Prospezioni geofisiche - Treccani

Prospezioni geofisiche - Treccani Prospezioni geofisiche - Treccani

22.06.2013 Views

ESPLORAZIONE PETROLIFERA la verticale (mezzo trasversalmente isotropo), che porta a valori di velocità orizzontali superiori a quelli verticali (trasversali alla stratificazione). Rilevamento sismico a rifrazione Il metodo a rifrazione è stato il primo a essere impiegato nell’esplorazione sismica dei giacimenti petroliferi, con lo scopo di individuare l’estensione del tetto dei duomi salini negli Stati meridionali degli USA, ma anche l’andamento di estese formazioni geologiche costituenti la copertura di serbatoi di olio in Iran, negli anni Venti del 20° secolo. Attualmente viene preferito il metodo a riflessione perché fornisce una maggiore quantità di informazioni sotto forma di immagini. L’industria petrolifera utilizza la sismica a rifrazione unicamente per lo studio degli strati più superficiali, in particolare nei rilievi terrestri, al fine di correggere la loro influenza sui tempi di propagazione degli eventi riflessi a causa dell’estrema variabilità in spessori e velocità che li caratterizzano e che possono deformare la rappresentazione in tempo degli orizzonti profondi nella sezione (x, t). Gran parte della qualità delle sezioni sismiche dipende infatti dalla buona valutazione delle correzioni statiche. Esistono altre situazioni per le quali la sola riflessione non può fornire risultati univoci: è il caso, per esempio, di molte prospezioni marine nelle quali si fa uso di OBS (Ocean Bottom Seismometres) e di riflessioni a grande angolo e delle rifrazioni collegate. L’interpretazione si effettua analizzando eventi a riflessione totale, a distanze dalla sorgente dipendenti dall’angolo critico di incidenza sull’interfaccia esplorata, e osservando le rifrazioni dalla stessa interfaccia; questa sarà caratterizzata dalle ampiezze delle riflessioni a grande angolo e dalle velocità ottenute dalle dromocrone secondo il metodo a rifrazione. La velocità di propagazione delle onde sismiche all’interno dei corpi rocciosi è dell’ordine di poche centinaia di ms per gli strati superficiali e di alcune migliaia di ms per i livelli in profondità, ove i pori sono saturati in acqua (tavola d’acqua). Nell’acqua la velocità è di 1.500 ms, nei sedimenti compattati sale rapidamente con la profondità a 2.000 m/s e supera spesso i 3.000 ms. Le formazioni carbonatiche hanno velocità dell’ordine dei 5.000 ms: 5.800 per le dolomie e fino a più di 6.000 ms per le anidriti. Il basamento cristallino ha velocità di circa 6.000 ms, le rocce basiche della crosta inferiore raggiungono i 7.000 ms, mentre 8.000 ms è la velocità alla base della crosta inferiore, tetto del mantello superiore. Nel metodo sismico a rifrazione si considerano le onde criticamente rifratte con energia che è trasportata come onda di testa all’interfaccia fra un mezzo più veloce e uno strato sovrastante più lento. Ogni punto dell’interfaccia può ritrasmettere energia al mezzo più lento. Una spiegazione semplice del meccanismo è data dal principio di Huygens, che afferma che ogni punto di un fronte d’onda rappresenta una sorgente secondaria di onde sferiche e che il successivo fronte d’onda è formato dall’inviluppo di tutte le onde sferiche così generate. Si chiamano dromocrone le curve in un diagramma (x, t), luogo dei punti corrispondenti ai primi arrivi su sismogrammi distribuiti incrementando la distanza x. Le dromocrone mettono in evidenza le onde dirette e gli arrivi rifratti da interfacce che separano sempre strati con velocità maggiore di quelli sovrastanti. In fig. 17 è mostrata un’onda P incidente su un’interfaccia con angolo critico a c . Il punto di impatto diventa sorgente di una nuova onda che si propaga nel mezzo 1 con velocità V 1 e nel mezzo 2 con velocità V 2 , più elevata. Nello stesso intervallo di tempo D t i percorsi nei due mezzi sono diversi ma l’energia generata all’interfaccia costruisce un fronte d’onda che, rilevato in superficie da un’appropriata distribuzione di geofoni (G), permette di valutare la pendenza 1V nel grafico ove sono tracciate le dromocrone (in figura, quella delle onde dirette e quella delle onde rifratte dall’interfaccia). L’estrapolazione dell’onda rifratta fino all’incidenza con l’asse dei tempi fornisce il parametro t i (tempo intercetto) con cui si calcola lo spessore h dello strato indagato: ht i V 1 2cosa c . Problemi sorgono quando l’interfaccia è pendente e la velocità misurata sulla dromocrona risulta solo apparente, oppure quando vi sono più interfacce che si intendono 260 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI t t i S G h z α c 1 V 2 α c 1 V 1 V 1 • ∆t V 2 • ∆t fig. 17. Rifrazione a un’interfaccia. 1 2 x x

isolvere e quando la morfologia delle interfacce non è più uniforme. In questi casi si deve ricorrere a più scoppi, a profili continui, a scoppi fuori linea per avere ridondanza di dati e coprire tutte le posizioni dei geofoni che possono ricevere eventi dal rifrattore indagato e provenienti da scoppi coniugati. In fig. 18 sono illustrate le curve tempodistanza tipiche per rifrazioni da una superficie pendente che separa due mezzi con velocità V 2 V 1 . Gli eventi rifratti in questo caso non si allineano secondo velocità reali, ma secondo velocità apparenti definite dall’inclinazione diversificata dei tratti di dromocrona, legata all’angolo di pendenza della superficie, alla velocità V 2 e alla direzione di propagazione del segnale (da B verso A, o viceversa). Solo le onde dirette sono individuate da pendenze reali 1V 1 . L’inversione dei dati osservati per ottenere il modello in profondità è un processo laborioso, ma risolvibile con due scoppi coniugati (A e B) agli estremi della base di registrazione e con la valutazione delle pendenze apparenti delle dromocrone. Si possono infatti ricostruire l’angolo di incidenza critica i c sen 1 (V 1 V 2 ), la pendenza dell’interfaccia a, le profondità h A e h B . Se il rifrattore non è piano, è necessario eseguire dei veri e propri profili a rifrazione, muovendo stendimenti e sorgenti. L’interpretazione si complica quando sono presenti più rifrattori, talvolta ognuno con una propria pendenza. Si può procedere risolvendo la conversione in profondità per il primo rifrattore e da questo, preso come nuovo riferimento, si passa al secondo e così via. In conclusione anche la sismica a rifrazione richiede metodi di elaborazione e di interpretazione mediante modellistica più o meno complessa (Telford et al., 1990), basata essenzialmente sulla ridondanza dei dati osservabili; ciò può favorire anche l’applicazione, sempre più comune, di tecniche tomografiche per la restituzione diretta delle strutture velocità-profondità. t t i,A hA ic V1 1 V 1 A B V 2 fig. 18. Strato pendente e scoppi coniugati. VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO i c α t i,B h B x x sorgente S 1 S 2 S 3 S 4 l i3 S5 S6 S7 l i7 l i6 S9 S10 S11 S12 l i9 l i10 PROSPEZIONI GEOFISICHE l i4 In tomografia si utilizza il parametro slowness: s(x) 1V(x), che viene introdotto nel modello che descrive il mezzo. Il modello è suddiviso in celle, più o meno regolari, caratterizzate ognuna dal suo parametro s(x). La misura dei tempi di arrivo t sarà funzione della distribuzione delle velocità, l’incognita del problema, e il raggio, nel suo percorso dalla sorgente al ricevitore (fig. 19), è controllato a ogni limite della cella dalla legge di Snell ovvero dal principio di Fermat, perché i raggi si propagano secondo il cammino l che percorrono nel tempo più breve. Il tempo di percorrenza è t i S j l ij s j (con riferimento alla fig. 19, j va da 1 a 16); in termini matriciali tale relazione si scrive: tL s, ovvero: sL 1 t. Poiché L non è invertibile e dipende da s, il problema non è lineare. Con metodi iterativi e varie approssimazioni si può tuttavia trovare la soluzione. Questo schema di procedura è applicabile anche a eventi riflessi, sempre al fine di ottenere una distribuzione velocità-profondità. In fig. 20 sono rappresentate le dromocrone e la successiva elaborazione tomografica per un profilo a rifrazione: il caso si riferisce a uno stendimento di 24 tracce con geofoni singoli a distanza di 2 m, energizzazione con cannoncino esplodente pallottole in pozzetti di qualche decina di centimetri, scoppi anche fuori dallo stendimento, ma in linea con esso, per una maggiore ridondanza nei dati rifratti in profondità. Le celle sono quadrati di 1 m per 1 m e le velocità rilevate sono rappresentate mediante un pannello di colori. Sono sovraimposti i percorsi fatti da una selezione di raggi che muovono dai punti sorgente e vengono rifratti in funzione delle profondità raggiunte e degli angoli di incidenza e trasmissione definiti dai contrasti di velocità. Il tracciamento dei raggi serve a rappresentare la copertura delle celle e la significatività dell’inversione. La posizione dei punti di scoppio è ben individuata e corrisponde ai punti di partenza dei raggi in superficie. La natura del terreno è rappresentata da flysch eocenico con materiali alterati marnoso-arenacei, da terreno agricolo in prossimità S 8 S 13 S 14 S 15 S 16 fig. 19. Percorso del raggio dalla sorgente al ricevitore attraverso un mezzo suddiviso in celle. ricevitore 261

ESPLORAZIONE PETROLIFERA<br />

la verticale (mezzo trasversalmente isotropo), che porta<br />

a valori di velocità orizzontali superiori a quelli verticali<br />

(trasversali alla stratificazione).<br />

Rilevamento sismico a rifrazione<br />

Il metodo a rifrazione è stato il primo a essere impiegato<br />

nell’esplorazione sismica dei giacimenti petroliferi,<br />

con lo scopo di individuare l’estensione del tetto dei<br />

duomi salini negli Stati meridionali degli USA, ma anche<br />

l’andamento di estese formazioni geologiche costituenti<br />

la copertura di serbatoi di olio in Iran, negli anni Venti<br />

del 20° secolo.<br />

Attualmente viene preferito il metodo a riflessione<br />

perché fornisce una maggiore quantità di informazioni<br />

sotto forma di immagini. L’industria petrolifera utilizza<br />

la sismica a rifrazione unicamente per lo studio degli<br />

strati più superficiali, in particolare nei rilievi terrestri,<br />

al fine di correggere la loro influenza sui tempi di propagazione<br />

degli eventi riflessi a causa dell’estrema variabilità<br />

in spessori e velocità che li caratterizzano e che<br />

possono deformare la rappresentazione in tempo degli<br />

orizzonti profondi nella sezione (x, t). Gran parte della<br />

qualità delle sezioni sismiche dipende infatti dalla buona<br />

valutazione delle correzioni statiche.<br />

Esistono altre situazioni per le quali la sola riflessione<br />

non può fornire risultati univoci: è il caso, per esempio,<br />

di molte prospezioni marine nelle quali si fa uso di<br />

OBS (Ocean Bottom Seismometres) e di riflessioni a<br />

grande angolo e delle rifrazioni collegate. L’interpretazione<br />

si effettua analizzando eventi a riflessione totale,<br />

a distanze dalla sorgente dipendenti dall’angolo critico<br />

di incidenza sull’interfaccia esplorata, e osservando le<br />

rifrazioni dalla stessa interfaccia; questa sarà caratterizzata<br />

dalle ampiezze delle riflessioni a grande angolo e<br />

dalle velocità ottenute dalle dromocrone secondo il metodo<br />

a rifrazione.<br />

La velocità di propagazione delle onde sismiche<br />

all’interno dei corpi rocciosi è dell’ordine di poche centinaia<br />

di ms per gli strati superficiali e di alcune migliaia<br />

di ms per i livelli in profondità, ove i pori sono saturati<br />

in acqua (tavola d’acqua). Nell’acqua la velocità è di<br />

1.500 ms, nei sedimenti compattati sale rapidamente con<br />

la profondità a 2.000 m/s e supera spesso i 3.000 ms.<br />

Le formazioni carbonatiche hanno velocità dell’ordine<br />

dei 5.000 ms: 5.800 per le dolomie e fino a più di 6.000<br />

ms per le anidriti. Il basamento cristallino ha velocità<br />

di circa 6.000 ms, le rocce basiche della crosta inferiore<br />

raggiungono i 7.000 ms, mentre 8.000 ms è la<br />

velocità alla base della crosta inferiore, tetto del mantello<br />

superiore.<br />

Nel metodo sismico a rifrazione si considerano le<br />

onde criticamente rifratte con energia che è trasportata<br />

come onda di testa all’interfaccia fra un mezzo più veloce<br />

e uno strato sovrastante più lento. Ogni punto dell’interfaccia<br />

può ritrasmettere energia al mezzo più lento.<br />

Una spiegazione semplice del meccanismo è data dal<br />

principio di Huygens, che afferma che ogni punto di un<br />

fronte d’onda rappresenta una sorgente secondaria di<br />

onde sferiche e che il successivo fronte d’onda è formato<br />

dall’inviluppo di tutte le onde sferiche così generate.<br />

Si chiamano dromocrone le curve in un diagramma<br />

(x, t), luogo dei punti corrispondenti ai primi arrivi su<br />

sismogrammi distribuiti incrementando la distanza x. Le<br />

dromocrone mettono in evidenza le onde dirette e gli<br />

arrivi rifratti da interfacce che separano sempre strati con<br />

velocità maggiore di quelli sovrastanti.<br />

In fig. 17 è mostrata un’onda P incidente su un’interfaccia<br />

con angolo critico a c . Il punto di impatto diventa<br />

sorgente di una nuova onda che si propaga nel mezzo 1<br />

con velocità V 1 e nel mezzo 2 con velocità V 2 , più elevata.<br />

Nello stesso intervallo di tempo D t i percorsi nei<br />

due mezzi sono diversi ma l’energia generata all’interfaccia<br />

costruisce un fronte d’onda che, rilevato in superficie<br />

da un’appropriata distribuzione di geofoni (G), permette<br />

di valutare la pendenza 1V nel grafico ove sono<br />

tracciate le dromocrone (in figura, quella delle onde dirette<br />

e quella delle onde rifratte dall’interfaccia). L’estrapolazione<br />

dell’onda rifratta fino all’incidenza con l’asse<br />

dei tempi fornisce il parametro t i (tempo intercetto)<br />

con cui si calcola lo spessore h dello strato indagato:<br />

ht i V 1 2cosa c .<br />

Problemi sorgono quando l’interfaccia è pendente e la<br />

velocità misurata sulla dromocrona risulta solo apparente,<br />

oppure quando vi sono più interfacce che si intendono<br />

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