Val Tiberina

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lorenz.paul18
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adriana moroni et al., l’alto e medio bacino del tevere bito di un quadro cronologico così ampio. l’analisi dei reperti e del loro contesto stratigrafico permette di stabilire: 1) una cronologia di tutti gli insiemi descritti posteriore al mis 6; 2) la “sincronicità” dei gruppi umani che hanno prodotto le industrie considerate; dove con questo termine non si intende una contemporaneità reale, bensì uno spazio cronologico nel quale perdurano tradizioni tecnologiche, caratteristiche dello strumentario e abitudini territoriali; 3) l’esistenza di “rapporti consistenti” fra la zona altotiberina e l’ambiente umbro-marchigiano indiziati, oltre che da spiccate affinità tecnotipologiche, dai risultati dello studio sulla provenienza delle materie prime. i lavori che si propongono di ricostruire, secondo un autentico approccio territoriale, il comportamento e l’organizzazione in uno spazio geografico dei gruppi umani ad economia predatoria hanno storia piuttosto recente e si basano soprattutto sui dati relativi alla circolazione delle materie prime litiche. 57 in questo campo sono, però, ancora pochi gli studi che affrontano il problema su vasta scala affiancando agli aspetti legati all’approvvigionamento modelli di distribuzione geografica intersite; tali indagini, inoltre, riguardano, almeno per quel che concerne l’europa occidentale, soprattutto il Paleolitico superiore e il mesolitico, periodi nei quali i dati su cui fare affidamento sono in media più consistenti e di natura meno fragile. Un esempio in questa direzione è costituito dal lavoro di j.g. rozoy, 58 relativa alla diffusione demografica durante il maddaleniano superiore europeo; in quest’ambito vengono individuate sedici diverse concentrazioni di siti cui si alternano vaste zone dove compaiono solo rari siti isolati; il modello sembra ripetersi, almeno per quel che riguarda il territorio francese, nella microscala regionale: all’interno delle macro aree vengono distinti, infatti, diversi gruppi di siti separati da distanze di 45-50 km che coprono zone quasi disabitate: “the geographical structure of each group reproduces that of the whole: there are agglomerations of sites, a few km (and sometimes less) apart, and between them there are bare areas which are not always due to material obstacles. the magdalenians would occupy some areas and would raid the others only briefly and rarely”. 59 sebbene non si possa fare a meno di notare che lo schema ricostruito per il maddaleniano presenta analogie con l’attuale distribuzione dei giacimenti altotiberini della toscana (ivi compresa l’area tra Capolona e arezzo) e del Bacino di gubbio, 60 dobbiamo prendere atto del fatto che modelli di questo tipo sono di difficile applicazione al Paleolitico medio di larga parte del territorio italiano principalmente per la mancanza di depositi con cronologia certa e per gli intensi fenomeni erosivi a cui gli stessi sono stati sottoposti nello specifico il record di cui disponiamo si colloca in un arco cronologico assai ampio: più di 50.000 anni separano, infatti, l’inizio dell’Ultimo interglaciale (ca. 130 ka) dagli interstadiali dell’inizio dell’Ultima glaciazione (ca. 70 ka). Per quel che concerne i periodi più antichi ed in particolare il Paleolitico medio è possibile fare riferimento a un volume edito da n. j. Conard e a. delagnes 61 che raccoglie una serie di contributi dal taglio multidisciplinare relativi a ricerche sull’uso del territorio e sulle strategie di sussistenza. 62 anche qui i lavori che si avventurano in analisi di tipo territoriale intersite si avvalgono dei risultati di progetti basati essenzialmente su ricognizioni di superficie di vaste aree che hanno consentito la localizzazione topografica di un gran numero di siti e la loro visione d’insieme. nella fattispecie le indagini condotte dal deutsches archäologisches institut nella regione del khanasiri (giordania settentrionale) 63 hanno portato alla scoperta di poco meno di 100 siti con industrie di tipo Levallois databili tra 130.000 e 71.000 BP, il cui modello di distri- 57) Cfr. ad esempio BenvenUti - FenU 2008; BraCCo 1995; 1996; demars 2005; djindjian et al. 2009; grimaldi 2005; kUHn 1995; negrino - starnini 2005; Peretto - toZZi 2005; roZoY 1992. 58) roZoY 1992. 59) roZoY 1992, p. 70. 60) Un altro lavoro di sintesi che tenta un’interpretazione territoriale su scala regionale con risvolti anche di carattere demografico è quello di stefano grimaldi (grimaldi 2005) sul sauveterriano dell’italia nord-orientale; in questo caso si discutono su basi sostanzialmente etnografiche i dati archeologici noti, ben più circostanziati dei nostri, e le implicazioni legate ai diversi modelli di nomadismo stagionale. 61) Conard - delagnes 2010. 62) sui diversi punti di vista e lo stato delle conoscenze relativamente all’occupazione umana durante l’ultimo interglaciale cfr. anche tUFFreaU - roeBroeks 2002. 63) dietl 2010. www.archeologia.beniculturali.it Reg. Tribunale Roma 05.08.2010 n.30 ISSN 2039 - 0076 196

www.archeologia.beniculturali.it Bollettino di arCHeologia on line ii, 2011/2-3 buzione è caratterizzato dalla presenza di alcune aree nucleari intervallate da zone a bassa densità. 64 tornando al bacino del tevere possiamo osservare, in via conclusiva, che: - nel caso della valtiberina toscana, dove le ricognizioni e le raccolte di superficie si sono prolungate per diversi anni, esistono le condizioni per ritenere che quanto da noi registrato (sia sotto il profilo della distribuzione e delle relative concentrazioni, sia per quanto riguarda le diverse proporzioni numeriche) rispecchi in linea di massima ciò che si è conservato dell’effettivo assetto del popolamento preistorico. sulla base di queste considerazioni e dei risultati delle analisi sull’approvvigionamento delle materie prime possiamo ipotizzare che gruppi neanderthaliani abbiano ripercorso più volte gli stessi itinerari stabilendo i loro accampamenti nelle medesime località, vuoi per la tipologia delle risorse disponibili che per le condizioni climatico - ambientali favorevoli. - nel caso del Bacino di gubbio, se non possono esservi dubbi sulle aggregazioni registrate, il tempo dedicato alle indagini (1983-1987) non pare sufficiente a garantire l’effettiva entità numerica delle industrie raccolte. Probabilmente, se le ricerche si fossero prolungate per un congruo numero di anni, potremmo pensare anche per il territorio eugubino ad un modello di popolamento del tutto analogo a quello dell’alta valtiberina. - Per quel che riguarda il resto del territorio umbro possiamo affermare, per i motivi già enunciati, che esso non soddisfa al momento alcuno dei requisiti necessari a formulare ipotesi attendibili per un modello di popolamento. Considerata la tipologia dei dati raccolti e più in generale le problematiche insite nelle ricerche di tipo territoriale, 65 sarebbe poco prudente spingerci ancora avanti nelle ipotesi in quanto, come si è visto, le variabili che possono aver giocato un ruolo determinante nel quadro attuale delle testimonianze sono comunque molte e non tutte identificabili e valutabili nella loro interezza. tuttavia, nonostante la presenza di questo potente “rumore di fondo”, sembra opportuno sottolineare che dal punto di vista puramente numerico i siti considerati costituiscono una documentazione consistente; l’aver creato, dunque, una mappa topografica di tutte le località note ed averla posta in relazione, quando possibile, con i dati geomorfologici, paleo ambientali e crono tipologici, contribuendo all’identificazione di quello che con laure dubreuil 66 potremmo definire un “territoire latent”, costituisce senz’altro un primo passo per muovere verso ulteriori e più approfondite ricerche. *dipartimento di scienze ambientali “g.sarfatti” Unità di ricerca di ecologia Preistorica – Università di siena moroni@unisi.it saramancia@hotmail.it ** dipartimento di scienze della terra – Università di Perugia abaldanza@unipg.it *** dipartimento di scienze della terra – Università di siena coltorti@unisi.it pieruccini@unisi.it **** soprintendenza per i Beni archeologici dell’Umbria mariacristina.deangelis@beniculturali.it 64) si deve, però, precisare che in questo caso le distanze che separano le concentrazioni di siti non superano i 10 km. 65) Per una disamina attenta e dettagliata dei problemi metodologici e delle carenze per così dire fisiologiche legate all’affidabilità della documentazione archeologica in questo campo delle ricerca cfr. BraCCo 2005. 66) dUBreUil 1995; BraCCo 2005. Reg. Tribunale Roma 05.08.2010 n.30 ISSN 2039 - 0076 197

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Bollettino di arCHeologia on line ii, 2011/2-3<br />

buzione è caratterizzato dalla presenza di alcune aree nucleari intervallate da zone a bassa densità.<br />

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tornando al bacino del tevere possiamo osservare, in via conclusiva, che:<br />

- nel caso della valtiberina toscana, dove le ricognizioni e le raccolte di superficie si sono prolungate<br />

per diversi anni, esistono le condizioni per ritenere che quanto da noi registrato (sia sotto<br />

il profilo della distribuzione e delle relative concentrazioni, sia per quanto riguarda le diverse<br />

proporzioni numeriche) rispecchi in linea di massima ciò che si è conservato dell’effettivo assetto<br />

del popolamento preistorico. sulla base di queste considerazioni e dei risultati delle analisi sull’approvvigionamento<br />

delle materie prime possiamo ipotizzare che gruppi neanderthaliani abbiano<br />

ripercorso più volte gli stessi itinerari stabilendo i loro accampamenti nelle medesime<br />

località, vuoi per la tipologia delle risorse disponibili che per le condizioni climatico - ambientali<br />

favorevoli.<br />

- nel caso del Bacino di gubbio, se non possono esservi dubbi sulle aggregazioni registrate, il<br />

tempo dedicato alle indagini (1983-1987) non pare sufficiente a garantire l’effettiva entità numerica<br />

delle industrie raccolte. Probabilmente, se le ricerche si fossero prolungate per un congruo<br />

numero di anni, potremmo pensare anche per il territorio eugubino ad un modello di popolamento<br />

del tutto analogo a quello dell’alta valtiberina.<br />

- Per quel che riguarda il resto del territorio umbro possiamo affermare, per i motivi già enunciati,<br />

che esso non soddisfa al momento alcuno dei requisiti necessari a formulare ipotesi attendibili<br />

per un modello di popolamento.<br />

Considerata la tipologia dei dati raccolti e più in generale le problematiche insite nelle<br />

ricerche di tipo territoriale, 65 sarebbe poco prudente spingerci ancora avanti nelle ipotesi in<br />

quanto, come si è visto, le variabili che possono aver giocato un ruolo determinante nel quadro<br />

attuale delle testimonianze sono comunque molte e non tutte identificabili e valutabili nella loro<br />

interezza. tuttavia, nonostante la presenza di questo potente “rumore di fondo”, sembra opportuno<br />

sottolineare che dal punto di vista puramente numerico i siti considerati costituiscono una<br />

documentazione consistente; l’aver creato, dunque, una mappa topografica di tutte le località<br />

note ed averla posta in relazione, quando possibile, con i dati geomorfologici, paleo ambientali<br />

e crono tipologici, contribuendo all’identificazione di quello che con laure dubreuil 66 potremmo<br />

definire un “territoire latent”, costituisce senz’altro un primo passo per muovere verso ulteriori<br />

e più approfondite ricerche.<br />

*dipartimento di scienze ambientali “g.sarfatti”<br />

Unità di ricerca di ecologia Preistorica – Università di siena<br />

moroni@unisi.it<br />

saramancia@hotmail.it<br />

** dipartimento di scienze della terra – Università di Perugia<br />

abaldanza@unipg.it<br />

*** dipartimento di scienze della terra – Università di siena<br />

coltorti@unisi.it<br />

pieruccini@unisi.it<br />

**** soprintendenza per i Beni archeologici dell’Umbria<br />

mariacristina.deangelis@beniculturali.it<br />

64) si deve, però, precisare che in questo caso le distanze che separano le concentrazioni di siti non superano i 10 km.<br />

65) Per una disamina attenta e dettagliata dei problemi metodologici e delle carenze per così dire fisiologiche legate all’affidabilità<br />

della documentazione archeologica in questo campo delle ricerca cfr. BraCCo 2005.<br />

66) dUBreUil 1995; BraCCo 2005.<br />

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