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02 Oratorio barocco - Fabiosartorelli.Net

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La musica sacra dopo il Concilio di Trento<br />

Il Concilio di Trento non ottenne altro scopo che quello di<br />

una revisione dottrinale e di un generico invito a una<br />

moralizzazione dei costumi (come la redazione dell’Indice<br />

dei libri proibiti). Alcuni privati cittadini, invece, tentarono<br />

di dare il proprio contributo per l’applicazione del<br />

messaggio evangelico in modo più profondo e coerente.<br />

Si pensi a Teresa d’Avila (fondatrice delle Carmelitane<br />

scalze) o a Ignazio di Loyola (fondatore dei gesuiti).


San Filippo Neri<br />

A Roma operò un sacerdote fiorentino, Filippo Neri<br />

(Firenze, 21 luglio 1515 – Roma, 26 maggio 1595) in<br />

seguito santificato.<br />

Fiorentino d'origine, si trasferì ancora molto giovane<br />

a Roma dove decise di dedicarsi alla propria<br />

missione evangelica, tanto da ricevere l'appellativo<br />

di "secondo apostolo di Roma". Radunava attorno a<br />

sé un nutrito gruppo di ragazzi di strada,<br />

avvicinandoli alle celebrazioni liturgiche e facendoli<br />

divertire, cantando e giocando, in quello che<br />

sarebbe in seguito divenuto l'<strong>Oratorio</strong>, ritenuta e<br />

proclamata come vera e propria congregazione da<br />

papa Gregorio XIII nel 1575. Memorabili i suoi detti<br />

sarcastici, quali ad esempio lo "State buoni se<br />

potete“ o il "Ma và a morì ammazzato... per la<br />

fede!", che gli permisero di ricevere un secondo<br />

titolo, quello di "Santo della gioia" o "buffone di<br />

Dio".


Nei primi tempi i seguaci di Filippo si riunivano in una soffitta sopra la chiesa<br />

romana di San Girolamo della Carità; in seguito essi occuparono un locale<br />

vicino a San Giovanni dei Fiorentini, il cosiddetto <strong>Oratorio</strong> della Pietà.<br />

Nel 1575 il papa Gregorio XIII donò a Filippo la vecchia Chiesa di S. Maria<br />

della Vallicella che ben presto venne abbattuta per creare un nuovo edificio,<br />

detto comunemente Chiesa Nuova.<br />

Le riunioni si svolsero allora in varie sale vicine ad essa finché nel 1640<br />

(Filippo era morto da 50 anni) fu inaugurato un edificio apposito adiacente<br />

alla Chiesa Nuova, progettato da Francesco Borromini: l’oratorio di S. Maria<br />

in Vallicella.<br />

Esso fu detto oratorio perché tale era il nome che da lungo tempo veniva<br />

usato per definire tanto le adunanze quanto i luoghi dove esse si svolgevano.<br />

In effetti il termine oratorio assunse diversi significati: indicò innanzitutto, il<br />

luogo di raccolta antistante la chiesa; poi una sorta di ordine religioso<br />

(oratoriani o filippini erano i seguaci di San Filippo); ma anche un genere<br />

musicale detto pure historia, melodramma, cantata ecc.


<strong>Oratorio</strong> Vallicella Chiesa Nuova


Francesco Borromini: oratorio a S. Maria in Vallicella


Negli oratori la musica ebbe un posto di primo piano; tra le preghiere, le<br />

discussioni e le prediche, i partecipanti eseguivano numerosi canti<br />

religiosi.<br />

Essendo fiorentino Filippo usò le laudi in volgare, molto semplici e a tre<br />

voci. Nella seconda metà del Cinquecento vennero stampati ben 9 libri di<br />

laudi composti appositamente per l’oratorio di San Filippo Neri.<br />

Tra gli autori principali: Giovanni Animuccia, Francesco Soto de Langa,<br />

Giovenale Ancina e Tomas Luis de Victoria.<br />

Alcune di queste laudi (una minoranza) erano scritte in forma di dialogo:<br />

tra l’Anima e il Corpo, l’Angelo e la Vergine, Gesù e la Samaritana. La loro<br />

struttura era strofica e la musica restava sempre la stessa, qualunque<br />

personaggio parlasse.<br />

Quest’ultimo tipo di laudi era definito drammatiche o dialogiche.


Con il passare degli anni il contesto sociale degli oratori cambiò<br />

radicalmente. Già a partire dal 1570 le adunanze venivano frequentate<br />

da numerosi vescovi, cardinali e aristocratici.<br />

In presenza di personaggi così qualificati, i laici retrocessero<br />

gradualmente. Un dotto predicatore – ecclesiastico, ovviamente–<br />

declamava un sermone, preceduto e seguito da interventi musicali.<br />

Anche questi ultimi si fecero sempre più elaborati e richiesero la<br />

partecipazione di musici professionisti chiamati ad eseguire non più<br />

semplici laudi ma raffinati madrigali di argomento religioso e perciò<br />

detti spirituali.<br />

Attorno agli anni ‘30– ‘40 del Seicento assistiamo all’affermazione di<br />

un nuovo genere capace di riassumere i quattro stili principali<br />

dell’epoca barocca: monodia con basso continuo, stile concertante,<br />

tendenza alla rappresentatività, tendenza a muovere gli affetti.<br />

Questo nuovo genere musicale verrà detto oratorio.


Caratteristiche dell’<strong>Oratorio</strong><br />

Da un punto di vista generale l'oratorio impiega dei testi poetici tratti<br />

dalla Bibbia o dalle vite dei Santi. Possono essere in latino o in volgare.<br />

Solitamente è in due parti da cantarsi rispettivamente prima e dopo il<br />

sermone (ciò deriva dalla più vecchia pratica di intonare le laudi prima e<br />

dopo il sermone). L'organico prevede da 4 a 6 solisti ognuno dei quali<br />

impersonifica i protagonisti del racconto. Tra i personaggi compare anche<br />

la figura del narratore (detto anche historicus o Testo), cioè di un<br />

personaggio che collega i diversi episodi o introduce i personaggi della<br />

narrazione con frasi tipo "e allora egli disse". L'organico strumentale<br />

solitamente specificato richiede soltanto 2 violini che intervengono nei<br />

ritornelli delle arie e dei cori, ma sicuramente esso era assai più vasto e<br />

richiedeva, fra gli altri, anche gli strumenti per il basso continuo.<br />

Elemento imprescindibile è il coro. La dimensione spirituale dello<br />

spettacolo, nonché la sua collocazione durante la Quaresima,<br />

sconsigliarono l'impiego di scenografie, macchine sceniche, costumi e<br />

azione scenica.


Riassumendo, le principali differenze fra l’oratorio e l’opera<br />

sono:<br />

a) l’assenza di azione scenica, costumi, scenografie, macchine<br />

sceniche: l’oratorio si dà di solito in forma di concerto;<br />

b) La presenza del Narratore o Historicus o Testo la cui<br />

funzione è di raccordare i diversi episodi fra loro e sopperire<br />

all’assenza di scene e azione scenica;<br />

c) il luogo della rappresentazione: non il teatro ma l’oratorio;<br />

d) il periodo della rappresentazione: la Quaresima, quando i<br />

teatri sono chiusi;<br />

e) i soggetti: non storici o mitologici ma tratti dalla bibbia o<br />

dalle vite dei santi;<br />

f) la divisione in due parti anziché in tre, quattro o cinque atti;<br />

g) la stringatezza (anche meno di mezz’ora).


I principali compositori dell’oratorio sono per lo più gli stessi che abbiamo<br />

visto aver prodotto a Roma le opere barberiniane: Virgilio Mazzocchi, suo<br />

fratello Domenico, Marco Marazzoli e Luigi Rossi.<br />

A questi nomi va aggiunto quello di un compositore ancora più celebre:<br />

Giacomo Carissimi (1605– 1674).<br />

Carissimi lavorò per tutta la sua vita al Collegio Germanico di Roma,<br />

un’istituzione fondata dai gesuiti nel 1552, sull’onda della Controriforma, allo<br />

scopo di formare al sacerdozio i seminaristi di lingua tedesca.<br />

A fianco di normali oratori in volgare (ne sono rimasti solo due a lui attribuiti:<br />

Daniele e L’<strong>Oratorio</strong> della Santissima Vergine), Carissimi produsse anche<br />

numerosi oratori in latino.<br />

Historia de Jephte – Judicium Salomonis – Jonas – Damnatorum lamentatio<br />

Balthazar – ecc.


Gli oratori in latino vennero composti su commissione della Compagnia del<br />

SS. Crocifisso che fin dalla sua nascita si era contraddistinta per l’impiego di<br />

intrattenimenti musicali in lingua latina, con particolare riguardo ai mottetti<br />

di Palestrina, Marenzio, Anerio, Landi, Mazzocchi e dello stesso Carissimi.<br />

Gli elementi che distinguono l’oratorio in latino da quello in volgare sono:<br />

a) la lingua<br />

b) il testo in prosa anziché in versi<br />

c) si rivolge ad una elite di persone colte<br />

Inoltre, essendo l’<strong>Oratorio</strong> del SS. Crocifisso di dimensioni modeste, quasi<br />

sempre l’accompagnamento strumentale era riservato al solo basso<br />

continuo.


<strong>Oratorio</strong> del SS. Crocifisso


interno oratorio ss.Crocifisso


Figure retorico– musicali<br />

Proprio perché privo di scene, costumi e azione scenica, l’<strong>Oratorio</strong> si rivolgeva più<br />

agli occhi che all’udito. Allo scopo di enfatizzare il significato della musica e dei testi,<br />

i compositori facevano un largo impiego di figure retorico– musicali il cui scopo era<br />

quello di smuovere – facendo leva più sul ragionamento che sui sentimenti – gli<br />

affetti.<br />

Nello Jephte di Giacomo Carissimi, detta anche Historia de Jephte, si vedono<br />

particolari usi delle figure retoriche, rintracciabili nella composizione musicale:<br />

– Uso dei cromatismi come rappresentazioni di acuta sofferenza, tecnica già<br />

considerata nel cinquecento come veicolo di espressione di situazioni accorate<br />

– epizeuxis (ovvero congiunzione), è la ripresa alla quarta superiore di un primo<br />

segmento musicale che conferma e enfatizza musicalmente il parallelismo del testo<br />

musicale<br />

– climax viene usato per aumentare la tensione emotiva.<br />

intervalli inusitati e dissonanti<br />

– ripetizioni di parole o motivi (anafora)


Esempio da Jonas


circulatio<br />

tem–<br />

Jonas partitura


12. Symphonia<br />

13. Cum repienta<br />

14. Surge, surge Jona<br />

15. Audivit Jonas<br />

16. Et cum processesset<br />

17. Et praeliabantur venti<br />

18. Dii magni<br />

19. Jonas autem<br />

20. Quid tu sopore deprimeris<br />

21. Venite, venite<br />

22. Miserunt ergo sortem<br />

23. Indica nobis<br />

24. Hebraeus ergo sum<br />

25. Quid faóemus tibi<br />

26. Tollite me<br />

27. Tulerunt nautae Jonam<br />

28. Et preparavit Dominus<br />

29. Iustus es Domine<br />

30. Et imperavit Dominus<br />

31. Et crediderunt Ninivitae<br />

32. Peccavimus Domine

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