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Cum mystica obscuritate - FedOA - Università degli Studi di Napoli ...

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ma potrebbe derivare da una certa frequentazione, da parte <strong>di</strong> Hildegard, dei testi<br />

dottrinali ed esegetici in prosa, i quali in molti casi erano ricchi <strong>di</strong> clausole del<br />

genere; in tal senso ha forse giocato un ruolo non insignificante l‟uso <strong>di</strong> leggere ad<br />

alta voce e ascoltare brani da tali opere durante le ore dell‟Ufficio <strong>di</strong>vino: la<br />

musicalità del cursus può essere in tal modo <strong>di</strong>venuta a tal punto familiare<br />

all‟orecchio della mistica, che ella, nello scrivere testi pensati per il canto, avrebbe<br />

finito in alcuni casi per riprodurla finanche inconsciamente 11 .<br />

L‟impiego delle figure retoriche, seppure non frequentissimo, è comunque<br />

rilevante. Tra le caratteristiche precipue dello stile poetico <strong>di</strong> Hildegard vi è<br />

indubbiamente il <strong>di</strong>ffuso utilizzo dell‟apostrofe introdotta da O…, che si riscontra<br />

con elevata frequenza in apertura dei carmi o delle strofe; in alcuni casi tale forma<br />

<strong>di</strong> apostrofe è reiterata anche all‟interno della singola strofa, come accade nella<br />

descrizione delle nove schiere angeliche ai vv. 1-15 <strong>di</strong> O uos angeli: o vos angeli<br />

… o vos archangeli .. o vos cherubin et seraphin. Con una certa frequenza sono<br />

impiegate le figure <strong>di</strong> ripetizione, in particolare l‟anafora (si veda ad es. quella <strong>di</strong><br />

et ancora ai vv. 1-15 <strong>di</strong> O uos angeli, o quella <strong>di</strong> et qui ai vv. 4-6 <strong>di</strong> O dulcis<br />

electe), l‟allitterazione (volare voluit, in O gloriosissimi, v. 10; limantem lapidem,<br />

in O uos felices ra<strong>di</strong>ces, v. 8; fortissima fundamenta, in O uos imitatores, v. 13) e<br />

la figura etimologica (in ardore ardentis, in O dulcis electe, v. 2; lucida lucerna,<br />

in O spectabiles uiri, v. 19).<br />

D‟altronde, l‟impiego <strong>di</strong> figure retoriche che consistono nell‟accostamento<br />

<strong>di</strong> elementi <strong>di</strong>vergenti, come l‟ossimoro (lucida umbra, in O spectabiles uiri, v. 5;<br />

perspicua umbra, in O uos felices ra<strong>di</strong>ces, v. 5) e la sinestesia (ignea vox, ibidem,<br />

v. 7; lucem … germinantem, in O spectabiles uiri, vv. 6-7; ra<strong>di</strong>cantis luminis,<br />

ibidem, v. 9; gau<strong>di</strong>is redolentibus et sudantibus, in Vos flores rosarum, vv. 4-5), è<br />

a mio parere un portato inelu<strong>di</strong>bile <strong>di</strong> quell‟intreccio <strong>di</strong> immagini allegoriche <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>versa natura e origine, che è tipico della poetica <strong>di</strong> Hildegard 12 .<br />

11 Sono dunque d‟accordo con la Newman, quando afferma come sia arduo ritenere che Hildegard<br />

abbia volutamente seguito le regole del cursus, nei pochi casi in cui sembrano essere usate (cfr.<br />

SAINT HILDEGARD OF BINGEN, Symphonia, 44-5). Non con<strong>di</strong>vido tuttavia la sua ipotesi – che<br />

sembra anzi contrad<strong>di</strong>toria rispetto alla sua precedente affermazione – riguardo la possibilità che la<br />

mistica abbia invece potuto impiegare in alcuni punti tali clausole in modo consapevole (cfr.<br />

ibidem): non vedo motivo <strong>di</strong> immaginare che la badessa renana, pur padroneggiando le norme del<br />

cursus, abbia tuttavia voluto seguirle solo in modo saltuario.<br />

12 Cfr. infra.<br />

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