Diversifarm Idee imprenditoriali innovative nell'agricoltura delle ...

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30.06.2013 Views

l’applicazione del “polluter pays principle” (il principio del “chi inquina paga”), anche in agricoltura, il rispetto di standard minimi per la salvaguardia dell’ambiente e del patrimonio rurale, la corresponsione di incentivi per l’applicazione di tecniche ad alto valore ambientale e di pagamenti per la fornitura di servizi ambientali in aree specifiche (aree protette) e parchi naturali; 3. incentivi allo sviluppo rurale (ISR): la misura è volta ad assicurare agli agricoltori una redditività alternativa, allo scopo di integrare i loro redditi attuali che, a causa della scarsa dotazione di risorse del settore, non possono competere con quelli di altre categorie. Le strade sono diverse: introdurre il part-time in agricoltura; fornire lavoro extra-agricolo nelle aree rurali per evitare l’emigrazione dalle zone rurali; valorizzare la produzione di qualità; risolvere il problema della piccola dimensione fondiaria che non premette di sfruttare appieno le potenzialità delle zone rurali e, quindi, di ottenere da esse la migliore redditività; integrare la produzione alimentare con l’offerta di servizi, anche non strettamente agricoli; 4. assistenza transitoria all’aggiustamento (ATA): la fase di transizione è necessaria, in quanto ogni cambiamento dovrebbe essere introdotto in modo graduale. Questo intervento è commisurato al tempo necessario agli agricoltori a riorientare la propria attività, per questo motivo, a differenza delle tre misure precedenti, che sono durevoli nel tempo, questa quarta misura è temporanea e regressiva nel tempo e, dunque, persisterà fino a che il sistema non sarà perfettamente adattato alla nuova politica. Le proposte del Rapporto Buckwell, però, pur se tenute in considerazione dalla Commissione, alla fine sono rimaste da parte, perché nello stesso periodo, una serie di eventi paralleli hanno preso il sopravvento (Conferenza di Cork, Agenda 2000) e, sicuramente, anche perché la CARPE costituiva una scelta troppo coraggiosa anche se forse più equa, poiché si spingeva troppo avanti nelle riforme, sconvolgendo eccessivamente la situazione attuale del momento. Essa, infatti, prevede interventi ancora più disaccoppiati e localizzati rispetto ad Agenda 2000, nel senso che va ad agire proprio nel luogo specifico nel quale se ne determina la necessità. Inoltre essa riserva una percentuale maggiore del budget allo sviluppo rurale e tiene in maggiore considerazione la produzione mediterranea, la cui importanza è stata sicuramente rivalutata da Agenda 2000, ma in modo tutto sommato non consistente e quindi non ancora soddisfacente. Alla fine, quindi, Agenda 2000 non modifica in maniera decisiva la PAC del ’92, anche perché ciò che è stato approvato è il risultato di una serie di compromessi che hanno portato i Paesi membri ad un accordo; però nel lungo periodo non si riuscirà ad ottenere grandi risultati, anche se la fattibilità di breve della politica è sicuramente più elevata in Agenda 2000 che nella riforma Mac Sharry. 15

1.7. Sviluppo regionale e locale Uno degli elementi che ha caratterizzato maggiormente il cambiamento di rotta iniziato con l’ultima riforma della PAC (Agenda 2000), è senz’altro il fatto che con essa si è puntato il dito in modo decisivo su uno sviluppo di tipo integrato e decentrato. La dimensione regionale ha, infatti, attirato su di sé un’attenzione sempre maggiore, perché c’è stata una progressiva presa coscienza dell’importanza rivestita dall’identità locale delle popolazioni, dalla differenziazione, dalla specificità e dalla particolarità di ogni realtà locale per lo sviluppo umano e civile. In altre parole, uno sviluppo basato sulla concentrazione delle attività economiche in aree sempre più urbanizzate e congestionate, che ha come conseguenza la profonda marginalizzazione delle aree periferiche ed isolate, non ha alcuna possibilità di futuro. Uno sviluppo che, invece, sia sostenibile e durevole, non può essere indipendente da alcuni elementi come l’economia, il territorio, l’ambiente e la società, tra i quali deve instaurarsi un articolato sistema di interrelazioni. La strategia individuata con la nuova PAC si concretizza in una tipologia di sviluppo a partire dal basso (il cosiddetto bottom-up approach, o approccio ascendente), che è basato su due elementi cruciali: • regionalizzazione: partire dagli aspetti peculiari di ogni regione o area specifica per individuarne i problemi e impostare una strategia di intervento mirata, che punti a risolverli specificamente e che rispetti tali peculiarità, e non considerare una sola strategia di sviluppo come soluzione unica ed universale, da applicare a tutte le realtà locali; • de-settorializzazione: evitare di applicare, come è stato fatto in passato, una politica agraria, isolata ed indipendente dalle altre politiche, dagli altri settori economici e dalle realtà locali e dirigersi, invece, verso la formulazione di politiche rurali integrate, che tengano conto delle particolarità e delle potenzialità del territorio e dei suoi abitanti, che siano quindi più flessibili e dinamiche. Si tratta, in definitiva, di uno sviluppo integrato, nel quale la società, il territorio, l’ambiente, l’economia e le istituzioni (pubbliche e private) si combinano e si bilanciano perfettamente per dar luogo ad un fenomeno stabile, che si consolida nel lungo periodo: ogni territorio ha le proprie esigenze e le proprie particolarità, quindi, solo riferendosi ad esse, è possibile programmare uno sviluppo sostenibile e durevole. Tali strategie di sviluppo devono anche poter contare su un forte appoggio a livello locale, cioè sul sostegno e sulla partecipazione e cooperazione di enti sia privati che pubblici, nonché sul coinvolgimento delle popolazioni locali, che devono attivarsi per mettere in luce i propri problemi e le proprie esigenze e, in generale, per migliorare le loro condizioni di vita. In questo contesto anche lo Stato ed il mercato si trovano a ricoprire nuovi ruoli, infatti non sono più in competizione tra loro, ma agiscono in un ambiente di cooperazione. 16

1.7. Sviluppo regionale e locale<br />

Uno degli elementi che ha caratterizzato maggiormente il cambiamento di<br />

rotta iniziato con l’ultima riforma della PAC (Agenda 2000), è senz’altro il fatto<br />

che con essa si è puntato il dito in modo decisivo su uno sviluppo di tipo<br />

integrato e decentrato.<br />

La dimensione regionale ha, infatti, attirato su di sé un’attenzione sempre<br />

maggiore, perché c’è stata una progressiva presa coscienza dell’importanza<br />

rivestita dall’identità locale <strong>delle</strong> popolazioni, dalla differenziazione, dalla<br />

specificità e dalla particolarità di ogni realtà locale per lo sviluppo umano e civile.<br />

In altre parole, uno sviluppo basato sulla concentrazione <strong>delle</strong> attività<br />

economiche in aree sempre più urbanizzate e congestionate, che ha come<br />

conseguenza la profonda marginalizzazione <strong>delle</strong> aree periferiche ed isolate, non<br />

ha alcuna possibilità di futuro.<br />

Uno sviluppo che, invece, sia sostenibile e durevole, non può essere<br />

indipendente da alcuni elementi come l’economia, il territorio, l’ambiente e la<br />

società, tra i quali deve instaurarsi un articolato sistema di interrelazioni.<br />

La strategia individuata con la nuova PAC si concretizza in una tipologia di<br />

sviluppo a partire dal basso (il cosiddetto bottom-up approach, o approccio<br />

ascendente), che è basato su due elementi cruciali:<br />

• regionalizzazione: partire dagli aspetti peculiari di ogni regione o<br />

area specifica per individuarne i problemi e impostare una strategia<br />

di intervento mirata, che punti a risolverli specificamente e che<br />

rispetti tali peculiarità, e non considerare una sola strategia di<br />

sviluppo come soluzione unica ed universale, da applicare a tutte le<br />

realtà locali;<br />

• de-settorializzazione: evitare di applicare, come è stato fatto in<br />

passato, una politica agraria, isolata ed indipendente dalle altre<br />

politiche, dagli altri settori economici e dalle realtà locali e dirigersi,<br />

invece, verso la formulazione di politiche rurali integrate, che<br />

tengano conto <strong>delle</strong> particolarità e <strong>delle</strong> potenzialità del territorio e<br />

dei suoi abitanti, che siano quindi più flessibili e dinamiche.<br />

Si tratta, in definitiva, di uno sviluppo integrato, nel quale la società, il<br />

territorio, l’ambiente, l’economia e le istituzioni (pubbliche e private) si<br />

combinano e si bilanciano perfettamente per dar luogo ad un fenomeno stabile,<br />

che si consolida nel lungo periodo: ogni territorio ha le proprie esigenze e le<br />

proprie particolarità, quindi, solo riferendosi ad esse, è possibile programmare<br />

uno sviluppo sostenibile e durevole.<br />

Tali strategie di sviluppo devono anche poter contare su un forte appoggio<br />

a livello locale, cioè sul sostegno e sulla partecipazione e cooperazione di enti sia<br />

privati che pubblici, nonché sul coinvolgimento <strong>delle</strong> popolazioni locali, che<br />

devono attivarsi per mettere in luce i propri problemi e le proprie esigenze e, in<br />

generale, per migliorare le loro condizioni di vita. In questo contesto anche lo<br />

Stato ed il mercato si trovano a ricoprire nuovi ruoli, infatti non sono più in<br />

competizione tra loro, ma agiscono in un ambiente di cooperazione.<br />

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