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«Istria Nobilissima» 2010 «esilia» Antonio Borme - Edit

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2 storia e ricerca<br />

PILLOLE Riemerge un tassello di storia adriatica<br />

Tra Ragusa e Padova<br />

una rete di intensi scambi<br />

di Kristjan Knez di Daniela Jugo Superina<br />

Tra l’Istria, la Dalmazia, la<br />

città di Venezia e i suoi<br />

domini di Terraferma – lo<br />

ricordiamo qualora fosse ancora<br />

necessario evidenziarlo –, intercorsero<br />

rapporti di varia natura,<br />

intrecci che lasciarono una traccia<br />

indelebile, non solo nella documentazione,<br />

ma pure – potremmo<br />

dire soprattutto – nelle testimonianze<br />

artistiche e monumentali<br />

in generale. Tali legami, che furono<br />

particolarmente intensi durante<br />

la lunga età della Serenissima, in<br />

realtà affondavano le radici nella<br />

notte dei tempi, infatti, risalivano<br />

alla protostoria, s’intensifi carono<br />

sotto Roma, e, dopo una parentesi<br />

nel corso del Medioevo, ripresero<br />

dopo le sconfi tte subite dai pirati<br />

per opera dei Veneziani. Con il venir<br />

meno di quell’endemico problema<br />

il mare Adriatico divenne<br />

un vettore di straordinaria importanza<br />

attraverso il quale transitavano<br />

le merci, le persone, la cultura,<br />

l’arte e le idee, mentre nella sua<br />

parte settentrionale si formò a tutti<br />

gli effetti un’area che potremmo<br />

defi nire “intima”. Tra le sponde<br />

dirimpettaie la navigazione quotidiana<br />

metteva in contatto le comunità<br />

dando luogo ad un’osmosi,<br />

che rammentiamo anche in questa<br />

sede perché essa è fondamentale<br />

per cogliere il passato e comprendere<br />

la specifi cità delle nostre regioni<br />

e al tempo stesso quella civiltà<br />

adriatica, forgiata dalla Dominante<br />

(ma vi erano molti elementi<br />

in comune ben prima del<br />

suo arrivo. Lo evidenziamo per<br />

accantonare ogni sospetto circa la<br />

presunta “colonizzazione” di terre,<br />

che per una certa storiografi a – ancora<br />

oggi – sarebbero state snaturate),<br />

e che si manifestava dalle<br />

lagune sino alle Bocche di Cattaro,<br />

naturalmente con peculiarità e<br />

aspetti intrinsecamente legati al<br />

contesto locale. In quella trama di<br />

rapporti un ruolo non indifferente<br />

fu quello dell’istruzione, riservata,<br />

naturalmente, alle famiglie abbienti,<br />

le sole in grado di indirizzare<br />

i propri fi gli verso un percorso<br />

di studio. Per centinaia d’anni<br />

i giovani delle contrade istriane e<br />

dalmate si formavano in Italia. Padova<br />

con la celeberrima università<br />

attirò un numero non indifferente<br />

di studenti originari dalle province<br />

adriatiche della Repubblica di San<br />

Marco e non solo. Citiamo la città<br />

del Santo perché recentemente<br />

è uscito un volume in cui si ricordano<br />

proprio queste presenze, nella<br />

fattispecie quelle dei Ragusei.<br />

L’ateneo succitato ospitò innumerevoli<br />

giovani provenienti dalla<br />

Repubblica di San Biagio. L’opera<br />

in questione è “L’eredità di Ragusa.<br />

Il restauro conservativo delle<br />

lapidi di tre studenti ragusei nel<br />

chiostro del capitolo della basilica<br />

di S. <strong>Antonio</strong> di Padova”, edizione<br />

curata da Nicolò Gallinaro, studio<br />

che costituisce il XXXV volume<br />

degli “Atti e Memorie della Società<br />

Dalmata di Storia Patria” (Venezia<br />

2009, pp. 78), in cui, attraverso<br />

la presentazione e la documentazione<br />

di un intervento di recupero<br />

delle opere – voluto e sostenuto<br />

dallo stesso sodalizio – si propone<br />

un tassello di storia adriatica in cui<br />

emerge palesemente i vincoli tra le<br />

terre bagnate da un mare comune<br />

che univa.<br />

Nella basilica e nei chiostri<br />

del complesso Antoniano di Padova<br />

si conservano mausolei<br />

ed epitaffi funebri. Si tratta di<br />

un sito in cui le testimonianze<br />

del passato sono concentrate in<br />

gran numero e, cosa particolarmente<br />

interessante, non poche<br />

rimandano alle terre dell’Adriatico<br />

orientale, evidenziando eloquentemente<br />

le secolari relazioni<br />

tra le due coste. Come scrive<br />

Leopoldo Saracini, presidente<br />

referato della Veneranda Arca di<br />

Sant’<strong>Antonio</strong> “Collocare la perpetuazione<br />

della propria memoria,<br />

quella di persone care o di illustri<br />

personaggi legati alla storia<br />

civile ed ecclesiastica, in un<br />

contesto speciale qual è il Santo,<br />

destinato a superare il tempo,<br />

essendo proiettato in una dimensione<br />

di immortalità, questo era<br />

– e rimase per molti secoli – il<br />

motivo che ha prodotto nel tempo<br />

una concentrazione di memorie<br />

e ricordi eccellenti – spesso<br />

di alto livello artistico – che ha<br />

pochi altri riscontri al mondo”<br />

(p. 8).<br />

Per tale ragione le varie “nazioni”<br />

(termine che all’epoca non<br />

aveva il signifi cato odierno) presenti<br />

a Padova facevano una sorta<br />

di gara per ottenere degli spazi<br />

nonché dei privilegi da conservare<br />

e trasmettere a benefi cio dei propri<br />

esponenti. Si tratta di una ricchezza<br />

di notevole valenza, sono<br />

tessere utili alla comprensione<br />

del passato delle nostre latitudini<br />

e perciò è quanto mai utile e necessario<br />

provvedere alla conservazione<br />

di siffatte testimonianze.<br />

Come avverte il già citato Saracini<br />

il compito non è affatto semplice;<br />

“La vastità di questo patrimonio di<br />

memorie storiche e di opere plastiche<br />

trasmessoci dai secoli passati<br />

richiede oggi un continuo e sistematico<br />

intervento conservativo<br />

che presuppone mezzi economici<br />

non indifferenti. Scomparse le<br />

discendenze delle antiche casate<br />

gentilizie alle quali appartennero i<br />

defunti, dissoltesi nel tempo le forme<br />

istituzionali che avevano provveduto<br />

in passato a conservarne e<br />

a restaurarne i monumenti commemorativi,<br />

oggi resta solo la sensibilità<br />

e l’impegno civile e culturale<br />

di quanti pensano a ragione<br />

che tali memorie sono un patrimonio<br />

straordinario da non perdere e<br />

da tramandare” (pp. 8-9).<br />

Nicolò Gallinaro propone in<br />

apertura un excursus storico sulla<br />

Repubblica dalmata poi parla<br />

della situazione del XVI secolo,<br />

con un sintetico testo sulla temperie<br />

culturale, per inquadrare<br />

l’ambiente dal quale provenivano<br />

i tre personaggi, di cui nel prosieguo<br />

si sofferma, e che giova a<br />

comprendere il contesto in cui si<br />

muovevano. Il Cinquecento rappresentò<br />

un periodo importante<br />

per Ragusa: intensi furono gli<br />

scambi commerciali, vivaci i rapporti<br />

via mare, fervidi i rapporti<br />

culturali, dinamici quelli diplomatici,<br />

tant’è che le sue rappresentanze<br />

erano presenti in buona<br />

parte d’Europa, soprattutto nell’area<br />

mediterranea e nelle province<br />

ottomane dei Balcani. La<br />

città dalmata espresse una civiltà<br />

che tutt’oggi desta interesse ed il<br />

suo ruolo svolto era di gran lunga<br />

superiore alle sue limitate dimensioni.<br />

La cultura, lo ribadiamo,<br />

trovava un posto di rilievo e proprio<br />

colà – si ricorda anche nello<br />

studio che recensiamo – fi orì<br />

e poté svilupparsi una letteratura<br />

che utilizzava tre idiomi: il latino,<br />

l’italiano (il toscano) e l’illirico<br />

(cioè il serbo-croato). Ragusa<br />

rappresenta a tutti gli effetti una<br />

singolarità e, benché le sue istituzioni,<br />

magistrature e organi di<br />

governo utilizzassero il latino e<br />

dalla seconda metà del XV secolo<br />

la lingua toscana, in quel contesto<br />

riscontriamo l’essere e la<br />

presenza delle varie anime, che<br />

operavano in un clima di stretta<br />

collaborazione in cui la diversità<br />

linguistica non rappresentava una<br />

discriminante, anzi, dato che il bilinguismo<br />

era molto diffuso quest’ultimo<br />

rappresentava una sorta<br />

di punto di forza. Tale realtà, per<br />

ovvie ragioni, si tende a celare in<br />

quanto è poco confacente a quella<br />

presentazione della storia in chiave<br />

nazionale per cui quel passato<br />

è “croato” o “italiano”, quasi il<br />

concetto di appartenenza nazionale<br />

si potesse estendere anche a<br />

una realtà di antico regime come<br />

la Repubblica di Ragusa per l’appunto.<br />

Segue a pagina 6<br />

Nonostante l’odierna ricchezza<br />

dei mezzi d’informazione<br />

– per qualcuno,<br />

magari, si tratta soltanto di un<br />

grande circo –, i giornali hanno<br />

una posizione privilegiata nell’informare<br />

il popolo. Questo ruolo<br />

viene dato loro dal fatto, innegabile,<br />

che sono in pratica il primo<br />

mezzo d’informazione, ma anche<br />

quello che non svanirà nel nulla se<br />

dovesse mancare la corrente elettrica<br />

oppure se dimenticaste di pagare<br />

il conto del telefono. Informare<br />

e divertire: c’è qualche altra<br />

fi nalità da attribuire ai giornali?<br />

Proprio come oggi, la situazione<br />

era tale e quale anche agli albori<br />

del giornalismo.<br />

Nel XIX secolo, il giornalismo<br />

e l’editoria stavano fi orendo<br />

a Fiume. Quotidiani e bisettimanali<br />

venivano pubblicati addirittura<br />

in quattro lingue: italiano,<br />

ungherese, tedesco e, a Sušak, in<br />

croato. Alcune pubblicazioni hanno<br />

avuto vita lunga, altre sono state<br />

più effi mere, alcune avevano<br />

un carattere prevalentemente economico,<br />

altre trattavano il mondo<br />

della cultura. Tutte, però, in modo<br />

più o meno discreto, parteggiavano<br />

per una delle opzioni politiche<br />

presenti in città. Facciamo ritorno,<br />

però, agli inizi del giornalismo<br />

fi umano.<br />

Il primo giornale fi umano si<br />

chiamava “Notizie del giorno”.<br />

A lungo la sua esistenza era avvolta<br />

da un velo di mistero, fi no<br />

a che, per un caso fortuito, durante<br />

l’allestimento di una mostra su<br />

Fiume nel 1956 a Padova, la Società<br />

di studi fi umani è entrata in<br />

possesso del primo numero, uscito<br />

l’8 settembre 1813, e che oggi<br />

viene custodito nel loro archivio a<br />

Roma. Successivamente, la Società<br />

è riuscita a recuperare un altro<br />

numero, il sesto. Non è dato a<br />

sapere, però, quanti numeri siano<br />

stati complessivamente pubblicati.<br />

Dalle informazioni di testata,<br />

si evince che la sua periodicità<br />

era trisettimanale. Si suppone<br />

che le “Notizie del giorno” abbiano<br />

smesso di uscire dopo circa<br />

un anno. La copia del primo<br />

numero è stata pubblicata da Ines<br />

Srdoč Konestra sulla rivista fi losofi<br />

ca “Fluminensia” nel 1992. Vi<br />

chiederete quali notizie venivano<br />

pubblicate? Ebbene, i lettori potevano<br />

trovarvi notizie sul corso<br />

delle guerre napoleoniche in<br />

Prussia, ma anche in regioni più<br />

vicine, come in Istria e nell’area<br />

di Trieste. L’esercito francese veniva<br />

dichiarato nemico, il che è<br />

comprensibile alla luce di quanto<br />

avvenuto il 27 agosto del 1813,<br />

pochi giorni prima dell’uscita del<br />

Sabato, 3 aprile <strong>2010</strong><br />

CONTRIBUTI Sfogliando le pubb<br />

Notiziole dall’«E<br />

«Che Fiume si ch<br />

primo numero, quando il generale<br />

Laval Nugent fece il suo ingresso<br />

a Fiume ponendo fi ne al dominio<br />

francese.<br />

Fino alla scoperta delle “Notizie<br />

del giorno”, quale primo giornale<br />

fi umano veniva considerato<br />

l’“Eco del Litorale ungarico”.<br />

Con due uscite settimanali, mercoledì<br />

e sabato, visse dal 5 aprile<br />

1843 al 4 aprile 1846. Veniva<br />

stampato nella tipografi a dei<br />

fratelli <strong>Antonio</strong> e Giuseppe Karletzky.<br />

La Tipografi a Karletzky,<br />

comunque, operava a Fiume fi n<br />

dal 1779. L’“Eco del Litorale ungarico”<br />

era edito dall’omonima<br />

società editrice. Irvin Lukežić ha<br />

pubblicato nel 2002, sulla summenzionata<br />

rivista “Fluminensia”,<br />

un ampio e circostanziato<br />

articolo su questo giornale, di cui<br />

tutte le copie esistenti sono custodite<br />

dalla Biblioteca universitaria.<br />

Sono disponibili in formato digitale<br />

nella collezione “Giornali<br />

fi umani 1843-1918” sulla pagina<br />

Internet www.svkri.hr, dalla quale<br />

sono stati prelevati tutti i materiali<br />

testuali e illustrati del presente<br />

servizio.<br />

Il primo caporedattore è stato<br />

il dott. Giovanni Spagnolo, e poi<br />

lo spalatino Vincenzo Solitro. All’inizio,<br />

il giornale pubblicava notizie<br />

e servizi di carattere econo-<br />

Il primo annuncio sulla dagherrotipia – n. 76 del 21/12/1844. Soltanto<br />

cinque anni dopo l’invenzione di Louis Daguerre, i fi umani<br />

potevano immortalarsi su una lastra di rame, su cui veniva applicato<br />

elettroliticamente uno strato d’argento, quest’ultimo sensibilizzato<br />

alla luce con vapori di iodio (foto tratta da www.svkri.hr)<br />

mico, quelle relative al commercio<br />

via terra e via mare, lo sviluppo<br />

del traffi co ferroviario e stradale,<br />

e regolarmente veniva pubblicato<br />

il movimento delle navi. Se consideriamo<br />

che il XIX secolo è stato<br />

in primo luogo il secolo del progresso<br />

tecnologico, la redazione<br />

del giornale seguiva con la massima<br />

attenzione le nuove scoperte<br />

in tutto il mondo. Molti articoli e<br />

servizi riguardavano la medicina<br />

e la salute. Ovviamente, venivano<br />

seguiti anche gli avvenimenti politici,<br />

pur senza approfondimenti.<br />

La scena culturale fi umana è presente<br />

soprattutto grazie alle notizie<br />

sul Teatro civico. Più avanti<br />

nel tempo, sono state pubblicate<br />

anche alcune poesie. La redazione<br />

ha dimostrato particolare interesse<br />

per la storia. Ampi articoli trattavano<br />

eventi storici riguardanti<br />

Fiume, l’Ungheria e la Croazia,<br />

ma anche la storia e le tradizioni<br />

di popoli lontani come i cinesi, i<br />

persiani, i messicani e i brasiliani.<br />

Durante la permanenza del dott.<br />

Spagnolo alla guida della testata,<br />

in prima pagina venivano pubblicate<br />

regolarmente le “Osservazioni<br />

meteorologiche fatte nel locale<br />

Regio Istituto di nautica”. Su<br />

ogni singolo numero, inoltre, venivano<br />

pubblicati con molta cura<br />

e attenzione gli avvisi riguardanti

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