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Petri Implicazioni - Dipartimento di Economia Politica - Università ...

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qualsiasi dato volume <strong>di</strong> risparmi; pertanto è valido il principio della domanda<br />

effettiva, che afferma che saranno piuttosto i risparmi ad adeguarsi agli investimenti<br />

tramite variazioni del livello aggregato <strong>di</strong> produzione; pertanto è compito dello stato<br />

assicurare la piena occupazione. Lo stato deve intervenire stimolando <strong>di</strong>rettamente la<br />

domanda aggregata.<br />

Secondo: in economia chiusa non è vero che per aumentare l'occupazione<br />

bisogna che il salario reale me<strong>di</strong>o <strong>di</strong>minuisca. In situazioni <strong>di</strong> bassa domanda<br />

aggregata un aumento dei salari può essere un ottimo modo <strong>di</strong> stimolare la ripresa<br />

della domanda.<br />

(In economia aperta le cose sono più complicate ma <strong>di</strong>scuto la questione più<br />

oltre. Anche più oltre accenno alla questione della <strong>di</strong>soccupazione regionale.)<br />

Sul primo punto vi è ampio accordo, anche <strong>di</strong> economisti per altri versi<br />

"ortodossi" (ad es. Mo<strong>di</strong>gliani, Moro e gli altri firmatari del 'Manifesto contro la<br />

<strong>di</strong>soccupazione in Europa': vedasi B. Moro e altri (1998)).<br />

Ma mentre Mo<strong>di</strong>gliani, Moro, e gli altri economisti keynesiani-neoclassici<br />

ritengono che una ulteriore moderazione salariale sia pur sempre necessaria per<br />

rendere l'aumento della domanda aggregata sostenibile, la critica alla curva <strong>di</strong><br />

domanda <strong>di</strong> lavoro ricordata prima mostra anche che non ha fondamento la tesi che,<br />

per far aumentare l'occupazione, bisogna che il salario reale <strong>di</strong>minuisca. Bisogna<br />

piuttosto ritenere che – se, per ora, lasciamo da parte questioni legate alla<br />

concorrenza internazionale e al vincolo della bilancia dei pagamenti – aumenti della<br />

domanda aggregata stimoleranno, dapprima, aumenti della produzione sulla base<br />

degli impianti esistenti, aumenti <strong>di</strong> cui gli impren<strong>di</strong>tori saranno in generale più che<br />

lieti perché permetteranno <strong>di</strong> sfruttare meglio gli impianti fissi e <strong>di</strong> ripagare con più<br />

certezza i debiti (senza alcuna necessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>minuire i salari o aumentare i prezzi,<br />

giacché come argomentato nel §1.3, nota 12, aumenti della produzione con dati<br />

impianti non comportano pressoché mai <strong>di</strong>minuzioni della produttività del lavoro,<br />

fino a livelli estremi praticamente mai raggiunti); e nel più lungo periodo gli aumenti<br />

della domanda aggregata stimoleranno gli investimenti sulla base del ben noto, e<br />

indubitabile, principio dell'acceleratore: se la domanda aumenta e continua ad<br />

aumentare, prima o poi si vorranno costruire ulteriori impianti per sod<strong>di</strong>sfarla; questi<br />

ulteriori impianti permetteranno l'impiego <strong>di</strong> ulteriori lavoratori, <strong>di</strong> nuovo, senza<br />

alcuna necessità che i salari <strong>di</strong>minuiscano.<br />

Su questa base si possono ad esempio valutare le opinioni espresse da<br />

Greenspan, il governatore del Federal Reserve Board statunitense, a un recente<br />

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