Influsso dello stile italiano sulla musica europea ... - ridolfifrancesco.it
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<strong>Influsso</strong> <strong>dello</strong> <strong>stile</strong> <strong><strong>it</strong>aliano</strong> <strong>sulla</strong> <strong>musica</strong> <strong>europea</strong>; maestri <strong>it</strong>aliani<br />
all’estero nel corso dei secoli<br />
Nei primi canti cristiani si verificò la fusione di elementi ebraici, greco-romani e<br />
orientali; le prime manifestazioni furono vocali, omofone e nel genere diatonico.<br />
La notazione alfabetica, cui si fanno corrispondere i suoni della scala, di origine<br />
ellenica, usando l’alfabeto eolico-dorico per la parte strumentale e l’alfabeto<br />
ionico per la parte vocale, dalla Grecia passò a Roma e fu in uso per i primi secoli<br />
del Medioevo. Dopo l’ed<strong>it</strong>to di Costantino fu dato grande impulso alla <strong>musica</strong> di<br />
chiesa; nel 314, per accompagnare le funzioni religiose, papa Silvestro I ist<strong>it</strong>uì a<br />
Roma la prima “schola cantorum”; papa Damaso (366-’84) stabilì che si<br />
cantassero in tutte le chiese i salmi; papa Celestino I ist<strong>it</strong>uì l’uso dell’intro<strong>it</strong>o; i<br />
papi Leone, Gelasio e Simmaco diedero la loro opera alla cost<strong>it</strong>uzione della<br />
l<strong>it</strong>urgia <strong>musica</strong>le romana.<br />
Nel IV secolo ebbe v<strong>it</strong>a il movimento ambrosiano; il vescovo di Milano, Ambrogio,<br />
romano di Treviri, fu grande innovatore; rielaborò gli antichi inni con una varietà<br />
ed essenzial<strong>it</strong>à melodica, inconsueta ai modelli orientali, cost<strong>it</strong>uendo il primo<br />
esempio conosciuto di aperture verso la futura <strong>musica</strong>l<strong>it</strong>à occidentale, attraverso i<br />
lunghissimi vocalizzi delle forme di “concentus”, attraverso forme vocali più ricche<br />
di melismi e distaccate dalla semplice sillabazione, fece uso dell’antifona, canto<br />
alternato, nella quale i fedeli partecipavano al coro, introdusse in Occidente i<br />
quattro modi, detti autentici, ottenuti sost<strong>it</strong>uendo alla serie dei tetracordi, tratti<br />
dalla <strong>musica</strong> greca, quella delle ottave diatoniche. Il canto ambrosiano influenzò<br />
nei secoli IV e V quello gallicano, ma in segu<strong>it</strong>o, soprattutto durante le invasioni<br />
barbariche, subì alterazioni e contaminazioni, cosicché una radicale riforma si<br />
rese necessaria.<br />
L’opera di perfezionamento vide tra i protagonisti Severino Boezio e Aurelio<br />
Cassiodoro, romani, importanti scr<strong>it</strong>tori di <strong>musica</strong>. Il primo (sec. V-VI) è autore<br />
dell’opera “De inst<strong>it</strong>utione <strong>musica</strong>e”, in cinque libri, grazie alla quale la teoria<br />
<strong>musica</strong>le dei p<strong>it</strong>agorici diventa la base della teoria medioevale; egli adoperò le<br />
lettere A-B, ecc. per indicare i vari suoni; e poiché i teorici posteriori<br />
considerarono tali segni come corrispondenti stabilmente alle note che<br />
indicavano, ebbe origine la notazione alfabetica ”boeziana” in uso nel Medioevo,<br />
specialmente nelle musiche per voce d’uomo. Boezio afferma che la <strong>musica</strong> non è<br />
solo congiunta alla speculazione, sebbene alla moral<strong>it</strong>à, allargando il concetto<br />
p<strong>it</strong>agorico della <strong>musica</strong> come puro rapporto di numeri e riconducendola alla v<strong>it</strong>a;<br />
osservando che noi percepiamo quello che nei suoni è giustamente e<br />
convenientemente un<strong>it</strong>o, egli scopre un rapporto, quasi un’ident<strong>it</strong>à tra una <strong>musica</strong><br />
interiore ed una esteriore; fa dunque dell’arte <strong>musica</strong>le- non più accettata come<br />
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mezzo speculativo ma intesa come espressione- una mediata rappresentazione<br />
del sentimento umano, il fatto <strong>musica</strong>le è pertanto un atto estetico. Secondo<br />
Boezio “musico è colui che secondo una speculazione e una razional<strong>it</strong>à ponderata<br />
e alla <strong>musica</strong> conveniente, possiede la facoltà di giudicare dei modi, dei r<strong>it</strong>mi e<br />
generi della cantilena… e dei carmi”, parole che coincidono in qualche modo col<br />
concetto che dell’arte <strong>musica</strong>le ha espresso J. Strawinsky “… il fenomeno <strong>musica</strong>le<br />
non è altro che un fenomeno di speculazione…; essa presuppone alla base della<br />
creazione <strong>musica</strong>le una ricerca preliminare, una volontà che si muove prima<br />
nell’astratto ai fini di dare forma ad una materia concreta”.<br />
Guido d’Arezzo designò Boezio come il “rivelatore della nostra arte” e Francone<br />
(Parigi, XIII secolo) affermò che la teoria è stata fatta da Boezio mentre la pratica<br />
appartiene a Guido.<br />
Aurelio Cassiodoro ordina tutto il vasto materiale teorico <strong>sulla</strong> <strong>musica</strong> con lo<br />
scopo di completare la propria opera ai servigi della teologia; considera pertanto<br />
gli aspetti dell’effectus <strong>musica</strong>e secondo concetti propri al Cristianesimo; egli<br />
enuncia la divisione della <strong>musica</strong> in tre parti, ” armonica, r<strong>it</strong>mica e metrica”, che<br />
sarà adottata dai teorici posteriori. Riguardano la storia della <strong>musica</strong> le opere “De<br />
<strong>musica</strong>”, “Expos<strong>it</strong>io in psalterium”, l’epistola ”Theodoricus rex”.<br />
La riforma fu compiuta da papa Gregorio Magno che, essendo stato nunzio<br />
apostolico a Bisanzio, ben conosceva la <strong>musica</strong> delle chiese orientali; egli raccolse<br />
in un grande antifonario i canti, dando un<strong>it</strong>à di testi da adottarsi universalmente,<br />
divenuti così il repertorio ufficiale della Chiesa di Roma; sviluppò la schola<br />
cantorum (centro di diffusione del canto, poi detto gregoriano, efficace elemento<br />
di unificazione cristiana) che ha cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o la famosa scuola romana del Laterano,<br />
vivaio di cantori ufficiali addetti alle funzioni papali (ne sono derivate altre<br />
analoghe in Francia, Spagna, Germania, Inghilterra, ecc.). Gregorio Magno adottò<br />
inoltre i quattro modi, detti plagali, in rapporto ai quattro detti autentici e<br />
semplificò la notazione <strong>musica</strong>le, sviluppò varie forme come il graduale e il<br />
responsorio. Il canto gregoriano, a solo o in coro senza accompagnamento<br />
<strong>musica</strong>le, aveva un r<strong>it</strong>mo più libero e sciolto rispetto a quello ambrosiano; era<br />
detto “cantus planus”, cioè basato sulle note di ugual valore r<strong>it</strong>mico, e “cantus<br />
firmus” in cui la melodia vocale, presa come base, rimane immutata mentre altre<br />
melodie si intrecciano sopra e sotto di essa. La notazione della <strong>musica</strong> cristiana<br />
dei primi secoli è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a dai neumi, segni convenzionali che avevano la<br />
funzione di ricordare al cantore l’andamento della melodia imparata a memoria;<br />
essi si presentavano in tre forme principali, punctum (punto generato dalla<br />
trasformazione dell’accento grave), virga (accento acuto), e accento circonflesso<br />
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(cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dalla fusione dei due precedenti), che si componevano tra loro dando<br />
origine ad altre forme. I neumi erano scr<strong>it</strong>ti sopra il testo senza rigo né chiavi.<br />
L’espressione di canto gregoriano cominciò ad apparire alla fine del secolo VIII<br />
(fino allora si parlava di “canto romano”); esso decadde nel secolo XIV con lo<br />
sviluppo della polifonia.<br />
Verso il VI secolo si ha l’introduzione del canto romano in Irlanda; Venanzio<br />
Fortunato (VI-VII sec.) diffuse strofe e melodie di pretto stampo <strong>it</strong>alico in Gallia;<br />
Giovanni di San Martino, benedettino del secolo VII, trattatista di <strong>musica</strong> sacra,<br />
inviato dal papa in Inghilterra per insegnare il canto, compose ”Ordo romanus”,<br />
guida al retto apprendimento del r<strong>it</strong>o.<br />
IL concilio di Cloveshoe (747) fissa la concordanza del canto anglicano con quello<br />
romano, coltivato nelle scuole di Canterbury, York, Glasgow e anche da sovrani<br />
come Alfredo il grande (IX sec.) che tradusse opere di Boezio e Gregorio Magno.<br />
Dopo l’Inghilterra furono la Francia e la Germania ad accettare il r<strong>it</strong>o di Roma nel<br />
secolo VIII, segu<strong>it</strong>e dalla Spagna nel secolo XI.<br />
Alle pratiche corali del secolo VIII in Italia, Francia, Irlanda e Svizzera risalgono le<br />
prime manifestazioni del contrappunto, procedimenti come organum e diaphonia,<br />
per i quali il canto l<strong>it</strong>urgico nella sua posizione ufficiale era intonato dalla massa<br />
corale, mentre un numero ristretto di cantori veniva cantando quella melodia, non<br />
variata che in poche parti, ad una altezza inferiore di una quarta o di una quinta.<br />
L’avvento della dinastia carolingia segna il momento della massima diffusione del<br />
canto gregoriano; nel 745 Pipino il breve abolì il “cantus gallicanus” e adottò<br />
quello romano. La tradizione dei due cantori Petrus e Romanus, richiesti da Carlo<br />
Magno che desiderava maestri romani per il clero franco, e inviati da papa Adriano<br />
I nel 790, adombra quest’antica funzione di maestra dell’Europa, eserc<strong>it</strong>ata anche<br />
nel dominio <strong>musica</strong>le dalla Chiesa di Roma. Petrus si fermò a Metz dove fondò<br />
una scuola, rimasta per secoli famosa (cantus mettensis), recando con sé una<br />
copia autentica dell’antifonario di s. Gregorio, imposto dall’imperatore come base<br />
del canto l<strong>it</strong>urgico. Romanus, passando per San Gallo, si ammalò e lì si stabilì,<br />
fondando una scuola di canto e <strong>musica</strong> sacra, divenuta poi molto celebre; egli<br />
adottò il sistema delle lettere e dei segni, dal suo nome dette romaniani (le lettere<br />
a, c, m, t, ecc. ossia altius, celer<strong>it</strong>er, mediocr<strong>it</strong>er, trahendo, ecc. aggiunte alla<br />
notazione gregoriana, stanno a indicare variazione di movimento, color<strong>it</strong>o,<br />
sonor<strong>it</strong>à; i segni, piccole linee verticali e orizzontali, servono ad indicare<br />
particolari effetti di “r<strong>it</strong>ardando”).<br />
Papa Adriano I mandò inoltre Teodoro e Benedetto a Rouen e a Soissons; alla<br />
scuola romana si informarono anche altre scuole del nord e centro Europa<br />
(Aquisgrana, Fulda, Reichenau, Einsiedeln, ecc.).<br />
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Secondo le regole romane Guglielmo da Volpiano (X sec.) riorganizzò<br />
l’insegnamento del canto a Cluny; il monaco Oddone introdusse nella notazione<br />
l’alfabeto latino.<br />
Proprio in segu<strong>it</strong>o alla diffusione del canto gregoriano in Francia, in Germania, in<br />
Svizzera e in Inghilterra ebbe luogo quella fase intensamente creativa, animata da<br />
spir<strong>it</strong>o novatore, che produsse le ”sequenze” e i “tropi” con la loro derivazione<br />
profana (l’arte trovadorica, i drammi extra-l<strong>it</strong>urgici, il corale tedesco, ecc.).<br />
Le prime manifestazioni di v<strong>it</strong>a <strong>musica</strong>le a Venezia sono connesse a quelle<br />
dell’Europa bizantina; come a Bisanzio già nel VI secolo era coltivata l’arte<br />
organaria e organistica, come a Bisanzio il canto l<strong>it</strong>urgico preferiva le forme<br />
antifoniche; si nota per tutto il Medioevo l’amore per la magnificenza degli effetti<br />
di colore e quindi l’uso larghissimo degli strumenti a solo o con le voci che nella<br />
basilica di San Marco si farà anche nei secoli XV e XVI, quando a Roma e nelle<br />
Fiandre sarà totalmente esclusa la strumental<strong>it</strong>à.<br />
All’inizio del secolo XI si verificarono in Italia le prime manifestazioni della <strong>musica</strong><br />
popolare e profana (vedi avanti), avente originariamente affin<strong>it</strong>à con quella<br />
ecclesiastica, ma ben presto condannata dalla Chiesa e quindi scarsamente<br />
tramandata; essa incontrò sub<strong>it</strong>o il favore del popolo. trattava di canzonette ed<br />
arie di vario contenuto che erano diffuse per le vie e per le piazze da menestrelli e<br />
giullari; erano melopee strofiche in volgare (canzoni di gesta, leggende, favolette,<br />
ecc.), ma accanto a queste vi erano anche composizioni in latino (inni celebrativi,<br />
compianti) sul tipo delle innodie gregoriane. Nei secoli XII e XIII si ist<strong>it</strong>uirono delle<br />
“menestrandiae” o “scholae mimorum”, vere scuole di <strong>musica</strong> profana e ben presto<br />
queste composizioni attrassero l’attenzione di sovrani e nobili.<br />
Nella <strong>musica</strong> cristiana dal secolo X, per attenuare l’imprecisione del sistema<br />
neumatico, si introdusse il principio dell’altezza relativa ai neumi e si tracciò una<br />
linea parallela al testo, su cui essi erano posti; quindi si aggiunse un’altra linea,<br />
apponendo all’inizio di ciascuna una lettera alfabetica indicando il tono; infine se<br />
ne aggiunsero altre due (tetragramma).<br />
Il mer<strong>it</strong>o di avere chiarificato tutta la dottrina <strong>musica</strong>le medioevale, imprimendovi<br />
nuovi orientamenti, spetta al monaco benedettino Guido d’Arezzo (X-XI sec.); egli<br />
attuò il nuovo sistema di notazione neumatica che è alla base del moderno<br />
pentagramma, con le lettere-chiave per l’intonazione dei neumi; facil<strong>it</strong>ò il<br />
solfeggio mediante l’uso del monocordo, assegnò quattro linee invece di due<br />
all’estensione del canto fermo; inventò un nuovo metodo di canto, detto<br />
solmisazione, che prendeva come base del sistema <strong>musica</strong>le l’esacordo, gamma<br />
di sei gradi diatonici, con un solo sem<strong>it</strong>ono tra il terzo e il quarto, dove le singole<br />
note, denominate con le sillabe ut, re, mi, fa, sol, la, avevano il comp<strong>it</strong>o di<br />
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agevolare per i cantori la giusta intonazione dei vari intervalli, ossia la<br />
solmisazione (le note sono le iniziali dei primi sei emistichi di un inno a s.<br />
Giovanni, corrispondenti ad altrettanti suoni progressivamente ascendenti;<br />
l’esacordo fu in uso fino al secolo XVII allorché l’adozione della sillaba”si”,<br />
aggiunta alle sei precedenti, fece trionfare l’uso della gamma moderna).<br />
L’esacordo sost<strong>it</strong>uì il sistema tetracordale per ev<strong>it</strong>are l’intervallo dissonante di<br />
tr<strong>it</strong>ono, duro e difficile da intonare. Regola fondamentale della lettura <strong>musica</strong>le,<br />
fissata da Guido d’Arezzo, fu che tutte le note poste sullo stesso rigo dovevano<br />
avere lo stesso suono, e che gli spazi contavano quanto le linee; quando<br />
l’estensione della melodia superava le sei note dell’esacordo, si trapassava<br />
mediante la mutazione (donde poi la moderna modulazione) all’esacordo<br />
successivo. Per agevolare l’apprendimento del sistema Guido d’Arezzo ricorse al<br />
disegno della mano armonica (guidoniana) con i nomi delle note scr<strong>it</strong>te sulle<br />
falangi delle d<strong>it</strong>a; il suo trattato “Micrologus de <strong>musica</strong>” servì di base allo studio<br />
della <strong>musica</strong> per tutto il Medioevo.<br />
Fulberto di Chartres introdusse in Francia il “canto per parti” (a più voci), ovvero il<br />
metodo guidoniano.<br />
Pacifico da Fermo (XII-XIII sec.) fu per molti anni in Francia, dove fondò il<br />
convento di Lemps, e diffuse nel nord i canti religiosi in lingua romanza.<br />
Celebre trattatista fu Marchetto da Padova (sec.XIII-XIV); importanti furono i suoi<br />
due trattati <strong>sulla</strong> <strong>musica</strong> “plana” e <strong>sulla</strong> “mensurata”, notevoli per lo studio della<br />
r<strong>it</strong>mica, che contribuirono a perfezionare il canto e l’armonia, determinando le<br />
figure e i valori <strong>musica</strong>li.<br />
Nel secolo XIII si diffondono le prime rudimentali forme drammatiche. Uno degli<br />
elementi di sviluppo di queste forme è la lauda, sorta in Umbria al principio del<br />
secolo nell’atmosfera della spir<strong>it</strong>ual<strong>it</strong>à francescana: era una canzone strofica,<br />
monodica, di carattere popolare. Processioni di devoti percorrevano le vie<br />
cantando lodi alla Vergine, alla Trin<strong>it</strong>à, v<strong>it</strong>e dei santi, scene della Passione. Tali<br />
componimenti erano spesso dialogati, a volte il testo era adattato a melodie di<br />
canti popolari preesistenti. Nell’elemento dialogico è la prima radice del loro<br />
sviluppo sia nella forma del dramma l<strong>it</strong>urgico, tutto cantato, sia in quella della<br />
“devozione” che alterna dialoghi a discorsi.<br />
Nel secolo XIV fiorì l’Ars Nova fiorentina che, in contrasto con quella<br />
contemporanea francese (mirante soprattutto al perfezionamento <strong>dello</strong> <strong>stile</strong><br />
polifonico dell’Ars Antiqua, legata al canto gregoriano), assunse carattere<br />
profondamente innovatore, con una valorizzazione della <strong>musica</strong> in confronto al<br />
testo, definendosi così come prima importante manifestazione della <strong>musica</strong><br />
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profana, dalla maggiore libertà di invenzione melodica, preludendo stilisticamente<br />
ai concetti della monodia.<br />
Il rinnovamento dovuto all’Ars Nova penetra nella polifonia a due voci; il respiro<br />
melodico tende ad espandersi in sviluppi sempre più ampi e dialogici; questa<br />
fecond<strong>it</strong>à porterà poi alle complesse elaborazioni contrappuntistiche a molte voci<br />
(polifonia) della scuola fiamminga.<br />
Mentre nella <strong>musica</strong> religiosa la base della costruzione polifonica stava nel<br />
“tenor”, o canto fermo affidato al basso, le note del quale dovevano essere<br />
lungamente tenute, proprio come base del contrappunto svolto dalle altre parti in<br />
concerto, nella <strong>musica</strong> profana, invece, questo era dedicato piuttosto ad integrare<br />
una melodia principale affidata al “soprano”, alla voce più alta.<br />
Con Francesco Landino la <strong>musica</strong> si allontanò completamente dallo <strong>stile</strong> del tardo<br />
gotico; l’arte si spogliava del suo rigore medioevale e si liberava delle forme<br />
arcaiche. Le sue versioni della ballata o canzone a ballo, in voga dal secolo XIII,<br />
del madrigale (vedi oltre) e di altre forme <strong>musica</strong>li erano in parte elaborate sulle<br />
strutture salde e melodiose della sua terra, assumendo un po’ della grazia<br />
morbida del Rinascimento; egli usò spesso la doppia sensibile, creando la<br />
cosiddetta “cadenza di Landino” che con Binchois e Dufay, esponenti della scuola<br />
borgognona del secolo XV, divenne una pratica normale, tale da conferire alle<br />
cadenze finali una strana sorta di indecisione.<br />
Il madrigale trecentesco nacque nell’amb<strong>it</strong>o della poesia popolare, di contenuto<br />
bucolico e amoroso, a due o tre parti di cui una sola vocale e l’altra o le altre<br />
strumentali.<br />
Tra i musici <strong>it</strong>aliani all’estero nel secolo XIV ricordiamo il liutista Francesco da<br />
Vannozzo; Floriano da Rimini, cantore in Avignone; Filippo da Caserta che fu<br />
prima al servizio della corte papale, poi di Gastone III, conte di Foix; Jacopo da<br />
Bologna, maestro nel 1397 di un complesso corale in Nôtre Dame a Parigi.<br />
Teorico dell’Ars Nova fu il fiammingo attivo in Italia, J. Ciconia, che compose<br />
anche su testi <strong>it</strong>aliani; la <strong>musica</strong> fiorentina (ballate, madrigali, cacce) influì <strong>sulla</strong><br />
sua arte, un<strong>it</strong>amente a quella francese dei mottetti. Sui modelli fiorentini e<br />
francesi si formò anche il polifonista inglese J. Dunstable (sec.XIV-XV), vissuto a<br />
lungo in Italia; egli è considerato maestro degli stessi compos<strong>it</strong>ori franco-<br />
fiamminghi che molto dettero alla <strong>musica</strong> <strong>it</strong>aliana nei secoli XV e XVI, portando il<br />
contrappunto all’espressione tecnica più evoluta; molti di loro scesero in Italia,<br />
volendo coltivare la loro arte nel clima stimolante del Rinascimento, spesso ne<br />
subirono l’influsso per il rilievo dato all’elemento melodico e per la polifonia<br />
semplice e chiara; così avviene con il fiammingo G. Dufay, la cui evoluzione<br />
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stilistica ebbe luogo nel periodo passato a Roma e a Firenze; attraverso la sua<br />
opera si realizzò l’apporto <strong><strong>it</strong>aliano</strong> allo <strong>stile</strong> <strong>musica</strong>le della scuola borgognona.<br />
Nei secoli XV e XVI Venezia attira i migliori strumentisti d’Europa, come i francesi<br />
P. de Fossis e J. Mouton e il suo discepolo A. Willaert, fiammingo, maestro di<br />
cappella dal 1527. Ricordiamo che la cappella di S. Marco giunse ad avere propria<br />
organizzazione nel 1491; ne è un primo segno la nomina, nella persona del de<br />
Fossis, di un “maestro” preposto ad un gruppo di musicisti (soli cantori o cantori e<br />
strumentisti), adib<strong>it</strong>i all’esecuzione delle musiche richieste dal servizio di una<br />
chiesa, come in questo caso, e, fino al XVIII secolo, di una corte di un principe o di<br />
un privato. In molti centri <strong>it</strong>aliani (Venezia, Milano, Mantova, Ferrara, ecc.) il primo<br />
Rinascimento <strong>musica</strong>le è caratterizzato dallo svolgersi delle forme ”profane” che si<br />
sviluppano parallelamente alla straordinaria vivac<strong>it</strong>à dei luoghi “quotidiani” della<br />
società, dalla corte alla piazza; così, accanto al genere sacro, si afferma un genere<br />
popolaresco per il tono, artistico per la forma raffinata, come la frottola a più voci,<br />
derivata dai canti accompagnati dell’Ars Nova, la più semplice delle composizioni<br />
polifoniche, dal testo spesso di ispirazione petrarchesca. Essa è la premessa del<br />
madrigale cinquecentesco, lirico o classico, su testi scr<strong>it</strong>ti dai più rinomati poeti<br />
del tempo, di soggetto idillico-amoroso, dalla struttura non più strofica, anche a<br />
cinque o più voci, in <strong>stile</strong> fugato, in canone e im<strong>it</strong>azioni, con carattere di maggiore<br />
libertà rispetto alle composizioni di <strong>musica</strong> religiosa (vedi avanti). Il puro <strong>stile</strong><br />
frottolistico, popolaresco, continuerà nella villotta (sec. XVI) a più voci, nello<br />
strambotto, di genere amoroso, e nella villanella, o canzone villanesca, con<br />
prevalente tendenza al comico, che, prendendo il r<strong>it</strong>mo della danza, con periodi<br />
brevi e svelti e r<strong>it</strong>ornelli, si chiamerà balletto (vedi lez. n.44).<br />
Tra i numerosi musicisti fiamminghi attivi in Italia nei secoli XV e XVI c<strong>it</strong>iamo G.<br />
Obrecht, vissuto lungamente a Ferrara, J. Després a Milano, Roma, Modena e<br />
Ferrara, E. Isaac a Ferrara, G. Tinctoris a Napoli, C. de Rore, allievo di Willaert a<br />
Venezia, Orlando di Lasso (vedi avanti),A.Agricola che <strong>it</strong>alianizzò il nome. Molti di<br />
loro <strong>musica</strong>rono in Italia, oltre a messe e mottetti, i madrigali, spesso su testo<br />
<strong><strong>it</strong>aliano</strong>.<br />
Teorici <strong>it</strong>aliani avevano intanto avviato e codificato le conquiste <strong>musica</strong>li del<br />
tempo; Franchino Gaffurio verso la fine del XV secolo ebbe intuizioni profonde e<br />
lungimiranti; più di ogni altro intuì l’essenza dell’armonia e in particolare quello<br />
della funzione che l’accordo vero e proprio avrebbe avuto nell’amb<strong>it</strong>o<br />
dell’armonia moderna.<br />
Pietro Aaron (o Aron) (sec. XV-XVI) svolse in vari lavori teoretici (celebri “ Il<br />
“toscanello in <strong>musica</strong>” e “Il lucidario in <strong>musica</strong>”) dottrine geniali e anticipatrici,<br />
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contribuendo tra l’altro allo sviluppo, nel senso del contrappunto, dei valori<br />
propriamente armonistici.<br />
Nicola Vicentino, autore di “Antica <strong>musica</strong> ridotta alla moderna pratica”(1555), una<br />
delle prime trattazioni sistematiche della scienza del contrappunto moderno,<br />
polemizza con altri teorici e umanisti <strong>it</strong>aliani e stranieri, ricercatori <strong>dello</strong> <strong>stile</strong><br />
greco, volti ad una riforma <strong>dello</strong> <strong>stile</strong> contrappuntistico; vuole fare rivivere i generi<br />
cromatico ed enarmonico nella “<strong>musica</strong> ficta”, cioè avente alcune note alterate,<br />
suggerendo una maggiore libertà di movimenti nel trattamento degli otto modi.<br />
Le dottrine e l’indirizzo stilistico del Vicentino trovarono largo sviluppo,<br />
nonostante le molte opposizioni, nell’opera di molti musicisti, per esempio<br />
Cipriano de Rore e Gesualdo da Venosa (vedi avanti).<br />
Nella seconda metà del secolo XVI venne affermandosi la dottrina dell’accordo,<br />
prima sconosciuta; le terze, consonanze dapprima solo tollerate, finirono per<br />
diventare la base del moderno sistema tonale e della scienza dell’armonia; il<br />
mer<strong>it</strong>o fu di Gioseffo Zarlino, esponente della scuola veneziana, discepolo di<br />
Willaert, maestro di Swelink; nell’opera teorica “Ist<strong>it</strong>uzioni armoniche” egli spiega<br />
la genesi dell’accordo perfetto maggiore (dai primi sei armonici ascendenti) e<br />
minore (da quelli discendenti) con il fenomeno fisico e naturale dei “suoni<br />
armonici”; le sue teorie furono diffuse ben presto in Francia e in Germania,<br />
segnando la fine del dominio dei toni ecclesiastici e aprendo la via alle future<br />
conquiste, dalla pratica del basso continuo all’interpretazione moderna<br />
dell’armonia.<br />
L’esperienza artistica di tutta Europa giunge in Italia nel secolo XVI ad armoniosa<br />
sintesi, purificandosi la tecnica in virtù della classica purezza dell’ispirazione.<br />
Alla diffusione della <strong>musica</strong> contribuì in misura notevole l’invenzione della stampa<br />
a caratteri mobili, dovuta ad Ottaviano Petrucci (1498); a lui va il mer<strong>it</strong>o di avere<br />
raggiunto per primo la perfezione nello stampare con caratteri metallici la <strong>musica</strong><br />
misurata, assai più difficile da riprodurre del canto fermo per la compless<strong>it</strong>à dei<br />
segni. Dal Petrucci furono pubblicate le opere per liuto di Francesco Spinacino<br />
(sec. XV-XVI), compos<strong>it</strong>ore e strumentista; esse hanno una grande importanza<br />
storica perché cost<strong>it</strong>uiscono il primo documento a stampa di intavolature per liuto<br />
e di <strong>musica</strong> per un solo strumento; in esse figura inoltre la più antica serie a<br />
stampa di istruzioni per suonare il liuto. Nella stessa raccolta di oltre 300 pezzi<br />
del Petrucci (1508) troviamo le frottole di Marchetto Cara, Michele Pesenti,<br />
Bartolomeo Tromboncino, Antonio Caprioli, della scuola veneziana, le messe di<br />
Després, Isaac, Obrecht, Mouton, ecc.<br />
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Nel 1586 Simeone Verovio adottò il procedimento calcografico dell’incisione;<br />
questa tecnica, diffusa dal 1606 in Inghilterra e in altri paesi, prese il sopravvento<br />
sul procedimento tipografico, adottato in Francia.<br />
Nel secolo XVI in Italia con l’affermarsi della strumentazione si impongono nuovi<br />
tipi di composizione e si sviluppano quelli esistenti.<br />
Il “ricercare” è nominato per la prima volta in intavolature <strong>it</strong>aliane di liuto<br />
pubblicate dal Petrucci; intorno al 1550 a Lione furono pubblicati i “ricercari” di<br />
Giulio Segni da Modena. Lo sviluppo maggiore fu organistico e principale centro<br />
di irradiazione fu Venezia. La prima fase di questa forma fu pol<strong>it</strong>ematico,<br />
“ricercandosi” di ogni soggetto le più varie possibil<strong>it</strong>à di elaborazione; la seconda<br />
fase con i due Gabrieli (vedi oltre) tese invece al monotematico e in ciò precorse la<br />
fuga.<br />
Questa nel suo primo stadio fu scr<strong>it</strong>ta in <strong>stile</strong> contrappuntistico, fondata<br />
sull’im<strong>it</strong>azione e riproduzione successiva degli stessi disegni r<strong>it</strong>mici o melodici di<br />
due o più voci diverse sui diversi gradi della scala.<br />
La su<strong>it</strong>e, gruppo di danze classiche di corte, allora in grande sviluppo, in cui i<br />
pezzi allegri si alternavano a quelli lenti, nacque nel ‘500 dalla <strong>musica</strong> per liuto; la<br />
forma deriva nella sua essenza dalla pratica della danza nel Rinascimento <strong><strong>it</strong>aliano</strong>;<br />
essenzialmente strumentale, benché i balli e i balletti vocali di Giovanni Giacomo<br />
Gastoldi, di Sigismondo d’India e di Monteverdi (vedi oltre) siano anch’essi su<strong>it</strong>es,<br />
formalmente parlando, la forma della su<strong>it</strong>e si trova nell’edizione del Petrucci ed è<br />
la più antica forma di composizione strumentale a più tempi nella stessa tonal<strong>it</strong>à.<br />
All’origine si trova il binomio di danze <strong>it</strong>aliane ”pavana-saltarello o gagliarda”,<br />
oppure il trinomio ”pavana-saltarello-piva”; in segu<strong>it</strong>o il tipo più frequente è la<br />
serie di tipo francese “allemanda-corrente-sarabanda-giga”( fu Pier Paolo Borroni,<br />
o Baroni o Pier Paolo Milanese, sec. XVI, a portare a quattro le danze).<br />
Nella “part<strong>it</strong>a”, ossia divisa, ripart<strong>it</strong>a in più brani, viene variamente elaborata<br />
un’antica danza, analogamente al tema con variazioni.<br />
Comincia a formarsi intanto il genere della sonata; la “chanson” o canzone, forma<br />
di <strong>musica</strong> vocale ad una o più voci, dal carattere vivace, di impronta popolaresca e<br />
di tecnica semplicissima, ne cost<strong>it</strong>uisce la base. Quando comparvero le<br />
”chansons”franco-fiamminghe alla fine del secolo XV, la tendenza <strong>it</strong>aliana a<br />
trasferire le composizioni vocali sugli strumenti, spinse i compos<strong>it</strong>ori <strong>it</strong>aliani ad<br />
adattarle per strumenti solisti o gruppi strumentali; si cominciò poi a comporre<br />
brani di questo genere solo per strumenti, chiamandoli di sol<strong>it</strong>o “canzoni da<br />
sonare”. Il nome di “canzone” (strumentale) appare per la prima volta nelle opere<br />
di Marcantonio Cavazzoni (1523); solo nel 1530 appare a Parigi (chansons<br />
<strong>musica</strong>les pour orgue). In principio infatti la canzone è destinata all’organo; le<br />
810
prime composte per un insieme di più strumenti sono quelle di Fiorenzo Maschera<br />
(m.1584). Le canzoni su tastiera contribuirono alla comparsa della “fuga” per<br />
strumenti a tastiera (infatti in Germania composizioni che in Italia sarebbero state<br />
chiamate canzoni, erano chiamate fughe); nel “Tabulatur buch” del liutista tedesco<br />
B. Schmid junior (1607) si hanno dodici fughe <strong>it</strong>aliane (di Malvezzi, Maschera, A.<br />
Gabrieli, Mortaro, Banchieri, Soriano, Brignoli, Vecchi e una di autore ignoto) con<br />
questo t<strong>it</strong>olo “Fugen oder wie es die <strong>it</strong>aliener nennen, canzoni alla francese a<br />
quattro voci” (l’ep<strong>it</strong>eto di “alla francese” che spesso accompagna il nome<br />
“canzone” riguarda soprattutto il carattere arioso del tema e la leggerezza del<br />
contrappunto).<br />
Le canzoni, composte per piccoli gruppi strumentali,si indirizzarono lentamente<br />
verso lo schema che oggi definiamo della sonata. Con Girolamo Frescobaldi si<br />
giunse alla forma più evoluta; le sue canzoni, pubblicate tra il 1623 e il ’34, erano<br />
decisamente simili alla sonata, soprattutto nel contrasto tra le parti continue. Solo<br />
dopo la metà del secolo XVII la “canzona” cominciò ad essere chiamata “sonata”,<br />
cioè “da sonare”; così, da uno <strong>stile</strong> im<strong>it</strong>ativo del genere vocale prende forma la<br />
sonata che porterà poi al “concerto”. C’è da osservare che non tutti fanno derivare<br />
la sonata dalla canzone; M. Praetorius, per esempio, ci chiarisce quale fosse la<br />
pratica <strong>it</strong>aliana, dicendo che la sonata è un pezzo strumentale che procede con<br />
grav<strong>it</strong>à e dign<strong>it</strong>à, mentre la canzone procede leggera, gioiosa e sped<strong>it</strong>a.<br />
Il “concerto” nasce come insieme di pezzi vocali per doppio coro con<br />
accompagnamento strumentale; il termine si trova per la prima volta<br />
in”Trattenimenti, ossia divertimenti da sonare” (1587) del violinista Scipione<br />
Bargaglia, quale definizione di una composizione per uno strumento principale.<br />
Per il suo sviluppo vedi oltre.<br />
Nella prima metà del ‘500 appare il genere della “fantasia”, componimento per<br />
liuto e poi per più strumenti, in <strong>stile</strong> fugato prima, quindi in forme libere, su temi<br />
originali o tratti da musiche preesistenti, d’indole estrosa e improvvisatoria; Italia<br />
e Spagna ne furono i luoghi d’origine (si ricordano tra i primi compos<strong>it</strong>ori di<br />
questo tipo di <strong>musica</strong> Francesco da Milano e Simone Molinaro).<br />
Tra le nuove idee <strong>musica</strong>li appare anche il ”capriccio”, componimento strumentale<br />
di forma varia e libera, di carattere fantasioso; i primi capricci stampati furono<br />
quelli per liuto di Francesco Roncalli e quelli per strumenti vari di Francesco<br />
Stivori, tutti pubblicati nel 1594 (nel secolo XVIII il capriccio assumerà un carattere<br />
virtuosistico).<br />
La “toccata” per strumenti a tastiera (da toccare) risale alla fine del secolo con i<br />
due Gabrieli, con i quali la <strong>musica</strong> strumentale raggiunge la ricchezza e la<br />
811
policromia di quella vocale con impianti tematici assai liberi e vaghi, con la<br />
prevalenza di un discorso più fluido e vario, di un fare piuttosto improvvisatorio.<br />
Altrettanto importante è la figura di Claudio Merulo (Merlotti) per le musiche<br />
organistiche (toccate, capricci, ricercari, ecc.) che sviluppano al di là delle<br />
posizioni gabrieline il senso e la tecnica della scr<strong>it</strong>tura strumentale pura, in un<br />
fluido discorso cui il virtuosismo dona nuovi splendori di suono.<br />
Si chiamavano sinfonie sia le composizioni vocali-strumentali (come le Sacrae<br />
symphoniae di G. Gabrieli), sia quelle puramente strumentali, di varia forma e<br />
destinazione (per esempio gli interventi brevi dell’orchestra tra i pezzi vocali nel<br />
melodramma). Nel secolo XVII il nome è spesso sinonimo di sonata che, quando<br />
era esegu<strong>it</strong>a da più di tre strumenti, diventava un pezzo sinfonico nel senso<br />
moderno. A partire dalla seconda metà del secolo si dissero sinfonie le<br />
introduzioni ad opere di teatro (per lo sviluppo della forma vedi oltre).<br />
Una tecnica violinistica embrionale andava sorgendo dalle fior<strong>it</strong>ure e dai piccoli<br />
contrappunti con i quali gli strumentisti, improvvisando, ornavano le loro parti; i<br />
principi sui quali si basavano le improvvisazioni furono teorizzati da Giovanni<br />
Bassano da Venezia che nel 1585 scrisse “per insegnare ai musicisti l’arte di<br />
eserc<strong>it</strong>arli nelle diminuzioni e nelle variazioni “.<br />
A partire dal secolo XVI si sviluppa pertanto la strumentazione, quando gli<br />
strumenti cominciano a sost<strong>it</strong>uirsi alle voci; si scrivono i primi trattati sulle<br />
tecniche di esecuzione. Grande esecutore oltre che musicologo, Silvestro Ganassi<br />
del Fontego, suonatore di flauto dir<strong>it</strong>to, lasciò per il suo strumento<br />
l’importantissima opera “Fontegara” (1535), scrisse per la viola la celebre “Regola<br />
Rubertina” (1544).<br />
Di Vincenzo Galilei che scoprì tre inni greci del II secolo d.C. e fu uno dei pionieri<br />
<strong>dello</strong> <strong>stile</strong> monodico abbiamo importanti trattati: “Il Fronimo”, dialogo sopra l’arte<br />
del bene intavolare e rettamente suonare la <strong>musica</strong> di liuto (1568) e “Dialogo della<br />
<strong>musica</strong> antica e moderna” (1582).<br />
Un notevole trattato sul modo di suonare l’organo e il clavicembalo è quello di<br />
Girolamo Deruta, dal t<strong>it</strong>olo “Il transilvano”, dedicato al principe Bathory di<br />
Transilvania, in forma di dialogo, composto di due parti: la prima, pubblicata nel<br />
1593, si int<strong>it</strong>ola ”Dialogo sopra il vero modo di sonare organi e instrumenti di<br />
penna”, una somma di istruzioni tecniche, come per esempio la d<strong>it</strong>eggiatura;<br />
l’altra parte è del 1609 e vi sono esposte dottrine contrappuntistiche e istruzioni<br />
circa la trasposizione e la registrazione organistica. “Il transilvano”, opera che<br />
sembra per molti aspetti precorrere i tempi, cost<strong>it</strong>uisce uno dei cardini<br />
dell’evoluzione della tecnica organistica e cembalistica.<br />
812
Il “Trimarone” di Ercole Bottrigari, traduttore dei cinque libri di Boezio <strong>sulla</strong><br />
<strong>musica</strong>, deve essere considerato il primo trattato di paleografia <strong>musica</strong>le.<br />
Anche la vocal<strong>it</strong>à ebbe i suoi cultori: Giovan Battista Bovicelli, cantore, scrisse<br />
”Regole, Passaggi di <strong>musica</strong>, Madrigali e Mottetti”, importante per la pratica del<br />
canto.<br />
Domenico Pietro Cerone, cantore alla corte di Madrid, scrisse due lavori didattici,<br />
”Regole per il canto fermo” e “El melopeo y maestro tractado de <strong>musica</strong>” (1613),<br />
molto diffuso e studiato nel secolo XVII.<br />
Nel campo della polifonia la <strong>musica</strong> della Chiesa romana che dal XIII al XVI secolo<br />
era andata facendosi arida e artificiosa r<strong>it</strong>rovò una propria v<strong>it</strong>al<strong>it</strong>à nel periodo<br />
della Controriforma, cioè nella seconda metà del ‘500.<br />
Grande innovatore fu Giovanni Pierluigi da Palestrina, il punto più alto<br />
nell’evoluzione della polifonia vocale, culmine di tutta l’arte <strong>musica</strong>le del tempo,<br />
rimanendo mo<strong>dello</strong> <strong>dello</strong> <strong>stile</strong> a cappella (cioè a sole voci); con lui la <strong>musica</strong> si<br />
libera dalle artificios<strong>it</strong>à contrappuntistiche fiamminghe, portandosi alla più pura<br />
espressione lirica, nel graduale avvicinamento allo <strong>stile</strong> armonico, distinguendosi<br />
per magnificenza sonora e senso di profondo misticismo. Le sue composizioni<br />
denotano la fedele aderenza della <strong>musica</strong> alla parola; ad esse si ispirarono molti<br />
musicisti tra cui T. L. da Victoria che studiò e operò a Roma, C. Morales e G.<br />
Aichinger. Il Palestrina fu ammirato da grandi compos<strong>it</strong>ori come J. S. Bach che<br />
strumentò una sua messa, e da R. Wagner che lo tenne presente nel “Parsifal”.<br />
Mentre la scuola romana eccelleva nel genere sacro, quella veneziana si dedicava<br />
soprattutto al genere profano e strumentale. Lo <strong>stile</strong> della scuola di S. Marco è<br />
portato alla sonor<strong>it</strong>à, alla varietà e alla duttil<strong>it</strong>à dei raggruppamenti vocali e<br />
vocali-strumentali, caldo e luminoso nella nettezza del disegno arch<strong>it</strong>ettonico.<br />
Venezia attira moltissimi musici stranieri, indotti alla policromia dallo splendore<br />
della Serenissima. Maestro della composizione a più cori secondo lo <strong>stile</strong><br />
veneziano fu J. Gallus (J. Handl, austriaco) (sec. XVI); i maestri di Augusta in<br />
Germania praticarono lo <strong>stile</strong> fugato di tipo veneziano.<br />
I più grandi rappresentanti della scuola veneziana nel secolo XVI furono Andrea e<br />
Giovanni Gabrieli; il primo, maestro di H. L. Hassler, vis<strong>it</strong>ò insieme con il<br />
fiammingo Orlando di Lasso la Baviera, la Boemia e la Renania nel 1562 al segu<strong>it</strong>o<br />
di Alberto V; il secondo, nipote di Andrea, dimorò a Monaco per quattro anni. Egli<br />
è considerato il primo autore di <strong>musica</strong> veramente orchestrale, con cori a otto,<br />
dodici, sedici voci e con accompagnamento di organo, flauti, viole, cornetti,<br />
tromboni come appoggio alle voci umane; con l’invenzione tematica spezza i<br />
vincoli della condotta polifonica franco-fiamminga, avviando a un discorso<br />
melodico e ad audacie descr<strong>it</strong>tive, equilibrate da un gusto finissimo, la somma<br />
813
potenza della sua espressione “coloristica” (ricchezza di toni e chiaroscuri),<br />
raggiunta nella fusione dei timbri strumentali con i vocali.<br />
H. Schutz che a Cassel aveva avuto per maestro G. Otto, polifonista di scuola<br />
veneziana, fu inviato dal langravio di Assia-Cassel (che già nel 1605 aveva<br />
mandato per studio a Venezia G. Cornet) alla scuola di Giovanni Gabrieli; egli<br />
pubblicò nel 1611 una raccolta di madrigali <strong>it</strong>aliani nello <strong>stile</strong> di Claudio<br />
Monteverdi e Gesualdo da Venosa (vedi oltre) e l’anno seguente tornò in<br />
Germania, dove compose musiche concertanti per voce e strumenti che int<strong>it</strong>olò<br />
sinfonie sacre, come le analoghe composizioni di Giovanni Gabrieli; egli trapiantò<br />
nella <strong>musica</strong> sacra tedesca le conquiste della scuola polifonica veneziana (la<br />
tecnica policorale, il genere vocale-strumentale) e lo <strong>stile</strong> della monodia<br />
accompagnata, diede notevole sviluppo alle forme dell’oratorio in Germania.<br />
Subì l’influsso del musicista veneziano M. Praetorius (M. Schulz), appassionato<br />
apostolo <strong>dello</strong> <strong>stile</strong> concertante <strong><strong>it</strong>aliano</strong>.<br />
Quando i comp<strong>it</strong>i della scuola veneziana, il coronamento della polifonia vocale e<br />
strumentale rigorosa e la defin<strong>it</strong>iva conquista dei mezzi espressivi puramente<br />
strumentali, sono ormai assolti, ecco allora Claudio Monteverdi che riesce a<br />
trasferire gli <strong>stile</strong>mi di quella polifonia nell’edificio nuovo in cui egli sta lavorando,<br />
quello <strong>dello</strong> <strong>stile</strong> concertante ove scopre il modo di rendere veramente <strong>musica</strong>le il<br />
nuovo <strong>stile</strong> rappresentativo che gli offrono i musicisti fiorentini della Camerata<br />
(vedi oltre).<br />
Con l’affermarsi della <strong>musica</strong> strumentale cominciò ad avere importanza l’insieme<br />
orchestrale con un direttore; nel Rinascimento i fiati davano la base e gli archi<br />
erano usati soprattutto per gli effetti patetici. L’util<strong>it</strong>à, anzi la necess<strong>it</strong>à di dare<br />
una guida r<strong>it</strong>mica ed espressiva ad un gruppo di esecutori è enunciata da<br />
Ludovico Zacconi, cantore aulico a Graz e a Monaco, nella “Prattica di <strong>musica</strong>”<br />
(1592), in cui accenna alle nuove funzioni del maestro di cappella che come<br />
direttore si era lim<strong>it</strong>ato fino allora ad indicare il tempo e ad equilibrare le voci.<br />
Da adesso fino al secolo XVIII egli ha il comp<strong>it</strong>o, oltre che di comporre la <strong>musica</strong><br />
sacra e profana, strumentale e vocale, e di allestire le rappresentazioni, anche<br />
quello di dirigere, come primo violino, il complesso degli strumentisti e dei<br />
cantanti.<br />
Per quanto riguarda l’insegnamento della <strong>musica</strong>, la più antica accademia è la<br />
chigiana di Siena (1469); a Napoli sorse il primo conservatorio, S. Maria di Loreto,<br />
risalente al 1537; furono fondati poi quelli di Roma e di Bologna che furono<br />
largamente im<strong>it</strong>ati in tutta Europa (questo nome fu proprio degli ist<strong>it</strong>uti sorti per il<br />
ricovero degli orfanelli e trovatelli, e famosi per l’educazione <strong>musica</strong>le data ai<br />
giovanetti ricoverati).<br />
814
Innumerevoli furono i musici e i cantori <strong>it</strong>aliani chiamati all’estero dalla fine del<br />
secolo XV.<br />
Pietro e Simone Mercelli furono chiamati a Parigi nel 1497 come cantori nella<br />
Sainte Chapelle.<br />
In Francia la regina Anna, consorte di Carlo VIII, fece venire dall’Italia<br />
un’orchestrina di sei suonatori di tromba, tra cui Gian Domenico e Mariano da<br />
Milano e Niccolò da Verona, giudicati “li migliori trombetti del mondo”, che<br />
accompagnarono Galeazzo Sanseverino alla corte dei due sovrani; alcuni di loro<br />
rimasero in Francia.<br />
Organisti, suonatori di cornetto e trombone, liutisti e frottolisti lombardi, veneti e<br />
fiorentini, influenzarono l’arte dei canzonisti francesi.<br />
Luigi Rodilli, organista, fu maestro della cappella di Luigi XIII; Francesco e<br />
Alemanno Ajolla furono organisti a Lione.<br />
La concessione di un privilegio da parte del re di Francia per la stampa veneziana<br />
dei ricercari di Marcantonio Cavazzoni (1523) fa pensare ad una dimora a Parigi di<br />
quell’organista di fama internazionale; con lui nacque la prima vera testimonianza<br />
di una letteratura <strong>musica</strong>le per strumenti a tastiera, emancipata dai modelli vocali.<br />
Verso il 1530 Regolo Vecoli, suonatore di cornetto, fu a Lione e a Parigi dove si<br />
distinse anche come madrigalista.<br />
Alla corte di Francesco I dal 1530 troviamo gli strumentisti Bartolomeo, Maso e<br />
Paolo da Milano, Niccolò e Domenico da Lucca, Francesco da Birago, Francesco da<br />
Cremona, Cristoforo e Simone da Piacenza, Pietro Pagano; i virtuosi di tiorba<br />
Cristoforo Daressa e Jacopo Darobio, di tromba Giovanni del Maino, di cornetto<br />
Agostino Campagna, Giovan Battista e Marco da Verona, di liuto Pier Paolo Baroni,<br />
Alberto Trami, Antonio Francesco Paladini e suo figlio Giovanni Paolo (questi<br />
ultimi due passarono poi presso il duca di Lorena a Lione nel ’49).<br />
Celebre fu il liutista Alberto da Ripa, detto Alberto mantovano, che divenne<br />
signore di Carois, “valet de chambre” anche sotto Enrico II; suonò davanti<br />
all’imperatore Carlo V e al re d’Inghilterra Enrico VIII, scrisse sei libri di<br />
intavolature per liuto, fu maestro di G. de Morlaye. Con Francesco da Milano,<br />
anch’egli al servizio di Francesco I, fu il caposcuola dei liutisti francesi.<br />
Presso la casa di Lorena fu maestro di cappella del duca nel 1526 Luigi Lombardo,<br />
al servizio del cardinale nel 1542 Marco Antonio Gagliardelli e Vincenzo Mandini;<br />
nel 1576 troviamo Nicolò da Firenze, violinista, nel ‘79 Claudio da Firenze,<br />
virtuoso di viola e Giovanni Gastinchi, suonatore di cornamusa.<br />
Fabrizio Marino fu maestro di cappella nella cattedrale di Toul e poi al servizio<br />
della corte, dove dal 1580 al ’90 si esibì come liutista Jacopo d’Agnone.<br />
815
Pietro Romanelli fu cantore nella Sainte Chapelle a Parigi nel 1571; Guglielmo<br />
Gabriele Boni, maestro di cappella nella cattedrale di S. Stefano a Tolosa, musicò<br />
le poesie di Ronsard; Alessandro Striggio senior si distinse a Parigi come<br />
compos<strong>it</strong>ore, organista e liutista nel 1567, fu poi a Londra e nelle Fiandre.<br />
A Lione furono chiamati violinisti piemontesi, tra cui Bartolomeo e Francesco<br />
Dardon, Luca da Partigliano (1542) e Pietro Mannucci, organista (1568).<br />
In segu<strong>it</strong>o troviamo in Francia Battista Delfinone, musico nel 1572 alla corte di<br />
Carlo IX, i madrigalisti Francesco Rosselli e Giulio Cesare Brancaccio, autori di<br />
“chansons”, Carlo e Nicolò Andreini, Cesare Delfino, Carlo Baja, Girolamo e Carlo<br />
Mazarini, strumentisti nell’orchestra di corte di Enrico III. Caterina de’Medici<br />
chiamò molti violinisti per insegnare l’arte <strong>dello</strong> strumento ai francesi “qui ne<br />
valoient rien”; tra loro era il Baltazarini, il primo forse ad usare il violino a quattro<br />
corde (vedi lez. n. 44).<br />
Per quanto riguarda l’attiv<strong>it</strong>à dei musici <strong>it</strong>aliani in Inghilterra, tra il 1483 e il 1504<br />
troviamo a corte Peter de Casa Nova, mynstrel; nel 1516 l’organista veneziano fra<br />
Dionisio Memo e molti altri strumentisti di Venezia, Vicenza, Cremona, Milano,<br />
ecc. Il cantante Davide Rizzio secondo la tradizione fu autore di testi scozzesi alla<br />
corte di Maria Stuarda, dove morì assassinato nel 1566, per gelosia, dal Darnley,<br />
secondo mar<strong>it</strong>o della regina.<br />
L’influenza madrigalistica <strong>it</strong>aliana compare chiaramente in A. Weelkes e in J.<br />
Wilbye che ancor giovanissimi poterono conoscere i cinquantasette madrigali<br />
<strong>it</strong>aliani della “Musica transalpina” di N. Yonge (1588) e che si diedero<br />
all’assimilazione di quest’opera raffinata; seguirono il nuovo indirizzo T. Morley<br />
che compose un balletto nello <strong>stile</strong> di Gastoldi, G. Tomkins, J. Ward e O. Gibbons.<br />
Fu in Italia nel 1604 J. Cooper (Coperario).<br />
Nel ‘500 prendono dimora stabile in Inghilterra le prime famiglie di musicisti<br />
<strong>it</strong>aliani: i Bassani o Bassano danno ben sedici rappresentanti alla corte inglese,<br />
due i Da Como, otto o nove i Lupo, liutisti e violinisti, sei i Ferabosco, tra i quali<br />
eccelsero Alfonso I, musico della regina Elisabetta (1562), Alfonso II al servizio<br />
della corte nel 1592, maestro del principe Carlo (futuro Carlo II).<br />
Servirono la casa d’Austria nel corso del secolo XVI il madrigalista Giorgio Florio, il<br />
suonatore di trombone Baldassarre Cornazzani presso Ferdinando I e<br />
Massimiliano II a Vienna dal 1552 al ’72, e poi a Graz presso l’arciduca Carlo II cui<br />
nel ’72 Silvio Casentini dedicò il primo libro di madrigali; Pinello de Gherardi,<br />
tenorista, chiamato a Praga da Rodolfo II nel 1577 (dopo due anni passati ad<br />
Innsbruck) e nel ’84, che diffuse lo <strong>stile</strong> veneziano; Camillo Zanotti, cantore e<br />
compos<strong>it</strong>ore a Vienna nel ’71 e a Praga come vicemaestro della cappella di corte<br />
dal ’86 al ’91; qui troviamo anche Gregorio Turini, cantore, compos<strong>it</strong>ore e<br />
816
suonatore di cornetto, autore tra l’altro di canzoni su testo tedesco a quattro voci<br />
in <strong>stile</strong> di villanella; Alessandro Orologi che fu tra i primi a diffondere nelle corti<br />
austriache e tedesche il gusto degli strumenti a fiato (nel 1618 fu direttore del<br />
coro della cappella di Garsten); gli organisti Francesco Milleville (1590), Guglielmo<br />
de Formellis, Liberale Zanchi dal 1596 al 1612 (dopo essere stato maestro di<br />
cappella dell’arcivescovo di Salisburgo), Tiburzio Massaini, contrappuntista e<br />
compos<strong>it</strong>ore (già ad Innsbruck come cantore dell’arciduca Ferdinando, direttore<br />
nel ’91 della cappella arcivescovile di Salisburgo e poi a Monaco); Giovan Battista<br />
Galeno, cantore aulico (dopo avere serv<strong>it</strong>o l’arciduca a Graz e la corte di Monaco);<br />
l’organista Claudio Branieri; il liutista Giovan Battista della Gostena; Bernardo<br />
Dusi, celebre suonatore di trombone; Costantino Ferabosco, compos<strong>it</strong>ore;<br />
Francesco Maria Bazzini, tiorbista e compos<strong>it</strong>ore.<br />
Anche a Graz si avvicendarono numerosi musicisti e cantori <strong>it</strong>aliani; al servizio<br />
della corte arciducale fu il grande organista Annibale Padovano dal 1566, maestro<br />
di cappella dal ’70 al ’75, che introdusse in Austria lo <strong>stile</strong> veneziano, un<strong>it</strong>amente<br />
a Dionigi Fabbri, Annibale Perini e Francesco Rovigo, organisti e compos<strong>it</strong>ori, tra i<br />
primi rappresentanti della <strong>musica</strong> strumentale. Il Fabbri resse interinalmente la<br />
cappella dal ’75 al’81; fu suo successore Simone Gatti, suonatore di trombone, a<br />
corte dal ’72, che chiamò Ercole e Mattia Ferabosco, suonatori di trombone, e<br />
Orazio Cornazzani, organista, passato poi ad Innsbruck.<br />
Pietro Antonio Bianco o de’Bianchi, detto Annutini, fu al servizio dell’arciduca<br />
Ferdinando dal 1597 al 1611, fece venire presso la cappella di corte a Graz molti<br />
musicisti <strong>it</strong>aliani che diffusero il nuovo <strong>stile</strong> monodico (vedi avanti), tra i quali<br />
ricordiamo Bartolomeo Cesana; con il Bianco entrò in Austria lo <strong>stile</strong> concertante<br />
di Ludovico Grossi da Viadana che aveva applicato lo <strong>stile</strong> monodico anche alla<br />
<strong>musica</strong> sacra, segnando l’inizio del tramonto della polifonia di impronta<br />
fiammingo-veneziana fino allora in auge in Austria (ricordiamo che il Viadana nel<br />
1596 aveva ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o il basso continuo, forma di accompagnamento con il liuto o<br />
con il cembalo a fondamento e sostegno del pezzo <strong>musica</strong>le; Agostino Agazzari,<br />
organista e compos<strong>it</strong>ore-sec.XVI-XVII- divulgherà il sistema nel trattato ”Del<br />
suonare sopra il basso con tutti gli strumenti” in cui è già delineato il concetto di<br />
strumentazione).<br />
Nel 1581 fu a Graz Mattia Ferabosco; dopo un soggiorno a Monaco e a Ratisbona<br />
nel ’85, rientrò e fu nominato nel 1603 vicemaestro della cappella di corte sotto la<br />
direzione del Bianco; dal’11 la resse interinalmente fino al ’14.<br />
Ad Innsbruck fu al servizio della corte dal 1581 al ’85 il liutista Camillo da Crema.<br />
Le corti di Baviera e Sassonia fecero il possibile per avere dall’Italia musicisti di<br />
prim’ordine; a Monaco troviamo il liutista Cosmo Bottegari al servizio di Alberto V,<br />
817
detto il magnanimo, che introdusse in Baviera con i gesu<strong>it</strong>i la Controriforma<br />
(1566); Giovan Battista Morsellino, organista della cappella di corte sotto la<br />
direzione di Orlando di Lasso, fiammingo dall’educazione <strong>it</strong>aliana; Simone Gatti,<br />
suonatore di trombone, dal 1568 al ’71 con Massimo Troiano, compos<strong>it</strong>ore,<br />
attore, poeta e cantante che, già al servizio dei Fugger ad Augusta, scrisse un<br />
resoconto delle feste tenute a Monaco nel ’68 per le nozze di Guglielmo V e<br />
Renata di Lorena. Il Troiano ebbe come compagno Orlando di Lasso in una<br />
rappresentazione di commedia <strong>musica</strong>le; intervallate da musiche brevi e leggere e<br />
da serie di danze, le commedie comuni, non erud<strong>it</strong>e, le farse e le commedie<br />
“all’improvviso o all’<strong>it</strong>aliana”, sorte nella seconda metà del ‘500, si giovavano di<br />
cantanti e strumentisti; i comici facevano entrare suonatori di canzoni, cantori di<br />
madrigaletti, villanelle e villotte amene e salaci; forse gli stessi attori suonavano i<br />
liuti e altri strumenti a fiato; gli zanni, i servi, cantavano e danzavano alla fine di<br />
ogni atto, negli “intermedi ridicoli”, per riposo degli attori e per diletto degli<br />
spettatori.<br />
Nel 1573 arrivarono i Cornazzani, Baldassarre (già c<strong>it</strong>ato), Alberto, organista, e<br />
Fileno, organista, suonatore di trombone e cornetto; Pinello de Gherardi (già<br />
c<strong>it</strong>ato) fu nel 1569 alla cappella di corte a Landshut con la quale si recò a Monaco,<br />
nel ’80 andò a Dresda per succedere ad Antonio Scan<strong>dello</strong> come maestro di<br />
cappella ma, osteggiato dai musicisti tedeschi, vi restò solo fino al ’84.<br />
Ricordiamo inoltre Vincenzo dal Pozzo, contraltista, Cesare Zacharia (dal 1594<br />
attivo a Scheer sul Danubio), Girolamo della Casa, Antonio Morari, Giulio Gigli, i<br />
fratelli Guami (Gioseffo come organista e compos<strong>it</strong>ore, Francesco come suonatore<br />
di trombone, attivo poi a Baden Baden come maestro di cappella), gli organisti e<br />
compos<strong>it</strong>ori Stefano Rossetti, Bernardo Mosto, Manfredo Barbarini (Lupi) che<br />
pubblicò opere a Monaco e in Svizzera.<br />
In Sassonia ricordiamo i tre Scan<strong>dello</strong>, soprattutto Antonio, suonatore di cornetto,<br />
che nella sua “Passione” annuncia accenti bachiani; predecessore di Schutz, fornì<br />
gli adattamenti <strong>musica</strong>li per la storia della Resurrezione di Cristo da suonare per<br />
le festiv<strong>it</strong>à pasquali a Dresda.<br />
In questa c<strong>it</strong>tà troviamo anche Teodoro Riccio che nel 1575 divenne maestro di<br />
cappella del margravio di Brandeburgo ad Ansbach e con lui nel ‘78 si trasferì a<br />
Konigsberg per rientrare ad Ansbach nel ’85.<br />
Nel 1580 furono chiamati a Dresda come strumentisti i già c<strong>it</strong>ati Alessandro<br />
Orologi e Bernardo Dusi.<br />
Diciamo infine che in Germania in questo periodo si diffusero canzonette e balletti<br />
di Giulio Cesare Gastoldi e Luca Marenzio.<br />
818
J. Meiland, autore di lieder, introdusse il tipo della villanella <strong>it</strong>aliana, resa popolare<br />
in tutta Europa da Giovanni Ferretti (sec.XVI-XVII), autore di tali composizioni in<br />
<strong>stile</strong> madrigalesco; ad esse si ispirerà il tedesco J. Schein in una sua opera.<br />
La vivac<strong>it</strong>à culturale e sociale del periodo fra Rinascimento e Barocco favorisce la<br />
produzione di un repertorio <strong>musica</strong>le dai temi e dai caratteri popolari basati su<br />
semplici strutture strofiche e su r<strong>it</strong>mi di danza; all’aulico madrigale si sost<strong>it</strong>uisce a<br />
poco a poco la canzonetta, leggera, galante, spir<strong>it</strong>osa, ambigua, a volte anche<br />
dialettale, quasi sempre per voce sola -talvolta per due o tre voci dialoganti- e<br />
basso continuo, in cui il protagonista è sempre e comunque l’amore.<br />
Per quanto riguarda i musicisti <strong>it</strong>aliani in altre parti d’Europa, sappiamo che in<br />
Ungheria si recarono i compos<strong>it</strong>ori Pietro Bono, Giuseppe Biffi, Giovan Battista<br />
Mosto e forse Claudio Monteverdi nel 1595; in Spagna Dionisio Memo e Gian<br />
Pietro Flaccomio, compos<strong>it</strong>ore di corte presso Filippo III. In Polonia abbiamo sicura<br />
notizia di un Diomede Cato, allevato colà sin dall’infanzia e divenuto famoso; il<br />
grande madrigalista Luca Marenzio fu dal 1596 al ’98 a Varsavia come maestro di<br />
Sigismondo III; furono alla sua corte Vincenzo Bertolusi, Alessandro Cilli, Vincenzo<br />
Lilio, Francesco Milleville, Giulio Osculati, Alfonso Pagani, Annibale Stabile,<br />
Fabrizio Tiranni che introdussero lo <strong>stile</strong> veneziano.<br />
Un evento molto importante nella storia della <strong>musica</strong> fu la nasc<strong>it</strong>a e l’affermazione<br />
della monodia accompagnata e del dramma in <strong>musica</strong>.<br />
Sotto la spinta della scuola fiamminga, impersonata soprattutto da A. Willaert, era<br />
venuta in Italia la moda di un contrappunto rigidissimo; gli artisti <strong>it</strong>aliani che ben<br />
diversamente erano ispirati, sentirono che la <strong>musica</strong> soltanto era capace di<br />
esprimere i loro sentimenti, a scap<strong>it</strong>o tuttavia della poesia. Occorreva equilibrare<br />
le parti; verso la fine del ‘500 questo stato della <strong>musica</strong> vocale divenne argomento<br />
di discussioni nei circoli <strong>it</strong>aliani e si creò una cr<strong>it</strong>ica poetica al servizio della<br />
<strong>musica</strong>; si cominciò a prendere in considerazione il componimento poetico in<br />
quanto espressione.<br />
Per giungere ad una chiarificazione occorreva valorizzare la poesia che nella<br />
<strong>musica</strong> doveva avere maggior risalto; il contrappunto passerà agli strumenti.<br />
Così in Italia, in virtù di uno <strong>stile</strong> più raffinato, si andò sviluppando, come già<br />
accennato, il madrigale lirico, con la tendenza verso la melodia che si libererà in<br />
un puro canto monodico accompagnato; nei madrigali di Luca Marenzio la <strong>musica</strong><br />
è venata di sentimentale malinconia per le modulazioni del cromatismo,<br />
sottolineanti le parole in uno spir<strong>it</strong>o quasi romantico.<br />
Gesualdo da Venosa (sec.XVI-XVII), sperimentatore sol<strong>it</strong>ario, si espresse con<br />
estrema audacia stilistica, con l’esasperata tensione delle alterazioni cromatiche,<br />
usate per ottenere nuovi effetti emotivi, dalla modern<strong>it</strong>à di concezione e<br />
819
ispirazione; compose melodie cromatiche e poi le unì senza preoccuparsi<br />
dell’integr<strong>it</strong>à armonica (la sua <strong>musica</strong> sarà esaltata nel XX secolo, specialmente da<br />
J. Stravinskij).<br />
Lo sviluppo ulteriore è indirizzato verso il madrigale drammatico o dialogato,<br />
spesso di genere comico, che cost<strong>it</strong>uisce uno dei precedenti del melodramma<br />
(primeggiano in questo tipo Orazio Vecchi, Giovanni Croce, Adriano Banchieri,<br />
Alessandro Striggio senior), e più in là verso il madrigale concertato, a voce e<br />
strumenti; il suo posto infine sarà preso dalla cantata (vedi avanti).<br />
Ricordiamo anche Sigismondo d’India, dal 1622 al ’27 presso la corte sabauda,<br />
autore di madrigali in uno <strong>stile</strong> molto interessante per la chiara tendenza alla<br />
monodia.<br />
Verso il 1575 nelle corti di Mantova, Ferrara e Urbino cominciò a svilupparsi<br />
interesse per un nuovo genere misto di poesia, di scena e di <strong>musica</strong>, ancora<br />
informe, ma che è da considerarsi diretto precedente del dramma per <strong>musica</strong>: è<br />
questo l’intermedio delle tragedie e delle commedie erud<strong>it</strong>e, nel quale si<br />
comprendono parti vocali e strumentali con coro e senza. Esso era nato, secondo<br />
il concetto dei letterati del tempo, con il preciso comp<strong>it</strong>o di distrarre gli spettatori<br />
dalla troppa attenzione che il dramma richiedeva, in quanto più il dramma<br />
perdeva serietà tanto più doveva diventare spettacolare e allora lo spettacolo<br />
cominciava a prendere il sopravvento <strong>sulla</strong> narrazione. Così l’elemento<br />
drammatico decadeva e si affermava quello <strong>musica</strong>le, quasi presentando la sua<br />
ormai prossima rivoluzione melodrammatica; ad un atteggiamento di ostentata<br />
letterarietà si affianca un’ostentata <strong>musica</strong>l<strong>it</strong>à, anche se siamo ancora allo spir<strong>it</strong>o<br />
madrigalistico.<br />
Accanto all’intermedio una nuova forma drammatica si era nel frattempo<br />
sviluppata, destinata a riscuotere un improvviso successo, la favola pastorale; è<br />
considerato come primo esempio “Il sacrificio” di Agostino Beccari (1554),<br />
<strong>musica</strong>ta da Alfonso della Viola; la <strong>musica</strong> vi aveva parte non solo per cori e<br />
intermedi, ma anche per qualche scena che era parte integrante della<br />
composizione. Nell’ultimo ventennio del XVI secolo si formò intorno a Giovanni<br />
de’Bardi in Firenze una riunione (Camerata) di umanisti, letterati e musici, animati<br />
dal comune desiderio di un rinnovamento della <strong>musica</strong> dallo <strong>stile</strong> polifonico a<br />
quello che fu detto “ rappresentativo”, cioè al monodico, che essi intendevano<br />
modellare su quello degli antichi tragedi greci; si voleva introdurre la <strong>musica</strong> nelle<br />
tragedie e nelle commedie, ideando la forma in cui <strong>musica</strong> e teatro avrebbero<br />
meglio potuto fondersi.<br />
Anima della Camerata fu il Bardi; pensatore e consigliere fu Vincenzo Galilei, il<br />
padre di Galileo; poeta fu Ottavio Rinuccini; compos<strong>it</strong>ori principali Giulio Caccini,<br />
820
detto Giulio Romano, e Jacopo Peri, cantore, detto Zazzerino, cui liberamente si<br />
accosta Emilio de’Cavalieri.<br />
La Camerata dei Bardi scopre il “rec<strong>it</strong>ar cantando”, un connubio che risolve il<br />
problema posto. Le discussioni permisero di stabilire i due settori della tragedia<br />
greca, uno <strong>musica</strong>le per il coro, e uno a-<strong>musica</strong>le per la scena. Come si poteva<br />
adesso fare entrare la <strong>musica</strong> in un dramma in cui la poesia tratta da<br />
protagonista? Il “rec<strong>it</strong>ar cantando” è defin<strong>it</strong>o dal Caccini come una “cosa mezzana<br />
che prende tanto della <strong>musica</strong> come delle parole per potere lasciare indipendenti<br />
l’una e l’altra”; si pensava che il rec<strong>it</strong>are fosse composto da due elementi, l’azione<br />
e la med<strong>it</strong>azione. In questa la <strong>musica</strong> poteva dominare e in questo momento<br />
nasce l’aria; ed esiste anche l’azione dove la <strong>musica</strong> poteva sì sussistere ma<br />
soggetta alla parola, e abbiamo qui il rec<strong>it</strong>ativo. Esistono poi accordi orchestrali<br />
che cost<strong>it</strong>uiscono il rec<strong>it</strong>ativo accompagnato, mentre il solo clavicembalo<br />
cost<strong>it</strong>uisce il rec<strong>it</strong>ativo secco. La rec<strong>it</strong>azione è <strong>musica</strong>le ed è estremamente<br />
intellegibile.<br />
Nasce così il dramma per <strong>musica</strong> che solo in un secondo momento diverrà<br />
melodramma, ed opera lirica; allora la <strong>musica</strong> prevarrà sul testo, mentre adesso è<br />
semplicemente l’opposto.<br />
Il “rec<strong>it</strong>ar cantando” esalta la chiarezza della parola e del discorso <strong>musica</strong>le e si<br />
può considerare la reazione <strong>it</strong>aliana al complesso <strong>stile</strong> polifonico, con la<br />
semplificazione della scr<strong>it</strong>tura in cui le finezze dell’armonia sost<strong>it</strong>uiscono quelle<br />
elaboratissime del contrappunto polifonico, accusato di rendere impossibile la<br />
comprensione del testo e di vanificare la potenzial<strong>it</strong>à espressiva della melodia in<br />
rapporto con la parola.<br />
Di conseguenza avvenne, tra il 1590 e il 1600, che lo <strong>stile</strong> semi-popolaresco e<br />
virtuosistico dei cosiddetti ”cantori al liuto” subisse una netta trasformazione<br />
sotto l’impulso dei nuovi sensi “drammatici” ed esplic<strong>it</strong>amente “rappresentativi”.<br />
Il 6 Ottobre del 1600 andò in scena a Firenze ”Euridice”, favola in <strong>musica</strong> di Jacopo<br />
Peri, con inserti (arie) di Giulio Caccini, su libretto di Ottavio Rinuccini,<br />
provocando “l’infin<strong>it</strong>o stupore” del pubblico, ma la più antica opera teatrale in<br />
<strong>musica</strong> è “Dafne” di Jacopo Corsi (1594) su testo <strong>dello</strong> stesso Rinuccini, di cui<br />
restano solo frammenti. Il tratto caratteristico della prima opera è pertanto il<br />
canto solistico con accompagnamento strumentale (monodia accompagnata) e<br />
con la prevalenza del “rec<strong>it</strong>ativo declamato”; in esse veniva curata soprattutto<br />
l’espressione drammatica. Nello <strong>stile</strong> monodico il canto ad una voce non è più<br />
basato sul valore della sillaba (come avveniva nella polifonia), ma <strong>sulla</strong> resa del<br />
testo poetico; la libertà r<strong>it</strong>mica diventa libertà ed efficacia espressiva.<br />
821
Nel 1602 Giulio Caccini pubblica la raccolta di brani vocali”Nuove musiche” nella<br />
struttura monodica del suo rec<strong>it</strong>ativo operistico con l’accompagnamento del<br />
basso continuo, vero e proprio manifesto del movimento antipolifonico che<br />
contribuì allo sviluppo della cantata e dell’oratorio (vedi avanti).La pratica vocale<br />
gli deve molto; in lui troviamo segnata la via che dal “rec<strong>it</strong>ar cantando” <strong>dello</strong> <strong>stile</strong><br />
rappresentativo condurrà, attraverso l’arioso del madrigale monodico e poi del<br />
melodramma monteverdiano, il r<strong>it</strong>orno alla libertà melodica e ad una rinnovata<br />
valutazione della tecnica vocale; nelle sue musiche si leva un canto assai libero di<br />
passaggi e di trilli e di gruppi e insomma di virtuosismi che annunciano quelli del<br />
secolo seguente. Il Caccini può essere considerato il rinnovatore della scuola di<br />
canto, sia come teorico che come maestro di cantanti. Ecco allora la <strong>musica</strong> vocale<br />
compiacersi di gare virtuosistiche con le cadenze e i passaggi brillanti degli<br />
strumenti.<br />
Il Caccini con le figlie Francesca e Settimia fu chiamato a Parigi da Enrico IV per<br />
formare un complesso vocale da camera.<br />
Con “Rappresentazione di anima e corpo” (1600) di Emilio de’Cavalieri,<br />
melodramma sacro in forma allegorica, si attuava con aspetti diversi lo <strong>stile</strong><br />
rappresentativo, dall’espressione intensa e severa; l’orchestra doveva essere<br />
proporzionata al luogo <strong>dello</strong> spettacolo e “invisibile”; con gli strumenti<br />
dell’orchestra e con la “sinfonia”si doveva preparare e facil<strong>it</strong>are l’ascoltatore nel<br />
comunicargli lo spir<strong>it</strong>o del personaggio; con i rec<strong>it</strong>ativi brevi, i cori concisi e<br />
sempre presenti nello svolgimento dell’azione, la rappresentazione non doveva<br />
oltrepassare due ore e doveva chiudersi con un ballo, meglio se con l’aiuto del<br />
coro.<br />
Leggendosi tali requis<strong>it</strong>i, messi in pratica nella ”Rappresentazione di anima e<br />
corpo”, precetti per un vero e proprio spettacolo scenico, poetico e <strong>musica</strong>le, non<br />
possiamo fare altro che associarci a quel che disse R. Rolland: ” Gluck e Wagner, i<br />
grandi rinnovatori del melodramma, non hanno aggiunto nulla a queste regole, le<br />
quali forniscono la prova della vast<strong>it</strong>à <strong>dello</strong> spir<strong>it</strong>o (di chi le aveva concep<strong>it</strong>e) che<br />
lo rendeva superiore alle esigenze sceniche.<br />
Spetta a Claudio Monteverdi il mer<strong>it</strong>o di avere perfezionato il dramma in <strong>musica</strong><br />
con l’”Orfeo” su libretto del Rinuccini, rappresentato a Mantova nel 1607,<br />
svincolandolo dallo <strong>stile</strong> puramente rec<strong>it</strong>ativo, quasi semplice im<strong>it</strong>azione della<br />
tragedia greca, e assegnando alla <strong>musica</strong> una funzione veramente artistica, con il<br />
meraviglioso equilibrio tra le zone drammatiche e quelle di lirica espansione. Con<br />
l’opera monteverdiana comincia ad affermarsi un tipo di piccola orchestra, una<br />
formazione da camera in cui agli archi si aggiungono alcuni strumenti a fiato<br />
(oboi, fagotti, corni); essa non solo accompagna il canto ma comincia anche ad<br />
822
intervenire da sola con intermezzi puramente strumentali tra una scena e l’altra, o<br />
anche nel senso della singola scena con sinfonia, balletti, ecc.<br />
Monteverdi compose molte opere, i melodrammi “L’incoronazione di Poppea” e ”Il<br />
r<strong>it</strong>orno di Ulisse in patria”, e altri non pervenuti, balli, <strong>musica</strong> sacra e madrigali,<br />
questi ultimi in uno <strong>stile</strong> che preannuncia la forma della cantata. Dopo avere<br />
composto i primi quattro libri di madrigali in maniera tradizionale (a cappella), nel<br />
quinto egli coglie e stigmatizza i segni del cambiamento, poiché alle voci si<br />
aggiunge un’unica linea di basso continuo, la cui realizzazione è affidata a<br />
strumenti armonici, quali il liuto, il cembalo, l’arpa, con il comp<strong>it</strong>o di sostenere<br />
l’intera struttura <strong>musica</strong>le; nel VI, VII e VIII libro si avverte una suprema varietà e<br />
libertà di atteggiamenti, ove il contrappunto è spesso ridotto per favorire il coro<br />
ad accordi verticali tra i quali si inquadrano passi monodici o dialoghi a 2 o 3 voci.<br />
Diffuso fuori d’Italia grazie ad Orlando di Lasso, H. Schutz, F. de Monte e molti<br />
altri musicisti, il madrigale monteverdiano generò forme analoghe in Germania<br />
con H. L. Hassler e in Inghilterra con W. Byrd e J. Dowland.<br />
Per le ard<strong>it</strong>e innovazioni nel campo armonico (dissonanze non preparate), per<br />
l’uso del contrappunto libero, per la valutazione delle risorse timbriche ed<br />
espressive degli strumenti, Monteverdi può essere considerato il primo esponente<br />
della <strong>musica</strong> moderna; carattere della sua arte è l’estrema libertà da ogni teoria,<br />
in vista della massima intens<strong>it</strong>à espressiva nella più ridotta semplic<strong>it</strong>à dei mezzi.<br />
Servire l’espressione del testo, valendosi della melodia e del r<strong>it</strong>mo e, in modo<br />
ancora inus<strong>it</strong>ato, dell’armonia, fu il suo segreto; nel melodramma creò un mo<strong>dello</strong><br />
a cui in segu<strong>it</strong>o si ispirarono tutti i grandi compos<strong>it</strong>ori teatrali, da Gluck a Wagner.<br />
In “Orfeo” per la prima volta tra il personaggio e il tessuto strumentale si crea una<br />
sorta di stretta correlazione, ricca delle più varie sfumature espressive; la nuova<br />
intens<strong>it</strong>à di espressione appare evidente in tutto il tessuto drammatico dell’opera<br />
dove compaiono sempre più ampie sezioni di “ariosi”, brevi pezzi melodici con<br />
tenue accompagnamento strumentale, di cori impiegati sia come commento alla<br />
vicenda, sia come insieme di personaggi, ma anche di duetti e di terzetti.<br />
A Roma il melodramma assume un carattere nuovo; si ha una mescolanza di<br />
elementi sacri e profani, storici e fantastici, spesso anche comici.<br />
Nel 1620 Filippo V<strong>it</strong>ali rappresentò ”Aretusa”, la prima compiuta manifestazione<br />
della scuola operistica romana.<br />
Con il “Sant’Alessio” di Stefano Landi, rappresentato a Roma nel 1632, con<br />
scenografie di Pietro da Cortona, abbiamo il primo lavoro <strong>musica</strong>le dai connotati<br />
barocchi, in cui si aprono ampi affreschi corali, come quello che conclude l’opera,<br />
una vera e propria apoteosi sonora paragonabile a quella che i p<strong>it</strong>tori dipingevano<br />
sui soff<strong>it</strong>ti delle cupole.<br />
823
Nel 1639 fu rappresentata nel teatro Barberini l’opera “Chi soffre speri” di Virgilio<br />
Mazzocchi e Marco Marazzoli, il primo importante saggio di opera comica.<br />
Ricordiamo che il primo dei due autori fondò a Roma una famosa scuola di canto,<br />
il secondo fu musicista presso la regina Cristina di Svezia.<br />
Ben presto dall’Italia lo <strong>stile</strong> monodico si diffuse in tutta Europa; in Germania<br />
l’introduzione del dramma in <strong>musica</strong> è dovuta a H. Schutz che nel 1627, di r<strong>it</strong>orno<br />
dall’Italia, musicò la”Dafne”, ispirandosi al Rinuccini. Sul finire del secolo si fa<br />
sentire in Inghilterra l’influenza del nuovo <strong>stile</strong> rec<strong>it</strong>ativo specialmente nei “Masks”<br />
che preludono ad una fior<strong>it</strong>ura operistica.<br />
Nel secolo XVII sorsero in Italia altri generi <strong>musica</strong>li; caduto in disuso il madrigale,<br />
si affermò la cantata, profana e sacra, lirica o drammatica, di <strong>stile</strong> melodico,<br />
composizione basata sul binomio rec<strong>it</strong>ativo-aria, accompagnata dal basso<br />
continuo. La definizione di cantata fu attribu<strong>it</strong>a a composizioni di questo genere<br />
per la prima volta nel 1620 nelle”Cantate et arie a voce sola” di Alessandro Grandi;<br />
fu l’equivalente vocale-strumentale della canzona da sonare. La cantata da<br />
camera ha carattere narrativo, quella da chiesa preferisce l’uso del coro e<br />
dell’orchestra. Dalla cantata a due voci derivò il duetto da camera.<br />
Alla cantata in <strong>stile</strong> <strong><strong>it</strong>aliano</strong> si rifece Händel con effetti melodici; la diffusione fu<br />
notevole in Germania dove si preferirono le cantate da chiesa (con Schutz,<br />
Buxtehude e Bach), più solenni nei cori e nelle parti strumentali.<br />
Sotto l’influsso del nuovo <strong>stile</strong> monodico nasce e si sviluppa nello stesso periodo<br />
l’oratorio, con l’introduzione di elementi dialogici e narrativi nella lauda filippina<br />
che ebbe incremento attraverso l’Oratorio di san Filippo Neri, composto di fedeli e<br />
pellegrini radunati a discutere argomenti spir<strong>it</strong>uali (la lauda era un’aria<br />
armonizzata r<strong>it</strong>micamente, composta di strofe cantabili a più voci e talora<br />
dialogata, composizione dovuta a Giovanni Animuccia, predecessore del Palestrina<br />
come maestro di cappella nella basilica di S. Pietro a Roma). Il primo esempio di<br />
oratorio si può considerare “Il teatro armonico spir<strong>it</strong>uale” (1619) di Giovanni<br />
Francesco Anerio; in esso lo <strong>stile</strong> polifonico e quello monodico sono ancora<br />
accostati l’uno all’altro e si trovano dialoghi e narrazioni.<br />
Accanto a questo tipo di oratorio su testo <strong><strong>it</strong>aliano</strong> si sviluppa anche la cosiddetta<br />
Historia, oratorio su testo latino, che trae origine piuttosto dal mottetto. Creatore<br />
di questo genere fu Giacomo Carissimi, maestro di J. K. Kerl, C. Bernhard, M. A.<br />
Charpentier; egli eserc<strong>it</strong>ò grande influenza sull’opera di C. Förster, G. F. Händel e<br />
indirettamente sulle “Passioni” di J. S. Bach. L’oratorio sarà in segu<strong>it</strong>o un’opera<br />
praticata anche da Beethoven, Mendelssohn e da altri, fino a Stravinskij.<br />
L’aria, pezzo vocale con accompagnamento orchestrale, di sol<strong>it</strong>o faceva parte<br />
dell’opera, dell’oratorio o della cantata in opposizione al rec<strong>it</strong>ativo, o era<br />
824
composizione autonoma; con Monteverdi tende a precisarsi maggiormente come<br />
vero e proprio momento lirico incastonato nel rec<strong>it</strong>ativo (aria bipart<strong>it</strong>a); con<br />
Marcantonio Cesti si sviluppa l’aria tripart<strong>it</strong>a o “col da capo” che assume forma<br />
defin<strong>it</strong>iva con Alessandro Scarlatti (sec. XVII-XVIII); la prima parte ha un’ampia<br />
linea melodica, la seconda contrasta sotto l’aspetto tonale o r<strong>it</strong>mico ed ha la<br />
melodia più semplice e intima, con accompagnamento nutr<strong>it</strong>o; la terza parte è la<br />
ripetizione della prima con carattere molto virtuosistico.<br />
Una nuova sensibil<strong>it</strong>à ed una nuova fantasia vanno creandosi una realtà<br />
puramente strumentale con propri <strong>stile</strong>mi, proprie arch<strong>it</strong>etture; in Girolamo<br />
Frescobaldi che nel 1608 a Bruxelles pubblicò un libro di sue opere strumentali si<br />
svolge nei lavori per tastiera d’organo e di cembalo tutto il processo storico<br />
dell’affermarsi e del maturare della nuova arte strumentale che si libera dai vincoli<br />
fino ad allora avuti con la polifonia vocale.<br />
Con Frescobaldi si sviluppò notevolmente la toccata; dalla sua arte trasse grande<br />
arricchimento la scuola tedesca del ‘600 e del ‘700, attraverso J. Froberger,<br />
organista che andò a studiare a Roma; un altro allievo del maestro <strong><strong>it</strong>aliano</strong> fu F.<br />
Tunder, organista a Lubecca. Lo stesso J. S. Bach si applicò a copiare e ad<br />
assimilare l’opera frescobaldiana.<br />
Michelangelo Rossi, forse allievo di Frescobaldi, organista e cembalista, con le sue<br />
toccate e correnti porta l’evoluzione della <strong>musica</strong> organistica e cembalistica di<br />
scuola frescobaldiana verso una maggiore scioltezza di tastiera e insieme verso<br />
una maggiore simmetria formale.<br />
Grande organista e compos<strong>it</strong>ore fu Maurizio Cazzati, maestro in S. Petronio a<br />
Bologna; con Giovan Battista V<strong>it</strong>ali, suo allievo (vedi avanti), contribuì<br />
all’evoluzione della forma nel campo della <strong>musica</strong> strumentale; sviluppò l’uso<br />
<strong>dello</strong> <strong>stile</strong> monodico nelle musiche sacre. Importante è anche l’opera di Tarquinio<br />
Merula e di Bernardo Pasquini, compos<strong>it</strong>ore, organista e cembalista, molto<br />
apprezzato in ogni parte d’Europa, che entusiasmò Luigi XIV e Leopoldo II<br />
d’Asburgo; maestro di J. P. Krieger, J. K. Kerll e G. Muffat, scrisse opere<br />
strumentali (toccate, capricci, ricercari, ecc.) che appaiono d’importanza cap<strong>it</strong>ale<br />
nel passaggio dallo <strong>stile</strong> frescobaldiano all’espressiv<strong>it</strong>à più sottile e libera del<br />
secolo XVIII (alcune furono stampate a Londra).<br />
Col sorgere <strong>dello</strong> <strong>stile</strong> monodico acquistò gran voga per le sue possibil<strong>it</strong>à<br />
espressive il violino, appena affermatosi come strumento, destinato a sost<strong>it</strong>uire il<br />
liuto, e sub<strong>it</strong>o la tecnica fu diffusa all’estero dagli <strong>it</strong>aliani.<br />
Ricordiamo tra i primi violinisti, verso la fine del secolo XVI, Giovan Battista<br />
Giacomelli, grande virtuoso <strong>dello</strong> strumento (perciò chiamato Giovan Battista”del<br />
violino”) e di altri strumenti a corda, oltre che cantore.<br />
825
Il violino trovò un valido propagandista in Agostino Agazzari che nel suo trattato<br />
(1607) scrisse” il violino domanda passaggi lunghi e caratteristici, episodi fugati,<br />
accenti teneri e dolci, ornamenti brillanti”. Nello stesso anno Claudio Monteverdi<br />
adoperò per la prima volta il violino indipendentemente nel terzo atto dell’”Orfeo”<br />
e nel 1610 gli affidò passaggi in semicrome estese fino alla quinta posizione,<br />
tremoli, pizzicati e suoni filati.<br />
A Milano nel 1610 G. P. Cima offre i primi esempi di sonate a tre per violino,<br />
cornetto e violone, con la presenza di due parti melodiche sostenute<br />
armonicamente dalla linea del basso continuo (violone); in segu<strong>it</strong>o il cornetto sarà<br />
sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dal secondo violino.<br />
A Biagio Marini si deve la più antica sonata per violino solo (1617); le sue sonate<br />
del ’29 offrono importanti lineamenti tecnici (bicordi, scordature, la prima<br />
composizione a tre voci, ecc.). Anche Marco Uccellini è ricordato per l’evoluzione<br />
della tecnica violinistica, così come i già c<strong>it</strong>ati Michelangelo Rossi, chiamato<br />
Michelangelo ”del violino”, e Tarquinio Merula, autore di sonate notevoli per il<br />
valore storico ed estetico; Bartolomeo Montalbano fissò il color<strong>it</strong>o <strong>musica</strong>le con le<br />
parole “piano” e “forte”; Gaspare Zanetti scrisse il più vecchio metodo conosciuto<br />
”Il scolaro per imparare a suonar di violino” (1646).<br />
Una sensibil<strong>it</strong>à armonica nuova venne formandosi nella produzione strumentale.<br />
Scrisse Gian Battista Doni nel 1640: ”Biagio Marini sonava con tanta eccellenza che<br />
accoppiando alla dolcezza dell’armonia la quasi espressa naturalezza delle parole<br />
rendeva poco men che estatici gli ud<strong>it</strong>ori”. Gli“Affetti <strong>musica</strong>li” del 1617 sono<br />
l’Opera prima del Marini che fu a Venezia presso Monteverdi; proprio il t<strong>it</strong>olo<br />
rappresenta una sorta di “manifesto” di intenti. Egli fu il primo ad applicare la<br />
“teoria degli affetti” alla <strong>musica</strong> strumentale; il suo obiettivo è cioè quello di<br />
utilizzare il suono e la tecnica dei diversi strumenti per susc<strong>it</strong>are emozione,<br />
meraviglia, stupore.<br />
Aspetti più determinati prende con il violino la sonata; i primi aspetti sono le due<br />
forme di sonata da camera e da chiesa, l’una vicina alla su<strong>it</strong>e di danze, in voga<br />
verso la metà del secolo XVII, l’altra composta di pezzi alternativamente lenti e<br />
veloci, di sol<strong>it</strong>o per due violini e basso continuo.<br />
Nella seconda metà del secolo compaiono sonate che si sviluppano non più in un<br />
solo movimento; il senso costruttivo si fa più ampio e più ingegnoso. Giovanni<br />
Legrenzi, Giovanni Maria Bononcini e GIovan Battista V<strong>it</strong>ali furono tra i primi autori<br />
di sonate a più strumenti: il primo, anche autore di famosi melodrammi nello <strong>stile</strong><br />
veneziano, compose tra l’altro ”Sonate da chiesa e da camera” da due a sette<br />
strumenti; del secondo ebbe notevole fama per lungo tempo il trattato “Musico<br />
pratico” (1671), tradotto in tedesco nel 1701; le sonate del terzo, “violone da<br />
826
azzo” in S. Petronio a Bologna, sono nuove per le forme strutturali e per la<br />
genial<strong>it</strong>à dell’invenzione; di suo figlio Tommaso Antonio è celebre una ciaccona<br />
per violino solo. Con Arcangelo Corelli (vedi avanti) la sonata acquisterà ulteriore<br />
sviluppo.<br />
Parliamo ora dell’origine e <strong>dello</strong> sviluppo del concerto.<br />
Con la <strong>musica</strong> per gruppi strumentali il concerto indicò dapprima letteralmente<br />
“contesa”; entro il gruppo un insieme di strumenti si alternava con un altro,<br />
“disputando” per avere il privilegio di contribuire alla perfezione di un tutto<br />
soddisfacente. Molte composizioni del genere furono chiamate in Italia “concerti”,<br />
ma molte altre <strong>dello</strong> stesso tipo furono chiamate canzoni, sonate, sinfonie,<br />
essendo state prese in considerazione per altre caratteristiche.<br />
Il suonare in modo concertato divenne uno degli aspetti più importanti<br />
dell’arch<strong>it</strong>ettura <strong>musica</strong>le; i compos<strong>it</strong>ori <strong>it</strong>aliani del primo periodo del secolo XVII<br />
lo chiamarono spesso “<strong>stile</strong> moderno”, così come nel 1620 Dario Castello che<br />
compose gruppi di canzoni per tastiera, archi e fiati, chiamandole “sonate<br />
concertate in <strong>stile</strong> moderno”. Nel corso del secolo numerosi musicisti <strong>it</strong>aliani<br />
composero questi pezzi concertati a singoli movimenti suddivisi dall’alternarsi<br />
degli strumenti.<br />
Nell’ultimo quarto di secolo queste composizioni a struttura concertata, chiamate<br />
sempre più spesso concerti, tendevano ormai ad essere omofoniche, consistendo<br />
in melodie accompagnate da accordi. Ma la parola “concerto” continuò ad<br />
osp<strong>it</strong>are, senza lim<strong>it</strong>azioni, vari generi distinti di <strong>musica</strong>; tuttavia quello per<br />
solista o per gruppo strumentale non risulta sviluppato appieno fino al secolo<br />
XVIII.<br />
Gli ultimi due generi di concerto dell’ultimo periodo del secolo XVII mer<strong>it</strong>ano di<br />
essere c<strong>it</strong>ati: la sinfonia concertante e il concerto grosso.<br />
La prima esigeva il virtuosismo della tecnica strumentale, in particolare da parte<br />
dei suonatori di quegli strumenti che potevano essere isolati e messi in rilievo dal<br />
complesso generale; il principio basilare era l’alternarsi di sezioni in stili diversi,<br />
pur se tutte esegu<strong>it</strong>e dagli stessi strumenti; avveniva che alcuni di questi<br />
mettevano in evidenza il loro splendore tecnico, mentre il resto enunciava un<br />
sottofondo secondario in alcuni punti della sinfonia concertante, e negli altri si<br />
suonava all’unisono.<br />
Mettendo in evidenza i primi violini solisti, essa assunse nella sua evoluzione la<br />
forma di concerto grosso.<br />
Nasce così la prima forma di orchestra ad archi in cui una massa orchestrale<br />
(ripieno), composta da più strumenti, si contrappone ad un piccolo gruppo di<br />
solisti (all’inizio due violini), detto concertino. Verso la fine del secolo XVIII il<br />
827
concerto grosso sparì, ma la sua struttura rimase, nei movimenti di su<strong>it</strong>e, nelle<br />
sinfonie e nei concerti solisti, soprattutto concerti doppi e tripli.<br />
Alessandro Scarlatti impresse alla “sinfonia” la forma tripart<strong>it</strong>a, allegro, adagio,<br />
allegro (forma detta alla Scarlatti o <strong>it</strong>aliana).<br />
La sonata, il concerto, l’aria per soli strumenti, l’arioso, il basso continuo, il basso<br />
ostinato, la sinfonia e altri metodi e altre forme erano mezzi per la continua<br />
ascesa dell’omofonia, della monodia, della melodia accompagnata con accordi<br />
lungo le linee protoarmoniche; essi hanno dato via libera alla composizione<br />
odierna e aperto nuove strade al futuro; tutte raggiunsero un alto livello di<br />
sviluppo in Italia già nel XVII secolo.<br />
In Europa nel ‘600 i musicisti chiamati al servizio di prelati, principi e sovrani sono<br />
in prevalenza <strong>it</strong>aliani e intere cantorie nelle cappelle di corte ed ecclesiastiche<br />
sono spesso formate da coristi e strumentisti <strong>it</strong>aliani.<br />
All’inizio del secolo assistiamo alla penetrazione delle nuove stilistiche <strong>it</strong>aliane nei<br />
paesi di lingua tedesca.<br />
La tecnica del violino fu diffusa in Germania da Carlo Farina e Biagio Marini. Il<br />
primo fu tra il 1625 e il ’29 violinista alla corte dell’elettore di Sassonia a Dresda,<br />
con un soggiorno a Mülhausen nel ’27, nel ’29 fu sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da Francesco Castelli,<br />
nel ’37 tornò in Germania come violinista della cappella di corte a Danzica; fu un<br />
innovatore della tecnica del violino (interessanti nelle sue composizioni l’uso del<br />
glissando, del tremolo, del pizzicato, le indicazioni con il legno e sul ponticello a<br />
scopo programmatico, per la riproduzione di gridi di animali o di suoni di altri<br />
strumenti). Influì non poco sullo sviluppo della scuola tedesca anche il Marini,<br />
compos<strong>it</strong>ore di corte del principe di Neuburg-Düsseldorf.<br />
Giovanni Andrea Angelini-Bontempi, nel 1644 al servizio del margravio del<br />
Brandeburgo, passò poi a dirigere l’orchestra di corte di Sassonia per oltre trenta<br />
anni e fu anche ingegnere teatrale; la sua opera “Paride” fu il primo melodramma<br />
<strong><strong>it</strong>aliano</strong> esegu<strong>it</strong>o in Sassonia. Ricordiamo che con “L’inganno d’amore” di Antonio<br />
Bertali l’opera <strong>it</strong>aliana fu fatta conoscere a Ratisbona e a Monaco; ebbe successo<br />
anche “Giasone” di Francesco Cavalli, rappresentata a Monaco nel 1650.<br />
Vincenzo Albrici, dopo avere serv<strong>it</strong>o a Stralsunda Cristina di Svezia, fu a Dresda<br />
maestro di cappella, organista e cembalista, figura importante, nella storia della<br />
formazione del concerto grosso, per le sinfonie e le sonate in <strong>stile</strong> concertante;<br />
suo fratello Bartolomeo fu organista e compos<strong>it</strong>ore nella stessa c<strong>it</strong>tà dal 1653 al<br />
’63.<br />
Presso l’elettore di Sassonia fu anche Carlo Pallavicino, insegnante e maestro della<br />
cappella di corte dal 1667 al ’88; operista, contribuì a diffondere il melodramma<br />
in Germania.<br />
828
In Renania-Westfalia troviamo Giuseppe Negri, musico di camera dell’arcivescovo<br />
di Colonia a Bonn dal 1619 al ’36, quindi maestro della cappella di corte a<br />
Düsseldorf; a Bonn nel 1664 l’organista e compos<strong>it</strong>ore Massimiliano Neri.<br />
In Baviera al servizio della corte di Monaco furono nel 1616 Bernardino Borlasca o<br />
Perlasca, compos<strong>it</strong>ore e maestro di cappella che nel ’33 si stabilì a Francoforte;<br />
Gian Giacomo Porro, organista; Francesco Foggia, compos<strong>it</strong>ore, già al servizio<br />
dell’elettore di Colonia. Agostino Steffani dal 1674 visse quasi sempre in<br />
Germania; a Monaco fu nominato musico della cappella di corte, nel ’75 organista,<br />
quindi direttore della <strong>musica</strong> da camera; fu a Parigi dal ’78 al ’89. In questo stesso<br />
anno a Hannover inaugurò con l’opera “Henrico Leone” il nuovo teatro fatto<br />
costruire dal duca; nel 1703 entrò al servizio del principe Giovanni Guglielmo del<br />
Palatinato a Düsseldorf. Celebrato come uno dei maestri del canto, compose per<br />
Monaco le opere”Marco Aurelio”, “Solone”, “Servio Tullio”, “Alarico”, “Niobe, regina<br />
di Tebe”, per Hannover ”La superbia di Alessandro”, “Orlando generoso”, “Le rivali<br />
concordi”, “La libertà contenta”, “I trionfi del fato”, per Düsseldorf “Arminio”,<br />
“Tassilone”, “Amore viene da lontano”, e molti divertissement, scene per nozze,<br />
cantate, ecc. Le sue opere rappresentano il punto di partenza per l’opera seria<br />
settecentesca che si sarebbe sviluppata in Germania attraverso le composizioni di<br />
R. Keiser e G. F. Händel che proprio da Steffani fu incoraggiato alla composizione;<br />
egli influì anche <strong>sulla</strong> formazione stilistica di J. S. Bach con <strong>musica</strong> strumentale<br />
sacra e profana. Ricordiamo che, ordinato sacerdote nel 1680 in Germania, prestò<br />
ottimi servizi alla corte di Hannover come diplomatico e nel 1709 fu nominato<br />
vicario apostolico della Germania settentrionale.<br />
Fu per molti anni a Monaco Ercole Bernabei, compos<strong>it</strong>ore e organista, maestro di<br />
cappella, autore delle opere ”La conquista del vello d’oro”, “I portenti dell’indole<br />
generosa, ” ”Il l<strong>it</strong>igio del cielo e della terra”. Suo figlio Giuseppe Antonio gli<br />
successe nel 1688 nella direzione della cappella al servizio del principe<br />
Massimiliano II, scrisse cantate, opere, arie da camera; Vincenzo, secondo figlio,<br />
fu organista di corte nel 1685.<br />
Per quanto riguarda i musicisti <strong>it</strong>aliani in Austria nel secolo XVII, ricordiamo<br />
Francesco Turini, figlio di Gregorio, dal 1601 organista alla corte di Rodolfo II,<br />
importante per la storia dei primordi del madrigale accompagnato e della <strong>musica</strong><br />
strumentale pura.<br />
Dal 1602 al ’06 fu organista a Graz Francesco Stivori e suoi successori furono<br />
Alessandro Tadei e A. Bontempo, il primo dei quali fu anche organista a Vienna<br />
nel ’11, a Ratisbona nel ’12 e maestro di cappella a Kremsmünster nel ’28.<br />
Francesco Rasi, compos<strong>it</strong>ore e cantore, primo interprete delle opere ” Orfeo” di<br />
Monteverdi, “ Euridice” di Peri e “ Rapimento di Cefalo” di Caccini, fu nel 1612 a<br />
829
Vienna e a Salisburgo e vi fece conoscere per primo lo <strong>stile</strong> monodico<br />
rappresentativo; nel ’14 in questa c<strong>it</strong>tà, per la prima volta al di là delle Alpi, si<br />
rappresentò con lui un dramma in <strong>musica</strong>, il ” Perseo”. L’opera, amata<br />
dall’arcivescovo S<strong>it</strong>tikus, trovò sub<strong>it</strong>o ottima accoglienza; il musicista gli dedicò le<br />
“Musiche di chiesa et camera” a 1-3 voci con basso continuo.<br />
Lo <strong>stile</strong> monodico rappresentativo, nuova espressione artistica, ebbe sub<strong>it</strong>o<br />
successo in tutta l’Austria; nel ’25 si rappresentò a Vienna una commedia<br />
madrigale, nel ’29 la pastorale “Gli Austriaci” fu rappresentata a Praga.<br />
A Salisburgo ricordiamo anche Stefano Bernardi, detto il Moretto, nel 1624 al<br />
servizio del conte Lodron, arcivescovo della c<strong>it</strong>tà, e a Klagenfurt nel 1616 A. T.<br />
Bernardini che diffuse la nuova <strong>musica</strong> strumentale.<br />
Giovanni Sansoni, strumentista, fu musico di camera dell’arciduca Ferdinando a<br />
Graz dal 1613 e lo seguì alla corte di Vienna nel ’23; fu celebre come insegnante.<br />
Giovanni Priuli, nel 1614-‘15 maestro della cappella arciducale a Graz, nel ’19 fu<br />
nominato maestro della cappella imperiale a Vienna, carica che tenne fino al ’29; i<br />
suoi concerti sacri sono i primi validi saggi di <strong>musica</strong> religiosa in <strong>stile</strong> monodico.<br />
Giovanni Valentini, organista di Sigismondo III a Cracovia dopo il 1604, nel ’14 fu<br />
a Graz, nel ’29 succedette a Priuli, ebbe come allievo J. F. Kerll e fu tra i primi ad<br />
introdurre la canzone e la sonata strumentale <strong>it</strong>aliana, diffondendo lo <strong>stile</strong> di<br />
Gabrieli.<br />
Giovan Battista Bonometti pubblicò nel 1615 la celebre antologia “Parnassus<br />
musicus Ferdinandeus”, dedicata all’arciduca; con Domenico da Nola e Gioseffo<br />
Caimo egli rappresentò nella sua <strong>musica</strong> il momento di transizione dalla villanella<br />
a tre voci alla canzonetta a quattro.<br />
Ricordiamo che l’arciduca, educato presso una scuola di gesu<strong>it</strong>i, eletto<br />
imperatore nel 1617 con il nome di Ferdinando II, divenne rigido assertore della<br />
Controriforma, attuò in Austria, in Boemia e in Ungheria una decisa pol<strong>it</strong>ica di<br />
restaurazione cattolica, trasferì da Graz a Vienna la sua cappella di corte e inv<strong>it</strong>ò<br />
numerosi musicisti dall’Italia. Ricordiamo che per le sue nozze con Eleonora<br />
Gonzaga nel ’27 a Praga Claudio Monteverdi scrisse tre intermedi.<br />
P. F. Verdina fu cantore nel 1619 nella cappella di corte, dal ’30 al ’37 maestro di<br />
quella arciducale a Graz; alla morte di Ferdinando II nel ’37 il successore<br />
Ferdinando III lo nominò vicemaestro di Valentini in quella imperiale.<br />
Intorno al 1620 Giovanni Stefani fu organista nella chiesa delle Grazie a Vienna.<br />
Giovan Battista Buonamente fu”cesareo musicista”di Ferdinando II dal 1622 al ’29;<br />
violinista e compos<strong>it</strong>ore, si recò a Praga per le nozze dell’imperatore; tornò in<br />
Italia nel ’36. Fece conoscere il nuovo <strong>stile</strong> strumentale <strong><strong>it</strong>aliano</strong>, con Antonio<br />
Bertali (vedi avanti); i suoi sette libri di sonate contribuirono molto alla formazione<br />
830
della su<strong>it</strong>e a più strumenti e anche della sonata a tre con basso concertante; la sua<br />
tecnica del violino fu assai ard<strong>it</strong>a, con posizioni acute fino allora mai praticate.<br />
Antonio Bertali fu alla corte di Vienna dal 1631, prima come violinista e dal ’49<br />
come maestro di cappella, succedendo al Valentini; come compos<strong>it</strong>ore fece<br />
rappresentare “Le allegrezze del mondo”, opera molto favorevolmente accolta<br />
nella cap<strong>it</strong>ale austriaca, come altre di musicisti <strong>it</strong>aliani, per esempio “Egisto” di<br />
Francesco Cavalli, rappresentata nel ’42, “Giasone” <strong>dello</strong> stesso autore,<br />
rappresentata nel ’50, “ L’Almonte” e “La generos<strong>it</strong>à di Alessandro” di Giuseppe<br />
Tricarico, maestro di cappella nel ’59, tanto che Vienna diventerà il centro di<br />
diffusione dell’opera <strong>it</strong>aliana in Europa centrale.<br />
Giacinto Cornacchioli, compos<strong>it</strong>ore, fu a Vienna e a Monaco nel 1635 come<br />
maestro di cappella.<br />
Dal 1635 al ’37 fu organista nella cappella di corte imperiale Giovan Giacomo<br />
Arrigoni, uno dei primi autori di concerti.<br />
Giovanni Felice Sances, tenorista nella cappella di corte nel 1637, di cui divenne<br />
maestro nel ’69, compose opere teatrali, intermezzi <strong>musica</strong>li, usò per primo la<br />
parola “cantata” per le composizioni a più tempi ad una voce sola.<br />
Verso il 1650 fu chiamato a Vienna dall’arciduca Leopoldo Guglielmo, figlio di<br />
Ferdinando III, Orazio Benevoli come maestro di cappella; egli fece eseguire la<br />
messa per la consacrazione del duomo di Salisburgo, a 52 voci e basso continuo<br />
(in tale occasione fu anche esegu<strong>it</strong>o il “Te Deum” a 12 cori di Stefano Bernardi).<br />
Nel 1653 dall’arciduca Ferdinando fu chiamato ad Innsbruck, dove già nel ’27 era<br />
stato eretto un teatro d’opera, Antonio Cesti che nel ’55 fece rappresentare<br />
l’opera “Argia”, in occasione dei festeggiamenti per la conversione al cattolicesimo<br />
della regina Cristina di Svezia, e rimase fino al ’59, quando fu chiamato a Vienna.<br />
Il Cesti e, prima di lui, Francesco Caletti, detto Cavalli dal nome del suo<br />
protettore, furono i massimi rappresentanti dell’opera veneziana in cui l’orchestra<br />
comincia ad assumere una parte sempre maggiore (con il Cavalli), e si fa notare la<br />
distinzione tra il rec<strong>it</strong>ativo, dove prevale il fattore drammatico, e l’aria dove si<br />
accentua quello lirico( con il Cesti). Questi, la cui influenza dominò per molto<br />
tempo la v<strong>it</strong>a teatrale viennese, compose per la corte negli anni 1666-’68 le<br />
opere”Nettuno e Flora”, “La schiava fortunata”, “Le disgrazie d’amore”, “Il pomo<br />
d’oro”, la cui rappresentazione, il più fastoso spettacolo <strong>musica</strong>le mai concep<strong>it</strong>o,<br />
inaugurò il nuovo teatro imperiale viennese(1668).<br />
Seguace del Cesti fu Antonio Draghi, compos<strong>it</strong>ore e librettista, a Vienna dal 1663,<br />
maestro di cappella nel ’82, che fece rappresentare l’opera “Oronisbe”, cui<br />
seguirono quasi 170 spart<strong>it</strong>i, tra opere, serenate, feste teatrali; a Praga dove nel<br />
831
’80 si era rappresentata una delle sue opere, si ebbe sub<strong>it</strong>o dopo la fondazione di<br />
un teatro d’opera <strong>it</strong>aliana.<br />
Antonio Melani fu maestro di cappella e compos<strong>it</strong>ore presso l’arciduca Carlo nel<br />
1659.<br />
Nel 1661 fu organista nel duomo di S. Stefano Alessandro Foglietti; alla sua<br />
<strong>musica</strong>e allo <strong>stile</strong> <strong><strong>it</strong>aliano</strong>, allora dominante in Austria, si accostò J. Pachelbel,<br />
anch’egli organista, per la vena melodica e la contabil<strong>it</strong>à delle opere.<br />
Organista e compos<strong>it</strong>ore di corte fu Antimo Liberati, allievo di Benevoli.<br />
A Vienna fu dal 1663 al ’69 Pietro Andrea Ziani, autore di una ventina di opere; fu<br />
a Dresda nel ‘66.<br />
Nel 1669 troviamo a Vienna Gian Maria Pagliardi, autore di <strong>musica</strong> sacra e<br />
strumentale.<br />
Nel 1670 fu chiamato da Leopoldo I Alessandro Stradella, grande interprete del<br />
concerto grosso, autore di una cantata per lo stesso imperatore;ricordiamo anche<br />
Luigi Manca e Giovanni Castelletti, maestri di cappella,e il vicemaestro Marco<br />
Antonio Cesti.<br />
Ad Innsbruck operarono Vincenzo Scap<strong>it</strong>ta, tenorista e maestro di cappella,<br />
passato poi a Vienna e a Varsavia; A. Mela, G. A. Pandolfi Mealli e R. Sabatini, tutti<br />
e tre facenti parte della <strong>musica</strong> da camera di corte, diretta dal violinista e maestro<br />
di cappella Giovanni Bonaventura Viviani dal 1673 al ’87.<br />
In Spagna ricordiamo Giulio Banfi,liutista,e Pietro Castrucci,violinista.<br />
Passiamo ora ai musicisti <strong>it</strong>aliani in Francia.<br />
Al servizio di Luigi XIII furono Orazio Scaletta, teorico e compos<strong>it</strong>ore di genere<br />
sacro, Giovan Battista Andreini, musico e comico dell’arte, che diffuse arie di<br />
danza e canzoni <strong>it</strong>aliane, Andrea Falconieri, liutista e compos<strong>it</strong>ore.<br />
Verso la metà del secolo XVII per mer<strong>it</strong>o del cardinale Mazzarino che era vissuto<br />
lungamente a Roma fu introdotto in Francia il melodramma; i migliori maestri e<br />
virtuosi romani furono chiamati a Parigi dai fratelli Barberini, protettori di artisti e<br />
musicisti, costretti a stabilirsi nella cap<strong>it</strong>ale francese. Nel 1644 fu chiamato il<br />
Marazzoli con l’incarico di allestire rappresentazioni teatrali alla corte di Luigi XIV,<br />
e tornò l’anno seguente. Nel 1645 fu rappresentata al Pet<strong>it</strong>-Bourbon “La finta<br />
pazza” di Francesco Paolo Sacrati con una compagnia tutta <strong>it</strong>aliana, la prima opera<br />
vera e propria che il pubblico francese abbia conosciuto; Luisa Gabrielli, in arte<br />
Lucilla, moglie di Domenico Locatelli, e Giulia Gabrielli, in arte Diana, furono<br />
applaud<strong>it</strong>e attrici e cantanti; fu celebre interprete del personaggio di “Aurora”<br />
Margher<strong>it</strong>a Bartolozzi, attiva a Parigi dal 1641 al ’54.<br />
Francesco Buti, abate letterato, fu a Parigi nel ’46, accolto dal Mazzarino che lo<br />
incaricò di soprintendere alla scelta e all’allestimento degli spettacoli di corte e di<br />
832
avere cura di tutti gli artisti <strong>it</strong>aliani a Parigi; egli chiamò il compos<strong>it</strong>ore Luigi Rossi,<br />
autore dell’”Orfeo”, opera con libretto <strong>dello</strong> stesso Buti, rappresentata nel ’47 al<br />
Palais-Royal, con il t<strong>it</strong>olo “Le mariage d’Orphée et Euridice”: interpreti furono i<br />
sopranisti Atto Melani e Marco Antonio Pasqualini, il soprano Rosina Martini e lo<br />
strumentista Venanzio Leopardi. Luigi Rossi, celebre anche come liutista, fu poi al<br />
servizio della regina Anna d’Austria nel 1648; egli eserc<strong>it</strong>ò grande influenza sui<br />
musicisti del tempo, per esempio sull’inglese Locke; r<strong>it</strong>enuto creatore dell’aria col<br />
da capo, fu il primo a usare il terzetto vocale, scrisse celebri cantate da camera,<br />
genere che contribuì a fondare (la sua cantata in morte di Gustavo Adolfo, re di<br />
Svezia, composta nel 1632, spandeva la rinomanza dell’autore per tutta Europa).<br />
Nel 1653 Il Buti reclutò altri artisti a Roma e scrisse un nuovo libretto, “Le nozze<br />
di Teti e Peleo”, opera <strong>musica</strong>ta da Carlo Caprioli, detto Carlo del violino,<br />
rappresentata a Parigi nel ’54 con numerosi balletti che ispirarono l’opera di Lulli<br />
(vedi avanti).Tra gli interpreti ricordiamo Girolamo Pignani e Giuseppe Bianchi<br />
(Schiavetti), sopranisti, e Antonio da Imola; il Caprioli fu anche maestro di <strong>musica</strong><br />
di camera del re.<br />
Nel 1660 per le nozze di Luigi XIV con Maria Teresa d’Asburgo fu rappresentata<br />
l’opera “Serse” su libretto del Buti, con <strong>musica</strong> di Francesco Cavalli, chiamato a<br />
Parigi dal sovrano; il Lulli aggiunse i balletti. Per la prima Gabriele Ansalone,<br />
basso profondo, dopo essere stato a Monaco, fu scr<strong>it</strong>turato dal Mazzarino, così<br />
come Atto Melani, suo fratello Francesco Maria (Filippo), sopranista, lo Zannetto,<br />
Giuseppe Melone, Giuseppe Chiarini e il musico Vincenzo Piccini.<br />
Il Buti scrisse poi il libretto di “Ercole amante”, <strong>musica</strong>ta pure dal Cavalli; essa<br />
inaugurava in Francia l’era della <strong>musica</strong> drammatica e influì sui musicisti del<br />
tempo. Il violento dinamismo del rec<strong>it</strong>ativo risponde al movimento scenico e<br />
all’immediata figurazione del personaggio; l’opera, simile ad un gruppo scultoreo<br />
di figure violentemente contrapposte, finisce per soggiacere all’impero dell’aria,<br />
ben rispondendo alle forme tipiche dell’arte barocca. La rappresentazione<br />
avvenne nel 1662 per l’inaugurazione del teatro delle”Tuileries” voluto dal<br />
Mazzarino; la <strong>musica</strong> dei balletti fu composta dal Lulli e da altri compos<strong>it</strong>ori.<br />
L’opera ebbe tra gli interpreti le cantanti Eleonora Ballerini, Anna Bergerotti,<br />
Francesca e Margher<strong>it</strong>a Costa, i cantanti Francesco Maria Melani, lo Zannetto,<br />
Giuseppe Melone, Giuseppe Chiarini, Agostino Porcelli, Giovan Battista Vulpio,<br />
Antonio Rivani e il clavicembalista Francesco Boccalini; fu una vera e<br />
propria”opéra-ballet de cour” che riuscì ad influenzare profondamente i creatori<br />
della grande opera francese per <strong>musica</strong>.<br />
L’arte di Francesco Cavalli si avverte in molti musicisti (un’ispirazione ai suoi<br />
metodi è nel “Didone ed Enea” di H. Purcell) e si estende in Austria e in Germania,<br />
833
già penetrate dalla <strong>musica</strong>l<strong>it</strong>à veneziana dei Gabrieli, fino a G. F. Händel. Questi<br />
nel 1705 compose l’”Almira” su libretto tedesco-<strong><strong>it</strong>aliano</strong> (la prima delle sue<br />
cinquanta opere “<strong>it</strong>aliane”) per il teatro di Amburgo, la cui scuola operistica<br />
doveva conoscere un periodo di grande ascesa da J. Theile fino a R. Keiser (sec.<br />
XVII-XVIII), considerato con Lulli, Purcell ed Händel uno dei più grandi operisti che<br />
ai loro paesi seppero adottare il mo<strong>dello</strong> veneziano.<br />
L’arpista Giovanni Carlo Rossi, anch’egli chiamato per la prima di “Ercole amante”,<br />
rimase a Parigi col t<strong>it</strong>olo di maestro di <strong>musica</strong> di camera del re, a capo dei<br />
musicisti <strong>it</strong>aliani che erano allora alla corte di Luigi XIV.<br />
Giovan Battista Lulli di Firenze, emigrato in Francia quattordicenne, entrò al<br />
servizio di Luigi XIV che lo chiamava “gentilhomme florentin”; l’opera di Lulli,<br />
preceduta da una ouverture, detta lullista perché da lui creata, comprende<br />
rec<strong>it</strong>ativi, arie, notevole contributo di <strong>musica</strong> strumentale (danze e pezzi<br />
descr<strong>it</strong>tivi) e grandi brani corali: è la tragédie lyrique, il melodramma nazionale<br />
francese, la cui forma si collegava, per il largo uso del rec<strong>it</strong>ativo concep<strong>it</strong>o come<br />
declamazione, alla Camerata fiorentina. Lulli fondò l’Académie Royale de musique<br />
nel 1672, compose oltre a varie opere (Cadmo ed Ermione, Alcesti, Amadigi,<br />
Armida, ecc.), balletti di corte, intermezzi per le commedie di Molière, <strong>musica</strong><br />
sacra e orchestrale.<br />
Per concludere l’argomento sui cantanti inv<strong>it</strong>ati dal Mazzarino, ricordiamo la<br />
celebre Eleonora Baroni, cantata da Milton, che diffuse arie e cantate della suola<br />
romana, il soprano A. Carriata, i sopranisti Favalli e Antonio Bannieri; il già c<strong>it</strong>ato<br />
Atto Melani fu insign<strong>it</strong>o del t<strong>it</strong>olo di “gentiluomo di camera” nel 1657.<br />
Tra gli strumentisti a Parigi ricordiamo Angelo Michele Bartolomi, ch<strong>it</strong>arrista e<br />
suonatore di tiorba, che fece parte nel 1662 dell’orchestra di Luigi XIV, composta<br />
di soli <strong>it</strong>aliani; Vincenzo Albrici, organista e compos<strong>it</strong>ore, dal 1672 al ’76;<br />
Agostino Steffani, cembalista negli anni 1679-’80; Orazio Michi, abile suonatore<br />
di arpa, fondatore di una scuola assai rinomata; Girolamo Baldini, celebre<br />
flautista, insegnante per molti anni; Tommaso de’Gatti, violista nell’orchestra<br />
dell’Académie royale; Giovan Battista Riva, Teobaldo Gatti, i violinisti Pietro Alberti<br />
nel ’97, Giovanni Antonio Guido, al servizio del duca d’Orléans a Parigi, e il<br />
Lazzarini, detto Lazarin.<br />
Tra i compos<strong>it</strong>ori, Paolo Lorenzani, il cui passaggio in Francia lasciò chiare tracce<br />
in Delalande, Campra e Bernier, fu maestro di <strong>musica</strong> alla corte di Luigi XIV;<br />
Michelangelo Jerace fu insegnante; Claudio Cocchi, dopo essere stato in<br />
Germania, fu ad Avignone, autore di <strong>musica</strong> sacra; tra il XVII e il XVIII secolo<br />
troviamo a Parigi Carlo Maria Clari.<br />
834
Per quanto riguarda il violoncello, ricordando che i primi segni di riscatto <strong>dello</strong><br />
strumento dalla parte di basso si riscontrano nella sonata a sette di Petronio<br />
Franceschini (1680) e in altri musicisti bolognesi, e che Domenico Gabrielli, allievo<br />
del Franceschini, si può r<strong>it</strong>enere il vero precursore dell’arte violoncellistica con le<br />
sue musiche per strumento solista, diciamo che in Francia contribuirono alla sua<br />
diffusione due musicisti: Giovan Battista Struck, detto Battistin (sec. XVII-XVIII),<br />
facendolo conoscere all’Opéra di Parigi, e Francesco Alborea, detto Francischiello,<br />
la cui arte suadente indusse M. Berteau a lasciare per il violoncello la viola da<br />
gamba di cui era grande interprete, e attirò a Roma J. Barrière che ebbe lezioni dal<br />
violoncellista <strong><strong>it</strong>aliano</strong>.<br />
Fu celebre virtuoso <strong>dello</strong> strumento anche Angelo Maria Fiore che nel 1701<br />
pubblicò ad Amsterdam alcune sonate per violino e altre per violoncello.<br />
Trattiamo ora dei musicisti <strong>it</strong>aliani in Inghilterra; nel 1612 Angelo Notari fu<br />
madrigalista di corte a Londra.<br />
Tra i Ferrabosco fu celebre Alfonso III, maestro di <strong>musica</strong> del principe di Galles,<br />
grande virtuoso di viola, dal 1626 nominato compos<strong>it</strong>ore di corte, amico del poeta<br />
Ben Johnson di cui mise in <strong>musica</strong> alcune opere; di lui sappiamo che insegnò agli<br />
inglesi l’arte del diminuire, divenuta poi molto importante in Inghilterra.<br />
Pietro Reggio, cantante e compos<strong>it</strong>ore, fu ad Oxford e a Londra, dopo essere stato<br />
al servizio della regina Cristina di Svezia.<br />
Verso il 1672 Nicola Matteis senior introdusse in Inghilterra l’arte del violino.<br />
Lello Collista, liutista, importante precursore di Arcangelo Corelli come autore di<br />
sonate a tre, fu il mo<strong>dello</strong> fondamentale di H. Purcell; questi scrive nella<br />
prefazione dell’opera di sonate a due violini e basso continuo (1683) di volere<br />
dare un’im<strong>it</strong>azione esatta dei maestri <strong>it</strong>aliani, per ricondurre il pubblico inglese<br />
alla sua naturale serietà in reazione alla leggerezza e all’eccentric<strong>it</strong>à francese.<br />
Anche nell’opera del suo maestro J. Blow certe intens<strong>it</strong>à espressive sembrano<br />
ricondurre alle opere e alle cantate <strong>it</strong>aliane.<br />
Giovan Battista Draghi, clavicembalista e compos<strong>it</strong>ore, nel 1673 accompagnò<br />
Maria d’Este, principessa di Modena, che andava sposa al re Giacomo II, visse a<br />
Londra fin verso il 1706, maestro delle regine Anna e Maria, poi seguì in<br />
Portogallo Caterina di Braganza.<br />
Dal 1682 al 1705 fu a Londra Pier Francesco Tosi, compos<strong>it</strong>ore e maestro di<br />
canto; tornato nel 1711, vi morì nel ’27.<br />
Operarono a Londra Vincenzo e Bartolomeo Albrici, compos<strong>it</strong>ori e organisti; Fede<br />
fu maestro di cappella.<br />
A Bruxelles troviamo come organista di corte nel 1608 Vincenzo Guami; a Madrid<br />
Luigi Mancia, compos<strong>it</strong>ore al servizio di Carlo III, nel 1621 Andrea Falconieri,<br />
835
liutista e compos<strong>it</strong>ore; a Lisbona maestro della cappella di corte Giovanni de<br />
Giorgi (sec.XVII-XVIII).In Spagna operò Agostino Fiorilli.<br />
In Polonia alla corte di Sigismondo III dal 1601 al ’02 fu il compos<strong>it</strong>ore Cesare<br />
Gabussi, nel ’10 Giovanni Francesco Anerio, della scuola romana. Asprilio Pacelli<br />
fu maestro di cappella dal ’03 al ’23; a lui successe fino al ‘48 il celebre Marco<br />
Scacchi, allievo di Anerio, autore del “Cribrum musicum”, trattato che segnò la<br />
sconf<strong>it</strong>ta del part<strong>it</strong>o <strong>musica</strong>le tedesco; Tarquinio Merula fu maestro, violinista e<br />
organista di camera e di chiesa del sovrano (1624); Giovanni Valentini e Giovan<br />
Battista Baccinetti furono organisti a Cracovia. Nel 1628 il principe Ladislao fece<br />
rappresentare “La liberazione di Ruggero dall’isola di Alcina” con le musiche e la<br />
voce di Francesca Caccini; incoronato re nel ’32, introducendo la cultura <strong>it</strong>aliana<br />
nel suo paese, fu il promotore di brillanti stagioni <strong>musica</strong>li, curate da Virgilio<br />
Pucc<strong>it</strong>elli, autore di quasi tutti i libretti delle opere rappresentate tra il ’37 e il ’48.<br />
Concludiamo la parte riguardante il secolo XVII con i nomi di celebri cantanti,<br />
dopo quelli già menzionati: Lorenzo Vettori, Domenico Checchi, detto il Cortona,<br />
il prefer<strong>it</strong>o dell’imperatore Giuseppe I d’Austria e dalla corte di Monaco;<br />
Baldassarre Ferri, sopranista, che, in servizio presso la corte di Polonia, fu<br />
richiesto dalla regina Cristina di Svezia (per permettergli di recarsi a Stoccolma, le<br />
due nazioni allora in guerra tra loro cessarono per un breve periodo le ostil<strong>it</strong>à nel<br />
1645) e in segu<strong>it</strong>o fu alla corte di Vienna dal 1655 al ’75; Domenico e Nicola<br />
Melani, ambedue alla corte di Dresda dal 1654; Bartolomeo Melani, anche maestro<br />
di cappella in Baviera; Antonio Pancotti, contraltista, dal 1655 cantore<br />
dell’arciduca Ferdinando del Tirolo, passato poi al servizio della corte di Vienna; la<br />
cantante Cecchini, figlia del celebre comico dell’arte, e Isabella Andreini, moglie di<br />
Giovan Battista (vedi lez. n. 34); il soprano Diamante Maria Scartabelli, detta la<br />
diamantina; Giovan Battista Grossi, detto Siface, contraltista, celebre nei teatri e<br />
nelle cappelle di tutta Europa, che cantò lungamente nelle corti di Londra e Parigi;<br />
infine ricordiamo Filippo Balatri, sopranista, che, quindicenne, fu mandato presso<br />
Pietro il grande, alla cui corte si fece onore anche come comico; nel 1701 fu a<br />
Vienna e quindi in Inghilterra e in Francia, ove si conquistò l’ammirazione di Luigi<br />
XIV, fu poi a Düsseldorf e al servizio dell’elettore di Baviera, Massimiliano.<br />
Tra i virtuosi di strumento ricordiamo Benedetto Ferrari, detto Ferrari della tiorba,<br />
il più celebre tiorbista del tempo (sec. XVI- XVII), oltre che compos<strong>it</strong>ore e<br />
librettista; Carlo Antonio Lonati, detto il gobbo, compos<strong>it</strong>ore e violinista famoso in<br />
tutta Europa, dallo <strong>stile</strong> audace e spregiudicato.<br />
Il periodo tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo è caratterizzato<br />
dall’eccezionale diffondersi della <strong>musica</strong> e <strong>dello</strong> <strong>stile</strong> <strong><strong>it</strong>aliano</strong> in tutta Europa e da<br />
un rigoglioso sviluppo delle forme strumentali.<br />
836
Se non è ancora sicuro che Arcangelo Corelli sia stato, oltre che a Monaco, ad<br />
Heidelberg e ad Hannover, sicura è la presenza dell’altro grande autore di sonate<br />
e concerti grossi Giuseppe Torelli ad Ansbach; qui, all’influenza francese che<br />
dominava sotto Giovanni Federico tra il 1670 e il ’86, segue l’<strong>it</strong>aliana, favor<strong>it</strong>a dal<br />
margravio Giorgio Federico. Il Torelli che fu anche al servizio del margravio del<br />
Brandeburgo a Berlino e dell’imperatore a Vienna è il primo autore noto di<br />
concerti per violino solista e piccola orchestra.<br />
Dopo di lui dimorò a lungo nella corte di Ansbach Francesco Antonio Pistocchi,<br />
compos<strong>it</strong>ore e grandissimo maestro di canto.<br />
Con Arcangelo Corelli (sec. XVII-XVIII), la cui arte fu fondamentale nella storia<br />
della <strong>musica</strong> del’700, le arch<strong>it</strong>etture della sonata e del concerto si ampliano; nella<br />
ricchezza dei sentimenti e di aspirazioni, racchiuse in forme nettamente stagliate<br />
ma non rigide, disciplinate ma elastiche, sta la grande importanza storica della<br />
<strong>musica</strong> corelliana, che ancor più di quella vivaldiana e degli altri autori del primo<br />
Settecento influenzò la storia della <strong>musica</strong> per tutto il secolo e in particolare<br />
l’evoluzione <strong>musica</strong>le bachiana.<br />
Per la nasc<strong>it</strong>a del concerto moderno la produzione corelliana è di importanza<br />
cap<strong>it</strong>ale; i suoi dodici concerti grossi sintetizzano e codificano le acquisizioni<br />
secentesche sulle quali si baseranno poi le innovazioni di Vivaldi; il ruolo dei tre<br />
strumenti “obbligati” si bilancia tra virtuosismo e dialettica con il “tutti”.<br />
Corelli ebbe come allievi a Roma J. G. Pisendel, G. Hotteterre, detto”le romain”, R.<br />
Valentine e G. B. Anet; a lui si ispirò G.F. Händel nei concerti grossi. Dal suo <strong>stile</strong><br />
furono influenzati G. Muffat, G. C. Walther e J. M. Leclair; tra gli <strong>it</strong>aliani eccelse<br />
Antonio Veracini che sviluppò la tecnica violinistica del maestro.<br />
Per quanto riguarda l’arte del violino, in nessun campo, eccetto l’opera, l’Italia<br />
ottenne un’egemonia così pura e duratura come in quello violinistico; solo con<br />
Corelli sorge agli albori del ‘700 un’autentica scuola di perfezionamento <strong>dello</strong><br />
strumento, capace di avere una discendenza più o meno diretta in tutta Europa,<br />
attraverso una serie di giovani violinisti, accorsi da ogni parte d’Italia e d’Europa,<br />
divenuti poi a loro volta celebri capiscuola. Molti <strong>it</strong>aliani, discepoli del Corelli,<br />
diffusero in Europa i suoi insegnamenti.Tra gli stranieri c<strong>it</strong>iamo C. Dieupart,<br />
cembalista e violinista francese, che introdusse in occasione di un concerto a<br />
Londra verso il 1740 la <strong>musica</strong> del maestro e fece anche un tentativo di<br />
presentare traduzioni di opere <strong>it</strong>aliane.<br />
Anche la tecnica del violoncello deve molto a Corelli; con lui compare la scr<strong>it</strong>tura<br />
in chiave di tenore. La sua fama fu immensa; M. Corrette nel “Le ma<strong>it</strong>re de<br />
clavecin”, pubblicato a Parigi, scrive: ”Da quando Corelli inventò le forme della<br />
sonata e del concerto, la <strong>musica</strong> ha fatto stupefacenti progressi in tutta Europa”.<br />
837
L’abate F. Raguenet nel 1698 si recò a Roma e dopo due anni di permanenza<br />
scrisse, al r<strong>it</strong>orno a Parigi, il famoso pamphlet ”Parallèle des <strong>it</strong>aliens et français en<br />
ce que regarde la musique et les opéras”, in cui descrive il carattere dei musicisti<br />
<strong>it</strong>aliani, prendendo spunto dal Corelli: “… dal momento che gli <strong>it</strong>aliani sono molto<br />
più vivaci dei francesi, più sensibili alle passioni, e lo esprimono in modo più vivo;<br />
se bisogna fare una sinfonia che esprima la tempesta, il furore, essi ne imprimono<br />
così bene il carattere nelle loro arie; tutto è così vivo, così acuto, così penetrante,<br />
così sconvolgente che l’immaginazione, i sensi, l’anima, il corpo stesso sono<br />
trascinati in un unico slancio; se la sinfonia deve esprimere la calma, i violini<br />
l’eseguono con suoni che discendono così bassi che inabissano l’animo con loro,<br />
nella loro profond<strong>it</strong>à, arcate di una lunghezza infin<strong>it</strong>a, che portano con sé un<br />
suono che muore, che si affievolisce finché svanisce del tutto”.<br />
J. J. Rousseau ammirò moltissimo Corelli e lo considerò con Bononcini, Vinci e<br />
Pergolesi il creatore della <strong>musica</strong> moderna.<br />
E’ in questo momento che la sonata classica (della seconda metà del XVIII secolo)<br />
comincia a fiorire, quando cioè la struttura principalmente omofonica è<br />
abbandonata per quella principalmente contrappuntistico; la sost<strong>it</strong>uzione<br />
graduale della prima alla seconda può essere notata proprio nelle sonate di<br />
Corelli.<br />
Dopo di lui la sonata assorbì fattori nuovi, riflessi della”sinfonia” scarlattiana, e<br />
dell’aria col “da capo” (o alla Scarlatti). Ricordiamo che Alessandro Scarlatti ha<br />
contribu<strong>it</strong>o largamente alla formazione di quel linguaggio agile e vario, ricco di<br />
risorse contrappuntistiche da un lato, armoniche e melodiche dall’altro, che da<br />
ultimo si risolverà nello <strong>stile</strong> mozartiano; inoltre apportò al melodramma varie<br />
innovazioni, perfezionando la forma delle arie e dei rec<strong>it</strong>ativi, nonché della parte<br />
orchestrale.<br />
Furono principalmente i compos<strong>it</strong>ori violinisti e soprattutto Vivaldi, Geminiani,<br />
Locatelli, Veracini, Tartini che trasfusero le linee della sinfonia scarlattiana e<br />
quelle del concerto nell’organismo più intimo della sonata; questa poi, una volta<br />
liberata dalla soggezione ai r<strong>it</strong>mi prestabil<strong>it</strong>i delle danze, si avviò agevolmente alla<br />
forma che fece di essa il prototipo della lirica strumentale.<br />
Lo schema della “sinfonia” scarlattiana fu adottato anche da J. S. Bach in molte<br />
delle sue opere, nelle sonate per clavicembalo composte prima del 1710, che<br />
avevano in genere tre movimenti, nelle sonate per organo, in quattro dei suoi<br />
concerti brandeburghesi, ecc.<br />
La “forma-sonata”, specifica del primo movimento della sonata, che nel secolo<br />
XVII aveva avuto struttura monotematica bipart<strong>it</strong>a, agli inizi del secolo seguente si<br />
trasformò in quella b<strong>it</strong>ematica bipart<strong>it</strong>a, per giungere verso il 1750 alla “forma-<br />
838
sonata” classica b<strong>it</strong>ematica tripart<strong>it</strong>a, composta da esposizione dei due temi,<br />
sviluppo o svolgimento tematico e ripresa dei due temi; essa cost<strong>it</strong>uì la struttura<br />
del primo movimento di tutte le forme strumentali (sinfonia, concerto, trio,<br />
quartetto, quintetto, ecc.) fino al XIX secolo.<br />
Tommaso Albinoni occupa un posto a sé nella storia della <strong>musica</strong> strumentale e<br />
precisamente in quella della sonata a tre e del concerto; le sue dodici sonate a tre<br />
ispirarono a Bach tre delle sue più belle fughe. Egli fu a Praga e a Monaco nel<br />
1722; qui suonò il violino nell’orchestra per la prima rappresentazione della sua<br />
opera “Li veri amici”; è l’autore che seppe dare forma al concerto solista<br />
(esposizione, sviluppo e ripresa) che Vivaldi e Bach fecero propria.<br />
L’importanza storica <strong>dello</strong> <strong>stile</strong> di Antonio Vivaldi è cap<strong>it</strong>ale; ne sono<br />
testimonianza le numerose copie, le edizioni estere, il canto e lo studio che di<br />
quelle musiche si faceva in Francia, in Olanda, in Inghilterra e soprattutto in<br />
Germania. Il concerto vivaldiano, superando le disciplinate simmetrie<br />
arch<strong>it</strong>ettoniche corelliane, tende alla concezione moderna, individualistica; egli fu<br />
ad Amsterdam ove furono pubblicate alcune sue opere, essendo considerato dagli<br />
ed<strong>it</strong>ori l’autore più redd<strong>it</strong>izio; nel 1720 fu al servizio del principe di Weimar, fu<br />
maestro del tedesco Pisendel, maestro di cappella del langravio di Assia-Kassel,<br />
dedicò al re di Danimarca l’opera seconda dei suoi concerti, la serenata “La Senna<br />
festeggiante” al re di Francia Luigi XV, svolse attiv<strong>it</strong>à a Vienna dove morì. M.<br />
Corrette nel 1744 scrisse un “Laudate Dominum”, parafrasando i quattro concerti<br />
delle “Stagioni”; F. Benda, compos<strong>it</strong>ore e violinista, fu uno dei più attenti seguaci,<br />
lo stesso Bach conobbe e trascrisse concerti vivaldiani dell’op.3.<br />
In conclusione, Vivaldi è da considerarsi l’autore principale di una rivoluzione che<br />
rapidamente condusse la <strong>musica</strong> strumentale dall’arch<strong>it</strong>ettura barocca, fondata<br />
sui contrasti tra una massa sonora e un’altra minore, verso uno <strong>stile</strong><br />
“impressionistico” che doveva trionfare poi col Sammartini nella sinfonia, col Platti<br />
e col Galuppi nella sonata (sec.XVIII).<br />
Giovan Battista Sammartini, detto il milanese, che in v<strong>it</strong>a ebbe fama <strong>europea</strong>, fu<br />
uno dei maestri che più direttamente condussero il rinnovamento della <strong>musica</strong><br />
strumentale dallo <strong>stile</strong> concertante al sinfonico; egli, anche se solo da una parte<br />
della cr<strong>it</strong>ica è considerato l’inventore, contribuì in ogni modo notevolmente allo<br />
sviluppo della sinfonia classica e fu importante per la formazione di F. J. Haydn;<br />
introdusse nella sinfonia un numero sostanzioso di suonatori e la rese molto più<br />
complessa. I caratteri della sinfonia sammartiniana si possono così indicare: una<br />
vivac<strong>it</strong>à di atteggiamenti melodici che si rinnovano secondo un “impressionismo<br />
r<strong>it</strong>mico” di sorprendente mutabil<strong>it</strong>à; orchestrazione color<strong>it</strong>a, abbondanza di<br />
modificazioni dinamiche (crescendo, diminuendo, pp, ff, ecc.). Si tratta di una<br />
839
composizione in tre tempi in cui il primo(allegro) è la forma-sonata, il secondo<br />
(adagio) è nella forma dell’aria, il terzo ha per lo più forma di danza. In segu<strong>it</strong>o<br />
Haydn e Mozart svilupparono i germi gettati con tanta generos<strong>it</strong>à dal genio di<br />
Sammartini e di altri <strong>it</strong>aliani, oltre che di Stam<strong>it</strong>z e di Gossec.<br />
Per quanto riguarda il melodramma, diciamo che accanto all’opera veneziana si<br />
sviluppò in questo periodo l’opera napoletana, inizialmente di carattere serio, con<br />
scarsa importanza data agli strumenti, imperniata su di una serie di pezzi chiusi<br />
(arie, duetti, rec<strong>it</strong>ativi, cori finali, interludi orchestrali); erano opere, per cantanti<br />
solisti, che sembravano più di altre destinate ad evolversi in un susseguirsi di arie<br />
assolutamente prive di drammatic<strong>it</strong>à. La prima cura era la bellezza e la precisione<br />
del suono, con straordinarie esibizioni vocali (colorature, ombreggiature) che oggi<br />
possiamo solo immaginare; il fattore melodico raggiunse il suo apogeo, nacque il<br />
“Bel canto”, il culto del virtuosismo canoro, la superba tecnica vocale.<br />
Accanto al fondatore, Francesco Provenzale, emerge tra i musicisti della scuola<br />
napoletana Alessandro Scarlatti che all’opera seria conferisce una ricchezza e una<br />
profond<strong>it</strong>à di discorso <strong>musica</strong>le specie nelle parti orchestrali che acquistano<br />
notevole sviluppo. Egli è l’anello di congiunzione tra lo <strong>stile</strong> veneziano e il “Bel<br />
canto” che a lui deve il suo aspetto defin<strong>it</strong>ivo nell’aria e nel rec<strong>it</strong>ativo, principale<br />
caratteristica <strong>dello</strong> <strong>stile</strong> napoletano.<br />
Possono considerarsi suoi continuatori A. Hasse e G. F. Händel le cui opere, come<br />
le cantate, sono ricche di melodia notevolmente <strong>it</strong>alianizzata.<br />
Questi fu nel 1705 a Firenze presso G. Gastone de’Medici, poi a Roma dove studiò<br />
i classici della <strong>musica</strong> sacra (Palestrina, Carissimi, ecc.), passò di c<strong>it</strong>tà in c<strong>it</strong>tà<br />
molto applaud<strong>it</strong>o, di nuovo fu a Firenze dove rappresentò la prima sua opera<br />
“<strong>it</strong>aliana”, “Rodrigo”, quindi ancora a Roma. Il principe Ruspoli ne intuì sub<strong>it</strong>o il<br />
genio e lo ingaggiò nella sua residenza romana e nella villa presso V<strong>it</strong>erbo; lì<br />
aveva alle sue dipendenze una piccola ma scelta orchestra che eseguiva musiche<br />
in esecuzioni che rivaleggiavano con quelle della cerchia del cardinale Ottoboni, il<br />
cui palazzo (la Cancelleria) era il cuore della v<strong>it</strong>a <strong>musica</strong>le romana; decine furono<br />
le cantate scr<strong>it</strong>te da Händel, nel soggiorno v<strong>it</strong>erbese, alcune delle quali per la voce<br />
di Margher<strong>it</strong>a Durastanti; e si deve a lei il più grande successo romano di Händel,<br />
l’oratorio “La Resurrezione”, esegu<strong>it</strong>o nel 1708 a palazzo Bonelli, residenza del<br />
principe, con un apparato imponente e con una grande orchestra diretta da<br />
Arcangelo Corelli. Da Roma Händel si recò a Napoli (1708-’09) dove compose una<br />
serenata ”Aci, Galatea e Polifemo”. Il viceré di Napoli, card. Grimani, gli scrisse il<br />
libretto di “Agrippina”, rappresentata a Venezia nel ’10, accolta con entusiasmo.<br />
Nell’inverno <strong>dello</strong> stesso anno fu a Londra (dove pochi mesi prima era stata<br />
rappresentata la prima opera cantata interamente in <strong><strong>it</strong>aliano</strong> da artisti <strong>it</strong>aliani,<br />
840
l’”Idaspe fedele” di Francesco Mancini); qui nel ’11 rappresentò “Rinaldo”che<br />
sollevò al teatro in Haymarket un grande entusiasmo (opera ripresa a Dublino<br />
nello stesso anno, la prima rappresentata in quella c<strong>it</strong>tà). Nel ’20 Händel<br />
assumeva la direzione di un’impresa teatrale sovvenzionata dal re, l’Accademia<br />
d’opera <strong>it</strong>aliana, e inaugurava la stagione con “Radamisto”, esegu<strong>it</strong>a dai migliori<br />
cantanti <strong>it</strong>aliani da lui stesso procurati in Germania. In segu<strong>it</strong>o però Händel<br />
dovette, per esaudire il pubblico, alternare lavori propri con quelli di Giovan<br />
Battista Bononcini, figlio di Giovanni Maria, nel ’16 maestro di cappella al King’s<br />
theatre, chiamato espressamente nel ’20 dalla Royal Academy of music, insieme<br />
con Attilio Ariosti, compos<strong>it</strong>ore, organista e violista. Dopo il successo strep<strong>it</strong>oso<br />
dell’opera“Astarte”, rappresentata nello stesso anno, il pubblico volle<br />
contrapporre Bononcini a Händel in una gara <strong>musica</strong>le che originò clamorose<br />
polemiche. Dal ’21 al ’28 il musicista tedesco compose tredici opere “<strong>it</strong>aliane”,<br />
“Ottone”, “Tamerlano”, “Ariodante”, “Rinaldo”, “Giulio Cesare”, “Rodelinda”,<br />
“Sosarme”, “Alcina”, “Berenice”, “Faramondo”, “Serse”, “Alessandro”, “Il pastor fido.<br />
Mentre queste si diffondevano in tutta Europa, egli riprese contatto in Italia con la<br />
scuola napoletana e ne studiò le nuove tendenze, già meno virtuosistiche e più<br />
drammatiche, e ne riportò a Londra nuovi libretti e nuovi cantanti; dal ’29<br />
rappresentò altre sei opere, tra cui “Ezio” e “Orlando”; quindi scese una terza volta<br />
in Italia per scr<strong>it</strong>turare altri cantanti. In segu<strong>it</strong>o alle polemiche originate dai<br />
sosten<strong>it</strong>ori dei due part<strong>it</strong>i <strong>musica</strong>li, l’impresario di Haymarket fu costretto a<br />
cedere il teatro ai concorrenti e Händel si trasferì al Covent Garden. Fu chiamato<br />
Niccolò Porpora nel ’33, che era stato a Dresda nel ’28 su inv<strong>it</strong>o dell’elettore come<br />
maestro di canto e composizione della principessa Maria Antonia, e dove aveva<br />
rappresentato due opere; gli oppos<strong>it</strong>ori di Händel, non potendo più contare su<br />
Giovan Battista Bononcini, caduto in discred<strong>it</strong>o, lo incaricarono di dirigere la<br />
compagnia di Haymarket e comporre opere. Per il teatro di Porpora parteggiava il<br />
principe di Galles con molti aristocratici, mentre i sovrani restavano fedeli<br />
händeliani al Covent Garden.<br />
Tra i cantanti ricordiamo Nicola Grimaldi, detto Nicolino, interprete principale di<br />
“Rinaldo”, divenuto l’idolo dei londinesi. Händel portò a Londra Gioacchino Conti,<br />
sopranista, detto Gizziello; Giovanni Carestini, detto il Cusanino, celebre anche a<br />
Praga, in Russia e in Germania, ammirato da Federico il grande nell’opera “Orfeo”<br />
di Graun; Anna Maria Strada, soprano; Annibale Fabbri, tenore, che in segu<strong>it</strong>o fu<br />
cantore della cappella reale di Lisbona. Lo stesso Händel e il Bononcini composero<br />
opere per i famosi bassi G. Boschi e A. Montagnana; questi fu scr<strong>it</strong>turato dal<br />
musicista tedesco per il periodo dal ’31 al ’34 e nel ’38, dal Porpora nelle stagioni<br />
dal ’34 al ’38. Faustina Bordoni, applaud<strong>it</strong>a a Monaco e a Vienna, fu chiamata a<br />
841
Londra nel ’35; qui nell’opera “Alessandro” ebbe un successo che la contrappose a<br />
Francesca Cuzzoni, fino allora beniamina del pubblico londinese; la rival<strong>it</strong>à tra le<br />
due primedonne raggiunse toni accesissimi e provocò incidenti clamorosi finchè<br />
al termine della stagione ’27-’28 la Bordoni lasciò Londra, nel ’30 sposò A. Hasse<br />
che seguì a Dresda dove trovò come grande rivale Regina Valentini.<br />
Nelle opere di Porpora, grande maestro di canto, si esibirono i virtuosi Francesco<br />
Bernardi, detto il Senesino, contraltista; il Montagnana; Carlo Broschi, sopranista,<br />
detto il Farinelli; le cantanti Cuzzoni, Segatti, Bertolli; egli ebbe accanto il Rolli<br />
come librettista e autore di arie. L’opera “Arianna a Nasso”, rappresentata nel’35,<br />
fu replicata venti volte; quindi il musicista presentò “Polifemo” e un oratorio; ma il<br />
pregio dei virtuosi interessava più di quello delle musiche; nel ’37 venne per<br />
l’Haymarket l’ora della crisi, essendo part<strong>it</strong>i il Senesino e il Farinelli, i cantanti più<br />
osannati dal pubblico, e Porpora abbandonò Londra.<br />
In Inghilterra, Scozia e Irlanda nel secolo XVIII operarono una sessantina di<br />
compos<strong>it</strong>ori <strong>it</strong>aliani e la cifra diventa più che doppia se aggiungiamo i cantanti e<br />
gli strumentisti di grido, gran parte dei quali sono tra i migliori che l’Italia abbia<br />
avuto; molti testi e soprattutto molte musiche <strong>it</strong>aliane passarono da lì in Francia, e<br />
questo è un fatto da non potersi trascurare nella storia della <strong>musica</strong> strumentale<br />
francese.<br />
Nel 1708 fu esegu<strong>it</strong>o ad Oxford lo ”Stabat Mater” di Emanuele d’Astorga per<br />
quattro voci con strumenti ad arco e organo.<br />
Nel 1714 giunse a Londra Francesco Maria Veracini, suonando al King’s theatre<br />
come solista tra un atto e l’altro delle opere, e vi tornerà nel ’35, molto ammirato<br />
e considerato il maggiore violinista d’Europa (secondo C. Burney); egli, celebre<br />
anche come operista, rappresentò in quel teatro le opere “Adriano in Siria”, “La<br />
clemenza di T<strong>it</strong>o”, “Rodelinda” e “Parthenius”. La fortuna dell’”Adriano” (1735),<br />
replicato molte volte, fu tale che se ne pubblicarono a parte diversi pezzi.<br />
Nel 1714 arrivò a Londra Francesco Geminiani che estese ai paesi anglosassoni la<br />
zona d’influenza della scuola corelliana, avendo il mer<strong>it</strong>o con Veracini di avere<br />
fatto progredire l’arte del violino, e dando allo strumento il primo autentico<br />
metodo; scrisse vari trattati, tradotti in più lingue: in quello più importante (‘48)<br />
”L’arte di suonare il violino”, si trova per la prima volta il segno dinamico del<br />
rinforzando. Fu a Dublino dal ’37 al ’47, a Parigi dal ’49 al ‘55 e qui presentò<br />
l’opera prima; nel ’59 fu nuovamente in Irlanda e morì a Dublino nel ’62. Grande<br />
concertista e compos<strong>it</strong>ore, ebbe come allievi C. Avison e M. Dubourg.<br />
Fu a Londra con Geminiani nel ’14 Francesco Barsanti, flautista, oboista e<br />
compos<strong>it</strong>ore, e vi restò per molti anni, portando anch’egli il mo<strong>dello</strong> del concerto<br />
grosso e della sonata corelliana; fu anche in Scozia.<br />
842
Pietro Castrucci, al servizio di lord Burlington, assunto da Händel come violinista<br />
nell’orchestra del suo teatro, e Cosimo e Stefano Carbonelli portarono anch’essi la<br />
tecnica violinistica a Londra rispettivamente nel 1715 e nel ’19.<br />
Pietro Giuseppe Sandoni, compos<strong>it</strong>ore e clavicembalista, famoso in tutta Europa,<br />
per molti anni a Londra, rivaleggiò con Händel; le sue sonate per clavicembalo<br />
furono le prime pubblicate in Inghilterra.<br />
Francesco Scarlatti, fratello di Alessandro, compos<strong>it</strong>ore, fu a Londra dal 1719 al<br />
’24.<br />
Attilio Ariosti compose a Londra “Muzio Scevola”, rappresentata nel 1721, avendo<br />
a collaboratore Giovan Battista Bononcini per il primo atto e Handel per il terzo;<br />
scrisse 25 opere tra cui “Coriolano”, suo capolavoro, rappresentata a Londra nel<br />
’23; per primo introdusse in Inghilterra la viola d’amore per la quale scrisse un<br />
metodo.<br />
Giovan Battista Pescetti, compos<strong>it</strong>ore, organista e clavicembalista, fu chiamato nel<br />
1731 per sost<strong>it</strong>uire Niccolò Porpora alla direzione del teatro e vi rimase per dieci<br />
anni.<br />
Giuseppe Sammartini, detto il londinese, oboista, fu direttore nel 1732-’33 con<br />
Carlo Arrigoni dei concerti del giovedì nella Heckford Hall di Londra, e poi<br />
maestro di <strong>musica</strong> alla corte del principe di Galles.<br />
A Edimburgo insegnò dal 1740 Niccolò Pasquali, autore di <strong>musica</strong> da camera,<br />
attivo anche a Londra e a Dublino.<br />
Baldassarre Galuppi, detto il Buranello, nel 1742 fu inv<strong>it</strong>ato a Londra dal direttore<br />
dell’Haymarket; vi andò con i cantanti A. M. Ponticelli, G. B. Andreoni, A.<br />
Amorevoli, C. Visconti, L. Panichi, C. Tedeschi. Scrisse in quegli anni le opere<br />
“Penelope”, “Scipione in Cartagine” ed “ Enrico e Sirbace”, molto acclamate, che<br />
influirono sulle Ballad Operas; lasciò il posto di compos<strong>it</strong>ore nel ’43 al<br />
Lampugnani. La sua arte di viva espressione, sia nei tratti drammatici, sia nei<br />
giocosi, oltrepassa stilisticamente tanto il Barocco quanto il Rococò, giungendo a<br />
posizioni già preromantiche.<br />
Giovan Battista Lampugnani fu a Londra fino al 1746, nel ’53 a Barcellona, nei due<br />
anni seguenti nuovamente a Londra e nel ’58 in Germania; nel ’70 collaborò con<br />
Mozart nella concertazione dell’opera “M<strong>it</strong>ridate, re del Ponto”, quando il<br />
musicista austriaco si recò a Milano.<br />
La <strong>musica</strong> <strong>it</strong>aliana era sempre più conosciuta e amata dal pubblico br<strong>it</strong>annico.<br />
Nel 1739 T. Roseingrave, irlandese, che aveva studiato a Roma organo e<br />
composizione, pubblicò a Londra quarantadue “su<strong>it</strong>es or lessons” di Domenico<br />
Scarlatti,figlio di Alessandro, celebre clavicembalista (del quale nel ’20 era stata<br />
rappresentata l’opera “Narciso”), e altre dodici sonate nel ’52; nel “pasticcio”<br />
843
“Alessandro in Persia”(1740) furono inser<strong>it</strong>e due sue arie; sempre di Domenico, a<br />
cura dell’Avison, nel ’44 furono pubblicati dodici concerti per archi, tratti dalle<br />
su<strong>it</strong>e per clavicembalo; lo stesso Avison fece conoscere i cinquanta salmi ad una e<br />
più voci di Benedetto Marcello, dall’espansione lirica impetuosa.<br />
Nel 1750 giunse a Londra Felice Giardini, dopo una tournée attraverso la<br />
Germania e la Francia, e vi resterà per quasi tutta la v<strong>it</strong>a; ebbe grande fortuna<br />
come violinista nei concerti sia pubblici, sia privati presso l’aristocrazia, e fin dal<br />
’52 diresse l’orchestra del teatro dell’Opera <strong>it</strong>aliana, tra il ’70 e il ’75 le orchestre<br />
dei festival di Gloucester, di Leicester e Hichinbrouke. Non meno importante fu la<br />
sua attiv<strong>it</strong>à didattica; derivò infatti da lui la scuola violinistica inglese (fu tra i suoi<br />
allievi il violoncellista F. de la Motte). Fu pure apprezzato maestro di canto e in<br />
anni diversi assunse il ruolo di impresario teatrale. La sua fama in Inghilterra era<br />
pari a quella di J. C. Bach, suo amico e collaboratore; ebbe il t<strong>it</strong>olo di music-<br />
master del principe di Galles. Le edizioni londinesi delle sue opere conobbero<br />
numerose ristampe in Francia e in Germania; egli è figura di prima grandezza per<br />
le composizioni strumentali e in particolare per i suoi quartetti d’archi (assieme<br />
ad Haydn e a Boccherini può considerarsi il creatore del quartetto a cui affidò il<br />
proprio gusto sospeso tra la nuova sensibil<strong>it</strong>à sinfonica e preromantica e il ricordo<br />
della civiltà concertistica <strong>it</strong>aliana). Concertante viene appunto defin<strong>it</strong>o il quartetto<br />
di Giardini per il piglio solistico con cui tutti gli strumenti gareggiano in destrezza<br />
ed espressiv<strong>it</strong>à, ed <strong><strong>it</strong>aliano</strong> per l’impronta della tecnica tartiniana come per la<br />
larga contabil<strong>it</strong>à.<br />
J. C. Bach, detto il Bach di Milano o di Londra, compose nella cap<strong>it</strong>ale inglese per il<br />
teatro d’Opera <strong><strong>it</strong>aliano</strong> varie opere “<strong>it</strong>aliane”, praticò un’arte assai vicina per lo<br />
<strong>stile</strong> a quella degli <strong>it</strong>aliani.<br />
In quel periodo furono a Londra Giovanni Porta, operista; i maestri di cembalo Pier<br />
Domenico Paradisi, della scuola napoletana, Ferdinando Pellegrini e Gabriele Pizzi,<br />
rinomato anche come virtuoso di canto, Prospero Castrucci, direttore e<br />
compos<strong>it</strong>ore presso il teatro della Castle Society, Giuseppe Giordani, detto<br />
Giordanello, celebre anche come maestro di canto e autore di “Artaserse”<br />
e”Antigono”, commissionate dallo stesso teatro, Felice Alessandri, poi attivo a<br />
Dublino. Gioacchino Cocchi fu nel 1757 compos<strong>it</strong>ore al King’s Theatre dove fece<br />
rappresentare “Demetrio, re di Siria”, la prima di nove opere; fu poi direttore dei<br />
concerti a Carlisle House.<br />
Tommaso Giordani con la compagnia viaggiante creata dal padre Giuseppe<br />
percorse la Germania, i paesi Bassi e l’Inghilterra, come maestro di cembalo e<br />
canto; dal ’62 al ’78 fu a Londra, dove diresse il New Royal Theatre, e dal ’79 in<br />
844
poi (m. 1816) a Dublino; compose un’opera inglese, nel ’92 organizzò e diresse<br />
gli “Spir<strong>it</strong>ual concerts” nella cap<strong>it</strong>ale irlandese.<br />
Nel 1763 Mattia Vento fu chiamato a Londra per la sua fama da Felice Giardini e vi<br />
rimase per tutta la v<strong>it</strong>a (m. 1776), svolgendo anche attiv<strong>it</strong>à di direttore<br />
d’orchestra; fu autore, oltre che di opere teatrali, di una abbondante produzione<br />
strumentale, collaborando con J. C. Bach del quale fu compet<strong>it</strong>ore. E’ considerato<br />
uno dei più validi precursori <strong>dello</strong> <strong>stile</strong> mozartiano.<br />
Domenico Corri fu nel 1771 a Edimburgo dove insegnò canto e fu impresario del<br />
Royal Theatre, nel ’90 si stabilì a Londra come insegnante di canto.<br />
Antonio Sacchini visse a Londra dal 1772 al ’81, dopo avere fatto rappresentare a<br />
Stoccarda nel ’70 la “Calliroe” e a Monaco nel ’71 “Scipione in Cartagine”.<br />
Alessandro Guglielmi compose due opere per Londra, ”Orfeo” ed “Ezio” e fu<br />
maestro di cappella nel 1773; F. Urbani, irlandese di origine <strong>it</strong>aliana, compose due<br />
opere in <strong><strong>it</strong>aliano</strong>, “Farnace e ”Il trionfo di Clelia”.<br />
Pasquale Anfossi, operista, fu direttore del Knight’s Theatre; ha importanza per i<br />
rapporti della sua opera con quella di Mozart che compose “La finta giardiniera”<br />
(1775) sullo stesso libretto serv<strong>it</strong>o al compos<strong>it</strong>ore <strong><strong>it</strong>aliano</strong>, del quale subì<br />
visibilmente l’influsso.<br />
Pietro Pompeo Sales, dopo essere stato dal 1756 al ’68 (tranne una breve<br />
parentesi a Bologna presso padre Martini) maestro di cappella del vescovo di<br />
Augusta, nel ‘69 a Stoccarda, nel ’70 maestro di cappella e consigliere di corte a<br />
Coblenza, nel ’76 si recò in Inghilterra, applaud<strong>it</strong>o come virtuoso di viola da<br />
gamba; nel ’97 passò in Germania e morì ad Hanau.<br />
Tommaso Traetta (allievo di Francesco Durante, il grande didatta della scuola<br />
napoletana, molto ammirato da J. J. Rousseau per il suo <strong>stile</strong>, maestro di molti<br />
musicisti, anche stranieri, come gli spagnoli Duran e Terradella) nel 1775 fece<br />
rappresentare a Londra l’opera “Germondo”.<br />
Francesco Bianchi, dal 1775 al ‘78 maestro di cembalo al Théatre des Italiens a<br />
Parigi per il quale compose quattordici opere, si trasferì a Londra, dopo il<br />
successo della sua “Vendetta di Nino” (1794), e fu nominato compos<strong>it</strong>ore del<br />
King’s Theatre (1795-1802), dirigendo anche il Crow Street Theatre e l’Astley’s<br />
Theatre di Dublino; ebbe tra gli allievi H. R. Bishop.<br />
Giovanni Goffredo Ferrari, dopo essere stato a Parigi nel 1787 sotto la protezione<br />
di Maria Antonietta che accompagnò spesso al cembalo, e maestro al teatro de<br />
Monsieur, nel ’92 riparò a Londra dove continuò nell’attiv<strong>it</strong>à di insegnante e<br />
musicista dell’aristocrazia, e maestro al cembalo nel teatro Haymarket; dal 1823<br />
al ’27 insegnò a Edimburgo.<br />
845
Vincenzo Federici (sec. XVIII-XIX), maestro di cembalo, compose opere che ebbero<br />
successo al teatro <strong><strong>it</strong>aliano</strong> di Londra.<br />
Tra i violinisti, oltre a quelli più famosi e già c<strong>it</strong>ati, ricordiamo a Londra Nicola<br />
Matteis junior, insegnante a Shrewsbury, Giovanni Piantanida (virtuoso celebre in<br />
tutta Europa), Francesco Chiabrano, Giacomo Cervetto (nel 1760 offrì al pubblico<br />
per la prima volta sonate per cembalo con accompagnamento di violino),<br />
Francesco Guerini, Ignazio Raimondi (anche direttore d’orchestra), Giovan Battista<br />
Cimadoro (anche maestro di canto), Luigi Borghi, allievo di Tartini, che, giunto nel<br />
’74 e acclamato come virtuoso, diresse nel Pantheon londinese opere <strong>it</strong>aliane (fu a<br />
Berlino nel ’88 e nel ’90).<br />
Per quanto riguarda il violoncello, contribuì alla sua diffusione in Inghilterra<br />
Giacobbe Basevi, detto Cervetto, padre di Giacomo, che per molti anni dal 1728<br />
svolse attiv<strong>it</strong>à a Londra ove fu lui a presentare per la prima volta lo strumento; fu<br />
suo allievo R. Lindley, il capo della scuola violoncellistica inglese. La permanenza<br />
in Inghilterra di Attilio Ariosti, Giuseppe Clemente Dall’Abaco, Stefano Galeotti,<br />
Giovan Battista Bononcini, Carlo Graziani, A. Caporali e Pasqualini, susc<strong>it</strong>ò vivo<br />
interesse per il nuovo strumento e per le musiche.<br />
Ricordiamo infine che il trattato “Arte armonica”, scr<strong>it</strong>to nel 1760 da Giorgio<br />
Antoniotto, fu tradotto in inglese dal Johnson.<br />
L’influsso della <strong>musica</strong> <strong>it</strong>aliana in Germania e in Austria fu notevole tra i secoli<br />
XVII e XVIII; molti autori furono studiati.<br />
G. Muffat, dopo essersi perfezionato a Roma, introdusse nel suo paese la forma<br />
del concerto grosso; J. J. Quantz studiò composizione a Roma con Francesco Carlo<br />
Gasperini e fu a Napoli presso Alessandro Scarlatti.<br />
F. J. Fux e J. D. Zelenka copiarono i ricercari di Luigi Battiferri, un seguace di<br />
Frescobaldi (sec. XVII).<br />
G. P. Telemann nelle sue prime opere strumentali risente dell’influsso vivaldiano;<br />
per quanto riguarda l’opera, sia l’intermezzo “Pimpinone” che “La pazienza di<br />
Socrate” si avvalgono di libretti con testo metà in tedesco e metà in <strong><strong>it</strong>aliano</strong>; il<br />
linguaggio <strong>musica</strong>le del primo è decisamente <strong><strong>it</strong>aliano</strong> e mostra evidenti analogie<br />
con l’opera buffa napoletana.<br />
Ebbero grande rinomanza i brani di <strong>musica</strong> sacra di Francesco Durante, Antonio<br />
Lotti, Giovan Battista Pergolesi, autore del celebre “Stabat mater”, dalla bellezza<br />
d’invenzione e delicatezza patetica, trascr<strong>it</strong>to anche da J. S. Bach; questi conobbe<br />
e trascrisse, oltre i già c<strong>it</strong>ati concerti vivaldiani, anche brani di Giovanni Legrenzi,<br />
Alessandro Marcello, Francesco Antonio Bonporti, studiò i concerti di Antonio<br />
Locatelli, ecc. Ricordiamo che molti elementi della <strong>musica</strong> vocale <strong>it</strong>aliana sono in<br />
846
lui, come l’aria col da capo, il rec<strong>it</strong>ativo, lo <strong>stile</strong> dell’opera buffa nelle cantate<br />
profane, per esempio in quella famosa del “Caffè”.<br />
Allievo di G.Legrenzi,direttore della cappella di S.Marco a Venezia, fu G.Antonio<br />
Giannettini,che fu a Monaco nel 1721;autore di 20 opere teatrali e di <strong>musica</strong><br />
strumentale, ebbe particolre successo con “Medea in Atene” nel 1675.<br />
Verso la metà del secolo XVIII si afferma in <strong>musica</strong> lo <strong>stile</strong> galante, specie in<br />
campo cembalistica, inteso a valori di grazia e di eleganza sia nel r<strong>it</strong>mo sia nella<br />
melodia, ricca di ornamentazioni.Tra gli esponenti più importanti di questa nuova<br />
forma artistica che sost<strong>it</strong>uisce il gusto barocco, accostandosi per certi aspetti allo<br />
<strong>stile</strong> rococò, ricordiamo Galuppi, Giardini, Rutini, Pescetti, Grazioli, Paganelli e<br />
Domenico Alberti, autore delle prime sonate cembalistiche in due tempi, (il grande<br />
uso da lui fatto in esse di un tipo di basso determinò il nome di basso albertino,<br />
cioè di una formula di accompagnamento strumentale, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da accordi<br />
spezzati che accompagnano la melodia, un tipo di basso inscindibile dalla storia<br />
<strong>dello</strong> <strong>stile</strong> galante, il pezzo lirico per cembalo di fondo descr<strong>it</strong>tivo o meglio<br />
suggestivo, d’indole melodica anche nei tempi rapidi; gli stessi Haydn, Mozart,<br />
Beethoven e molti altri ne fecero uso). Nelle otto sonate per cembalo dell’Alberti,<br />
pubblicate a Londra, il basso appare ricco di sensibil<strong>it</strong>à e di poesia, precorr<strong>it</strong>ore<br />
nella strumental<strong>it</strong>à <strong>dello</strong> <strong>stile</strong> preromantico.<br />
Nel loro paese gli operisti tedeschi più richiesti furono quelli che più avevano<br />
sub<strong>it</strong>o l’influsso della <strong>musica</strong> <strong>it</strong>aliana o che avevano studiato e operato in Italia<br />
come J. Molter, A. Hasse e L. Gassmann; il primo si perfezionò a Venezia e a Roma<br />
dal 1719 al ’21; il secondo, perfezionatosi a Napoli e a Venezia, è autore di opere<br />
“<strong>it</strong>aliane” come “Tigrane”, “Arminio”, “Solimano”, ecc.; il terzo studiò a Bologna con<br />
padre Martini (vedi avanti), visse lungamente a Venezia dove scrisse opere su<br />
libretti di A. Zeno, P. Metastasio, C. Goldoni, G. Foppa, M. Coltellini, R.<br />
de’Calzabigi e G. Boccherini. J. G. Graun, allievo di Tartini a Praga, compose<br />
sonate, sinfonie, concerti dalla chiara influenza <strong>it</strong>aliana; suo fratello Heinrich da<br />
fanciullo cantava a Dresda nei cori delle opere <strong>it</strong>aliane, compose su libretto<br />
<strong><strong>it</strong>aliano</strong> “ Lo specchio della fedeltà”, rappresentata a Brunswick nel 1736 in<br />
occasione del matrimonio di Federico II di Prussia, nel’40 fu inviato in Italia per<br />
ingaggiare otto cantanti per il nuovo teatro d’Opera di Berlino, inaugurato nel ’42<br />
con “Cesare e Cleopatra”; per lo stesso teatro compose 26 opere, alcune su testo<br />
francese tradotto in <strong><strong>it</strong>aliano</strong> da G. Tagliazucchi, altri su testi di P. Metastasio, A.<br />
Zeno e soprattutto di L. Villati. Il nuovo ideale illuministico del sovrano tendeva ad<br />
una maggiore chiarezza e semplic<strong>it</strong>à che si ricercava nella lingua <strong>it</strong>aliana.<br />
Tra il XVII e il XVIII secolo furono molti i musicisti <strong>it</strong>aliani chiamati nei paesi<br />
tedeschi. Pietro Torri, allievo di Steffani, visse quasi sempre in Germania; fu a<br />
847
Bayreuth nel 1684, nel ’89 entrò al servizio della corte di Monaco, grazie alle<br />
raccomandazioni del maestro. Prima organista di corte, poi direttore d’orchestra,<br />
accompagnò a Bruxelles il principe divenuto governatore dei Paesi Bassi; nel ’96<br />
fu chiamato a dirigere l’orchestra di Hannover, nel 1701 tornò a Monaco, due anni<br />
dopo fu nominato kammermusikdirektor e seguì nuovamente il principe a<br />
Bruxelles dove ebbe come vice-maestro nella direzione dell’orchestra P. A. Fiocco<br />
che gli succedette nel 1706 quando Torri riprese le peregrinazioni al segu<strong>it</strong>o del<br />
principe in Belgio. Al rientro defin<strong>it</strong>ivo a Monaco nel ’11 fu nominato direttore<br />
della cappella di corte e, alla morte del Bernabei nel ’32, maestro. Egli compose<br />
per la corte 172 opere tra feste teatrali e serenate (sceniche), 43 tra messe,<br />
oratori, inni e cantate; la sua arte è informata al barocco veneziano di cui<br />
riecheggia gli effetti di grandios<strong>it</strong>à <strong>musica</strong>le e rappresentativa. Ruggero Fedeli,<br />
compos<strong>it</strong>ore e celebre basso, fu maestro di cappella nel 1687 della corte di<br />
Bayreuth, di quella di Dresda nel’88, nel ’91 compos<strong>it</strong>ore della corte di Berlino<br />
presso la quale divenne maestro di cappella dal 1701 al ’08, per poi passare alla<br />
corte di Kassel; Giovanni Morselli fu direttore del teatro e della cappella di corte di<br />
Hannover, Giuseppe Boniventi, maestro di cappella del principe di Baden dal 1712<br />
al ’18. Giovanni Alberto Ristori nel 1715 fu a Dresda dove raggiunse il padre<br />
Tommaso, compos<strong>it</strong>ore di corte, aggregandosi alla compagnia dei comici <strong>it</strong>aliani;<br />
tornato nel ’33, fu nominato organista di camera, nel ’46 compos<strong>it</strong>ore di chiesa e<br />
nel ’50 vicemaestro della cappella di corte. Evaristo Felice dall’Abaco, violinista,<br />
autore di concerti grossi e solistici, fu a Monaco al servizio di Massimiliano II,<br />
elettore di Baviera, che seguì a Bruxelles, Parigi, Versailles, Lussemburgo durante<br />
l’esilio; rientrò a Monaco nel 1715 dopo la pace di Rastatt, suonando<br />
nell’orchestra diretta da Giuseppe Antonio Bernabei. Berlino per mer<strong>it</strong>o di Sofia<br />
Carlotta di Hannover vide un periodo di splendore <strong>musica</strong>le dal 1697 al 1703 con<br />
Attilio Ariosti, Francesco Cesarin e Giovan Battista Bononcini (1703); questi, dopo<br />
essere stato a Vienna dal 1697 al 1703 (con intervallo di alcuni mesi in Italia)<br />
come compos<strong>it</strong>ore e violoncellista della cappella di corte, fu a Berlino, a Londra<br />
(vedi dietro), a Parigi nel ’33, fu di nuovo a Vienna nel ’37, dove compose varie<br />
opere e due oratori e visse gli ultimi anni di v<strong>it</strong>a.<br />
Vi fu anche suo fratello, Antonio Maria, violinista, compos<strong>it</strong>ore e direttore, dal<br />
1704 al ’11, ed ebbe tra gli allievi G. H. Stölzel; fece rappresentare nel teatro<br />
imperiale le opere”Teraspo”, “Arminio”, “ La conquista delle Spagne”, ”Tigrane”.<br />
Francesco Bartolomeo Conti, fu tiorbista di corte dal 1701, compos<strong>it</strong>ore dal ’13,<br />
autore di diciassette opere, oratori e cantate; anche suo figlio Ignazio fu al<br />
servizio dell’ imperatore. Ricordiamo inoltre a Vienna Carlo Domenico Draghi,<br />
organista presso la cappella aulica, Ferdinando Chiaravalle, Andrea Santinelli,<br />
848
Francesco Scarlatti, fratello di Alessandro, Pier Francesco Tosi (1705-’11),<br />
Francesco Antonio Bonporti (maestro della cappella privata di Giuseppe I), Attilio<br />
Ariosti (1706), Carlo Agostino Badia che dal 1696 al 1728 fece rappresentare<br />
numerosi suoi lavori (27 opere, 21 oratori, serenate, cantate), Emanuele d’Astorga<br />
che dopo essere stato a Barcellona presso Carlo III, pretendente al trono di<br />
Spagna, lo seguì nel 1709 a Vienna in occasione dell’incoronazione a imperatore<br />
con il t<strong>it</strong>olo di Carlo VI, restando fino al ’14.<br />
Fu maestro di cappella nel 1715 Marco Antonio Ziani, autore di 45 opere e <strong>musica</strong><br />
strumentale; a lui successe J. J. Fux che volle come vicemaestro Antonio Caldara,<br />
importante esponente <strong>dello</strong> <strong>stile</strong> veneziano; dal 1723, succedendo a Fux, del<br />
quale diresse “La costanza e la forza”, accolta felicemente a Praga, divenuto<br />
direttore dell’orchestra, Caldara dovette soddisfare con un’intensa attiv<strong>it</strong>à di<br />
compos<strong>it</strong>ore le esigenze della corte viennese e di altri teatri (Salisburgo, Graz e<br />
Linz); ebbe influenza su Bach e Telemann, oltre che sul boemo Miča, insegnò a G.<br />
Reutter II, maestro di Haydn, e contribuì a porre le basi del classicismo viennese;<br />
compose circa 70 opere, tra cui “Dafne”, “Ifigenia in Aulide”, “Euristeo” su libretto<br />
di Apostolo Zeno, “La clemenza di T<strong>it</strong>o”, “Ciro riconosciuto”, “Temistocle” su<br />
libretto di Pietro Metastasio.<br />
Luca Antonio Predieri, chiamato al servizio di Carlo VI e poi di Maria Teresa,<br />
maestro di cappella, compose 24 opere tra cui “Partenope”, “Lucio Papirio”,<br />
“Merope”, “Astarte”, “T<strong>it</strong>o Manlio”, “Sofonisba”, “Cesare in Eg<strong>it</strong>to”, “Alessandro<br />
nelle Indie”, “La serva padrona”, “Scipione il giovane”, serenate, cantate, ecc.<br />
Per lo stesso imperatore Carlo VI Benedetto Marcello, famoso per l’opera letteraria<br />
“Il teatro alla moda”, compose nel 1723 una serenata, esegu<strong>it</strong>a a Vienna in<br />
occasione della sua incoronazione per la quale furono importate grandiose scene<br />
e spettacoli <strong>it</strong>aliani.<br />
Antonio Lotti, organista e compos<strong>it</strong>ore, nel 1717 fu a Dresda, a capo di una<br />
compagnia d’opera <strong>it</strong>aliana con Francesco Maria Veracini, il librettista Luchini, la<br />
cantante Santa Stella e il Senesino. Il Veracini, violinista e compos<strong>it</strong>ore, fu<br />
chiamato dall’elettore di Sassonia come violino solista, nel ’23 fu a Praga, presso<br />
il conte Kinsky. Giuseppe Paganelli, violinista, fu ad Augusta, direttore di<br />
un’orchestra <strong>it</strong>aliana. Fu celebre in Germania il compos<strong>it</strong>ore Giuseppe Nelvi.<br />
Tra i cantanti del periodo (fine XVII–metà XVIII secolo) ricordiamo anche Antonio<br />
Borosini, tenore, acclamato nel 1688 a Hannover e nel 1700 a Vienna; suo figlio<br />
Francesco, tenore, a Vienna dal 1712 al ’34, a Londra nel 1724-’25, Matteo<br />
Sassano, detto Matteuccio, sopranista, dal 1698 al 1700 al servizio della corte di<br />
Baviera, poi di quella di Spagna e infine a Vienna presso Giuseppe II. Celebri<br />
furono Antonio Romolo Ferrini, Michele Albertini, detto Momoletto, per molti anni<br />
849
sulle scene di Kassel, e Giuseppe Aprile, detto Sciroletto, contraltista; Antonio<br />
Bernacchi, sopranista, fu dapprima al servizio della corte di Düsseldorf, quindi dal<br />
1709 al ’36 acclamato in tutta Europa; Bartolomeo Bartolini brillò al servizio<br />
dell’elettore di Baviera dal 1720 al ’30. Felice Salimbeni fu dal 1733 al ’37 alla<br />
corte di Vienna e nel ’43 al servizio di Federico II di Prussia. Domenico Annibali,<br />
detto Domenichino, nominato a soli 14 anni ”virtuoso” del re di Polonia, fu in<br />
Inghilterra e a Dresda per 35 anni fino al 1764, insign<strong>it</strong>o del t<strong>it</strong>olo di cantore di<br />
camera, interprete di quasi tutte le arie di Hasse. Carlo Broschi, detto il Farinelli,<br />
allievo di Porpora, fu il più celebre sopranista dei suoi tempi, rimase in Spagna dal<br />
1737 al ’59, e fu insign<strong>it</strong>o da Ferdinando VI dell’ordine di Calatrava; il tenore<br />
Domenico Alberti, compos<strong>it</strong>ore, fu a Madrid al segu<strong>it</strong>o dell’ambasciatore veneto e<br />
la sua voce susc<strong>it</strong>ò l’ammirazione <strong>dello</strong> stesso Farinelli. Tra gli allievi di Porpora<br />
ricordiamo anche Antonio Uberti, sopranista, nato in Italia da gen<strong>it</strong>ori tedeschi,<br />
detto il Porporino, il sopranista Appiani, la Molteni, la Golinelli e il basso<br />
Montagnana.Del periodo ricordiamo anche Caterina Giraldini,violinista e<br />
cantante,che insegnò canto a Mosca; i soprani Luigina Bertoletti e Caterina<br />
Baglioni.<br />
Molti principi tedeschi chiamarono i più importanti musicisti <strong>it</strong>aliani nel secolo<br />
XVIII.<br />
Giovanni Platti, oboista, cembalista, violinista e cantante, nel 1722 si trova a<br />
Magonza con la moglie Teresa, valente soprano, e con un gruppo di musicisti<br />
diretti da Fortunato Chelleri, e colà è conosciuto dal principe-vescovo di<br />
Wurzburg al cui servizio entra sub<strong>it</strong>o Teresa e nel ’24 Giovanni come musico di<br />
camera, restandovi fino oltre il ’50; pubblica a Norimberga sonate per<br />
clavicembalo, flauto traverso, concerti, oratori, cantate, e compone l’opera<br />
“Arianna”, rappresentata a Wurzburg nel ’29; egli è tra i fondatori <strong>dello</strong> <strong>stile</strong><br />
preromantico o mozartiano, impressionistico e drammatico della sonata, e il<br />
principale propagatore di questo <strong>stile</strong> in Germania, sì da potere essere<br />
considerato con Galuppi e Rutini il creatore della sonata moderna.<br />
Nel secolo XVIII I grandi violinisti Veracini, Manfredini, Tartini, Nardini, Bini, Lolli,<br />
Ferrari favorirono lo sviluppo del violinismo tedesco.<br />
Del primo abbiamo già fatto un breve cenno; Francesco Manfredini, autore di<br />
concerti di valore storico e artistico, suonò presso la corte di Monaco.<br />
Giuseppe Tartini, la cui arte annuncia lo spir<strong>it</strong>o drammatico della sonata<br />
romantica, fondò a Padova la celebre scuola violinistica, chiamata “delle nazioni”,<br />
in cui ebbe tra gli allievi stranieri il Graun; fu per due anni a Praga come maestro<br />
di cappella del conte Kinsky, fu considerato come uno dei più grandi interpreti e<br />
concertisti ed ebbe fama <strong>europea</strong>, anche se non accettò più inv<strong>it</strong>i fuori d’Italia. Fu<br />
850
anche compos<strong>it</strong>ore e grande teorico dell’arte del violino; a lui si deve<br />
l’innovazione tecnica della proprietà del terzo suono; fece importanti studi<br />
sull’acustica, stabilì i principi fondamentali dell’uso dell’arco ed è da considerare<br />
uno dei fondatori dell’armonia moderna. Suoi seguaci furono i francesi P. la<br />
Houssaye, A. N. Pagin e il tedesco J. E. Naumann che visse a lungo in Italia; allievi<br />
furono Pietro Nardini, Pasquale Bini e Domenico Ferrari, celebri in tutta Europa.<br />
A Stoccarda il teatro e l’orchestra assumono importanza <strong>europea</strong> sotto la<br />
direzione di Nicolò Jommelli, maestro di cappella del duca di Württemberg dal<br />
1753 al ’69, che opera tra Giovanni Antonio Brescianelli, compos<strong>it</strong>ore (attivo nel<br />
1715 a Monaco, dal ’16 al servizio del duca e maestro di cappella fino al ’51) ed<br />
Eligio Celestini (‘76-’81), violinista di scuola tartiniana; in un dato momento<br />
Stoccarda riunisce sotto la bacchetta <strong>dello</strong> Jommelli (autore di diciassette opere<br />
serie e tre buffe per la corte, oltre che di molta <strong>musica</strong> sacra) quanto di meglio<br />
poteva offrire allora l’arte del violino in Europa e cioè Bini, Ferrari, Nardini e Lolli.<br />
Ricordiamo, sempre con lo Jommelli, i cantanti M. Masi-Giura, M. Buonanni, A.<br />
Cesari, G. Aprile, P. Potenza. Furono al servizio dei duchi di Württemberg Riccardo<br />
Brioschi, operista (1736), Domenico Fischetti e Antonio Boroni, maestro della<br />
cappella di corte, successore di Nicolò Jommelli dal ’71 al ‘77.<br />
E’ importante ricordare che lo Jommelli, uno dei maggiori esponenti della scuola<br />
napoletana, musicista di elevate concezioni artistiche, si rifiutava, per quanto<br />
possibile, di favorire l’eccessivo virtuosismo e gli altri abusi che si erano introdotti<br />
nel teatro per colpa dei cantanti e del compiacente pubblico, curando invece<br />
l’espressione drammatica e la ver<strong>it</strong>à psicologica; con Tommaso Traetta contribuì<br />
in modo defin<strong>it</strong>ivo allo sviluppo dell’opera seria, lasciando modelli di grande<br />
valore drammatico e <strong>musica</strong>le, fu maestro di C. L. Cannabich e J. C. Bach.<br />
Ricordiamo anche che le ouverture delle sue opere lasciarono una forte impronta<br />
sullo <strong>stile</strong> strumentale della scuola di Mannheim.<br />
Antonio Lolli, autodidatta, celebre per il suo virtuosismo, accompagnò Mozart nel<br />
viaggio in Italia da Ala a Rovereto, fu molto ammirato da questi nella sua tournée<br />
in Germania, ebbe come allievi C. Haensel e M. Woldemar.<br />
Carlo Zuccari, detto Zuccherino, nel 1723 si recò a Vienna e nei paesi tedeschi<br />
dove svolse brillante attiv<strong>it</strong>à concertistica; in segu<strong>it</strong>o fece viaggi a Parigi, Londra e<br />
Madrid per applaud<strong>it</strong>i concerti. Nicolò Mestrino, virtuoso eccezionale, fece parte<br />
della cappella del principe Esterhazy, diretta da Haydn, poi di quella del conte<br />
Erdody a Bratislava, fu quindi a Bruxelles e a Parigi, dove divenne direttore<br />
dell’orchestradelthéatreDeMonsieur.<br />
A Dresda Giovanni Verocai, violinista di corte, nel 1729 suonò a fianco del<br />
violoncellista G. Janeschi; Pietro Alessandro Guglielmi, compos<strong>it</strong>ore, fu maestro di<br />
851
cappella nel 1762; Domenico Fischetti, operista, fu dal 1766 al ’72; Vincenzo<br />
Rastrelli fu professore di canto e compos<strong>it</strong>ore della chiesa di corte; Francesco<br />
P<strong>it</strong>icchio fu maestro al cembalo nel ’84; Arcangelo Califano fu maestro di cappella<br />
e Cristoforo Babbi, violinista, direttore dei concerti.<br />
Bonn vide a corte l’operista Giuseppe Scarlatti, nipote di Alessandro, e Giuseppe<br />
Clemente Ferdinando dall’Abaco, violoncellista, dal 1729 al ’65 direttore della<br />
<strong>musica</strong> da camera e consigliere aulico; Andrea Luchesi, compos<strong>it</strong>ore, arrivato a<br />
capo di una compagnia teatrale, e rimasto per tutta la v<strong>it</strong>a, dal ‘74 maestro della<br />
cappella di corte, con G. Mattioli, succedendo al nonno di L. van Beethoven, e<br />
influendo notevolmente sull’ambiente <strong>musica</strong>le di Bonn e di riflesso sullo stesso<br />
grande musicista tedesco.<br />
A Berlino Carlo Graziani, violoncellista, fu maestro del principe ered<strong>it</strong>ario di<br />
Prussia, il futuro Federico Guglielmo II; alla corte di questo sovrano, dove erano<br />
scr<strong>it</strong>turati solo cantanti <strong>it</strong>aliani, servirono Felice Alessandri, maestro di cappella;<br />
Ferdinando Fortunati, oboista e cornista, che, tornato in patria dopo cinque anni,<br />
divenne direttore di <strong>musica</strong> della brigata polacca e con essa s’imbarcò per S.<br />
Domingo (qui lo catturò J. Dessalines che lo nominò comandante di tutte le<br />
musiche mil<strong>it</strong>ari dell’isola); Giovan Battista Rutini (1756), celebre cembalista,<br />
autore di sonate che precorrono quelle di Haydn e Mozart, attivo anche a Praga,<br />
Vienna, Dresda e Pietroburgo.<br />
A Breslavia furono il violinista Luigi Madonis, Giovanni Verocai, compos<strong>it</strong>ore e<br />
primo violino dell’orchestra del teatro di corte, e l’operista Antonio Bioni, direttore<br />
dal 1726 al ’34 di una compagnia d’Opera <strong>it</strong>aliana di cui nel ’50 fu anche<br />
impresario. A Kassel furono maestri di cappella Fortunato Chelleri e Ignazio<br />
Fiorillo; il primo dei due fu anche presso le corti di Würzburg, Heidelberg e<br />
Stoccolma; il secondo a Brunswick, dove furono compos<strong>it</strong>ori di corte Giuseppe<br />
Antonio Paganelli (1737), Alessandro Guglielmi e Vincenzo de Grandis, e dove<br />
Francesco P<strong>it</strong>icchio fu maestro al cembalo nella compagnia <strong>it</strong>aliana di M. Patrassi;<br />
il de Grandis fu anche ad Hannover con il violinista Francesco Venturini. A<br />
Darmstadt fu Gaetano Schiassi, operista e violinista; a Francoforte, al servizio del<br />
principe Thurn e Taxis, il compos<strong>it</strong>ore Giuseppe Maria Nelvi. A Magonza Antonio<br />
Bioni fu nel 1731 compos<strong>it</strong>ore di camera dell’elettore, e Vincenzo Righini direttore<br />
del teatro d’Opera. Ad Augsburg, dove Andrea Giulini fu maestro della cappella<br />
del duomo, Giuseppe Antonio Paganelli, tra i più importanti esponenti <strong>dello</strong> <strong>stile</strong><br />
galante, fu nel 1733, come virtuoso di clavicembalo nella compagnia di A. M.<br />
Peruzzi, quindi compos<strong>it</strong>ore di camera della margravia Guglielmina a Bayreuth; si<br />
recò poi a Monaco e infine a Madrid.<br />
852
Per Bayreuth, Monaco e Vienna compose numerose opere Andrea Bernasconi.<br />
Alessandro Rovelli fu direttore dell’orchestra di Weimar.<br />
A Monaco Bernardo Aliprandi fu nel 1732 violoncellista di corte, compos<strong>it</strong>ore nel<br />
’37, maestro di cappella dal ’50 fino al ’80; scrisse “Apollo tra le muse in<br />
Parnaso”, “M<strong>it</strong>ridate”, “Ifigenia”, “Semiramide” e uno “Stabat”; suo figlio Bernardo<br />
Maria fu violoncellista di corte; Giovanni Porta, operista, fu maestro di cappella dal<br />
’38; ricordiamo Giovanni Ferrandini, compos<strong>it</strong>ore di corte per la <strong>musica</strong> da camera<br />
nel 1732 e dal ’37 direttore, che insegnò canto alla principessa Walpurgis ed ebbe<br />
tra gli allievi A. Raaff; Carlo Giuseppe Toeschi, violinista di corte nel ’78, autore di<br />
molta <strong>musica</strong> strumentale, pubblicata a Parigi; Alessio Prati, maestro di cappella;<br />
Francesco Peli, compos<strong>it</strong>ore di camera di Carlo VI di Baviera (1783-’84); Tommaso<br />
Traetta che compose per la corte” Siroe, re di Persia” su libretto del Metastasio<br />
(1768).<br />
A Mannheim furono Innocenzo Danzi, violoncellista dell’orchestra di corte dal<br />
1754 al ’83, e Carlo Giuseppe Toeschi, dal 1752 al ’78 primo violino e<br />
compos<strong>it</strong>ore, direttore della Kabinettsmusik della c<strong>it</strong>tà, dove si seguivano le<br />
regole tartiniane; fu violinista di corte anche il fratello Giovan Battista. Tommaso<br />
Traetta scrisse l’opera “Sofonisba” su libretto del poeta di corte Verazi; ricordiamo<br />
che il teatro di Mannheim sfuggiva, e sfuggirà completamente, all’influenza<br />
tedesca, per avere accolto successivamente, per molti decenni, opere di N.<br />
Jommelli, Di Majo, N. Piccinni, A. Salieri, ecc.<br />
Fu musico di camera del conte di Schaumburg-Lippe a Bückburg nel 1766 il<br />
clavicembalista e compos<strong>it</strong>ore Giovan Battista Serini.<br />
Nello stesso periodo anche in Austria operavano valenti musicisti delle scuole<br />
<strong>it</strong>aliane (napoletana, veneziana, bolognese, ecc.).<br />
Come compos<strong>it</strong>ori di corte a Vienna troviamo Gregorio Genuesi, il suo successore<br />
Giuseppe Porsile (1720-’40) e Giuseppe Bonno (1739).<br />
Nicolò Porpora nel 1745 ebbe come allievo F. J. Haydn.<br />
Nel ’49 Nicolò Jommelli, celebre ancora oggi per il Miserere, compose per la corte,<br />
collaborando con il Metastasio, cinque opere, tra cui “Achille in Sciro” e un<br />
rifacimento della “Didone”.<br />
Tommaso Traetta, giunto a Vienna nel ’58, diresse la sua “Ifigenia in Tauride”,<br />
opera in cui i cori integravano l’azione, concorrendo con l’orchestra all’interesse<br />
drammatico (Ranieri de’Calzabigi e C. W. Gluck non dimenticarono quest’opera<br />
nel collaborare all’”Orfeo ed Euridice” nel ’62). Già precedentemente il musicista<br />
aveva dato nelle sue opere spazio alle idee del Du Tillot e dell’Algarotti che<br />
vagheggiavano un rinnovamento dell’opera <strong>it</strong>aliana con l’inserzione di cori e di<br />
balli; a Vienna egli compose anche “Armida” e “Fetonte”.<br />
853
Furono a Vienna nel corso del secolo XVIII molti altri musicisti tra cui Matteo<br />
Pallotta, detto il palerm<strong>it</strong>ano, compos<strong>it</strong>ore di corte sotto Carlo VI e Maria Teresa,<br />
maestro di C. G. Wagenseil; Vincenzo Righini, direttore del teatro dell’Opera e<br />
compos<strong>it</strong>ore (su una sua aria Beethoven compose le variazioni op. 117); Giovan<br />
Francesco de Majo, operista, apprezzato da Gluck e da Mozart; Francesco<br />
P<strong>it</strong>icchio, maestro al cembalo e compos<strong>it</strong>ore specialmente di <strong>musica</strong> teatrale;<br />
Andrea Zani, insegnante privato; Pietro Polselli, orchestrale nel teatro Shikaneder;<br />
Giovanni Antonio Piana e Giuseppe Maria Perroni, violinisti di corte. Tra i<br />
violoncellisti ricordiamo Francesco Alborea, detto Francischiello, al servizio della<br />
corte nel 1726, cui si deve l’uso del pollice come capotasto e un’intensa attiv<strong>it</strong>à<br />
concertistica tra i popoli tedeschi; Giovanni Perroni, maestro di cappella e<br />
strumentista aulico sotto Carlo VI e Maria Teresa.<br />
Nel 1784 Giovanni Paisiello, di r<strong>it</strong>orno da Mosca, compose a Vienna su inv<strong>it</strong>o di<br />
Giuseppe II “Re Teodoro” su libretto del Casti.<br />
Nel 1792 Domenico Cimarosa, di r<strong>it</strong>orno da Pietroburgo, compose a Vienna<br />
l’opera “Il matrimonio segreto” che destò un entusiasmo senza precedenti al<br />
punto che l’imperatore Leopoldo II, grande ammiratore della <strong>musica</strong> <strong>it</strong>aliana, la<br />
volle replicata nella stessa serata. Già anni prima la sua opera”Giannina e<br />
Bernardone”, data a Venezia, aveva consegu<strong>it</strong>o notevole successo tanto che per la<br />
prima viennese F. J. Haydn aveva scr<strong>it</strong>to alcune arie ad integrare la part<strong>it</strong>ura.<br />
Alla corte di Salisburgo furono maestri di cappella Gian Francesco Lolli,<br />
violoncellista, e dal 1778 Domenico Fischetti.<br />
A Praga operarono Domenico Fischetti, Antonio Boroni nel 1768, con la<br />
compagnia dell’impresario Bustelli, e Matteo Lucchini (Lukini), compos<strong>it</strong>ore di<br />
corte.<br />
La tradizione praghese dell’opera <strong>it</strong>aliana ebbe una v<strong>it</strong>a cospicua sotto l’impulso<br />
delle compagnie dei Mingotti, del Denzi, del Lapis, del Locatelli, cui furono legate<br />
le prime rappresentazioni di opere gluckiane, e poi di Pasquale Bondini; questi,<br />
cantante e impresario, si recò a Praga nel 1786, dopo l’attiv<strong>it</strong>à a Dresda e a Lipsia,<br />
fece conoscere Mozart con “Il ratto dal serraglio”, quindi allestì rappresentazioni<br />
de “Le nozze di Figaro” e in quell’occasione fu commissionata a Mozart l’opera “Il<br />
don Giovanni”, cui seguì “La clemenza di T<strong>it</strong>o”. Poi, con la scomparsa<br />
dell’impresario Domenico Guardasoni, che successe nel ’97 al Bondini, cominciò il<br />
decadimento della presenza operistica <strong>it</strong>aliana a Praga.<br />
Gli impresari teatrali Pietro ed Angelo Mingozzi girarono con una compagnia di<br />
cantanti <strong>it</strong>aliani dal 1732 al ’56 in Austria, Germania e Danimarca; tra i direttori<br />
d’orchestra e i compos<strong>it</strong>ori di quest’impresa fu C. W. Gluck. La moglie di Pietro<br />
Mingozzi, Regina Valentini, soprano, fu al servizio della corte di Dresda e cantò in<br />
854
quel teatro, rivaleggiando con la Bordoni-Hasse; si esibì poi nei principali teatri<br />
europei.<br />
I fratelli ed<strong>it</strong>ori Cesare, Domenico e Giovanni Casimiro Artaria aprirono verso la<br />
metà del secolo una stamperia <strong>musica</strong>le a Vienna; tra i discendenti ricordiamo<br />
Carlo, Francesco, Domenico, Augusto, Carlo Augusto, in particolare Domenico che<br />
pubblicò opere dei più celebrati musicisti dell’epoca e dei primi decenni del<br />
secolo XIX, Mozart, Haydn, Beethoven, Schubert, Moscheles, Rossini, ecc. Pietro<br />
Mechetti verso il 1830 cedette l’esercizio della casa ed<strong>it</strong>rice di <strong>musica</strong> ad A.<br />
Diabelli, suo continuatore a Vienna, che dopo un ventennio lo passava ad altro<br />
ed<strong>it</strong>ore e la d<strong>it</strong>ta si convertiva nella ragione C. A. Spina; nel 1880 la casa si trasferì<br />
a Lipsia.<br />
Figura notevole del tempo è C. W. Gluck, tra gli esponenti più alti della scuola<br />
<strong>it</strong>aliana del melodramma. Educato fin da giovane allo studio dei maestri <strong>it</strong>aliani, fu<br />
mandato presso Giuseppe Sammartini a Milano; qui e a Venezia fece<br />
rappresentare “Artaserse”, “Cleonice” e “Demofonte”; nel periodo 1750-’60<br />
compose ”Ezio”, “Clemenza di T<strong>it</strong>o” e “Telemaco”. A questo punto, felicemente<br />
coadiuvato dal poeta Ranieri de’Calzabigi, attuò una riforma di notevole portata,<br />
liberò il melodramma dagli abusi del virtuosismo canoro e dalle assurd<strong>it</strong>à del<br />
libretto e volle che la <strong>musica</strong> fosse subordinata alle esigenze del testo poetico. Nel<br />
’62 a Vienna rappresentò “Orfeo ed Euridice” su libretto del Calzabigi; dopo avere<br />
per cinque anni composto opere napoletane su testi del Metastasio, di nuovo col<br />
Calzabigi creò “Alceste” (’67) e “Paride ed Elena” (’70), rappresentate a Vienna,<br />
riaffermando gli ideali dei fondatori fiorentini dell’opera.<br />
Per quanto riguarda l’influsso della <strong>musica</strong> strumentale in Francia, ricordiamo che<br />
nelle composizioni sacre i francesi sentirono il fascino della scuola <strong>it</strong>aliana; a S.<br />
André –des-Arts si eseguono mottetti di Giovanni Legrenzi, Alessandro Scarlatti e<br />
Giovan Battista Bononcini; si ricorre volentieri ad <strong>it</strong>alianismi (armonie dissonanti,<br />
ornamenti vocali) e si usano forme arch<strong>it</strong>ettoniche <strong>it</strong>aliane, introducendo nelle<br />
musiche sacre il rec<strong>it</strong>ativo e la pompa propria dell’opera. A. Campra nell’opéra-<br />
ballet”L’Europe galante” risente <strong>dello</strong> <strong>stile</strong> già in uso nelle cantate <strong>it</strong>aliane; gli<br />
ornamenti prendono il sopravvento e l’armonia diventa più ricercata.<br />
Nella <strong>musica</strong> da camera l’influenza <strong>it</strong>aliana è assai forte; i seguaci di Lulli<br />
protestano contro questo <strong>stile</strong> straniero, ma i maestri approf<strong>it</strong>tano delle ard<strong>it</strong>ezze<br />
armoniche e r<strong>it</strong>miche di Bononcini e Scarlatti, scrivono sonate e cantate invece di<br />
pièces e arie.<br />
Il violino subisce l’influsso di Corelli; a Michele Masc<strong>it</strong>ti (sec. XVII-XVIII), autore di<br />
sonate, al servizio del duca d’Orléans, si deve la diffusione in Francia della scuola<br />
del grande maestro; dopo di lui verrà Giovan Battista Somis, fondatore della<br />
855
scuola violinistica piemontese, creatore di nuovi principi teorici, maestro di<br />
Leclair, detto il Corelli della Francia, di J. B. Guillemain, di Fr<strong>it</strong>z e di altri.<br />
Gli innumerevoli violinisti che operarono in Francia nel corso del secolo XVIII<br />
bastano a dirci che cosa debba l’arte francese del violino al continuo esempio dei<br />
maestri <strong>it</strong>aliani, anche senza contare che coloro i quali sono stimati i capiscuola<br />
dell’arte violinistica francese studiarono in Italia o con <strong>it</strong>aliani o con allievi di<br />
<strong>it</strong>aliani.<br />
Ricordiamo i fratelli Michele e Giovan Battista Farinelli (Farinel) (sec.XVII-XVIII),<br />
famosi oltre che in Francia, in Spagna, Inghilterra e in Germania, Pietro Ghignone<br />
(Guignon), virtuoso e compos<strong>it</strong>ore, che fece parte della cappella del re di Francia e<br />
fu nominato “roy des violons”, Pietro Antonio Rasetti, “ordinaire de la musique du<br />
roy”, Pietro Miroglio “ma<strong>it</strong>re de musique” e compos<strong>it</strong>ore, Giuseppe Canavasso<br />
compos<strong>it</strong>ore e solista nella cappella di corte, Francesco Chiabrano (Chabran) che<br />
usò per primo gli armonici doppi naturali in una sonata; tutti i più grandi<br />
violinisti, richiesti in molte parti d’Europa, suonarono in Francia, se si eccettua<br />
Giuseppe Tartini.<br />
Gaetano Pugnani, allievo di Giovan Battista Somis, primeggiò tra i concertisti<br />
europei nel periodo 1755-’70. Federico Fiorillo si esibì con grande successo come<br />
concertista a Parigi, Amsterdam, Londra, Pietroburgo e fu maestro di cappella a<br />
Riga. Regina Strinasacchi fu celebre in Austria e in Germania e a lei Mozart dedicò<br />
la sonata per violino K454. Ricordiamo inoltre in Francia e in altri paesi, oltre ai<br />
nomi fatti precedentemente, quelli di M. Lombardini, G. Puppo, G. Jarnovich, Carlo<br />
Tessarini, F. Ruggi, Gioacchino Traversa, Pellegrino, Carminati, Antonio<br />
Bartolomeo Bruni, anche autore di opere teatrali, orchestrali e direttore<br />
d’orchestra a Parigi dal 1781 al 1800. Andrea Bolognesi insegnò a Buenos Aires; a<br />
Roma il Pollani fu maestro di P. M. F. de Sales Baillot.<br />
Tra i grandi violoncellisti <strong>it</strong>aliani in Francia ricordiamo Alessandro Canavasso che<br />
fece parte dal 1732 al ’45 della <strong>musica</strong> del re, Gian Francesco Lolli, Carlo Ferrari,<br />
detto lo Zoppo di Piacenza.<br />
Per quanto riguarda la scuola clavicembalistica, Louis Couperin e il nipote<br />
François unirono il gusto francese aggraziato con l’armonia <strong>it</strong>aliana; il primo<br />
conobbe a fondo l’arte di Frescobaldi, il secondo studiò l’opera di Corelli.<br />
Sebastien de Brossard ci informa nel suo “Dizionario di <strong>musica</strong>” che dall’ultimo<br />
decennio del secolo XVII fin verso il 1730 gli organisti parigini avevano composto<br />
solo sonate all’<strong>it</strong>aliana. Fu celebre in Francia tra il 1750 e il ’60 il clavicembalista<br />
Ferdinando Pellegrini.<br />
Tra gli interpreti di ch<strong>it</strong>arra ricordiamo Francesco Corbetta che ebbe fama<br />
<strong>europea</strong>; a capo di una compagnia di ch<strong>it</strong>arristi diede concerti in molte c<strong>it</strong>tà,<br />
856
sostando presso le corti e le case patrizie di Londra, Parigi, Vienna, Hannover, ecc.<br />
A Parigi insegnò l’arte <strong>dello</strong> strumento Giuseppe Merchi.<br />
Pietro Giannotti, compos<strong>it</strong>ore e contrabbassista, insegnò all”Académie royale de<br />
musique dove ebbe tra gli allievi P. Monsigny; Bernardo Mengozzi fu insegnante di<br />
canto a Parigi, Nicola Bettoni, stampatore di <strong>musica</strong>, fondò una stamperia a Parigi<br />
(sec. XVIII-XIX).<br />
Passiamo alla <strong>musica</strong> teatrale.<br />
Alla decadenza dell’opera seria napoletana( allorché il dramma si trasforma in un<br />
accostamento di pezzi staccati, arie, brani a sé stanti), fa contrasto la fior<strong>it</strong>ura<br />
dell’opera buffa, dal tono farsesco della <strong>musica</strong> e dalla grande sveltezza d’azione,<br />
nata dagli intermezzi comici delle opere serie.<br />
Massimo esempio di opera buffa è “La serva padrona” di Giovan Battista Pergolesi,<br />
originariamente un intermezzo intercalato ad un opera seria <strong>dello</strong> stesso autore;<br />
egli in questa e in altre opere comiche alle caratteristiche patetiche aggiunge<br />
quelle dell’ironia, del brio, della caricatura, quasi una reazione al classicismo e<br />
all’accademia. Nelle opere serie, invece, si manifesta una vena sentimentale che fa<br />
sembrare lontani il razionalismo e l’Arcadia e prossimo il preromanticismo; in<br />
esse sembra spingersi ard<strong>it</strong>amente verso un’espressiv<strong>it</strong>à intimamente dolorosa<br />
che solo Gluck e Mozart dovevano propriamente raggiungere. Diciamo per inciso<br />
che il Neoclassicismo del ‘900 si è impadron<strong>it</strong>o di Pergolesi: lo Stravinskij in<br />
“Pulcinella” ha elaborato temi tolti da cantate, da opere, da un trio e da un’aria del<br />
musicista di Jesi.<br />
L’opera buffa servirà da mo<strong>dello</strong> all’opéra-comique, mista di serio e di comico,<br />
consistente in parodie sceniche caratterizzate da una rec<strong>it</strong>azione buffonesca, con<br />
parti dialogate alternate a parti cantate, a danze e ad accompagnamento<br />
<strong>musica</strong>le; nella seconda metà del secolo raggiungerà la perfezione <strong>musica</strong>le e<br />
drammatica con Piccinni, Paisiello, Cimarosa e Mozart.<br />
In Francia, dopo il riformatore Rameau, difensore della tragedia lulliana, l’opera<br />
ricadde sotto l’influsso <strong><strong>it</strong>aliano</strong>; per “La serva padrona”il pubblico francese<br />
cominciò a dividersi in due part<strong>it</strong>i, quello dei buffonisti e quello degli<br />
antibuffonisti. La “querelle des bouffons”è il primo esplodere di un <strong>it</strong>alianismo già<br />
diffuso, ma tenuto a freno, sino allora, dallo sciovinismo dei letterati francesi. Si<br />
può anche affermare che la “querelle” finì nel rientrare nei dibatt<strong>it</strong>i culturali che<br />
contribuirono allo sviluppo delle idee rivoluzionarie in Francia, giacché i<br />
sosten<strong>it</strong>ori dell’opera napoletana appartenevano al mondo borghese illuminista. Il<br />
nome di bouffons fu dato in Francia ai cantanti che nel secolo XVIII dall’Italia<br />
portavano a Parigi, riun<strong>it</strong>i in piccole compagnie, brevi e leggeri spettacoli <strong>musica</strong>li,<br />
opere buffe, intermezzi, pasticci (scènes <strong>it</strong>aliennes en musique). La prima<br />
857
comparsa dei bouffons in Francia data dal 1729, a cura di un Carignano; si<br />
presentò a Parigi una coppia di attori-cantanti, Antonio Ristorini e Rosa Ungarelli;<br />
nel giugno di quell’anno si dette al teatro dell’Opéra l’intermezzo “Serpilla e<br />
Baiocco”, ma né questi bouffons né gli altri (un Riccoboni e una Minti), che nel ’46<br />
rappresentarono a Parigi “La serva padrona” riuscirono a destare interesse, mentre<br />
la stessa opera, rappresentata nel ’52 dalla terza e ultima compagnia dei<br />
“bouffons” (proprio a quest’ultima fu dato questo nome) attirò su questi spettacoli<br />
il clamore dell’intera Francia intellettuale. Il Bambini, famoso cembalista della<br />
compagnia, un sorprendente accompagnatore di soli dieci anni, strappa grida di<br />
ammirazione a J. J. Rousseau e rafforza il successo del Manelli, della Tonelli e<br />
degli altri cantanti. Faceva parte della compagnia anche Vincenzo Ciampi,<br />
cembalista e operista, già celebre a Londra, che riscosse un successo strep<strong>it</strong>oso<br />
con “Bertoldo a corte” /1747) ed ebbe notevole influenza <strong>sulla</strong> storia del<br />
“pasticcio”; ad essa si informarono M. J. Favart e J. A. Hiller nell’avviare il teatro<br />
nazionale comico in Francia e in Germania (commedia <strong>musica</strong>le). In Inghilterra<br />
introdussero il genere dell’intermezzo comico i cantanti Anna Maria Faini e<br />
Antonio Lottini (sec. XVIII); T. A. Arne scrisse “Thomas and Sally” (1760), il primo<br />
esempio di opera comica inglese, abile trasformazione de”La serva padrona”. A.<br />
Dauvergne scrisse “Les troqueurs”, preceduta dall’opéra-comique in un atto “La<br />
moquette trompée”, dallo <strong>stile</strong> libero e semplice che guarda al Pergolesi, e<br />
compose altre opere buffe all’<strong>it</strong>aliana. Nel ’53 ottenne grande successo Rinaldo da<br />
Capua con la “Zingara”, rappresentata dai buffonisti a Parigi con il t<strong>it</strong>olo di<br />
“Bohemienne”. L’ambiente <strong>musica</strong>le francese restò sub<strong>it</strong>o diviso in due opposte<br />
fazioni: da un lato i conservatori della tradizione lullista, rinvigor<strong>it</strong>a dal Rameau,<br />
dall’altro gli enciclopedisti, specialmente Rousseau, che salutavano con gioia<br />
questi saggi di un teatro più “naturale” e più schiettamente <strong>musica</strong>le. Il Rousseau<br />
anzi im<strong>it</strong>a l’esempio pergolesiano con il “Devin du village”; nel suo Dictionnaire de<br />
musique”alla voce “genio” afferma che ha del genio solo colui che sente la <strong>musica</strong><br />
e per sentirla deve andare a Napoli, altrimenti può restarsene in Francia e scrivere<br />
<strong>musica</strong> alla francese; lo stesso dicono Voltaire e il tedesco Pisendel. L’opera buffa<br />
Italiana vincerà completamente la part<strong>it</strong>a solo per via indiretta, poiché sarà Egidio<br />
Duni, emigrato a Parigi nel 1757 dalla corte di Parma, già famoso in Olanda e in<br />
Inghilterra, colui che riuscirà a dare per la prima volta un<strong>it</strong>à e <strong>stile</strong> al<br />
frammentario genere di opéra-comique e aprirà la strada a tutta una serie di<br />
fecondi compos<strong>it</strong>ori francesi, Monsigny, Gretry, Boïldieu, Auber, Hérold, Adam,<br />
ecc. e più in là anche <strong>it</strong>aliani. L’opera del Duni ”Le peintre amoureux de son<br />
modèle” susc<strong>it</strong>ò entusiasmo perchè la sua <strong>musica</strong> meglio si adattava alla prosodia<br />
francese più di quella dei maggiori musicisti, compreso Rameau; altre opere<br />
858
composte dal Duni tra il ’58 e il ’65 furono ”Le docteur Sangrado”, “La fille mal<br />
gardée”, “Nina et Lindor”, “La veuve indecise”, “L’isle des foux”, “Les deux<br />
chasseurs et la la<strong>it</strong>ière”, “La fée urgèle”, “L’école de la jeunesse”.<br />
Nel 1766 Domenico Baccelli compose a Parigi l’opera comica «Le nouveau marié<br />
ou les importuns», ridusse con testo francese“ La buona figliola” di Piccinni,<br />
rappresentata nel ’71.<br />
Nel ’74 con l’arrivo a Parigi di C. W. Gluck si accese un’aspra polemica; i<br />
buffonisti, sosten<strong>it</strong>ori del melodramma metastasiano, e soprattutto melodico e<br />
cantabile, chiamarono nella cap<strong>it</strong>ale francese Niccolò Piccinni, allievo di Francesco<br />
Durante; il suo “Rolando”(1766)susc<strong>it</strong>ò grande entusiasmo, mentre “Armida” del<br />
riformatore Gluck venne accolta con freddezza; anche se in segu<strong>it</strong>o questi riuscì<br />
ad avere il sopravvento e le compagnie comiche <strong>it</strong>aliane furono costrette a<br />
mettersi da parte, gli operisti francesi continuarono a comporre nello <strong>stile</strong><br />
<strong><strong>it</strong>aliano</strong>. Si può dire che le opere “Didone” e “Ifigenia in Tauride” del Piccinni<br />
determinarono il superamento <strong>dello</strong> <strong>stile</strong> del Rameau e la creazione della nuova<br />
lirica in Francia.<br />
A sostegno del Piccinni si schierarono, tra gli altri, il D’Alembert, il conte di<br />
Creutz, il Laharpe, il letterato Chastellux, mentre il part<strong>it</strong>o nazionalista sosteneva<br />
De Mondonville e A. M. Gretry (allievo di Giovan Battista Casali a Roma e di padre<br />
Martini a Bologna). L’enciclopedismo prende posizione in favore del teatro<br />
<strong>musica</strong>le <strong><strong>it</strong>aliano</strong> contro la riforma gluckiana e si rende consapevole che il<br />
melodramma è soprattutto <strong>musica</strong>, poi poesia; esso sostiene il Metastasio,<br />
scorgendo nella sua poesia la vera tradizione del teatro <strong><strong>it</strong>aliano</strong> in <strong>musica</strong>; l’aria<br />
del Metastasio era più duttile, più dolce, più ricca di poesia; ricchissima di vocali,<br />
proprio perché più sensibile al fascino del suono vero e proprio, essa era più<br />
grad<strong>it</strong>a ai musici e agli ascoltatori.<br />
Il Metastasio, poeta aulico a Vienna,era abile nell’usare la forma ristretta del<br />
libretto napoletano, era capace di offrire ad ogni cantante le arie essenziali nei<br />
punti prestabil<strong>it</strong>i; più di mille opere del secolo XVIII usarono i suoi testi. Nel secolo<br />
XIX fu G. Meyerbeer a servirsene.<br />
Tra i musicisti <strong>it</strong>aliani in Francia ricordiamo Stefano Galeotti, violoncellista e<br />
compos<strong>it</strong>ore, Alessio Prati, dal 1775 al ‘82 maestro di cappella del duca di<br />
Penthièvre, e Felice Alessandri,compos<strong>it</strong>ore, a Parigi nel 1765.<br />
Antonio Sacchini, allievo di Francesco Durante, dopo alcuni anni passati a Londra<br />
si stabilì a Parigi nel 1781; Maria Antonietta lo chiamò ed egli vi giunse già<br />
conosciuto per “L’Olimpiade” che i picciniani avevano sostenuto nella speranza<br />
che egli avrebbe rafforzato il part<strong>it</strong>o antigluckiano, e qui compose nel ‘83<br />
“Renaud”. In breve si formò il terzo part<strong>it</strong>o, quello dei sacchiniani, che esaltò la<br />
859
vena melodica del musicista, considerato melodico quanto il Piccinni, ma più<br />
energico senza essere monotono. Nel ’85 il Sacchini compose”Chimène ou le Cid”<br />
e “Dardanus”; dopo la sua morte fu rappresentata a Parigi (’87) l’opera “Oedipe à<br />
Colon”.<br />
Passiamo ad altre aree europee.<br />
Ad Amsterdam nel 1741 fu pubblicato un metodo di Carlo Tessarini sull’arte del<br />
violino, ma i principi didattici di Corelli erano già stati diffusi nei Paesi Bassi da<br />
Pietro Antonio Locatelli, geniale innovatore; egli si era stabil<strong>it</strong>o in quella c<strong>it</strong>tà e<br />
aveva fondato e diretto una società di concerti, dopo avere suonato in molte parti<br />
d’Europa; virtuoso <strong>dello</strong> strumento, giunse ad una tecnica trascendentale che sarà<br />
superata solo da Nicolò Paganini, e fu anche un ispirato melodista, in una<br />
contabil<strong>it</strong>à estrosa, modulante, tale da porlo tra i primissimi esponenti del gusto<br />
della “sensibil<strong>it</strong>à” e tra i pionieri della <strong>musica</strong> a programma.<br />
Troviamo tra i musicisti <strong>it</strong>aliani in quella regione i violoncellisti G. Antoniotti e G.<br />
Agazzi, Ignazio Raimondi, concertista di violino e compos<strong>it</strong>ore, direttore del<br />
teatro dell’Aja; Carlo Ricciotti, detto Baciccia, fu anche impresario ed ed<strong>it</strong>ore.<br />
Anche la Spagna e il Portogallo accolsero molti musicisti <strong>it</strong>aliani; Giuseppe Porsile<br />
fu dal 1697 al 1700 maestro di cappella di Carlo II,nel 1703 arrivò a Madrid la<br />
prima compagnia lirica <strong>it</strong>aliana.<br />
Domenico Zipoli, gesu<strong>it</strong>a, fu organista a Siviglia nel 1716; l’anno seguente partì<br />
per l’Argentina come missionario, fu a Buenos Aires, a Cordoba e tra gli indios; il<br />
suo uso della <strong>musica</strong> per attrarli fu efficace, se è vero che -come scrisse un<br />
confratello-i neof<strong>it</strong>i l’ascoltavano con incredibile soddisfazione. Lasciò brani<br />
organistici che circolarono con successo nell’Europa del Settecento; morì a<br />
Cordoba.<br />
Giacomo Facco, compos<strong>it</strong>ore e violinista, alla corte di Madrid fu maestro di <strong>musica</strong><br />
del principe Carlo; nel secolo XVIII la cappella reale si componeva quasi<br />
esclusivamente di maestri <strong>it</strong>aliani.<br />
Domenico Scarlatti, figlio di Alessandro, autore di una cantata per l’infante del<br />
Portogallo, fu a Lisbona come maestro della cappella reale sotto Giovanni V per<br />
quattro anni, e maestro di <strong>musica</strong> degli infanti reali; nel 1728 l’infanta Maria<br />
Barbara sposa Ferdinando, principe delle Asturie, e conduce con sé a Madrid il suo<br />
maestro. Qui Scarlatti continua l’attiv<strong>it</strong>à come maestro dei principi e compos<strong>it</strong>ore,<br />
scrivendo soprattutto <strong>musica</strong> clavicembalistica, nel ’46 è nominato maestro “de<br />
los reyes”.Le sue 550 sonate segnarono una tappa nell’evoluzione del linguaggio<br />
della <strong>musica</strong> per strumenti a tastiera e del linguaggio armonico, dove egli seppe<br />
mescolare con sottile arte monodia e polifonia; denotano tecnica brillante,<br />
ricchezza d’espressione, ard<strong>it</strong>ezza di scr<strong>it</strong>tura possibile solo ad uno spir<strong>it</strong>o<br />
860
innovatore, studiato da Handel, Beethoven, Chopin e da musicisti d’oggi. Fu suo<br />
allievo lo spagnolo A. Soler.<br />
Francesco Corradini fu maestro di cappella a Valencia e dal 1731 direttore<br />
d’orchestra nel teatro del Buen Retiro a Madrid, assieme a Giovan Battista Mele;<br />
Antonio Paganelli fu direttore della <strong>musica</strong> da camera del re e di una compagnia<br />
teatrale <strong>it</strong>aliana a Madrid. Nel 1735 Gaetano Schiassi, operista e violinista, fu<br />
maestro della cappella reale e insegnante di violino; fondò l’accademia di <strong>musica</strong><br />
di Lisbona, di cui fu anche direttore.<br />
Sotto Filippo V il marchese Scotti Piacentini fu nominato direttore del teatro<br />
d’opera; in Portogallo la regina Anna d’Austria si portò a corte da Vienna il gusto<br />
della rappresentazione teatrale <strong>it</strong>aliana. Nel 1752 David Perez su inv<strong>it</strong>o di<br />
Giuseppe I si trasferì da Napoli a Lisbona e fu nominato maestro delle principesse<br />
reali; inaugurò nel ’55 il nuovo teatro di Lisbona con “Alessandro nelle Indie”,<br />
interpreti G. Caffarelli e G. Babbi; scrisse molte opere per i teatri di Ajuda, Bairro<br />
Alto e Rua de Conde, tra cui ”Olimpiade” e “Artaserse” e influì notevolmente<br />
sull’ambiente <strong>musica</strong>le portoghese. Ricordiamo tra gli operisti di corte anche<br />
Francesco Corselli, Riccardo Brioschi, Domenico Porretti, Filippo Falconi.<br />
Scrisse per il teatro di Lisbona alcune opere, tra cui “Clelia” (1774), Nicolò<br />
Jommelli; fu oboista di corte Francesco Bontempo.<br />
Al servizio di Ferdinando VI di Spagna fu Nicolò Conforti, nel ’85 operò come<br />
compos<strong>it</strong>ore e cembalista Francesco P<strong>it</strong>icchio.<br />
Visse per molto tempo nella cap<strong>it</strong>ale spagnola Luigi Boccherini, compos<strong>it</strong>ore di<br />
camera del principe delle Asturie, grande virtuoso di violoncello; a lui fa capo la<br />
moderna scuola di questo strumento. Con Giuseppe Cambini, Pietro Nardini e<br />
Filippo Manfredi fondò a Firenze il primo quartetto d’archi stabile della storia; nel<br />
1768 con il Manfredi compì un giro concertistico in Francia. A Parigi si<br />
pubblicarono sue opere di <strong>musica</strong> strumentale, accolte con grande favore. Dal<br />
1787 al ’97 lavorò per Federico II di Prussia, pur restando a Madrid, mandandogli<br />
trii, quartetti, quintetti. Notevole fu la sua importanza per il contributo dato<br />
all’assestamento del quartetto, e forme analoghe, per l’annuncio, nelle sonate per<br />
cembalo e violino, della tecnica pianistica che Muzio Clementi condurrà a<br />
maturazione, per l’influsso eserc<strong>it</strong>ato dal suo concerto per violino nella consimile<br />
produzione mozartiano, per il suo <strong>stile</strong> quartettistico di “med<strong>it</strong>azione” che<br />
Beethoven inaugurerà con l’op. 59.<br />
Gaetano Brunetti, violinista e compos<strong>it</strong>ore, dopo essere stato al servizio<br />
dell’arcivescovo Colloredo a Salisburgo, fu chiamato dal Boccherini al servizio<br />
della cappella reale di Madrid.<br />
861
Tra i musicisti iberici influenzati dal gusto <strong><strong>it</strong>aliano</strong> c<strong>it</strong>iamo lo spagnolo V. Martin y<br />
Soler che rappresentò a Vienna “Una cosa rara” (1786), i portoghesi F.A. de<br />
Almeida (sec. XVIII) che compose opere in perfetto <strong>stile</strong> <strong><strong>it</strong>aliano</strong>, J. de Sousa de<br />
Carvalho (sec. XVIII-XIX) che compose tredici opere, tutte in lingua <strong>it</strong>aliana, e M. A.<br />
Portugal che si perfezionò in Italia.<br />
Trattiamo ora dei musicisti <strong>it</strong>aliani in Russia. Fu a Mosca e a Pietroburgo dal 1732<br />
Giovanni Verocai, autore di una cantata per l’incoronazione dell’imperatrice, e<br />
rimase per sette anni al servizio della corte russa con Francesco Araja. Questi,<br />
chiamato nel ’35 a Pietroburgo, fu direttore della nuova compagnia di opere<br />
<strong>it</strong>aliane, consigliere di stato per venti anni, e autore di varie opere, dando forte<br />
impulso all’attiv<strong>it</strong>à teatrale in <strong>musica</strong>; la sua “Forza dell’amore e dell’odio”su<br />
libretto tradotto in russo è la prima opera rappresentata in Russia; “ Cefalo e<br />
Procri” (1755) è la prima opera su testo russo per cantanti russi.<br />
Giuseppe dall’Oglio, celebre violoncellista, fu nel 1735 a Pietroburgo alla corte<br />
russa, sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da C. Poliari, quando nel ’64 si trasferì a Varsavia; suo fratello<br />
Domenico, virtuoso di violino, concertista di fama, pubblicò opere ad Amsterdam<br />
e a Vienna, morì a Narva nel ‘64. Luigi Madonis fu primo violino dell’orchestra di<br />
corte a Pietroburgo; Vincenzo Manfredini fu al servizio di Caterina II come<br />
cembalista e insegnante di violino del principe Paolo, scrisse le opere “Semiramide<br />
riconosciuta”e “Carlo Magno” per il teatro di Pietroburgo e “Olimpiade<br />
riconosciuta” per quello di Mosca. Ricordiamo che allora in Russia molte<br />
rappresentazioni di opere furono allest<strong>it</strong>e dalla compagnia di Giovan Battista<br />
Locatelli.<br />
Al Manfredini successe come maestro aulico Baldassarre Galuppi, grande<br />
clavicembalista, che dedicò alla zarina alcune sonate, diede lezioni ed ebbe tra gli<br />
allievi D. S. Bortnianski che poi si perfezionò a Bologna, Roma e Napoli; compose<br />
per il teatro di Pietroburgo “Ifigenia in Tauride”.<br />
Giovanni Paisiello, allievo di Francesco Durante, fu chiamato da Caterina II, dimorò<br />
in Russia dal 1776 al ’85, compose una decina di opere tra cui “Il barbiere di<br />
Siviglia”, capricci, sonate, concerti, cantate; la stessa imperatrice che favorì la<br />
diffusione dell’opera <strong>it</strong>aliana in Russia chiamò nel ’78 anche Tommaso Traetta e<br />
nel ’85 Giuseppe Sarti (il primo compose per Pietroburgo “Astrea placata”,<br />
“Antigone”, “Amore e Psiche”, “Lucio Vero”; il secondo, nominato maestro della<br />
cappella imperiale, succedendo al Paisiello, fu incaricato di ist<strong>it</strong>uire a Katerinoslav<br />
un conservatorio di <strong>musica</strong> da cui uscirono molti musicisti russi).<br />
Nel 1789 chiamato a Pietroburgo, Domenico Cimarosa insegnò canto alle nipoti<br />
dell’imperatrice; per quattro anni direttore del teatro dell’opera <strong>it</strong>aliana, compose<br />
862
cantate, messe e le opere “Cleopatra” e “La vergine del sole” su libretti di<br />
Ferdinando Moretti, con cantanti tutti <strong>it</strong>aliani .<br />
Ricordiamo inoltre Giovan Battista Rutini, clavicembalista e compos<strong>it</strong>ore, direttore<br />
dell’orchestra del principe Semeretev, l’organista Giuseppe Manfredini, i maestri<br />
di canto Felice Alessandri e Antonio Pio, l’operista Gennaro Astar<strong>it</strong>a, maestro dei<br />
teatri di Mosca e Pietroburgo.<br />
Nel 1797 arrivò a Pietroburgo Caterino Cavos con una compagnia lirica <strong>it</strong>aliana;<br />
egli divenne direttore del teatro imperiale, poi di tutte le orchestre statali,<br />
compose quindici opere su libretti in lingua russa, due francesi, una <strong>it</strong>aliana, otto<br />
balli teatrali, ecc.<br />
In Polonia operarono Giovanni Antonio Riccieri, maestro di cappella del principe S.<br />
Rzewski dal 1722 al ’26, Gioacchino Albertini che diresse l’orchestra del principe<br />
Radzwill a Neswierz e fu poi a Varsavia operista di corte e insegnante di canto,<br />
Giovanni Verocai, violinista aulico con il violoncellista G. Janeschi, Marcello<br />
Bernardini, detto Marcello da Capua, librettista e compos<strong>it</strong>ore, dal 1789 al ’99 al<br />
servizio della principessa C. Lubomirska (la sua produzione fu assai ricercata in<br />
Austria e in Germania).Ricordiamo che Domenico Scarlatti compose cantate e<br />
oratori per la regina Maria Casimira.<br />
A Budapest troviamo il violinista Antonio Polselli.<br />
In Danimarca fu maestro di cappella di Federico IV Bartolomeo Bernardi,<br />
compos<strong>it</strong>ore e violinista; direttori della stessa cappella reale a Copenaghen furono<br />
i compos<strong>it</strong>ori Giuseppe Sarti e Paolo Scalabrini; violoncellista aulico fu Antonio De<br />
Petri, detto Tonelli.<br />
Francesco Antonio Bartolomeo Uttini, dopo avere svolto attiv<strong>it</strong>à ad Amburgo, si<br />
stabilì a Stoccolma presso la corte svedese; scrisse, oltre ad opere <strong>it</strong>aliane, cinque<br />
su libretto francese e fu il primo a comporne altre su testo svedese (Thetis och<br />
Peleus e Aline, 1773- ’76), e compose anche <strong>musica</strong> da camera, Ludovico Piccinni<br />
fu maestro della cappella di corte.<br />
A Vienna, in un ambiente <strong>musica</strong>le per tutto il secolo mantenutosi sotto l’influsso<br />
dell’<strong>it</strong>alianismo imperante, operò W. A. Mozart che rimase fedele all’estetica<br />
<strong>it</strong>aliana, così come F. J. Haydn, che tra i suoi maestri ebbe anche Nicolò Porpora e<br />
fu autore di molte opere su libretto <strong><strong>it</strong>aliano</strong>, tra le quali c<strong>it</strong>iamo “Aci e Galatea”, “Il<br />
mondo della luna”, “L’isola disab<strong>it</strong>ata”, “Orlando paladino”, “Armida”, “L’anima del<br />
filosofo”, “La fedeltà premiata”, e di molte cantate, arie e oratori su testo <strong><strong>it</strong>aliano</strong>.<br />
A Vienna fu celebre Antonio Salieri, maestro di cappella imperiale e direttore<br />
dell’opera <strong>it</strong>aliana, allievo e poi amico di C. W. Gluck; egli seguì i principi della<br />
riforma gluckiana, fu apprezzato didatta ed ebbe tra i suoi allievi J. Weigl, autore<br />
di opere anche <strong>it</strong>aliane, L. van Beethoven nella composizione vocale fino al 1802,<br />
863
F. Schubert nel 1808, J. Moscheles, A. Panseron, J. Cornet, F. Listz; compose e<br />
rappresentò nel 1771 “Armida” e “La fiera a Venezia”; nel ’76 l’opera <strong>it</strong>aliana fu<br />
sciolta per favorire l’arte nazionale e al teatro nazionale tedesco contribuì con lo<br />
“Spazzacamino” (Der Rauchfangkehrer). Chiuso il teatro tedesco, ricominciata<br />
l’egemonia <strong>it</strong>aliana, Salieri fu incaricato da Giuseppe II di ricost<strong>it</strong>uire la compagnia<br />
<strong>it</strong>aliana e di provvedere al repertorio; compose allora “La scuola dei gelosi”. Un<br />
secondo periodo salieriano è quello che va dal 1782 al ’90 e comprende tra l’altro<br />
la sua maggiore tragédie-lyrique “Les Danaïdes”, rappresentata a Parigi come<br />
opera di Gluck-Salieri e a successo ottenuto come opera del solo Salieri; compose<br />
anche una tragicommedia, ”Tarare”, e le opere comiche “Falstaff” e “La grotta di<br />
Trofonio”. R<strong>it</strong>ornato a Vienna dopo i successi parigini, vi ascese in fama e in<br />
autor<strong>it</strong>à, capeggiò l’attiv<strong>it</strong>à ufficiale della v<strong>it</strong>a <strong>musica</strong>le viennese, istruì cori,<br />
partecipò alla fondazione della società degli amici della <strong>musica</strong>; nel 1824, un<br />
anno prima della morte, fu congedato dalle cariche imperiali.<br />
Mozart, austriaco di origine e di sentimenti, rappresenta tuttavia la <strong>musica</strong><br />
<strong>it</strong>aliana, accettandone le conquiste, coltivandone le forme, approfondendone lo<br />
<strong>stile</strong>, riflettendo nelle opere i tipici tratti latini, quali la chiarezza dei concetti, la<br />
trasparenza della forma, la grazia e la flessibil<strong>it</strong>à del disegno melodico.<br />
Ad Augusta nel 1763 conobbe le arie per organo e clavicembalo di Paganelli e<br />
sub<strong>it</strong>o ne risentì l’efficacia quando compose la prima sonata per clavicembalo; nel<br />
’64 conobbe a Parigi Egidio Duni, operista di scuola napoletana. A Londra ebbe<br />
modo di conoscere <strong>musica</strong> di <strong>stile</strong> <strong><strong>it</strong>aliano</strong> come quella di J. C. Bach e i<br />
clavicembalisti Pescetti, Paradisi e Vento; ebbe contatti con il sopranista C.<br />
Manzuoli per affinarsi nella tecnica vocale, con Giusto Ferdinando Tenducci,<br />
insegnante di canto, che era stato nominato nel ’48 direttore del festival<br />
haendeliano nell’abbazia di Wenstminster; a Stoccarda conobbe lo Jommelli e ne<br />
ammirò lo <strong>stile</strong>, nel ’78 scrisse “La finta semplice” su inv<strong>it</strong>o dell’imperatore.<br />
Determinanti furono i suoi viaggi in Italia; nel ’69 vi scese, passando per Rovereto,<br />
Verona, Mantova, Cremona, Milano dove conobbe G. B. Sammartini e N. Piccinni e<br />
scrisse “M<strong>it</strong>ridate, re del Ponto”(1770).A Bologna frequentò la scuola del padre<br />
Giovan Battista Martini, uno dei suoi maestri e protettori in Italia, ai cui<br />
insegnamenti accorrevano famosi musicisti come J. C. Bach, L. Gassmann, E.<br />
Arteaga, ecc. (Uomo di cultura vastissima, scrisse la prima “Storia della <strong>musica</strong>” in<br />
tre volumi, 1757-’75, che considera però solo le più antiche manifestazioni di<br />
quest’arte, e compilò un “Esemplare ossia Saggio fondamentale pratico di<br />
contrappunto”, 1774-’75, in due volumi, raccolta di esempi tratti dalle opere dei<br />
più grandi maestri della polifonia vocale). Preso da viva ammirazione per il<br />
giovanissimo alunno, Martini, favorendone la nomina ad accademico filarmonico,<br />
864
dà a Mozart lezioni che saranno per la sua arte di valido sostegno: il culto per il<br />
contrappunto, l’amore per la solid<strong>it</strong>à costruttiva, baluardo verso troppo facili<br />
improvvisazioni, insegnamenti essenziali per lo sviluppo del fresco, arioso,<br />
scintillante contrappunto mozartiano. Il musicista austriaco fu quindi a Firenze, a<br />
Roma , dove ascoltò <strong>musica</strong> di <strong>stile</strong> polifonico come il celebre “Miserere” di<br />
Gregorio Allegri, trascr<strong>it</strong>to poi a memoria, e dove conobbe Quirino Gasperini,<br />
violoncellista e compos<strong>it</strong>ore, di cui trascrisse “Adoramus te, Christe” a 4 voci; fu<br />
poi a Napoli dove conobbe e capì l’opera di quella scuola e assistette a una<br />
rappresentazione dell’”Armida abbandonata” <strong>dello</strong> Jommelli; compose l’azione<br />
sacra” Betulia liberata”su libretto del Metastasio. Lasciata l’Italia nel ’71, vi r<strong>it</strong>ornò<br />
nello stesso anno per comporre e farvi eseguire”Ascanio in Alba” su testo del<br />
Parini, e nel ’72 per la rappresentazione di “Lucio Silla” su testo di De Gamerra;<br />
compose poi “Il sogno di Scipione” su testo di Metastasio. “La finta semplice”,<br />
opera buffa all’<strong>it</strong>aliana, fu rappresentata a Monaco nel ’75, “Il re pastore” a<br />
Salisburgo nel ’76, “Idomeneo” su libretto di Varesco, per incarico dell’elettore di<br />
Baviera, a Monaco nel ’81; nel ’82 Mozart compose “Il ratto dal serraglio”, opera<br />
comica in tedesco, piena però di <strong>musica</strong> di tipo <strong><strong>it</strong>aliano</strong>, anzi napoletano,<br />
richiedendo un bel canto esperto e per arie impegnative. Il suo teatro è<br />
germogliato dall’opera <strong>it</strong>aliana, da quello di Domenico Cimarosa, dai gradevoli<br />
spunti melodici in abbondanza e finali d’atto di vaste proporzioni, articolati in più<br />
episodi; lo stesso Giovanni Paisiello, conosciuto a Milano nel terzo viaggio, come<br />
fecondo inventore di espressioni e formule incisive, fu più volte esemplato da<br />
Mozart, come ha documentato H. Abert. Una sorta di studio preparatorio<br />
sull’opera buffa <strong>it</strong>aliana fu “Lo sposo deluso, rimasta incompiuta. Nel ’86 fu<br />
rappresentata a Vienna e a Praga l’opera buffa “Le nozze di Figaro” su testo di<br />
Lorenzo da Ponte, poeta ufficiale del teatro viennese, nel ’87 a Praga “Don<br />
Giovanni”, opera tratta in parte da “Il conv<strong>it</strong>ato di pietra” del Bertati, in parte<br />
ispirata allo scenario di I. Cicognini e a versioni popolari <strong>it</strong>aliane (“Il conv<strong>it</strong>ato di<br />
pietra”, opera famosissima ed esemplare, pubblicata a Bologna nel 1732, e<br />
“Conv<strong>it</strong>ato di pietra, rappresentazione teatrale, stampata a norma dell’originale”,<br />
Padova -1780, un’opera in cui il buffo si innesta al drammatico, misto di opera<br />
seria napoletana e di carattere gluckiano. Il Da Ponte scrisse il terzo libretto per la<br />
<strong>musica</strong> di Mozart,” Così fan tutte”, di genere buffo, rappresentata a Vienna nel<br />
’90; nel ’91 fu composta”La clemenza di T<strong>it</strong>o”, su vecchio libretto, rimaneggiato,<br />
di Metastasio, genuina opera seria napoletana. Nello stesso anno fu rappresentata<br />
“Il flauto magico”, opera di puro carattere tedesco; tanto era amata in quegli anni<br />
l’opera <strong>it</strong>aliana che il libretto, scr<strong>it</strong>to in tedesco da Schikaneder con l’intento di<br />
realizzare un vero e proprio prototipo dell’opera tedesca (per dare l’avvio ad una<br />
865
tipologia operistica autenticamente germanica), negli anni immediatamente<br />
seguenti alla nasc<strong>it</strong>a del capolavoro mozartiano, questo ebbe diffusione nei paesi<br />
tedeschi non nella sua lingua originale ma nella traduzione <strong>it</strong>aliana realizzata da<br />
De Gamerra.<br />
Tra i cantanti di questo periodo ricordiamo Giovanni Tedeschi che a Berlino nel<br />
1754-’55 interpretò “Semiramide” di Graun e altre sue opere, Carlo Concialini al<br />
servizio della corte di Baviera nel 1763 e poi presso la cappella di Federico II,<br />
Giovan Battista Mancini, sopranista, maestro aulico di canto, chiamato da Maria<br />
Teresa per insegnare il canto alle granduchesse, Gaetano Maiorano, detto<br />
Caffariello, che ottenne successi memorabili specialmente a Vienna e fu chiamato<br />
a corte da Luigi XV di Francia, Andrea Bonelli, popolarissimo in Russia, ove operò<br />
per tutta la v<strong>it</strong>a, raccogliendo onori e ricchezze sbalord<strong>it</strong>ive, Gian Francesco<br />
Tarducci, Gaetano Guadagni, contraltista, che fu il primo esecutore di ”Orfeo ed<br />
Euridice” di Gluck e passò di trionfo in trionfo nei principali teatri europei.<br />
Venanzio Rauzzini, sopranista famoso, ammirato da Mozart che a lui dedicò il<br />
mottetto “Exultate, jubilate”, fu alla corte di Monaco e fece una splendida carriera<br />
in Inghilterra. Per Luigia Polselli Haydn scrisse molte arie. Antonia Bernasconi, per<br />
cui Gluck scrisse “Alceste”, fu la prima interprete di “Aspasia” in “M<strong>it</strong>ridate” di<br />
Mozart che ammirò anche Lucrezia Aguiari, Anna de Amicis e la Sapor<strong>it</strong>i. Pietro<br />
Benucci fu il primo Guglielmo in “Così fan tutte”. Spicca tra i bar<strong>it</strong>oni Luigi Bassi,<br />
primo interprete del “Don Giovanni” e de “Le nozze di Figaro”, poi direttore<br />
dell’opera <strong>it</strong>aliana a Dresda, defin<strong>it</strong>o da Beethoven “ il focoso <strong><strong>it</strong>aliano</strong>”. Altri famosi<br />
cantanti del periodo furono Costanza Baglioni,Paolo Bedeschi,Gioacchino Conti e<br />
Vincenzo Bartolini (sopranista).Tra i compos<strong>it</strong>ori c<strong>it</strong>iamo Domenico Baccelli,,Carlo<br />
Barbieri,Giovanni Cifolelli e Antonio Mazzoni,operosi anche all’estero e tra gli<br />
strumentisti Ferdinando Pellegrini, Caterina Giraldoni e Domenico Ferrari..<br />
Adamo Bianchi fu chiamato nel 1804 a Parigi per cantare al teatro di corte in<br />
occasione dell’incoronazione di Napoleone; Girolamo Crescentini fu nominato<br />
dall’imperatore maestro di canto della famiglia e insign<strong>it</strong>o del t<strong>it</strong>olo di cavaliere<br />
della corona ferrea (si afferma che, quando cantò alle Tuileries nel 1804 la<br />
preghiera di Romeo, l’intera corte, compreso Napoleone, non riuscì a trattenere il<br />
pianto). Ricordiamo gli ultimi evirati Luigi Marchesi o Marchesini, Gaspare<br />
Pacchiarotti e Giovan Battista Velluti (inizi sec. XIX).<br />
Tra i soprani della prima metà del XIX secolo furono celebri Caterina Aschieri,<br />
Giovanna Astrua, Elena Balletti, Brigida Banti-Giorgi, Erminia Frezzolini, Caterina<br />
Gabrielli (Cochetta o Romanina), Cecilia Grassi, Giuseppina Grassini, Benedetta<br />
Pisaroni, Adelaide Tosi; tra i contralti Gentile Borgondio, Rosa Borosini, Anna<br />
Borsello-Morichello, Celeste Coltellini, V<strong>it</strong>toria Tesi-Tramontini; tra i tenori<br />
866
Giovanni Ansani, Matteo Babini, Cesare Badiali (cantante di camera alla corte di<br />
Vienna dal 1842), Giovan Francesco Boccaccini (cantante di camera di Luigi<br />
Filippo, duca d’Orléans), Giulio Marco Bordogni, Claudio Bonoldi (insegnante al<br />
conservatorio di Parigi), Francesco Bussani, Gaetano Crivelli, Giacomo David,<br />
Domenico Panzacchi, Domenico Ronconi, (direttore dell’opera <strong>it</strong>aliana a Vienna e<br />
poi insegnante alla corte di Monaco di Baviera), Giuseppe Viganoni; tra i bassi<br />
Giuseppe de Begnis e inoltre c<strong>it</strong>iamo tra i tanti cantanti Luigi Bassi,Matteo Babini,<br />
Francesco Ceccarelli,Barbara e Carlotta Marchisio,Giovan Battista Rubini,Tommaso<br />
Marchesi,maestro di canto a Lisbona, i compos<strong>it</strong>ori Antonio Buzzolla,Luigi<br />
Balocchi,Gioacchino Albertini, Gaetano Marinelli, Angelo Tarchi, Vincenzo Novelli,<br />
anche organista, gli strumentisti Camillo Barni, Giuseppe Bacigalupo, Antonio<br />
Bruni, Giovan Battista Polledri, attivi in molti paesi d’Europa.<br />
E’ superfluo ricordare che le più famose scuole di canto fiorirono in Italia nel<br />
secolo XVIII, a Bologna, a Venezia, a Firenze, a Milano, a Roma e a Napoli;<br />
grandissimi maestri furono, oltre il Porpora, Leo, Mancini, Bernacchi e Pistocchi.<br />
Tra i teorici eccelse Fedele Fenaroli, insigne didatta; ebbero vasta risonanza “I<br />
partimenti, ossia basso numerato” (1800), ancora oggi in uso.<br />
Tra il XVIII e il XIX secolo nel campo della <strong>musica</strong> strumentale il pianoforte (per il<br />
quale ricordiamo che la più antica <strong>musica</strong> pubblicata fu una sonata di Ludovico<br />
Giustini nel 1732) si crea uno <strong>stile</strong> proprio, ben distinto da quello del<br />
clavicembalo, per mer<strong>it</strong>o di Muzio Clementi; nel 1766, appena quattordicenne, fu<br />
condotto a Londra da sir P. Beckford che l’aveva ammirato a Roma come<br />
cembalista; si fece conoscere come pianista e compos<strong>it</strong>ore dal pubblico londinese,<br />
dal 1802 al ’10 viaggiò in Germania, Austria, Russia, sia solo sia con allievi; dal<br />
’10 al ’32 fu di nuovo a Londra dove fondò la”Royal Philarmonic Society”, insegnò<br />
per molti anni, diresse il teatro d’opera <strong>it</strong>aliana; suoi allievi furono tra i tanti Field,<br />
Cramer, Moscheles, Kalkbrenner, Berger, Czerny, a loro volta promotori del<br />
movimento pianistico europeo. Beethoven lo ammirava e amava la sua sonata per<br />
pianoforte op. 25 n.5.<br />
Clementi fu detto “il padre del pianoforte”; le sue opere didattiche sono ancora<br />
oggi alla base di ogni corso pianistico, la sua ricerca tecnicistica aprì la via al<br />
sorgere del virtuosismo brillante.<br />
Tra i grandi esponenti dell’arte violinistica ricordiamo Giovan Battista Viotti; dopo<br />
trionfali viaggi in Svizzera, Germania, Polonia e Russia, suonò nel 1782 a Parigi ai<br />
Concerts spir<strong>it</strong>uels che lo proclamarono principe del violino; nel ’92 fu a Londra,<br />
acclamato nei concerti Salomon e vi divenne direttore d’orchestra al King’s<br />
theatre; nel ’98-1800 fu in Germania dove attese alla composizione, fu poi di<br />
nuovo a Londra per molti anni; nel ’18-’21 fu a Parigi, divenendo direttore<br />
867
dell’Opéra e del Théatre des Italiens, voluto dal fratello di Luigi XVI, il conte di<br />
Provenza, per l’opera comica <strong>it</strong>aliana; passò gli ultimi anni di v<strong>it</strong>a in Inghilterra.<br />
La sua arte influenza tuttora il violinismo d’ogni paese; capo della moderna scuola<br />
francese, ebbe tra gli allievi Rode, Alday, Vacher, Vartier, Libon, Pixis,<br />
Robberechts, e anche Kreutzer gli è artisticamente collegato. Fu importante, oltre<br />
che per l’autor<strong>it</strong>à didattica, anche per avere regalato al violinista l’arco nella<br />
forma attuale, nella sua espressione defin<strong>it</strong>iva. Come compos<strong>it</strong>ore figura tra gli<br />
esponenti del concerto per violino e orchestra dell’epoca classica, sia come<br />
anticipatore di forme e <strong>stile</strong>mi, sia come appassionato creatore.<br />
Giovanni Giuseppe Cambini operò a Parigi dal 1770 al 1825, anno della sua<br />
morte, come violinista, compos<strong>it</strong>ore, direttore d’orchestra, cr<strong>it</strong>ico <strong>musica</strong>le e<br />
insegnante.<br />
Nuovi orizzonti aprì alla tecnica violinistica Niccolò Paganini; trionfò a Vienna nel<br />
1828, fu a Dresda, a Berlino, a Varsavia, a Parigi nel ’31, a Londra, nei Paesi Bassi,<br />
nella Francia del nord e in Gran Bretagna (’33-’34); spinse il virtuosismo<br />
all’estremo, tanto da essere considerato il più grande violinista d’ogni tempo e<br />
l’iniziatore del virtuosismo romantico. L’arte di Paganini ebbe tra i tanti im<strong>it</strong>atori<br />
artisti quali C. G. Lipinski, Treichler e D. Bull; il defin<strong>it</strong>ivo sviluppo che il maestro<br />
diede alla tecnica violinistica influenzò anche quella degli altri strumenti.<br />
Felice Blangini, violoncellista, fu maestro di corte a Monaco nel 1805, in Westfalia,<br />
a Parigi nel ’14, direttore della cappella <strong>musica</strong>le di Paolina Bonaparte, maestro di<br />
cappella di Girolamo Bonaparte, maestro di canto al Conservatorio, intendente<br />
della <strong>musica</strong> a corte, dopo la Restaurazione direttore della <strong>musica</strong> da camera della<br />
duchessa di Berry.<br />
Pietro Rovelli nel 1810 fu violino solista a Weimar e in segu<strong>it</strong>o alla corte di Monaco<br />
dove ebbe tra gli allievi B. W. Molique.<br />
Bartolomeo Campagnoli, violinista, teorico di scuola tartiniana, fu maestro dei<br />
concerti a Lipsia fino al 1817.<br />
Giuseppe Maria Festa, violinista, fu nominato direttore d’orchestra all’Opéra di<br />
Parigi nel 1812.<br />
Camillo Sivori, violinista, fu applaud<strong>it</strong>o in Europa e in America; trionfale successo<br />
ottenne in un concerto, con Paganini alla ch<strong>it</strong>arra, con Listz al pianoforte e con<br />
Bottesini al contrabbasso. Luigi Legnani, ch<strong>it</strong>arrista e cantante, accompagnò<br />
Paganini nei suoi concerti in Europa.<br />
Mauro Giuliani, stimato anche da Beethoven, lasciò un metodo per ch<strong>it</strong>arra,<br />
rimasto fondamentale; fu richiesto come insegnante e concertista in tutta Europa.<br />
Lo stesso si può dire per Ferdinando Carulli, anch’egli autore di un metodo<br />
pratico per ch<strong>it</strong>arra, molto diffuso.<br />
868
Grandi contrabbassisti furono Domenico Dragonetti (sec. XVIII-XIX) e Giovanni<br />
Bottesini; il primo, che istruì Beethoven sull’uso <strong>dello</strong> strumento, fu per<br />
cinquantadue anni in Inghilterra come primo contrabbasso del Teatro Reale e dei<br />
concerti di corte; il secondo fu solista acclamato in tutta Europa.<br />
Celebre fu la famiglia dei Besozzi, Alessandro, Antonio e Gaetano, oboisti,<br />
Girolamo, fagottista, attivi nel secolo XVIII; Carlo, oboista a Dresda, e Girolamo, a<br />
Parigi.<br />
Giovanni Giuseppe Ferlendi (XVIII-XIX sec.) fu uno dei più grandi oboisti del<br />
tempo, acclamato nei giri di concerti in tutta Europa, così come i figli Angelo e<br />
Alessandro.<br />
Carlo Michelangelo Sola fu insegnante di flauto a Londra, dopo avere dato lezioni<br />
ai figli di Madame de Staël a Ginevra.<br />
Tra i compos<strong>it</strong>ori attivi tra il XVIII e il XIX secolo, ricordiamo Valentino Fioravanti,<br />
operista fecondo, direttore del teatro S. Carlo di Lisbona, celebre in Europa per “Le<br />
cantatrici villane”; Gaetano Andreozzi, nipote di Jommelli, detto lo Jommellino,<br />
operista, fu maestro di corte a Mosca dove rappresentò “Didone abbandonata”e<br />
“Giasone e Medea”, fu poi maestro di canto a Parigi, compose “Gustavo, re di<br />
Svezia”, rappresentata a Madrid. Gennaro Antonolini dal 1805 fu maestro di corte<br />
e insegnante di canto a Pietroburgo, autore per i teatri russi di varie opere e di un<br />
oratorio. Sebastiano Nasolini compose 38 opere, rappresentate in Germania e in<br />
Inghilterra, oltre che in Italia, dal 1788 al 1816. Giovanni Paisiello, dopo essere<br />
stato in Russia, (vedi dietro), fu chiamato nel 1802 da Napoleone a Parigi;<br />
compose l’opera “Proserpina”, <strong>musica</strong> di vario genere e la “Marche funèbre à<br />
l’occasion de la mort du géneral Hoche”.<br />
Luigi Cherubini fu nel 1784 a Londra, nel ’87 a Parigi dove ottenne successo con<br />
l’opera “Démophon”; trasfuse nel melodramma settecentesco un vigore<br />
preromantico, inaugurando uno <strong>stile</strong> dai toni “eroici”, caratterizzato da una<br />
robusta orchestrazione; nel ’91 fece rappresentare “Lodoïska” che con oltre<br />
duecento repliche consecutive fu il più grande successo teatrale nel periodo della<br />
rivoluzione francese, e la “Medea”. Nel ’95 il musicista fu nominato ispettore del<br />
conservatorio; nel 1805 fu inv<strong>it</strong>ato a Vienna e vi allestì due opere, tra cui<br />
“Faniska”, destando l’ammirazione di Haydn e Beethoven il quale poneva il<br />
maestro <strong><strong>it</strong>aliano</strong> al disopra di tutti i musicisti del tempo, ricordando il suo <strong>stile</strong><br />
quando creò “Fidelio”. Nel ‘15 Cherubini andò di nuovo a Londra dove compose<br />
brani sinfonici su commissione della Società Filarmonica; nel ’16, tornato a Parigi,<br />
divenne professore all’Ecole Royale de musique e sovrintendente alle musiche di<br />
corte; poi dal ’22 al ’47 fu direttore del conservatorio. Compose, tra l’altro, il<br />
requiem per la morte di Luigi XVI che ispirò Berlioz, e la messa solenne per<br />
869
l’incoronazione di Luigi XVIII. La sua <strong>musica</strong> contiene gli elementi che saranno poi<br />
sviluppati dall’opera romantica; di lui e della sua opera furono ammiratori anche<br />
Schumann, Weber, Wagner, e Brahms definì la “Medea” la vetta suprema della<br />
<strong>musica</strong> drammatica. Tra gli allievi di Cherubini c<strong>it</strong>iamo il francese P. Zimmermann.<br />
A Nicolò Zingarelli nel 1811 Napoleone commissionò una messa per la sua<br />
cappella di corte.<br />
Il soprano Camilla Balsamila cantò a Parigi per le nozze di Napoleone con Maria<br />
Luisa .<br />
Gaspare Spontini visse dal 1803 al ’20 a Parigi dove fu nominato direttore del<br />
teatro <strong><strong>it</strong>aliano</strong>, compos<strong>it</strong>ore di corte di Napoleone e poi di Luigi XVIII; nel ’20 fu a<br />
Berlino, chiamato da Federico Guglielmo III di Prussia, e nominato direttore<br />
dell’opera <strong>it</strong>aliana, del teatro <strong><strong>it</strong>aliano</strong> e sovrintendente generale della <strong>musica</strong> di<br />
corte; fece moltissimo per il miglioramento dell’ educazione <strong>musica</strong>le e vocale dei<br />
cantanti tedeschi. Egli inventò il genere delle opere grandiose, il grand-opéra,<br />
dalle seguenti caratteristiche: accompagnamento orchestrale continuo, testo<br />
prevalentemente tragico, molto fasto, elaborata azione scenica, con molti cori,<br />
balletti, folle, ecc. Il primo esempio fu la” Vestale”, rappresentata a Parigi nel<br />
1807, alla presenza dell’imperatrice, con es<strong>it</strong>o trionfale, tanto da avere sub<strong>it</strong>o<br />
duecento repliche; seguirono ”Fernando Cortez” e “Olimpia” (Parigi, 1819); quando<br />
quest’opera fu cantata a Berlino nel ’21 la magnificenza <strong>it</strong>alo-napoleonica di<br />
Spontini parve sul punto di conquistare anche la Germania. Qui fu composta<br />
“Agnese di Hohenstaufen”, grande opera storico- romantica, che aprirà nuove<br />
strade al melodramma non solo tedesco (in primis di Wagner che stimò<br />
moltissimo Spontini), ma anche <strong><strong>it</strong>aliano</strong>. Egli è r<strong>it</strong>enuto nella storia della <strong>musica</strong> il<br />
primo eminente direttore d’orchestra.<br />
Ferdinando Paër, favor<strong>it</strong>o da Napoleone che lo nominò direttore dell’orchestra<br />
imperiale e dell’opéra-comique, fu insegnante e direttore del Conservatorio della<br />
<strong>musica</strong> da camera del re e del théatre des Italiens, membro dell’Inst<strong>it</strong>ut de France,<br />
autore di molte opere celebri a quel tempo; fu anche a Praga, a Vienna e a Dresda<br />
dove fu maestro della cappella di corte e dove rappresentò “Leonora, ossia l’amor<br />
coniugale”.<br />
Per tutto il secolo XIX continuò il favore del pubblico francese verso la <strong>musica</strong> e gli<br />
autori <strong>it</strong>aliani. Nel 1803 fu ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o il Prix de Rome; tra i molti vinc<strong>it</strong>ori c<strong>it</strong>iamo<br />
Hérold, Halévy, Berlioz, Thomas, Gounod, Bazin, Bizet, Massenet, Debussy,<br />
Charpentier.<br />
Nella prima metà del secolo spiccano le figure, tra gli operisti <strong>it</strong>aliani, di Rossini,<br />
Bellini e Donizetti.<br />
870
Gioacchino Rossini fu per circa un quarantennio dal 1825 il sovrano del mondo<br />
intellettuale parigino; dopo un breve soggiorno a Londra in cui compose una<br />
cantata in morte di lord Byron, a Parigi fece rappresentare numerose opere, “Il<br />
viaggio a Reims” per l’incoronazione di Carlo X, ”La donna del lago”, “Semiramide”,<br />
“Telmira”, “Ivanhoe”, “L’assedio di Corinto” (trasformazione di “Maometto II”), un<br />
rifacimento del “Mosè”, “Il conte Ory”, che avrà influenza sull’opera comica<br />
francese, “Guglielmo Tell” con un enorme successo. Compose lo” Stabat Mater”,<br />
“Soirées <strong>musica</strong>les”, “Pet<strong>it</strong>e messe solennelle”, molti brani per pianoforte e una<br />
marcia per il sultano Abdul-Megjid; fu considerato un grande innovatore, sulle<br />
sue orme procedettero Auber e Meyerbeer e Weber non poté reagire alla sua<br />
influenza. Con lui si ebbe l’avvento di un teatro nuovo, uno <strong>stile</strong> dinamico,<br />
quadrato, un’ispirazione r<strong>it</strong>mica di irresistibile slancio, un tono caldo e luminoso<br />
che attirarono un nuovo pubblico, quello delle masse.<br />
Vincenzo Bellini nel 1833 fu inv<strong>it</strong>ato a dirigere sue opere a Londra e a Parigi; le<br />
sue opere, tra cui “Norma”, furono molto applaud<strong>it</strong>e; “I pur<strong>it</strong>ani” fu rappresentata<br />
al Théatre <strong>it</strong>alien di Parigi con es<strong>it</strong>o trionfale.<br />
Gaetano Donizettti susc<strong>it</strong>ò delirante entusiasmo a Parigi tra il 1838 e il ’43 con le<br />
opere “La favor<strong>it</strong>a”, ”La figlia del reggimento”, “Les martyrs” (una rielaborazione<br />
del “Poliuto”), “Don Pasquale”, “Don Sebastiano”, ”Il duca d’Alba”, e a Vienna, nel<br />
’42, con “Linda di Chamounix” e “Maria di Rohan”; qui fu nominato maestro di<br />
corte. Contribuì in modo decisivo all’affermazione di questi musicisti l’impresario<br />
Domenico Barbaja che gestì i teatri di “An der Wien” e “Kärntenertor” di Vienna.<br />
Raggiunse il culmine, con i tre musicisti, il “bel canto”, valorizzazione della<br />
melodia vocale; il virtuosismo non era più un gioco, giacchè l’interprete doveva<br />
comunicare gli affetti interni in un canto che solo apparentemente poteva<br />
sembrare puramente esteriore, inteso non solo come bellezza di vocal<strong>it</strong>à, ma<br />
soprattutto come espressione di sentimenti.<br />
Ricordiamo che le prime opere di Wagner, “Rienzi” (1842) e “Lohengrin” (1850),<br />
subirono influssi dell’opera <strong>it</strong>aliana; egli era stato alunno di C. T. Weinling,<br />
organista e compos<strong>it</strong>ore, allievo di padre Martini a Bologna.<br />
L’arte di M. Glinka prende le mosse stilisticamente dal teatro <strong>musica</strong>le di Rossini;<br />
egli studiò in Italia con Luigi Zamboni, grande maestro di canto, e in Germania;<br />
nel 1826 fece rappresentare l’opera “La v<strong>it</strong>a per lo zar” con la quale si iniziò il<br />
teatro nazionale russo.<br />
Nello stesso periodo, tra i numerosi musicisti <strong>it</strong>aliani attivi all’estero, si distinsero<br />
Nicola Vaccai, autore di opere fortunate e di un metodo di canto ancora adoperato<br />
nelle scuole di <strong>musica</strong>, insegnante a Parigi e a Vienna; Saverio Mercadante che fu<br />
per due anni in Spagna e in Portogallo dove fece rappresentare sette delle sue<br />
871
opere; Carlo Soliva, operista, dal 1821 al ’31, direttore e insegnante di canto nel<br />
conservatorio di Varsavia, dove diresse il concerto n. 1 di Chopin, poi maestro di<br />
cappella di corte a Pietroburgo, direttore d’orchestra al teatro dell’Opera e<br />
maestro di canto della scuola imperiale, stabil<strong>it</strong>osi nel ’41 a Parigi dove scrisse un<br />
“Te Deum” in memoria di Napoleone; Pietro Persichini, maestro di cappella al<br />
servizio del conte Potowski, compos<strong>it</strong>ore del re di Polonia, Stanislao II, a Varsavia,<br />
dove fece rappresentare alcune sue opere, dal 1814 al ’20 maestro di cappella alla<br />
corte di Monaco, dal ’20 al ’24 a quella di Mannheim, infine insegnante a<br />
Francoforte; Francesco Morlacchi, maestro della cappella reale e direttore<br />
dell’opera <strong>it</strong>aliana a Dresda, insegnante di M. Hauptmann e autore de”Il barbiere<br />
di Siviglia”, rappresentata a corte.<br />
Emerge a questo punto la figura di Giuseppe Verdi, la cui opera “I masnadieri” fu<br />
rappresentata per la prima volta a Londra nel 1847, “I vespri siciliani” su testo<br />
francese a Parigi nel ’55, “La forza del destino” a Pietroburgo nel ’62, “Don Carlos”<br />
a Parigi nel ’67, “Aida” al Cairo nel ’71 in occasione dell’apertura del canale di<br />
Suez; oltre che alla produzione lirica, la fama del maestro è affidata anche alla<br />
Messa di requiem, molto ammirata da Brahms, al quartetto d’archi e ai pezzi sacri.<br />
Verdi, compos<strong>it</strong>ore drammatico, mirava al genere più nobile e più commovente,<br />
dal punto di vista umano, dell’intrattenimento <strong>musica</strong>le; la violenta sincer<strong>it</strong>à, la<br />
modern<strong>it</strong>à dei personaggi, l’interesse per le loro passioni, la padronanza della<br />
scr<strong>it</strong>tura vocale e l’accoppiamento della <strong>musica</strong> col testo rendono le sue opere<br />
ancora nuove e attuali, celebrate in tutto il mondo.<br />
Alla scuola verdiana si rifanno tutti gli operisti <strong>it</strong>aliani, attivi tra la fine del XIX<br />
secolo e l’inizio del XX, Giacomo Puccini, Pietro Mascagni, Ruggero Leoncavallo,<br />
Umberto Giordano, le cui opere più famose sono ancora oggi rappresentate nei<br />
più importanti teatri del mondo.<br />
Echi della cantabil<strong>it</strong>à <strong>it</strong>aliana si avvertono nelle opere liriche di molti musicisti<br />
francesi del secolo XIX, C. Gounod, A. Thomas, C. Saint-Saëns, J. Massenet e G.<br />
Bizet, autore di “Don Procopio” su libretto <strong><strong>it</strong>aliano</strong>.<br />
Il brasiliano A. C. Gomes, dopo avere studiato a Rio de Janeiro anche con maestri<br />
<strong>it</strong>aliani, si recò a Milano dove fu alunno di L. Rossi; compose alcune opere che<br />
ebbero all’epoca un discreto favore in pretto <strong>stile</strong> melodico <strong><strong>it</strong>aliano</strong>.<br />
O.Nicolai, compos<strong>it</strong>ore tedesco di origine <strong>it</strong>aliana, unisce nella sua opera più<br />
famosa, “ Le allegre comari di Windsor”, lo <strong>stile</strong> dell’opera buffa con quello<br />
dell’opera romantica; lasciò opere su libretti <strong>it</strong>aliani e tedeschi.<br />
Concludiamo la lezione elencando altri compos<strong>it</strong>ori e insegnanti <strong>it</strong>aliani attivi<br />
all’estero nel XIX secolo.<br />
872
Michele Carafa di Colobrano fu insegnante di composizione al Conservatorio di<br />
Parigi dal 1827 al ’72, membro dell’Inst<strong>it</strong>ut de France; Alessandro Nini fu direttore<br />
dal 1830 al ’37 della scuola di canto a Pietroburgo; Giuseppe Rastrelli fu nel 1830<br />
maestro di cappella e orchestrale nel teatro dell’opera di Dresda; Michele Costa fu<br />
dal 1830 al ’84 direttore del teatro reale, del Covent Garden e della Società<br />
filarmonica e armonia sacra a Londra; alla direzione del Covent Garden successe<br />
nel ’69 Augusto Vianesi, direttore anche a Mosca, Pietroburgo, Madrid e Liverpool;<br />
Napoleone Antonio Lubin, violinista e compos<strong>it</strong>ore, fu direttore d’orchestra del<br />
teatro di corte di Berlino dal 1830 al ’47; Pietro Antonio Coppola fu dal 1839 al<br />
’42 e dal ’50 al ’71 direttore del teatro S. Carlo a Lisbona e del teatro del conte<br />
Farrobo per il quale compose tre opere in lingua portoghese e una in francese;<br />
Carlo Pedrotti fu direttore dal 1840 al ’45 dell’orchestra del teatro <strong><strong>it</strong>aliano</strong> di<br />
Amsterdam; Giovanni Liberati fu maestro di cappella del re di Prussia, direttore<br />
del teatro di Praga, insegnante di canto a Vienna, direttore del King’s theatre di<br />
Londra, succedendo a V. Puc<strong>it</strong>ta.<br />
In ordine alfabetico:<br />
Salvatore Agnelli, operista, autore della cantata “Apoteosi di Napoleone I”,<br />
rappresentata a Parigi nel 1856; Luigi Badia, compos<strong>it</strong>ore, maestro di canto a<br />
Londra; Davide Banderali, maestro di canto al Conservatorio di Parigi; Antonio<br />
Bazzini, compos<strong>it</strong>ore, violinista e concertista; Angelo Maria Benincori, compos<strong>it</strong>ore<br />
e violinista, attivo a Parigi; Antonio Bianchi, cantante e compos<strong>it</strong>ore al servizio del<br />
principe di Nassau, autore di opere e canzoni anche su testo francese; Gaetano<br />
Bianchi, maestro di canto a Londra; Benedetto Bonesi, maestro di canto a Parigi<br />
dove fece rappresentare alcune sue opere alla “Comédie Italienne”; Bartolomeo<br />
Bortolazzi, insegnante di ch<strong>it</strong>arra a Vienna; Guglielmo Branca, maestro di canto a<br />
Londra e direttore dell’orchestra della R. Southkensington <strong>musica</strong>l society; Luigi<br />
Caracciolo, maestro di canto a Londra e Dublino; Gaetano Carulli, maestro di<br />
canto e armonia a Londra e Parigi; Carlo Coccia, pianista accompagnatore di<br />
Giuseppe Bonaparte, che dal 1820 al ’23 mise in scena alcune opere a Lisbona,<br />
passando poi a Londra dove diresse il teatro <strong><strong>it</strong>aliano</strong> e insegnò nella R. Academy<br />
of music; Paolo Concone, maestro di canto a Parigi; Giuseppe Curci, maestro di<br />
canto a Pest, Vienna e Parigi; Nicola Ferri, maestro di canto a Londra; Uranio<br />
Fontana, maestro di canto a Parigi; Jacopo Foroni, compos<strong>it</strong>ore e direttore<br />
d’orchestra nel teatro regio di Stoccolma, maestro della cappella di corte; Angelo<br />
Frondoni, direttore dell’Opera di Lisbona; Vincenzo Gabussi, maestro di canto a<br />
Londra; Luigi Maria Gatti, o della Gatta, maestro di cappella del duomo di<br />
Salisburgo, della corte e direttore del teatro dell’Opera; Pietro Generali,<br />
pseudonimo di Pietro Mercandetti, direttore del teatro di Barcellona; Giovan<br />
873
Battista Gordigiani, attivo a Praga; Pietro Carlo Guglielmi, maestro di canto a<br />
Londra, così come Giuseppe Lanza e suo figlio Gesualdo; Francesco Antonio<br />
Lodi,impresario teatrale del S. Carlo di Lisbona; Gaetano Marinelli, maestro di<br />
canto i Spagna e Portogallo; Gaetano Mattioli, violinista e compos<strong>it</strong>ore, direttore<br />
della cappella dell’elettore di Colonia a Bonn; Bartolomeo Merelli, impresario di<br />
molti teatri europei,ispettore dei teatri imperiali di Vienna; Michele Mortellari,<br />
insegnante a Londra; Natale Nicola Mussini, cantante, compos<strong>it</strong>ore, violinista e<br />
ch<strong>it</strong>arrista, al servizio del re di Prussia; Emanuele Muzio, maestro di canto al<br />
Conservatorio di Parigi e direttore d’orchestra; Giovanni Palestrina, oboista, al<br />
servizio della famiglia Thurm e Taxis a Ratisbona; Stefano Pavesi, direttore del<br />
teatro di Vienna; Felice Pellegrini,basso comico e maestro di canto al<br />
Conservatorio di Parigi; Antonio Pellegrino Benelli, maestro di canto a Berlino;<br />
Gian Agostino Perotti, cembalista a Vienna e a Londra; Francesco Piermarini,<br />
maestro di canto e direttore del Conservatorio di Madrid; Ciro Pinsuti, maestro di<br />
canto a Londra e a Newcastle; Giovan Battista Poliedro, violinista, direttore<br />
d’orchestra e solista della cappella di corte a Dresda; Cesare Pugni, autore di<br />
opere per il teatro di Pietroburgo; Federico Ricci, compos<strong>it</strong>ore e maestro di canto<br />
al Conservatorio di Pietroburgo e direttore di quel teatro imperiale; Cesare Rossi,<br />
maestro di canto e concertista a Londra e a Parigi; Paolo Scalabrini, direttore<br />
d’orchestra in Siria, a Dresda e a Copenaghen; Giuseppe Siboni, tenore, musico di<br />
corte a Copenaghen, maestro al teatro dell’Opera, direttore del Conservatorio , da<br />
lui stesso fondato; Giovanni Tadolini, cembalista e maestro di canto a Parigi;<br />
Pietro Terziani, maestro della cappella di corte a Vienna; Luigi Tomasini, senior e<br />
junior, violinisti, Antonio, violista, al servizio della famiglia Esterhazy in Austria e<br />
in Ungheria; V<strong>it</strong>torio Trento, operista e direttore dell’Opera <strong>it</strong>aliana a Londra e ad<br />
Amsterdam, impresario teatrale a Lisbona.<br />
Ricordiamo che in Grecia nel 1838 si iniziarono le stagioni d’opera <strong>it</strong>aliana, si<br />
assunsero insegnanti <strong>it</strong>aliani; la prima scuola di <strong>musica</strong> fu fondata da Raffaele<br />
Parisini (1830-’75) che compilò trattati in lingua greca; sotto tale influenza alcuni<br />
compos<strong>it</strong>ori greci scrissero opere <strong>it</strong>aliane.<br />
In Romania nel 1833sorse la prima società filarmonica con Bongianini, insegnante<br />
di composizione; A. Castaldi insegnò composizione al Conservatorio di Bucarest<br />
dal 1905 e fu il fondatore dell’orchestra sinfonica.<br />
Al di là dell’Atlantico la <strong>musica</strong> <strong>it</strong>aliana arrivò con Filippo Traetta che nel 1822<br />
fondò il Conservatorio di Boston con l’allievo N. K. Hill e svolse attiv<strong>it</strong>à anche a<br />
Filadelfia, New York e in Virginia; Cesari creò la prima orchestra sinfonica degli<br />
Stati Un<strong>it</strong>i; Giuseppe Ferrata insegnò pianoforte a New Orléans.<br />
874
Giovanni Picazzari nel 1813 organizzò la prima orchestra sinfonica in Argentina; il<br />
pianista Luigi Romanelli fondò a Buenos Aires un ist<strong>it</strong>uto <strong>musica</strong>le.<br />
Giannini fu il primo direttore dell’Opera nazionale del Brasile e Fior<strong>it</strong>a maestro<br />
della cappella imperiale; Gemma Luziani-Nerva, pianista, insegnò all’Ist<strong>it</strong>uto di<br />
<strong>musica</strong> di Rio de Janeiro, Giuseppe Bacigalupo, violinista, fu direttore per molti<br />
anni del teatro dell’Opera di Bahia.<br />
Clorinda Pantanelli, direttrice di una celebre compagnia attiva a Santiago del Cile,<br />
insegnò all’accademia. Da un <strong><strong>it</strong>aliano</strong> fu fondata l’orchestra sinfonica di Shangai.<br />
Tra i compos<strong>it</strong>ori , vissuti tra il XIX e il XX secolo, ricordiamo soprattutto Ferruccio<br />
Busoni, insigne pianista, compos<strong>it</strong>ore d’avanguardia, insegnante nei conservatori<br />
di Helsinki, Mosca, Boston, Berlino e Vienna; studioso di estetica <strong>musica</strong>le, add<strong>it</strong>ò<br />
nei suoi scr<strong>it</strong>ti il sistema dodecafonico e quello pluricromatico come possibil<strong>it</strong>à<br />
aperte per l’avvenire. Di Ottorino Respighi sono famosi i poemi sinfonici, forse i<br />
brani di <strong>musica</strong> <strong>it</strong>aliana più esegu<strong>it</strong>i all’estero; ricordiamo anche Giuseppe<br />
Martucci e Giovanni Sgambati, pianisti e concertisti, Alfredo Casella, Ildebrando<br />
Pizzetti, Gian Francesco Malipiero, Giulio Alari, anche flautista, Francesco Masini,<br />
Augusto Lombardi, celebre pianista.<br />
Tra gli strumentisti e gli insegnanti: i pianisti Stefano Golinelli, Beniamino Cesi,<br />
insegnante al Conservatorio di Pietroburgo; Carlo Albanesi, insegnante alla R.<br />
Academy di Londra; Luigi Gulli, direttore di vari ist<strong>it</strong>uti statun<strong>it</strong>ensi; Eugenio<br />
Pirano, insegnante a New York; I violinisti Luigi Ard<strong>it</strong>i, compos<strong>it</strong>ore e direttore<br />
d’orchestra nei teatri di Londra e dell’Avana; Adolfo Betti, insegnante al<br />
Conservatorio di Bruxelles, e poi a capo di un celebre quartetto statun<strong>it</strong>ense;<br />
Leandro Campanari, fondatore di un quartetto a Boston, professore nella stessa<br />
c<strong>it</strong>tà, a Cincinnati e a San Francisco; Paolo Conte, insegnante a Grand Forks (N.<br />
Dakota); Girolamo de Angelis, a Dublino; Francesco de Guarnieri, a Parigi;<br />
Giuseppe Ferrata, a New Orléans; Guido Papini, a Londra e a Dublino; Emilio<br />
Pente, a Londra; Arrigo Serato, a Berlino; Vincenzo Sighicelli, a Parigi; Achille<br />
Simonetti, nella R. Academy di Dublino; Teresa Milanollo, famosa concertista; Pier<br />
Antonio Tirindelli, insegnante, direttore dell’orchestra di Cincinnati; Teresina Tua,<br />
famosa concertista,Vincenzo Gabussi,maestro di canto e pianoforte a Londra,Ciro<br />
Pinsuti,insegnante di canto a Londra,Giovanni Basadonna,tenore e maestro di<br />
canto in Europa,Maria Piccolomini,cantante e maestra celebre in America,Pietro<br />
Rovelli,violinista,Nicola Bassi,violinista e direttore d’orchesta negli Stati Un<strong>it</strong>i,<br />
Girolamo De Angelis,maestro a Dublino,ecc.<br />
Tra i violoncellisti ricordiamo Gaetano Braga, grande virtuoso; Arturo Cuccoli;<br />
Alfredo Carlo Piatti, primo violoncello all’Opera <strong>it</strong>aliana di Londra; Cesare Sodero,<br />
875
direttore d’orchestra, insegnante al Conservatorio gregoriano e direttore della N.<br />
B. C. e della E. P. C. di New York,Alessandro Pezze.<br />
Tra i ch<strong>it</strong>arristi Francesco Molino, Giulio Regondi e Aurelio Zani de Ferrari ebbero<br />
fama internazionale.<br />
Tra gli arpisti Carlo Sodero fece parte dell’orchestra di New York.<br />
Ermenegildo e Marco Enrico Bossi ebbero fama in concerti in molte parti del<br />
mondo come organisti, il secondo insegnò a Malmoe.<br />
Antonio Tirabassi, organista e musicologo, nel 1910 si trasferì a Bruxelles, compì<br />
fondamentali studi <strong>sulla</strong> notazione proporzionale, pubblicando una famosa<br />
“grammaire”.<br />
Tra i direttori d’orchestra: Carlo Emanuele Barbieri nei teatri di Vienna, Berlino,<br />
Amburgo, Budapest, Rio de Janeiro;Nicola Bassi,anche violinista in Ameria dekl<br />
Nord, Enrico Bevignani al Covent Garden di Londra; Vincenzo Bonetti nel teatro<br />
<strong><strong>it</strong>aliano</strong> di Parigi, nel teatro d’Oriente di Madrid e a Cadice; Cleofonte Campanini a<br />
New York, Nizza, Buenos Aires, Montevideo, Rio de Janeiro, Barcellona, Londra e a<br />
capo della Chicago Opera Association; Raffaele delli Ponti, Victor de Sabata;<br />
Riccardo Drigo, primo Kapellmeister per 42 anni a Pietroburgo; Giulio Gatti-<br />
Casazza al Metropol<strong>it</strong>an di New York; Antonio Guarnieri; Franco Leoni, a<br />
Londra,anche compos<strong>it</strong>ore e maestro di canto; V<strong>it</strong>torio Maria Manzo, grande<br />
interprete dell’opera wagneriana, compos<strong>it</strong>ore e pianista; Angelo Mariani, nei<br />
teatri di Copenaghen e Costantinopoli; Gino Marinuzzi; T<strong>it</strong>o Mattei, anche<br />
compos<strong>it</strong>ore, nell’orchestra del teatro <strong><strong>it</strong>aliano</strong> a Londra; Bernardino Molinari;<br />
Leopoldo Mugnone; Giorgio Polacco; Lauro Rossi; Gabriele Santini; Francesco<br />
Spettrino, nel teatro grande di Varsavia, per il quale scrisse un gran ballo, “La<br />
dama di cuori”, e cost<strong>it</strong>uì un’orchestra stabile, a Leopoli, a Vienna, nel<br />
Metropol<strong>it</strong>an di New York, a Pietroburgo; Arturo Toscanini, sal<strong>it</strong>o in grandissima<br />
fama in America, a capo dell’orchestra del Metropol<strong>it</strong>an di New York dal 1908 al<br />
’15 e dal ’31 in poi, tranne un intervallo di tre anni, il primo straniero chiamato al<br />
teatro di Wagner a Bayreuth, dal ’30 al ’31; Arturo Vigna, Alberto Antonio Visetti,<br />
compos<strong>it</strong>ore e maestro di canto al Royal College di Londra; Edoardo V<strong>it</strong>ale, ecc.<br />
Tra gli insegnanti: Salvatore Auteri-Manzocchi, maestro di canto a Londra, Parigi,<br />
Vienna e Budapest; Antonio Baldelli che aprì una scuola di canto a Parigi; Oreste<br />
Bimboni, maestro di canto a Boston; Federico Buganelli, in Russia; Arturo Buzzi-<br />
Peccia a Chicago e a New York; Emma Carelli, soprano, direttrice con il mar<strong>it</strong>o<br />
Walter Mocchi, per alcuni anni, del teatro Colòn di Buenos Aires; V<strong>it</strong>torio Carpi ed<br />
Ezio Ciampi-Cellai, bar<strong>it</strong>oni, maestri di canto a Parigi; Cesare Galeotti, a<br />
Parigi;Giovan Battista Lamperti,maestro di canto a Parigi,Dresda e Berlino,<br />
Giovanni Lucantoni, a Parigi e a Londra; Salvatore Marchesi de Castrone, bar<strong>it</strong>ono,<br />
876
maestro in varie c<strong>it</strong>tà d’Europa ed America; Nicola Montani, fondatore della S.<br />
Gregory Society negli Stati Un<strong>it</strong>i per l’incremento della <strong>musica</strong> sacra; Benedetto<br />
Palmieri, maestro di canto a Londra e a Dublino; Antonio Peruzzi, a Parigi; V<strong>it</strong>torio<br />
Ricci, ad Edimburgo; Augusto Rotoli, al Conservatorio e alla chiesa di S. Jacopo di<br />
Boston; Rosario Scalera, insegnante di composizione al Curtis Inst<strong>it</strong>ute of music di<br />
Filadelfia; Francesco Paolo Tosti, maestro di canto alla corte inglese e<br />
compos<strong>it</strong>ore; Rocco Trimarchi, direttore dei balli al teatro Mapleson di New York,<br />
dal 1898 al 1904 direttore della scuola <strong>musica</strong>le di Barcellona; Giovanni Turicchia,<br />
insegnante al conservatorio di Malmoe dal 1907 al ’11, fondatore con altri della<br />
Società per <strong>musica</strong> da camera a Helsingfors nel 1911, dal ’12 orchestrale della<br />
Reale cappella di Stoccolma.<br />
Nel campo della <strong>musica</strong> per balletto ebbe fama Paolo Giorza, considerato un<br />
riformatore per avere voluto la fusione tra <strong>musica</strong> ed azione drammatica, per<br />
qualche anno direttore d’orchestra negli Stati Un<strong>it</strong>i e in Australia.<br />
Tra i compos<strong>it</strong>ori di operette ricordiamo Mario (Pasquale) Costa, Ruggero<br />
Leoncavallo, V<strong>it</strong>torio Monti, Giuseppe Pietri, Virgilio Ranzato.<br />
Vogliamo anche accennare alla fortuna che ha avuto e continua ad avere in tutto il<br />
mondo la canzone <strong>it</strong>aliana, dalle ariette del secolo XIX ai motivi del primo ‘900;<br />
questo genere <strong>musica</strong>le raggiunse notevole livello artistico specialmente con le<br />
melodie ispirate a r<strong>it</strong>mi popolari della scuola napoletana e con le romanze da<br />
salotto (di Tosti, Ard<strong>it</strong>i, Rotoli, Toselli, Denza, Di Capua, Gastaldon, ecc.).<br />
Cantanti celebri della seconda metà del secolo XIX e quelli del periodo<br />
immediatamente posteriore furono: i soprani Luigia Abbadia, Marianna Barbier-<br />
Nini, Gemma Bellincioni, Luisa Boccabadati, Celestina Boninsegna, Angiolina<br />
Bosio, Teresa Brambilla-Ponchielli, Eugenia Burzio, Angelica Catalani, Teresa de<br />
Giuli-Borsi, Cesira Ferrani, Giulietta Grisi, Bianca Marchesi de Castrone, Maddalena<br />
Mariani Masi, Ester Mazzoleni, Matilde Palazzesi, Angelica Pandolfini, Romilda<br />
Pantaloni, Giud<strong>it</strong>ta Pasta, Adelina Patti, Fanny Persiani-Tacchinardi, Giuseppina<br />
Ronzi, Rosina Storchio, Adelaide Tosi; i contralti e mezzosoprani Marietta Alboni,<br />
Alice Barbi, Carolina Bassi, Adelaide Borghi, Marietta Brambilla, Guerrina Fabbri,<br />
Isabella Galletti, Giud<strong>it</strong>ta Grisi, Barbara Marchisio; i tenori Giuseppe Anselmi,<br />
Giulio Marco Bordogni, Giuseppe Borgatti, Amedeo Bassi, Angelo Bendinelli,<br />
Alessandro Bonci, Lorenzo Bonfigli, Enrico Calzolari, Italo Campani, Enrico<br />
Caruso,considerato il più famoso di tutti, Fernando De Lucia, Emilio De Marchi,<br />
Domenico Donzelli, Giuseppe Fancelli, Gaetano Fraschini, Antonio Giuglini,<br />
Francesco Marconi, Angelo Masini, Napoleone Moriani, Andrea Nazzari, Antonio<br />
Poggi, Giovan Battista Rubini, Nicola Tacchinardi, Francesco Tamagno, Enrico<br />
Tamberlick, Mario Tiberini, Giovanni Zenatello; i bar<strong>it</strong>oni Gottardo Alderighi,<br />
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Pasquale Amato, Mario Ancona, Mattia Battistini, Michele Benedetti, Pietro Benucci,<br />
Filippo Coletti, Antonio Cotogni, Enrico Delle Sedie, Leone Giraldoni, Francesco e<br />
Ludovico Graziani, Arturo Pessina, Giorgio Ronconi, Giacomo Rota, Antonio<br />
Tamburini, Felice Varesi; i bassi Gaetano Azzolini, Alessandro Bottero, Filippo<br />
Galli, Francesco Navarrini .<br />
Della prima metà del secolo XX c<strong>it</strong>iamo i soprani Licia Albanese, Giannina Arangi<br />
Lombardi, Maria Caniglia, Margher<strong>it</strong>a Carosio, Lina Cavalieri (dapprima danzatrice,<br />
cantò come soprano nei più celebri teatri del mondo; famosa anche come attrice<br />
di varietà e del cinema, ebbe entusiastici successi sia per le qual<strong>it</strong>à artistiche che<br />
per la bellezza; morì nel 1944 a Firenze, v<strong>it</strong>tima di un bombardamento aereo<br />
anglo-americano), Gina Cigna, Toti Dal Monte, Gilda Dalla Rizza, Juan<strong>it</strong>a<br />
Caracciolo, Mafalda Favero, Amel<strong>it</strong>a Gallicurci, Claudia Muzio, Lina Pagliughi,<br />
Ernestina Poli-Randaccio, Luisa Tetrazzini, Angela Tiberini; i mezzosoprani<br />
Erminia Borghi, Teresa Brambilla, Elvira Casazza, Giulietta Simionato, Ebe Stignani;<br />
i tenori Dino Borgioli, Giuseppe De Luca, Beniamino Gigli, Giacomo Lauri-Volpi,<br />
Giovanni Martinelli, Francesco Merli, Aureliano Pertile, T<strong>it</strong>o Schipa, Ferruccio<br />
Tagliavini; i bar<strong>it</strong>oni Benvenuto Franci, Carlo Galeffi, Enrico Nani, T<strong>it</strong>ta Ruffo,<br />
Mario Sammarco, Antonio Scotti, Mariano Stabile, Riccardo Stracciari, Carlo<br />
Tagliabue; i bassi Nazareno De Angelis, Tancredi Pasero, Ezio Pinza, Luigi<br />
Rossato.<br />
P.S.<br />
Ricordiamo inoltre tra i musicisti, operosi all’estero, del secolo XVIII Giuseppe<br />
Nelvi e Felice Salimbeni; del XVIII-XIX Carlotta Marchisio; del XIX Augusto<br />
Lombardi e Giovanni Fabbrini; tra il XIX e il XX Angelo Ferrari, Umberto Masetti,<br />
Agostino Peretti, Vincenzo Fiocchi, Luigi Vannuccini, Giulio Gatti Casarsa,<br />
Armando Bassi, Raffaele delli Ponti e Augusto delle Sedie.<br />
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