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Val Tiberina

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nelle pubblicazioni relative al Paleolitico inferiore-medio 45 dell’italia centrale viene privilegiata<br />

in genere la prima ipotesi e si tende ad identificare, nel predominio/presenza esclusiva<br />

dell’una o dell’altra componente, facies differenti dell’acheuleano finale più o meno coeve: la<br />

zona padano-alto adriatica (all’interno della quale vengono inserite anche le industrie altotiberine)<br />

avrebbe ospitato un aspetto caratterizzato dallo sviluppo di un’abbondante industria su<br />

scheggia di tecnica Levallois, mentre l’area tirrenica si sarebbe distinta per uno strumentario di<br />

tipo tayacoide o pre-laquinoide.<br />

in mancanza, a tutt’oggi, di dati crono-stratigrafici di riferimento, la questione è destinata<br />

a rimanere ancora irrisolta. Ci preme, tuttavia, sottolineare alcune “coincidenze” tecnologiche<br />

che affiorano dalla comparazione dei complessi esaminati: al maggiore sviluppo degli elementi<br />

Quina si associa, infatti, di regola, un materiale di dimensioni all’origine più piccole - con relativi<br />

prodotti di formato mediamente inferiore - e uno sfruttamento talora esasperato di nuclei<br />

e strumenti anche nel campo della produzione Levallois, pur sempre presente; sulla scorta di<br />

queste osservazioni non si può escludere – con stretto riferimento al periodo e all’area geografica<br />

di cui ci stiamo occupando – che l’adozione di un sistema operativo piuttosto che di un altro<br />

possa essere stata almeno in parte quantitativamente influenzata da fattori contingenti, fra i quali<br />

l’abbondanza e/o le dimensioni e/o la qualità della materia prima di volta in volta reperibile sul<br />

posto. 46 Che il problema materia prima non sia l’unico agente in gioco è comunque dimostrato<br />

dai risultati emersi dallo studio sulla provenienza della selce altotiberina - in contesti dunque a<br />

bassa incidenza Quina - che ha messo in luce un elevato utilizzo di materiali raccolti lontano<br />

dai siti. se confermata, 47 la notevole percentuale di risorse litiche alloctone, classificabili ancora<br />

come circumlocali 48 (fig.16) ma le cui fonti si situano a distanze ben superiori ai 20 km in linea<br />

16. alta valtiBerina tosCana. areale di aPProvvigionamento delle materie Prime litiCHe Con<br />

l’indiCaZione delle PrinCiPali direttriCi di ProvenienZa delle selCi alloCtone (in rosso: sCaglia<br />

rossa ; in verde: CalCari a Posidonia)<br />

www.archeologia.beniculturali.it<br />

Bollettino di arCHeologia on line ii, 2011/2-3<br />

45) Palma di Cesnola 1984; Palma di Cesnola 1996; Palma di Cesnola 2001; Broglio 1998; galiBerti 1980-81; 1982;<br />

martini - volante 1995.<br />

46) a questo proposito si può citare l’industria litica del Paleolitico medio di abeto di norcia che non è stata conteggiata nel<br />

presente studio perché si trova al di fuori dell’area geografica considerata. Qui l’ampia disponibilità di materia prima di buona<br />

qualità dovuta alla presenza di noduli di selce affioranti avrebbe creato le condizioni per una complessiva minor attenzione nei<br />

confronti del risparmio di materiale, producendo un’industria con pezzi meno trasformati ed esemplari Quina assai rari.<br />

47) Per il momento è stato esaminato in modo esaustivo solo il giacimento di Casa monti.<br />

48) vengono considerate locali le materie prime provenienti da fonti situate entro un raggio di 5 km, circumlocali quelle comprese<br />

entro un raggio di 50 km ed esotiche quelle reperibili a distanze maggiori di 50 km (Bietti 2005).<br />

Reg. Tribunale Roma 05.08.2010 n.30 ISSN 2039 - 0076<br />

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