La programmazione in agricoltura nell'esperienza della Regione ...

comunitaria, tanto da apparire a volte niente affatto coordinata, ma
indipendente, alternativa, se non addirittura contrapposta.
Con la programmazione rurale degli anni novanta si tenta di prendere in
considerazione quest’aspetto, non senza qualche critica in merito alla sua
non sempre fattibile o agevole opera d’integrazione degli interventi
settoriali e di collegamento fra i vari piani/programmi di sviluppo. In
termini di obiettivi, la programmazione agricola tenta di seguire più
correttamente le esigenze di sviluppo del territorio marchigiano. Questo
processo è facilitato dalla graduale riorganizzazione dell’intervento
nazionale e dalla razionalizzazione dei rapporti Stato-Regioni e del ruolo
del Ministero agricolo, dopo le defatiganti vicissitudini connesse ai
referendum abrogativi ed ai quattro successivi cambiamenti di
denominazione: dal MAF al MIRAAF, al MIPA, ed infine al MIPAF. Il
passaggio è segnato anche dalla ridefinizione del patto sociale tra
agricoltori e società che è alle fondamenta delle politiche agricole. Da
finalità redistributive e di miglioramento del reddito e delle condizioni di
vita degli agricoltori si muove verso la salvaguardia ambientale, naturale e
paesaggistica e la rivalutazione della qualità dei prodotti. Il cosiddetto
modello di agricoltura europea e l’orientamento verso la multifunzionalità e
l’integrazione ad esso connesso permea sempre più decisamente
l’intervento pubblico regionale.
Non si può negare alla Regione la capacità di adattarsi bene ai
cambiamenti in termini di programmazione in agricoltura, così come
richiesti dalla Comunità Europea, e il suo impegno per trarne i maggiori
benefici. Ma ciò non toglie che rimangono ancora tanti nodi da sciogliere,
come ad esempio quello di confrontarsi con altre esperienze regionali,
oppure di mettere in discussione il suo percorso evolutivo. Sotto
quest’ultimo aspetto, gli stessi policy maker (responsabili politici e dirigenti
amministrativi), nell’adottare opportunamente una visione europea delle
funzioni delle politiche agricole regionali, hanno assunto un atteggiamento
sostanzialmente pragmatico. Qui potrebbe risiedere un primo difetto della
programmazione attuale: nella accettazione acritica dell’impostazione
europea, senza una adeguata rielaborazione regionale, senza soprattutto,
almeno fino a questo momento, un adeguato sforzo di valutazione della
funzione dell’agricoltura marchigiana in prospettiva, della sua collocazione
strategica, nel quadro di una complessiva visione di sviluppo socioeconomico-territoriale
della regione.
Basti pensare a come la Regione sia ancora concentrata su una visione
della politica agricola di diretta competenza dell’istituzione a prescindere
da una analisi degli effetti delle altre politiche agricole che interessano il
suo stesso territorio ma sono amministrate da altre istituzioni. Ci riferiamo
qui a tutte le politiche comunitarie e nazionali che influiscono sull’assetto
agricolo della regione indirettamente attraverso i prezzi amministrati,
attraverso i contributi alla produzione come nel caso dei pagamenti diretti
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