Verso una maggiore integrazione dell'agricoltura nella ...
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Tematica della ricerca<br />
fattore di produzione e non possa essere considerato solo un supporto fisico per<br />
l’insediamento dell’attività (come nel caso degli insediamenti urbani, industriali,<br />
etc) (Patrizi, 1983). Inoltre si evidenzia come la difesa dell’agricoltura non possa<br />
prodursi attraverso <strong>una</strong> misura restrittiva (Zerbi, 1983), vincolistica e statica come<br />
lo zoning del Piano regolatore, che non considera due aspetti prevalenti del settore<br />
agricolo: 1) quello programmatorio-produttivo, che valuta le aree in base alla loro<br />
potenziale produttività per ottimizzarne l’uso, collegando gli orientamenti colturali<br />
delle aziende alla programmazione regionale; 2) quello normativopianificatorio,<br />
in grado di definire sia le azioni e le norme sull’assetto fondiario in<br />
modo da impedire il frazionamento indiscriminato delle aziende agricole determinandone<br />
l’abbandono, sia le regole per il controllo dell’edificazione dei suoli agricoli<br />
in relazione alle loro reali esigenze (Garano, 1983).<br />
Per rendere compatibile l’uso agricolo dei terreni con l’espansione urbana è, infatti,<br />
importante valutarne le effettive potenzialità produttive. I piani e le relative<br />
norme urbanistiche, basati esclusivamente sugli indici di edificabilità, sono originati<br />
sul piano tecnico da criteri di rapporto fisico tra superfici e volumi edificati e<br />
tra volumi contigui tra loro, mentre questi criteri sono del tutto irrilevanti a livello<br />
delle aree agricole, dove diventa prevalente il rapporto funzionale (Tutino, 1978).<br />
Per tenere in giusta considerazione le aree agricole <strong>nella</strong> pianificazione urbanistica<br />
si ritiene necessaria <strong>una</strong> classificazione basata sulla produttività (Detti,<br />
1978), riferita ai terreni e alle colture (Patrizi, 1983) e misurata sulla base di indici<br />
appropriati (Garano, 1983), considerando anche le esigenze del territorio agricolo<br />
e della popolazione che vi risiede (Falasca, 1983), in modo tale da arrivare a favorire<br />
l’aumento dei redditi e il miglioramento della qualità della vita della popolazione<br />
agricola (Cianferoni et al., 1976). In sintesi, è necessaria <strong>una</strong> politica che<br />
tenga conto contemporaneamente delle esigenze di espansione della città (domanda<br />
di territorio urbanizzato) e dell’organizzazione produttiva del settore agricolo<br />
(Garano, 1983), possibile attraverso la partecipazione degli attori (Cianferoni et<br />
al., 1976).<br />
Un altro versante di riflessione si è indirizzato all’individuazione di nuovi<br />
strumenti giuridici, spesso riferiti al livello comprensoriale, quali: a) il “piano territoriale<br />
per l’agricoltura” che avrebbe dovuto assumere l’interesse agricolo come<br />
interesse collettivo (Graziani, 1978); b) i “piani zonali” per il potenziamento<br />
delle strutture tecnico-operative (Giustinelli, 1978; Cimatti, 1978; Bagnato, 1978);<br />
c) il “piano territoriale integrale” per disciplinare le destinazioni di tutto il territorio<br />
(Graziani, 1978; Cavalieri, 1978); d) il “piano di settore” che, oltre a distinguere<br />
le zone da urbanizzare da quelle destinate a restare agricole, avrebbe dovuto<br />
proporre indirizzi rivolti al recupero delle terre abbandonate e mal coltivate e ad<br />
<strong>una</strong> più giusta distribuzione degli investimenti (Mancini, 1978); e) i “piani di<br />
struttura” (sul tipo degli structure plans inglesi adottati nel 1968) (Garano, 1983).<br />
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