Verso una maggiore integrazione dell'agricoltura nella ...
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L’area di studio: i comuni di Assisi, Bastia Umbra, Bettona e Cannara<br />
rischi di impresa, non erano interessati all’introduzione di nuovi metodi di coltura<br />
e all’utilizzazione di nuovi mezzi tecnici.<br />
Il secondo limite derivava dal contratto di mezzadria che lasciava le due parti<br />
insoddisfatte, da un lato per le condizioni di svantaggio e di scarso reddito in cui<br />
poneva il colono, dall’altro perché l’agricoltura prevalentemente di sussistenza,<br />
che veniva praticata, non garantiva al proprietario rendite adeguate. Un ulteriore<br />
motivo della crisi va ricercato nell’incapacità di questa forma di conduzione, espressione<br />
di <strong>una</strong> economia basata principalmente sull’autoconsumo familiare e<br />
sul mercato locale, di reggere il confronto con produzioni esterne rese accessibili<br />
da mercati sempre più ampi.<br />
Il contratto mezzadrile, esaltato durante il periodo fascista come strumento di<br />
collaborazione tra categorie sociali opposte e disciplinato con la Carta della mezzadria<br />
nel 1933, subisce delle evoluzioni 70 fino al 1982, quando viene approvata la<br />
legge n. 203 sulla “affittanza obbligatoria” in cui vengono indicate le modalità di<br />
trasformazione dei contratti mezzadrili in corso in contratti d’affitto. Questa legge,<br />
a seguito della sentenza n. 138, emessa dalla Corte Costituzionale nel 1984, viene<br />
dichiarata parzialmente incostituzionale e successivamente modificata, quando<br />
però ormai i contratti mezzadrili erano praticamente scomparsi.<br />
Nel Piano regionale di sviluppo del 1964, nell’analisi delle caratteristiche strutturali<br />
dell’agricoltura umbra, la mezzadria viene indicata come un problema 71 da<br />
risolvere, in quanto pregiudiziale anche per la soluzione di altre questioni tecnicoeconomiche<br />
e sociali.<br />
Secondo il citato Piano Regionale la soluzione del problema della mezzadria,<br />
che aveva <strong>una</strong> valenza regionale, doveva avvenire con il superamento di tale forma<br />
di conduzione e con la contemporanea creazione di un sistema adeguato alle<br />
esigenze dei lavoratori ed alle prospettive di sviluppo dell’economia agraria. In<br />
altri termini, lo sviluppo futuro dell’agricoltura umbra avrebbe dovuto essere assicurato,<br />
in maniera prevalente, dall’azienda familiare, sia singola che unita nel più<br />
valido organismo della cooperativa, ed anche dall’azienda a salariati tecnicamente<br />
attrezzata e razionalmente condotta.<br />
Per l’azienda familiare il Piano Regionale auspicava però profonde trasformazioni,<br />
soprattutto per raggiungere più idonee dimensioni e realizzare un <strong>maggiore</strong><br />
sviluppo tecnico, così da assumere orientamenti produttivi più indirizzati verso<br />
70 Il 14 giugno 1947 il rapporto tra colono e proprietario del podere è stato modificato tramite un accordo sindacale detto<br />
“tregua mezzadrile”, con cui la quota di riparto è stata elevata dal 50 al 55% a favore del mezzadro. Per adeguare il profitto<br />
del mezzadro al lavoro da lui effettivamente svolto, la legge n. 756/1964, relativa alle “Norme in materia di contratti agrari”,<br />
ha modificato i criteri riguardanti il rapporto tra colono e concedente, ma ha anche vietato la stipulazione di nuovi<br />
contratti mezzadrili mentre con la legge n. 590/1965 è stato conferito al mezzadro, che coltivava un podere da almeno<br />
quattro anni il diritto di prelazione nel caso di vendita.<br />
71 Le criticità del rapporto mezzadrile venivano individuate nei seguenti fattori: rifiuto delle nuove generazioni a partecipare<br />
all’attività agricola in qualità di mezzadro; limitazione alle possibilità di generale trasformazione colturale e tecnologica<br />
e di sviluppo dell’impresa agricola; impedimento al contemporaneo raggiungimento della elevazione dei redditi di lavoro e<br />
dell’abbassamento dei costi di produzione.<br />
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