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Verso una maggiore integrazione dell'agricoltura nella ...

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Considerazioni conclusive<br />

zone olivicole, soprattutto a Viole e San Vitale nel comune di Assisi e nell’area<br />

collinare del comune di Bettona come mostrato <strong>nella</strong> tavola 4, in quanto le aziende<br />

non riescono a spuntare prezzi remunerativi. Quindi gli incentivi per il restauro<br />

o la conservazione delle sistemazioni agrarie storiche (es. terrazzamenti) o dei sesti<br />

di impianto (es. quinconce) dovrebbero essere legati al rafforzamento economico<br />

del settore, magari anche incentivando la commercializzazione dei prodotti<br />

nei ristoranti e alberghi della zona (come previsto da <strong>una</strong> legge regionale in fase di<br />

discussione). Se questo non accadesse, si rischierebbe di mantenere paesaggi agrari<br />

privi di <strong>una</strong> funzione produttiva, che ne determina “l’autenticità”.<br />

La ricerca dell’equilibrio tra questi due aspetti e la piena valorizzazione delle<br />

risorse sociali, economiche, ambientali e paesaggistiche presenti nel territorio,<br />

possono essere garantite solo attraverso un’<strong>integrazione</strong> dei piani, dei programmi<br />

e delle risorse finanziarie. Non a caso si è scelto di focalizzare lo studio su quattro<br />

comuni, che si sono dotati di un Piano Urbanistico Comprensoriale, non tanto per<br />

riaccendere il dibattito sull’efficacia della dimensione comprensoriale, quanto<br />

piuttosto per dimostrare l’importanza dell’<strong>integrazione</strong> delle politiche. La sua<br />

mancanza infatti da un lato indebolisce gli effetti di politiche virtuose adottate in<br />

un solo Comune (es. tutela del paesaggio di Assisi che ha portato al suo riconoscimento<br />

UNESCO) e, dall’altro rende difficile l’<strong>integrazione</strong> tra differenti funzioni,<br />

che vengono sviluppate in aree particolarmente vocate (es. agricolturaturismo;<br />

aree di produzione e aree di servizi). Inoltre dimostrata la necessità di<br />

rimettere al centro l’unità aziendale, la dimensione com<strong>una</strong>le rischia di essere poco<br />

efficace sia per la valorizzazione delle produzioni che per la tutela delle aziende<br />

che, spesso hanno un corpo aziendale frammentato su più comuni e/o<br />

all’interno dello stesso Comune ma su “zone” diverse.<br />

Quindi si ritiene necessario, come mostrato anche nel primo capitolo attraverso<br />

numerosi esempi, riflettere su <strong>una</strong> dimensione delle politiche e delle azioni a livello<br />

intercom<strong>una</strong>le, per garantire <strong>maggiore</strong> efficacia agli interventi e <strong>una</strong> <strong>maggiore</strong><br />

valorizzazione del territorio su scala regionale. È fondamentale individuare un<br />

livello territoriale coerente sia con la scala territoriale di produzione che con quelle<br />

di ricaduta dei loro effetti; inoltre «non pare rimandabile il problema<br />

dell’identità del mondo rurale, non più postulabile, ma da identificarsi per dare a<br />

sua volta un’identità più chiara e netta alla relativa politica di sviluppo rurale»<br />

(Brunori, et al., 2001) e di governo del territorio. Sarebbe infatti utile raccordare e<br />

integrare anche i programmi di sviluppo socio-economico (come, nel caso<br />

dell’area di studio: PSR Umbria, Piano Socio Economico della Comunità Montana<br />

dei Monti Martani e del Subasio, Piano di Sviluppo Locale del Gal Valle Umbra<br />

e Sibillini) che, anche se non sono stati considerati all’interno del lavoro di<br />

ricerca, hanno <strong>una</strong> certa importanza per le risorse che mobilitano in favore del settore<br />

agricolo. Risorse che sarebbero meglio utilizzate se gestite in modo integrato<br />

e condiviso tra i Comuni e con gli attori socio-economici. Anche a questo scopo<br />

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