Dinamiche insediative nel territorio dei Colli Euganei dal Paleolitico ...

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Si presentano in questo contributo i risultati delle analisi condotte su due lotti faunistici recentemente raccolti nell'ambito di stratificazioni del Neolitico recente III fase della cultura dei Vasi a Bocca Quadrata, a Monselice Via Valli e Maserà Via Bolzani (PD). I siti si trovano a sud di Padova, in un caso direttamente a ridosso dei Colli Euganei (Monselice) e in un caso in piena pianura, poco a oriente dei medesimi (Maserà). Tabella 1: Composizione della Fauna per NR (=Numero dei Resti), G (= peso) e NMI (= Numero Minimo di Individui) Umberto Tecchiati* I resti faunistici del Neolitico recente (III fase VBQ) di Maserà e Monselice (Padova). *Ufficio Beni archeologici Soprintendenza Provinciale ai Beni Culturali di Bolzano Alto Adige, Via A. Diaz, 8, 39100 BOLZANO e-mail: umberto.tecchiati@provincia.bz.it MaserààMonselice NR G NMI NR G NMI Bue 180 (44,2%) 2610,46 (77,8%) 3 (30%) 133 (57,6%) 3003,23 (84,5%) 4 (44%) Capra e pecora 103 (25,3%) 226,53 (6,8%) 4 (40%) 49 (21,2%) 152,7 (4,3%) 2 (22,2%) Capra 1 (0,2%) 2,03 (0,06%) - - - - Pecora 13 (3,2%) 280,76 (8,4%) - 2 (0,9%) 45,76 (1,3%) - Maiale 85 (20,9%) 348,09 (10,4%) 3 (30%) 44 (19,0%) 330,51 (9,3%) 3 (33%) Cervo* 8 (1,1%) 67,11 (2,0%) 1 2 (0.9%) 5,21 (0,1%) 1 Cinghiale - - - 1 (0,4%) 16,73 (0,5%) 1 Capriolo 7 (1,7%) 27,79 (0,8%) 2 - - - Castoro 1 (0,2%) 1,63 (0,05%) 1 - - - Lepre 1 (0,2%) 0,77 (0,02%) 1 - - - Uccelli 4 (0,1%) 1,64 (0,05%) 1 - - - Tartaruga 3 (0,7%) 6,82 (0,82%) 1 - - - Totale determinati 407 3347,93 17 231 3554,14 11 ND 1347 (76,8%) 1477,26 (30,6%) - 230 496,27 - Totale generale 1754 4825,19 17 461 4050,41 11 * comprensivo dei palchi, che sono 6 a Maserà e 1 Monselice. I reperti oggetto di questo contributo provengono, nel caso di Monselice, dal riempimento (US 180, US 165a, 165b) di una fossa di m 3 di larghezza e profondità residua di cm 30, ricca di resti ceramici e selci disposti di piatto. Nel caso di Maserà, invece, i resti faunistici erano contenuti nei riempimenti (US 111, 117, 119, 121, 123) di varie fosse di forma e dimensioni diverse, interpretate generalmente come strutture di scarico. Solo poco meno del 10% dei resti di Maserà proviene da uno strato antropico contenente carboni, ceramica, selce etc. (US 103). I resti faunistici si presentano mediamente molto frammentari (peso medio a Maserà: 2,7g; Monselice 8,8 g) e sono quindi per lo più non determinabili (ND di Maserà: 76,8%; Monselice 49,9%, ciò che prova anche l'accuratezza della raccolta). In entrambi i siti i reperti, che si presentano di colore bruno chiaro-giallastro, sono alquanto fragili e mostrano superfici polverulente, ma comunque in discreto stato di conservazione. Modificazioni da weathering non sono state osservate. Poco più dell'1% dei reperti di Maserà, e il 3,4% di quelli di Monselice, è combusto o calcinato. Tagli lasciati da strumenti per le operazioni di trattamento delle carcasse (macellazione, spellatura, disarticolazione etc.) sono raramente osservabili, ma comunque presenti. Un punteruolo tratto da una scheggia di palco di cervo da Monselice, e inoltre una massiccia punta su diafisi di ulna di bue (Fig. 2) e un punteruolo tratto da scheggia diafisaria non determinabile da Maserà compongono il quadro dell'industria su materia dura animale reperita durante lo studio in laboratorio dei resti faunistici. Merita osservare che i lotti faunistici analizzati sono, per quantità di resti determinati e per conservazione complessiva, ben lungi dal rispondere agli standards qualitativi richiesti alle faune archeologiche per osservazioni di dettaglio. Si può generalmente assumere che quantità di determinati inferiori alle mille unità siano insufficienti dal punto di vista statistico e che i dati ricavabili siano esposti al rischio della casualità e della aleatorietà. In particolare il conteggio del Numero Minimo di Individui (NMI) ha dovuto basarsi esclusivamente sul calcolo delle coppie di parti anatomiche omogenee, dal momento che in entrambi i siti denti sciolti e mandibole sono complessivamente poco rappresentati o inutilizzabili (es. i premolari negli erbivori) e sono pertanto inadeguati alla bisogna. Stesso discorso per la determinazione della c.d. age e sex ratio, condotta essenzialmente sui coxali e sui metapodi nel caso del bue, sui coxali nel caso dei caprini, e sui canini nel caso del maiale. Come si evince dalla tabella 1, che riassume i dati sulla composizione dei due lotti faunistici, la struttura complessiva delle faune e quindi delle relative economie può dirsi sostanzialmente analoga. In entrambi i siti il bue è l'animale maggiormente documentato, con percentuali che oscillano tra il 44,2% (47,1% se calcolato sui soli animali domestici) e il 57,6%. A Monselice è possibile che l'esiguo numero di reperti determinati (231, solo la metà del campione totale), possa avere portato a una sovrarappresentazione casuale del bue; tuttavia è da notare che molte schegge di diafisi non determinate potrebbero indicativamente riferirsi appunto al bue, sicché la schiacciante prevalenza di questo animale deve probabilmente considerarsi, almeno a livello statistico, e con riferimento a un lotto estremamente esiguo, realistica. Si tratta di percentuali importanti, che possono riferirsi a comunità pienamente agricole e stanziali, almeno in senso relativo. A una presenza così massiccia del bue deve avere corrisposto così un paesaggio agrario ampiamente caratterizzato da campi coltivati e pascoli. Nel NMI il bue è proporzionalmente più importante a Monselice (44% dei domestici) che a Maserà (30%), mentre il peso rende ragione dell'importanza di questo ruminante sia a Monselice (84,05%) che a Maserà (77,8%). Ciò ne fa il più importante fornitore di carne e di forza lavoro dei siti studiati. Da tutti i punti di vista, quindi, le nostre faune sono ampiamente dominate dal bue. Per quanto riguarda il rapporto tra giovani e adulti a Monselice sembrano prevalenti gli adulti, mentre a Maserà la determinazione della age ratio, impossibile a partire dai denti, mostra, alla luce dello studio della fusione delle articolazioni, un tendenziale equilibrio tra animali adulti e animali giovani, con forse una quota leggermente maggiore di questi ultimi. Quanto alla sex ratio sono stati documentati due individui maschili e due femmine a Monselice, e due femmine a Maserà. La capra e la pecora sono presenti nei due siti con percentuali nel NR che oscillano tra 22 e 25%. La capra è presente con certezza solo a Maserà, ma non vi è motivo per non supporla presente anche a Monselice, benché non documentata tra i reperti adatti a una distinzione tra i generi Capra e Ovis. Nel NMI i caprini sembrano prevalere sul bue solo a Maserà (40%): a Monselice il rapporto tra bue e caprini è pari a 4:2. Ciò potrebbe presentare un certo interesse, perché il contesto ambientale sembrerebbe meglio adatto ai caprini a Monselice che non a Maserà, ma giova rammentare che disponiamo di quantità di reperti relativamente esigue, e pertanto esposte a distorsioni statistiche di un certo rilievo. Se disponessimo tuttavia di maggiori quantità di reperti, e il dato si confermasse, bisognerebbe pensare che alla base di composizioni come quella di Monselice stiano scelte di tipo culturale ovvero, più probabilmente, dettate dalla necessità di aprire nuovi spazi all'agricoltura. Un'agricoltura pioniera abbisogna in generale di un maggiore apporto di forza lavoro nel dissodamento e quindi di animali da coinvolgere in ciò. Tra i caprini sembrano documentati a Monselice solo animali adulti, mentre a Maserà sono al contrario documentati prevalentemente animali giovani o addirittura perinatali: 4 calcanei su 6 sono molto giovani (almeno 2 perinatali); di tre coxali due hanno aspetto da giovane a molto giovane; su 7 femori, tre sono giovani (1 perinatale, una distale aperta, una prossimale aperta); 1 metacarpo distale non saldato, 1 metacarpo adulto (misurato); 1 radio molto giovane; 1 scapola giovane. Sulla sex ratio non è stato possibile raccogliere alcun dato. Non molto inferiore a quella dei caprini è infine la percentuale del maiale, che nel NR si attesta intorno al 20%. Nel NMI esso raggiunge il 30% sia a Monselice che a Maserà; stesso equilibrio intorno al 10% in entrambi i siti per quanto riguarda il peso. L'allevamento del maiale, e il posto che gli spetta in rapporto agli altri animali, sembra quindi abbastanza codificato a livello culturale, almeno in quest'area e in questo momento storico. La notevole presenza di questo animale, utile soltanto da morto, si spiega tra l'altro con ampie possibilità di pascolamento semibrado in un contesto ambientale in cui il bosco ceduo (querceto, faggeta) doveva rivestire un'importanza non secondaria. Tale modalità di allevamento sarebbe forse indirettamente suggerita anche dalle notevoli dimensioni (v. infra) riscontrate in entrambi i siti, che lascerebbero a loro volta aperta l'eventualità di incroci non pianificati (?) con cinghiali della stessa area. La sex ratio mostra a Monselice due (forse 3) femmine e un maschio, a Maserà una femmina. Come è lecito attendersi quasi in ogni epoca e in ogni cultura, il maiale è rappresentato prevalentemente da animali giovani o subadulti. Così a Monselice disponiamo di 7 reperti riferibili a individui giovani, e 3 (4) ad adulti, mentre a Maserà dei 16 reperti che si prestavano a valutazioni sull'età, 12 erano da molto giovani a giovani. Il maggior numero di determinabili riscontrato a Maserà, rispetto a Monselice, ha consentito di documentare numerose altre specie che, se del tutto insignificanti sotto il profilo economico, si prestano tuttavia ad interessanti osservazioni di tipo ambientale. Il cervo è presente in entrambi i siti, e così probabilmente il cinghiale, anche se esso è relativamente più sicuro a Monselice. Presenti solo a Maserà sono il capriolo, il castoro, la lepre e almeno un anseriforme (cfr. Aythya sp., probabilmente la moretta aeurasiatica). Pochi frammenti di carapace attestano la presenza di Emys orbicularis, la tartaruga d'acqua dolce. A giudicare dalla varietà di specie di Maserà si deve supporre che i dintorni del sito fossero caratterizzati da habitat adatti alle specie che prediligono le coperture forestali anche cedue (cervo, capriolo, cinghiale, e certo anche il maiale). La presenza di ambienti umidi quali corsi d'acqua a bassa energia o stagni sembra indiziata da specie tipiche di questi ambienti come il castoro, la tartaruga d'acqua dolce e il citato anseriforme. Le misure, per qauanto non molto numerose consentono un primo apprezzamento delle dimensioni degli animali. Il bue di Monselice presenta astragali la cui lunghezza laterale (GLl) media (su 4 esemplari) di mm 67,5. È tuttavia da osservare che potevano esservi individui anche significativamente più grandi (mm. 71,7). La media di 67,5 corrisponde abbastanza bene alla media di Colombare di Negrar (VR) descritta da Riedel 1986, pari a 67,2. Medie più alte si avranno solo in età romana, ad Altino, con astragali che presentano lunghezze laterali pari a 71,5. A Colombare l'altezza al garrese dei buoi è stimata intorno a cm. 116. Si tratta quindi di buoi di dimensioni medio-grandi, che localmente non avranno alcun seguito nelle epoche successive e saranno sostituite da forme nettamente e progressivamente più piccole. A Maserà la larghezza di una tibia distale (Bd) misura 64,0, dove la media di Colombare è pari a 60,6. Si tratterebbe quindi di buoi potenzialmente simili o forse solo un po' più grandi di quelli di Colombare che rappresentano, allo stato attuale, i buoi più grandi nella preistoria dell'Italia settentrionale. La lunghezza periferica della prima falange (GLpe) fornisce informazioni leggermente diverse: a Maserà la misura di due prime falangi anteriori è pari a 58,2 e rispettivamente 56,8: a Colombare la media è di 59,9. Due prime falangi posteriori di Monselice misurano invece 60,3 e 63,8: se si considera che le falangi posteriori sono in genere meno schiacciate e proprorzionalmente più lunghe delle anteriori, ne consegue una sostanziale identità di misure con quelle di Maserà. Per quanto riguarda la pecora, due astragali di Maserà permettono di calcolare l'altezza al garrese media che è pari a 613,5 (coefficiente di Teichert 1975). La pecora sarebbe quindi solo leggermente più grande, ma non in modo significativo, rispetto, ad es., alle pecore dell'età del Bronzo dell'area benacense (Barche di Solferino 587,2; Ledro 595,9, Isolone 570,4). Valori nettamente superiori ai 60 cm si hanno solo nell'età del Bronzo dell'Alto Adige (Sonnenburg 636,9; Appiano 654,4) e poi nell'età del Ferro (Pozzuolo del Friuli: 676,9, Colognola 626,5; Spina 633,1). A Monselice il maiale era alto al garrese 850,2 (misura tratta da un astragalo, coefficiente di Teichert, 1969). A Maserà invece 814,4 (media tratta dalla GLl di due reperti). Si tratterebbe in tal caso di suini decisamente grandi, che si situano dimensionalmente alquanto a ridosso dei valori noti per il cinghiale nell'età del Bronzo e del Ferro (Barche 928,1; Ledro 869,9; Spina 945,4). Le medie dei suini domestici si situano infatti bene al di sotto nei medesimi siti (Barche 729,8; Ledro 691,5; Isolone 698,1; Pozzuolo 703,5; Colognola 701,2; Spina 690,7). Va detto che l'astragalo fornisce in genere altezze al garrese superiori rispetto ad altre parti anatomiche, e quindi in definitiva questi maiali/cinghiali potrebbero misurare meno di 80 cm al garrese. Bisogna ammettere comunque che, anche in questo caso, e in assenza di una colletta numerosa di reperti misurabili, il problema della distinzione tra (grandi) maiali e cinghiali (eventualmente abbastanza piccoli o medi) deve restare aperto. Fig 2. Fig 3. Fig 4. Maserà ,Via Bolzani MISURE BUE N.Inv. U. S. osso Misure 421 123 M3sup giovane e non uscito L35,6;B20,2 176 117 M3dx inf appena uscito (+) L40,3;B14,0 474 111 Omero dx Bd80,0;BT73,4 141 117 Radio dx prox. Bp84,5;BFp76,3;Tp36,6 239 119 Tibia dx dist. Bd64,0;Td46,5 192 117 Centroquartale sx GB49,5 193 117 Metacarpo dist. Bd62,8 182 117 Phal.1 ant. Glpe58,2;Bp27,5;Kd22,6;Bd25 459 123 Phal.1 ant. Glpe56,8; Bp-;KD25,4;Bd27,5 164 117 Phal.3 DLS60,8; Ld52,7 CAPRA O PECORA N.Inv. U. S. osso Misure 152 117 Metatarso sx Bp18,2 453 123 Metacarpo Bd23,2* 773 103 Centroquartale dx GB 20,8 787 103 Phal.2 Bd 9,0 PECORA N.Inv. U. S. osso Misure 415 123 Astragalo dx GLl26,4;Tl14,7;GLm24,7;Tm14,2;Bd16,1 495 111 Astragalo GLL27,7;GLM24,5;Bd17,6 169 117 Metacarpo dx Bp19,2 598 121 Metacarpo Bd22,5 326 123 Phal.1 GLpe31,4;Bp10,3;KD8,6;Bd9,5 523 121 Phal.1 GLpe35,1;Bp10,6;KD7,8;Bd8,9 MAIALE/CINGHIALE N.Inv. U. S. osso Misure 201 17+119 Scapola dx GLP40,1;BG25,1 325 123 Astragalo dx GLl46,6;GLm42,6 524 121 Astragalo sx GLl44,4;GLm41,4 331 123 Metacarpo IV sx Bp18,3 171 117 Metatarso sx Bd9,5 594 121 Phal.1 GL38,3;Bp17,2;KD13,3;Bd15,3 728 103 Phal.1 GL39,1; KD15,1; Bp17,8;Bd15,8 LEPRE N.Inv. U. S. osso Misure 669 121 Tibia sx calcinata Bd12,5 CERVO N.Inv. U. S. osso Misure 580 121 Astragalo dx GLl57,6;Tl31,8;GLm53,6;Tm29,4;Bd36,3 CAPRIOLO N.Inv. U. S. osso Misure 582 121 Metacarpo sx Bp21,0 588 121 Metacarpo sx Bp20,6 Monselice, Via Valli Fig 1. BUE N.Inv. U.S. osso Misure 140 165B M3 sup. sx L30,1;B23,2 19 165B Scapola dx LG60*;BG50*(semibruciata) 169 180 Astragalo sx GLl71,7;Tl41,2;GLm65,8;Tm35,9;Bd45,8 170 180 Astragalo sx GLl63,7;Tl36,2;GLm59,3;Tm32,7;Bd40,2 171 180 Astragalo dx GLl66,3;Tl37,2;GLm61,3;Tm34,1;Bd42,1 173 180 Astragalo sx GLl68,5;Tl39,2;GLm61,8;Tm35,4;Bd44,5 182 180 Calcaneo sx GL128,4;GB45,0* 235 180 Metacarpo dist. Bd48,5 172 180 Metacarpo sx ? Bp59,2 180 180 Phal.1 post. GLpe60,3;Bp29,6;KD26,2;Bd30,1 154 180 Phal.1 post. GLpe63,8;Bp30,3;KD24,3;Bd27,0 25 165B Phal.2 post. GL42,2;Bp29,9;KD24,9;Bd25,9 177 180 Phal.2 post. GL43,4;Bp29,7;KD23,2;Bd25,6 CAPRA O PECORA N.Inv. U.S. Settore osso Misure 239 180 zona D Mandibola sx L M1-M3:47,6;L M3: 382 165A zona D Phal. 2 Bp11,4 PECORA N.Inv. U.S. Settore osso Misure 234 180 zona D Metacarpo dx Bp 21,9 MAIALE/CINGHIALE N.Inv. U.S. Settore osso Misure 247 180 zona D M1-M3* sup. L M3: 36,9; B20,0 432 165A zona D M3+(+) sup. sx L31,4;B18,2 158 180 zona D Tibia dx Bd31,8;KD21,7 323 165A zona D Astragalo dx GLl47,5 130 165B zona D Metapodio Bd17,7 276 165A zona D Phal.2 GL28,9;Bp11,5;KD8,5;Bd13,0 41 165B zona D Phal.2 GL22,0;Bp16,8;KD11,7;Bd13,7 42 165B zona D Phal.2 GL25,5;Bp15,9;KD14,1;Bd13,4 * non ancora completamente erotto Didascalia alle foto : Fig. 1 : Maserà. Frammenti di carapace di tartaruga d’acqua dolce. Fig. 2 : Maserà. Punteruolo su diafisi di ulna di bue. Fig. 3 : Maserà. Astragali di bue. Fig. 4 : Maserà. Scapola di castoro. Foto : Gianni Santuari, Laboratorio di restauro dell’Uff. Beni archeologici di Bolzano - Grafica : Marco Zorzi, Società Ricerche Archeologiche di RIZZI G. & Co snc Bressanone

Dinamiche insediative nel territorio dei Colli Euganei dal Paleolitico al Medioevo Este-Monselice, 27-28 novembre 2009 TRACCE DI FREQUENTAZIONE PROTOSTORICA A MONTEGROTTO - TERME NERONIANE Alessandro Facchin - Scuola di Dottorato in Studio e Conservazione dei Beni archeologici ed architettonici - Università degli Studi di Padova Fig. 1. Pianta generale dello scavo con l’indicazione dei due saggi indagati. Lo scavo delle evidenze protostoriche nel sito di Montegrotto Terme, presso l’Hotel Terme Neroniane, si è svolto nella primavera del 2007, durante la settima campagna della Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università di Padova. L’intervento è stato motivato dal rinvenimento di alcuni reperti fittili, ascrivibili al Bronzo medio-recente, avvenuto durante il periodo conclusivo della campagna di scavo 2006, nel settore G-H del saggio M. Inoltre, a seguito della pulitura dell'interfaccia tra uno strato di epoca romana e lo sterile erano state individuate nei settori F-G e G-H due buche contenenti blocchi di selce rossa e frammenti ceramici. La scoperta di evidenze simili, durante il proseguimento dei lavori nel saggio laterale W, all'inizio del 2007, ha portato ad uno sviluppo dell’indagine archeologica parallelamente in entrambe le aree (fig. 1), allo scopo di verificare l’entità nonché l’estensione del deposito protostorico. Lo scavo condotto nel saggio laterale W ha permesso l'individuazione di parte di una canaletta di epoca romana, il cui riempimento ha restituito anche un buon campione di ceramica vascolare (fig. 2), inquadrabile cronologicamente tra il Bronzo medio 3 (ca. metà del XV/seconda metà del XIV secolo a.C.) e il Bronzo recente (fine XIV- prima metà XII secolo a.C.), con un’attestazione preponderante ascrivibile all'età del Bronzo recente 1, ma con elementi sicuramente attribuibili anche al Bronzo recente 2. Il dato attesterebbe una frequentazione pre-romana dell'area piuttosto consistente, quasi sicuramente stanziale come sembra indicare la varietà tipologica della ceramica vascolare rinvenuta. Inoltre, un elemento di falcetto proveniente da questo settore, potrebbe suggerire uno sfruttamento agricolo dell’area già a partire dalla fine dell’età del Rame. E' verosimile che al Bronzo recente risalga l'ultima frequentazione pre-romana dell'area in quanto, allo stato attuale delle conoscenze, non sono noti frammenti ceramici dichiaratamente ascrivibili al Bronzo finale o all'età del Ferro. In epoca romana, l'area venne disboscata e questa zona sud-occidentale è stata messa a coltura, mentre più a nord si cominciava a costruire il primo impianto della villa. Accettando questo modello, si può interpretare la canaletta rinvenuta nel saggio laterale W come di tipo agrario, colmata con materiali del Bronzo recente. Successivamente, forse per esigenze dovute all'ampliamento del corpo della villa verso sud, venne praticata una troncatura areale, a cui è seguita la messa in piano di uno strato di riporto. Il taglio areale è inclinato in direzione nordsud; per questo motivo, quando intercetta la canaletta, ne asporta quasi totalmente la parte più meridionale visibile solo in traccia, conservando un deposito di potenza maggiore man mano che si procede verso nord. A differenza del saggio laterale W, l'indagine effettuata nel saggio M, organizzato nei settori F-G e G-H, ha mostrato una minore conservazione del deposito archeologico, forse a seguito di una troncatura areale operata anche in quest’area. Lo scavo ha riguardato le due buche già individuate nel 2006, tagliate nel piano individuato dall'US 7002. La prima buca è situata nella parte meridionale del settore F-G, in prossimità di una struttura di trachiti ed è caratterizzata da una “zeppatura” di tre blocchi di selce rossa, di forma trapezoidale, con evidenti tracce di cortice. La seconda buca, invece, è situata nel settore G-H, a sud-est della struttura di trachiti, a ridosso del limite est del saggio M. Per questo motivo è stato possibile scavarne soltanto la metà occidentale. Il riempimento di entrambe le strutture è composto unicamente da frammenti di ceramica vascolare ascrivibili al Bronzo recente. Da un punto di vista generale, alla luce dei dati ricavati dall'indagine archeologica in piano e in sezione, si è concluso che l'US 7002 può essere interpretata come la parte residuale del piano di calpestio dell'età del Bronzo. In base a questo modello, i manufatti ceramici qui rinvenuti, costituirebbero le uniche evidenze del Bronzo recente in posto in tutta l'area. Per quanto riguarda nello specifico i manufatti ceramici di questo saggio, meritano particolare attenzione due apofisi di ansa, provenienti dall’US 7002. Si tratta di materiali a livello tipologico pertinenti alla facies locale berico-euganea (cfr. ad esempio Marendole), che non trovano confronti con il coevo ambito terramaricolo. Pur essendo possibile un confronto a livello generale con le anse rostrate, categoria quest’ultima cronologicamente inquadrabile nel Bronzo recente, i due manufatti mostrano delle caratteristiche morfologiche peculiari, che permettono allo stato attuale delle ricerche di considerarli degli unica. La prima ansa (fig. 3A), infatti, a differenza dei tipi noti in letteratura, ha il profilo del rostro che tende a rastremarsi in sezione culminando con un accenno di terminazione che si espande a flabello. Per quanto riguarda invece il secondo pezzo (fig. 3B), non è possibile formulare un’ipotesi univoca circa lo sviluppo superiore del rostro, dal momento che questa parte non si è conservata, anche se in base alla visione frontale sembra verosimile che l’apofisi tendesse ad allargarsi leggermente. Del tutto peculiare risulta la morfologia della base del rostro, che in sezione appare di forma squadrata. Bibliografia essenziale: FACCHIN A. 2008, Ritrovamenti dell’età del Bronzo, in ZANOVELLO P., BASSO P. (a cura di) “Montegrotto Terme - via Neroniana. Indagine archeologica 2007”, Quaderni di Archeologia del Veneto, XXIV, p. 20. 7 Fig. 2. Saggio laterale W: selezione di materiali ceramici e litici (Disegno: S. Tinazzo e M.A. Beck De Lotto). A 3 5 1 0 2 8 Fig. 3. Saggio M: A e B (US 7002). (Disegno: G. Penello e G. Tasca. Gr. nat.). B 4 0 1 6 2 9 0 3

<strong>Dinamiche</strong> <strong>insediative</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>dei</strong> <strong>Colli</strong> <strong>Euganei</strong> <strong>dal</strong> <strong>Paleolitico</strong> al Medioevo<br />

Este-Monselice, 27-28 novembre 2009<br />

TRACCE DI FREQUENTAZIONE PROTOSTORICA A MONTEGROTTO - TERME NERONIANE<br />

Alessandro Facchin - Scuola di Dottorato in Studio e Conservazione <strong>dei</strong> Beni archeologici ed architettonici - Università degli Studi di Padova<br />

Fig. 1. Pianta generale dello scavo con l’indicazione <strong>dei</strong> due saggi indagati.<br />

Lo scavo delle evidenze protostoriche <strong>nel</strong> sito di Montegrotto Terme, presso<br />

l’Hotel Terme Neroniane, si è svolto <strong>nel</strong>la primavera del 2007, durante la settima<br />

campagna della Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università di<br />

Padova. L’intervento è stato motivato <strong>dal</strong> rinvenimento di alcuni reperti fittili, ascrivibili<br />

al Bronzo medio-recente, avvenuto durante il periodo conclusivo della campagna<br />

di scavo 2006, <strong>nel</strong> settore G-H del saggio M. Inoltre, a seguito della pulitura<br />

dell'interfaccia tra uno strato di epoca romana e lo sterile erano state individuate nei<br />

settori F-G e G-H due buche contenenti blocchi di selce rossa e frammenti ceramici.<br />

La scoperta di evidenze simili, durante il proseguimento <strong>dei</strong> lavori <strong>nel</strong> saggio<br />

laterale W, all'inizio del 2007, ha portato ad uno sviluppo dell’indagine archeologica<br />

parallelamente in entrambe le aree (fig. 1), allo scopo di verificare l’entità<br />

nonché l’estensione del deposito protostorico.<br />

Lo scavo condotto <strong>nel</strong> saggio laterale W ha permesso l'individuazione di parte di<br />

una canaletta di epoca romana, il cui riempimento ha restituito anche un buon campione<br />

di ceramica vascolare (fig. 2), inquadrabile cronologicamente tra il Bronzo<br />

medio 3 (ca. metà del XV/seconda metà del XIV secolo a.C.) e il Bronzo recente<br />

(fine XIV- prima metà XII secolo a.C.), con un’attestazione preponderante ascrivibile<br />

all'età del Bronzo recente 1, ma con elementi sicuramente attribuibili anche al<br />

Bronzo recente 2. Il dato attesterebbe una frequentazione pre-romana dell'area piuttosto<br />

consistente, quasi sicuramente stanziale come sembra indicare la varietà tipologica<br />

della ceramica vascolare rinvenuta. Inoltre, un elemento di falcetto proveniente<br />

da questo settore, potrebbe suggerire uno sfruttamento agricolo dell’area già<br />

a partire <strong>dal</strong>la fine dell’età del Rame. E' verosimile che al Bronzo recente risalga<br />

l'ultima frequentazione pre-romana dell'area in quanto, allo stato attuale delle conoscenze,<br />

non sono noti frammenti ceramici dichiaratamente ascrivibili al Bronzo<br />

finale o all'età del Ferro. In epoca romana, l'area venne disboscata e questa zona<br />

sud-occidentale è stata messa a coltura, mentre più a nord si cominciava a costruire<br />

il primo impianto della villa. Accettando questo modello, si può interpretare la canaletta<br />

rinvenuta <strong>nel</strong> saggio laterale W come di tipo agrario, colmata con materiali del<br />

Bronzo recente. Successivamente, forse per esigenze dovute all'ampliamento del<br />

corpo della villa verso sud, venne praticata una troncatura areale, a cui è seguita la<br />

messa in piano di uno strato di riporto. Il taglio areale è inclinato in direzione nordsud;<br />

per questo motivo, quando intercetta la canaletta, ne asporta quasi totalmente la<br />

parte più meridionale visibile solo in traccia, conservando un deposito di potenza<br />

maggiore man mano che si procede verso nord.<br />

A differenza del saggio laterale W, l'indagine effettuata <strong>nel</strong> saggio M, organizzato<br />

nei settori F-G e G-H, ha mostrato una minore conservazione del deposito archeologico,<br />

forse a seguito di una troncatura areale operata anche in quest’area. Lo scavo<br />

ha riguardato le due buche già individuate <strong>nel</strong> 2006, tagliate <strong>nel</strong> piano individuato<br />

<strong>dal</strong>l'US 7002. La prima buca è situata <strong>nel</strong>la parte meridionale del settore F-G, in<br />

prossimità di una struttura di trachiti ed è caratterizzata da una “zeppatura” di tre<br />

blocchi di selce rossa, di forma trapezoi<strong>dal</strong>e, con evidenti tracce di cortice. La<br />

seconda buca, invece, è situata <strong>nel</strong> settore G-H, a sud-est della struttura di trachiti, a<br />

ridosso del limite est del saggio M. Per questo motivo è stato possibile scavarne<br />

soltanto la metà occidentale.<br />

Il riempimento di entrambe le strutture è composto unicamente da frammenti di<br />

ceramica vascolare ascrivibili al Bronzo recente. Da un punto di vista generale, alla<br />

luce <strong>dei</strong> dati ricavati <strong>dal</strong>l'indagine archeologica in piano e in sezione, si è concluso<br />

che l'US 7002 può essere interpretata come la parte residuale del piano di calpestio<br />

dell'età del Bronzo. In base a questo modello, i manufatti ceramici qui rinvenuti,<br />

costituirebbero le uniche evidenze del Bronzo recente in posto in tutta l'area.<br />

Per quanto riguarda <strong>nel</strong>lo specifico i manufatti ceramici di questo saggio, meritano<br />

particolare attenzione due apofisi di ansa, provenienti <strong>dal</strong>l’US 7002. Si tratta di<br />

materiali a livello tipologico pertinenti alla facies locale berico-euganea (cfr. ad<br />

esempio Marendole), che non trovano confronti con il coevo ambito terramaricolo.<br />

Pur essendo possibile un confronto a livello generale con le anse rostrate, categoria<br />

quest’ultima cronologicamente inquadrabile <strong>nel</strong> Bronzo recente, i due manufatti<br />

mostrano delle caratteristiche morfologiche peculiari, che permettono allo stato<br />

attuale delle ricerche di considerarli degli unica. La prima ansa (fig. 3A), infatti, a<br />

differenza <strong>dei</strong> tipi noti in letteratura, ha il profilo del rostro che tende a rastremarsi<br />

in sezione culminando con un accenno di terminazione che si espande a flabello. Per<br />

quanto riguarda invece il secondo pezzo (fig. 3B), non è possibile formulare<br />

un’ipotesi univoca circa lo sviluppo superiore del rostro, <strong>dal</strong> momento che questa<br />

parte non si è conservata, anche se in base alla visione frontale sembra verosimile<br />

che l’apofisi tendesse ad allargarsi leggermente. Del tutto peculiare risulta la morfologia<br />

della base del rostro, che in sezione appare di forma squadrata.<br />

Bibliografia essenziale:<br />

FACCHIN A. 2008, Ritrovamenti dell’età del Bronzo, in ZANOVELLO P., BASSO P. (a cura di)<br />

“Montegrotto Terme - via Neroniana. Indagine archeologica 2007”, Quaderni di Archeologia del<br />

Veneto, XXIV, p. 20.<br />

7<br />

Fig. 2. Saggio laterale W: selezione di materiali ceramici e litici (Disegno: S. Tinazzo e M.A. Beck De Lotto).<br />

A<br />

3<br />

5<br />

1<br />

0 2<br />

8<br />

Fig. 3. Saggio M: A e B (US 7002). (Disegno: G. Pe<strong>nel</strong>lo e G. Tasca. Gr. nat.).<br />

B<br />

4<br />

0 1<br />

6<br />

2<br />

9<br />

0 3

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