La programmazione in agricoltura nell'esperienza della Regione ...

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30.06.2013 Views

INTRODUZIONE Il settore agricolo marchigiano vive nel dopoguerra importanti e radicali trasformazioni di carattere socio-strutturale. Inizialmente esse conseguono alla necessità di uscire dal tradizionale stato di arretratezza e dal conseguente desiderio di ammodernamento. Successivamente il settore agricolo partecipa allo sviluppo generale della regione e, mentre l’impiego di risorse, specie di lavoro nel primario si contrae, anche l’agricoltura si modernizza, separa la coltivazione dall’allevamento, adotta diffusamente la meccanizzazione e si specializza verso colture estensive (grano duro e altri cereali, barbabietola, girasole), ma anche talvolta verso prodotti di qualità (vino, olio, ortofrutta), mentre l’allevamento bovino, tipico del passato, lascia la prevalenza all’allevamento avicolo e suino. Questo percorso viene tracciato sia dalla politica agricola comune (PAC), che dalle politiche agricole nazionali e, dopo il 1970, anche da quelle regionali. Soprattutto la politica dei prezzi e dei mercati proposta dalla PAC contribuisce a sviluppare e a rendere più competitiva l’agricoltura della Regione, non senza conseguenze negative per l’occupazione, che scende rapidamente fino a conformarsi a quella nazionale, e per l’ambiente e il territorio (erosione dei suoli, squilibri idrogeologici, impoverimento del paesaggio). Il lento processo di ammodernamento agricolo trasforma la Regione Marche: essa perde la sua caratterizzazione agricola, con un 60% di occupati nel 1951 1 , trasformandosi in una regione a rilevante sviluppo industriale e terziario. L’occupazione agricola scende infatti al 4% nel 2000 2 , contemporaneamente alla costante crescita dell’industria che raggiunge il 40% e del terziario al 55%. Ciò nondimeno la regione Marche mantiene i suoi caratteri rurali definiti in termini di densità della popolazione, di integrazione intersettoriale, di residenza diffusa, di relazione con l’ambiente, di paesaggio e di eredità culturali. Questo connotato viene significativamente colto anche dalle classificazioni 1 Elaborazione su dati ISTAT inerenti al IX Censimento Generale della popolazione del 4 novembre 1951. 2 Elaborazione su dati ISTAT inerenti alla “Popolazione residente per condizione professionale, attività economica degli occupati, regione e sesso” - anno 2000, in ISTAT, Annuario Statistico Italiano 2001. I

internazionali: sia l’OCSE che l’UE classificano la regione come significativamente rurale. I cambiamenti intervenuti si sono riflessi necessariamente sul ruolo delle politiche agricole e sulle forme del loro coordinamento. Così come l’agricoltura evolve, si contrae e infine si integra con gli altri settori produttivi, con l’ambiente, con il territorio, la programmazione dell’intervento pubblico in agricoltura fa altrettanto. In questo quadro si colloca il presente studio. Esso si pone l’obiettivo di analizzare l’evoluzione della programmazione in agricoltura nell’esperienza della Regione Marche e di valutarne criticamente i risultati. Nonostante il tempo trascorso dalla costituzione della Regione ad oggi e l’impegno profuso da molti nella sua costruzione, manca infatti ancora una analisi del percorso evolutivo delle sue politiche agricole, a parte qualche studio decisamente datato 3 . Eppure, il tema della programmazione e di quella agricola in particolare ha raccolto nel tempo un consistente interesse. Specie nelle Marche ad esso si sono dedicati con impegno giovani ricercatori ancora prima della istituzione della Regione 4 . Esso ha trovato altrettanto interesse e impegno da parte di alcuni rappresentanti politici e delle organizzazioni agricole, divenendo argomento di consensi e polemiche. Ricostruire la memoria storica su questo aspetto non ha soltanto significato culturale e scientifico, serve anche per riprendere criticamente il contributo dei marchigiani in questo campo e i passaggi percorsi dalla Regione Marche nel corso della sua attività. D’altra parte, i significativi cambiamenti di atteggiamento nei confronti dell’agricoltura che investono la società di oggi (il “nuovo patto sociale” da più parti evocato), rendono ancora più forte l’esigenza di una riflessione sul passato. Si perdono infatti le motivazioni quantitative e strettamente settoriali dell’intervento in agricoltura, mentre si afferma l’esigenza di una visione integrata territorialmente e orientata alla qualità. Questo cambiamento di approccio si accompagna all’affermarsi del principio di sussidiarietà in ambito dell’UE e all’estendersi del coinvolgimento e della responsabilizzazione delle istituzioni regionali e locali in tema di governo dell’economia e del territorio. Dalla tradizionale visione top down (discendente), fondata sul coinvolgimento delle Regioni nelle scelte di programmazione nazionale e sulla partecipazione degli Enti pubblici, sindacati di categoria e delle formazioni sociali in quella regionale, si muove verso un approccio bottom-up (ascendente), centrato sull’azione sussidiaria della Comunità Europea e sul principio della 3 BARTOLA A., SOTTE F., FIORITTO A., Programmazione in agricoltura e Piani zonali – Un bilancio delle esperienze regionali, Bologna, Il Mulino, 1983. 4 E’ il caso di ricordare la notevole stagione dell’ISSEM e l’impegno profuso nella appena istituita Facoltà di Economia e Commercio di Ancona fin dai primi anni Sessanta dal gruppo riunito attorno al prof. Giuseppe Orlando. II

<strong>in</strong>ternazionali: sia l’OCSE che l’UE classificano la regione come<br />

significativamente rurale.<br />

I cambiamenti <strong>in</strong>tervenuti si sono riflessi necessariamente sul ruolo<br />

delle politiche agricole e sulle forme del loro coord<strong>in</strong>amento. Così come<br />

l’<strong>agricoltura</strong> evolve, si contrae e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e si <strong>in</strong>tegra con gli altri settori<br />

produttivi, con l’ambiente, con il territorio, la <strong>programmazione</strong><br />

dell’<strong>in</strong>tervento pubblico <strong>in</strong> <strong>agricoltura</strong> fa altrettanto.<br />

In questo quadro si colloca il presente studio. Esso si pone l’obiettivo di<br />

analizzare l’evoluzione <strong>della</strong> <strong>programmazione</strong> <strong>in</strong> <strong>agricoltura</strong> nell’esperienza<br />

<strong>della</strong> <strong>Regione</strong> Marche e di valutarne criticamente i risultati.<br />

Nonostante il tempo trascorso dalla costituzione <strong>della</strong> <strong>Regione</strong> ad oggi e<br />

l’impegno profuso da molti nella sua costruzione, manca <strong>in</strong>fatti ancora una<br />

analisi del percorso evolutivo delle sue politiche agricole, a parte qualche<br />

studio decisamente datato 3 . Eppure, il tema <strong>della</strong> <strong>programmazione</strong> e di<br />

quella agricola <strong>in</strong> particolare ha raccolto nel tempo un consistente<br />

<strong>in</strong>teresse. Specie nelle Marche ad esso si sono dedicati con impegno<br />

giovani ricercatori ancora prima <strong>della</strong> istituzione <strong>della</strong> <strong>Regione</strong> 4 . Esso ha<br />

trovato altrettanto <strong>in</strong>teresse e impegno da parte di alcuni rappresentanti<br />

politici e delle organizzazioni agricole, divenendo argomento di consensi e<br />

polemiche.<br />

Ricostruire la memoria storica su questo aspetto non ha soltanto<br />

significato culturale e scientifico, serve anche per riprendere criticamente il<br />

contributo dei marchigiani <strong>in</strong> questo campo e i passaggi percorsi dalla<br />

<strong>Regione</strong> Marche nel corso <strong>della</strong> sua attività.<br />

D’altra parte, i significativi cambiamenti di atteggiamento nei confronti<br />

dell’<strong>agricoltura</strong> che <strong>in</strong>vestono la società di oggi (il “nuovo patto sociale” da<br />

più parti evocato), rendono ancora più forte l’esigenza di una riflessione<br />

sul passato. Si perdono <strong>in</strong>fatti le motivazioni quantitative e strettamente<br />

settoriali dell’<strong>in</strong>tervento <strong>in</strong> <strong>agricoltura</strong>, mentre si afferma l’esigenza di una<br />

visione <strong>in</strong>tegrata territorialmente e orientata alla qualità.<br />

Questo cambiamento di approccio si accompagna all’affermarsi del<br />

pr<strong>in</strong>cipio di sussidiarietà <strong>in</strong> ambito dell’UE e all’estendersi del<br />

co<strong>in</strong>volgimento e <strong>della</strong> responsabilizzazione delle istituzioni regionali e<br />

locali <strong>in</strong> tema di governo dell’economia e del territorio. Dalla tradizionale<br />

visione top down (discendente), fondata sul co<strong>in</strong>volgimento delle Regioni<br />

nelle scelte di <strong>programmazione</strong> nazionale e sulla partecipazione degli Enti<br />

pubblici, s<strong>in</strong>dacati di categoria e delle formazioni sociali <strong>in</strong> quella<br />

regionale, si muove verso un approccio bottom-up (ascendente), centrato<br />

sull’azione sussidiaria <strong>della</strong> Comunità Europea e sul pr<strong>in</strong>cipio <strong>della</strong><br />

3 BARTOLA A., SOTTE F., FIORITTO A., Programmazione <strong>in</strong> <strong>agricoltura</strong> e Piani zonali –<br />

Un bilancio delle esperienze regionali, Bologna, Il Mul<strong>in</strong>o, 1983.<br />

4 E’ il caso di ricordare la notevole stagione dell’ISSEM e l’impegno profuso nella appena<br />

istituita Facoltà di Economia e Commercio di Ancona f<strong>in</strong> dai primi anni Sessanta dal<br />

gruppo riunito attorno al prof. Giuseppe Orlando.<br />

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