Autunno 2011 - L'Arte Antica Silverio Salamon

Autunno 2011 - L'Arte Antica Silverio Salamon Autunno 2011 - L'Arte Antica Silverio Salamon

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In copertina:<br />

PIERRE AUGUSTE RENOIR<br />

Enfants jouant à la balle, prima del 1900 (1898?)<br />

catalogo n. 50<br />

In seconda e terza di copertina:<br />

PIETER BRUEGEL IL VECCHIO (da)<br />

Sedici navi differentemente armate, 1561-62<br />

catalogo n. 21<br />

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<br />

In quarta di copertina:<br />

REMBRANDT HARMENSZOON VAN RIJN<br />

La mendicante con la zucca vuota, 1629-30<br />

catalogo n. 27<br />

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<br />

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<br />

<br />

Coordinamento Elisabetta Rollier<br />

Collaborazioni tecniche e fotografiche<br />

VL, LdL, BS, CLM<br />

STAMPE ORIGINALI ANTICHE E MODERNE LIBRI D’ARTE STAMPE GIAPPONESI<br />

© SAS L’ARTE ANTICA DI SILVERIO SALAMON 10121 TORINO ITALY 9, VIA A. VOLTA<br />

TEL. +39 0115625834 011549041 FAX +39 011534154 e-mail: salamon@salamonprints.com - www.salamonprints.com<br />

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INCISIONI<br />

DI GRANDI MAESTRI<br />

DAL XV AL XXI SECOLO<br />

AUTUNNO <strong>2011</strong><br />

CATALOGO n. 260<br />

In esposizione da<br />

Venerdì 4 Novembre <strong>2011</strong><br />

Orario: 10 12.30 - 16 19.30<br />

Chiusura Domenica e Lunedì mattina<br />

Apertura nei giorni festivi durante il mese di Dicembre<br />

VIA A. VOLTA 9 10121 TORINO ITALY<br />

TEL. +39 0115625834 +39 011549041 FAX +39 011534154<br />

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JACOPO DE BARBARI,<br />

Venezia 1460-70 – Malines o Bruxelles 1516<br />

1 APOLLO E DIANA, 1503-4<br />

<br />

Bulino, monogrammato con il caduceo in alto a sinistra.<br />

Bibliografia: Levenson-Oberhuber-Sheehan 141, Hind V.153.14, The Illustrated<br />

Bartsch Commentary (Zucker) 24.26.16.<br />

(mm. 131x95). [25448G]<br />

Splendida ed estremamente rara prova nell’unico stato. Impressa su carta databile<br />

all’inizio del XVI secolo. In buono stato di conservazione, si segnala che<br />

la stampa è rifilata da 2 a 19 millimetri tutt’intorno, lasciando intatta l’immagine<br />

principale.<br />

Apollo e Diana di Jacopo de Barbari fu fonte di ispirazione per molti artisti nordici, in particolare la<br />

postura di Apollo. Dürer stesso ne incide una sorta di replica (Meder 64) molto differente, ma<br />

chiaramente ispirata a questa, e usa l’Apollo per il suo celebre Adamo ed Eva del 1504 (Meder 1). Anche<br />

altri artisti come Cranach, il bronzista Peter Flötner si sono basati sulla figura di Adamo per alcune<br />

loro opere e ancora Rembrandt nei suoi nudi (catalogo n. 28 e n. 29 White Boon 194, 196).<br />

Iconograficamente la stampa rappresenta Apollo (il sole) su una sfera di stelle e Diana sua sorella (la<br />

luna) solo parzialmente visibile. La coppia si divideva il cielo iniziando il proprio viaggio la sera.


ANDREA MANTEGNA,<br />

Isola di Carturo 1431 – Mantova 1506<br />

2 BACCANALE CON SILENO 1470 - 1475?<br />

Bulino e puntasecca.<br />

Bibliografia: Hind V.12.3, Kristeller 7, Levenson-Oberhuber-Sheehan 74,<br />

TIB Commentary (Zucker) 25.96.7, Landau-Boorsch 7, <strong>Salamon</strong> 3.<br />

(mm. 259x407). [11869A]<br />

Splendida e rara prova nell’unico stato. Impressa su carta con la filigrana della<br />

‘piccola brocca’ (simile a Briquet 12546 e 12547) databile tra la fine del XV e<br />

l’inizio del XVI secolo. Si segnala la presenza di crepe e abrasioni, di piccoli restauri<br />

ricostruttivi agli angoli tutto ben restaurato, di tracce d’uso e leggerissime<br />

macchie appena visibili al recto. Ben completa della parte incisa, purtroppo<br />

sono estremamente rari gli esemplari davvero completi e ben conservati.<br />

Incisa al verso della lastra utilizzata per il Baccanale con il tino.<br />

Il Baccanale con Sileno è intimamente associato alla stampa del Baccanale col tino (Hind V.13.4), un<br />

rapporto da leggersi nei termini di pendant piuttosto che di vero e proprio fregio unico, come accade<br />

invece nei due fogli della Zuffa degli dèi marini (Hind V.15.5-6). In queste quattro stampe e nelle<br />

successive tele del Trionfo di Cesare si è da sempre riconosciuto il traguardo più avanzato della<br />

riflessione di Mantegna sull’Antico, un tema centrale nella poetica mantegnesca, inteso al contempo<br />

come repertorio di storie e di forme e qui verosimilmente colorato di complessi significati allegorici,<br />

legati alla condanna dei Vizi.<br />

Una collocazione cronologica dei due Baccanali nella prima parte del decennio 1470-1480 è generalmente<br />

accettata, e di recente è stata rilevata una certa differenza di tecnica riscontrabile nei due fogli,<br />

tale da imporre un’esecuzione in tempi leggermente distinti (Fletcher 2001). A differenza di quanto<br />

pensato da Hind, che proponeva per entrambe le incisioni una data molto avanzata, intorno al 1490, il<br />

Baccanale con Sileno dovette dunque seguire, seppur di poco, la realizzazione del Baccanale col<br />

tino, come suggerisce il nuovo modo d’incidere sulla lastra, basato su un tratteggio incrociato che<br />

consente una più densa definizione delle zone in ombra e di conseguenza una più ampia modulazione<br />

dei piani luminosi. Le ragioni di questa evoluzione tecnica, in un personaggio come Mantegna di<br />

certo aperto alle sperimentazioni, sono state ricercate anche in un complesso rapporto di reciproca<br />

influenza che si sarebbe instaurato con i coevi protagonisti dell’incisione a Firenze, in particolare<br />

Antonio Pollaiolo (Landau-Parshall 1994, p. 143). Un’opera magistrale come il primo stato del bulino<br />

con la Battaglia degli ignudi del Pollaiolo, l’unica incisione sicuramente a lui attribuibile ma di<br />

datazione incerta (è generalmente collocata tra gli anni sessanta e i primi anni settanta), sintetizza al<br />

massimo livello qualitativo il problema del rapporto tra l’opera incisa del Mantegna e la produzione<br />

fiorentina: uno snodo critico cruciale, che coinvolge le origini stesse dell’incisione su rame in Italia.<br />

Come base di determinate scelte compositive della stampa, Mantegna dovette verosimilmente tenere<br />

presenti alcuni modelli scultorei classici, conosciuti con probabilità attraverso disegni. Per il<br />

Baccanale con Sileno, si è individuato un sarcofago con Bacco e Arianna (Londra, British Museum)<br />

che nel Quattrocento si trovava a Roma, nella basilica di Santa Maria Maggiore, e dal quale sembrano<br />

in particolare dipendere Sileno e la figura della donna obesa.<br />

Nel 1494, il Baccanale con Sileno è copiato dal giovane Albrecht Dürer. La semplice data ad annum<br />

apposta sul disegno, ora conservato all’Albertina di Vienna, non consente di precisare se l’accurata<br />

copia sia stata realizzata ancora a Norimberga, o durante il primo viaggio in Italia, del 1494-95. Nel<br />

foglio di Mantegna, Dürer dovette riconoscere, come diversi artisti transalpini della sua generazione,<br />

un testo di grande autorità nella rievocazione di quell’Antico difficile da incontrare altrimenti per un<br />

pittore del Nord Europa. Diffusa nel corso del Cinquecento anche per mezzo di copie eseguite da<br />

incisori vicini allo stesso Mantegna, come fu ad esempio Giovanni Antonio da Brescia, la stampa del<br />

Baccanale con Sileno venne riprodotta all’acquaforte ad Augusta, assieme ad altre incisioni<br />

mantegnesche, da Daniel Hopfer intorno al 1520.<br />

Spetta a Rubens un disegno a penna e acquerello con il particolare del sileno sorretto dai compagni<br />

(Parigi, Louvre), in cui l’artista riveste l’invenzione mantegnesca di quella carnosa e luminosa<br />

consistenza dei corpi che si riconosce anche nei suoi dipinti a tema mitologico, come l’Ercole ebbro<br />

di Dresda, nel quale il gruppo col sileno della stampa di Mantegna è il referente iconografico. In un<br />

seicentesco taccuino del duca di Devonshire a Chatsworth House e organizzato per raggruppamenti<br />

tematici, due fogli dedicati alla ‘Sacra bacchi’ recano diversi particolari tratti dai due Baccanali di<br />

Mantegna. (S. DE BOSIO in S. <strong>Salamon</strong> Andrea Mantegna catalogo dell’opera grafica, Torino 2008).


ALBRECHT DÜRER,<br />

Norimberga 1471 – 1528<br />

3 SAN PIETRO E SAN GIOVANNI GUARISCONO LO STORPIO, 1513<br />

Bulino, monogrammato in lastra in alto a destra e datato in lastra in alto a sinistra.<br />

Bibliografia: Meder 18 a/c.<br />

(mm. 116x74). [23519G]<br />

Superba e rarissima prova con ben visibili le rare barbe del bulino, nella prima<br />

variante su tre (prima dei graffi già descritti in qualche esemplare della prima<br />

variante). Impressa su carta senza filigrana come segnalato dal Meder per la<br />

prima variante, e databile nel primo quarto del XVI secolo. In eccezionale stato<br />

di conservazione, con sottilissimo margine tutt’intorno oltre l’impronta del<br />

rame.<br />

Dalla serie: “La Piccola Passione su rame”.<br />

Meder, parco nei suoi giudizi, segnala che questa stampa è rara, e raramente di<br />

buona qualità.<br />

Il San Pietro e SanGiovanni guariscono lo storpio venne aggiunta nel 1513 alla serie poiché Dürer<br />

desiderava portare il numero delle lastre a sedici affinché queste potessero essere stampate su un foglio<br />

intero senza sprechi. Inoltre questa scena, che poco c’entra con la Passione, doveva probabilmente<br />

essere l’inizio di una serie, mai completata, sugli Atti degli Apostoli; di fatto in molte serie<br />

complete questo soggetto è assente.<br />

Tieze osserva che la composizione è simile al Gesù incoronato di spine (Meder 9), la figura di San<br />

Giovanni è la stessa della Crocifissione (Meder 13), e il San Pietro è basato su un disegno per l’altare<br />

Heller (Strauss II.1508/1). Lo storpio, che è stato identificato come un lebbroso, è ispirato ad un medaglione<br />

di Giovanni Paleologo di cui si hanno scarsissime notizie.<br />

La guarigione dello storpio<br />

Un giorno Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera verso le tre del pomeriggio. Qui di<br />

solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita e lo ponevano ogni giorno presso la porta del<br />

tempio detta “Bella” a chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio. Questi, vedendo Pietro<br />

e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, domandò loro l’elemosina. Allora Pietro fissò lo<br />

sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: “Guarda verso di noi”. Ed egli si volse verso di loro,<br />

aspettandosi di ricevere qualche cosa. Ma Pietro gli disse: “Non possiedo né argento né oro, ma<br />

quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!”. E, presolo per la mano destra,<br />

lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e balzato in piedi camminava; ed<br />

entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. Tutto il popolo lo vide camminare e<br />

lodare Dio e riconoscevano che era quello che sedeva a chiedere l’elemosina alla porta Bella del tempio<br />

ed erano meravigliati e stupiti per quello che gli era accaduto. (Atti degli Apostoli 3.1-10).


ALBRECHT DÜRER<br />

4 IL FIGLIOL PRODIGO GUARDIANO DI PORCI, 1496 c.a<br />

Bulino, monogrammato in lastra in basso al centro.<br />

Bibliografia: Meder 28 bc/h.<br />

(mm. 248x191). [24064G]<br />

Superba prova in una variante con caratteristiche comuni alla seconda e alla<br />

terza variante su otto, con ancora visibili i graffi sulla facciata della casa a destra,<br />

caratteristiche entrambe della seconda e terza variante. Impressa su carta<br />

con la filigrana del ‘P gotico con fiore’ (Meder 321) databile tra il 1500 e il<br />

1527. In perfetto stato di conservazione, ad eccezione di leggere abrasioni al<br />

verso e al recto perfettamente restaurate, in particolare lungo i margini al<br />

verso, tracce di pieghe orizzontali e verticali visibili quasi solo al verso, segni<br />

di uso al recto. Con sottilissimo margine oltre la linea marginale e visibile a<br />

tratti oltre l’impronta del rame.<br />

Le illustrazioni di questa scena sono estremamente rare e, prima di Dürer, erano alquanto stereotipate.<br />

Il testo, che dice che il giovane fu mandato “nei campi a pascere i porci”, evocava il ricordo degli<br />

idilli pastorali ellenistici, e nei pochi esemplari bizantini che ci sono pervenuti la scena sembra una<br />

combinazione dei rilievi che adornano i fianchi dei sarcofagi di Endimione con la pagina della “Alimentazione<br />

dei maiali” nei calendari medievali: il figliuol prodigo sta appoggiato al bastone<br />

nell’atteggiamento canonico di un pastore elegiaco mentre un aiutante scrolla le ghiande da un albero.<br />

Questo schema è ancora conservato nelle uniche rappresentazioni facilmente accessibili a Dürer, cioè<br />

nelle silografie strettamente imparentate che si trovano nelle appendici delle edizioni dello Speculum<br />

Humanae Salvationis di Bernard Richel (Basilea 1476) e di Peter Drach (Spira 1478), tranne per il<br />

fatto che il bastone del pastore classico è sostituito con una massiccia mazza, l’aiutante è tralasciato e i<br />

maiali mangiano da un truogolo invece che aspettare le ghiande. È evidente che Dürer conosceva una<br />

delle illustrazioni dello Speculum, o tutte e due. Ma egli introdusse due importanti cambiamenti iconografici:<br />

da una parte, la scena è ambientata, anziché nei “campi” in una cascina, la cui magistrale caratterizzazione<br />

crea un’atmosfera di rusticità autentica e insieme intensamente poetica; dall’altra,<br />

questa straordinaria accentuazione dei valori di genere - un elemento pericoloso nell’arte religiosa -<br />

è controbilanciata da un incremento drammatico: il figliuol prodigo non è più ritto accanto ai porci in<br />

atteggiamento funereo, ma è caduto in ginocchio in mezzo ad essi, torcendosi le mani con amaro rimorso,<br />

e mentre si degrada letteralmente al livello delle bestie, solleva gli occhi e i pensieri al cielo di<br />

Dio. Appunto questa combinazione dell’elemento rustico con quello emozionale conquistò<br />

l’ammirazione del mondo. Gli italiani copiarono infinite volte questa incisione (che fornì persino il<br />

modello a una miniatura persiana) in ogni sorta di tecnica, e Vasari scrisse: “In un’altra [carta mandò<br />

fuori] il figliuol prodigo, il quale stando a uso di villano ginocchioni con le mani incrocicchiate,<br />

guarda il cielo, mentre certi porci mangiano in un trogolo; ed in questa sono capanne a uso di ville tedesche,<br />

bellissime”.<br />

(E. PANOFSKY La vita e le opere di Albrecht Dürer, Londra 1965 Milano 1967, pag.102).


ALBRECHT DÜRER<br />

5 LA MADONNA CON LA PERA, 1511<br />

<br />

<br />

Bulino, monogrammato in lastra in basso a sinistra e datato in lastra in alto al<br />

centro.<br />

Bibliografia: Meder 33 a/c.<br />

(mm. 159x108). [23954G]<br />

Superba prova nella rarissima prima variante su tre ricca di contrasto e di<br />

barbe, come descritto da Meder per questa variante. Impressa su carta databile<br />

nel primo quarto del XVI secolo. In eccezionale stato di conservazione<br />

con sottile margine tutt’intorno oltre l’impronta del rame.<br />

Questa Madonna con la pera rappresenta uno dei capitoli di più ampio respiro tra le Madonne incise,<br />

disegnate o dipinte da Dürer. Base per l’esecuzione della scultorea Madonna sotto le mura (Meder 36)<br />

incisa qualche anno dopo, la composizione si distingue per l’estrema dolcezza e per la briosa vivacità;<br />

la Madonna interrompe il bambino benedicente per attirare l’attenzione sulla pera che è simbolo di<br />

pace in opposizione alla mela simbolo della discordia e della tentazione.<br />

La pera, già conosciuta in epoca omerica, era consacrata a dee importanti, quali Venere e Giunone. In<br />

particolare, lo storico Pausania ricorda che a Tirinto e Micene si scolpivano statue di Era nel legno di<br />

pero. Questo frutto era associato a Venere poiché la forma allargata verso il basso evoca l’immagine<br />

del ventre femminile. Lo stesso Plinio, elencandone le numerose varietà, ricorda anche le cosiddette<br />

“Veneree” (indicandone non la malattia ma l’effetto afrodisiaco).<br />

Solitamente la pianta, dal frutto dolcissimo, viene considerata in senso positivo e ricorre soprattutto<br />

nelle immagini della Vergine Maria con Gesù. Tale simbolismo sembra derivare dall’interpretazione<br />

di un passo dei Salmi che invita a gustare e vedere quanto è buono il Signore. Sempre per questo motivo<br />

può alludere al concetto di dolcezza della virtù. Secondo alcuni, infine, il pero potrebbe essere<br />

identificato con il famoso albero della conoscenza del Paradiso Terrestre. Nel corso del Medioevo la<br />

pera ha assunto un’accezione negativa, probabilmente dovuta al fatto che il legno dell’albero marcisce<br />

facilmente; tale simbologia non sembra però aver avuto riscontri in ambito iconografico.<br />

(L. IMPELLUSO La natura e i suoi simboli, ne I dizionari dell’arte, Milano 2003, pag. 154).


ALBRECHT DÜRER<br />

6 L’ULTIMA CENA, 1523<br />

Silografia, monogrammata e datata in lastra in basso verso destra.<br />

Bibliografia: Meder 184 a/e.<br />

(mm. 213x301). [25105G]<br />

Superba contrastata e precisa prova nella rara prima variante su cinque. Impressa<br />

su carta con la filigrana della ‘alta corona’ (Meder 20) caratteristica di<br />

questa variante e della maggior parte delle stampe più antiche di Dürer, e databile<br />

nel primo quarto del XVI secolo. In eccezionale stato di conservazione,<br />

con buoni margini (9-12 millimetri) tutt’intorno oltre la linea marginale.<br />

Al verso:<br />

Timbro della collezione di Vinzent Mayer (New York 1831-1918) (Lugt<br />

2525), collezionista noto per le belle stampe di Dürer.<br />

Timbro della collezione di Felix Somary, collezione sciolta parzialmente negli<br />

anni ‘80 del secolo scorso a New York e non riportato dal Lugt.<br />

Un simbolo fatto a testa di bue sicuramente recente, anch'esso non riportato<br />

dal Lugt.<br />

Questa silografia, pubblicata per una curiosa coincidenza nello stesso anno della Formula Missae di<br />

Lutero, è ancora più ‘protestante’ del disegno preliminare: la stanza è disadorna e priva di mobilio,<br />

salvo la nuda tavola e i sedili. La figura di Cristo è riportata in posizione centrale, con la testa proprio<br />

nel centro del muro di fondo, ma il punto di fuga prospettico non è sullo stesso asse; la tavola è<br />

notevolmente spostata a sinistra (tanto che la figura a capo tavola è tagliata a metà del margine), e<br />

un’enorme finestra circolare butta il suo peso sulla destra. La superficie della tavola è ancora ulteriormente<br />

ridotta, e non vi è nulla su di essa tranne il calice (mentre i simboli più materiali<br />

dell’Eucaristia, il cesto del pane e la brocca del vino, sono stati spostati sul pavimento); per rendere<br />

ancora più esplicite le connotazioni luterane, un vassoio vuoto, non, come si è pensato, il catino della<br />

Lavanda dei piedi, è ostentato in primissimo piano: non solo l’agnello è assente, la sua assenza è proclamata<br />

quasi in tono di sfida in modo da far saltare agli occhi la dottrina che la cena del Signore “non<br />

è un sacrificio”.<br />

La più significativa innovazione tuttavia è la scelta del momento. Nelle sue due precedenti xilografie,<br />

e anche nel disegno preliminare per questa, Dürer aveva ancora rappresentato l’eccitazione e<br />

l’aspettativa che tengono dietro alle parole: “In verità, in verità vi dico che uno di voi mi consegnerà.”(Giovanni<br />

13,21) Ora e, a quanto ci risulta, per la prima e ultima volta nella storia dell’arte la<br />

scena rappresenta la fase successiva al momento critico. La xilografia non rappresenta propriamente<br />

l’Ultima Cena, ma il suo proseguimento una scena descritta esclusivamente da San Giovanni, l’<br />

Evangelista preferito da Lutero: “Egli (Giuda) dunque, preso il boccone, uscì subito; ed era notte.<br />

Quand’egli fu uscito, Gesù disse: Ora il Figliuol dell’Uomo è glorificato, e Dio è glorificato in lui…<br />

Figliuoletti, è per poco che sono ancora con voi. Voi mi cercherete; e come ho detto ai Giudei: ‘Dove<br />

vo io, voi non potete venire’, così lo dico ora a voi. Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli<br />

uni gli altri. Com’io v’ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che<br />

siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri. Simon Pietro gli domandò: Signore, dove vai?<br />

Gesù rispose: Dove io vado, non puoi per ora seguirmi, ma mi seguirai più tardi. Pietro gli disse:<br />

Signore, perché non posso seguirti ora? metterò la mia vita per te! Gesù gli rispose: Metterai la tua<br />

vita per me? In verità, in verità ti dico che il gallo non canterà che già tu non mi abbia rinnegato tre<br />

volte”.(Giovanni 13,30-38) Giuda, quindi, ha lasciato la stanza e rimangono soltanto gli undici fedeli,<br />

con il simbolo sacramentale della loro unione che brilla sulla tavola. Un altro annuncio tragico viene<br />

fatto, ma non un annuncio che sbigottisce e condanna, ma che esorta e assolve: il Signore non svela qui<br />

l’imperdonabile peccato del traditore ma la fragilità umana di colui che ha appena designato suo successore.<br />

Nello stesso tempo viene dato a tutti un nuovo comandamento: “Com’io v’ho amati, anche<br />

voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli<br />

uni per gli altri.”(Giovanni 13,34-35) É l’impartizione di questo nuovo comandamento: che forma il<br />

contenuto principale della xilografia di Dürer e da cui essa dovrebbe prendere il nome. A una tragedia<br />

umana e alla instaurazione di un rituale sacro essa sostituisce l’istituzione della comunità evangelica.<br />

(E. PANOFSKY La vita e le opere di Albrecht Dürer Londra 1965 Milano 1967, pagg.288-9).<br />

Recentemente Padre ... S.J. uomo davvero coinvolto, anche troppo colto e mio professore, mi racconta<br />

della grande difficoltà sulla distinzione tra protestanti e cattolici, anche per artisti luterani come il<br />

nostro Dürer. Secondo il suo parere è una scena straordinariamente cattolica, quasi a essere una<br />

seconda e giusta visione del cattolicesimo. (S.S.)


ALBRECHT DÜRER<br />

7 LA SACRA FAMIGLIA CON DUE ANGELI NELLA NICCHIA, 1503-4<br />

Silografia, monogrammata in lastra in basso a sinistra.<br />

Bibliografia: Meder 213 a/f.<br />

(mm. 216x150). [24633G]<br />

Superba prova nella prima variante su sei. Impressa su carta con la filigrana<br />

della ‘testa di bue’ (Meder 62), databile nel primo quarto del XVI secolo e caratteristica<br />

di questa variante. In eccezionale stato di conservazione, con sottile<br />

margine visibile a tratti oltre la linea marginale.<br />

Al verso:<br />

Timbro di collezione di Paul Davidson (Germania, prima metà del XIX secolo)<br />

(Lugt 654), noto per la stupenda collezione di maestri tedeschi.<br />

La Sacra Famiglia con due angeli nella nicchia fu progettata, insieme ad un altro gruppo di stampe<br />

tra il 1503 e il 1504, per un mai pubblicato volume Salus animae, non dissimile dal più popolare<br />

Hortulus animae, sorta di breviario. A causa della partenza per l’Italia dell’artista e per motivi<br />

tuttora ignoti, il progetto non si è mai realizzato e le stampe, pubblicate dopo il 1507, furono vendute<br />

singolarmente.


MARCANTONIO RAIMONDI,<br />

Bologna 1480 c.a - Roma 1534<br />

8 UN GIOVANE E UN VECCHIO BACCANTE, 1520-25<br />

Bulino, monogrammato in lastra in basso a sinistra.<br />

Bibliografia: Bartsch 14.222.294, The Illustrated Bartsch 26.282.294,<br />

Shoemaker 52.<br />

(mm. 175x134). [24629A]<br />

Magnifica e non comune prova nell’unico stato. Impressa su carta con una<br />

filigrana, molto elaborata, con le lettere ‘aem…ina’, databile tra il XVII e il XVIII<br />

secolo. In perfetto stato di conservazione, tracce di vecchi incollaggi al verso.<br />

Con sottile margine tutt’intorno oltre la linea marginale.<br />

Opera eseguita forse da disegni di Giulio Romano o Raffaello., anche se la comparazione con altre<br />

opere dello stesso periodo potrebbe individuare la stampa come completamente di invenzione.<br />

La figura del baccante divenne popolare come divinità connessa al vino. Nell’antica Grecia Bacco o<br />

Dioniso (in origine dio della fertilità venerato in forma di toro o capro), era spesso raffigurato accompagnato<br />

da fanciulle o menadi, con le tipiche vesti ondeggianti e le figure che esprimono abbandono<br />

fisico mentre battono sul tamburello, mentre Bacco è rappresentato come un giovane ignudo, a<br />

volte ebbro, incoronato di tralci di vite e con il mano il tirso, bastone torto con all’estremità un viluppo<br />

d’edera a forma di pigna. L’edera era una pianta sacra al dio. Spesso lo si trova anche rappresentato<br />

accompagnato da Sileno, vecchio amante del vino e seguace di Bacco, ma considerato molto<br />

saggio e con il dono della profezia.<br />

(J. HALL Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte Londra 1974 Milano 1983, pag. 67).


LUCAS VAN LEYDEN,<br />

Leyden 1494 - 1533<br />

9 ESTER DI FRONTE AD ASUERO, 1518<br />

<br />

Bulino, monogrammato e datato in lastra in basso al centro.<br />

Bibliografia: Hollstein -Dutch and Flemish- X.83.31 I/III, New Hollstein<br />

(Filedt Kok) 31 Ia(c)/III.<br />

(mm. 274x222). [22861G]<br />

Superba e rarissima prova molto contrastata nella prima variante su due del<br />

primo stato su tre. Filedt Kok segnala che normalmente questa stampa, pur<br />

bella, ha toni leggermente più tenui (cfr. anche S. SALAMON Lucas van<br />

Leyden, Torino 1994 n. 76). Impressa su carta con la filigrana del ‘cane’ o<br />

‘unicorno’ (Hollstein 23, New Hollstein 300.3a), databile prima del 1520. In<br />

perfetto stato di conservazione, ad eccezione di restauri agli angoli superiore<br />

destro e inferiore sinistro, tracce di pieghe centrali visibili solo al verso,<br />

leggere abrasioni, macchie e crepe al verso, tutto perfettamente restaurato.<br />

Completa della linea marginale.<br />

Al verso:<br />

Timbro della collezione dei Principi di Fürstenberg (Lugt 995).<br />

Il re persiano Asuero, dopo aver ripudiato la moglie Vasti che lo aveva offeso, scelse come nuova moglie<br />

la bellissima orfana Ester (che era stata allevata da Mordecai) senza sapere che era ebrea. Il capo<br />

dei ministri del re Aman, profondamente antisemita, odiava Mordecai e riuscì a far approvare una<br />

legge che decretava la morte di tutti gli israeliti. Mordecai chiese ad Ester di intercedere presso il re,<br />

anche se a quel tempo era proibito presentarsi davanti al re senza essere convocati pena la morte anche<br />

per la regina, ma Ester, indossate le sue vesti più belle, entrò lo stesso nella camera reale. Asuero alzò<br />

lo scettro per permetterle di parlare, ma la regina svenne per l’emozione. Invitò allora il re ad un banchetto<br />

e raggiunse pazientemente il suo scopo salvando il suo popolo. Il ministro Aman fu poi impiccato<br />

(cfr. Ester 1-8).<br />

Nell’intercessione di Ester presso il re, la chiesa vide una prefigurazione del ruolo della Vergine<br />

come mediatrice nel giudizio universale. Il momento culminante divenne subito di grande interesse<br />

per gli artisti, sia per la fantasia con cui si poteva decorare la scena, sia perché il soggetto era gradito<br />

alla committenza religiosa. In particolare, al tempo di Luca si pensava, anche più di oggi, che la conoscenza<br />

della storia ebraica era una conditio sine qua non per comprendere a fondo il Cristianesimo.


LUCAS VAN LEYDEN<br />

10 IL BATTESIMO DI GESÙ NEL GIORDANO, 1510 c.a<br />

Bulino, monogrammato in lastra in basso verso destra.<br />

Bibliografia: Hollstein -Dutch and Flemish- X.92.40, New Hollstein (Filedt<br />

Kok) 40 Ia/c/II.<br />

(mm. 147x186). [25490A]<br />

Superba, rara e argentea prova nella prima variante su tre del primo stato su<br />

due. Impressa su carta con una filigrana non ben distinguibile (forse una<br />

campana), databile nel primo quarto del XVI secolo. In eccezionale stato di<br />

conservazione, con buon margine (10-16 millimetri) tutt’intorno oltre<br />

l’impronta del rame.<br />

Al verso:<br />

Timbro di collezione di Emile Lachenaud (Limoges1835-1923) (Lugt 3473),<br />

collezionista appassionato. La sua collezione fu poi in parte donata e in parte<br />

venduta. Se ne sono incontrati per tutto il secolo alcuni esemplari dai più importanti<br />

mercanti del mondo.<br />

Timbro della collezione personale di Ferdinando <strong>Salamon</strong> (Pola 1910-Firenze<br />

1974) (Lugt 3406), agente di cambio, collezionista e mercante di stampe a<br />

Torino.<br />

Luca in questa stampa riflette il pensiero contemporaneo sul battesimo di Gesù, e anticipa di oltre un<br />

decennio la controversia tra protestanti e radicali cattolici che metteva in discussione se un individuo<br />

non battezzato potesse ottenere l’entrata in paradiso. Al centro di questa disputa vi era la convinzione<br />

che i bambini non dovessero essere puniti per l’omissione del battesimo a causa dei loro parenti.<br />

Luca relegò l’atto del battesimo sullo sfondo, lasciando in primo piano un gruppo di personaggi intenti<br />

a discutere il problema, un accorgimento spesso usato dall’artista per spostare l’enfasi su un<br />

particolare momento di una vicenda. Luca segue qui fedelmente il Vangelo di Giovanni (cfr. 3.22-24),<br />

invece dell’usuale versione, usata dai pittori, del Vangelo di Luca (cfr. 3.22). La colomba di San Luca,<br />

simbolo del battesimo, è totalmente assente.


LUCAS VAN LEYDEN<br />

11 LA VANITAS o GIOVANE CON IL TESCHIO, 1519 c.a<br />

Bulino, monogrammato in lastra in basso a sinistra.<br />

Bibliografia: Hollstein -Dutch and Flemish- X.195.174 I/II, New Hollstein<br />

(Filedt Kok) 174 Ib/c/II.<br />

(mm. 185x144). [25450G]<br />

Magnifica e rara prova nella seconda variante su tre del primo stato su due.<br />

Impressa su carta del ‘quadrifoglio, luna crescente e lettere DD’ (New<br />

Hollstein 279.2), databile alla metà del XVI secolo. In perfetto stato di conservazione,<br />

con sottile margine visibile in molti tratti oltre la linea marginale.<br />

Elegante incisione che tocca l’argomento della transitorietà delle cose terrene e della ineluttabilità<br />

della morte. Sulle Vanitas e sul memento mori vi sono numerosi scritti sia di origine pagana che religiosa.<br />

Il tema della conoscenza dell’aldilà ha sempre profondamente turbato ed affascinato artisti e<br />

letterati.


MAESTRO IB (forse Georg Pencz),<br />

Norimberga 1500 c.a - 1550 c.a<br />

L’identificazione del Maestro IB con Georg Pencz venne proposta per la prima volta nel 1897 da Max<br />

Friedländer con argomentazioni che apparirono ineccepibili. Lo studioso basò la sua tesi su tre principali<br />

argomenti: primo, non si conoscevano stampe di Pencz anteriori al 1530 e la sua data di nascita era presumibilmente<br />

intorno al 1500; secondo, la sigla IB poteva corrispondere a Jörg Bencz, una comune contrazione<br />

del dialetto norimberghese; e in ultimo, che i due supposti autori erano di cultura ed educazione düreriana.<br />

La tesi fu subito abbracciata dagli studiosi dell’epoca, ad eccezione di Gustav Pauli (compilatore del famoso<br />

catalogo di Beham) che rifiutò categoricamente l’identificazione dei due maestri, basandosi su un serrato<br />

esame stilistico. Da quel momento in poi gli studiosi si divisero su due fronti. Herbert Zchelletschki<br />

all’inizio di questo secolo, e David Landau nel 1978 nel suo profondo studio sull’opera grafica di Pencz, rifiutarono<br />

l’identificazione dei due maestri, mentre Arthur Hind, il direttore del British Museum fino alla<br />

metà di questo secolo, e Robert Cock su The Illustrated Bartsch nel 1980, l’appoggiarono senza riserve.<br />

<br />

12 IL GENIO DELLA STORIA, 1530 c.a<br />

Bulino, monogrammato in lastra in basso a destra.<br />

Bibliografia: Bartsch VIII.170.31, The Illustrated Bartsch 16.77.31.<br />

(diametro mm. 56). [2277B]<br />

Magnifica e rara prova nell’unico stato. Impressa su carta databile nella prima<br />

metà del XVI secolo. In perfetto stato di conservazione, con sottile margine<br />

visibile a tratti oltre l’impronta del rame.<br />

La figura allegorica della Storia nell’arte rinascimentale e barocca è alata, porta una veste bianca e<br />

scrive su un libro o su una tavoletta, a volte appoggiati sul dorso del Tempo. Talora si erge su una<br />

sorta di piedistallo cubico, simbolo delle sue solide basi. Tale figura deriva dall’antica Vittoria alata,<br />

che registrava le imprese dell’eroe vittorioso su uno scudo; ciò spiega la forma ovale che la sua tavoletta<br />

può avere.<br />

(J. HALL Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte Londra 1974 Milano 1983, pag. 381).<br />

Come gli altri Piccoli Maestri di Norimberga influenzati da Dürer, ci troviamo di fronte a soggetti considetti<br />

di genere. L’idea düreriana era che il soggetto non contribuisce alla riuscita dell’opera d’arte, ma la bellezza<br />

di questa nasce esclusivamente nell’anima dell’artista che dunque può fare dell’arte anche rappresentando<br />

scene di genere, nobiliari o popolari, curiose o addirittura rozze.<br />

13 IL SUONATORE DI CORNAMUSA CON LA SUA DAMA, 1525 c.a<br />

Bulino, monogrammato in lastra in basso a destra.<br />

Bibliografia: Bartsch VIII.172.36, The Illustrated Bartsch 16.78.36.<br />

(diametro mm. 57). [13582A]<br />

Splendida e rara prova nell’unico stato. Impressa su carta databile nella prima<br />

metà del XVI secolo. In perfetto stato di conservazione, con sottilissimo margine<br />

tutt’intorno oltre l’impronta del rame.<br />

14 DUE CONTADINE AL MERCATO, 1525 c.a<br />

Bulino, monogrammato in lastra in basso al centro.<br />

Bibliografia: Bartsch VIII.172.37, The Illustrated Bartsch 16.78.37.<br />

(diametro mm. 57). [13581A]<br />

Splendida e rarissima prova nell’unico stato. Impressa su carta databile nella<br />

prima metà del XVI secolo. In perfetto stato di conservazione, con sottilissimo<br />

margine oltre la linea marginale.


HANS SEBALD BEHAM,<br />

Norimberga 1500 – 1550<br />

15 SAN GEROLAMO CON L’ANGELO, 1521<br />

Bulino, monogrammato e datato in lastra in alto al centro.<br />

Bibliografia: Hollstein -German- III.42.67 II/II.<br />

(mm. 112x74). [2279B]<br />

Magnifica e rarissima prova nel secondo stato su due. Impressa su carta databile<br />

nella prima metà del XVI secolo. In eccezionale stato di conservazione,<br />

con piccolo margine (3-5 millimetri) tutt’intorno oltre l’impronta del rame.<br />

Al verso:<br />

Timbro di collezione, forse ‘un triangolo sormontato da un’aquila’ purtroppo<br />

mal impresso e quindi illeggibile, comunque niente di simile è riportato<br />

dal Lugt.<br />

Eusebio Gerolamo Sofronio nacque a Stridone in Dalmazia nel 342, e studiò a Roma, dedicandosi<br />

particolarmente ai classici, per i quali sviluppò una passione che gli sarebbe durata per tutta la vita.<br />

Fece lunghi viaggi in Italia ed in Gallia, visse da eremita in Palestina e poi tornò a Roma dove, dopo<br />

aver ricevuto l’ordinazione, entrò nel clero della città e divenne segretario del papa. Infine, essendosi<br />

inimicato coloro che lo circondavano, ritornò in Palestina e si stabilì a Betlemme. Passò il resto della<br />

sua vita traducendo e commentando la Bibbia e divenne il più erudito biblista della sua epoca; se ne<br />

rendeva conto, e per questo era portato ad offendersi per ogni opposizione al suo modo di pensare.<br />

Tuttavia sapeva ammettere le proprie mancanze, particolarmente l’asprezza del proprio carattere, con<br />

umiltà, piuttosto burrascosa, ma virile. La posizione che occupa come esponente del dogma cattolico è<br />

ancora la più alta che sia mai stata attribuita ad un biblista. Gerolamo morì a Betlemme nel 420, ed è<br />

venerato ufficialmente come dottore della Chiesa.


HANS SEBALD BEHAM<br />

16 CIMONE E PERO, 1544<br />

Bulino, monogrammato e datato in lastra in alto a sinistra.<br />

Bibliografia: Hollstein -German- III.53.79 II/III.<br />

(mm. 71x48). [19857A]<br />

Superba prova nel secondo stato su tre. Impressa su carta databile nella prima<br />

metà del XVI secolo. In perfetto stato di conservazione, ad eccezione di due<br />

restauri agli angoli inferiore e superiore destro. Con sottilissimo margine<br />

tutt’intorno oltre la linea marginale.<br />

Tra gli esempi di pietas filiale nella letteratura antica, la storia di Cimone e Pero fu tra quelle che<br />

maggiormente attrassero gli artisti dei secoli XVI-XVIII in Italia e nei Paesi Bassi. Valerio Massimo,<br />

sotto il titolo De Pietate in parentes racconta di un certo Cimone, un uomo anziano che in carcere era<br />

in attesa di essere giustiziato e pertanto non riceveva cibo. Il carceriere permetteva che la figlia Pero<br />

lo visitasse, ed ella nutriva il padre offrendogli il proprio seno. La scena è ambientata nella cella di un<br />

carcere: il canuto prigioniero, generalmente incatenato, è riverso sulle ginocchia di una giovane che lo<br />

allatta. Un carceriere scruta da dietro le sbarre di una finestra; oppure i carnefici fanno irruzione nella<br />

cella con le spade sguainate. Nell’iconografia barocca il tema ha spesso il valore di una semplice allegoria<br />

della giovinezza e della vecchiaia, non di rado con accenti erotici. Nel tardo settecento neoclassico<br />

il tema tornò ad essere l’esimplificazione morale di pietà filiale.<br />

(J. HALL Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte, pag. 89).<br />

BARTHEL BEHAM,<br />

Norimberga 1502- Bologna 1540<br />

17 IL PASTORE, 1525<br />

<br />

<br />

Bulino, monogrammato e datato in lastra in alto a sinistra.<br />

Bibliografia: Hollstein -German- III.127.217 II/III.<br />

(mm. 52x78). [17346A]<br />

Magnifica prova nel secondo stato su tre. Impressa su carta databile nel primo<br />

quarto del XVI secolo. In perfetto stato di conservazione. Con piccolo margine<br />

tutt’intorno oltre l’impronta del rame.<br />

La figura del pastore nell’arte può avere molte tipologie, sia di carattere cristiano che di carattere<br />

mitologico. Questa sembrerebbe essere l’immagine del buon pastore, un adattamento di un prototipo<br />

pagano: quello di Mercurio guardiano di armenti che trasporta un ariete, la pecora salvata e reintegrata<br />

nel gregge era il simbolo del peccatore pentito.


HEINRICH ALDEGREVER,<br />

Soest 1502 - 1558<br />

18 PIRAMO E TISBE, 1528-30<br />

Bulino, monogrammato in lastra al centro verso sinistra.<br />

Bibliografia: Hollstein -German- I.55.101.<br />

(diametro mm. 55). [6263B]<br />

Magnifica prova nell’unico stato. Impressa su carta databile nella prima metà<br />

del XVI secolo. In perfetto stato di conservazione, con sottile margine<br />

tutt’intorno oltre la linea marginale.<br />

Tratto dalle Metamorfosi di Ovidio (IV.55-166) il dramma di Piramo e Tisbe riscosse un notevole favore<br />

tra gli artisti. La vicenda assomiglia vagamente al dramma shakespeariano di Giulietta e Romeo.<br />

La storia narra dei due innamorati, incontratisi di nascosto fuori le mura della città. Tisbe giunta per<br />

prima vide una leonessa con la bocca insanguinata e fuggì perdendo il velo che la belva lacerò. Piramo<br />

poco dopo trovò il velo insanguinato e credendo l’amata sopraffatta dalla belva per la disperazione si<br />

uccise con la sua spada ed il suo sangue colorò le bacche del gelso. Tisbe tornò e trovando il suo<br />

amato morente si gettò anch’essa sulla spada.<br />

GEORG PENCZ,<br />

Norimberga 1500 c.a – 1550 c.a<br />

19 LA SUONATRICE D’ARPA, 1544<br />

Bulino, monogrammato e datato in lastra in basso al centro.<br />

Bibliografia: Hollstein –German- XXXI.181.81, Landau 96.<br />

(diamentro mm. 56). [1671B]<br />

Magnifica prova nell’unico stato. Impressa su carta databile alla metà del XVI<br />

secolo. In perfetto stato di conservazione, con sottile margine tutt’intorno<br />

oltre l’impronta del rame.<br />

Al verso:<br />

Timbro di collezione del Germanisches National-Museum di Norimberga<br />

(Lugt 2809) e il suo timbro doublette. Il Gabinetto delle stampe di questo<br />

museo possiede circa 120.000 fogli, soprattutto sulla grafica tedesca del ‘400 e<br />

del ‘500.<br />

David Landau sottolinea la rarità delle prove coeve di questa stampa.<br />

La suonatrice d’arpa è un’incisione la cui interpretazione non è semplice. La mancanza di accessori e<br />

la semplice linearità con cui sono disegnati il letto e gli strumenti inducono a pensare che questa<br />

stampa vada letta come puro omaggio alla donna, al suo corpo, alle sue qualità o ai suoi vizi. (cfr. D.<br />

LANDAU Georg Pencz, Milano 1978).


VIRGIL SOLIS,<br />

Norimberga 1514 – 1562<br />

20 UN BAGNO PUBBLICO, 1540-45<br />

Bulino, monogrammato in lastra in basso al centro.<br />

Bibliografia: Bartsch IX.141.265, The Illustrated Bartsch 19.130.265,<br />

Hollstein –German- LXIII/I.161.205, O’Dell-Franke F71.<br />

(mm. 321x278). [25467G]<br />

Splendida e estremamente rara prova nell’unico stato. Impressa su carta con la<br />

filigrana del ‘bastone di Basilea sormontato dalla torre’ (cfr. Tschudin 146-<br />

154) databile alla metà del XVI secolo. In perfetto stato di conservazione, ad<br />

eccezione di antichi incollaggi al verso. Completa della parte incisa.<br />

Al verso:<br />

In inchiostro antico ‘iL64’, sigla non riportata dal Lugt.<br />

Bartsch la considera l’opera più bella di Virgil Solis, sovente presa per un’opera di Aldegrever, anche<br />

a causa del monogramma inciso al centro. È dunque probabile che Virigl Solis si sia ispirato a qualche<br />

disegno di Aldegrever. Questa stampa fino agli inizi del XIX secolo era conosciuta con il nome della<br />

Società degli Anabattisti, e comunque l’immagine, rara per quei tempi, di un bagno pubblico.<br />

Gli Anabattisti (Ribattezzatori) rappresentarono una delle esperienze più significative del vasto movimento<br />

della Riforma. Essi erano convinti che ogni fedele potesse essere un "carismatico" in grado<br />

di guidare gli altri verso la realizzazione di un regno di giustizia-uguaglianza, ritenuto imminente in<br />

virtù della parusia del Cristo. Ciò che distingueva nettamente la loro fede dalle altre confessioni era<br />

la convinzione che il battesimo fosse per gli adulti e non per i bambini (Cresima - Battesimo).


PIETER BRUEGEL il Vecchio (da),<br />

Breugel 1525 - Bruxelles 1569<br />

21 SEDICI NAVI DIFFERENTEMENTE ARMATE, 1561-62<br />

Bulino, firmato in lastra in basso a sinistra.<br />

Bibliografia: Hollstein -Dutch and Flemish- III.264.108 I/II, Bastelaer-Fargo<br />

Gilchrist 108 I/II.<br />

(mm. 216x300). [24632G]<br />

Splendida e rara prova nel primo stato su due. Impressa su carta con la filigrana<br />

della ‘P gotica’ databile nella prima metà del XVI secolo (la filigrana della<br />

‘P gotica’ esiste in decine di varianti, tutte databili prima della metà del XVI secolo,<br />

la maggior parte olandesi, francesi o tedesche). A causa dell’intrecciato<br />

disegno non si riesce a stabilire l’esatta forma che, comunque, è chiaramente<br />

attribuibile a quel periodo (cfr. PICCARD Wasserzeichen buchstabe P, 3 voll.<br />

Stoccarda 1977). In perfetto stato di conservazione, leggere tracce di pieghe<br />

centrali visibili solo al verso. Con sottilissimo margine tutt’intorno oltre la linea<br />

marginale.<br />

Dalla serie: “Navi da guerra”. Incisore: Hieronymus Cock (Anversa 1507 –<br />

1570).<br />

Al verso:<br />

Un timbro di collezione ‘deB.’ non riportato dal Lugt.<br />

Le sedici navi di Bruegel, tavola della serie delle “Navi da Guerra”, sono un compendio dei suoi lavori<br />

sulle navi da guerra e la preparazione della celebre e grandissima stampa della “Battaglia nello<br />

stretto di Messina” (Hollstein 96). Sono rappresentate numerose navi a uno, due o tre alberi in svariate<br />

andature tra l’altro non compatibili tra loro nello stesso mare con presumibilmente la stessa direzione<br />

del vento. La presenza di una torre di vedetta saracena in alto a destra suggerisce senz’altro<br />

un qualche luogo del Mediterraneo nord-occidentale.<br />

Come per tutte le sue incisioni, eccetto Il paesaggio con il cacciatore di conigli (Hollstein III.253.1),<br />

Bruegel è l’autore dei disegni preparatori che venivano poi incisi da intagliatori nella sua bottega. La<br />

precisa destinazione dei suoi disegni, il loro formato identico a quello delle stampe e gli ultimi studi<br />

fanno giustamente pensare che il rapporto maestro-artigiano fosse ben più stretto di quanto non sia<br />

tradizionalmente riconosciuto.


JUSEPE DE RIBERA detto LO SPAGNOLETTO,<br />

Iativa di Valenza 1591 - Napoli 1652<br />

22 IL POETA, 1620-21 (1630-35 1 )<br />

Acquaforte.<br />

Bibliografia: Bartsch XX.49.10, The Illustrated Bartsch 44.278.10, Brown 3,<br />

Bayer Napoli 372.3.3.<br />

(mm. 158x121). [17318A]<br />

Superba e rarissima prova nell’unico stato. Impressa su carta databile nella<br />

prima metà del XVII secolo. In eccezionale stato di conservazione, con buon<br />

margine (5-18 millimetri) tutt’intorno oltre l’impronta del rame.<br />

Brown segnala che le impressioni più antiche sono molto ricche nelle ombre,<br />

soprattutto intorno al viso dove l’inchiostro sembra uscire dal segno,<br />

particolare ben visibile in questo esemplare.<br />

L’iconografia del poeta di Ribera sintetizza gli attributi della melanconia e della poesia. Sono state<br />

ritrovate corrispondenze letterarie che vanno da Petrarca a Lorenzo de’ Medici fino a Dante. La posa<br />

sembra essere ispirata a quella di Eraclito nella Scuola d’Atene della stanza della Segnatura di<br />

Raffaello. Wallace ha suggerito che il blocco di pietra al quale sono appoggiati sia Eraclito che il<br />

poeta, potrebbe essere il cubo della ragione, mentre la fenditura del blocco di pietra potrebbe essere<br />

un richiamo alla Vanitas. Il cubo della ragione è contrapposto alla sfera del caso negli emblemi<br />

dell’Alciati in Ars naturam adiuvans.<br />

1 La datazione di questa stampa è stata recentemente messa in discussione da John T. Spike, curatore<br />

del Bartsch Illustrato. Egli, basandosi su un disegno datato ‘1639’ di Salvator Rosa, che riprende<br />

chiaramente l’impianto della stampa del Ribera, sostiene che le qualità “atmosferiche e coloristiche”<br />

sono caratteristiche del decennio 1630-40 di Ribera. (cfr. The Burlington Magazine, maggio 1982<br />

pag. 322).


JACQUES CALLOT,<br />

Nancy 1594 - 1635<br />

23 LA GRANDE PASSIONE, 1618<br />

Acqueforti, serie completa di sette stampe, firmate in lastra.<br />

Bibliografia: Lieure 281 II/IV, 282 I/IV, 283 I/II, 284 I/IV, 285 I/III, 286<br />

I/III, 287 I/II.<br />

(mm. 108÷115x211÷217). [20507-513A]<br />

Superbe prove di qualità omogenea nel raro primo stato (ad eccezione della<br />

prima tavola che è nel secondo stato). Impresse su carta della medesima qualità:<br />

la 2ª, 3ª, 4ª e 6ª tavola con la filigrana della ‘doppia C con la croce di<br />

Lorena’ (Lieure 29), la 1ª, 5ª e 7ª tavola con la filigrana del corno di caccia con<br />

le lettere LC’ (Lieure 32) contromarca della filigrana ‘doppia C con la croce di<br />

Lorena’, caratteristiche delle prove più antiche, e databili nella prima metà del<br />

XVII secolo. In eccezionale stato di conservazione, con margine da piccolo a<br />

buono (3-9 millimetri circa) tutt’intorno oltre l’impronta del rame.<br />

La serie doveva essere di dodici stampe, ma per motivi a noi sconosciuti Callot non la completò, anzi<br />

la quarta tavola L’incoronazione di spine è incompleta. Lieure segnala che le tavole più ricercate sono<br />

quelle di primo stato con la filigrana della ‘doppia C’ come questi esemplari.


REMBRANDT HARMENSZOON VAN RIJN,<br />

Leyda 1606 – Amsterdam 1669<br />

24 REMBRANDT E SASKIA, 1636<br />

Acquaforte, firmata e datata in lastra in alto a sinistra.<br />

Bibliografia: White-Boon 19 II/III, Biörklund-Barnard 36-A II/III,<br />

Hinterding 11 II/III.<br />

(mm. 104x93). [25102A]<br />

Magnifica prova nel raro secondo stato su tre. Impressa su carta databile alla<br />

metà del XVII secolo. In eccezionale stato di conservazione, completa all’interno<br />

dell’impronta del rame.<br />

Come nel Autoritratto con la sciabola (B.18), Rembrandt si descrive con ricercatezza, pieno di<br />

piratesca spavalderia, caratteristica di un giovane promettente provinciale, finalmente arrivato. Egli<br />

era diventato uno degli artisti di maggior successo di Amsterdam ed aveva coronato questo successo<br />

con la conquista di una ricca sposa borghese.


REMBRANDT HARMENSZOON VAN RIJN<br />

25 GESÙ AD EMMAUS, LASTRA GRANDE, 1654<br />

Acquaforte, bulino e puntasecca, firmata e datata in lastra in basso a sinistra.<br />

Bibliografia: White-Boon 87 II/III, Biörklund-Barnard 54-H II/III,<br />

Hinterding 72 II/III.<br />

(mm. 213x160). [25104G]<br />

Splendida prova ricca di contrasto con buone barbe nei ritocchi alla puntasecca,<br />

nel raro secondo stato su tre (le prove in primo stato sono incomplete).<br />

Impressa su carta databile alla metà del XVII secolo. In eccezionale stato di<br />

conservazione, con piccolo margine (4-5 millimetri tutt’intorno oltre<br />

l’impronta del rame.<br />

Nowell Usticke, sottolineando la rarità delle prove più antiche, segnala per<br />

queste impressioni molto contrastate, ricche barbe sul pavimento, sul tavolo,<br />

sull’uomo a destra , caratteristiche ben visibili in questo foglio. H. <strong>Salamon</strong><br />

assegna al secondo stato di questa stampa la qualifica ‘RRR’ valutando<br />

esistenti circa 50 esemplari.<br />

A differenza del dipinto del medesimo soggetto eseguito nel 1648 e ora al Louvre a Parigi,<br />

Rembrandt conferisce a questa scena un aspetto più mistico anche nell’atteggiamento del servitore che<br />

qui, mentre scende in cantina, sembra essere curioso del fatto misterioso che avviene. Il momento<br />

scelto da Rembrandt nella descrizione dell’evento è quello centrale della comunione, in cui Gesù dopo<br />

aver spezzato il pane si accinge a darlo agli attoniti discepoli che lo avevano appena riconosciuto. “E<br />

avvenne che, mentre egli stava seduto a tavola con loro, prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede<br />

loro. Allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero, ma egli divenne loro invisibile”(Luca 24.30-<br />

31).


REMBRANDT HARMENSZOON VAN RIJN<br />

26 IL GIOCATORE DI GOLF, 1654<br />

Acquaforte, firmata e datata in lastra in basso a sinistra.<br />

Bibliografia: White-Boon 125 II/II, Biörklund-Barnard 54A, Hinterding 105<br />

II/II.<br />

(mm. 95x143). [24792A]<br />

Magnifica prova ben contrastata, nel secondo stato su due in cui sono stati<br />

rimossi i difetti di morsura. Impressa su carta databile tra la seconda metà del<br />

XVII secolo e gli inizi del XVIII secolo. In perfetto stato di conservazione, ad<br />

eccezione di un leggero ingiallimento di piccolissime dimensioni in alto a<br />

sinistra. Con buoni margini (10-14 millimetri) tutt’intorno oltre l’impronta<br />

del rame.<br />

La scena probabilmente si svolge in un’osteria di campagna e raduna, con un sorprendente effetto<br />

pittorico, ben tre scene: il giovane silenzioso in primo piano, i due gentiluomini che chiacchierano al<br />

centro e il giocatore di golf. Un angolo di intima vita giornaliera di questa epoca ricca e tormentata. Il<br />

gioco del golf (kolf in olandese) era estremamente popolare in Olanda e veniva praticato sia nei campi<br />

che nelle case.


REMBRANDT HARMENSZOON VAN RIJN<br />

27 LA MENDICANTE CON LA ZUCCA VUOTA, 1629-30<br />

Acquaforte.<br />

Bibliografia: White-Boon 168 II/II, Biörklund-Barnard 30-16 II/II,<br />

Hinterding 136 II/II.<br />

(mm. 104x47). [24630A]<br />

Superba prova nel secondo stato su due (del primo stato non esistono più di<br />

una ventina di esemplari). Impressa su carta databile nella prima metà del XVII<br />

secolo. In eccezionale stato di conservazione, con sottile margine (1-2 millimetri)<br />

tutt’intorno oltre l’impronta del rame.<br />

La figura della mendicante sembra voler rapprensentare la quintessenza della povertà, descritta<br />

come una cruda ineluttabile verità del quotidiano che Rembrandt amava fissare sulle sue lastrine<br />

pronte per l’acquaforte (quasi un taccuino). Sia i medicanti che i pellegrini utilizzavano<br />

la zucca come contenitore per l’acqua, in virtù della sua leggerezza e resistenza. Inoltre, grazie<br />

alla particolare forma, poteva essere comodamente trasportata a tracolla o legata ai fianchi.


REMBRANDT HARMENSZOON VAN RIJN<br />

28 NUDO SEDUTO, 1646<br />

Acquaforte, firmata e datata in lastra in basso a sinistra.<br />

Bibliografia: White-Boon 193 I/II, Biörklund-Barnard 46-B I/II Hinterding<br />

150 I/II.<br />

(mm. 164x97). [6554B]<br />

Superba e rarissima prova nel primo stato su due. Impressa su carta databile<br />

alla metà del XVII secolo. In perfetto stato di conservazione, ad eccezione di<br />

un piccolissimo restauro nell’angolo superiore sinistro perfettamente eseguito.<br />

Con sottilissimo margine oltre l’impronta del rame su tre lati e visibile a<br />

tratti oltre l'impronta del rame sul lato sinistro.<br />

Nowell Usticke, confermato successivamente da Hinterding, nel suo studio<br />

sulla rarità delle acqueforti di Rembrandt segnala, per le prove più antiche,<br />

impressioni ricche, nette e contrastate, particolari evidenti in questo foglio.<br />

Questo studio di nudo è una dimostrazione del virtuosismo di Rembrandt. Eseguito davanti ad un<br />

modello messo in posa, si può quasi vedere l’artista disegnare e modellare mentre incide direttamente<br />

sulla lastra, osservando ogni punto e mettendolo in relazione con il seguente, infittendo le ombre<br />

dove sono richieste e incidendole con disordinati segni paralleli sullo sfondo, segni che riflettono il<br />

suo tocco certo e impaziente. E ancora, il modello è inserito su uno sgabello all’ombra di una tenda,<br />

quasi come fosse un’ostrica nella sua conchiglia.


REMBRANDT HARMENSZOON VAN RIJN<br />

29 NUDO SEDUTO CON UNA GAMBA DISTESA, 1646<br />

Acquaforte, firmata e datata in lastra in basso a sinistra.<br />

Bibliografia: White-Boon 196 II/II, Biörklund-Barnard 46, Hinterding 153<br />

II/II.<br />

(mm. 99x169). [25451G]<br />

Superba prova nel secondo stato su due (del primo stato sono conosciuti<br />

solo sei esemplari con i bordi della lastra irregolari). Impressa su carta databile<br />

alla metà del XVII secolo. In perfetto stato di conservazione, ad eccezione di<br />

leggeri ingiallimenti, di una crepa sul margine sinistro fuori dall’impronta del<br />

rame, e due microscopiche macchie (inchiostro o ruggine) a destra verso l’alto<br />

e al centro fuori dalla composizione che nulla tolgono alla bellezza o al valore.<br />

Con buoni margini (10-12 millimetri) tutt’intorno oltre l’impronta del rame.<br />

Al verso:<br />

Timbro della collezione personale di Ferdinando <strong>Salamon</strong> (Pola 1910-Firenze<br />

1974) (Lugt 3406), agente di cambio, collezionista e mercante di stampe a<br />

Torino.<br />

Questo nudo di schiena è una dimostrazione del virtuosismo di Rembrandt, inciso direttamente<br />

sulla lastra come Il nudo seduto (cat. 28 White Boon 193) dello stesso anno, da un<br />

modello messo in posa. L’artista disegna osservando ogni punto e mettendolo in relazione<br />

con il seguente infittendo le ombre dove sono richieste e usando segni paralleli che riflettono<br />

un tocco certo ed impaziente. È probabile che il giovane modello sia il medesimo del già citato<br />

nudo seduto.


REMBRANDT HARMENSZOON VAN RIJN<br />

30 PRIMA TESTA D’ORIENTALE, 1635<br />

Acquaforte e puntasecca, firmata e datata in lastra in alto al centro.<br />

Bibliografia: White-Boon 286 II/III, Biörklund-Barnard 35-E II/III,<br />

Hinterding 213 II-III/IV .<br />

(mm. 151x125). [25452G]<br />

Splendida prova ben contrastata nel secondo stato su tre o in uno stato intermedio<br />

tra il secondo e il terzo su quattro secondo Hinterding. Impressa<br />

su carta databile alla metà del XVIII secolo. In eccezionale stato di conservazione,<br />

con buon margine (10-12 millimetri) tutt’intorno oltre l’impronta del<br />

rame.<br />

Nowell-Usticke assegna a questa stampa la qualifica ‘R+’ valutando esistenti<br />

tra tirature antiche e postume, da 75 a 125 esemplari.<br />

Uno dei soggetti preferiti di Rembrandt furono gli studi di teste, intesi non come ritratti, ma piuttosto<br />

come esercizi nella raffigurazione delle espressioni del volto. Egli non temeva il realismo nella raffigurazione<br />

del corpo umano, ne mostrava le imperfezioni, negando le regole dell’arte allora in vigore,<br />

dominate dall’ideale classico di bellezza.


STEFANO DELLA BELLA,<br />

Firenze 1610 - 1664<br />

31 PIACEVOLI DIVERSE FIGURE, 1642<br />

Acqueforti, serie completa di tredici stampe, firmate e datate sul frontespizio.<br />

Bibliografia: De Vesme-Massar 117-127 III/VI; De Vesme-Massar 1080-1081<br />

incise da Claude Goyrand da disegni di Stefano Della Bella; Ortolani 117-127<br />

III/VI, <strong>Salamon</strong> 61.<br />

(mm. c.a 69÷80x97÷106). [5100-112B]<br />

Superbe prove di qualità omogenea nel terzo stato su sei. Impresse su carta<br />

del medesimo tipo databile alla metà del XVII secolo, le tavole 1ª, 5ª, 6ª, 8ª, 10ª,<br />

11ª, 12ª e 13ª su carta con parte della filigrana del ‘giglio di Strasburgo’ . In<br />

perfetto stato di conservazione, salvo leggerissime macchie sui margini, alcune<br />

visibili al recto. Con ampi margini (20-40 millimetri) tutt’intorno oltre<br />

l’impronta del rame.<br />

Gruppo di tredici stampe, fu pubblicato nel 1642 da Israel Henriet (di cui due stampe incise da<br />

Goyrand), fu preso e ripreso in mano svariate volte da Stefano della Bella. A testimonianza della sua<br />

grande fama fin dal suo apparire, questo gruppo di stampe ci mostra l’abilità con cui Stefano ha interpretato<br />

temi e piccolo formato cari al Callot ,ma con un suo stile virtuoso e preciso.


STEFANO DELLA BELLA<br />

32 PAESAGGI E PORTI DI MARE NEL TONDO, 1656<br />

Acqueforti, serie completa di sei stampe, firmate e datate in lastra in basso a sinistra,<br />

la quarta e sesta tavola anche con il monogramma in basso a destra.<br />

Bibliografia: De Vesme-Massar 743-748 II/II, <strong>Salamon</strong> 134.<br />

(mm. c.a 130÷142x130÷137). [5220-25B]<br />

Splendide prove di qualità omogenea, nel secondo stato su due. Impresse su<br />

carta del medesimo tipo databile nella seconda metà del XVII secolo, la 4ª tavola<br />

con parte della filigrana ‘incudine e martello nel doppio cerchio incoronato’.<br />

In perfetto stato di conservazione, la 1ª, 5ª e 6ª tavola complete all’impronta<br />

del rame; con sottile margine oltre l’impronta del rame le restanti tavole.<br />

Questa serie è un po slegata, tematicamente, e comprende sei stampe (De Vesme 743-748) raffiguranti<br />

paesaggi con varie figure, contemporanee, esotiche, mitologiche; per essere datata ‘1656’ essa costituisce<br />

un punto sicuro di riferimento nello svolgimento degli ultimi anni di Stefano. La serie è firmata,<br />

ma né numerata, né segnata col nome dell’editore, ed è probabilmente fra le opere che l’artista<br />

pubblicò per proprio conto a Firenze, forse avendo in mente di fare o delle incisioni isolate oppure<br />

una serie più grande. Infatti l’esistenza di vari disegni raffiguranti paesaggi con figure mitologiche in<br />

incorniciature rotonde, fa supporre che il terzo e il quarto foglio di questa serie fossero stati pensati<br />

originariamente in gruppo con tali disegni, e che solo in un secondo tempo siano stati accompagnati<br />

alle altre quattro stampe, tanto per formare una piccola serie che però, come si diceva, non è del tutto<br />

omogenea (cfr. Forlani Tempesti, 1973, n. 67). Ciò niente toglie tuttavia alla bellezza dei singoli<br />

pezzi, che sono incisi in tondo su lastre rettangolari e che ci sono noti in soli due stati, uno avanti e<br />

uno con la firma.<br />

(A. FORLANI TEMPESTI Incisioni di Stefano della Bella, Firenze 1973, pagg. 141-2)


ADRIAEN VAN OSTADE,<br />

Haarlem 1610 – 1684<br />

33 IL PICCOLO VIOLINISTA GOBBO, 1654<br />

Acquaforte e bulino, firmata in lastra in basso a sinistra.<br />

Bibliografia: Godefroy 44 IV/VI.<br />

(mm. 153x110). [24304A]<br />

Magnifica prova nel quarto stato su sei. Impressa su carta databile nella seconda<br />

metà del XVII secolo. In eccezionale stato di conservazione, con buoni<br />

margini tutt’intorno oltre l’impronta del rame.<br />

In questa stampa si pone la piccola figura del violinista gobbo, mendicante, di fronte ad una famiglia<br />

affacciata sull’uscio della loro casa, sicuramente benestante vista la casa, i giochi e gli accessori dei<br />

bambini e dei genitori che seguono le note dello strumento ed apprezzano la bravura del musicista.<br />

34 IL VIOLINISTA E IL SUONATORE DI GHIRONDA, 1660 c.a<br />

Acquaforte, bulino e puntasecca, firmata in lastra in basso a sinistra.<br />

Bibliografia: Godefroy 45 IV/VI.<br />

(mm. 148x126). [24303A]<br />

Magnifica prova nel quarto stato su sei. Impressa su carta databile nella seconda<br />

metà del XVII secolo. In eccezionale stato di conservazione, con buoni<br />

margini tutt’intorno oltre l’impronta del rame.<br />

La ghironda o gironda è uno strumento musicale a corde di origine medievale. I suonatori di questo<br />

strumento, come i violinisti, erano associati alla classe popolare, girovaghi che suonavano i loro<br />

strumenti per ottenere in cambio ospitalità e cibo, approfittando soprattutto delle grandi feste di<br />

paese che si svolgevano durante tutto l’arco dell’anno.<br />

Nella seconda metà del XVII secolo lo strumento appare nella corte francese nell'ambito della<br />

"moda" pastorale dell'aristocrazia di quegli anni; l'opera del liutaio Henri Bâton, che nei primi anni<br />

del secolo successivo sviluppa la ghironda nella sua forma “moderna”, permette inoltre l'inserimento<br />

della vielle à roue (il nome francese dello strumento) tra gli strumenti da musica da camera. Le ghironde<br />

create da Bâton, disponibili nelle forme a chitarra e a liuto, più curate nell'aspetto esteriore e<br />

dotate di un'intonazione più precisa, riscuotono largo successo soprattutto tra il pubblico femminile;<br />

in breve tempo lo strumento viene ammesso ai concerti e molti fabbricanti di strumenti cominciano a<br />

produrlo.<br />

Il gran numero di opere d'arte del periodo che raffigurano la ghironda e i molti componimenti eseguiti<br />

sono prova della popolarità dello strumento, che tuttavia non ottiene un posto “fisso” all'interno<br />

dell'orchestra d'opera; nella seconda metà del secolo, infatti, ritorna ad essere principalmente<br />

uno strumento folcloristico.


ANTONIO CANAL detto IL CANALETTO,<br />

Venezia 1697 - 1768<br />

35 CAPRICCIO PADOVANO CON UNA TERRAZZA, 1740 c.a<br />

Acquaforte, firmata in lastra in basso al centro.<br />

Bibliografia: Succi 17 II/III, <strong>Salamon</strong> 18, Bromberg (1993) 24 II/III,<br />

Montecuccoli Degli Erri 19 I/II.<br />

(mm. 144x210). [25293G]<br />

Splendida prova nel secondo stato su tre e nel primo stato editoriale su tre secondo<br />

Montecuccoli degli Erri. Impressa su carta databile nella seconda metà<br />

del XVIII secolo, lo stato conferma ulteriormente la data. In eccezionale stato<br />

di conservazione, con piccolo margine (4-8 millimetri) tutt’intorno oltre<br />

l’impronta del rame.<br />

Dalla serie: “Vedute altre prese dai luoghi altre ideate”.<br />

Al verso:<br />

Timbro di collezione ‘PJ su una sfera’ non catalogato dal Lugt<br />

La firma e la data a matita‘1886’ di Wunderlich non catalogato dal Lugt.<br />

Il timbro di Sylvester Rosa Koehler (Boston 1837-1900) (Lugt 1580 e 1581).<br />

Conservatore del Gabinetto delle Stampe di Boston e privatamente collezionista.<br />

Timbro di collezione del Museo Fine Arts di Boston (Lugt 282) con<br />

l’aggiunta ‘cancelled’ e la sigla ‘H.P.R.’<br />

Due sigle ‘MFA’ e ‘HY’ non riportate dal Lugt.<br />

Un disegno in cui la ripresa del taglio vedutistico è capovolto e più distanziato, si trova al<br />

Kupferstichkabinet di Berlino. Esso reca, in calce, l’iscrizione di pugno dell’artista “Zuane Antonio<br />

da Canal, detto il Canaletto lò dissegnià è fatto”. Un’altra scritta dice “Vista in Padova esatta”. Nella<br />

collezione Arturo Grassi di Firenze si trova un disegno quasi identico all’incisione. L’aggiunta<br />

dell’altana, che non compare nel disegno berlinese, conferisce alla veduta il fascino di suggestivo capriccio<br />

più veneziano chde padovano.<br />

(cfr. D. SUCCI Canaletto e Visentini, Venezia e Londra 1986, pag. 197).


ANTONIO CANAL detto IL CANALETTO<br />

36 LE PROCURATIE NUOVE E SAN GEMINIANO, 1741 c.a<br />

Acquaforte, firmata in lastra in basso a sinistra.<br />

Bibliografia: Succi 20 II/II, <strong>Salamon</strong> 16, Bromberg (1993) 25 II/II,<br />

Montecuccoli degli Erri 17 III/III .<br />

(mm. 145x212). [25447G]<br />

Superba prova nel secondo stato su due e nel terzo stato editoriale su tre secondo<br />

Montecuccoli degli Erri . Impressa su carta databile alla metà del XVIII<br />

secolo. In eccezionale stato di conservazione, con ampi margini (30-60 millimetri)<br />

tutt’intorno oltre l’impronta del rame.<br />

Dalla serie: “Vedute altre prese dai luoghi, altre ideate”.<br />

Il cono d’ombra insolitamente denso conferisce vigore al taglio vedutistico, inscenato tra le quinte<br />

dello spigolo della Basilica Marciana e dell’edificio civile da cui sporgono le tende. La ripresa della<br />

pittoresca umanità che si muove nella gran piazza è attuata da Canaletto con vibrante partecipazione.<br />

(D. SUCCI Canaletto e Visentini, Venezia e Londra 1986 pag. 199).


GIAN DOMENICO TIEPOLO,<br />

Zianigo 1727 - Venezia 1804<br />

37 LA SACRA FAMIGLIA ESCE DALLA PORTA DELLA CITTÀ, 1750-53<br />

<br />

Acquaforte e bulino, firmata in lastra due volte al centro e verso destra.<br />

Iscritta (o firmata?) a penna in basso al centro “di Domenico Tiepolo*.<br />

Bibliografia: De Vesme 7, Succi 48 II/III, Rizzi 74.<br />

(mm. 185x245). [25479G]<br />

Superba prova nel raro secondo stato su tre. Impressa su carta databile alla<br />

metà del XVIII secolo. In perfetto stato di conservazione, ad eccezione di leggere<br />

e piccolissime macchie visibili solo al verso e di una piccolissima piega di<br />

stampa nell’angolo superiore sinistro fuori dalla parte incisa. Con margine da<br />

piccolo a buono (9-13 millimetri) tutt’intorno oltre l’impronta del rame.<br />

Dalla serie: “Idee pittoresche sopra la fuga in Egitto”.<br />

Al recto:<br />

In inchiostro antico ‘N.9’ in alto a destra e l’iscrizione a penna ‘di Domenico<br />

Tiepolo’ (firma?) non riportate dal Lugt.<br />

*L’iscrizione potrebbe essere una firma, anche con un confronto di altre del Giandomenco, sarebbe<br />

comunque un caso unico e dunque resta una supposizione.<br />

Ispirata a disegni del padre Giovanni Battista, questa serie è tra le più ricercate di Giandomenico<br />

Tiepolo, in particolare quelle nel secondo stato su tre prima dell’aggiunta del numero al centro.<br />

L’episodio della Fuga in Egitto sinteticamente raccontato da Matteo (2.13,15) è amplificato dai Vangeli<br />

apocrifi, la Sacra Famiglia durante la sua fuga ricevette molta simpatia dal popolo, il gruppo di<br />

orientali a destra è descritto da Giandomenico con viva partecipazione e ispira notevole simpatia.


GABRIELE RICCIARDELLI,<br />

Attivo a Napoli tra il 1740 e il 1780<br />

38 VEDUTA DI CHIAIA, 1765<br />

Acquaforte.<br />

Bibliografia: Le Blanc V.591.10, Thieme-Becker V.586, Pane-Valerio 110.<br />

(mm. 430x890). [24087A]<br />

Splendida prova nell’unico stato. Impressa su due lastre e su due fogli, di cui<br />

la parte sinistra con la filigrana ‘un cerchio e giglio con lettera V’ (Robinson,<br />

Piranesi, 10) databile intorno alla metà del XVIII secolo. In perfetto stato di<br />

conservazione, ad eccezione di un leggero ingiallimento a sinistra verso il<br />

basso. Con ampi margini tutt’intorno (25-120 millimetri) oltre l’impronta del<br />

rame. Si segnala che, come di consueto, al fine di montare la stampa in<br />

un’unica veduta, il foglio di destra è privo di margine.<br />

Acquaforte incisa da Antonio Alessandro Giuseppe Cardon (Bruxelles 1739-<br />

1822).<br />

Come giustamente detto da Lucio Fino, Ricciardelli fu il pittore che per primo si rese conto che<br />

un’unica veduta di Napoli era praticamente impossibile da rappresentare poiché la città ormai si<br />

estendeva da Posillipo al Borgo Loreto, un territorio così vasto che necessitava di molteplici punti di<br />

ripresa. (L. FINO Il vedutismo a Napoli, Napoli 1990).


GABRIELE RICCIARDELLI<br />

39 VEDUTA DI PONTE NUOVO, 1765<br />

Acquaforte, firmata in lastra in basso al centro.<br />

Bibliografia: Le Blanc V.591.12, Thieme-Becker V.586, Pane-Valerio 112.<br />

(mm. 426x895). [24088A]<br />

Splendida prova nell’unico stato. Impressa su due lastre su due fogli, di cui la<br />

parte sinistra con la filigrana ‘un cerchio e giglio con lettera V’ (Robinson,<br />

Piranesi, 10) databile intorno alla metà del XVIII secolo. In perfetto stato di<br />

conservazione, ad eccezione di leggeri difetti lungo i margini e di una leggera<br />

piega di stampa nell’angolo inferiore sinistro. Con ampi margini tutt’intorno<br />

(20-110 millimetri) oltre l’impronta del rame. Si segnala che, come di<br />

consueto, al fine di montare la stampa in un’unica veduta, il foglio di sinistra è<br />

privo di margine.<br />

Acquaforte incisa da Antonio Alessandro Giuseppe Cardon (Bruxelles 1739-<br />

1822) e dedicata al Conte di Cobenzil.<br />

Come giustamente detto da Lucio Fino, Ricciardelli fu il pittore che per primo si rese conto che<br />

un’unica veduta di Napoli era praticamente impossibile da rapprensentare poiché la città ormai si<br />

estendeva da Posillipo al Borgo Loreto, un territorio così vasto che necessitava di molteplici punti di<br />

ripresa. (L. FINO Il vedutismo a Napoli, Napoli 1990).


HONORÉ DAUMIER,<br />

Marsiglia 1808 – Valmondois 1879<br />

40 PERDU, MONSIEUR…PERDU SUR TOUS LES POINTS…, 1845<br />

Litografia, monogrammata in lastra in basso a sinistra.<br />

Bibliografia: L. Delteil IV.1337 II/III.<br />

(mm. 236x185). [25159A]<br />

Magnifica prova nel secondo stato su tre. Impressa su carta coeva con il testo<br />

de Le Charivari impresso al verso. In perfetto stato di conservazione, con<br />

buoni margini tutt’intorno. <br />

Dalla serie: “Les Gens de Justice”.<br />

41 IL DEFEND L’ORPHELIN ET LA VEUVE, À MOINS…, 1846<br />

Litografia, monogrammata in lastra in basso a destra.<br />

Bibliografia: L. Delteil IV.1358 II/II.<br />

(mm. 230x193). [25160A]<br />

Splendida prova nel secondo stato su due. Impressa su carta coeva con il testo<br />

de Le Charivari impresso al verso. In perfetto stato di conservazione, con<br />

buoni margini tutt’intorno. <br />

Dalla serie: “Les Gens de Justice”.<br />

42 AU CAFÉ D’AGUESSEAU, 1849<br />

Litografia, monogrammata in lastra in basso a sinistra.<br />

Bibliografia: L. Delteil IV.1359 III/III.<br />

(mm. 246x210). [14537A]<br />

Magnifica prova nel terzo stato su tre. Impressa su carta coeva con il testo de<br />

Le Charivari impresso al verso. In perfetto stato di conservazione, con buoni<br />

margini tutt’intorno. <br />

Dalla serie: “Les Gens de Justice”.<br />

43 ENCORE PERDU EN COUR ROYALE…, 1848<br />

Litografia, monogrammata in lastra in basso a sinistra.<br />

Bibliografia: L. Delteil IV.1370 II/II.<br />

(mm. 234x193). [25158A]<br />

Magnifica prova nel secondo stato su due. Impressa su carta coeva con il testo<br />

de Le Charivari impresso al verso. In perfetto stato di conservazione, con<br />

buoni margini tutt’intorno. <br />

Dalla serie: “Les Gens de Justice”.<br />

<br />

Le tavole con il testo della rivista satirica francese Le Charivari, stampate prima dell’edizione sur blanche,<br />

sono più rare di quanto possa sembrare. La rivista, pur ad alta tiratura per quei tempi, fu spesso distrutta<br />

come normalmente accade alle riviste e ai giornali.


HONORÉ DAUMIER<br />

44 L’EMPIRE C’EST LA PAIX, 1870<br />

Litografia, monogrammata in lastra in basso a sinistra e datata in lastra in<br />

basso a destra.<br />

Bibliografia: L. Delteil X.14 III/III.<br />

(mm. 230x185). [24915A]<br />

Splendida prova nel terzo stato su tre. Impressa su carta vellina sur blanche<br />

databile nella seconda metà del XIX secolo. In perfetto stato di conservazione,<br />

con buoni margini tutt’intorno. Dalla serie: “Actualités”.<br />

Il titolo fa riferimento ad una frase infelice di Napoleone III in cui afferma<br />

che l’Impero è la pace.<br />

45 UN PAYSAGE EN 1870, 1870<br />

Litografia, monogrammata in lastra in basso a sinistra e datata in lastra in<br />

basso a destra.<br />

Bibliografia: L. Delteil X.3828 III/IV.<br />

(mm. 226x179). [24214A]<br />

Splendida prova nel terzo stato su quattro. Impressa su carta vellina sur<br />

blanche databile nella seconda metà del XIX secolo. In perfetto stato di conservazione,<br />

con buoni margini tutt’intorno. Dalla serie: “Actualités”.<br />

Al verso:<br />

Timbro della collezione L’Art Ancien (Torino 1957-64) di Ferdinando e<br />

Teresa <strong>Salamon</strong> (Pola 1910-Firenze 1974; Torino 1911-1995) (Lugt 3403).<br />

<br />

<br />

<br />

46 ÉPOUVANTÉE DE L’HERITAGE, 1871<br />

Litografia, monogrammata in lastra in basso a sinistra e datata ‘1879?’ in lastra<br />

in basso a destra.<br />

Bibliografia: L. Delteil X.3838 III/III.<br />

(mm. 232x181). [24513A]<br />

Splendida prova nel terzo stato su tre. Impressa su carta vellina sur blanche<br />

databile nella seconda metà del XIX secolo. In perfetto stato di conservazione,<br />

con buoni margini tutt’intorno. Dalla serie: “Actualités”.<br />

<br />

<br />

<br />

47 CECI A TUÉ CELA, 1870<br />

Litografia, monogrammata in lastra in basso a sinistra.<br />

Bibliografia: L. Delteil X.3845 III/IV.<br />

(mm. 238x197). [24912A]<br />

Splendida prova nel terzo stato su quattro. Impressa su carta vellina sur<br />

blanche databile nella seconda metà del XIX secolo. In perfetto stato di conservazione,<br />

con buoni margini tutt’intorno. Dalla serie: “Actualités”.<br />

Al verso:<br />

Timbro della collezione L’Art Ancien (Torino 1957-64) di Ferdinando e<br />

Teresa <strong>Salamon</strong> (Pola 1910-Firenze 1974; Torino 1911-1995) (Lugt 3403).


PIERRE AUGUSTE RENOIR,<br />

Limoges 1841 - Cagnes-sur-mer 1919<br />

48 CLAUDE RENOIR LA TÊTE BAISSÉE, 1904<br />

Litografia, firmata in lastra in basso a destra.<br />

Bibliografia: L. Delteil XVII.39, Roger-Marx 14, Leymarie-Melot R39, Una<br />

Johnson 118.3, Stella 39 II/II, Delteil-Hyman 39 II/II.<br />

(mm. 185x185). [24649A]<br />

Splendida prova nel secondo stato su due. Impressa su carta vergellata del<br />

tipo arches. Stampata da Auguste Clot per le Edizioni Vollard in tiratura corrente.<br />

In eccezionale stato di conservazione, con margini intonsi e o editoriali.<br />

Dalla serie: “Douze lithographies originales de Pierre Auguste Renoir”, Parigi<br />

1919.<br />

Al verso:<br />

Timbro della collezione di Erich Chlomovitch (Jugoslavia 1910-Serbia 1942-<br />

1943 in campo di concentramento) (Lugt 3459).<br />

Le stampe di questa collezione hanno avuto molte vicissitudini legali. Vollard affidò, alla vigilia della<br />

guerra (anno in cui morì), gran parte delle sue opere a Eric Chlomovitch che gli era amico e collaboratore<br />

fidato. Parte della collezione finì in Jugoslavia e fu contestata da molti eredi, e parte fu conservata<br />

in una banca di Parigi. Dopo molti garbugli legali in cui erano coinvolti gli eredi di Vollard e di<br />

Chomovitch, si arrivò a una vendita poi annullata nel 1981. Alla fine, le cose si risolsero, certo è che<br />

gli oggetti coinvolti nella seconda guerra mondiale hanno impegnato legali e tribunali di tutto il<br />

mondo.<br />

I ritratti di Pierre Auguste Renoir riflettono una visione armoniosa e gioiosa e sembrano trasportare<br />

il modello presentandolo in una versione più congeniale del mondo che lo circonda. Il fascino di questi<br />

ritratti va oltre il soggetto. La spontaneità, creata apparentemente senza sforzo, consente agli osservatori<br />

di credere, momentaneamente, in un mondo meno incerto.<br />

L’immagine dell’artista si riflette nella sua pittura, tuttavia nei ritratti questa non riflette l’uomo<br />

Renoir. Egli era nella vita tutt’altro che spontaneo e senza problemi, si metteva incessantemente in discussione<br />

ed era in contrasto con le condizioni artistiche, sociali economiche e politiche che caratterizzavano<br />

la vita moderna di Parigi a cavallo dell’Ottocento e del Novecento.<br />

Renoir ha incessantemente cercato di ricreare il mondo come egli sperava che fosse, nei suoi ritratti<br />

questi suoi tentativi erano spinti all’estremo. Egli desiderava dipingere una somiglianza, coinvolto<br />

da una complicità con il soggetto e di creare con questi un rapporto. Diceva: “Si tratti di modelli,<br />

amici o clienti, ho bisogno di parlare la loro lingua”. Non voleva essere come loro, perché era nervoso,<br />

ansioso e a disagio in mezzo alla gente e alla società, ma voleva creare una somiglianza che trascendeva<br />

il modello dandogli un’anima che non era necessariamente la sua, ma quella che, secondo<br />

Renoir, avrebbe voluto essere grazie alla sua arte.


PIERRE AUGUSTE RENOIR<br />

49 ÉTUDE DE FEMME NUE, ASSISE, 1904<br />

<br />

Litografia, firmata in lastra in basso a destra.<br />

Bibliografia: L. Delteil XVII.42, Roger-Marx 17, Leymarie-Melot R42, Una<br />

Johnson 118.6, Stella 42 II/II, Delteil-Hyman 42 II/II.<br />

(mm. 195x165). [24648A]<br />

Splendida prova nel secondo stato su due. Impressa su carta vergellata del<br />

tipo arches. Stampata da Auguste Clot per le Edizioni Vollard in tiratura corrente.<br />

In eccezionale stato di conservazione, con margini intonsi e o editoriali.<br />

Dalla serie: “Douze lithographies originales de Pierre Auguste Renoir”, Parigi<br />

1919.<br />

Al verso:<br />

Timbro della collezione di Erich Chlomovitch (Jugoslavia 1910-Serbia 1942-<br />

1943 in campo di concentramento) (Lugt 3459).<br />

Le stampe di questa collezione hanno avuto molte vicissitudini legali. Vollard affidò, alla vigilia della<br />

guerra (anno in cui morì), gran parte delle sue opere a Eric Chlomovitch che gli era amico e collaboratore<br />

fidato. Parte della collezione finì in Jugoslavia e fu contestata da molti eredi, e parte fu conservata<br />

in una banca di Parigi. Dopo molti garbugli legali in cui erano coinvolti gli eredi di Vollard e di<br />

Chomovitch, si arrivò a una vendita poi annullata nel 1981. Alla fine, le cose si risolsero, certo è che<br />

gli oggetti coinvolti nella seconda guerra mondiale hanno impegnato legali e tribunali di tutto il<br />

mondo.<br />

I ritratti di Pierre Auguste Renoir riflettono una visione armoniosa e gioiosa e sembrano trasportare<br />

il modello presentandolo in una versione più congeniale del mondo che lo circonda. Il fascino di questi<br />

ritratti va oltre il soggetto. La spontaneità, creata apparentemente senza sforzo, consente agli osservatori<br />

di credere, momentaneamente, in un mondo meno incerto.<br />

L’immagine dell’artista si riflette nella sua pittura, tuttavia nei ritratti questa non riflette l’uomo<br />

Renoir. Egli era nella vita tutt’altro che spontaneo e senza problemi, si metteva incessantemente in discussione<br />

ed era in contrasto con le condizioni artistiche, sociali economiche e politiche che caratterizzavano<br />

la vita moderna di Parigi a cavallo dell’Ottocento e del Novecento.<br />

Renoir ha incessantemente cercato di ricreare il mondo come egli sperava che fosse, nei suoi ritratti<br />

questi suoi tentativi erano spinti all’estremo. Egli desiderava dipingere una somiglianza, coinvolto<br />

da una complicità con il soggetto e di creare con questi un rapporto. Diceva: “Si tratti di modelli,<br />

amici o clienti, ho bisogno di parlare la loro lingua”. Non voleva essere come loro, perché era nervoso,<br />

ansioso e a disagio in mezzo alla gente e alla società, ma voleva creare una somiglianza che trascendeva<br />

il modello dandogli un’anima che non era necessariamente la sua, ma quella che, secondo<br />

Renoir, avrebbe voluto essere grazie alla sua arte.


PIERRE AUGUSTE RENOIR<br />

50 ENFANTS JOUANT À LA BALLE, prima del 1900 (1898?)<br />

Litografia in dieci colori, firmata in lastra in basso a destra.<br />

Bibliografia: L. Delteil XVII.32, Roger-Marx 7, Leymarie-Melot R31, Una<br />

Johnson 111, Stella 32, Delteil-Hyman 32.<br />

(mm. 612x520). [25455G]<br />

Superba e rarissima prova con colori brillanti nell’unico stato. Impressa su<br />

carta ‘arches Ingres’ con la filigrana ‘M.B.M.’ caratteristica di questa stampa,<br />

con la superficie ruvida. Stampata da Auguste Clot per le Edizioni Vollard a<br />

Parigi in 200 esemplari più forse qualche prova in nero e qualche prova con<br />

meno colori (non più di una decina). In eccezionale stato di conservazione,<br />

con ampi margini tutt’intorno.<br />

Il Dottor Joseph Stella, a cui dobbiamo il definitivo catalogo ragionato in ottica moderna delle stampe<br />

di Renoir, considera l’Enfants jouant à la balle la stampa più bella delle sue opere incise, opinione<br />

ben suffragata da tutta la critica.<br />

Quarta delle litografie a colori preparate per Vollard [le altre sono Baigneuse debout en pied (Stella<br />

28) - Enfant au biscuit (Stella 31) - Le chapeau épinglé (Stella 30)], in quest’opera Renoir sviluppa<br />

insieme a Clot un sesto senso, si rende pienamente conto della sovrapposizione dei colori e del<br />

relativo risultato. Nel nostro foglio sembra di vedee un pastello, non un piatto colore litografico,<br />

meriti questi di Renoir e di Clot.<br />

I bimbi ritratti, con ogni probabilità, sono i suoi figli, Claude e Jean (il famoso regista a quel momento<br />

di tre anni che è ancora in abiti femminili come si usava a quei tempi), e gli altri figli celebri,<br />

Julie Manet e Paulette Gobillard.<br />

Renoir aveva un dono e lo aveva ben compreso: catturare i momenti effimeri, sfuggenti e beati della<br />

vita. La sua istruzione come pittore di porcellane, la scuola di pittura (a quei tempi durissima), le<br />

partecipazioni al Salon - mostra statale e fondamentale - lo staccarsi dalla classicità entrando con<br />

Manet nel gruppo degli impressionisti con l’esposizione nel 1874 da Nadar, il famoso fotografo, la<br />

crisi risolta con il viaggio in Italia verso la fine del secolo (Palermo, Roma, Firenze, Venezia, ...) e<br />

Raffaello e che con gli altri classici rinascimentali, sembrano avergli ispirato la linea corretta per fare<br />

del suo impressionismo qualcosa di pienamente approvato sia dei professori del Salon, ma soprattutto<br />

del pubblico. Di qui i contratti con i grandi mercanti, le commissioni e l’amore che tutti gli<br />

tributiamo.


GEORGES ROUAULT,<br />

Parigi 1871 - 1958<br />

51 AUTOMNE, 1927-33<br />

Litografia, monogrammata, datata e titolata in lastra in basso a destra e intitolata,<br />

datata in basso a sinistra e firmata a penna in basso a destra.<br />

Bibliografia: Chapon-Rouault II.364 XI/XII, Wofsy 59, Johnson 123.<br />

(mm. 438x580). [17760A]<br />

Perfetto esemplare nel raro undicesimo stato su dodici. Impresso su carta vellina<br />

con la filigrana ‘Ambroise Vollard’ e stampato da Auguste Clot per<br />

l’editore Ambroise Vollard in pochissimi esemplari. La tiratura di questa<br />

stampa è un pò complessa: nel 1927 ne furono stampati 30 esemplari, 60 nel<br />

1933 e poi successivamente 175. Oltre a queste vi sono alcune prove firmate e<br />

non dei numerosi stati che Rouault, sempre perfezionista, ha eseguito. Il nostro<br />

foglio appartiene al penultimo stato, la lastra è definitivamente corretta<br />

come Rouault desiderava, ma non era ancora stata ridotta per la tiratura definitiva.<br />

In eccezionale stato di conservazione, con margini intonsi.<br />

La maggior parte delle volte i Nudi di Rouault sono raffigurati su sfondo astratto o in un interno, e<br />

talvolta l’artista ne raggruppa due, tre, quattro in un paesaggio. Questi nudi possono essere considerati<br />

un esercizio di ritmi e di echi, di linee e di curve che vibrano. Le donne sono lontane una<br />

dall’altra. Le linee delle sagome non si toccano. Il contorno è un intrico di tratti energici, che suggerisce<br />

la forma, e la sua accentuazione, attenuazione o interruzione serve per staccare o unire la figura<br />

allo sfondo. Il nudo principale ha anch’esso le braccia alzate. Quello subito dietro ha assunto approssimativamente<br />

la medesima posizione. A sinistra, una figura è tagliata allo stesso modo dall’angolo,<br />

mentre soltanto la donna all’estrema destra si distingue. Una serie di vasi realizzata nello stesso<br />

periodo per Metthey riprende i medesimi soggetti. Il ricorso ai motivi decorativi è forse un incentivo<br />

ad utilizzare figure stilizzate. L’evoluzione delle forme, più schematiche e stilizzate di prima, e<br />

l’affermazione del segno nero annunciano lo stile della sua maturità.


PABLO PICASSO (da),<br />

Malaga 1881 - Mougins 1973<br />

52 MATERNITÉ, 1930<br />

Acquatinta a colori.<br />

Bibliografia: Ginestet-Pouillon E670 III/III.<br />

(mm. 650x425). [25477A]<br />

Splendida prova con colori brillanti. Impressa su carta vellina in complessivi<br />

220 esemplari editoriali più altri esemplari autorizzati dalla Calcografia del<br />

Louvre per l’editore Bernheim-Jeune. In perfetto stato di conservazione, con<br />

ampi margini tutt’intorno oltre l’impronta del rame.<br />

Incisore Jacques Villon (Damville 1875 - Puteaux 1963).<br />

Al recto:<br />

Il timbro ‘Jacques Villon’ apposto sugli esemplari della successione non<br />

riportato dal Lugt (cfr. Ginestet-Pouillon Parigi 1979).<br />

Jacques Villon, nome d’arte di Gaston Duchamp, fratello di Marcel Duchamp e dello scultore<br />

Raymond Duchamp-Villon. Oltre ad una produzione propria, molto rigorosa e raffinata, d’incisioni<br />

d’ispirazione cubista, per necessità economiche realizzò molte acquetinte a colori per conto di altri<br />

maestri. La sua grande abilità, la sua immensa cultura e un’affinità intellettuale con gli altri artisti<br />

della sua epoca gli consentì d’interpretare perfettamente le loro opere.<br />

Pablo Picasso, che era un eccellente acquafortista, non era attratto dal paziente lavoro necessario per<br />

realizzare delle acquetinte a colori, preferiva esprimersi tramite lavori dove solo il segno risultava<br />

essenziale. Per questi motivi, nacque una stretta ed entusiasmante collaborazione fra i due maestri.


FELICE CASORATI,<br />

Novara 1883 - Torino 1963<br />

53 KATRIENTTJE, 1960<br />

Litografia a colori, firmata e numerata a mano dall’artista in basso a sinistra.<br />

(mm.304x237). [24085A]<br />

Perfetto esemplare nell’unico stato. Impresso su carta vellina in complessivi<br />

140 esemplari nel 1960 per l’editore Capelli di Rocca San Casciano. In eccezionale<br />

stato di conservazione, con margini intonsi.<br />

Dalla serie: “Il saggio mago e altri racconti” di Anna Frank, raccolta di incisioni<br />

di vari autori tra cui Cassinari, Dova, Strazza.<br />

Non esiste una vera catalogazione ragionata delle stampe di Felice Casorati, per cui bisogna essere in<br />

possesso di numerosi libri e cataloghi per rintracciare le sue opere. Di questa stampa, pur nell’ambito<br />

della medesima tiratura, esiste almeno un esemplare con il fondo bianco stampato in rosso/arancione<br />

conservato al British Museum di Londra.<br />

La figura della donna dormiente fu uno dei più grandi successi di Felice Casorati che, in vari modi e<br />

maniere, replicò il medesimo soggetto.


MARC CHAGALL,<br />

Vitebsk 1887 - Saint-Paul-de-Vence 1985<br />

54 QUAI DE BERCY , 1954<br />

Litografia a colori.<br />

Bibliografia: Mourlot I.132.93, Cramer 88.24, Conrad-Gauss 93.<br />

(mm. 382x455). [23974A]<br />

Perfetto esemplare in edizione corrente. Tavola fuori testo per il n°. 66-68 del<br />

Derrière le miroir, Parigi Giugno 1954. Impresso su carta vellina da Mourlot<br />

Frères per l’editore Maeght. In eccezionale stato di conservazione, con margini<br />

editoriali.<br />

Dalla serie: “Paris”.<br />

Di alcune tavole della serie esiste una tiratura di lusso, del tutto identica,<br />

stampata successivamente in 75 esemplari.<br />

Da “Parigi di Marc Chagall” di Lionello Venturi: “…La presenza dei miti chagalliani nei suoi<br />

dipinti di questo periodo significa che Chagall è lì a Parigi.Gli amanti, il gallo, il candeliere, i<br />

fiori, il crocifisso, la donna-luna, la madre, la ballerina sono sempre gli stessi e sempre nuovi<br />

poiché ogni volta assumono una forma diversa, ed è questa forma che li rende unici, al tempo<br />

stesso come appena creati ma sempre gli stessi già conosciuti. Il motivo psicologico dei suoi lavori<br />

non consiste nel rappresentare i miti della tradizione, ma nell’avere dei ricordi di Parigi<br />

come gli si presenta. Essi sono lontani, avvolti nella luce del passato, sono una melanconica<br />

aspirazione a ciò che non ritornerà più, ad un valore di civilizzazione che sembra perdersi<br />

nella notte”.


MARC CHAGALL<br />

55 L’OPÉRA , 1954<br />

Litografia a colori.<br />

Bibliografia: Mourlot I.135.102, Cramer 88.24, Conrad-Gauss 102.<br />

(mm. 382x280). [23978A]<br />

Perfetto esemplare in edizione corrente. Tavola fuori testo per il n°. 66-68 del<br />

Derrière le miroir, Parigi Giugno 1954. Impresso su carta vellina da Mourlot<br />

Frères per l’editore Maeght. In eccezionale stato di conservazione, con margini<br />

editoriali.<br />

Dalla serie: “Paris”.<br />

Di alcune tavole della serie esiste una tiratura di lusso, del tutto identica,<br />

stampata successivamente in 75 esemplari.<br />

Da “Parigi di Marc Chagall” di Lionello Venturi: “…La presenza dei miti chagalliani nei suoi<br />

dipinti di questo periodo significa che Chagall è lì a Parigi.Gli amanti, il gallo, il candeliere, i<br />

fiori, il crocifisso, la donna-luna, la madre, la ballerina sono sempre gli stessi e sempre nuovi<br />

poiché ogni volta assumono una forma diversa, ed è questa forma che li rende unici, al tempo<br />

stesso come appena creati ma sempre gli stessi già conosciuti. Il motivo psicologico dei suoi lavori<br />

non consiste nel rappresentare i miti della tradizione, ma nell’avere dei ricordi di Parigi<br />

come gli si presenta. Essi sono lontani, avvolti nella luce del passato, sono una melanconica<br />

aspirazione a ciò che non ritornerà più, ad un valore di civilizzazione che sembra perdersi<br />

nella notte”.


DAMIEN HIRST,<br />

Bristol 1965<br />

56 PER L’AMORE DI DIO, 2007<br />

<br />

Collage di diamanti non puri su serigrafia e litografia, firmata a mano in basso<br />

a destra e numerata a mano in basso a sinistra.<br />

(mm. 325x240). [25454G]<br />

Perfetto esemplare nell’unico stato. Impresso in 1.000 esemplari da Other<br />

Criteria di Londra. In eccezionale stato di conservazione, con margini editoriali.<br />

Con la cornice nera laccata opaca con la quale la stampa veniva regolarmente<br />

commercializzata, le piccole schegge di diamante sparse sul foglio sono<br />

una caratteristica usuale di queste stampe.<br />

Al verso:<br />

La scritta ‘Hirst “For the love of God”509/1000’ e il numero di inventario<br />

‘13373’ dell’editore Other Criteria di Londra.<br />

Sul teschio di Hirst, quest’anno esposto a Firenze, si sono dette migliaia di parole. Il soggetto,<br />

assolutamente non nuovo per la storia dell’arte, è sempre stato una sfida per gli artisti. Pietre<br />

variamente preziose, marmo, avorio, bronzo, metalli meno preziosi, legno e ultimamente vetro,<br />

plastica, ceramica, hanno solleticato con questo soggetto, che è il simbolo principale del memento<br />

mori la fantasia di innumerevoli artisti importanti o non che essi siano. Questa, nel XXI secolo, è un<br />

ulteriore, sprezzante dimostrazione, dell’amore-terrore che l’uomo ha del nostro divenire.


ALDEGREVER H., 18<br />

BEHAM B., 17<br />

BEHAM H. S., 15, 16<br />

BRUEGEL P., 21<br />

CALLOT J., 23<br />

CANAL A., 35, 36<br />

CASORATI F., 53<br />

CHAGALL M., 54, 55<br />

INDICE DEGLI ARTISTI<br />

DAUMIER H., 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47<br />

DE BARBARI J., 1<br />

DELLA BELLA S., 31, 32<br />

DÜRER A., 3, 4, 5, 6, 7<br />

HIRST D., 56<br />

IL CANALETTO vedi Canal A.<br />

LO SPAGNOLETTO si veda Ribera J.<br />

MAESTRO IB, 12, 13, 14<br />

MANTEGNA A., 2<br />

PENCZ G., 19<br />

PICASSO P. (da), 52<br />

RAIMONDI M., 8<br />

REMBRANDT H.V.R., 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30<br />

RENOIR P.A., 48, 49, 50<br />

RIBERA J., 22<br />

RICCIARDELLI G., 38, 39<br />

ROUAULT G., 51<br />

SOLIS V., 20<br />

TIEPOLO G.D., 37<br />

VAN LEYDEN L., 9, 10, 11<br />

VAN OSTADE A., 33, 34


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GEISBERG M. Der deutsche Einblatt-Holzscnitt in der ersten des XVI Jahrhunderst, Monaco 1924-30; The German Single-Leaf Woodcut: 1500-1550, 4 voll., New York 1974 (ed. riveduta).<br />

HALL J. Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte, Londra 1974, Milano 1983.<br />

HEAWOOD E. Watermarks, Mainly of the 17th and 18th centuries, Hilversum Amsterdam 1950, ristampa The Paper Publication Society 1969.<br />

HELLER J.-ANDRESEN A., Handbuck für Kupferstichesammler…, T.O. Weigel 1870.<br />

HINTERDING E. Rembrandt as an etcher, A study on watermarks, 3 voll., Ouderkerk aan den Ijssel 2006.<br />

HOLLS TEIN F.W.H.-AA.VV. German Engravings, Etchings and Woodcuts c.a. 1400-1700, Amsterdam 1954. Roosendaal - Rotterdam 2010, 76 voll. in continuazione.<br />

HOLLS TEIN F.W.H.-AA.VV. Dutch and Flemish Etchings, Engravings and Woodcuts c.a. 1400-1700, Amsterdam 1949, Roosendaal - Rotterdam 2010, 77 voll. in continuazione.<br />

IMPELLUSO L. La natura e i suoi simboli, ne I dizionari dell’arte, Milano 2003<br />

LA BIBBIA DI GERUSALEMME, Bologna 1974-1993.<br />

LE BLANC C. Manuel de l’amateur d’estampes, 4 voll., Parigi 1854-59.<br />

LEHRS M. Geschichte und Kritischer Katalog des Deutschen, Niederländischen und Französischen Kupferstichs im XV Jahrhundert, 9 voll., Dresda 1907, ristampa 10 voll. New York 1973.<br />

LUGT F. Les Marques de Collection de Dessins et d’Estampes, Amsterdam 1921; ristampa San Francisco 1975; suppl. The Hague 1956, ristampa San Francisco 1988.<br />

MILES I M. Dizionario degli incisori, Bergamo 1982.<br />

NAGLER G.K., Die monogrammisten, Monaco 1858, Niewkoop 1977, 5 voll.<br />

PANOFSKY E. La vita e le opere di Albrecht Dürer, Londra 1965 Milano 1967.<br />

PICCARD G. Wasserzeichen, 18 voll., Stoccarda 1961-1996.<br />

THIEME U. -F. BECKER Allgemeines Lexikon der bildenden Künsteler, 37 voll., Leipzig 1907-50, + 6 voll; Leipzig 1953-1962.<br />

WÖLFFLIN H. Albrecht Dürer, Roma 1987.<br />

WOODWARD D. Catalogue of watermarks in Italian printed maps c.a 1540-1600, Chicago 1996.<br />

Si veda anche la bibliografia citata nel testo.


NOTE GENERALI PER LA LETTURA DEI NOSTRI CATALOGHI<br />

Sono da considerarsi stampe originali (silografia, bulino, puntasecca, acquaforte, acquatinta, litografia, paper<br />

report, cliché-verre, serigrafia, ecc.) le prove tirate in nero e a colori da una o più lastre concepite dall’artista<br />

stesso, qualunque sia la tecnica impiegata per realizzarle. Nel xx secolo molte delle tecniche classiche hanno<br />

subito variazioni dovute al perfezionamento della tecnologia e al desiderio degli artisti di sperimentare<br />

nuove forme espressive, per cui nelle stampe originali incontriamo tecniche con base fotografica o eliografica,<br />

fino ad elaborazioni di immagini eseguite con l’ausilio del computer.<br />

Si considerano generalmente alla stregua di stampe originali alcuni d’aprés (per esempio i Brueghel, i<br />

Raimondi, i Tiepolo, i Saint Non, i Sorlier-Chagall, i Villon-Picasso, e molti altri), poiché il rapporto tra<br />

l’inventore della composizione e l’incisore era strettissimo e soprattutto il soggetto era creato con la precisa<br />

destinazione di essere preparatorio alla stampa, oppure questa era la libera interpretazione di soggetti o di<br />

stili di altri autori. Queste particolarità vengono indicate nelle schede volta per volta. Le stampe giapponesi<br />

non seguono queste regole: l’artista eseguiva un disegno shita-e su carta molto sottile, espressamente per<br />

l’incisione; questo veniva incollato al rovescio sulla lastra che poi veniva incisa dallo hori-cho (silografo),<br />

sotto il controllo dell’artista. Naturalmente veniva incisa una lastra per ogni colore. Lo stato è una modifica<br />

volontaria alla lastra; la variante è una modifica accidentale alla lastra o si riferisce alla qualità o alla carta.<br />

La qualità o bellezza dell’impressione è indipendente dallo stato, dalla conservazione, dalla rarità, dal soggetto<br />

e dall’autore (una prova tarda di ultimo stato, se stampata con cura, può essere di alta qualità; e si intende<br />

che la qualità è alta o bassa nell’ambito della medesima tiratura). Gli aggettivi d’uso internazionale per<br />

definire la qualità sono, in ordine decrescente: superba, splendida, magnifica, bellissima, bella, discreta,<br />

mediocre, stanca e povera. Per le stampe moderne e contemporanee, quando non si tratti di prove di stampa o<br />

di tirature non documentate ma di esemplari appartenenti da una tiratura di n. esemplari stampati in una<br />

volta sola, in cui il primo esemplare e l’ultimo non hanno differenze di qualità, questa viene indicata con il<br />

termine “perfetto esemplare”. Per le stampe giapponesi la qualità del colore viene indicata coi seguenti<br />

aggettivi in ordine decrescente: brillante, ottimo, buono, discreto, pallido.<br />

Si menziona sempre l’esistenza o meno della firma. Si ricorda, tuttavia, che questa, non è di nessuna utilità né<br />

nella certificazione dell’autenticità né nell’attribuzione. Dunque l’assegnazione di una stampa ad un autore,<br />

diversamente di quella di un disegno o di un quadro, viene di regola fondata sulla documentazione storica e<br />

non sull’analisi filologica: infatti la stampa, venendo impressa in più esemplari può venire considerata, come<br />

il libro, opera pubblicata e perciò di autore certo e documentato.<br />

É difficile parlare di tiratura per le stampe poiché esse venivano generalmente stampate a seconda della<br />

richiesta. Oltre alle due grandi divisioni, coeve e tarde, le stampe venivano, nell’ambito di quest’ultime,<br />

tirate in tempi diversi a seconda della domanda. Per edizione corrente si intende una tiratura ampia, alle volte<br />

anche oltre il migliaio di copie, voluta dall’autore e dall’editore, spesso come tavola fuori testo di libri o<br />

riviste d’arte (l’inserimento in una pubblicazione con un testo dava al tutto uno status di libro con una tassazione,<br />

soprattutto in Francia, praticamente azzerata). Non sono da considerare artisticamente opere minori,<br />

molte hanno avuto un’edizione parallela di lusso stampata dopo quella corrente. La rarità è dovuta o alle poche<br />

impressioni eseguite, o alla legge della domanda-offerta e ancora, per gli stessi motivi una stampa molto<br />

rara nei primi stati o in tiratura coeva può essere molto comune negli ultimi stati in tiratura tarda o viceversa.<br />

Si ricorda dunque che la rarità è da valutare anche in relazione all’ampiezza del mercato in cui la<br />

stampa viene richiesta.<br />

La qualità della conservazione viene indicata con le seguenti frasi in ordine decrescente: in eccezionale stato<br />

di conservazione, in perfetto stato di conservazione (ad eccezione di...), in buono stato di conservazione (ad<br />

eccezione di...), si segnala la presenza di.... I margini vengono così classificati: sottilissimo fino a 1 mm, sottile<br />

da 1 a 2 mm, piccolo da 2 a 4 mm. buono da 4 a 15 mm, ampio oltre i 15 mm, intonso è un foglio che conserva<br />

le misure in cui è stato fabbricato o stampato, con editoriale si intende un foglio che è stato messo in<br />

commercio senza margini o con una precisa dimensione di carta scelta dall’artista di concerto con l’editore,<br />

con visibile a tratti si intende un margine discontinuo oltre l’impronta del rame o la linea marginale rimarginato<br />

è un margine ricostruito.<br />

Alle volte le stampe e le opere su carta in genere sono incollate su di un supporto già all’epoca dell’esecuzione<br />

o su di un passe-partout antico o moderno recante iscrizioni autografe o timbri dei collezionisti e<br />

dei critici: in presenza di queste particolarità che, se catalogabili vengono segnalate, il supporto non viene<br />

rimosso .<br />

Per destra o sinistra si intende quella di chi guarda, salvo che si indichi un soggetto animato. Esempio: la<br />

mano destra o la gamba destra di un uomo sono la sua mano o gamba destra e sono a sinistra per chi guarda; il<br />

ramo di un albero è a destra per chi guarda. Le misure sono tutte in millimetri, altezza per base; si riferiscono<br />

per le stampe in cavo all’impronta del rame, per le silografie alla linea marginale e, in difetto di queste, al foglio,<br />

per le litografie e le stampe in piano al limite della composizione e si riferiscono al foglio in vendita.<br />

Talvolta i repertori riportano misure leggermente diverse, ciò può dipendere dai criteri di misurazione o<br />

dall’elasticità della carta che, a seconda della temperatura/umidità degli ambienti in cui è stata conservata o<br />

dalla pressione del torchio, si restringe o si allarga. (Aggiornamento Ottobre 2010).<br />

© <strong>2011</strong> s.a.s. L’Arte <strong>Antica</strong> <strong>Silverio</strong> <strong>Salamon</strong> Torino<br />

Collaborazioni ER VL BS MS LDL<br />

Grafica Piemontese s.r.l. Volpiano TO carta Palatina delle Cartiere Miliani Fabriano s.p.a.<br />

Fotocomposizione ed impaginazione ERSS Mac con caratteri Stempel Garamond.<br />

<strong>2011</strong>


LISTINO PREZZI - N° 260<br />

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25.000<br />

25.000<br />

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4.500<br />

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<strong>Autunno</strong> <strong>2011</strong>

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