - Laboratorio <strong>di</strong> Epistemologia Informatica e Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />
Filosofiche<br />
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