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Arte<br />
Dimenticate il bianco: statue e templi in Grecia erano variopinti. E il bello, che avvicinava agli dèi, non era una questione di gusti<br />
Sfilata<br />
di moda<br />
Ricostruzione a<br />
colori <strong>della</strong> loggia<br />
delle Cariatidi<br />
(statue usate<br />
come elementi<br />
di sostegno)<br />
dell’Eretteo,<br />
sull’acropoli di<br />
Atene. <strong>Le</strong> prime<br />
tre statue da<br />
sinistra appaiono<br />
come erano<br />
all’epoca <strong>della</strong><br />
costruzione.<br />
L’ultima come<br />
è oggi.<br />
<strong>Focus</strong> Storia 70<br />
LE REGOLE DELLA BELLEZZA
Nel V secolo a. C. visse il pittore Polignoto di Taso, che introdusse nei suoi dipinti la prospettiva, poi dimenticata in epoca romana<br />
Se Fidia, il più grande scultore dell’antichità,<br />
facesse un giro nella sale<br />
del Museo archeologico di Atene,<br />
rimarrebbe perplesso di fronte<br />
al pallore delle statue di marmo e al verde<br />
scuro di quelle in bronzo. Probabilmente, si<br />
troverebbe molto più a suo agio visitando la<br />
mostra “I colori del bianco”, che da due anni<br />
a questa parte è stata allestita in diversi<br />
musei europei, fra cui i Musei Vaticani e, ultimo<br />
in ordine di tempo, il Museo dell’antichità<br />
di Basilea (Svizzera). Qui, infatti, copie<br />
delle statue greche sono esposte in tutto il<br />
loro antico splendore: colorate al punto che,<br />
storcendo il naso, i più critici hanno parlato<br />
di “effetto Missoni”, riferendosi all’arciere<br />
che ha fatto da testimonial dell’esposizione<br />
a Basilea (v. foto a pag. 75).<br />
Qualche attacco, del resto, i curatori <strong>della</strong><br />
mostra se lo aspettavano, tanto che, nell’introduzione<br />
del volume che spiega le tecniche<br />
utilizzate per colorare le statue (I colori<br />
del bianco, De Luca editori d’arte), avevano<br />
messo le mani avanti: «Un simile esperimento<br />
comporta dei rischi: quando ci si<br />
confronta con una documentazione frammentaria<br />
e con un gusto cromatico così lontano<br />
da quello a cui si è abituati, una parte<br />
delle scelte resta ipotetica».<br />
Arsenico e sangue di drago. Per riprodurre<br />
i colori, i ricercatori si sono affidati<br />
all’analisi delle tracce ancora visibili su alcune<br />
statue e alle testimonianze letterarie.<br />
Euripide, per esempio, scrisse di “statue colorate<br />
sul frontone” dei templi, e Platone<br />
dei “colori più belli” che i pittori usavano<br />
per dipingere “le parti più belle del corpo”<br />
Vita da filosofi<br />
Niente carne,<br />
tutto cervello<br />
tratone di<br />
S Làmpsaco (III<br />
secolo a. C.) diresse<br />
il Liceo ateniese e fu,<br />
dopo Teofrasto, uno<br />
dei maggiori continuatori<br />
dell’opera di<br />
Aristotele. Diogene<br />
Laerzio (III secolo d.<br />
C.) raccontò che il<br />
filosofo era talmente<br />
magro da passare<br />
dalla vita alla morte<br />
senza accorgersene.<br />
<strong>Focus</strong> Storia 72<br />
(cioè gli occhi). Nel<br />
I secolo d. C. Plinio<br />
citava il cinabro<br />
(dalla parola greca<br />
kinnábari, “sangue<br />
di drago”), il solfuro<br />
di mercurio usato<br />
per le parti rosso-arancio.<br />
Il giallo<br />
invece si ricavava<br />
dall’ocra, facilmente<br />
reperibile in natura<br />
o, più raramente,<br />
da un composto<br />
dell’arsenico<br />
che veniva estratto<br />
in Anatolia: era un<br />
veleno così potente<br />
che nelle miniere<br />
venivano mandati<br />
solo i detenuti. Infine,<br />
i blu e i verdi<br />
erano ottenuti dall’azzurrite<br />
e dalla<br />
malachite, composti<br />
del rame.<br />
Anche le statue<br />
di bronzo avevano<br />
un aspetto molto<br />
1<br />
2<br />
L’inclinazione<br />
che slancia<br />
<strong>Le</strong> colonne del<br />
Partenone,<br />
realizzato dagli<br />
architetti Ictino<br />
e Callicrate, non<br />
sono dritte, ma<br />
inclinate verso<br />
l’interno. Se<br />
prolungate, si<br />
unirebbero a<br />
5 km di altezza.<br />
Il “trucco” dà<br />
l’illusione che il<br />
tempio si slanci<br />
verso l’alto.<br />
diverso da oggi: la loro tinta verdognola infatti<br />
è frutto dei processi di ossidazione, che<br />
nel tempo hanno cancellato quella originale,<br />
dorata. «Gli occhi venivano inseriti dall’esterno<br />
e il montaggio era lungo e complesso»<br />
spiega Raimund Wünsche, direttore <strong>della</strong><br />
Glittoteca di Monaco (Germania). «<strong>Le</strong> ciglia<br />
erano lamine di bronzo tagliate, e nel bianco<br />
del bulbo (in marmo, osso o avorio) veniva<br />
montata l’iride, fatta con una pasta di vetro<br />
colorata». Anche le labbra, di rame, e le sopracciglia,<br />
d’oro, erano applicate in un secondo<br />
tempo, sul bronzo già freddo.<br />
Stando alle ricostruzioni, il gusto del colore<br />
in Grecia è antico quanto la scultura.<br />
Il cappello<br />
delle colonne<br />
I capitelli dorico<br />
(1) e ionico (2)<br />
colorati. Allo<br />
stile dorico<br />
si affiancò nel<br />
VI secolo a. C.<br />
quello ionico,<br />
che aveva anche<br />
colonne più<br />
slanciate. Nel IV<br />
secolo comparve<br />
lo stile corinzio,<br />
con un capitello<br />
scolpito con<br />
foglie di acanto.<br />
Tempio con<br />
la gobba<br />
La base del<br />
Partenone,<br />
arcuata, dona<br />
leggerezza<br />
alla struttura<br />
e agevola<br />
il deflusso<br />
dell’acqua. Nel<br />
disegno, l’effetto<br />
è esaltato:<br />
fra le estremità<br />
e il centro del<br />
lato lungo il<br />
dislivello reale<br />
è di 12,3 cm.<br />
«L’artista concepiva sempre la forma tridimensionale<br />
tenendo anche conto <strong>della</strong> versione<br />
colorata» ha spiegato Vinzenz Brinkmann,<br />
archeologo <strong>della</strong> Glittoteca, a PM History.<br />
Ma se i colori rappresentano una costante,<br />
nei secoli la forma delle statue è cambiata<br />
moltissimo.<br />
<strong>Le</strong> statue si animano. Attorno al VII<br />
secolo a. C., con lo sviluppo delle colonie e<br />
dei commerci, l’arte subì l’influenza orientale,<br />
soprattutto egizia. I vasi, prima decorati<br />
con motivi geometrici, si arricchirono con<br />
raffigurazioni di animali esotici, creature mostruose<br />
e scene di caccia, mentre nella scultura<br />
si affermarono le figure imponenti, rap-<br />
triglifi<br />
altezza <strong>della</strong> colonna: 12 x a<br />
larghezza dei triglifi:<br />
a = 0,858 cm<br />
altezza dell’architrave: 1 x a<br />
altezza<br />
del<br />
capitello:<br />
1 x a<br />
distanza<br />
fra gli assi<br />
delle colonne:<br />
5 x a<br />
Armonia di forme<br />
<strong>Le</strong> proporzioni dei vari elementi<br />
architettonici nel Partenone: sono<br />
multipli <strong>della</strong> larghezza dei triglifi.<br />
Rastremata e “ciccia”<br />
<strong>Le</strong> colonne doriche erano<br />
bombate e leggermente più<br />
strette in alto (di circa 2 cm).<br />
presentate di fronte, in atteggiamenti rigidi.<br />
Ben presto però i Greci iniziarono a rielaborare<br />
lo stile importato dall’Oriente, cercando<br />
di dare alle loro creazioni forme più<br />
arrotondate e pose più naturali. Fu un primo<br />
passo, nel vero senso <strong>della</strong> parola: le statue<br />
mossero un piede in avanti, e lentamente<br />
iniziarono ad animarsi. Offerte agli dèi, o<br />
collocate nelle tombe, le statue del periodo<br />
arcaico (VI secolo) rappresentavano “il bello”,<br />
che aveva il potere di avvicinare gli uomini<br />
alle divinità. Per questo, i soggetti erano<br />
sempre giovani, sorridenti ma inespressivi<br />
e, nel caso dei maschi, nudi (il nudo femminile<br />
apparirà circa duecento anni dopo). ▼<br />
Dal passo del koûros alla ciabatta di Afrodite<br />
525 a. C.<br />
Influenza<br />
egizia<br />
Il koûros (ragazzo)<br />
di Anavyssos,<br />
con le braccia<br />
lungo i fianchi<br />
e un piede<br />
avanzato. <strong>Le</strong><br />
statue femminili<br />
del periodo<br />
arcaico sono<br />
invece dette kórai.<br />
100 a. C.<br />
450 a. C.<br />
Mani in alto,<br />
sguardo fiero<br />
Questa statua<br />
di Poseidone<br />
(o Zeus?) fu<br />
trovata in mare.<br />
<strong>Le</strong> posizioni<br />
degli arti e del<br />
corpo denotano<br />
il superamento<br />
<strong>della</strong> visione<br />
Ti tiro un<br />
frontale.<br />
sandalo!<br />
Afrodite scherza<br />
con Pan, mentre<br />
Eros svolazza<br />
fra i due.<br />
Nelle statue<br />
del periodo<br />
ellenistico gli<br />
scultori vollero<br />
rappresentare<br />
le emozioni.<br />
<strong>Focus</strong> Storia 73
Una riproduzione <strong>della</strong> statua in bronzo<br />
di Apollo, opera di Fidia. Lo splendido<br />
effetto dorato era ottenuto applicando un<br />
sottile strato di bitume diluito nell’olio.<br />
▼<br />
Nel secolo seguente, il desiderio di dare<br />
una rappresentazione più realistica del corpo<br />
umano spinse gli scultori a modificare<br />
ancora le loro opere. Dai volti sparì il “sorriso<br />
arcaico” (e per le espressioni serie, la<br />
scultura di questo periodo è chiamata “severa”)<br />
e i movimenti diventarono più fluidi.<br />
Il discobolo scolpito da Mirone e la statua di<br />
Zeus che lancia un fulmine (ma potrebbe<br />
essere anche Poseidone che scaglia il tridente,<br />
v. foto a pag. 73), rappresentano punti di<br />
non ritorno.<br />
Non è questione di gusti. Portatore di<br />
elevati valori spirituali e morali, il bello non<br />
era per i Greci questione di gusti. Al contrario,<br />
l’armonia nelle proporzioni era codificata<br />
entro <strong>regole</strong> rigide che non lasciavano<br />
nulla al caso.<br />
A dettare le norme <strong>della</strong> scultura fu Policleto,<br />
che nel V secolo a. C. stabilì che in una<br />
statua “bella” l’attacco delle gambe deve<br />
trovarsi a metà, il piede deve misurare un<br />
sesto dell’altezza, la testa un ottavo e la faccia<br />
un decimo.<br />
Anche l’architettura era dominata dalle<br />
relazioni numeriche. Nei templi, la cui struttura<br />
di base era già definita nel VI secolo, il<br />
numero di colonne sui lati lunghi era il dop-<br />
<strong>Focus</strong> Storia 74<br />
A inaugurare il nudo femminile fu Prassitele, che nel IV secolo a. C. scolpì un’Afrodite con entrambi i seni scoperti<br />
pio di quelle presenti sul frontone più una<br />
(per esempio, il Partenone ha 8 colonne sul<br />
frontone e 17 su ciascuno dei due lati lunghi).<br />
E le dimensioni dei diversi elementi erano<br />
multipli del diametro <strong>della</strong> colonna o <strong>della</strong><br />
larghezza dei triglifi (elementi decorativi).<br />
Per conferire leggerezza alle tonnellate di<br />
pietra che componevano i templi, gli architetti<br />
ricorsero alle illusioni ottiche: a slanciare<br />
verso l’alto il Partenone contribuiscono<br />
le colonne leggermente inclinate verso l’interno<br />
(se prolungate, si unirebbero a 5 km di<br />
altezza) e il pavimento leggermente bom-<br />
elle statue greche, alle<br />
N proporzioni realistiche<br />
delle diverse parti del<br />
corpo fanno da contraltare<br />
le dimensioni non propriamente<br />
veritiere degli organi<br />
sessuali maschili:<br />
giganteschi per i satiri,<br />
minuscoli per tutti gli altri.<br />
Piccolo è bello. Non si<br />
pensi però che l’anatomia<br />
dei Greci fosse diversa<br />
dalla nostra. La<br />
dimensione del pene<br />
in realtà obbediva a un<br />
codice che tendeva<br />
a minimizzare la<br />
componente<br />
“animalesca” delle<br />
statue, che dovevano<br />
rappresentare l’ideale<br />
<strong>della</strong> <strong>bellezza</strong>.<br />
bato, che ha anche il vantaggio di favorire il<br />
deflusso dell’acqua.<br />
Il centro <strong>della</strong> vita culturale del V secolo a.<br />
C. era Atene, dove confluivano i migliori artisti<br />
da tutto il mondo greco, e dove operò Fidia,<br />
caposcuola <strong>della</strong> corrente classica, capace<br />
di esprimere la “<strong>bellezza</strong> perfetta” come<br />
nessun altro, grazie a uno studio approfondito<br />
dell’anatomia e del panneggio degli<br />
abiti. Incaricato da Pericle di sovraintendere<br />
ai lavori per la costruzione dell’area sacra<br />
dell’acropoli, Fidia fu poi condannato per<br />
empietà, per essersi rappresentato sullo scu-<br />
Come vere, tranne che per un piccolo particolare<br />
Il “cosino” di uno<br />
dei bronzi di Riace.<br />
do <strong>della</strong> statua di Atena, collocata nel Partenone.<br />
La parola al marmo. A partire dalla prima<br />
metà del IV secolo a. C., le vicende storiche<br />
(e in particolare le conseguenze <strong>della</strong><br />
sanguinosissima Guerra del Peloponneso)<br />
riportarono gli artisti sulla terra. I committenti<br />
iniziarono a<br />
chiedere statue a<br />
loro immagine, da<br />
esporre nei palazzi<br />
e nelle case. E se<br />
già Fidia aveva lasciato<br />
trasparire<br />
qualche emozione<br />
dai suoi volti scolpiti,<br />
questa tendenza<br />
si accentuò<br />
e si fece ancora<br />
più evidente nel<br />
periodo ellenistico,<br />
in parallelo con<br />
il sorgere, accanto<br />
ad Atene, di altri<br />
centri di produzione<br />
artistica (come<br />
Pella, in Macedonia,<br />
l’isola di Rodi,<br />
Alessandria d’Egitto, Taranto e Siracusa).<br />
Gli scultori si preoccuparono allora di fissare<br />
nella pietra il momento significativo di<br />
una vicenda. E le statue, vive ma mute nel<br />
periodo classico, iniziarono a raccontare la<br />
loro storia. ❏<br />
Margherita Fronte<br />
Ruggito in<br />
technicolor<br />
Copia di uno dei<br />
leoni di Loutraki<br />
(presso Corinto).<br />
I colori ricalcano le<br />
tracce <strong>della</strong> statua<br />
originale (sotto).<br />
Forse stavano qui<br />
A sinistra, i due bronzi di Riace (più scuri)<br />
nella loro ipotetica collocazione originaria:<br />
con altre 8 statue (nella corretta tonalità)<br />
nell’agorà di Argo. Risalgono al 460-450 a. C.<br />
Copia dell’arciere del frontone del tempio<br />
di Afaia, nell’isola di Egina (490 a. C.). <strong>Le</strong><br />
tracce dei colori sono state individuate sulla<br />
statua originale usando una luce radente.<br />
La “Kóre del peplo” (circa 520 a. C.),<br />
rinvenuta nell’acropoli di Atene, e la<br />
sua versione colorata con azzurrite,<br />
malachite, cinabro e ocra.<br />
<strong>Focus</strong> Storia 75