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92 CAPITOLO TERZO A parere di molti commentatori (v., ad esempio, CORAPI 2009, MARASÀ 2010, SANTAGATA 2011), le attività che possono essere svolte con un contratto di rete sono in larga parte sovrapponibili al coordina- mento fra imprenditori che si realizza tramite il consorzio (v. la defini- zione nell’art. 2602 c.c.). Questa tesi individua nel contratto di rete le caratteristiche prevalenti di una struttura associativa o societaria. Non mancano, peraltro, posizioni differenti, che considerano il contratto di rete una soluzione utilizzabile dagli imprenditori che non vogliano op- tare per la costituzione di una struttura societaria (v., ad esempio, CA- FAGGI, IAMICELI 2007; MOSCO 2012). I ripetuti interventi legislativi non hanno dato risposte definitive a questo dibattito. È possibile, però, rilevare che il contratto di rete ha riscosso fi- nora notevoli consensi fra gli operatori. Alla fine del 2012 risultano stipulati più di 500 contratti, con il coinvolgimento di quasi 2000 imprese 11 . Benché rappresentino appena l’1% del tessuto produttivo italiano, le iniziative di aggregazione sollecitate dal contratto di rete possono considerarsi un segnale promettente. Alle reti partecipano soprattutto imprese con maggiore propensione all’innovazione e in grado di apportare competenze significative. Sembra, quindi, che gli stessi operatori abbiano percepito il contratto di rete come uno strumento giuridico in grado di favorire collaborazioni di qualità diversa rispetto ai tradizionali consorzi. Di particolare interesse è la collaborazione fra imprese di settori diversi, in grado di abbracciare tutte le fasi del ciclo produttivo lungo la filiera. Nella maggior parte dei casi, l’obiettivo della collaborazione nella rete non è di preparare le condizioni per una successiva fusione, ma di condividere competenze e conoscenze altrimenti non disponibili. Anche da questo punto di vista, la distanza dalle forme associative appare più marcata di quanto suggerisca la disciplina legislativa. 11 V. i dati Unioncamere aggiornati al 3 novembre 2012, nonché INTESA SANPAOLO- MEDIOCREDITO ITALIANO (2012); CAFAGGI, MOSCO (2012).
LA GOVERNANCE DELLE RETI PRIVATE Il ricorso ai contratti di rete è stato registrato anche nel settore dell’energia, dell’efficienza energetica e della sostenibilità ambientale. Si tratta per il momento di un numero ristretto di esperienze, ma sufficienti per delineare gli ambiti in cui questo strumento potrebbe offrire buone prospettive di redditività. I primi dati disponibili mostrano che i contratti di rete sono stipulati nel settore dell’energia con due motivazioni principali (per un’analisi più dettagliata v. BELLANTUONO 2013b). In primo luogo, si cerca di integrare competenze diverse lungo la filiera allo scopo di garantire un’accelerazione dei processi di innovazione tecnologica e una più stretta integrazione con la fase della commercializzazione. In secondo luogo, si utilizza il contratto di rete per rafforzare il coordinamento fra enti (cooperative o consorzi) che sono stati costituiti in passato con obiettivi di aggregazione dal lato della domanda o dell’offerta. È il caso del contratto di rete Conesco, stipulato nel 2011 fra le ESCO aderenti a Federlavoro e Servizi - Confcooperative con l’obiettivo di promuovere modelli energetici sostenibili, lo sviluppo della generazione distribuita, l’efficienza energetica delle infrastrutture e le iniziative di mobilità e innovazione a livello locale. Si conferma, come registrato in altri settori, la marcata propensione all’innovazione tecnologica, soprattutto con riferimento alle fonti rinnovabili. Le statistiche menzionate in precedenza rilevano anche che le imprese partecipanti ai contratti di rete mostrano maggiore propensione al conseguimento di certificazioni ambientali. La possibilità di utilizzare il contratto di rete per la gestione di una rete privata è stata già prospettata dagli operatori del settore (v. audizione di Ascomac-Cogena del 22 marzo 2012 dinanzi alla commissione Ambiente della Camera dei Deputati). Occorre, però, chiarire che i benefici del contratto di rete dipendono dalla capacità dei partecipanti di definire una struttura di governo in grado di garantire la condivisione di competenze e conoscenze. La disciplina legislativa fissa alcuni requisiti minimi, ma lascia ampi margini di manovra sulla scelta delle 93
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zione nell’art. 2602 c.c.). Questa tesi in<strong>di</strong>vidua nel contratto <strong>di</strong> rete le<br />
caratteristiche prevalenti <strong>di</strong> una struttura associativa o societaria. Non<br />
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rete una soluzione utilizzabile dagli impren<strong>di</strong>tori che non vogliano op-<br />
tare per la costituzione <strong>di</strong> una struttura societaria (v., ad esempio, CA-<br />
FAGGI, IAMICELI 2007; MOSCO 2012). I ripetuti interventi legislativi<br />
non hanno dato risposte definitive a questo <strong>di</strong>battito.<br />
È possibile, però, rilevare che il contratto <strong>di</strong> rete ha riscosso fi-<br />
nora notevoli consensi fra gli operatori. Alla fine del 2012 risultano<br />
stipulati più <strong>di</strong> 500 contratti, con il coinvolgimento <strong>di</strong> quasi 2000 imprese<br />
11 . Benché rappresentino appena l’1% del tessuto produttivo italiano,<br />
le iniziative <strong>di</strong> aggregazione sollecitate dal contratto <strong>di</strong> rete possono<br />
considerarsi un segnale promettente. Alle reti partecipano soprattutto<br />
imprese con maggiore propensione all’innovazione e in grado <strong>di</strong><br />
apportare competenze significative. Sembra, quin<strong>di</strong>, che gli stessi operatori<br />
abbiano percepito il contratto <strong>di</strong> rete come uno strumento giuri<strong>di</strong>co<br />
in grado <strong>di</strong> favorire collaborazioni <strong>di</strong> qualità <strong>di</strong>versa rispetto ai tra<strong>di</strong>zionali<br />
consorzi. Di particolare interesse è la collaborazione fra imprese<br />
<strong>di</strong> settori <strong>di</strong>versi, in grado <strong>di</strong> abbracciare tutte le fasi del ciclo produttivo<br />
lungo la filiera. Nella maggior parte dei casi, l’obiettivo della collaborazione<br />
nella rete non è <strong>di</strong> preparare le con<strong>di</strong>zioni per una successiva<br />
fusione, ma <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre competenze e conoscenze altrimenti non<br />
<strong>di</strong>sponibili. Anche da questo punto <strong>di</strong> vista, la <strong>di</strong>stanza dalle forme associative<br />
appare più marcata <strong>di</strong> quanto suggerisca la <strong>di</strong>sciplina legislativa.<br />
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V. i dati Unioncamere aggiornati al 3 novembre 2012, nonché INTESA SANPAOLO-<br />
MEDIOCREDITO ITALIANO (2012); CAFAGGI, MOSCO (2012).