Cum mystica obscuritate - FedOA - Università degli Studi di Napoli ...

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Commento vv. 1-7: O gloriosissimi-saciari Nei versi iniziali dell‟antifona, le schiere angeliche vengono rappresentate come talmente prese dalla contemplazione di Dio da arrivare ad essere parte dello stesso splendore che avvolge la divinità; poste in posizione leggermente subordinata a Dio stesso (infra divinitatem), costituiscono il tramite tra il Signore e gli esseri umani: poiché nel volto degli angeli si riflette ciò che si agita nel cuore degli uomini, che in tal modo diviene noto a Dio; d‟altronde la loro luce, che è manifestazione visibile dell‟essere compartecipi dello splendore divino, vista dal basso, cioè da parte degli esseri umani, riflette verità, a loro note attraverso la contemplazione di Dio, troppo elevate per poter essere comprese attraverso le facoltà razionali, velate dunque da una mystica obscuritas. O gloriosissimi – L‟appellativo gloriosissimi riferito agli angeli riprende chiaramente da un lato l‟immagine, canonica in poesia e soprattutto nella poesia liturgica, della gloria angelorum 1 ; dall‟altro, è un altrettanto chiaro richiamo ad un passo dello Scivias, in cui, al termine della descrizione di una visione delle schiere angeliche, Hildegard spiega come queste glorifichino, appunto gloriosissime, attraverso canti di lode i miracoli operati da Dio 2 . lux uiuens – In diversi passi dello Scivias, gli angeli sono descritti quali lux vivens o viventia lumina, luce divina risonante di canti in gloria di Dio 3 ; ciò poiché, in 1 Cfr. ad es. ODILO carm. 1,13; ALFAN. carm. 39,69; CARM. Cant. 8, 4, v. 6; ma cfr. AH passim. 2 Cfr. Scivias, 1, 6, 11: «Sed hae acies omnes, ut audis, in omne genere musicorum mirabilibus uocibus miracula illa resonant quae Deus in beatis animabus operatur, per quae Deum magnifice glorificant: quia beati spiritus in uirtute Dei maxima gaudia in inenarrabilibus sonis per opera miraculorum illorum in caelestibus proferunt quae Deus in sanctis suis perficit, per quae ipsi Deum gloriosissime magnificant, ubi eum in profunditate sanctitatis exquirunt, laetantes in gaudio salutis, uelut etiam Dauid seruus meus inspector supernorum secretorum testatur dicens». L‟aggettivo gloriosissimus è d‟altronde spesso riferito a diversi aspetti della Redenzione operata dal Cristo, cfr. O uos imitatores, comm. v. 3. 3 Cfr. ad es. Scivias, 2, 6, 4, ll. 383-5: «[…] profundissima deuotione considerando creatori omnium in conspectu uiuentium et ardentium luminum, scilicet supernorum ciuium […]»; 3, 2, 19, ll. 528-31: «Ego omnipotens constitui in initio ardentia et uiuentia lumina, quae lucerent in splendoribus suis; sed quaedam perstiterunt in amore meo, quaedam autem ceciderunt despiciendo me creatorem suum»; ibi 13, 13, ll. 511-6: «Ita et tu, o homo, quae es paupercula et fragilis 47

definitiva, essendo in contemplazione dello splendore divino, sono loro stessi partecipi di tale splendore e riflesso di esso, sicut radius a lumine, come viene spiegato in un passo del Liber divinorum operum 4 . L‟espressione lux vivens sembra d‟altronde richiamare un‟analoga immagine che appare nei libri sapienziali di Giobbe e dei Salmi, quella della lux viventium 5 : in particolare il passo dei Salmi è in effetti interpretato già dai Padri come riferito alla contemplazione divina nel Regno dei cieli 6 . Nella sua descrizione del manifestarsi esteriore della divinità e della contemplazione angelica, come lux vivens, Hildegard mi sembra dunque riprendere – traslandola tuttavia in ambito visionario, indicando cioè tale lux come un‟effettiva percezione del divino che è parte della sua esperienza mistica di visione – un‟immagine già nota all‟esegesi patristica, del Regno dei cieli quale dominio della lux viventium. Per quanto riguarda la poesia, l‟immagine della lux vivens appare già in un carme di Pier Damiani, in cui – probabilmente sulla scorta dell‟immagine di cui supra del Regno dei cieli come lux viventium – il Regno celeste cui aspirare viene descritto appunto, in contrasto con la caduca luce del mondo, come lux manens et vivens 7 . infra diuinitatem – Le schiere angeliche sono descritte come contemplanti Dio da una posizione inferiore rispetto a quella della divinità stessa, poiché gli angeli, pur naturae, audis in symphonia sonum de igneo ardore uirginalis pudoris in amplexibus uerborum florentis uirgae, et sonum de acumine uiuentium luminum in superna ciuitate lucentium […]». 4 Cfr. LDO, 3, 3, 2, ll. 4sqq.: «Et per claritatem, quę ego sum, uiuens lux beatorum angelorum fulminat; quoniam sicut radius a lumine fulget, ita claritas hęc beatis angelis lucet; nec esse debuit quin luceret, sicut nec lux absque fulgore est». 5 Cfr. Iob 33,30, «Ut revocet animas eorumque a corruptione et inluminet luce viventium»; Ps. 55,13, «Quia liberasti animam meam de morte et pedes meos de lapsu ut ambulem coram Deo in luce viventium». 6 Cfr. ad es. HIER. in Is. 11, 38, 10, l. 46: «Regio ergo sanctorum ipsa est, quae appellatur lux uiuentium»; AUG. in psalm. 55, 20, ll. 6-7: «Lumen uiuentium est lumen immortalium, lumen sanctorum. qui non est in tenebris, placet in lumine uiuentium». L‟immagine della lux viventium presente nel libro di Giobbe è invece interpretata da GREG. M. moral. 24, 12, ll. 4-9, in senso morale, come immagine dell‟ispirazione divina nella quale sceglie di vivere colui che disprezza il mondo terreno e si raccoglie invece all‟interno di sé, dove può contemplare la luce divina: «Illuminantur autem luce uiuentium, qui despecto temporali lumine, ad splendorem internae claritatis recurrunt, ut ibi uiuant, ubi uerum lumen sentiendo uideant, ubi non aliud lumen atque aliud uita, sed ubi ipsa lux uita sit, ubi sic nos lux exterius circumscribat, ut interius impleat; sic interius impleat, ut incircumscripta exterius circumscribat». 7 Cfr. PETRUS DAMIANI (?), Carmina, d9, vv. 28-31, «Haec non semper erit neque lux diuturna manebit. | Transit et esse perit, cui cito finis erit. | Semper uiuentem lucem perquire manentem. | Pax, lux, uita tibi certa domus sit ibi». 48

Commento<br />

vv. 1-7: O gloriosissimi-saciari<br />

Nei versi iniziali dell‟antifona, le schiere angeliche vengono rappresentate come<br />

talmente prese dalla contemplazione <strong>di</strong> Dio da arrivare ad essere parte dello stesso<br />

splendore che avvolge la <strong>di</strong>vinità; poste in posizione leggermente subor<strong>di</strong>nata a<br />

Dio stesso (infra <strong>di</strong>vinitatem), costituiscono il tramite tra il Signore e gli esseri<br />

umani: poiché nel volto <strong>degli</strong> angeli si riflette ciò che si agita nel cuore <strong>degli</strong><br />

uomini, che in tal modo <strong>di</strong>viene noto a Dio; d‟altronde la loro luce, che è<br />

manifestazione visibile dell‟essere compartecipi dello splendore <strong>di</strong>vino, vista dal<br />

basso, cioè da parte <strong>degli</strong> esseri umani, riflette verità, a loro note attraverso la<br />

contemplazione <strong>di</strong> Dio, troppo elevate per poter essere comprese attraverso le<br />

facoltà razionali, velate dunque da una <strong>mystica</strong> obscuritas.<br />

O gloriosissimi – L‟appellativo gloriosissimi riferito agli angeli riprende<br />

chiaramente da un lato l‟immagine, canonica in poesia e soprattutto nella poesia<br />

liturgica, della gloria angelorum 1 ; dall‟altro, è un altrettanto chiaro richiamo ad<br />

un passo dello Scivias, in cui, al termine della descrizione <strong>di</strong> una visione delle<br />

schiere angeliche, Hildegard spiega come queste glorifichino, appunto<br />

gloriosissime, attraverso canti <strong>di</strong> lode i miracoli operati da Dio 2 .<br />

lux uiuens – In <strong>di</strong>versi passi dello Scivias, gli angeli sono descritti quali lux vivens<br />

o viventia lumina, luce <strong>di</strong>vina risonante <strong>di</strong> canti in gloria <strong>di</strong> Dio 3 ; ciò poiché, in<br />

1 Cfr. ad es. ODILO carm. 1,13; ALFAN. carm. 39,69; CARM. Cant. 8, 4, v. 6; ma cfr. AH passim.<br />

2 Cfr. Scivias, 1, 6, 11: «Sed hae acies omnes, ut au<strong>di</strong>s, in omne genere musicorum mirabilibus<br />

uocibus miracula illa resonant quae Deus in beatis animabus operatur, per quae Deum magnifice<br />

glorificant: quia beati spiritus in uirtute Dei maxima gau<strong>di</strong>a in inenarrabilibus sonis per opera<br />

miraculorum illorum in caelestibus proferunt quae Deus in sanctis suis perficit, per quae ipsi Deum<br />

gloriosissime magnificant, ubi eum in profun<strong>di</strong>tate sanctitatis exquirunt, laetantes in gau<strong>di</strong>o salutis,<br />

uelut etiam Dauid seruus meus inspector supernorum secretorum testatur <strong>di</strong>cens». L‟aggettivo<br />

gloriosissimus è d‟altronde spesso riferito a <strong>di</strong>versi aspetti della Redenzione operata dal Cristo, cfr.<br />

O uos imitatores, comm. v. 3.<br />

3 Cfr. ad es. Scivias, 2, 6, 4, ll. 383-5: «[…] profun<strong>di</strong>ssima deuotione considerando creatori<br />

omnium in conspectu uiuentium et ardentium luminum, scilicet supernorum ciuium […]»; 3, 2, 19,<br />

ll. 528-31: «Ego omnipotens constitui in initio ardentia et uiuentia lumina, quae lucerent in<br />

splendoribus suis; sed quaedam perstiterunt in amore meo, quaedam autem ceciderunt despiciendo<br />

me creatorem suum»; ibi 13, 13, ll. 511-6: «Ita et tu, o homo, quae es paupercula et fragilis<br />

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