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Influsso dello stile italiano sulla musica europea ... - ridolfifrancesco.it

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intervenire da sola con intermezzi puramente strumentali tra una scena e l’altra, o<br />

anche nel senso della singola scena con sinfonia, balletti, ecc.<br />

Monteverdi compose molte opere, i melodrammi “L’incoronazione di Poppea” e ”Il<br />

r<strong>it</strong>orno di Ulisse in patria”, e altri non pervenuti, balli, <strong>musica</strong> sacra e madrigali,<br />

questi ultimi in uno <strong>stile</strong> che preannuncia la forma della cantata. Dopo avere<br />

composto i primi quattro libri di madrigali in maniera tradizionale (a cappella), nel<br />

quinto egli coglie e stigmatizza i segni del cambiamento, poiché alle voci si<br />

aggiunge un’unica linea di basso continuo, la cui realizzazione è affidata a<br />

strumenti armonici, quali il liuto, il cembalo, l’arpa, con il comp<strong>it</strong>o di sostenere<br />

l’intera struttura <strong>musica</strong>le; nel VI, VII e VIII libro si avverte una suprema varietà e<br />

libertà di atteggiamenti, ove il contrappunto è spesso ridotto per favorire il coro<br />

ad accordi verticali tra i quali si inquadrano passi monodici o dialoghi a 2 o 3 voci.<br />

Diffuso fuori d’Italia grazie ad Orlando di Lasso, H. Schutz, F. de Monte e molti<br />

altri musicisti, il madrigale monteverdiano generò forme analoghe in Germania<br />

con H. L. Hassler e in Inghilterra con W. Byrd e J. Dowland.<br />

Per le ard<strong>it</strong>e innovazioni nel campo armonico (dissonanze non preparate), per<br />

l’uso del contrappunto libero, per la valutazione delle risorse timbriche ed<br />

espressive degli strumenti, Monteverdi può essere considerato il primo esponente<br />

della <strong>musica</strong> moderna; carattere della sua arte è l’estrema libertà da ogni teoria,<br />

in vista della massima intens<strong>it</strong>à espressiva nella più ridotta semplic<strong>it</strong>à dei mezzi.<br />

Servire l’espressione del testo, valendosi della melodia e del r<strong>it</strong>mo e, in modo<br />

ancora inus<strong>it</strong>ato, dell’armonia, fu il suo segreto; nel melodramma creò un mo<strong>dello</strong><br />

a cui in segu<strong>it</strong>o si ispirarono tutti i grandi compos<strong>it</strong>ori teatrali, da Gluck a Wagner.<br />

In “Orfeo” per la prima volta tra il personaggio e il tessuto strumentale si crea una<br />

sorta di stretta correlazione, ricca delle più varie sfumature espressive; la nuova<br />

intens<strong>it</strong>à di espressione appare evidente in tutto il tessuto drammatico dell’opera<br />

dove compaiono sempre più ampie sezioni di “ariosi”, brevi pezzi melodici con<br />

tenue accompagnamento strumentale, di cori impiegati sia come commento alla<br />

vicenda, sia come insieme di personaggi, ma anche di duetti e di terzetti.<br />

A Roma il melodramma assume un carattere nuovo; si ha una mescolanza di<br />

elementi sacri e profani, storici e fantastici, spesso anche comici.<br />

Nel 1620 Filippo V<strong>it</strong>ali rappresentò ”Aretusa”, la prima compiuta manifestazione<br />

della scuola operistica romana.<br />

Con il “Sant’Alessio” di Stefano Landi, rappresentato a Roma nel 1632, con<br />

scenografie di Pietro da Cortona, abbiamo il primo lavoro <strong>musica</strong>le dai connotati<br />

barocchi, in cui si aprono ampi affreschi corali, come quello che conclude l’opera,<br />

una vera e propria apoteosi sonora paragonabile a quella che i p<strong>it</strong>tori dipingevano<br />

sui soff<strong>it</strong>ti delle cupole.<br />

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