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Cum mystica obscuritate - FedOA - Università degli Studi di Napoli ...

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senso la “natura”, la “forma” delle genti sottoposte alla custo<strong>di</strong>a dagli angeli si<br />

riflette nel loro volto.<br />

Ma qui il termine forma può essere inteso non solo nel senso <strong>di</strong> “forma,<br />

natura”, ma anche nel senso <strong>di</strong> “bellezza” 7 : e in effetti nello stesso passo dello<br />

Scivias citato poc‟anzi, gli angeli sono descritti appunto nell‟atto <strong>di</strong> manifestare la<br />

“bellezza” (pulchritudo), della rationalitas <strong>di</strong>vina, cioè, nell‟atto <strong>di</strong> riflettere in se<br />

stessi, creature celestiali, la magnificenza del realizzarsi del volere <strong>di</strong> Dio nel<br />

creato.<br />

Come già accennato, il termine forma, sia lo si intenda come “forma,<br />

natura”, sia lo si intenda come “bellezza”, potrebbe alludere qui ad un ulteriore<br />

concetto: per la forma, “natura” o “bellezza”, o entrambe le cose, che gli angeli<br />

riflettono in sé, andrebbe intesa anche la natura umana del Cristo incarnato,<br />

speciosa forma, superiore a quella <strong>di</strong> tutti gli altri esseri umani poiché pura e<br />

monda dal peccato 8 : tale natura, quale si manifesta nel Figlio incarnato, si<br />

identifica infatti con quella dell‟essere umano originario antecedente alla caduta<br />

seguita al peccato originale 9 , che a sua volta si riflette negli angeli 10 .<br />

vv. 5-7: et o uos archangeli-iustorum<br />

La seconda schiera celeste, quella <strong>degli</strong> arcangeli, è rappresentata nell‟atto <strong>di</strong><br />

“prendersi cura” delle anime dei giusti: tuttavia, poiché il suscipere animas è atto<br />

tra<strong>di</strong>zionalmente attribuito ai pastori e ai sacerdoti, dunque le prime due schiere<br />

2, 4, 14, ll. 409-14: «Anima in qua regalis rationalitas est, cum delectationem peccati adesse sentit,<br />

quia malum nouit, tunc lugubrem assensum assumit. Quomodo? Quia illi rationalitas, sapientia et<br />

scientia a Deo inspirata est; et ideo quamuis corpori consentiat, tamen in<strong>di</strong>gnum habet malum,<br />

sciens hoc non esse bonum».<br />

7<br />

La medesima ambiguità la si ritrova al v. 7 dell‟antifona O gloriosissimi, cfr. il mio comm. ai vv.<br />

6-9 <strong>di</strong> tale carme.<br />

8<br />

Cfr. Scivias, 3, 1, 8, ll. 324-41, cit. in O gloriosissimi, comm. n. 24.<br />

9<br />

A tale proposito cfr. O gloriosissimi, comm. 6-9.<br />

10<br />

Va però notato che l‟atto <strong>di</strong> riflettere la forma del Figlio incarnato è in realtà attribuito nello<br />

Scivias piuttosto agli arcangeli, che, essendo a conoscenza dei più profon<strong>di</strong> misteri concernenti<br />

l‟Incarnazione, già prima che questa si compisse manifestarono tali misteri agli uomini attraverso<br />

segni e simboli, cfr. Scivias, 1, 6, 3, ll. 94-102: «Vnde et qui in acie alia sunt, etiam in pectoribus<br />

suis quasi pennas habent et facies ut facies hominum in se ostendunt, in quibus etiam imago Filii<br />

hominis uelut in speculo fulget: qui archangeli sunt, etiam in desideriis intellectus sui uoluntatem<br />

Dei attendentes et decorem rationalitatis in se manifestantes, incarnatum Verbum Dei purissime<br />

magnificant; quia ipsi arcana Dei cognoscentes mysteria incarnationis Filii Dei signis suis<br />

multoties praeueniebant».<br />

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