PROFETI 03 ISSR ISAIA - Home Page FTTR
PROFETI 03 ISSR ISAIA - Home Page FTTR
PROFETI 03 ISSR ISAIA - Home Page FTTR
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
<strong>ISAIA</strong><br />
1. ATTIVITÀ <strong>PROFETI</strong>CA DI <strong>ISAIA</strong> (740/700 a.C.)<br />
765 circa a.C.: Isaia nasce a Gerusalemme. È perciò un cittadino, che conosce perfettamente<br />
la città, la sua geografia, i suoi canali, la sua amministrazione; la sua vocazione è<br />
collocata nel tempio. Nel quadro storico generale, Assiria ed Egitto dominano la scena<br />
internazionale e si contendono il primato.<br />
Gli interventi del profeta si concentrano in quattro periodi:<br />
1. 740: Vocazione. Muore il re Ozia (Is 6). Gli succede Jotam (740/736). Prima attività: il<br />
profeta denuncia la generale corruzione (Is 1-5). In Assiria domina Tiglat/Pilezer<br />
III (745/727).<br />
2. 735: L’Emmanuele (Is 7,1-11,9). All’inizio del regno di Achaz (736-716), si forma una<br />
lega siro-efraimitica antiassira e contro lo stesso Achaz (Is 7). Il profeta è per la<br />
neutralità: invita a confidare solo in Dio e non cercare alleanza in Assiria (Is 7,1-<br />
8,8); ma non è ascoltato e si ritira (Is 8,16-18). In conseguenza dell’intervento della<br />
Assiria, Giuda diventa suo vassallo, nel 734 Israele perde la parte Nord (Is 8,23b);<br />
nel 732 crolla Damasco. Il re assiro Salmanassar (726-722) assedia Samaria e il<br />
successore, il figlio Sargon (722-705), nel 722/721 la conquista e ne deporta la popolazione<br />
(cf. 2Re 17).<br />
3. 715: Ezechia re (715/687). Inizio del regno: si formano leghe antiassire con l’appoggio<br />
dell’Egitto. Il profeta invita ancora alla neutralità militare e a confidare solo in Dio.<br />
Ora è ascoltato. Repressione della rivolta e conquista di Asdod da parte di Sargon<br />
(711; Is 20,1). Isaia si ritira.<br />
Nel frattempo, Ezechia attua la riforma religiosa (2 Re 18,1-7; 2 Cr 29,1-2) e la restaurazione<br />
della città: mura, canale di Siloe (cf 2Re 20,20; esplorato nel 1880 e<br />
nel 1909: iscrizione).<br />
4. 701: Assedio di Gerusalemme. Nel 705 muore Sargon. In Assiria gli succede Sennacherib<br />
(705/681): ribellione in Babilonia (Merodach/Baladan, cf 2Re 20,12) e lega antiassira<br />
con l’Egitto. Giuda viene coinvolto. Devastazione della Palestina da parte<br />
di Sennacherib (presa di Lachis), assedio di Gerusalemme, dove il re decide di resistere<br />
data la gravità delle condizioni imposte (Is 8,4ss; cc. 36-37). Il profeta sostiene<br />
il re nella resistenza e promette il soccorso di Dio: Gerusalemme è liberata<br />
(peste? Is 10,16.). Ma il paese è allo stremo.<br />
Dopo il 700 il profeta scompare. Su tale sfondo si pone l’attività di Isaia = «JHWH<br />
salva» o «JHWH è salvezza». Una tradizione (Ascensione di Isaia 5,1-16, cf Eb<br />
11,36) lo vuole martire sotto il re Manasse (687/642), che introdusse il culto pagano<br />
nel tempio.<br />
2. IL LIBRO<br />
La composizione del libro è durata secoli. Si parla di un triplice Isaia o della divisione del<br />
libro in tre parti: Proto-Isaia (cc. 1-39), Deutero-Isaia (capp. 40-55), Terzo-Isaia (capp. 56-<br />
66). Sorge una “scuola” il cui influsso si è protratto nel tempo. Essa ha riletto e attualizzato<br />
il suo messaggio nelle diverse epoche. Leggendo Isaia noi possiamo percorrere le tappe<br />
fondamentali della storia di Israele: preesilica, esilica, postesilica, con le ansie, i problemi,<br />
le risposte (religioso-politiche).
3. <strong>ISAIA</strong> 1-39<br />
Bibliografia<br />
L. ALONSO SCHÖKEL - J.L. SICRE DIAZ, I profeti, Roma, Borla 1984, pp. 95-449.<br />
J. BLENKINSOPP, Isaiah 1-39. Isaiah 40-55. Isaiah 56-66; A New Translation with Introduction and Commentary<br />
(AB 19, 19A, 19B), Doubleday, New York 2000, 2002, 20<strong>03</strong>.<br />
B.S. CHILDS, Isaia, Queriniana, Brescia 2005 (ed. Inglese: Isaiah, Westminster John Knox Press, Louisville,<br />
Kentucky, 2001).<br />
L. MORALDI (Traduzione e note) – G. RAVASI (Introduzione), Il libro di Isaia – testo ebraico a fronte (BUR<br />
L951), Rizzoli, Milano 1994.<br />
A. PENNA, Isaia (La Sacra Bibbia), Marietti, Torino 1958.<br />
O. KAISER, Isaia (capp. 1-12) (Antico Testamento 17), Paideia, Brescia 1998.<br />
O. KAISER, Isaia (capp. 13-39) (Antico Testamento 18), Paideia, Brescia 2002 (ed. tedesca 3 1983).<br />
R. LACK, La Symbolique du Livre d’Isaïe (Analecta Biblica 59), PIB, Roma 1973 (offre una visione globale del<br />
libro a partire dalla simbolica; lo utilizzo in modo particolare per le note sulla struttura del libro).<br />
F. MONTAGNINI, Il libro di Isaia. Parte I (capp. 1-39) (Studi Biblici 58), Paideia 1982.<br />
B. MARCONCINI, Il libro di Isaia (1-39), Città Nuova, Roma 1993.<br />
Il testo fa riferimento all’epoca dell’attività di Isaia (740-700), ma presenta molteplici aggiunte<br />
(cc. 24-27; 34-35). L’attuale disposizione riflette l’ordine di Geremia ed Ezechiele:<br />
a) oracoli contro Giuda e Gerusalemme (cc.1-12), b) oracoli contro i popoli (cc.13-23), c)<br />
oracoli di salvezza (cc.24-35).<br />
3.1 <strong>ISAIA</strong> 1-12: ORACOLI DI MINACCIA CONTRO GIUDA E GERUSALEMME<br />
Si possono riconoscere due grandi sezioni legate dal motivo del giudizio e dalla promessa<br />
di salvezza:<br />
a) 1-5: un giudizio è già in moto<br />
Dio prepara e motiva un giudizio di condanna dell’immoralità. I primi capitoli sembrano un<br />
compendio dell’annuncio isaiano, allo stesso modo di Ger 2-6 (Eissfeldt, Introduzione).<br />
• Oracoli di minaccia, che risalgono per lo più alla prima attività di Isaia, denunciano la<br />
generale corruzione. Dopo una introduzione (1,2-9), vengono alcune famose requisitorie:<br />
1) la città prostituta (1,21-26); 2) il canto della vigna (5,1-7): parabola sui rapporti<br />
tra Dio e il suo popolo, accompagnata dalle maledizioni, dalla minaccia dell’invasione<br />
già in moto (5,25ss) e dalla promessa dell’intervento folgorante del Signore («il giorno<br />
di JHWH») per purificare il popolo da ogni ingiustizia e idolatria (2,6-22).<br />
• Non mancano annunci di speranza come la visione escatologica della salita a Sion di<br />
tutti i popoli (2,2-5) e della pace universale, che richiama Mi 4,1-3, e un accenno al “resto”<br />
nell’immagine del “germoglio del Signore” (4,2-6).<br />
b) 6-12: esecuzione del giudizio – il libro dell’Emmanuele<br />
È l’esecuzione del giudizio in precedenza motivato, a cui fa da premessa la vocazione di Isaia<br />
(c. 6). Il peccato attira il castigo – la guerra siro-efraemitica (735-734) – ma<br />
l’impenitenza del popolo e del re attirerà nuovi castighi, più grandi, l’invasione assira.<br />
L’Emmanuele sarà, tuttavia, il segno di salvezza, seppur polemico (7,14ss; 8,6-10). Caratteristica<br />
è l’alternanza castigo-salvezza:<br />
• All’annuncio della nascita (7,14) seguirà la gioia per la nascita (9,1-6 gioia in mezzo<br />
all’angoscia, luce tra le tenebre)<br />
• Al castigo (10,27b-34) seguirà la salvezza (10,20-24 il piccolo resto; 11,1-9 il germoglio<br />
di Jesse e il ritorno degli esiliati).<br />
Il salmo del capitolo 12, giocando sul nome di Isaia, proclama la salvezza che viene solo da<br />
Dio, sorgente autentica alla quale attingere.<br />
54
3.2 <strong>ISAIA</strong> 13-23: ORACOLI SUI POPOLI STRANIERI<br />
Nella prima parte Isaia era impegnato soprattutto nella politica e nella visione religiosa “interna”.<br />
Qui il quadro si allarga alla politica “estera”. Se allora egli doveva, con gesto rischioso,<br />
smascherare il re, i suoi consiglieri e i dirigenti del suo popolo che credevano nella<br />
loro “saggezza”, qui il conflitto è tra la saggezza di Dio (il suo piano) e la sapienza delle<br />
nazioni (piano delle nazioni). È un conflitto più indiretto e accademico, ma il primo destinatario<br />
è ancora e anzitutto il popolo di Gerusalemme.<br />
Troviamo oracoli contro Babilonia (13,14-22) e contro l’Assiria (14,24-27 cf 10,5-15)<br />
che doveva essere il “bastone della mia collera, verga del mio furore”, ma s’è comportata<br />
diversamente seguendo il proprio piano, le sue idee, dimenticando che JHWH è Signore del<br />
mondo; contro Moab (15-16), Damasco e Israele (17: probabilmente del 735, alleati contro<br />
Giuda: guerra siro-efraemitica); contro Etiopia (18), Egitto (19), Tiro (23). Drammatica è<br />
la descrizione della caduta di Babilonia (21,1-10), forse un poema più antico diretto contro<br />
Assur, riadattato; si parlerebbe della distruzione di Ninive (612): la città è distrutta, gli dei<br />
infranti.<br />
Due passi di carattere universalistico riflettono lo stile del secondo Isaia (cf. 49,22;<br />
46,14; 66,20), sono quindi più tardivi: gli esiliati ritorneranno, «si uniranno anche gli stranieri<br />
che saranno incorporati nella casa di Giacobbe» (14,1-2); la conversione dell’Egitto,<br />
che suppone colà insediamenti ebraici durante l’esilio (19,16-25).<br />
Nello svolgimento del poema un simbolo dà unità all’attuale composizione, il giorno<br />
del Signore (13,6), il giorno della sua ira ardente (13,13) con un mezzogiorno (18,4) e una<br />
sera (21,4 il crepuscolo desiderato diventa terrore). L’elenco dei popoli prende avvio dall’<br />
estremo oriente (13,5 dal lato dei Medi, 13,17) e termina ad occidente (Tiro e Sidone 23).<br />
La simbologia presenta una drammatizzazione particolarmente intensa ai capitoli 18 e 21.<br />
3.3. <strong>ISAIA</strong> 24-35: PROMESSA<br />
1) I cc. 24-27 costituiscono un’apocalisse (aggiunta posteriore) con giudizio e distruzione<br />
della città del caos (opposta a Gerusalemme), conversione universale e banchetto divino, al<br />
quale tutti i popoli sono invitati (25,6-10a), restaurazione del popolo con la “città forte”<br />
per la presenza di Dio-Roccia (26,1-6) che serve da rifugio ai giusti, salmo sul giudizio degli<br />
empi e la liberazione-risurrezione del popolo (26,7-19); il nuovo passaggio del Signore<br />
(26,20-27,1) come al tempo di Noè o la notte dell’uccisione dei primogeniti d’Egitto; la<br />
nuova deliziosa vigna (27,2-5 opposta a 5,1-7); il raduno dei dispersi (27,12-13).<br />
Simbolo dominante è il diluvio (cf. Gen 6-9) con i motivi annessi: apertura delle cateratte<br />
(24,18), annegamento dell’empio (25,11), rifugio per i giusti (26,1ss la città forte e<br />
26,20 “chiudi la porta dietro di te” cf. 7,16), ripresa della vegetazione su una terra purificata<br />
e feconda (27,2ss, cf. 26,14ss, fiorisce anche il popolo).<br />
2) I cc. 28-33 contengono alcuni oracoli per lo più rivolti a Israele e Samaria. Dopo gli oracoli<br />
di condanna e di minaccia (29,1-14 contro Gerusalemme) e il testamento di Isaia<br />
(30,8-17 in tre oracoli: 9-11.12-14.15-17), si profilano la salvezza e il trionfo del diritto<br />
(29,15-24), il perdono di Dio (30,18-26), l’effusione dello spirito e l’attesa della salvezza<br />
(postesilici 32,15-20; 33,14-16.17-24).<br />
Immagini: il vento, il fuoco e l’acqua producono un uragano che rovescia quanto non è<br />
ancorato alla fede. Resiste solo il rifugio della fiducia in Dio; dopo il ciclone sorge il paesaggio<br />
radioso, stillante pace e tranquillità.<br />
3) Is 34-35 sono definiti “piccola apocalisse”. Si presentano come un dittico, negativo e<br />
positivo, incentrato sul simbolo dell’esodo.<br />
55
• Cap. 34 giudizio e castigo (nell’immagine di una battaglia) contro la città ribelle fino a<br />
renderla inabitabile. È un antiesodo o esodo alla rovescia: animali impuri ne prendono<br />
possesso al posto degli uomini (34,11);<br />
• Cap. 35 restaurazione del popolo: nuovo esodo, gioia per la liberazione, interesse per i<br />
più deboli (cf. Mt 11,5; At 3,8), deserto che fiorisce e strada appianata. All’inizio, al<br />
centro e alla fine del capitolo è la “gioia”. Il motivo della restaurazione è la “gloria del<br />
Signore”, la sua ricompensa, “la sua redenzione”.<br />
3.4 Isaia 36-39 è appendice narrativa (cf. 2Re 18-20). Insiste sul tema della fiducia (חַטָב) in<br />
Dio che ha fatto la sua promessa a Davide e determina l’inviolabilità di Sion, città di Dio.<br />
L’episodio, centrale nel libro dell’Emmanuele, è ricordato e celebrato nei Salmi 46, 48, 76.<br />
3.5. TEOLOGIA<br />
Il nucleo del suo messaggio può essere riassunto attorno a tre temi 1 :<br />
1) La fede in Dio “Santo”. «Se non crederete, non avrete stabilità», è la condizione posta<br />
dal profeta al re Achaz e ai suoi consiglieri (7,9b). Contro il vacillare dell’uomo, animato<br />
spesso da progetti distruttivi (cf. 7,1-6; 8,6-10), l’unica stabilità è offerta dal “Santo di Israele”,<br />
il Dio che domina le vicende umane. Solo il “timor di Dio”, ossia la fede, garantisce<br />
contro il “terrore” generato dalle aggressioni umane (7,3) o contro le false illusioni e superstizioni<br />
che non offrono speranza (8,19-20). Segno concreto di tale fede sono il profeta con<br />
i suoi figli (8,11-18) e “il Resto” del popolo convertito (10,20-22).<br />
2) La giustizia. Isaia denuncia violenza e corruzione. Sin dal primo capitolo accusa Gerusalemme:<br />
città infedele e “prostituta” in cui tutto è corrotto, domina la legge delle “bustarelle”,<br />
non trova ascolto la voce del povero che chiede giustizia (1,21-26; cf. anche<br />
5,1-7.8-24). È condannata anche la violenza degli stranieri, presuntuosi e superbi (10,5-19<br />
e i cc.13-23). Alla fine resisterà solo “la città forte”, rifugio per il “popolo giusto che mantiene<br />
la fedeltà” (26,1-6.7-19), sotto la guida del Messia, re di pace e di giustizia (9,5-6;<br />
11,1-9.10-17). Il tema del Messia, infatti, propone un regno ideale dove la giustizia sarà rispettata<br />
e realizzata, secondo il piano di Dio.<br />
3) La speranza futura. È fondata su Dio e collegata all’opera del suo “Messia”, del quale<br />
Isaia è uno dei grandi cantori: il re, scelto e consacrato da Dio, governerà secondo il suo<br />
progetto e agirà sotto l’impulso del suo Spirito (11,2), per rendere giustizia ai miseri oppressi<br />
del paese e percuotere gli empi violenti; giustizia sarà il suo emblema (11,3-5).<br />
Da questa duplice azione, divina e umana, sorgerà la pace stabile dove male e saccheggi<br />
saranno definitivamente superati, tutti riconosceranno Dio e la conoscenza del Signore inonderà<br />
il paese (11,9). Sarà superata anche la lotta tra serpente e uomo iniziata ai primordi<br />
dell’umanità (Is 11,8 con Gen 3,15). Sorge il resto fedele nucleo del nuovo popolo (6,13;<br />
10,20-11,9).<br />
La speranza è estesa a tutti i popoli. Un pellegrinaggio universale salirà a Gerusalemme<br />
per attingervi la parola e la legge di Dio. Di là giustizia e pace nuove si irradieranno su tutti<br />
gli uomini: cammineranno alla luce del Signore, convertiranno le strutture di violenza in<br />
strumenti di lavoro e rinunceranno per sempre all’arte della guerra (2,2-5; cf. anche i cc.<br />
24-27 e 34-35 «apocalissi»).<br />
1 Cf anche G. CAPPELLETTO – M. MILANI, In ascolto dei profeti e dei sapienti, pp. 94-97: 1) l’identità di JHWH, il<br />
«Santo d’Israele»; 2) la realtà dell’uomo «peccatore»; 3) la storia «teatro di Dio» (il credente dentro la storia,<br />
nasce la speranza); 4) la stabilità di Sion e del re; «il resto» fedele.<br />
56
4. SECONDA PARTE – <strong>ISAIA</strong> 40-55: IL LIBRO DELLA «CONSOLAZIONE»<br />
Bibliografia<br />
C. WESTERMANN, Isaia Capitoli 40-66 (Antico Testamento 19), Paideia, Brescia 1978 (ed ted. 2 1970).<br />
C. WIENER, Il profeta del nuovo esodo: Deutero-Isaia, Gribaudi 1980 (ed. franc. Le deuxième Isaïe, Cahiers Evangile<br />
n. 20, Service Biblique Evangile & Vie, Ed. du Cerf, Paris 1977).<br />
J. BLENKINSOPP, Isaiah 40-55. A New Translation with Intoduction and Commentary (Anchor Bible 19A), new<br />
York 2001.<br />
A. BONORA, Isaia 40-66. Israele: servo di Dio, popolo liberato (LoB 1.19), Queriniana, Brescia 1988.<br />
B. MARCONCINI, Il libro di Isaia (40-66), Città Nuova, Roma 1996.<br />
4.1. IL CONTESTO<br />
1) Il contesto geografico e politico è del tutto diverso rispetto alla prima parte del libro di<br />
Isaia. L’impero oppressore è la Babilonia e non l’Assiria; gran parte del popolo è in esilio.<br />
Ma le disgrazie stanno per finire. Da qualche anno (547 a.C.) Ciro, re dei Persiani, “che<br />
chiama la vittoria ad ogni passo” (41,2) fa tremare Babilonia. La conquista avverrà nel 539.<br />
Gli esiliati che lo desiderano potranno tornare a Gerusalemme. Ciro autorizza la ricostruzione<br />
del tempio.<br />
Alcuni dati storici permettono di inquadrare l’opera di questo anonimo cantore del ritorno<br />
dal deserto, che scrive verso il 550-540 a.C.<br />
604 Nabucodonosor re di Babilonia<br />
597-586 Prima e seconda deportazione dei giudei a Babilonia<br />
559 Ciro re di Ansan in Persia, vassallo dei Medi<br />
556 Nabonido re di Babilonia<br />
553 Ciro nega obbedienza ad Astiages, re della Media, lo sconfigge, unifica l’impero Medo-<br />
Persiano. Nabonido conquista Harran.<br />
550-540 Nabonido si ritira a Tema. Ministero di Isaia II<br />
541 Ciro sconfigge Creso, re della Lidia<br />
539 Ciro sconfigge Nabonido, passa il Tigri, conquista Babilonia<br />
538 Editto di rimpatrio dei giudei.<br />
2) Alla diversità del contesto storico corrisponde la opposizione degli stili. «Tanto Isaia è<br />
preciso, sobrio, misurato anche quando abbonda, tanto il suo emulo anonimo, il secondo<br />
Isaia, si compiace della maestà delle costruzioni, dell’accumulo degli incisi, della pienezza<br />
dell’espressione. C’è tra il primo e il secondo Isaia tanta differenza quanta tra Valéry e un<br />
Claudel!» 2 .<br />
3) Anche i problemi sono diversi. Già il titolo, «il libro della consolazione», è indicativo.<br />
Occorre annunciare la salvezza. Il pericolo di una generale apostasia è tutt’altro che ipotetico.<br />
C’è sfiducia nelle istituzioni salvifiche classiche: alleanza, tempio, ecc. Tutto è perciò<br />
puntato sul futuro, un nuovo intervento di Dio che, sul modello degli antichi eventi, realizzerà<br />
la salvezza: un nuovo esodo, una nuova alleanza, un nuovo Mosè (il servo).<br />
Il profeta si preoccupa di assumere le obiezioni degli scettici. Perciò, il suo procedimento si<br />
fa più razionale. I suoi problemi sono quelli di Geremia ed Ezechiele.<br />
4.2. LA PERSONALITÀ<br />
Sulla personalità del profeta non si può dire nulla di certo; anche perché i passi in prima<br />
persona non sono necessariamente confessione autobiografica, ma artificio letterario. Il<br />
cap. 40,6-8 ci offre pezzi di dialogo che equivalgono a una missione: il profeta riceve un<br />
nuovo titolo, «evangelista», ת ֶרֶשַּׂבְמ/mebaśśeret, perché il centro del suo messaggio è una<br />
2 R. LACK, «L’universo simbolico del secondo Isaia», in IDEM, Letture strutturaliste dell’AT, Borla, Roma 1978.<br />
57
«buona notizia» riassunta in una frase: «sta qui il vostro Dio». Il cap. 49 presenta un nuovo<br />
testo in prima persona in cui sono riconoscibili gli elementi di una vocazione profetica,<br />
benché modificati nella figura del «Servo»: sofferenza per la vocazione, insuccesso, confidenza<br />
in Dio, gloria dell’impresa, dimensione ridotta a Israele e trascendenza universale (cf<br />
anche 50,4-9).<br />
4.3. LA STRUTTURA 3<br />
Tutti gli autori riconoscono l’unità di questi capitoli (40-55). Il «libro della consolazione»<br />
inizia con un prologo (40,1-11) e conclude con un epilogo (55,10-13; altri considerano tutto<br />
il capitolo o i vv.6-13).<br />
Il prologo raccoglie tutti i motivi rilevanti del messaggio del Deuteroisaia:<br />
• Dio dà ordine di consolare/convincere il popolo: è finita la schiavitù, si prepara la<br />
strada per il ritorno in patria (40,1-5);<br />
• il messaggero riceve l’incarico di annunciare la “parola” di Dio che non viene mai<br />
meno (vv. 6-8 accennano alla vocazione del secondo Isaia);<br />
• il profeta incaricato annuncia la “buona notizia”: «Ecco il nostro Dio!... il Signore Dio<br />
viene con potenza». Dio rimane il Signore, come un pastore guida il suo gregge, ricondurrà<br />
il suo popolo (vv.9-11).<br />
Il corpo del poema è articolato in due sezioni ben distinte, ciascuna con una propria introduzione,<br />
dove si mettono a tacere i lamenti di Giacobbe e di Sion (40,12-31 e 49,14-26):<br />
a) 40,12-49,13, la forza di Dio, organizzata attorno a quattro temi:<br />
• la polemica-processo contro gli dei pagani e i popoli che li adorano, per dimostrare<br />
che solo JHWH è Dio della storia: l’argomento base è la forza di Dio (creatore) e soprattutto<br />
la sua prescienza che, dopo aver annunciato il passato, preannuncia il futuro;<br />
• la liberazione da Babilonia e il ritorno alla terra promessa nella forma del nuovo esodo<br />
su strada piana, deserto fiorito, acqua abbondante;<br />
• Ciro e la sua missione di liberatore occupano la parte centrale del libro: è l’unto di<br />
JHWH, che realizza il suo piano (ץֶפֵח) e la sua giustizia (הָקָדְצ);<br />
• imminenza della salvezza (הָעוּשְׁי): 48,1-49,13.<br />
b) 49,14-55,9, l’amore di Dio: la visione si concretizza sulla restaurazione e glorificazione<br />
di Sion (nell’immagine di città e sposa) e dei suoi figli. I capitoli 54 e 55 concludono il libro<br />
della consolazione.<br />
• Il cap. 54 celebra la salvezza nel suo divenire e la salvezza realizzata.<br />
• Il cap. 55, 1-9 invita a una liturgia di rinnovamento dell’alleanza.<br />
Nell’epilogo (55,10-13) la Parola realizza il piano di Dio (vv.10-11) e l’uscita del nuovo<br />
esodo (vv.12-13) che diviene il «segno eterno» della nuova «eterna alleanza».<br />
4.4. TEOLOGIA: I DUE PROTAGONISTI<br />
I CANTI DEL “SERVO DI JHWH”. Inseriti nell’arco del libro, rappresentano delle “note” di<br />
approfondimento teologico. Oggi li porremmo in nota o tra parentesi. Ad esempio, Isaia<br />
49,1-9 ritorna su Is 48,20b, che risponde alla obiezione apparsa in precedenza, 40,27; così<br />
in 50,4-9 il profeta per esortare il popolo al coraggio, propone il suo esempio personale alla<br />
comunità, purtroppo senza successo.<br />
3 Per una presentazione più particolareggiata della struttura del poema, a partire dall’universo simbolico, si veda<br />
la premessa ai «carmi del Servo di YHWH»: «Is 40-55: Universo simbolico e criteri di strutturazione», pp. 61-64.<br />
58
LA PAROLA DI DIO è la protagonista vera del secondo Isaia. È Parola creatrice nella storia<br />
(55,10ss) e consolatrice-redentrice che circola sulle alture tra Babilonia e Sion 4 . Il profeta<br />
ne descrive l’azione, il tragitto, il contenuto e gli effetti 5 :<br />
• La Parola realizza il suo contenuto. La sua efficacia infallibile e la certezza del compimento<br />
segnano tutto il poema da Is 40,7-8: «La Parola di Dio rimane per sempre»,<br />
fino a 55,10-11: «Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano<br />
senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché<br />
dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia<br />
bocca: non ritornerà a me senza effetto, ma compie ciò che io progetto (ץפח: si tratta<br />
del disegno-intenzione o piano di Dio, non di un semplice desiderio) e realizza (חלצ)<br />
ciò per cui l’ho mandata (חלשׁ: è inviare un messaggero)».<br />
• La Parola di Dio, inviata al cuore di Gerusalemme e al popolo, compie il suo tragitto:<br />
– è lanciata in 40,1; – si ripercuote sulle cime dei monti (40,9; 42,1; 44,23; 49,13;<br />
52,7); – risuona alla fine tra le rovine di Sion quando JHWH, alla testa del suo popolo,<br />
che ritorna dall’esilio, giunge in vista della città e le sentinelle gridano di gioia<br />
(52,9-10). Gerusalemme è allora invitata alla gioia (54,1). La buona notizia precede i<br />
figli di Sion sul cammino del ritorno, prima ancora che le loro colonne siano in movimento.<br />
Alla fine, il misterioso servo del cap. 53 e la parola di Dio fanno riuscire il disegno<br />
(ץֶפֵח) di JHWH (53,10; 55,11).<br />
• Il contenuto della Parola è un semplice messaggio di libertà e di gioia: reca la presenza<br />
del “nostro Dio” come Salvatore («il nostro Dio viene con potenza»), e comincia a<br />
realizzare la sua presenza salvifica nell’essere pronunciata con fede; dovrà poi essere<br />
diffusa attraverso la testimonianza dei credenti.<br />
NB. La costellazione della gioia è particolarmente presente in Is 40-55 (cf 51,3.11; 54,1;<br />
55,12). In particolare, rānan nella prima parte del libro si concentra negli inni che concludono le<br />
grandi unità e hanno il compito di richiamare il prologo come un basso continuo (44,23: Dio ha<br />
riscattato; 49,13: ha consolato); ad eccezione di 48,20 (il popolo è invitato a portare la sua gioia<br />
fino alle estremità della terra), il cosmo è chiamato a far rimbalzare la gioia: le montagne (44,23;<br />
49,13), la terra (49,13), montagne e cieli (44,23). Il messaggio di gioia portato di altura in altura,<br />
passa finalmente sulla bocca delle sentinelle di Sion (52,8) ed erompe dalle rovine di Gerusalemme<br />
in lacrime (52,9). Nella seconda parte, il messaggio di gioia è portato dagli stessi esiliati.<br />
• La Parola, però, si scontra con degli ostacoli, soprattutto l’incredulità degli esiliati,<br />
vincendola in una lotta drammatica. Così si svolge il messaggio di salvezza, involvendo<br />
gli israeliti tra il passato e il futuro e, in una sintesi, spunta la tensione e il dinamismo<br />
dell’opera. Il passato diventa: garanzia del futuro e modello per descriverlo. Il futuro<br />
prende il passato, lo trasforma e lo idealizza. È un sogno che però la fede afferma<br />
come realtà certa, annunciata attraverso i simboli.<br />
4 Su «La parola di Dio nel Secondo Isaia», cf A. BONORA, Isaia 40-66. Israele: servo di Dio, popolo liberato<br />
(LoB 1.19), Queriniana, Brescia 1988, pp. 38-44; W. ZIMMERLI, «Jahwes Wort bei Deuterojesaja», VT 32 (1982)<br />
104-124, di cui riportiamo la sintesi del pensiero.<br />
– «Parola di Jahve», debar JHWH: - in senso largo è forza creatrice nella natura e nel mondo: qui il Deuteroisaia<br />
è in relazione con l’innodia dei salmi (cf. Sal 33,6) e l’innodia sulla creazione dell’Antico Medio Oriente.<br />
– Enfasi del Deuteroisaia: la pone in nuovo ambito. Occasionalmente inserisce il tema in una formula di<br />
disputa (40,12.13.18.25). In seguito sviluppa la parola in una forma di processo o dibattito processuale, in cui,<br />
tra l’altro, le divinità stanno sotto il giudizio di JHWH (41,1-5.21-29); un terzo processo (43,8-13) estende<br />
ulteriormente l’ambito della Parola: ciechi e sordi tra le nazioni sono chiamati a riconoscere la preminenza e<br />
unicità di Dio. Infine la sapiente redenzione di Israele da parte di Dio diviene per il mondo chiara evidenza della<br />
Parola di Dio, potente e attiva su scala universale. È parola «ri-creatrice» nella storia.<br />
5 Cf R. LACK, L’universo simbolico del secondo Isaia (40-55), in Letture strutturaliste dell’antico testamento,<br />
Borla, Roma 1978.<br />
59
4.5. Principali concetti nel secondo Isaia – la «consolazione»<br />
La consolazione è un importante concetto nel secondo Isaia. Il tema domina le prime due<br />
pericopi del libro (40,2-8. 9-11). Toni consolatori appaiono anche in 43,1 e 55,6-8. La consolazione<br />
però non è il concetto primario del secondo Isaia. «Il suo compito fu più di convincere<br />
che di confortare»: «parlate al cuore» (40,2). Scrivendo agli esiliati (e forse a coloro<br />
che erano rimasti a Gerusalemme), il profeta trova necessario convincerli fin dal primo<br />
momento che JHWH era un Dio di salvezza (Is 40: «il Signore è in mezzo a noi», e la descrizione<br />
del «nuovo esodo»), l’unico che potesse salvare il suo popolo dalla infelice situazione<br />
in cui stava vivendo. Era necessario convincerli che JHWH, il responsabile della loro<br />
prigionia, era anche capace di liberarli e di farli rimpatriare 6 .<br />
1) Salvezza e redenzione sono i principali concetti del secondo Isaia: JHWH è Dio di salvezza,<br />
solo Lui può salvare (43,3.11.14-15). Essi sono concentrati in alcuni simboli.<br />
• Il concetto di salvezza è concreto, equivale alla liberazione del popolo da Babilonia.<br />
• Il segno sarà il nuovo esodo e la dimora del popolo nella terra, come in passato (43,16-<br />
20; 46,12-13 enfasi sulla salvezza in Sion).<br />
• La redenzione enfatizza lo stretto legame di Dio-לֵאוֹג, «redentore-riscattatore», titolo<br />
corrispondente alla liberazione dalla schiavitù.<br />
2) L’annuncio della liberazione si fonda sulla teodicea o fiducia nel potere di JHWH e nel<br />
suo piano (ץֶפֵח) sulla storia: JHWH non viene meno. Era un tema importante perché il<br />
popolo sperimentava la propria disfatta nell’esilio a confronto con la potenza di Babilonia.<br />
Isaia deve convincere che JHWH non è privo di forza e di potere, né aveva voltato le<br />
spalle al suo popolo. Anzi era stato l’autore della loro punizione a causa della disobbedienza,<br />
ma era in grado di «fare grandi cose», come quando aveva liberato e guidato il<br />
popolo fuori dall’Egitto» (43,3.18ss 45,14 43,22).<br />
3) Tramite i canti del Servo Sofferente, il profeta offre una lettura per questo popolo che<br />
«lotta contro il suo creatore». Nei canti appare un servo «non ribelle», che «offre le sue<br />
spalle ai flagellatori»; egli dà l’esempio di uno «che cammina nelle tenebre e non nella<br />
luce, ma confida nel nome di JHWH e si affida al suo Dio» (50,10).<br />
5. TERZA PARTE – <strong>ISAIA</strong> 56-66 7<br />
La BG definisce il Terzo Isaia una raccolta composita, con oracoli di diverse epoche. Tuttavia,<br />
presenta una sua unitarietà di contenuto e struttura con stile e contesto storico diverso<br />
dal secondo Isaia. Pur essendo composto di soli 10 capitoli, il suo influsso nel NT è notevole<br />
essendo tra i più citati: Is 61,1-2 cf. Lc 4,18 (vocazione profetica applicata a Gesù); Is<br />
66,24 cf. Mc 9,48; Is 66,1-2 culto spirituale, cf. At 7,49-50 discorso di Stefano; Is 65,1-2<br />
cf. Rm 10,20-21; Is 59,20 cf. Rm 11,26-27; Is 64,3 cf. 1 Cor 2,9.<br />
5.1. ORIZZONTE STORICO PALESTINESE POSTESILICO-PROSPETTIVE TEOLOGICHE<br />
Gerusalemme è in uno stato miserevole (62,4.11), senza tempio e la sua ricostruzione incontra<br />
difficoltà (66,1; in 65,5 è già ricostruito?). Il messaggio del secondo Isaia ha ricevuto<br />
un’amara smentita dalla nuova comunità: sfiduciata e divisa (66,5); con gli antichi abusi<br />
preesilici: ingiustizia, inettitudine, indifferenza dei capi (56,9-57,2), tiepidezza nella fede e<br />
6 Cf. A.S. KAPELRUD, «The Main Concern of Second Isaiah», VT 32 (1982) 50-58, da cui attingo le osservazioni.<br />
Sul «nuovo esodo», cf. R.M. CAJOT, «The New Exodus in Second Isaiah», Philippinana Sacra 37 (2002) 43-<br />
56: l’autore usa i caratteri dell’antico evento per indicare che il nuovo sarà molto più spettacolare del primo.<br />
7 Per queste note, cf. R. LACK, La symbolique.<br />
60
idolatria (57,3-13; 65,1-7); la maggioranza degli esiliati ha rinunciato al ritorno in patria,<br />
preferendo la sicurezza della nuova posizione acquisita in esilio.<br />
Perciò il redattore-autore, che scrive dopo il 538 a Gerusalemme, raccoglie e riprende il<br />
messaggio del secondo Isaia e lo adatta alla nuova presente situazione conservandone la<br />
portata escatologica. Ne consegue la continuità dei temi con il II Isaia: marcia e cammino,<br />
Sion madre della nazione (centro del poema, 60-62; 66,7ss), salvezza e giustizia. Ma rivela<br />
anche le differenze per lo stile e un diverso uso degli stessi termini e temi.<br />
1) Di conseguenza, mentre il secondo Isaia sottolinea soprattutto il “dono” del Signore, nel<br />
terzo i comportamenti umani acquistano più importanza (almeno per i capitoli 56-59 e 63-<br />
66). Non basta ricevere, bisogna promuovere ciò che si riceve. La pratica e lo sforzo umano<br />
sono richiesti fin dal primo versetto.<br />
a) La giustizia è ancora quella di Dio (cf 61,10ss), ma è accentuata la giustizia umana.<br />
«Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché prossima a venire è la mia salvezza»<br />
(56,1): la salvezza è prossima sotto la forma dell’urgenza. L’insistenza è sul fare: «beato<br />
l’uomo che così agisce, che osserva il sabato», vv. 2.4, aderire e servire il Signore. La<br />
salvezza e la giustizia, che costituiscono il risultato ultimo del progetto del Creatore nel<br />
secondo Isaia e sono installate in Sion per essere irradiate su tutto il paese («faccio avvicinare<br />
la mia giustizia, non è lontana; la mia salvezza non tarderà. Io disperderò in<br />
Sion la salvezza, il mio splendore sarà per Israele» 46,13; cf. 45,8), richiedono ed implicano<br />
nel trito Isaia la pratica e l’impegno umano.<br />
b) Is 58,2-7 ha per tema il conflitto che oppone l’egoismo umano alla volontà altruistica di<br />
Dio. Il digiuno, che deve suscitare nell’uomo le aspirazioni di cui la fame è simbolo,<br />
non ha fatto che rinchiuderlo in se stesso. Perciò ai vv. 5-7 il profeta quasi non trova parole<br />
sufficienti per significare la rottura e l’apertura: rompere le catene ingiuste, slegare<br />
i legami del giogo, rinviare liberi gli oppressi, spezzare tutti i gioghi, dividere il pane<br />
con l’affamato, donare (dare alloggio ai poveri senzatetto, «colui che vedi nudo rivestilo<br />
e della tua carne non ne nasconderai per te stesso»). Il «volere» di Dio si oppone<br />
all’egocentrismo dell’uomo sino a dare se stesso (napšām). La fame deve evitare la<br />
concentrazione su di sé. Il digiuno diviene segno di disponibilità a Dio e di apertura e<br />
solidarietà verso i fratelli.<br />
2) La salvezza è un giudizio che separa buoni e cattivi. L’ultimo verso del libro (66,24) è la<br />
realizzazione del sogno di Is 1,21-26: a Gerusalemme ci sono solo i buoni. Tutti i malvagi<br />
sono stati eliminati. Chi li vuole vedere bruciare deve uscire fuori della città.<br />
Vedranno i cadaveri degli uomini che hanno peccato contro di me,<br />
poiché il loro verme non muore e il loro incendio non si spegne.<br />
3) Nuovo è anche il modo di intendere l’esodo. Nel secondo Isaia il nuovo esodo si annuncia<br />
imminente e trionfale. Il Signore stesso prende la guida del suo popolo (40,10), fa da<br />
avanguardia e da retroguardia (52,12), e il deserto si trasforma in giardino fiorito e ombreggiato<br />
(41,9), con acqua abbondante: fiumi, sorgenti, stagni, fontane (41,18). Tutto serviva<br />
a magnificare Gerusalemme verso cui l’esodo tendeva. Nel terza parte di Isaia, invece,<br />
l’esodo è concepito in modo nuovo:<br />
Io farò uscire da Giacobbe una stirpe, e da Giuda un erede delle mie montagne.<br />
I miei eletti ne saranno eredi, i miei servi le abiteranno (65,9).<br />
È la terminologia dell’esodo: uscire, ereditare, abitare; ma un esodo «sul posto». Il<br />
cammino non è più la strada che collega Babilonia a Gerusalemme, ma la buona o la catti-<br />
61
va condotta. Il percorso da geografico diventa spirituale: percorrere una via diversa, allontanarsi<br />
dalle malversazioni della massa per possedere la terra con giustizia (cf. Sal 24,3).<br />
La giustizia camminerà davanti a te... se darai il pane agli affamati...<br />
JHWH ti guiderà costantemente, nei deserti egli ti sazierà,<br />
sarai giardino irrigato... sorgente d’acqua, le cui acque sono inesauribili.<br />
Tu abiterai sulle rovine antiche... (cf. Is 58,8-12).<br />
I temi del secondo Isaia sono trasposti a un piano spirituale. Il nuovo esodo spirituale<br />
richiede l’impegno ascetico della conversione. Per essere guidati alla santa montagna di<br />
Sion, bisogna entrare nelle vedute di Dio. Attraverso questo esodo Dio si fa presente nel<br />
popolo. Il problema della presenza o assenza di Dio diventa cruciale: è legato a giustizia e<br />
salvezza.<br />
5.2. STRUTTURA<br />
Rileviamo i temi presenti nel testo che rivelano una visione unitaria.<br />
61 VOCAZIONE <strong>PROFETI</strong>CA<br />
60 GERUSALEMME 62<br />
59,15-21 GIUSTIZIA 63,1-6<br />
59,1-14 SALVEZZA 63,7-64,11<br />
56-58 ESODO SUL POSTO 65-66<br />
62
ESEGESI<br />
Il libro dell’Emmanuele: Isaia 6-12<br />
A. Visione d’insieme: Titolo Testo Tema<br />
IL TITOLO dato a questi capitoli trova la sua giustificazione dal «segno» del bambino la cui<br />
nascita rivela, nell’angoscia generale, la presenza salvatrice di Dio. È il punto di riferimento<br />
e uno dei princìpi organizzatori del testo.<br />
IL TESTO che possediamo è stato costruito con una certa coerenza riunendo materiale diverso<br />
in base ad alcuni princìpi strutturanti.<br />
Il Materiale. Sullo sfondo degli oracoli sono anzitutto due avvenimenti storici presi dal redattore<br />
come esemplari o paradigmatici: a) il conflitto con Samaria e Damasco, guerra siroefraimitica<br />
(734) che, in seguito alla politica non accorta di Achaz, divenne l’esca di una<br />
conflagrazione molto più grave per Giuda, cioè, b) l’invasione assira con l’assedio di Sennacherib<br />
(701). L’assedio subito in quelle occasioni diverrà il paradigma o modello classico<br />
con cui sarà descritta l’ultima convulsione escatologica rappresentata nell’immagine mitica<br />
dell’«assalto delle nazioni». È diventato simbolo di avvenimenti escatologici (cf. Sal<br />
46; 48 e 76, sullo sfondo dei quali è ricordato l’assedio).<br />
A questo materiale si aggiungono una confessione autobiografica del profeta (cf. 8,1-<br />
4.16-20) e un inno finale (12). Altre brevi inserzioni risentono dell’epoca postesilica.<br />
Principi di struttura. Il libro è organizzato attorno ad alcuni principi teologici e letterari:<br />
l’alternanza invasione/liberazione, il motivo dei segni, i nomi simbolici.<br />
1. L’alternanza invasione/liberazione (o attacco/protezione a cui si aggiungono minacce<br />
e promesse) ripropone lo schema teologico: peccato-castigo-liberazione.<br />
Il peccato e l’impenitenza del re e del popolo causano il castigo: la guerra siroefraimitica<br />
e, ancor più grave, l’invasione assira. L’Emmanuele esercita una funzione salvatrice<br />
(7,14; 8,6-10). La salvezza si traduce in immagini contrastanti: tenebre-luce<br />
(8,20ss), devastazione vegetale e germinazione del germoglio di Jesse (10,32s). Ecco uno<br />
schema:<br />
invasione 7,1-2/segno + liberazione 7,14-16<br />
invasione 7,17-20/liberazione 7,21-22<br />
desolazione 7,23-25/liberazione 8,1-4 (+ segno 8,16-20)<br />
invasione 8,5-8/liberazione 8,9-10<br />
invasione = oppressione 8,21-23/liberazione 9,1-6<br />
/liberazione 10,5-15.23-27<br />
invasione 10,28-32 + oppressione 10,33s/liberazione 11,1-9<br />
2. I segni. Anzitutto il bambino che nasce, l’Emmanuele («Dio-con-noi»), segno della presenza<br />
salvatrice di Dio. Ma anche Isaia e i suoi figli sono «segni e presagi» di avvenimenti<br />
futuri (8,18). Se l’Emmanuele è il segno della liberazione (cf. l’annuncio 7,14ss e la nascita<br />
8,23-9,6), i figli di Isaia richiamano soprattutto il dramma dell’invasione.<br />
3. Nomi simbolici<br />
I figli di Isaia<br />
- בוּשָׁי ראְָשׁ, «un resto ritornerà», accompagna il padre nella sua prima missione presso il re<br />
(7,3). È un teste muto, un presagio con il suo nome. La spiegazione formale del nome è<br />
in 10,20-22, ma il senso è presente in tutto il libro. Resto: il popolo sarà decimato, molti<br />
periranno, ma non tutti saranno distrutti, alcuni continueranno l’esistenza del popolo, co-<br />
63
stituiranno il «germoglio» del nuovo popolo (cf. 9,7-21, diminuzione del popolo; 10,19, i<br />
pochi rami; 10,32s, il bosco distrutto; 11,11, ripresa della vita). Ritornerà: il ritorno è<br />
concentrato in due passi, 10,17-33 in senso religioso, conversione, e 9,12; 11,10-16, come<br />
ritorno dall’esilio, attorno alla radice di Jesse che si leva come vessillo tra tutti i popoli.<br />
- זָבּ שָׁח לָלָשׁ רֵהַמ, «presto bottino, pronto saccheggio» (cf. 8,4), la cui spiegazione risuona<br />
in 10,6, annuncia la caduta di Damasco e Samaria e la liberazione temporanea di Giuda,<br />
ma il saccheggiatore ritornerà e questa volta contro Giuda (una risonanza di ciò si può<br />
avvertire in 11,14).<br />
NB. Significato filologico. Si tratta di due avverbi e due nomi. רֵהַמ, «presto, celermente», è infinito con valore<br />
avverbiale (potrebbe essere anche un antico participio, per memaher, il prefisso spesso è omesso; i due verbi<br />
sarebbero allora due participi predicativi con valore avverbiale; le-maher con lamed inscriptionis, sta per i due<br />
punti [:]). שָׁח è perfetto o participio di שׁוּח. Significa che «asporteranno (v.16) velocemente il bottino;<br />
asporteranno celermente la preda».<br />
- Anche il nome di Isaia è «segno e presagio» (8,18). Il termine «salvezza» (ebr. עשָׁי, Isaia<br />
= «JHWH salva» o «JHWH è salvezza») non è presente in questi capitoli, ma è contenuto<br />
nel tema. Ed è una parola chiave nell'inno finale, dove appare tre volte (c.12). Il libro si<br />
conclude così in perfetta armonia con la celebrazione della salvezza che solo Dio può dare,<br />
di cui l’Emmanuele è segno e il nome di Isaia è annuncio e presagio.<br />
STRUTTURA<br />
Il poema attuale si può schematizzare nel seguente modo:<br />
• Preambolo: vocazione di Isaia, 6,1-13<br />
• Corpo del poema articolato in due parti: 7,1-9,6 e 9,7-11,6<br />
• Epilogo innico: il salmo del c.12<br />
Preambolo<br />
La vocazione di Isaia (6,1-13), in stretta connessione con il libro dell'Emmanuele, pone in<br />
primo piano la figura del profeta protagonista del poema (due volte si presenta al re,<br />
7,1.10) assieme alla moglie (8,3) e ai due figli (8,18, cf. 7,13; 8,3s). Il poema anticipa il tema<br />
del «resto».<br />
Corpo del poema<br />
I parte: 7,1-9,6 - dalla promessa alla nascita dell’Emmanuele<br />
Nell’alternanza invasione – liberazione incontriamo i seguenti temi.<br />
• Duplice intervento del profeta presso il re con la promessa dell’Emmanuele: 7,1-9.10-<br />
16.<br />
• La minaccia dell’invasione assira a motivo delle scelte errate (+ promessa di liberazione):<br />
7,17-25 +8,1-4.5-10; l’esortazione di 8,11ss mette in risalto la «missione» di Isaia,<br />
la sua qualità di «segno e presagio» assieme ai figli. A motivo della incredulità del re, il<br />
profeta resta in attesa, «sigilla la sua rivelazione nel cuore dei discepoli».<br />
• Le celebrazioni gioiose per la nascita del bambino: 9,1-6.<br />
È costruita sul «memoriale» di Isaia. L’orizzonte è storico, riguarda gli anni 735-733.<br />
Inizia richiamando episodi del tempo (7,1-6) e gravita attorno ai tre segni: l’Emmanuele, i<br />
figli del profeta, il profeta stesso e la moglie «profetessa». Nei nomi dell’Emmanuele e dei<br />
figli di Isaia è racchiuso l’avvenire di Israele. Nella notte di angoscia, l’unica ragion<br />
d’essere è il compimento del segno dell’Emmanuele (7,10ss) realizzato in 9,1-6 (nascita).<br />
Isaia, separandosi dalla via seguita dal popolo, ha fiducia e spera (8,11-17).<br />
64
Il movimento generale di questa sezione è racchiusa tra due momenti opposti, guerra<br />
(7,1ss) e pace (8,23-9,6). I disegni umani di guerra, il progetto dei re di Aram e di Samaria<br />
di por fine alla dinastia (7,7) e il progetto delle «nazioni lontane» (8,9, cf. 5,26) si infrangono<br />
contro il disegno di Dio. Comprenderanno che ogni progetto contro di lui è destinato<br />
al fallimento. Da parte sua, Giuda imparerà quanto costi diffidare della potenza di JHWH<br />
per confidare nelle alleanze umane e sperimenterà la differenza tra il timore funesto - il terrore<br />
- degli uomini (7,4, cf. 8,6) e il timore salutare di JHWH (8,13).<br />
II parte: 9,7-11,16 - il piano divino e il “resto”<br />
Mentre la prima parte è agganciata all’orizzonte storico, la seconda rivela un carattere marcatamente<br />
escatologico. È utilizzata quattro volte con tale significato la formula «quel<br />
giorno» (10,20.27; 11,10.11). Importante è anche il verbo inviare (ebr. חַלָשׁ: 9,7; 10,6.16).<br />
È articolata in due sezioni: 9,7-10,19 e 10,20-11,16.<br />
• La prima contiene i poemi della «mano tesa» di Dio (9,7-10,4: rit. 9,11. 16.20; 10,4),<br />
per punire Israele, e della condanna dell’Assiria (10,5ss). Il triplice חַלָשׁ, «inviare»,<br />
unisce i due poemi. Dio invia il castigo a tre riprese: la sua parola che lo annuncia e lo<br />
mette in movimento contro Israele (9,7ss), il bastone del suo furore, l’Assiria (10,5ss),<br />
e la peste che consuma ogni cosa contro l’Assiria (10,16-19).<br />
L’autore tenta di penetrare il piano divino: perché Dio invia i flagelli? Dio invia la<br />
punizione su Israele per mezzo della «scure» dell’Assiria perché esso rifiuta di far penitenza.<br />
Ma invierà il suo castigo contro l’Assiria a causa del suo orgoglio (10,12ss).<br />
• La seconda sezione (10,20-11,16) affronta il tema del «resto» rappresentato nel nuovo<br />
popolo e significato nel nome בוּשָׁי ראְָשׁ, il figlio di Isaia (cf 10,20-22), nel «germoglio<br />
di Iesse» (11,1-9), nel ritorno dei deportati (11,9-16). La prova assira è immagine della<br />
prova escatologica, ultima conflagrazione, alla quale seguirà la liberazione definitiva.<br />
Il resto è raffigurato nello schema vegetale: Assur stende la mano contro Sion raffigurata<br />
come albero (10,32, cf. in 10,15 immagine della scure); è lo stesso Dio che usa<br />
la scure per strappare i rami, recidere le punte più alte, abbattere il folto della selva<br />
(10,33). Ma quando ogni speranza sembra perduta, il tronco riprende a vivere: «Un<br />
germoglio spunterà dal tronco di Jesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici» (11,1).<br />
Inizia così il poema messianico della pace escatologica con il discendente (germoglio)<br />
carismatico di David (11,1-9) e il ritorno degli esiliati dai quattro angoli della terra attorno<br />
alla «radice» di Jesse levata a vessillo per tutte le nazioni (11,10-16).<br />
Epilogo<br />
Il capitolo 12 è una conclusione innica sulla salvezza: Sion è riempita di abitanti, il Signore<br />
stesso vi risiede. L’inno celebra il nome di Isaia: «Il Signore è Salvezza»; «attingerete<br />
l’acqua alle sorgenti della salvezza» (12,3). È il ritorno alla vera sorgente della salvezza,<br />
che la politica di Achaz aveva fatto abbandonare a profitto del fiume distruttore (8,6ss:<br />
l’opposizione Siloe-Eufrate, simboli, rispettivamente, della protezione divina e del furore<br />
devastatore di Assur, cf. Sal 46).<br />
TEMA TEOLOGICO<br />
Il poema oppone ciò che è stabile e ciò che è caduco. L’inizio del libro offre un oracolo<br />
programmatico. La dinastia è minacciata da due fattori, il piano nemico e il terrore del re e<br />
del popolo, che «si agitano come rami del bosco per il vento» (7,2). Ma questi piani non<br />
avranno successo:<br />
Ciò non avverrà, non sarà (hy ~Wqßt' al{ï, 7,7);<br />
Sarà infranto, non si realizzerà (rp'_tuw>, ~Wqêy" al{åw>, 8,10).<br />
65
Il timore e le alleanze politiche su cui si appoggiano il re e i suoi consiglieri saranno infrante<br />
e superate (8,12-15; 10, 20; 12,2). La stabilità è in Dio. Ciò che offre stabilità<br />
all’uomo è la fede: credere è garanzia di stabilità.<br />
Se non crederete, non avrete stabilità. (7,9b)<br />
La fede è l’atteggiamento che assume il profeta insieme ai figli:<br />
Il Signore mi aveva proibito di incamminarmi nella via di questo popolo (8,11),<br />
Io ho fiducia - hikkîti - nel Signore ... e spero - qiwwîti - in lui (v.17).<br />
È la scelta del «resto» che si salva:<br />
Non si appoggeranno più su chi li ha percossi,<br />
ma si appoggeranno al Signore (10,20).<br />
Ed è il tema del salmo finale:<br />
Confiderò e non avrò timore... mia forza è il Signore (12,2).<br />
L’azione di Dio e la fede dell’uomo renderanno stabile la monarchia minacciata:<br />
Grande sarà il suo [del bambino] dominio,<br />
la pace non avrà fine sul trono di David e sul suo regno...<br />
ora e sempre (9,6).<br />
Il «timore» salutare di Dio fa superare il terrore dell’uomo. Questa legge è valida nella<br />
crisi di Achaz ed Ezechia. La sua formula è condensata nel nome «Emmanuele», «Dio con<br />
noi».<br />
66
B. Esegesi<br />
1. La Vocazione di Isaia: Isaia 6,1-13<br />
Il capitolo è preposto al libro dell’Emmanuele, anche se logicamente lo attenderemmo<br />
all’inizio del libro, come nei libri di Geremia ed Ezechiele, forse per la difficoltà della missione,<br />
mentre si compiva l’invasione minacciata alla fine della narrazione (vv. 11-13) 8 . Il<br />
racconto appare come una prova di legittimazione, che giustifica tutti gli interventi del profeta<br />
e ne fa l’autentico porta-parola di Dio presso Giuda e Gerusalemme.<br />
Isaia comunica la sua esperienza religiosa profonda, “soprannaturale”, “mistica”, legata<br />
alla vocazione profetica. Il tema è difficile. È un tentativo di esprimere l’ineffabile mediante<br />
immagini e simboli. È un processo a cui tutti i mistici devono ricorrere.<br />
Ciò avviene nella forma di una liturgia trasfigurata nel tempio (cf. il fumo, il coro, il rituale<br />
di purificazione, ecc.), che richiama in qualche modo gli eventi rivelativi fondamentali<br />
al Sinai, e nell’immagine regale di Yhwh 9 .<br />
Lo schema di vocazione, secondo la classificazione di Vogels 10 , appartiene al tipo:<br />
«manda me...», che ricorda la relazione: re-consigliere (cf. Michea ben Ymla e Achab, 1Re<br />
22,19-22 = 2Cr 18,18-21), e maggiormente combina l’iniziativa divina con la libera decisione<br />
dell’uomo. Isaia si offre volontario, con entusiasmo, prontezza, fede incondizionata,<br />
ancor prima di sapere esattamente ciò che gli sarà richiesto. Lo schema fondamentale contiene<br />
i seguenti elementi:<br />
1. consiglio divino = teofania: Dio in trono con corte celeste<br />
2. domanda di un volontario: «chi?»<br />
3. uno si offre: «Ecco manda me»<br />
4. ordine di missione.<br />
Esempi di tale tipo sono in Ez 1,27(26).28. I profeti sono “consiglieri di Dio” (cf. Ger<br />
23,16-18): ammessi al consiglio divino, elevati alla sfera di Dio, ascoltano, sono inviati (talora<br />
Dio scende).<br />
In Isaia 6, si susseguono:<br />
• Vv.1-5: teofania-consiglio divino: alla visione (1-2) segue l’audizione (2-4);<br />
• Vv.6-7: purificazione del profeta (elemento nuovo);<br />
• V.8a: richiesta di un volontario (il plurale, chi andrà a nome del consiglio; ma è solo JHWH in prima persona<br />
che invia); 8b: offerta spontanea di sé;<br />
• Vv.9-10: ordine di missione; è missione per la parola;<br />
• Vv.11-13: dialogo (richiama il rapporto padrone-servo plenipotenziario). Non è lamento, ma richiesta di<br />
spiegazione con domanda (11a) e risposta, che sviluppa la missione (11b-13).<br />
STRUTTURA<br />
Il capitolo è dominato da schemi ternari, come se fosse polarizzato dal triplice «santo» del<br />
canto serafico (Alonso). E si riconoscono tre parti:<br />
* teofania (vv.1-5): vidi... su un trono / ho visto il re = visione e riconoscimento;<br />
* purificazione e consacrazione (vv.6-7): rito e parola;<br />
* missione (vv.8-13): chi manderò – chi andrà / manda me – va’ (visione e dialogo, in due<br />
riprese: 8-10.11-13).<br />
8 Possiamo confrontare il racconto, in prima persona, con Ger 1; Ez 1-3; Es 3; Sal 99.<br />
9 Il racconto più vicino è forse la teofania di Ezechiele; gli autori hanno accostato questo testo anche a Sal 24 e<br />
alla vocazione di Pietro in Lc 5,4-11.<br />
10 Cf. sopra, pp. 6-7.<br />
67
ESEGESI<br />
TEOFANIA (vv.1-4.5)<br />
La teofania inaugura la visione che occupa tutto il capitolo, cui seguono audizione e reazione<br />
del profeta. La data precisa la visione nel 740 a.C.<br />
Visione: «Vidi». Il trono accentua la regalità divina (cf v.5). Appare la trascendenza divina:<br />
il tempio non è che un appoggio terreno, sgabello del trono «alto ed elevato» su tutto il<br />
cosmo, ma qui il Signore incontra l’uomo.<br />
• La teofania crea la sensazione di pienezza in contrasto con l’abbandono e il vuoto finali<br />
(vv.11-13): gli orli del manto riempiono il tempio (v.1); il tempio è riempito di fumo<br />
(v.4); la gloria di Dio riempie la terra (v.3).<br />
• I Serafini, descritti con minuzia (le 6 ali e il canto), rappresentano la corte del Signore-<br />
Re, stanno eretti attorno al trono, e fungono da adoratori; si coprono il volto per non vedere<br />
JHWH. Sono esseri «brucianti» (ף ַרָשׁ) in forma umana: il nome sembra indicare lo<br />
splendore; uno di loro «brucia» le labbra di Isaia con il carbone acceso. Assomigliano<br />
agli esseri alati di Ezechiele (Ez 1) che portano il trono celeste di Dio, chiamati «Cherubini»<br />
in Ez 10, come le figure scolpite sull’arca (cf. Es 25,18). La tradizione ha fatto di<br />
Cherubini e Serafini due categorie di angeli.<br />
• Il fumo (v.4) richiama la funzione liturgica nel tempio con l’incenso che brucia negli incensieri<br />
(l’angelo prende il carbone acceso, v.6). Come nube manifesta e vela la presenza<br />
del Signore. Ciò avviene al Sinai, nel deserto, nel tempio.<br />
Audizione: il coro proclama. I Serafini fanno comprendere al profeta la visione con un<br />
canto liturgico che accentua la dimensione cosmica di Dio: eserciti (= stelle, cielo) e pienezza<br />
della terra. Il coro produce una specie di terremoto, che fa tremare il tempio, come<br />
nella teofania del Sinai (Es 19, con fumo e suono di tromba). Nel canto si staccano due parole:<br />
gloria e santità.<br />
• La santità, secondo la concezione tradizionale, esprime la trascendenza di Dio e al<br />
contempo l’aspetto etico di una rettitudine assoluta, che di conseguenza esige la santità<br />
dell’uomo (cf. BJ su 6,3). Ma rivela, di fatto, la sua “vicinanza” all’uomo.<br />
שׁוֹד ָק,<br />
“santo e sacro”. C.B. Costelcade 11 critica la tesi di W.W. Baudissin, per il<br />
quale שׁוֹדָק contiene essenzialmente l’idea di «separazione»: Dio santo è anzitutto un<br />
Dio «separato». «Nei testi semitici non biblici consacrarsi non è separarsi, ma<br />
«avvicinarsi» (s’approcher): la consacrazione è il contrario della separazione» (col.<br />
1393). Ugualmente nella Bibbia, quando si parla di santità occorre parlare di relazione,<br />
incontro, vicinanza e appartenenza e non di differenza e separazione (a sostegno cita<br />
Gen 28; Es 3; Es 19 e Is 6).<br />
• La gloria: «La sua gloria (sarà) pienezza di tutta la terra». La “pienezza” è predicato:<br />
ciò che riempie la terra con la sua presenza.<br />
La gloria è la manifestazione esterna, la sua maestà, come splendore, senza un figura<br />
definita, presente e manifesta nella “pienezza” della terra. Si afferma in tre modi: la<br />
magnificenza di Dio che si manifesta nella bellezza della natura (Sal 19,2; 104,1-2); lo<br />
splendore che gli uomini dicono di vedere nella teofania (termine tecnico della teologia<br />
sacerdotale: Es 24,17); lo splendore celeste della maestà divina, che l’uomo solo con<br />
pericolo di vita può vedere (Es 33,18.20).<br />
Ora quella gloria - afferma il canto dei Serafini - riempie il cielo e il tempio. In futuro<br />
la gloria, lo splendore celeste di Dio, riempirà tutta la terra, abitazione dell’uomo. Al-<br />
11 C.B.COSTELCADE, «Sacerdoce-Sadducéens», DBS XI, Fasc.59, Paris 1985.<br />
68
lora apparirà come un tempio gigantesco ove siede la maestà serena di Dio «Re» attorniato<br />
dalla sua corte.<br />
Reazione: il profeta riconosce e confessa. «Ho visto il re» fa inclusione con «vidi il trono»;<br />
l’impurità collega il verso con il rito seguente. Illuminato dalla luce oscura della nube e dal<br />
canto dei Serafini, il profeta riconosce la regalità del Signore e scopre la sua radicale impurità<br />
(«le labbra impure») e trema con il tempio. È possibile la mediazione tra uomo e Dio<br />
(cf. Es 33,20)?<br />
PURIFICAZIONE E CONSACRAZIONE (vv.6-7, cf. Ger 1,9; Ez 2,8-3,3)<br />
Nella scena si alternano rito e parola. Un Serafino compie un rito purificatorio: vola,<br />
prende, tocca. Il gesto ha valore di «sacramento», che realizza il simbolo, la purificazione<br />
interiore. Purificando la bocca, donde escono le parole, purifica il cuore donde provengono<br />
i pensieri. La parola spiega il significato e convalida il senso del rito: perdono del peccato e<br />
della colpa.<br />
Di fatto, il rito è anche abilitazione: il profeta purificato può assistere e parlare in mezzo<br />
all’assemblea santa. Egli non ci comunica la sua esperienza, però subito dopo avvertiamo<br />
che è un uomo nuovo, in grado di ascoltare.<br />
MISSIONE (vv.8-13)<br />
Domanda di un volontario, offerta spontanea (v.8)<br />
Di nuovo Isaia contempla la corte divina; ora ascolta una delibera: «Udii la voce del Signore».<br />
Chi manderò e chi andrà per noi?... manda me... va’ e riferisci.<br />
Il «noi» sembra alludere alla corte celeste. Ora il profeta si offre spontaneamente come<br />
volontario (8b, cf. Abramo in Gen 12,1-4; invece le esitazioni di Ger 1,6 e Mosè Es 3,1-6),<br />
per agire in nome del Signore (profeta, inviato). La visione è interpretata come interpellante,<br />
non semplicemente come spettacolo o informazione. Lo comprende ora, che altri l’ha<br />
reso capace: nessuno è capace per se stesso, la missione profetica non è una professione,<br />
nessuno si chiama da se stesso. Richiede però la libera adesione.<br />
INVIO (vv.9-10)<br />
È missione per la parola («va’ e riferisci»): parla in nome di JHWH. Non c’è messaggio, si<br />
descrivono piuttosto gli effetti della missione. «Questo popolo»: Dio evita di dire «mio popolo»,<br />
perché si appresta al giudizio e al castigo. Poi traccia con alcune frasi concise il senso<br />
della missione profetica: suo destino è far risuonare la voce di Dio, l’esito sarà di peggiorare<br />
la situazione. Il profeta sarà segno di contraddizione (cf Is 8,11-16): gli organi della<br />
percezione sono completamente chiusi 12 , la sua parola non accolta provoca un indurimento<br />
che annulla le capacità di conoscenza e determina un processo storico che conduce alla catastrofe<br />
(cf. Gv 15,22). Ma quando questa sopraggiungerà, il popolo ne comprenderà il<br />
senso alla luce della profezia: è un castigo meritato. In ultima istanza, la profezia porterà alla<br />
conversione.<br />
DIALOGO (vv.11-13)<br />
La situazione è paradossale. Il profeta ne avverte la gravità e pone la domanda: «fino a<br />
quando?». È richiesta di spiegazione e invocazione (11a, cf soprattutto le suppliche comunitarie<br />
nei Salmi): il profeta diviene intercessore. La risposta avviene in due tempi (11b-<br />
13) «fino alla catastrofe»; questi i limiti del giudizio divino.<br />
12 Cf. v.10, la sequenza inversa in forma di chiasmo. Azione: cuore insensibile, orecchio duro, occhi accecati;<br />
effetto: gli occhi non vedono, gli orecchi non odono, il cuore non comprende (non si converte e non guarisce).<br />
69
Alla pienezza della «teofania» si oppone ora la devastazione, che si abbatte sulla città,<br />
le case, la campagna: è abbandono generale (11b-12). Non lo sterminio totale (il castigo lo<br />
esclude), ma la morte di molti. Una seconda ondata verrà a decimare i decimati (v.13).<br />
Nella caduta rimane un resto, un «tronco» o «ceppo» (תֶבֶצַּמ, l’immagine ritorna in<br />
10,33-11,1), che assicura la continuità del popolo. Criterio distintivo di appartenenza resta<br />
la fede (cf. 7,9b; 10,20-22):<br />
Progenie santa sarà il suo ceppo (v.13).<br />
La finale adombra speranza e salvezza. Il resto sarà un «seme di Santità» o «del santuario»<br />
(שֶׁדֹ ק ע ַרֶז), consacrato al Signore «Santo» (inclusione con v.3), un popolo «sacerdotale»<br />
(Es 19,6). La santità di Dio rifluisce sul «resto», secondo l’ideale sacerdotale: «Siate santi,<br />
perché io il Signore Dio vostro sono santo» (Lev 19,2, cf 11,44-45; Mt 5,48; 1Pt 1,15-16).<br />
In conclusione. Il profeta, introdotto nel piano divino, percepisce la sua missione come<br />
segno di contraddizione, ma nel contempo anche la funzione di intercessore e di annunciatore<br />
di speranza e salvezza.<br />
2. La promessa dell’Emmanuele<br />
Isaia 7,1-9.10-17 + 18-25: promessa-minaccia<br />
PRIMO INTERVENTO (7,1-9)<br />
Il cap.7 presenta due interventi del profeta Isaia (vv.1.10) durante la guerra siro-efraimitica<br />
(735/34 a.C.). Il racconto precisa le coordinate storico-geografiche (vv.1-2). La minaccia<br />
dei due re, di Samaria e di Damasco, aveva seminato il panico nella «casa di Davide» (cf.<br />
2Sam 7) e tra il popolo (v.2). Tuttavia il risultato di salvezza è già anticipato (v.1).<br />
Il profeta, accompagnato dal figlio bWvåy" ra'Þv., simbolo muto di salvezza (cf. 10,20-22), interviene<br />
una prima volta: tranquillizza il re (vv.3-6) e pronuncia un oracolo di salvezza<br />
(vv.7-9).<br />
«Non temere» (vv.3-6)<br />
È tranquillità da recuperare nella fede. Il profeta definisce i due avversari come «tizzoni<br />
fumanti» ormai alla fine.<br />
L’attacco contro Gerusalemme ha lo scopo di distruggere la dinastia di Davide e porre<br />
sul trono un altro re (v.6). Se il piano fosse riuscito la promessa di Natan sarebbe stata annullata.<br />
La «piscina superiore», a occidente del palazzo reale e del tempio, nella valle del Tyropeion, doveva<br />
essere un luogo strategico per la città 13 . Perciò il re la rinforza in vista dell’attacco nemico. Il<br />
profeta non impedisce la difesa.<br />
Tab’el: forma aramaica, è un nome teoforico: «Buono è Dio» o «Bontà è Dio». Il profeta Isaia<br />
nomina il candidato alla successione, che nel TM viene ironicamente storpiato in Tab’al, «buono a<br />
nulla», figura insignificante.<br />
Promessa divina (vv.7-9)<br />
La promessa divina di salvezza si articola in: giuramento (v.7), motivazione e conferma<br />
della promessa (avversari distrutti, vv.8-9a); protezione condizionata (v.9b).<br />
– v.7 hy ~Wqßt' al{ï. L’attentato contro la stirpe non avrà successo. La promessa è in<br />
forma lapidaria, senza condizioni (cf. 7,17; 8,14).<br />
13 Salomone fece costruire due piscine: una inferiore, a sud, con l’acqua dalla fonte di Gihon, completata con<br />
Siloah, emissario (Ezechia); una superiore, a occidente, con acqua piovana raccolta e condotta nella piscina.<br />
70
– vv.8-9a confermano il giuramento (l’ordine è 8a.9a.8b, forse si tratta di una glossa). È la<br />
motivazione duplice. I due re non passano perché Dio, Signore e dominatore dei regni e dei<br />
popoli, ha loro assegnato un regno limitato e non Giuda. Inoltre, seconda motivazione<br />
(v.8b), tra qualche anno Efraim non sarà più popolo, perché sarà distrutto (722/21, ebr.<br />
mē‘am, min privativo, «non popolo»). Forse l’indicazione temporale, «65 anni», va corretta<br />
in «sei o cinque anni», indicazione generica.<br />
– v. 9b. La protezione divina è condizionata: Se il v.7 riassume la promessa della liberazione,<br />
il v.9b ne è la conclusione.<br />
`Wnme(a'te al{ï yKiÞ Wnymiêa]t; al{å ~ai…<br />
Se non crederete, non avrete alcuna stabilità (kî enfatico).<br />
Cf. Vg Si non credideritis, non permanebitis.<br />
LXX kai. eva.n mh. pisteu,shte ouvde. mh. sunh/te<br />
Se non crederete, neppure comprenderete.<br />
I Padri, a partire da questo testo, hanno fatto del verso una regola ermeneutica: la fede via<br />
ermeneutica della Scrittura. Dalla fede occorre passare alla comprensione più profonda. È<br />
la gnosi cristiana: «La fede, ma anche la conoscenza della verità» (CLEMENTE AL., Stromata,<br />
II,11,52,3: SC 38,76).<br />
Il testo ebraico è articolato sul doppio senso di ןַמאָ, nelle forme hifil, «credere», e nifal,<br />
«essere stabili». Il verso al plurale è rivolto al re, alla casa e alla corte non nominata ma sottintesa.<br />
Tutti potevano comprendere.<br />
SIGNIFICATO<br />
Occorre partire dalla situazione storica. Achaz era salito al trono a 20 anni (ne regnerà 16).<br />
Ricevuta la notizia dell’aggressione Siro-Efraimitica per obbligarlo a combattere contro<br />
l’Assiria, di fronte al pericolo aveva fatto passare per il fuoco il figlio maggiore e aveva<br />
deciso con il suo consiglio la soluzione politica di chiamare in aiuto l’Assiria stessa (cf.<br />
2Re 16,2-3). In questo momento la dinastia è senza eredi. Isaia va alla fonte superiore e annuncia<br />
che Gerusalemme sarà liberata anche senza alleanze. Il v.4 al singolare era rivolto al<br />
re, il v.9b al plurale è rivolto al re e al consiglio di corte nella speranza che i legati restino<br />
a casa. Se saranno inviati, ora Giuda e Gerusalemme saranno liberate ma in futuro la grande<br />
calamità dell’invasione Assira si abbatterà su di esse (cf. 8,5-8).<br />
1) Le parole contengono un monito a confidare e a «non temere» (v.4), cioè a recuperare<br />
la tranquillità della fede. Confidare in Dio è impedire il successo dell’aggressione;<br />
2) Il monito non è astratto, ma è riferito a un caso concreto, frutto di una analisi storica, e<br />
tende a un effetto pratico: ottenere la neutralità e impedire la richiesta di aiuto<br />
all’Assiria con la spontanea sottomissione di vassallaggio (cf. 2Re 7-9). Il profeta non<br />
intende impedire l'opera di fortificazione e la resistenza passiva, ma evitare il patto di<br />
sottomissione, che richiedeva l’invocazione degli dei di quel paese e avrebbe causato,<br />
in futuro, effetti nefasti.<br />
3) Il monito assume un senso più ampio. Il significato storico di Israele è nella fede in<br />
JHWH. La fede fonda l’esistenza di Israele e la conserva, per la fede vivono e non per la<br />
potenza politica. La fede deve appoggiarsi sulla parola di Dio, che si compirà di fronte<br />
ai piani umani (cf i «canti del Servo» che accentuano la potenza della Parola).<br />
La fede richiede una forza d’animo che il re non ha. Il profeta ne intuisce l’indecisione.<br />
Non può aggiungere altro. Però Dio presto darà un altro annuncio (vv.10-17).<br />
SECONDO INTERVENTO (7,10-17)<br />
«Il Signore parlò ancora» per mezzo di Isaia. Si susseguono: narrazione (vv.10-13), promessa<br />
divina (vv. 14-16), minaccia contro Achaz (v.17 + 18-25: invasione; è glossa).<br />
71
Narrazione (vv.10-13)<br />
Il profeta offre un segno (v.11) a nome del Signore, per confermare la fede del re e la<br />
promessa di salvezza. Perciò, richiama l’alleanza: il Signore «tuo Dio»; al v.14 Isaia dirà<br />
«mio Dio».<br />
Il segno è qualcosa di straordinario fatto da Dio in favore del popolo. Non necessariamente<br />
extra-naturale, ma inerente alla storia e alla situazione. Il segno offerto è senza limiti<br />
di spazio: quello dal cielo ricorda la manna; quello dal profondo dello Sheol, l’acqua<br />
dalla roccia dell’Esodo.<br />
Il re rifiuta il segno (v.12): «Non voglio tentare il Signore». «Tentare Dio» è esigere<br />
prove e porre condizioni (cf. Sal 78,18.41.56; 106,14; Es 17,7; Dt 6,16=Mt 4,7 e parr.);<br />
nell’AT l’uomo tenta Dio con i peccati.<br />
La risposta è «diplomatica». Sotto la forma apparente di religiosità, il re respinge<br />
l’offerta divina e del profeta. Intende attenersi alla strategia diplomatica, ai progetti politico-militari:<br />
fortificazione delle mura (7,3) e invio in Assiria della delegazione.<br />
Il profeta irritato ammonisce e concede spontaneamente un segno, che appare polemico<br />
(vv.13-16). «Casa di Davide» (v.13) ricorda al re, erede di Davide, la promessa di Natan<br />
e l’alleanza del Signore con la casa reale (2Sam 7); essa però è condizionata alla fede<br />
(v.9b). Con il suo scetticismo il re, dopo aver irritato gli uomini (allusione allo scisma tra i<br />
due regni, 1Re 12), sta per stancare anche Dio: «mio Dio», il Dio dell’alleanza che per bocca<br />
mia ti offre un segno.<br />
Promessa divina - il «segno» (vv.14-16)<br />
GENERE LETTERARIO<br />
È un “oracolo di annuncio”, con i seguenti elementi: a) concezione e nascita del bambino;<br />
b) nome (spiegato al v.16); c) dieta particolare; d) un dato del futuro prossimo del bambino<br />
(v.16). Tali motivi saranno ripresi e spiegati nei capitoli seguenti.<br />
TESTO E CRITICA TESTUALE<br />
tAa+ ~k,Þl' aWh± yn"ïdoa] !Te’yI<br />
!kel'û<br />
`lae( WnM'î[i Amßv. tar"ïq'w> !Beê td
• Lasciare verbo alla 3a sing. femm: «ella (la madre) chiamerà», come fanno Eva e le<br />
matriarche (cf Gen 4,1).<br />
• Leggere ָתְא ַרָקְו: «e tu (= il re) chiamerai» (2a singolare maschile, una delle recensioni<br />
di LXX).<br />
• Supporre un’aplografia: וֹמְשׁ תֵא א ָרָקְו, 3a. pers. m., impersonale con soggetto vago: cf.<br />
«on dira», et vocabitur (Vg; Mt 1,23 e molti codd. LXX kale,sousin, così la Peshitto<br />
siriaca). Si può tradurre: «Si chiamerà il suo nome». Per altri esempi, cf. Is 9,5; 7,24.<br />
ESEGESI<br />
Il Segno – un bambino (v.14)<br />
« Perciò darà il Signore, Egli, a voi un segno»<br />
Il segno è offerto spontaneamente, ma diventa polemico, quasi una sfida. «Darà a voi»:<br />
la «casa di Davide»(v.13) e la delegazione (v.9b).<br />
Il segno è un bambino (cf. Lc 2,12.16), l’erede al trono la cui nascita garantirà la continuità<br />
della stirpe regale, e il cui nome profetico annuncia che Dio continuerà a proteggere<br />
e benedire Giuda. Is 9,1-6 e 11,1-9 preciseranno ulteriormente gli aspetti della salvezza.<br />
Annuncio<br />
«La vergine». L’ebraico indica una persona fisicamente matura(cf םֶלֶע, pubes), capace<br />
di generare, come traducono Aquila e Teodozione. Designa anzitutto l’età, la pubertà. Di<br />
per sé non dice se sia vergine sposata. L’articolo, «la vergine», ritiene comunque la persona<br />
come nota. LXX e Matteo danno un’interpretazione ispirata, che nulla dice del testo ebraico.<br />
hr"h' è aggettivo verbale fem. al posto del part. pres.: «“è” o “sarà” incinta» (LXX è al futuro).<br />
td
• Burro e miele: il senso non è preciso, rimane incerto per la brevità del verso. Interpretazioni:<br />
a) Sono cibi che daranno al re forze straordinarie per regnare: suppone il senso finale del<br />
verbo, “per il suo sapere”, «perché egli sappia».<br />
b) Incomincerà l’età aurea: sono cibi paradisiaci. Sarebbe un linguaggio mitico divenuto<br />
quotidiano. Questa ipotesi non ha sufficienti spiegazioni nell’AT e tanto meno qui.<br />
c) Indica abbondanza di cibo, cioè tempo di prosperità (cf. Es 3,8). «Latte e miele» idealizzano<br />
i dati storici.<br />
d) Indica cibo povero, essenziale, in tempo di miseria. Infatti, se partiamo dal contesto seguente,<br />
i vv.21-22 sono adatti alla spiegazione. Vi si accenna all’invasione Assira. I pochi<br />
abitanti rimasti dopo l’invasione, avranno poche pecore e latte, ma sufficienti per fare<br />
del burro. Dopo la devastazione ricomincerà un tempo di modesta prosperità, che<br />
l’Emmanuele sperimenterà all’età della discrezione.<br />
La minaccia (vv.17.18-25)<br />
Il v.17 conclude l’oracolo, con la minaccia di un futuro castigo a seguito dell’incredulità e<br />
delle scelte politiche (la minaccia si prolunga, di fatto, nel c.8). Il fatto che in un primo<br />
momento, l’invasione assira di Damasco e Samaria avesse liberato Giuda (v.16), sembrò<br />
dar ragione alla politica del re. In realtà, il profeta annuncia che tutto ciò è dono di Dio. Ma<br />
la successiva invasione di Giuda da parte della medesima potenza, confermerà il primo annuncio.<br />
I vv.18-25 costituiscono un’appendice al secondo intervento del profeta, da attribuirsi al<br />
tempo dell’invasione di Sennacherib. Continuano il pensiero del v.17, ma non è Isaia che<br />
parla ad Achaz. È probabile aggiunta del redattore.<br />
Nei simboli prevale lo schema di giudizio che comprende quattro oracoli, segnati da<br />
quattro riprese: «in quel giorno» (segno di altrettante aggiunte), che danno al brano un carattere<br />
escatologico.<br />
– vv.18-19: mosche e api. Si tratta dell’invasione assira significata nel simbolo delle api; ma le mosche<br />
(Egitto) non quadrano con il contesto.<br />
– v.20: il rasoio. Descrive l’assalto; risalta la depravazione e l’umiliazione di Giuda.<br />
– vv.21-22: latte e miele (qui inserito per la somiglianza con v.15? BJ). È descrizione della relativa<br />
prosperità e di un ritorno a una vita elementare posteriore all’invasione.<br />
– vv.23-25: rovi e spine (cf. Is 5). Rappresentano la terra disabitata; non più contadini, ma nomadi e<br />
pastori.<br />
Riassumendo<br />
• Il segno predetto è la prossima nascita di un bambino, che avverrà in un momento lieto.<br />
• Lo scopo del segno è polemico: non per confermare la fede della casa di Davide nella<br />
promessa divina, ma per confondere la sua politica, che si affida all’aiuto dell’Assiria.<br />
Segue perciò la minaccia.<br />
• La validità del segno dipendeva dal fatto che l’evento della nascita si potesse certamente<br />
conoscere, cioè se «la giovane» fosse ben nota. Occorre allora identificare la giovane<br />
e il bambino.<br />
EXCURSUS: INTERPRETAZIONE DI <strong>ISAIA</strong> 7,14<br />
Interpretazione storica<br />
La madre dell’Emmanuele non può essere che «la giovane» sposa del re; mentre il figlio<br />
è il re Ezechia, erede e successore di Achaz.<br />
74
• Dovette essere persona conosciuta, come appare dall’articolo, e riconoscibile dagli astanti,<br />
come richiedeva la validità del segno.<br />
• Poteva essere o la moglie del profeta o la moglie del re. Non è la prima perché un figlio<br />
era già nato (7,3) e il secondo, nato più tardi, avrebbe avuto significato diverso<br />
dall’Emmanuele (8,3). Con fatica si poteva dirla «giovane». Perciò, non poté essere che<br />
la sposa giovane del re Achaz, la futura madre dell’erede al trono.<br />
• Il contesto lo conferma. Infatti, la promessa centrale era la preservazione della dinastia<br />
di fronte al tentativo di usurpazione (7,6-7). Inoltre, il profeta si rivolge direttamente alla<br />
«casa di Davide» (7,13.17) e, in 8,8, annuncia l’invasione degli Assiri in terra di<br />
Giuda e Gerusalemme, chiamata «terra dell’Emmanuele». Si tratta dell’invasione di<br />
Sennacherib al tempo di Ezechia, nel 701.<br />
Il profeta dunque si adira con il re (7,13) e offre spontaneamente un segno fausto (7,14).<br />
Non potendo superare la sua incredulità, gli annuncia la nascita di un figlio come segno di<br />
continuità della dinastia per confondere la sua politica. Non nomina Ezechia, perché non è<br />
importante la sua persona storica, quanto la sua funzione di erede al trono, portatore delle<br />
promesse. Isaia pronuncia dunque un oracolo dinastico sulla nascita del re, evocando<br />
l’azione del Dio dinastico sulla regina madre del re 15 . Però in 7,17 annunzierà la punizione<br />
o il conseguente esito negativo conseguente.<br />
Interpretazione profetico-messianica<br />
La tradizione ha ritenuto la profezia una espressione del messianismo regale, abbozzato<br />
in 2Sam 7.<br />
1. Già il testo, infatti, suggerisce un senso profetico profondo, messianico. Non tratta di<br />
Ezechia e della madre come persone storiche. Accentua invece il loro significato simbolico:<br />
sono l’erede dinastico, portatore delle promesse, il “Messia”, “consacrato” dal Dio<br />
dinastico che ne garantisce la stabilità, e la regina madre su cui il Dio dinastico agisce.<br />
Inoltre, il nome forte, Emmanuele, e la solennità dell’oracolo vanno oltre il momento<br />
storico per proiettare la visione verso il re-Messia ideale, l’erede di Davide che sarà<br />
segno, nel futuro, della «presenza di Dio».<br />
2. Le traduzioni hanno accentuato il carattere ideale e simbolico. LXX, che riflette una<br />
tradizione giudaica, traduce ha-‘almah con “vergine” in senso specifico; in ebraico corrisponderebbe<br />
a betûlâ (ma qualcuno traduce: «colei che [ora] è vergine [poi] concepirà<br />
e partorirà un figlio...»). Forse il fatto dipende dal contatto con la nuova cultura ellenistica,<br />
che usa il motivo della nascita verginale per descrivere i tempi ideali, l’età dell'o-<br />
15 Cf. CAZELLES, o.c., pp. 85, 61s e 31s. J. RADEMAKERS, «La mère del Emmanuel. “Le Seigneur lui-même vous<br />
donnera un signe” (Is 7,14)», NRT 128 (2006) 529-545, considera il testo nel suo significato aperto e riassume la<br />
panoramica di identificazioni della «vergine» nella tradizione giudaica e cristiana: (1) una delle donne di Achaz,<br />
la madre di Ezechia; (2) Maria, in armonia con parthénos di LXX; (3) La sposa di Isaia, per il soprannome del<br />
figlio accanto agli altri due; (4) una figlia o giovane donna della casa reale (figlia di Achaz – rabbini: ma il re ha<br />
solo 25 anni); (5) una cortigiana di Achaz (cf Ct 6,8: regine e concubine); (6) Una donna conosciuta da Isaia e<br />
dal re e a noi sconosciuta o, in una visione profetica, una donna immaginaria o mitica; (7) simbolo di una<br />
collettività (esegesi razionalistica del XVIII sec.); (8) Interpretazine mitologica: (a) nascita di un bambino<br />
meraviglioso, figlio di una dea (Drewermann), o (b) «annuncio di un erede regale in termini mitologici» (Kittel),<br />
o (c) ricorrendo a Gen 2-3, albero della conoscenza del bene e del male (cf Is 7,15), Eva, alla quale fu promessa<br />
la vittoria sul serpente; (9) interpretazioni simboliche sul tipo delle allegorie come la sapienza donna, la figlia di<br />
Sion per Gerusalemme, la prostituta per Tiro e Babilonia; (10) appello alle rappresentazioni dei culti pagani<br />
delle hierodule; così è vista la regina, non come sposa: la vergine la designa come unica e di rango elevato; la<br />
nascita poteva assumere un duplice senso: negativo, perché le hierodule dovevano restare non feconde; positivo,<br />
per il fatto che il bambino era segno di vita dato da Dio in un tempo oscuro, dopo che il re aveva sacrificato uno<br />
dei discendenti (2Re 16,3).<br />
75
o? Il messaggio è sganciato dalla situazione storica di Achaz e proiettato nel futuro. In<br />
tale direzione di senso sembrano orientati anche alcuni Targumim.<br />
3. Un messaggio aperto giunge dalla lettura della figura femminile della madre<br />
dell’Emmanuele-Ezechia nella prospettiva di tutto il libro di Isaia che presenta spesso<br />
Sion al femminile, sposa infedele e prostituta, che JHWH riprende e rende di nuovo<br />
vergine e feconda, ampliando la simbologia iniziale. Due immagini si sovrappongono:<br />
la vergine è simbolo di Sion. «La promessa presente nell’oracolo dell'Emmanuele<br />
si perpetua attraverso la storia di Jahwh con il suo popolo presentato come una donna.<br />
Una donna di cui Dio è innamorato e che egli rende feconda a partire da una verginità<br />
intatta o ritrovata. Fedeltà ricca di grazia del Signore che attraversa l’infedeltà<br />
degli uomini sotto l’aspetto di una figura femminile che l’amore divino rende di nuovo<br />
vergine e vivificata: il Creatore sposa la vergine, figlia di Sion e la gratifica d’una<br />
moltitudine di figli» 16 .<br />
4. La tradizione cristiana – in linea con le precedenti e portandole al culmine, in particolare<br />
con Matteo (1,18-25) che cita Isaia 7,14 dai LXX – riconosce nella «nascita verginale»<br />
di Gesù la piena realizzazione dell'annuncio antico («perché si adempisse»). Così<br />
Maria è la «Madre Vergine» che dà alla luce Gesù, «Figlio di Davide», «Messia» (1,1),<br />
l’autentico segno della presenza di Dio, storica (1,23) ed escatologica («per tutti i secoli»,<br />
28,20). Con Mt 1,23 per mezzo di Maria un velo è tolto sulla maternità verginale<br />
come grazia fecondante di Dio.<br />
In Luca Gesù è il Salvatore universale che regnerà per sempre sul trono di Davide e<br />
su Giacobbe (1,31-33).<br />
Anche la liturgia e la chiesa primitiva hanno inteso il passo in questo senso. Basti ricordare<br />
Giustino nel suo «Dialogo con Trifone» (apologia del cristianesimo in cui disputa<br />
con un ebreo) che, rifacendosi ai LXX, vede nella «vergine» di Is 7,14 un annuncio<br />
della concezione verginale di Cristo Gesù.<br />
Il senso messianico incluso nel titolo Emmanuele è esplicitato e diventa chiaro alle generazioni<br />
successive, fino al compimento nel NT. L'interpretazione cristiana non toglie valore<br />
al precedente segno storico, ma pone in relazione i due eventi che fanno acquistare al<br />
testo, già portatore di un valore simbolico, un significato sempre più ampio nel tempo. Isaia,<br />
al di là delle circostanze immediate, proclama un intervento di Dio in vista del regno<br />
messianico definitivo e coglie una costante dell'agire di Dio. Il NT proclama nell’evento<br />
del primo Emmanuele il segno di quello ultimo e definitivo, Gesù Cristo, «Dio con noi» in<br />
senso pieno.<br />
3. La nascita dell’Emmanuele: Isaia 8,23b-9,6<br />
Isaia 8,23b-9,6 e 11,1-9 illustrano ulteriormente la promessa del bambino Emmanuele. Il<br />
primo celebrandone la nascita, il secondo vedendone il futuro ideale ed escatologico. Cerco<br />
di cogliere l’insieme dei singoli brani attuali, per operare, alla fine, un confronto globale 17 .<br />
16 J. RADEMAKERS, o.c., p. 538. Cf. Is 1: Israele prostituta resa fedele; 37,32 il resto uscirà da Gerusalemme-<br />
Sion; Jhwh sposo innamorato e «geloso» farà questo (cf 9,6b). Gerusalemme-Sion donna: «Grida di gioia<br />
sterile, tu che non partorivi figli, grida di gioia e letizia… Tuo sposo sarà il tuo Creatore, Redentore» (54,4-<br />
5); e in Is 55 torna la prospettiva messianica. Is 62,3-5; 66,7.10.13 conclude con una riflessione profetica<br />
sulla città di Gerusalemme “madre delle nazioni” paragonata a una vergine che genera.<br />
17 Cf L. ALONSO SCHÖKEL, «Dos poemas a la paz. Estudios estilistico de Is 8,23-9,6 e 11,1-6», Est Bibl 18<br />
(1959) 149-169.<br />
76
SITUAZIONE STORICA<br />
Sullo sfondo sembra essere anzitutto la promessa di liberazione del nord di Israele invaso<br />
dall’Assiria nel 733 a.C., in seguito all’ambasceria di Achaz. Zabulon, Neftali sono tribù<br />
del nord, come al nord alludono la via del mare e la «curva dei goyyîm». La «verga spezzata»<br />
dell’oppressore potrebbe riferirsi alla vicenda di Sennacherib che nel 701 assediò inutilmente<br />
Gerusalemme.<br />
La «nascita» del bambino potrebbe alludere all’intronizzazione del re Ezechia, associato<br />
al padre nel regno (729/28, terzo anno del re di Israele Osea: Ezechia ha sei o sette anni; la<br />
successione piena avverrà nel 716/15, alla morte di Achaz) 18 . In quell’occasione il re è dichiarato<br />
«figlio di Dio», a indicare la stretta relazione di alleanza (cf. Sal 2,7; 110). Esso<br />
diventa segno di speranza anche per il nord.<br />
GENERE LETTERARIO<br />
È un oracolo innico o un canto di ringraziamento per la liberazione, di cui la nascita di un<br />
bambino - già avvenuta - è il segno. Al centro è ancora il bambino promesso in Is 7,14. Esso<br />
segna provvisoriamente la risurrezione di Israele.<br />
STRUTTURA<br />
Il brano è articolato in tre parti:<br />
– Tre annunci di salvezza: gloria dopo l’umiliazione (8,23b); luce nelle tenebre (9,1); gioia/letizia<br />
(9,2);<br />
– Triplice motivazione, in crescendo, introdotta da «poiché» (kî):<br />
• termina l’oppressione: liberazione dalla schiavitù (giogo spezzato, bastone infranto:<br />
9,3);<br />
• termina la guerra (equipaggiamento militare distrutto: 9,4);<br />
• è nato un bambino: la vita riprende (9,5). Con quest’ultima motivazione inizia un nuovo<br />
schema nello stile degli oracoli di annuncio.<br />
– Annuncio: nascita (5a), nome (5b), spiegazione del nome e sua realizzazione futura (6).<br />
La visione si concentra sul bambino; «il ritmo cambia e diventa lento, la sonorità soave»<br />
(Alonso). È il culmine del poema.<br />
ESEGESI<br />
LA LIBERAZIONE-SALVEZZA (8,23b-9,2)<br />
8,23b segna una svolta: dall’umiliazione passata alla liberazione futura, con una serie di<br />
opposizioni: umiliazione e gloria, luce e tenebre, gioia e angoscia. Le tre immagini si illuminano<br />
a vicenda. Nella terza l’aspetto negativo scompare: è solo gioia e letizia; dalla 3a<br />
persona si passa alla 2a.<br />
8,23b. La svolta: umiliazione/gloria<br />
Le zone nominate saranno nuovamente liberate. Potrebbero corrispondere alle tre province<br />
assire, cui si accenna in documenti dell’epoca di Achaz: dùru (Dor), via maris(?);<br />
magidu (Megiddo), distretto delle genti; galazu (Galaad), al di là del Giordano.<br />
9,1. tenebre/splendore - caligine/luce<br />
Cazelles coglie nell’allusione all’olio che dà «splendore» al corpo un riferimento<br />
all’unzione regale e all’intronizzazione (ma cf anche Sal 104,15, detto di ogni uomo).<br />
L’oppressione nemica è tradotta nella terminologia dello Sheol: tenebre e caligine (cf. Is<br />
31,9; Sal 18,28) simbolo del caos (Gen 1,2) e della morte, dove non c’è salvezza (cf. Is<br />
18 Cf. H.CAZELLES, Il messia della Bibbia, pp. 85-89, spec. p. 88.<br />
77
8,21-23a e le «tenebre dense»; «il giorno di JHWH» in Am 5,18-20). La luce è salvezza,<br />
nuova creazione (cf Sal 46,6).<br />
9,2. «Hai moltiplicato la gioia, hai accresciuto la letizia»<br />
Si passa improvvisamente dalla 3 a alla 2 a persona. Al simbolo cosmico di luce e tenebre,<br />
segue la gioia che immette nello schema antropologico: il cosmo riflette l’uomo. Alla vittoria<br />
militare segue la gioia per la mietitura, classica immagine di pace; è riferimento alla<br />
festa di «Pentecoste». לַל ׇשׁ, «preda, bottino», richiama il nome profetico del figlio di Isaia<br />
(8,1-4).<br />
MOTIVI DI GIOIA (9,3-5)<br />
V. 3. Liberazione dall’oppressione considerata nei suoi segni.<br />
AlªB\su l[oå-ta,, il «giogo del suo carico», cioè la schiavitù che l’opprime (לֵבֹ ס è solo in Isaia,<br />
cf. 10,27: ^r, il «bastone-scettro delle sue spalle» è segno del comando e arma bellica con<br />
cui sono colpiti i nemici (cf. Sal 110,2); qui è la sbarra posta sulle spalle del prigioniero, mentre<br />
il giogo serrava il collo (cf Is 10,27).<br />
AB+ fgEåNOh; jb,veÞ, «verga-bastone» con cui l’aguzzino colpisce i prigionieri.<br />
«Come ai tempi di Madian», richiama la vittoria di Gedeone (Gdc 7,15-25). Il brano contiene<br />
diverse allusioni a quel episodio.<br />
«Tu infrangi»: Dio spezza i segni dell’oppressione. Il motivo delle «armi infrante» è tipico<br />
dei profeti: collegato alla battaglia escatologica di Dio contro i suoi nemici, prepara un’era<br />
di pace (Os 1,5; 2,20; Mi 5,9-13; Is 14,5.20; cf. Sal 46,10; 76,4; Ger 49,35; Ez 39,3.9; Zac<br />
9,10). Il motivo riflette l’opposizione profetica antimilitaristica, soprattutto dell’VIII secolo<br />
(cf. anche l’ideale quadro di Is 2,7ss). Il Signore non distrugge i popoli, ma toglie loro gli<br />
strumenti di guerra, di potenza e orgoglio, con i quali opprimono i più deboli 19 .<br />
V.4. Fine della guerra considerata ancora nei suoi segni: calzature e rumore di mischia,<br />
mantelli insanguinati. Il fuoco distrugge i resti della guerra e ne segna la fine con lo ḥērem,<br />
«bando o anatema», che consacra la vittoria al Signore, vero vincitore della «guerra santa»<br />
(cf. Gdc 7,15-25; Gs 7,13).<br />
ANNUNCIO - I NOMI (9,5-6)<br />
V.5. Il terzo motivo si apre sull’annuncio della nascita di un bambino, yeled, che richiama<br />
la ‘almah che «partorisce» (yôledet) l’Emmanuele di Is 7,14 (cf. anche Mi 5,3):<br />
È nato per noi un bambino,<br />
è dato a noi un figlio.<br />
Celebra la nascita già avvenuta. Il fatto assume diversi significati. È segno di salvezza, getta<br />
uno sprazzo di luce nella tenebra diffusa, rigenerando speranza. È anche prova che la parola<br />
del profeta è veritiera, segno contro il re e il popolo che non hanno creduto alla protezione<br />
divina (cf 8,5ss contro 8,11ss). Sottolinea il dono: l’impersonale «a noi è dato» si riferisce<br />
a Dio 20 . Profeta e popolo accolgono il segno promesso del bambino che è nato.<br />
Il quadruplice nome<br />
È di particolare interesse il nome, in quanto definisce la personalità del bambino e lo caratterizza<br />
per la sovranità (insegne regali sulle spalle): è il figlio del re. Ogni nome contiene<br />
un duplice riferimento.<br />
19 Cf R. BACH, «...Der Bogen zerbricht, Spiesse und Wagen mit Feuer verbrennt», in H.W. WOLFF (ed.),<br />
Probleme Biblischer Theologie (Fs G.VON RAD zum 70. Geburtstag), pp. 13-26.<br />
20 Per Cazelles (o.c., p. 87) vi è un parallelo tra 6,8 («chi andrà per noi») e 9,5, «per noi», che sarebbe in questo<br />
caso riferito a Dio. Ma si può pensare meglio al segno che il Signore darà «a voi» di 7,14.<br />
78
* Alla corte reale: consigliere, generale o eroe “potente” o capo dell'esercito, padre, principe,<br />
sono quattro uffici di corte. Il fatto è accentuato dal «segno della sovranità (הרֹ ׇש<br />
ׅמ) sulle<br />
spalle» del protagonista. Forse si tratta dello scettro, opposto al giogo della schiavitù (v.3;<br />
in 11,5 lo unisce a fascia e cintura, segni della giustizia regale).<br />
*A Dio: ciascun titolo è qualificato da una determinazione che ne esplicita il rapporto con<br />
la divinità (nomi teoforici). “Mirabile” è Dio che compie la sua “mirabilia” in favore del<br />
suo popolo. Seguono altri titoli: ’El, l’Eterno o Immortale 21 .<br />
ץ ֵעוֹי אֵלֶפּ/pelē’<br />
yô‘ēṣ, “consigliere ammirabile”: è un portento di consigliere o<br />
consigliere di portenti; consiglia atti eroici (cf. v.3, Madian);<br />
רוֹ בּ ׅגּ לֵא/’ēl<br />
gibbôr, «Dio potente» (o, Dio è potente). In Sal 45,4 il re è chiamato ’elo-<br />
him; gibbôr indica l’eroe. In Is 10,21 il titolo è attribuito a JHWH. Un resto ritornerà, il<br />
resto di Giacobbe al Dio Potente.<br />
d[;Þybia],/’ăbî ‘ad, “mio Padre è l’Eterno” (Cei “Padre dell’Eternità”); cf. 2Sam 7,14; 2,7:<br />
il re è figlio di Dio.<br />
~Al)v'-rf;/śar šālôm, “principe della pace”, cf. Mi 5,4a, e il nome divino Jhwh Shalom<br />
in Gdc 6,24.<br />
Dal quadruplice nome il personaggio assume connotati ideali. I titoli riassumono le qualità<br />
dei capi del popolo: la sapienza di Salomone, la valentia di Davide, le virtù di Mosè e<br />
dei Patriarchi (cf. anche Is 11,2).<br />
Spiegazione del nome (v.6)<br />
Il verso riprende i termini precedenti. Al centro è la dinastia reale, ma in un orizzonte<br />
senza limiti, che conferma il carattere ideale sopra descritto: il dominio è “grande”, la pace<br />
“senza fine”, il diritto e la giustizia “ora e sempre”. Il regno non è fondato sulle armi, ma<br />
sulla giustizia e il diritto, le due qualità centrali di tutti gli annunci messianici isaiani che<br />
trasformano la città prostituta in città “fedele” (1,21-26). Non è spiegato il titolo militare<br />
(sostituito dal titolo divino, “Dio degli eserciti”, che supera gli avversari nella guerra santa),<br />
ma solo principe, pace, eterno, signore. La guerra è terminata per sempre. Il Dio degli<br />
eserciti è vincitore e restauratore della giustizia e del diritto mediante il suo mediatore.<br />
Conclusione (v.6b)<br />
Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti (cf Is 37,32).<br />
Zelo (ebr. qin’Âh) è l’eccesso di amore di Dio, amore appassionato ed esclusivo di sposo<br />
innamorato (Is 37,32) che diviene “gelosia” quando Israele si allontana dall’alleanza<br />
(cf. Es 20,5; Dt 4,24; Gs 24,19). Alla base della liberazione è l’amore geloso di JHWH, non<br />
l’azione degli uomini (cf. anche Is 10, la “mano tesa”). Per tale amore sarà chiamato ´elqannäh,<br />
forse una reinterpretazione di ’el-qönëh ´erec, antico titolo del Dio di Melchisedek<br />
(Gen 14,19) 22 . In Is 11,13-16, la “gelosia” di Efraim cessa e Giuda stronca gli avversari<br />
riunendo i due regni con i “superstiti” di Israele che ritornano dall’Assiria, per una strada<br />
simile alla risalita dall’Egitto.<br />
Signore degli eserciti è titolo guerriero di Dio, che guida il popolo nel deserto e nella<br />
conquista della terra. Ma ritorna anche nei motivi della distruzione delle armi. Se ha una<br />
connotazione relativa alla guerra santa, insinua qui, tuttavia, l’idea di Dio superiore a ogni<br />
potenza umana, vittorioso sulle prepotenze degli uomini ai quali ha tolto le armi (vv.3-4).<br />
21 Cf. L.VIGANÒ, Nomi e titoli di YHWH alla luce del semitico del nord ovest, p.75 e nota 195.<br />
22 Cf. H. CAZELLES, o.c., p. 87 n. 24.<br />
79
Egli non accetta che le province strappate dagli Assiri rimangano sotto il loro dominio; egli<br />
è là per la “luce” rappresentata dalla dinastia davidica.<br />
INTERPRETAZIONE STORICO-MESSIANICA<br />
A livello storico il bambino sembra essere l’erede al trono di David (v.5), di cui si festeggia<br />
la nascita: è dato al popolo (“noi”) come segno di salvezza. Però solo a questo livello la<br />
profezia non si è avverata. Il nord di Israele non fu liberato, anzi nel 722 cadde anche la capitale,<br />
Samaria, con la conseguente deportazione. In Giuda la dinastia decadde.<br />
All’interpretazione messianica orienta il testo con il nome profetico (v.5) e la sua spiegazione,<br />
che colloca il personaggio in un orizzonte senza limiti (v.6). Si tratta di un personaggio<br />
regale, ideale. In tal senso si muove anche lo studio di Thompson 23 . L’autore sostiene<br />
la paternità isaiana dell'immagine di un re ideale, dopo la devastazione operata da<br />
Tiglat-Pileser III.<br />
Il Nuovo Testamento appella a quest’oracolo: Mt 4,15-16 = Is 8,23; Lc 1,79 allude a Is<br />
9,1; Lc 1,32 a Is 9,6 vedendone in Gesù la piena realizzazione spirituale, non politica. Solo<br />
riferito a Cristo l’oracolo acquista la sua piena realizzazione. Fino ad allora c’è speranza e<br />
ansia, ideale non compiuto, però creduto e sperato, in tensione verso il futuro come annuncio<br />
e preparazione.<br />
5. Il virgulto di Jesse - il futuro messianico: Isaia 10,33-11,9<br />
AUTENTICITÀ<br />
L’oracolo è considerato da diversi autori come non isaiano ma esilico, soprattutto per 11,1:<br />
la dinastia davidica sembra scomparsa. Un buon contesto però fu il grave attacco antidinastico<br />
del 734, a fatica superato, o il distruttivo assedio del 701 ricordato in 10,27b-34.<br />
ANALISI LETTERARIA<br />
Osserviamo anzitutto la STRUTTURA del testo e il CONTESTO<br />
- 10,33-34 preparano l’oracolo profetico designando il “resto” in immagini vegetali: rami<br />
più alti, folto della selva (cf. 10,33 con 10,15-16: la peste e la scure). Lo schema designa<br />
il resto (cf. v.33 e 10,16) e l’invasione. L’albero rigoglioso è abbattuto, rimane solo un<br />
ceppo (Gëºza`, 11,1).<br />
- 11,1-9: oracolo – tutto è raggruppato attorno a immagini elementari: animali e piante, acqua<br />
e vento:<br />
• vv.1-5: il re carismatico descritto con immagini vegetali (tronco e germoglio) e ventospirito<br />
(rûªḥ).<br />
• vv.6-9: il regno di pace, descritto con immagini di animali e acqua.<br />
- 11,10-16 descrive il ritorno dall’esilio del «resto» con carattere escatologico (“in quel<br />
giorno”) e uno schema di centro: i quattro angoli della terra; due temi sul raduno (v.12); la<br />
strada del nuovo esodo (v.16, cf. Is 27,12-13). Il germoglio di Jesse è centro di attrazione<br />
cosmica per i popoli e i dispersi di Israele.<br />
- Isaia 12 è molto vicino a Is 24-27 (quel giorno, salvezza, nome). Sion è riempita di abitanti,<br />
il Signore stesso vi risiede. «Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza»<br />
(v.3) è il ritorno alle sorgenti (ritorno spirituale) che la tragica politica di Achaz aveva fatto<br />
abbandonare a profitto del fiume distruttore (8,5-8).<br />
23 M.E.W. THOMPSON, «Isaiah’s Ideal King», JSOT 24 (1982) 79-88.<br />
80
Legame di Is 11 con tutta la sezione<br />
7,18-8,9 invasione 10,5-15.27b-34 invasione<br />
8,10 molti cadranno 10,22 un resto ritornerà<br />
8,22 tenebre 10,33s spoliazione dei rami<br />
9,1-6 luce, fanciullo 11,1ss germoglio, pace<br />
ESEGESI<br />
IL RE CARISMATICO (11,1-5)<br />
IL GERMOGLIO – carattere regale (v.1)<br />
La dinastia, ormai abbattuta, riprende vita, il tronco scorticato (10,33s) emette un germoglio.<br />
Ritorna l’idea dell’erede al trono davidico di Is 9,1-6. Jesse è il padre di David (cf.<br />
1Sam 16,1-13). Il germoglio è il successore legittimo e ideale di Davide.<br />
Germoglio-רֵטֺח; virgulto-רֶצֵנ: forse vi fa riferimento Mt 2,23 (nazireus vocabitur); altro<br />
riferimento possibile è Sal 132,18: Ar)z>nI #yciîy" wyl'ª['w><br />
÷, «su di lui fiorirà il suo diadema».<br />
LO SPIRITO DI JHWH – carattere carismatico (v.2)<br />
L’erede al trono possiede qualità profetico-carismatiche. È nota del re davidico, necessaria<br />
perché l’elezione di Dio operi. Lo fu per Saul che l'aveva perduto, e per Davide che non lo<br />
perse mai (2Sam 23,2).<br />
Lo Spirito di JHWH si posa su di lui (חַוּנ). Gli conferisce un dono stabile, non una missione<br />
transitoria: “I quattro venti” non soffiano dal largo, ma si posano su di lui, si incrociano<br />
e riuniscono sopra il germoglio. I doni riassumono le qualità di Salomone, Davide,<br />
Mosè, Giacobbe e Abramo (cf. 9,5), e richiamano le qualità che la sapienza possiede e riserva<br />
ai re e ai governanti in Prov 8,10ss.<br />
• Simbologia. La ripetizione di x:Wrå, “spirito-vento”, per quattro volte (vale a dire la pienezza<br />
divina), fa eco a Is 11,12: il virgulto di Jesse si erge come centro dei quattro<br />
punti cardinali, i “quattro angoli della terra”, e diviene il punto di attrazione cosmico.<br />
• Le coppie di doni delineano l’immagine ideale del re-messia: sapienza e intelligenza<br />
(hn"©ybiW hm'äk.x'), consiglio e fortezza (hr"êWbg>W ‘hc'[e, cf. due nomi in Is 9,5; al contrario, i forti<br />
cadono in 10,33), conoscenza (di Dio) e timor di Dio (hw")hy> ta;îr>yIw> t[;D:ß). Passano dalla<br />
capacità di discrezione e valutazione globale della realtà (intelligenza e sapienza), alle<br />
capacità di governo e militare (consiglio e fortezza), alle qualità religiose: lo spirito di<br />
timore e conoscenza di Dio, dono che riempirà, alla fine, tutto il paese (v.9). Conclude<br />
la serie la fede, che aderisce fedelmente all’alleanza con JHWH, di cui il re è mediatore<br />
e simbolo.<br />
La LXX seguita dalla Vulgata aggiunge in Is 11,2-3 la “pietà” ottenendo così il numero sette.<br />
È altro modo per dire pienezza e perfezione.<br />
2 kai. avnapau,setai evpV auvto.n pneu/ma tou/ qeou/<br />
pneu/ma sofi,aj kai. sune,sewj<br />
pneu/ma boulh/j kai. ivscu,oj<br />
pneu/ma gnw,sewj kai. euvsebei,aj<br />
3 evmplh,sei auvto.n pneu/ma fo,bou qeou/.<br />
Le sette qualità dello spirito sono divenuti nella tradizione catechistica cristiana i “i sette<br />
doni dello Spirito santo”.<br />
In v.3a agginge che il re hw"+hy> ta;är>yIB. AxßyrIh]w:, “fa respirare nel timore del Signore”, diffonde intorno<br />
a sé lo Spirito posatosi in pienezza su di lui.<br />
LA GIUSTIZIA (vv.3-5)<br />
81
Il testo ha forse presente il rito della intronizzazione regale (cf. Sal 2; 110). I doni sono tradotti<br />
nella funzione tipica del re, rendere giustizia, giudicare secondo giustizia (cf. Sal<br />
101). Egli rende il giudizio di Dio. Gli stessi indumenti regali, fascia e cintura, diventano<br />
simbolo di fedeltà e giustizia.<br />
wühäºyâ ceºdeq ´ëzôr motnäyw wühä´émûnâ ´ëzôr Háläcäyw<br />
wyc'(l'x] rAzðae hn"ßWma/h'w> wyn"+t.m' rAzæae qd
Non più malvagità né saccheggio, ma pienezza (האְָלָמ) di conoscenza. Dopo aver sopportato<br />
la «piena» del peccato (1,21; 2,6ss, è la medesima radice ebraica אֵלָמ, «essere pieno»)<br />
e dell’inondazione assira (8,5ss), la terra è ora «riempita» della conoscenza di Dio,<br />
come le acque riempiono il mare. È la sovrabbondanza della giustizia, che «trabocca» dopo<br />
lo sterminio dell’empio (vv.3-5, cf. 10,22). Il germoglio, nuovo resto santo di Dio, può diventare<br />
ora centro di attrazione per tutti i deportati (11,10-16).<br />
CONFRONTO tra Is 8,23b-9,6 e Is 11,1-9<br />
I due brani riflettono un diverso carattere e orizzonte: ideale, ma nell’orizzonte storico il<br />
primo, escatologico il secondo. Infatti, mentre il primo celebra la festa per la nascita, già<br />
avvenuta, del bambino come segno del futuro, il secondo celebra il futuro escatologico.<br />
Ambedue – il germoglio di Is 11 e il bambino di Is 9 – sono in relazione con<br />
un’invasione nemica ricacciata. Ma mentre in Is 9,1-6 risuonano le festività tumultuose che<br />
seguono alla fine delle ostilità (cf. in particolare 9,1-2), in Is 11,1-9 si respira la felicità<br />
tranquilla di una pace stabile. (a) Il germoglio di Jesse rende il giudizio di Dio e pone fine a<br />
tutti gli abusi denunciati in Isaia 1: è lo splendore della città santa al centro del paese. (b)<br />
La giustizia abbonda e il bastone del re non serve ormai che a sterminare i malvagi (11,4),<br />
mentre prima la verga di Dio doveva castigare (10,5.15.24). (c) La pastorale degli animali<br />
respira la pace nei verbi, tutti di riposo. (d) Infine, l’appellativo תוֹאָבְצ הוהי, “Dio degli<br />
eserciti”, che comporta una connotazione guerriera, così frequente in Isaia 1-10 (cf. 1,9;<br />
2,12; 3,1.15; 5,7.9.16.24; 6,3.5; 8,13; 9,6.18; 10,16.22. 24.26.33) e che ritorna a profusione<br />
nei capitoli 13ss, è totalmente assente nel capitolo 11.<br />
MESSIANISMO<br />
In Isaia appare un vivo senso del messianismo regale che si rifà alle promesse di Natan<br />
(1Sam 7, cf Is 7,7-9). Il re è l’Unto del Signore, responsabile dell’alleanza. Da parte sua, il<br />
Signore, il “Dio dinastico”, protegge e benedice la casa di Davide e per mezzo suo tutto il<br />
popolo. Ma le promesse del Signore sono condizionate alla fede che spesso viene a mancare<br />
nel re. Sono condizionate anche al diritto e alla giustizia che il re è tenuto a garantire in<br />
favore di tutti, ma questa vine a mancare come il profeta denuncia. Perciò la catastrofe,<br />
cioè gli effetti negativi di decisioni errate, colpisce la popolazione intera e si estende a Israele,<br />
che viene deportato, e a Samaria, che viene distrutta dall’Assiria.<br />
Tuttavia, la fedeltà del Signore non viene meno. Annunciando il ritorno a Dio e alla terra<br />
del «resto» fedele, il profeta proietta la speranza nel futuro che comprende il ritorno dei<br />
deportati, la ripresa della l’unica dinastia legittima quella davidica, ora colpita, umiliata e<br />
abbattuta, e la riunificazione dei due regni attorno ad essa. Guidata da un re, che appare<br />
bambino (Is 11,6.8), in questa nuova regalità ideale trionferanno la giustizia dimenticata e<br />
la conoscenza di Dio. Allora sarà la pace.<br />
Ma tutto ciò sarà dono dell’amore geloso di Dio (Is 9,6; 37,32). Lo spirito non viene<br />
meno da Davide, ma si «poserà» stabilmente sulla dinastia perché realizzi il progetto di un<br />
regno giusto che storicamente non è stata in grado di costruire (Is 11,2-5).<br />
Nel NT questo regno sarà inaugurato attraverso la sofferenza redentrice di Cristo Gesù.<br />
Allora anche i ladri e le prostitute, salvati, faranno parte del Regno (Lc 23), le divisioni saranno<br />
superate (Ef 2,14ss), tutti i popoli salvati mediante la fede e radunati attorno<br />
all’unico ed eterno regno di Cristo (Rm 9,5; 1Cor 15,24-28).<br />
83
MICHEA<br />
Bibliografia<br />
Oltre ad Alonso, Piccola Enciclopedia Biblica 4, NDTB; NGCB, si vedano:<br />
A. MAILLOT - A. LELIÈVRE, Attualità di Michea (Studi Biblici, 47), Paideia, Brescia 1978;<br />
A. FANULI, Osea il profeta dell’amore. Michea l’uomo dalla coscienza profetica (LoB 1.23), Queriniana, Brescia<br />
1984.<br />
IL PROFETA E IL LIBRO<br />
A. Quadro storico e ambientale<br />
1. Attività. Michea 1,1 presuppone una lunga attività nel suo ministero (dal 728 al 693,<br />
sotto Achaz ed Ezechia), ma il libro è breve e con poche notizie sulla persona del profeta.<br />
• Sembra attivo all’epoca di Ezechia, perché fa allusione alle campagne assire del 7<strong>03</strong>/701 (1,8-<br />
16; 4,14-5,1, cf anche Ger 26,17-19).<br />
• Annuncia la distruzione di Samaria: ministero prima del 722/21.<br />
È dunque contemporaneo di Isaia; il suo libro sembra una «miniatura» di quello (Mays),<br />
con tematiche vicine (cf Mi 4,1-5 e Is 2,2-5 salvezza universale; Mi 5,1-4 e Is 9,1ss; 11,1ss<br />
Emmanuele). Vive nell’epoca drammatica della guerra siro-efraimitica - a cui però non fa<br />
allusione - e dell’assedio di Gerusalemme durante il regno di Sennacherib con la conseguente<br />
distruzione del paese (cf 2Re 17-20).<br />
2. Origine. Nativo di Moreshet, vicino a Gat città filistea, nella Š e felāh, la zona pianeggiante<br />
- «bassa» -, viene dalla campagna, come Amos, al quale si avvicina per il rigore, ma è<br />
più povero. Della periferia condivide amarezze e miseria. Essendo la sua patria invasa dagli<br />
Assiri, deve cercare rifugio nella capitale e subire le conseguenze della folle politica del re<br />
e dei dirigenti di Gerusalemme che portò alla distruzione e al saccheggio di quarantasei città<br />
della regione, tra cui Lakish e Libna, e alla deportazione dei loro abitanti (1,8-18). Partecipe<br />
delle sofferenze della gente, sconvolto dalla devastazione della regione, guarda la realtà<br />
del suo tempo con gli occhi del contadino e del profugo, considera la situazione dal basso,<br />
dalla condizione dei poveri, contro la grandezza di Gerusalemme, «capitale delle iniquità<br />
di Giuda». Accusa le autorità civili e religiose, che sembra conoscere bene, e le giudica<br />
con severità, ma non da arrabbiato vendicatore, bensì come testimone del Signore.<br />
3. Profeta. Michea non si dà mai il nome di profeta e il suo libro non contiene alcun racconto<br />
di vocazione 25 . Ma del profeta assunse il compito con coraggio, animato dallo spirito<br />
del Signore, per denunciare la corruzione e per annunciare la sua fede e la sua speranza.<br />
Michea 3,8 contiene forse l’unica allusione alla vocazione.<br />
«Ma io sono pieno di forza con lo spirito del Signore, di giustizia e di coraggio,<br />
per annunciare a Giacobbe le sue colpe, a Israele il suo peccato» (3,8).<br />
Opposto ai profeti avidi e venduti (3,5-7), egli resta fedele e forte con lo spirito del<br />
Signore e non teme di proclamare la verità.<br />
4. Lo stile assume spesso giochi di parole e il tono di un aspro processo nel nome del Signore<br />
contro Giuda e Samaria (1,2-7; 3,1-4; 6,1-5).<br />
B. Il libro<br />
Problemi di datazione e formazione<br />
Sulla formazione e composizione del libro si discute ancora molto. Mentre Vuilleumier attribuisce<br />
il libro sostanzialmente al profeta stesso (le aggiunte riguardano soprattutto 2,12-<br />
25 Cf H.W. WOLFF, Dodekapropheton 4. Micha (BK XIV/4), Neukirchen-Vluyn 1982.<br />
84
13 e 7,8-20), Mays ritiene che solo Mi 1-3 risponde all’opera del profeta: la critica radicale<br />
sulla situazione di Samaria e Gerusalemme e l’annuncio che ambedue saranno distrutte.<br />
Rudolf giudica posteriori a Michea 4,1-3 (cfr. Is 2,2-4); 5,6-8 (suppone l’esistenza della diaspora<br />
ebraica) e 7,8-20 (V sec. a.C. prima della ricostruzione delle mura con Neemia);<br />
1,1-7,7 sarebbe esilico.<br />
B. Renaud, dopo una lunga analisi, conclude che al tempo di Ezechia esisteva già un<br />
nucleo di dichiarazioni del profeta (cf Mi 1-3), ritoccato e completato da un redattore deuteronomista<br />
(cf Mi 6,2-8 e 7,1-6), e infine da uno sacerdotale (cf 2,12-13 e salmo finale<br />
7,8-10.14-20) con prospettiva escatologica e messianica. La redazione postesilica dovette<br />
dare l’ordine, ma anche interpretare e attualizzare il messaggio, aggiungere e rileggere.<br />
Struttura<br />
In genere, il libro è articolato in due parti che alternano minaccia e promessa o giudizio e<br />
salvezza nella forma del processo: cc. 1-5 e 6-7 (cf BJ), che evidenzia l’esigenza di giustizia<br />
e il giudizio di Dio. È schema attestato in altri libri secondo la teologia deuteronomistica.<br />
Il futuro del popolo è compreso in due tempi: giudizio e salvezza, condanna e speranza<br />
(soprattutto annunciando la nascita del re di pace: la salvezza verrà da Betlemme).<br />
1 – Processo a Israele (con adattamenti a Giuda: 1,2-3,12) = giudizio<br />
– Promesse a Sion (4,1-5,14) = salvezza<br />
2 – Nuovo processo a Israele (6,1-7,7) = giudizio<br />
– Speranza (ritorno dall’esilio: 7,8-20) = salvezza<br />
Dettagliatamente 26<br />
1,1: Introduzione con nota storica sulla persona e l’attività del profeta.<br />
cc.1-5 – I Atto = Teofania e conseguenze<br />
1,2-3,12 = la giustizia<br />
1,2-16: Teofania e giudizio del Signore su Samaria e Gerusalemme con ripercussione<br />
sulla natura (vv.3-4). Su Samaria: cumulo di rovine e piaga contagiosa (vv.5-7), su<br />
Giuda: lamento (vv.8-16).<br />
2,1-3,12: giustifica il castigo contro Gerusalemme. L’intervento del profeta è interrotto<br />
in due occasioni dagli avversari (2,6-7.12-13): 27<br />
– 2,1-5: denuncia (guai) e sciagura annunciata contro gli accaparratori della terra;<br />
– 2,6-3,8: discussione con i falsi profeti:<br />
a) al falso annuncio (vv.6-7) segue la denuncia del profeta: sono tolti i vestiti e<br />
l’onore ai reduci, cacciate di casa le donne e gli orfani, predicono menzogne e invitano<br />
alla bella vita (vv.8-11);<br />
b) alle false promesse dei nemici (vv.12-13) Michea replica con una nuova minaccia<br />
contro le autorità – «Ma io vi dico» (3,1-4);<br />
– 3,5-8: nelle parole del profeta si delinea uno scontro diretto tra gli avversari (vv.5-<br />
7) e il profeta stesso (v. 8) che all’interesse oppone la forza dello Spirito di Dio per<br />
denunciare il peccato;<br />
– 3,9-12 offre un esempio di profezia autentica in cui attacca le autorità civili e religiose<br />
– capi, sacerdoti e profeti – (vv.9-11) e pronuncia la sentenza finale di condanna contro<br />
Gerusalemme (v.12).<br />
26 Cf ALONSO, pp. 1178-1182. Invece, J.T. WILLIS, «The Structure of the Book of Micah», SvExAb 34 (1969)<br />
5-42, riconosce nel testo tre parti: a) 1,2-2,11 (denuncia) – 2,12-13 (salvezza); b) 3,1-12 (denuncia) – 4,1-<br />
5,15 (salvezza); c) 6,1-7,6 (denuncia) – 7,7-20 (salvezza). Ma 2,12-13 è parola di falsi profeti non annuncio<br />
di salvezza.<br />
27 Cf A.S. VAN DER WOUDE, «Micah in Dispute with the Pseudo-Prophets», VT 19 (1969) 244-260.<br />
85
4,1-5,14 = la salvezza o superamento del castigo<br />
Ci sono le cornici formali di un dialogo o discussione. Il testo può essere articolato<br />
in due parti incentrate sulla opposizione tra Gerusalemme e Betlemme: 4,1-14 e 5,1-14.<br />
A – Gerusalemme: 4,1-7 il futuro (wehayah [in due riprese: vv.1-5.6-7]), opposto al<br />
presente: 4,8-14 («E tu, Gerusalemme, ora»);<br />
B – Betlemme: 5,1-2.3-14 («E tu, Betlemme»): visione del futuro (wehayah [vv.3-14]),<br />
ma con una purificazione (vv.9-14).<br />
La visione del futuro è controversa. Sorge una nuova discussione tra Michea e i falsi<br />
profeti (Van der Woude). Il profeta demolisce le concezioni sbagliate su tre temi che riguardano<br />
la salvezza: quando avrà luogo, da dove venga, in che cosa consista, ossia<br />
quale sia il contenuto.<br />
• Quando avverrà la liberazione? Nel futuro non ora (4,1-14): opposizione tra gli «ultimi<br />
giorni» e «ora». Per il profeta la salvezza è già una realtà futura: Gerusalemme minacciata<br />
di morte (3,12) verrà restaurata da Dio, ma non immediatamente; prima occorre<br />
passare per l’ora attuale del dolore (4,10) e della disfatta (4,14).<br />
• Da dove? Non da Gerusalemme, ma da Betlemme verrà la salvezza (5,4-8): «e tu Gerusalemme»<br />
(4,8) è opposta a «e tu Betlemme» (5,1). Ritornare a Betlemme è riandare<br />
alle origini (cf Is 11,1).<br />
• Come? Quale il contenuto? La salvezza futura per i falsi profeti consiste in una matrice<br />
nazionalista e militare, di potere e crudeltà verso gli altri popoli (5,4-5.7-8). Per Michea<br />
sarà senza violenze e benefica per tutti (5,3.6); non è data come promessa incondizionata<br />
ed esige una purificazione. I nemici da eliminare – lo farà il Signore – non<br />
sono i popoli stranieri, bensì gli idoli in cui Israele confida: eserciti e fortezze, indovini<br />
e falsi profeti, false divinità (5,9-14).<br />
In sintesi, il libro inizia con la teofania, annuncia il castigo divino (c.1) e lo giustifica con la<br />
denuncia delle ingiustizie (cc.2-3). Tuttavia, l’ultima parola sarà di salvezza (cc.4-5). Ma,<br />
diversamente da quella attesa e promessa dai falsi profeti, avrà un carattere di purificazione<br />
e giudizio.<br />
cc.6-7 – II Atto = Il giudizio di Dio con salvezza<br />
6,1-7,6 = processo e giudizio<br />
A – 6,1-5: il Signore convoca la natura per assistere al processo con il popolo e ricorda i<br />
benefici che gli ha accordato (i testi sono ripresi negli “improperi” della liturgia del<br />
venerdì santo). In 6,6-8, nello stile di «domanda e risposta», egli rifiuta il culto come<br />
unica via per la quale il popolo si avvicina a Dio (vv.6-7); propone la via più antica,<br />
quella della giustizia e della lealtà, della «vigilanza» o «umiltà» (עַ ֵנְצַה, v.8) 28 .<br />
B – 6,9-7,6: Ma a Israele mancano giustizia (6,9-16: seconda requisitoria con riferimenti<br />
a Omri e Acab, cioè Samaria, v.16) e lealtà (7,1-6). Perciò, merita il giudizio.<br />
7,7-20: Il profeta reagisce con la sua professione di fede (7,7, cf 3,8). Allora avviene un<br />
cambiamento: salvezza – salmo finale<br />
A – La professione di fede del profeta (7,7) mette in moto la conversione del popolo<br />
che riconosce il peccato e il giusto castigo e confessa (7,8-10); allora Dio pronuncia un<br />
oracolo di salvezza (vv.11-13);<br />
B – Il popolo invoca (vv.14-17) e il Signore risponde con giuramento, concentrato<br />
nell’invocazione stessa ed esprime la certezza del perdono (vv.18-20).<br />
28 È discusso il termine ebraico עַ ֵנְצַה la cui radice appare in Sir 16,25 עַ ֵנְצַהְב, greco evn avkribei,a| e 32(35),3 לֶכֵ<br />
ֺש<br />
עַ ֵנְצהְו, in greco evn avkribei/ evpisth,mh|; 31,22 «in ogni tua opera sii עַוּנָצ»; Gr evntrech,j, «esperto, cauto»; in 42,8<br />
«esperto» o «cauto» (prudente?).<br />
86
C. Messaggio: dalla critica radicale alla promessa di salvezza mediante un processo purificatorio<br />
29 .<br />
1. Critica radicale su Samaria e Gerusalemme. Come altri profeti Michea condanna la<br />
situazione sociale e politica di Samaria e Gerusalemme: è il solenne giudizio iniziale<br />
contro le due città ribelli:<br />
Mi 1,2-7: le nazioni sono invitate ad assistere alla rovina della capitale del Nord;<br />
Mi 1,8-16: lamento funebre sulle città della Š e felāh abbandonate dagli assiri in marcia<br />
verso Gerusalemme.<br />
Motivo: trionfa la corruzione<br />
• Michea denuncia i latifondisti responsabili dell’accaparramento delle terre, bene sacro<br />
in Israele (1,1-5, cf 1Re 21; Am 4,1; 5,11; Is 5,8-10), e l’espulsione di vedove e<br />
orfani (1,8-10); ai rifugiati è strappato anche il mantello (cf Es 22,24-26; Am 2,8).<br />
• Le autorità hanno tradito il diritto (mišpaï) e disprezzato la giustizia (3,1-2) e, quel<br />
che è peggio, si credono appoggiate da Dio (3,9-11).<br />
• I mercanti falsificano pesi e misure (6,9-1; Am 8,4-8) e tutti si sono venduti per avidità<br />
di denaro: sacerdoti, profeti e magistrati (3,11). L’assenza di lealtà crea una specie<br />
di «cannibalismo» tra fratelli.<br />
«Ognuno dà la caccia con la rete al fratello;<br />
per fare il bene il principe avanza pretese,<br />
il giudice chiede un compenso,<br />
il notabile parla per manifestare la sua cupidigia» (7,3).<br />
«Voi strappate la pelle di dosso alle persone e la carne dalle loro ossa.<br />
Coloro che mangiano la carne del mio popolo e gli strappano la pelle di dosso,<br />
ne rompono le ossa e lo fanno a pezzi come carne in una pentola» (3,2b-3).<br />
2. Conseguenze<br />
Giuda va verso la catastrofe. Nulla può proteggere un popolo ingiusto: i predatori saranno<br />
depredati (2,4-5), i falsi profeti confusi (3,6-7) e i mercanti arricchiti con la frode<br />
saranno affamati.<br />
«Seminerai, ma non mieterai,<br />
frangerai le olive, ma non ti ungerai di olio» (6,14).<br />
«Per causa vostra Sion diverrà come un campo arato<br />
e Gerusalemme un cumulo di rovine,<br />
il monte del tempio un’altura selvosa» (3,12).<br />
L’ultima profezia, quasi un secolo dopo, sarà invocata al processo contro Geremia per<br />
giustificare l’intervento del profeta che annunciava la distruzione del tempio (Ger 26,17-<br />
19).<br />
Israele è giudicato da Dio in un processo (6,1-8):<br />
• L’universo è convocato al processo (6,1-2) [appare il ruolo di Dio (cf Is 1,2; Ger 2,10-<br />
12; Sal 50)];<br />
• Materia del contendere è l’ingratitudine. Il Signore la denuncia sotto forma di interrogazione<br />
(v.3), con riferimenti alla storia della salvezza (v.4-5; cf Os 4,1b-2; Is 1,3);<br />
• Dio dichiara le sue vere esigenze a coloro che si presentano davanti a lui per invocarlo<br />
(6,6-8): chiede non sacrifici, ma il rispetto del diritto, l’amore e la fedeltà, la «vigilanza»<br />
o «umiltà» nel cammino con lui (v.8).<br />
L’ultimo verso, a conclusione del processo, riassume il messaggio di Am 5,11-12; Os 2,7-<br />
9; 11,18s; Ez 36,23b.<br />
29 Cf R. MARTIN-ACHARD, Michea, pp. 105-108.<br />
87
3. La salvezza verrà da Betlemme<br />
Anche per Michea la storia non si conclude con la condanna. La risposta a Mi 3,12 è in<br />
5,1-5: il profeta si sofferma sul Messia. Anche se il termine non compare e i simboli sono<br />
meno evidenti, è sottinteso l’annuncio di salvezza. Nel momento dell’umiliazione di Gerusalemme<br />
e del suo re, il profeta annuncia la rinascita della dinastia davidica: un nuovo, futuro<br />
sovrano porterà liberazione e pace ai fratelli. Ma la salvezza non verrà da Gerusalemme,<br />
bensì da Betlemme, cioè ritornando alle origini. Il processo è necessario, anche se temibile,<br />
perché svela l’innocenza di Dio e il peccato degli uomini. Diventa salvezza perché<br />
strappa dall'illusione, smaschera il falso concetto che il popolo ha di Dio e mostra il vero<br />
volto del Signore. Dio non ha pace finché non si sia fatto conoscere dal suo popolo e da tutti<br />
i popoli, dal mondo intero e da tutti gli dei (cf Is 41).<br />
Betlemme patria del re pacifico: Mi 5,1-14<br />
GERUSALEMME<br />
F 4 8 E tu (we’attah), Torre del gregge, colle della figlia di Sion,<br />
ancora ti farà venire, ritornerà la sovranità primitiva,<br />
il regno della figlia di Gerusalemme.<br />
9 Ora (‘attah) perché gridi forte/continui a gridare (tārî‘î rēă‘)?<br />
Forse non c’è in te un re (melek)?<br />
O il tuo consigliere (yô‘ăêËk) è perito<br />
che ti prende il contorcimento (Hîl, paura e panico) come una partoriente?<br />
M 10 Torciti e gemi (Hûºlî wägöºHî), figlia di Sion, come una partoriente,<br />
perché ora (‘attah) uscirai dalla città<br />
e dimorerai in campagna<br />
e andrai fino a Babilonia:<br />
là sarai liberata,<br />
là ti riscatterà il Signore<br />
dalla mano dei tuoi nemici.<br />
F 11 E ora (we‘attah) si sono adunate contro di te<br />
molte nazioni dicendo:<br />
“Sia profanata e godano<br />
i nostri occhi di Sion”.<br />
12 Ma esse non conoscono i pensieri/piani (maКebôt) del Signore<br />
e non comprendono il suo consiglio (‘ËêÂh),<br />
perché le ha radunate come covoni sull’aia.<br />
13 Alzati e trebbia, figlia di Sion,<br />
perché renderò di ferro il tuo corno<br />
e di bronzo le tue unghie<br />
e tu stritolerai molti popoli:<br />
Io consacrerò al Signore i guadagni,<br />
le loro ricchezze al Padrone di tutta la terra.<br />
14 e<br />
M Ora (‘attah) fatti incisioni, o figlia dell’orda (titgod dî hitgôdËd [BHS?] bat-gedûd),<br />
con lo scettro colpiscono alla guancia il giudice/re (šôfËì) d’Israele.<br />
BETLEMME<br />
5 1 E tu (we’attah), Betlemme di Efrata<br />
(troppo) piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda,<br />
da te uscirà (yËêËù) per me (BHS + yeled/ un bambino)<br />
per essere (chi dev’essere) il dominatore (môšËl) in Israele;<br />
le sue origini (môṣā’ōtāyw) sono dall’antichità, dai giorni più remoti.<br />
88
2 Perciò, Egli (= Dio) li consegnerà cf Is 7,14<br />
finché colei che deve partorire non abbia partorito (yôledet yÂlÂdÂh)<br />
e il resto (yeter) dei suoi (Cei tuoi) fratelli ritorni (yÊšûbûn) ai figli di Israele.<br />
3 Egli starà là (in piedi) e pascerà (wÊúÂmad wÊrÂúÂh) con la forza (bÊ‘ôz) del Signore,<br />
con la maestà (big e ’ôn) del nome del Signore suo Dio.<br />
Abiteranno tranquilli (wÊyÁšÁbû) perché (kî ‘attah/ quando) sarà grande<br />
fino agli estremi confini della terra<br />
4 (wěhāyāh zeh šālôm) e tale (costui?) sarà la pace: cf Is 9,5-6; Ef 2,14<br />
F se Assur entrerà nella nostra terra,<br />
e se camminerà nei nostri baluardi,<br />
noi faremo insorgere contro di lui sette pastori e otto principi di uomini,<br />
5 che pasceranno la terra di Assur con la spada,<br />
la terra di Nimrod con le loro (spade) sguainate [contro di essa].<br />
M 6 (wěhāyāh) Il resto (še’ērît) di Giacobbe<br />
sarà, in mezzo a molti popoli,<br />
come rugiada (mandata) dal Signore<br />
e come pioggia leggera sull’erba,<br />
che non attende nulla dall’uomo<br />
e nulla spera dai figli dell’uomo.<br />
F 7 (wěhāyāh) il resto (še’ērît) di Giacobbe sarà,<br />
in mezzo a popoli numerosi,<br />
come un leone tra le belve della foresta,<br />
come un leoncello tra greggi di pecore,<br />
il quale, se entra, calpesta e sbrana<br />
e non c’è scampo.<br />
8 La tua mano si alzerà (si alzi)<br />
contro tutti i tuoi nemici,<br />
e tutti i tuoi avversari<br />
saranno (siano) sterminati (yikkārētû - √kārat).<br />
M 9 (wěhāyāh) In quel giorno - dice il Signore -<br />
«Io distruggerò (wěhikratî) i tuoi cavalli in mezzo a te<br />
e annullerò i tuoi carri;<br />
10<br />
distruggerò (wěhikratî) le città della tua terra<br />
e annienterò tutte le tue fortezze.<br />
11<br />
Distruggerò (wěhikratî) dalle tue mani i sortilegi<br />
e indovini non rimarranno in te.<br />
12<br />
Distruggerò (wěhikratî) idoli<br />
e stele in mezzo a te,<br />
e non ti prostrerai più (non adorerai più)<br />
all’opera delle tue mani.<br />
13<br />
Estirperò i tuoi pali sacri (lett. le tue Ashere) di mezzo a te,<br />
sterminerò le tue città (TM ‘arêka; idoli? úÃêabÔk BHS, yúryq =.yeúÃrêq boschi? sacri).<br />
14<br />
Con ira e furore farò vendetta<br />
dei popoli, che non hanno voluto obbedire».<br />
I capitoli 4-5 contengono materiale dell’esilio e del postesilio, ma con brani autentici. Si<br />
tratta poi di stabilire il testo, perché la LXX differisce dalle altre versioni (cf Mt 2,6). In<br />
particolare, il verso 5,2 è ritenuto da più autori una glossa; i vv.4b-5 formerebbero una unità<br />
distinta da 5,1.3.[4a].<br />
I due capitoli restano di difficile interpretazione. Tra le molte ipotesi, come l’ intervento<br />
sul testo di vari autori con inserzioni, preferiamo la teoria della sovrapposizione di varie<br />
89
voci creando un dibattito che presuppone una alternanza tra Michea (M) e i falsi profeti<br />
(F). Tutti parlano di restaurazione, ma l’intendono in modo diverso: trionfalistica (F) o più<br />
sfumata e cauta (M); futura o immediata nel tempo, con la forza e una vittoria militare trionfale<br />
(F) o nell’umiltà e con la fede nel Signore (M); opponendo i luoghi: Sion (F) o Betlemme<br />
(M), recuperando le umili origini antiche (cf Van der Woude accolto da Alonso).<br />
A. Gerusalemme opposizione tra futuro e presente<br />
4,1-7 (vv.1-5.6-7): ultimi giorni – futuro (wehayah, 4,1)/in quel giorno (4,6)<br />
4,8-14: E tu (we’attah) Gerusalemme – presente (“ora” 4,8-14)<br />
– ora (‘attah): 4,9<br />
– ora (‘attah): 4,10<br />
– ora (‘attah): 4,11<br />
– ora (‘attah): 4,14<br />
B. Betlemme<br />
5,1-2: E tu (we’attah) Betlemme (futuro – con purificazione, in quattro riprese)<br />
5,3-14: – e sarà (wehayah): 5,4-5<br />
– e sarà (wehayah): 5,6<br />
– e sarà (wehayah): 5,7-8<br />
– e sarà (wehayah): 5,9-14<br />
STRUTTURA di Mi 5,1-14<br />
– vv. 1-2 la città e il suo re – môšēl (Betlemme opposta a Gerusalemme); segue la descrizione del futuro:<br />
effetti e caratteri del regno messianico, con opposizioni<br />
– vv.3.4-5 prima opposizione, su «pascere» e «pace» (vv.3 e 5) = il re pastore, suo rapporto con Dio,<br />
pace universale ≠ pace con spada sguainata ed esercito poderoso<br />
– vv. 6-8 seconda opposizione – Giacobbe e il «resto» fra le nazioni: rugiada (vv.6) ≠ leone («saranno<br />
distrutti», vv.7-8).<br />
– vv.9-14 replica finale del profeta: «saranno distrutti» esercito (cf. 4,1-4), sortilegi e indovini, false<br />
divinità.<br />
ESEGESI<br />
LA CITTÀ E IL SUO RE (vv.1-2)<br />
4,14 «Ora, fatti incisioni (= rito religioso di supplica, 1Re 18,28, o di lutto, cf Dt 14,1;<br />
26,14; Lv 19,27-28; Os 9,4), figlia dell’orda...» (lett. bêt-Gader, «casa del bastione», BJ<br />
con LXX: «fortificati, fortezza»; altri: «si radunano a frotte / vi stringono d’assedio»). Il testo<br />
si rivolge a Gerusalemme, il cui re (“giudice di Israele”) è colpito alla guancia (si riferisce<br />
all’assedio di Sennacherib a Ezechia?).<br />
5,1 – Ma tu... (we’attah // 4,8)<br />
ht'r'ªp.a,<br />
~x,l,ä-tyBe( hT'úa;w><br />
hd'êWhy> ypeäl.a;B. ‘tAyh.li( ry[ic'<br />
lae_r'f.yIB. lveÞAm tAyðh.li( aceêyE yliä ‘^M.mi<br />
`~l'(A[ ymeîymi ~d,Q
Vg Et tu Bethleem Ephrata parvulus es in milibus Iuda<br />
ex te mihi egredietur qui sit dominator in Israhel<br />
et egressus eius ab initio a diebus aeternitatis (= 5,2).<br />
• Matteo 2,6 L’evangelista opera una rilettura originale che sembra combinare Mi 5,1-<br />
3a e 2Sam 5,2. Si rifà a un Targum o reinterpreta.<br />
Kai. su. Bhqle,em( gh/ VIou,da( ouvdamw/j evlaci,sth ei= evn toi/j h`gemo,sin VIou,da\<br />
evk sou/ ga.r evxeleu,setai h`gou,menoj( o[stij poimanei/ to.n lao,n mou to.n VIsrah,lÅ<br />
«E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei affatto la più piccola fra i capoluoghi di Giuda.<br />
Da te uscirà un capo che pascerà il mio popolo, Israele».<br />
Vg. Et tu Bethleem terra Iuda nequaquam minima es in principibus Iuda<br />
ex te enim exiet dux qui reget populum meum Israhel.<br />
La profezia di salvezza segue al castigo. Il profeta apostrofa Betlemme (5,1, che può essere<br />
collegata alla radice «combattere, guerra», «casa di Lahmû») e la oppone a Gerusalemme/Sion,<br />
la capitale assediata (4,8-14: città di guarnigione, cf v.8: torre del gregge). Il<br />
villaggio del piccolo clan è patria di Davide. Dopo l’umiliazione subita con l’assedio di<br />
Sennacherib, il cui scettro colpisce alla mascella il re d’Israele, la dinastia riprende a vivere,<br />
recuperando i suoi umili inizi, ritornando alle origini.<br />
• «Betlemme di Efrata», per distinguerla, forse, da Betlemme di Galilea, tribù di Zabulon<br />
(Gs 19,15). Anche in Rut 1,2 Betlemme è così designata; Efrata dovette essere un<br />
clan alleato di Caleb.<br />
«(Troppo) piccola per essere fra i “capoluoghi” (ebr. ףֶלֶא, “famiglia”, “clan”) di<br />
Giuda». È contrasto tra la città e la grandezza della missione.<br />
«Da te uscirà per me per essere (= chi sia) dominatore su Israele».<br />
• «Uscirà per me» (יִל, BHS = דֶלֶי, «un bambino»). Dio ha un piano che sarà affidato al<br />
nuovo personaggio (cf. Is 6,8: «Chi andrà per noi?»). Betlemme offre il Messia.<br />
• «Per essere dominatore» (môšēl): allusione forse a Gen 49,10 (ֺהלֶּשׁ, «colui a cui appartiene,<br />
spetta», leggendo qere’ e LXX πκτ, TM הׂ◌ליִשׁ, altri propongono הלשׁמ<br />
o הליִאְשׁ BHS) ed è nella linea di Natan (cf Is 9,5-6; 2Re 7).<br />
«Le sue origini risalgono ai tempi antichi»<br />
Può essere riferito alla dinastia regale, che ha origini antiche (patriarcali e mosaiche) e<br />
trova il culmine in Davide: è ‘olam, «antica» di promesse, ideali e splendori, soprattutto<br />
proiettata, nonostante l’oscurità, verso i tempi futuri. Il linguaggio può contenere anche<br />
riferimenti mitici (cf. Sal 110,3; Prov 8,22 per la Sapienza).<br />
5,2 – Madre - bambino - resto<br />
Dopo un periodo di disagio, seguirà la salvezza, collegata a «colei che partorisce» (תֶדֶלוֹי<br />
senza articolo) e al bambino. Un secondo segno è negli esiliati che ritornano (cf Ger 31).<br />
Perciò, Egli (= Dio) li consegnerà [Cei metterà in potere altrui]<br />
fino a quando colei che deve partorire (una partoriente) partorisce<br />
e il resto dei suoi (Cei tuoi) fratelli ritornerà ai figli di Israele.<br />
Il verso presenta problemi testuali che fanno dubitare della sua autenticità nel contesto<br />
30 .<br />
30 Secondo J. COPPENS, Le messianisme royal (Lectio Divina 4), Paris 1968, pp. 85-88, si tratta di una glossa o<br />
di un oracolo di Michea qui inserito. Infatti, (1) si nota il diretto e logico collegamento tra v.1 e 3: Dio parla in<br />
prima persona nei vv.1 e 3, in terza persona al v.2; (2) inoltre, il ritmo sembra diverso – il “perciò” non è ben<br />
collegato con v.1; (3) i suffissi del v.2: chi è inteso con “li metterà in potere altrui”, e chi con “il resto dei suoi<br />
fratelli”?; (4) il verso sembra costruito con altri oracoli di Mi (4,9-10) e di Is (7,14; 9,5); il fatto si può spiegare<br />
con la contemporaneità dei due profeti; quanto a Mi 4,9-10, l’immagine della partoriente è usata in senso negativo.<br />
H.W. WOLFF, Dodekapropheton, pp. 100-102, considera Mi 4,9-5,5 un insieme contrassegnato dalla ripetizione<br />
«(e) ora» (4,9.11.14) che prelude all’annuncio di una liberazione e suppone il disastro del 587 (esilio), con<br />
91
• “Egli” è riferito a Dio, ma il soggetto si inserisce improvvisamente.<br />
• “Li consegnerà”, cioè saranno dominati da altri: li sembra aver riferimento con i “fratelli”<br />
che seguono.<br />
• La madre è in primo piano come in Is 7,14: è la regina madre, ma in modo più allusivo.<br />
In Mi 4,10 anche Sion è partoriente, uscirà per andare a Babilonia, donde sarà liberata:<br />
il parto è segno di una sofferenza necessaria per preparare il futuro. Il bambino ricorda<br />
Is 9,5s.<br />
• Il «resto – yeter – dei suoi fratelli» è difficile identificarlo.<br />
Potrebbero essere gli «sbandati» (cf 4,6) che ritorneranno agli autentici figli di Israele.<br />
Più probabilmente si tratta del «resto di Israele» (cf 5,6.7), come in Isaia: il gruppo<br />
sparuto degli israeliti fedeli del nord ritorna alla sua terra; Giuda stesso gli va incontro<br />
(ritorna verso i fratelli).<br />
Un’ulteriore interpretazione (reinterpretazione) intende per fratelli del Messia tutti<br />
gli uomini radunati con gli israeliti (cf. v.6) portatori di salvezza.<br />
Per Rm 9,28-29 è la comunità giudeo-cristiana.<br />
«Perciò, Egli (Dio) li consegnerà (= Israele)...<br />
E il resto dei suoi fratelli (Giuda, resto del popolo) ritornerà verso i figli di Israele».<br />
I due popoli ritorneranno ad incontrarsi superando le divisioni storiche. Si riferisce al<br />
tentativo di Ezechia di unificare il nord con il Giuda? Il progetto è proiettato nel futuro,<br />
come in Isaia 11,10-16, e prospetta il ritorno di Israele dalla deportazione in Assiria, dopo<br />
la catastrofe del 722/721.<br />
5,3-5 – CARATTERI DEL REGNO DEL MESSIA: PASCERE prima opposizione<br />
Il v. 3 si lega logicamente al v.1 (il dominatore) a tema del pascere/pastore (vv.3.5).<br />
«Egli starà» può indicare stabilità, o avere semplice valore incoativo: «si appresterà», si assumerà<br />
l’incarico di. Il testo esplicita caratteri del Messia.<br />
1 - Sarà pastore, cioè re, governatore di popoli: riunirà il gregge, libererà dal nemico (cf.<br />
vv.4-5: ribadisce môšēl). Tuttavia viene evitato il titolo di re.<br />
2 - Regnerà in nome di Dio: “con la forza e maestà del nome di JHWH”, il Dio nazionale.<br />
Sarà il re legittimo, godrà del potere che Dio stesso gli concede e sarà il suo intermediario,<br />
segno di alleanza. Di conseguenza, non c’è altra dinastia. I salmi regali dipingono lo stato<br />
ideale della regalità come i nomi del bambino in Is 9,5-6. Cf Mt 28,18: “Mi è stato dato<br />
ogni potere in cielo e sulla terra”.<br />
3 - Realizzerà la pace universale: «abiteranno sicuri, egli sarà grande... fino ai confini della<br />
terra». Riecheggia l’universalismo di Is 9,6; 11,10, cf Sal 72. Luca definisce Gesù: “Egli<br />
sarà grande...” (1,32).<br />
v.4a. ~Al+v' hz
La formulazione sembra echeggiare un’arcaica formula cultuale, simile a zeh sinai di<br />
Gdc 5,5. Allude alla futura riunificazione del nord?<br />
vv.4b-5 (F). È immagine utopica con la vittoria sicura e la liberazione da Assur, il nemico<br />
per eccellenza al tempo di Michea, ad opera del discendente di Davide mediante un intervento<br />
militare.<br />
«Assur, se entrerà nella nostra terra,<br />
e se camminerà nei nostri baluardi,<br />
noi faremo insorgere contro di lui sette pastori<br />
e otto principi di uomini (o del deserto/steppa, ’adam)<br />
e pasceranno la terra di Assur con la spada,<br />
la terra di Nimrod con le (spade) sguainate contro di essa».<br />
• Sette pastori e otto principi (nesikê) si opporranno, è forse allusione ai riti di intronizzazione.<br />
Il titolo «principi» allude ai capi delle nazioni vassalle nella ritrovata unità<br />
contro il nemico comune: «pasceranno (cioè governeranno) Assur con la spada, / la terra<br />
di Nimrod con le (spade) sguainate contro di essa (la terra di Assur; BHS con la spada<br />
sguainata)».<br />
Il TM ha h'yx,_t'p.Bi che allude alla spada sguainata, donde: «con le (spade) sguainate contro di<br />
essa (la terra di Assur)»; cf Ez 21,33 הָחוּתְפּ ב ֶרֶח, «spada sguainata», e Sal 55,22: «più fluide<br />
dell’olio le sue parole, ma sono spade sguainate – תוֹח ׅתְפּ». In Michea 5,5 l’espressione<br />
“spada sguainata” è divisa nei due stichi per effetto del parallelismo che usa lo stile della<br />
«catena costrutta interrotta». Possiamo considerare una forma maschile e leggere: «con la<br />
sua [spada] sguainata».<br />
Pur nell’esaltazione, risalta la triplice povertà del Messia: di patria (insignificante), di<br />
segno (un bambino), in un periodo di miseria e decadenza. Nell’atmosfera di impotenza<br />
umana nasce colui che è salvezza e pace in nome e con la forza di Dio. Egli realizzerà il<br />
suo piano: «uscirà per me».<br />
IL “RESTO” DI GIACOBBE (vv.6-8) – seconda opposizione<br />
I versi definiscono il ruolo del «resto» (še’ērît) di Israele fra le nazioni (il vocabolario sembra<br />
posteriore a Michea). Per M (v.6) il resto diviene rugiada fecondante, consolazione,<br />
per F (vv.7-8) è leone feroce in mezzo ai popoli: domina, depreda, «distrugge» (karat) i<br />
nemici. È vittoria trionfale.<br />
DIO DISTRUGGE E PURIFICA (vv.9-14) – replica del profeta<br />
Il profeta replica riprendendo quattro volte l’ultimo verbo karat, «distruggere». Il Signore<br />
distruggerà non i popoli, ma, in mezzo al suo popolo, gli strumenti di guerra (carri e cavalli,<br />
città fortificate), gli indovini e i sortilegi, cioè la falsa profezia, l’idolatria nei suoi segni<br />
devianti. La purificazione riguarderà il popolo stesso.<br />
IL MESSIANISMO DI MICHEA<br />
La dottrina messianica di Michea nasce e risponde alla situazione di lacerazione seguita<br />
alla guerra siro-fraimitica e soprattutto all’assedio di Sennacherib. Perciò attenua i toni. Il<br />
profeta riconosce e proclama Ezechia unico re legittimo (pasce in nome e con la forza di<br />
Dio) e sembra appoggiarne la riforma, della quale vi è forse eco nel brano esaminato; riforma<br />
religiosa ma anche nazionale e politica, tesa a riunire Giuda con il nord, liberandolo<br />
dagli Assiri (cf 5,3-5). Ma il progetto si rivelò un fallimento.<br />
1 - Con Isaia 9,1-6 propone alle tribù del nord la salvezza attraverso un discendente di<br />
Davide. La dinastia davidica è l’unica legittima: «uscirà per me» da Betlemme di Efrata.<br />
93
Ma non parla dell’Unto. Neppure attribuisce al «figlio di Davide» il titolo di re: solo JHWH<br />
è re in Sion (4,7; cf. Is 6,5). Il potere del discendente di Davide deriva dal Dio nazionale.<br />
2 - Resta in ombra parte del simbolismo regale, ma se ne conserva la sostanza: sottomissione<br />
al Dio nazionale dal quale riceve protezione, benedizione per Israele e per chi lo<br />
benedice. Egli riunirà il gregge (= pastore) e creerà pace fino agli estremi confini della<br />
terra. Per mezzo suo il «resto di Giacobbe» sarà consolazione non dominio, «rugiada» feconda<br />
che viene dal Signore per chi non ripone la propria speranza nell’uomo (il Signore<br />
stesso è «rugiada» in Osea) non «leone» feroce e distruttivo fra le nazioni (5,6-7). L’unica<br />
distruzione sarà quella di Dio che purificherà il popolo dalle false illusioni dei profeti e<br />
dagli idoli che lo contaminano, dalle pretese di contrapporsi ad Assur sullo stesso piano.<br />
3 - Come Isaia, Michea riprende il ruolo della madre del re, pastore e salvatore, che porta<br />
pace e pienezza al popolo, però in modo più allusivo (5,2). La partoriente non è soltanto<br />
la madre del re, ma anche la «figlia di Sion» ingravidata, che «uscirà» dalla città per<br />
andare fino a Babilonia per essere liberata (4,10). Michea fa così dell’elezione dinastica<br />
un atto redentivo del popolo.<br />
4 - Egli non chiede al nord di ritornare a Gerusalemme e Giuda. Al contrario, Giuda andrà,<br />
come “resto del popolo”, verso i propri fratelli, i figli di Israele (5,2; cf. anche Dt 33,7<br />
e Ger 31).<br />
5 - Il libro termina con il giuramento divino: fedeltà (תמא) a Giacobbe e benevolenza<br />
(דסח) ad Abramo (7,19-20). Ma non vanno seguiti i consigli della casa di Achaz, bisogna<br />
invece praticare il diritto (טפְשׁ ׇ ׅם), amare la דֶסֵח, camminare con Dio (6,7-8). Michea<br />
completa e riassume la dottrina della giustizia e del diritto di Isaia con la דֶסֵח di Osea.<br />
94
I <strong>PROFETI</strong> ESILICI<br />
Il Profetismo dall’esilio ai primi anni dell’epoca persiana<br />
- caratteri e problemi 31 -<br />
1. individuo e scetticismo – ricomprensione e riespressione della fede<br />
Problemi<br />
• Scetticismo circa Dio e i profeti (cf. Ez 18,25.29; 12,22 32 ) con il pericolo di una generale<br />
apostasia (Ger 44,15ss e la «regina del cielo»). Si pone con particolare urgenza il<br />
problema del vero e falso profeta (Ger 23,9-40; cc.26-29), mentre il Secondo Isaia invita<br />
al rîb con Dio (Is 41, ecc.).<br />
• Individuo e comunità – i diritti del singolo: sono meno evidenti i legami con la comunità,<br />
perciò ciascuno è chiamato alla responsabilità individuale (Ez 3; 18 + 14,12-20).<br />
Ne deriva, di conseguenza, anche l’immagine del profeta.<br />
• Individuo isolato e forte individualità. I segni sono: l’accentuazione dell’Io (sfondo autobiografico,<br />
si sposta l’attenzione dal messaggio alla persona del profeta), la creatività<br />
(nuovi generi letterari: le allegorie di Ez 16 e 23; 18; le lettere di Ger 29; le «confessioni»<br />
del profeta, ecc.), la libertà con Dio in un rapporto molto personale (cf. Ger 1),<br />
l’attenzione all’interlocutore e all’individuo (il profeta porta a Dio i problemi del popolo,<br />
cf. Ger 12,1-4).<br />
• Duttilità ed eclettismo verso le tradizioni reinterpretate con riflessioni teoriche: la Parola<br />
(Is 40-55 e Ger 23,28s); alleanza ed esodo (Ger ed Ez + Is 55); riflessione sulla<br />
storia (Ez 20 e Is 43,16-19).<br />
Tre temi, in particolare, richiamano l’attenzione: l’alleanza, ossia la nuova riflessione sul<br />
rapporto JHWH-Israele, il messianismo e le sua rappresentazioni, la missione profetica.<br />
2. Alleanza<br />
La questione parte da un duplice dubbio del popolo.<br />
• Su Dio e la sua giustizia. Una prima risposta, che talora non è risposta effettiva, è un<br />
richiamo alla responsabilità personale (cf. Ez 18; Ger 31,29s; 12,5; Ab 2,4: l’uomo vivrà<br />
per la sua fedeltà). Si sofferma, poi ad analizzare la situazione storica dell’esilio:<br />
non Dio è impotente, ma l’uomo infedele è causa dei suoi mali.<br />
• Sull’uomo e la sua giustizia. Vi è un peccato diffuso universalmente (Ger 13,23; Ez<br />
2,3ss: razza ribelle) e la storia della salvezza è nel segno dell’ira divina (Ez 20, cf 16 e<br />
23). La risposta dei profeti è la promessa della «nuova alleanza» nel cuore come dono<br />
di Dio (Ger 31; Ez 36).<br />
Si impone quindi il confronto tra il vecchio e il nuovo che viene formulato nel seguente<br />
modo:<br />
• Giudizio negativo sul passato e proiezione verso il nuovo. Il passato è senza efficacia,<br />
ha esaurito la sua forza. «Non ricordate più le cose passate», cioè l’Esodo e il passaggio<br />
del Mar Rosso; Ger 31,32: l’alleanza è stata infranta; Is 43,12: opposizione tra passato<br />
e nuovo; Ger 3,16s: Gerusalemme e l’arca con 23,7 «Verranno giorni in cui non si<br />
31 Cf G. VON RAD, Teologia dell’AT, vol. II, pp.207-225.<br />
32 Ez 18,25 «Non è retto il modo di agire del Signore», dovette essere un ritornello frequente tra la gente.<br />
Insieme Ez 12,22 riporta la sfiducia nei profeti: «Le visioni dei profeti non approdano a nulla».<br />
95
dirà più: “Per la vita del Signore che mi ha fatto uscire”, ma... “che ha ricondotto dal<br />
settentrione”»; Ez 37: le ossa aride risuscitate. Si attende il nuovo.<br />
• Tra passato e futuro vi è una corrispondenza tipologica: nuovo esodo, nuovo mediatore,<br />
nuova alleanza.<br />
• Si confronti la diversità tra Dt (= riforma, restaurazione – passato) e Geremia ed Ezechiele<br />
(= novità – futuro).<br />
3. rappresentazioni messianiche<br />
Vengono modificate e proiettate nel futuro.<br />
– Geremia annuncia un avvenire messianico remoto (Ger 25,11 e 29,10: le 70 settimane<br />
d’anni) con la promessa del «germoglio giusto»: il nome JHWH sidqênû contiene<br />
un’allusione e opposizione al re Sedeqia (Ger 23,6).<br />
– Ezechiele invita la popolazione a sottomettersi a Babilonia: «nessuna insurrezione in Gerusalemme»<br />
33 , ma parla anche del nuovo pastore, Davide mio servo (Ez 34,23s); di un solo<br />
regno e un unico pastore (Ez 37,24s: «principe», mediatore, pastore, cf. Ger 3,16ss).<br />
– Isaia annuncia il «popolo» messianico, erede delle promesse di Davide (Is 55,3-4); si veda<br />
anche il temporaneo entusiasmo postesilico attorno a Zorobabele (Aggeo e Zaccaria; per<br />
Grelot anche Is 55,4).<br />
4. la missione profetica e il «servo del Signore»<br />
Si attua un cambiamento nella concezione profetica. Anzitutto il coinvolgimento di tutta<br />
la vita: «fin dal seno materno mi ha chiamato, scelto». Inoltre, il profeta vive una duplice<br />
appartenenza e fedeltà, a Dio e al popolo: è chiamato da Dio e condivide la vita dei condannati.<br />
Ma le due parti sono in conflitto. Di conseguenza, sperimenta lacerazione e conflitto<br />
interiore, vigilanza e senso del fallimento, scontro e resistenza ad oltranza: «invano<br />
ho faticato» (Is 49). Deve essere «fortezza, colonna, muro di bronzo» (Ger 1), «faccia dura<br />
come pietra» (Ez 2). Si definiscono particolari situazioni:<br />
• Geremia è «vigile» come Dio lo è sulla Parola, le «confessioni».<br />
• Ezechiele è «sentinella» (33,1ss + Ab 2,1) che vive sulla breccia, come scudo: «Io ho<br />
cercato fra loro un uomo che costruisse un muro e si ergesse sulla breccia [ץ ֶרֶפַּבּ] di<br />
fronte a me, per difendere il paese, perché io non lo devastassi, ma non l’ho trovato»<br />
(22,30). Così Isaia: «Egli ha visto che non c’era alcuno, si è meravigliato perché nessuno<br />
intercedeva» (59,16).<br />
• Il Servo sofferente di Is 40-55: la sofferenza redentrice; le piaghe che danno guarigione<br />
(53,4-6).<br />
• Mosè è il profeta ideale: Geremia è paragonato a Mosè. Cf Dt 9,19.25 e 3,23-26a: «il<br />
Signore si adirò con me per causa vostra e non mi esaudì»); Sal 106,23: «Aveva già deciso<br />
di sterminarli se Mosè, suo eletto, non si fosse eretto sulla breccia – ץ ֶרֶפַּבּ – di<br />
fronte a lui».<br />
33 Cf. B. LANG, Kein Aufstand in Jerusalem. Die Politik des Propheten Ezechiel (Stuttgarter Biblischer Beiträge),<br />
Stuttgart 1978 ( 2 1981); IDEM, Ezechiel. Der Prophet und das Buch (Erträge der Forschung 157),<br />
Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1981, pp. 84-92.<br />
96
I CANTI DEL SERVO DEL SIGNORE<br />
Bibliografia essenziale 34<br />
P.E. BONNARD, Le Seconde Isaïe, Etudes Bibliques, Gabalda, Paris 1972.<br />
C. WESTERMANN, Isaia 40-66 (Antico Testamento 19), Paideia, Brescia 1978 (ed ted. 2 1970).<br />
C. MESTERS, Missione del popolo che soffre, Cittadella, Assisi 1982 (legge il testo in una prospettiva catechetica<br />
per l’America Latina).<br />
P. GRELOT, I Canti del Servo del Signore, (Studi Biblici 9), EDB, Bologna 1983.<br />
H. SIMIANYOFRE, I testi del servitore di Jahwe nel Deuteroisaia, PIB, Roma 1989.<br />
Introduzione<br />
1. Collocazione e relazione tra i carmi<br />
Due posizioni contrastanti. DUHM afferma che i carmi sono omogenei tra loro, eterogenei<br />
al contesto 35 . BONNARD: «I poemi in questione sono solidamente omogenei al loro contesto<br />
e parzialmente eterogenei tra loro» 36 .<br />
Si deve riconoscere l’unicità: ognuno dei carmi contiene un genere letterario a sé, che<br />
non corrisponde ad alcuno dei generi letterari usati altrove nel Deuteroisaia (Westermann).<br />
Tuttavia, sono collegati sia tra loro che al contesto. I carmi rivelano tra loro un legame di<br />
sviluppo e delle connessioni per affinità tematiche (1° e 2°; 3° e 4°) e letterarie (1° e 4°; 2°<br />
e 3°). Non sono estranei al contesto, perché possiamo considerarli come inserzioni o aggiunte<br />
esplicative 37 . Merendino, che considera il Servo come il profeta stesso, riconosce in<br />
queste aggiunte l’intento di illuminare dei punti particolari. A) I canti sono una rilettura<br />
universalistica. Di fronte alle possibili accuse di falsità nei confronti del profeta e, nei confronti<br />
di Dio, di incapacità a fare “cose nuove”, i canti insistono sulla missione divina e universale<br />
del profeta: è “Servo”, cioè ministro e portavoce di Dio, rivelatore di un’alleanza<br />
estesa a tutti i popoli della terra. B) Interpretano il suo “martirio” non come insuccesso o<br />
abbandono di Dio, ma come testimonianza dell’origine divina della missione e del sostegno<br />
di Dio nella vita travagliata, come evento previsto nel piano di Dio, espressione della sua<br />
potenza e della fedeltà all’alleanza. La morte del profeta, infatti, non ritraeva da Dio il suo<br />
intento e non diminuiva la sua condiscendenza amorosa verso ogni popolo e uomo 38 .<br />
2. Interpretazione<br />
2.1 - Individuale. Si tratta di un individuo, di volta in volta, ravvisato in Ciro, nel profeta o<br />
Geremia, Mosè, uno dei pii o il Messia, perfino il re Joiachin deportato in Babilonia 39 . I<br />
34<br />
Una aggiornata bibliografia sulla seconda parte di Isaia è in H.-J. HERMISSON, «Neue Literatur zu Deutero-<br />
Isaiah», Teologische Rundschau 65 (2000) 237-284; 379-430.<br />
35<br />
Cf. anche C. WESTERMANN, Isaia 40-66, Paideia, Brescia 1978, p. 31.<br />
36<br />
P.E. BONNARD, «Relire Isaïe 40-66», ETR 50 (1975) 351-359, in risposta a una recensione al suo commentario<br />
(cf. bibliografia) in ETR 48 (1973).<br />
37<br />
Con R. LACK, La symbolique du livre d’Isaïe, introduzione al Secondo Isaia, li riteniamo «note di approfondimento<br />
teologico» collegate al contesto (Cf. IDEM, Letture strutturaliste dell’antico testamento, Borla, Roma<br />
1978).<br />
38<br />
R.P. MERENDINO, «I canti del Servo di Dio: una rilettura del Deuteroisaia», Humanitas 42 (1987) 22-32, cf. p.<br />
22 (anche SIDIC 19 [1/1986] 11-15). Una riflessione antropologica sul Servo modello del popolo è in C.<br />
MESTERS, «Il servo di Jahweh. La sofferta resistenza dei poveri, specchio della giustizia di Dio», Ripensare il<br />
martirio, Concilium 39 (1/20<strong>03</strong>) 89-99.<br />
39<br />
M. GOULDER, «“Behold my Servant Jehoiachin”», VT 52 (2002) 175-190, in base a una serie di convergenze,<br />
vorrebbe identificare il Servo di Is 52,1-12 con il re Joiachin. Vi riconosce i caratteri regali, la corona:<br />
cresce come un virgulto davanti al Signore (v.2); non usa violenza né ci fu inganno nella sua bocca: non ha<br />
infranto il trattato di vassallaggio (v.9); deportato nel 597, «dall’oppressione e dal giudizio è tolto di mezzo»<br />
(v.8); certamente fu flagellato: «trafitto… dalle sue piaghe» (v.5); Geremia lo disprezza: fu disprezzato e non<br />
97
motivi, secondo Von Rad, sono: a) i tratti fortemente individuali del personaggio, specialmente<br />
nel 4° carme; b) la portata individuale del genere letterario della “confessione profetica”;<br />
la missione cui il Servo è chiamato; l’immagine del “resto” di Israele è diversa dalla<br />
presentazione del Servo. Israele soffre giustamente per i suoi peccati, mentre il Servo soffre,<br />
pur essendo innocente, per i peccati degli altri 40 .<br />
2.2 - Collettiva. Si tratta di Israele o del resto giusto del popolo. Ora certamente Israele in<br />
esilio vide nel Servo un modello in cui si identificò. Esso lo aiutava a scoprire la sua missione<br />
di popolo su Dio, anche se oppresso, sofferente, sfigurato e disprezzato. Spesso l’uno<br />
e l’altro sono in parallelo.<br />
2.3 - Posizioni più complesse<br />
BONNARD – «il Servo e i servi» – giustamente ricorda che il profeta ravvisa nel Secondo<br />
Isaia diversi «servi di Dio»: se stesso, Ciro, Israele nel suo insieme, Israele nella sua élite.<br />
È un individuo in Isaia 42 e 44 (= Ciro); 50 (= il profeta); in 49-53 è la collettività.<br />
WESTERMANN. Il modo misterioso in cui il discorso è fatto in diverse direzioni impedisce<br />
qualsiasi posizione unilaterale. Dobbiamo attenerci a questo, che è un dato inequivocabile.<br />
Il Servo è un anello nella serie dei mediatori, che inizia con Mosè, il quale pure viene<br />
indicato come Servo di Dio. Il discorso sul Servo si ricollega direttamente allo stadio anteriore<br />
della storia della profezia. Le reminiscenze delle lamentazioni di Geremia, l’ultimo<br />
profeta dell’esilio, sono chiare. Ma nel Deuteroisaia esse fanno riferimento a una nuova<br />
epoca nella storia dell’ufficio mediatore, sia per il significato positivo delle sofferenze del<br />
Servo sia per l’estensione della mediazione ai popoli. Il Servo viene stabilito quale “luce<br />
dei popoli”.<br />
2.4 - Una particolare interpretazione è quella messianica<br />
I testi oltrepassano il livello storico per guardare al futuro escatologico. «Le lamentazioni<br />
... fanno riferimento a una nuova epoca» 41 . I carmi sono la concretizzazione della profezia<br />
di Dt 18,18. I primi tre esprimono il messianismo profetico, l’ultimo il messianismo<br />
sacerdotale (VON RAD).<br />
La tradizione giudaico-rabbinica e i Targumim sono orientati soprattutto verso<br />
l’interpretazione collettiva: il Servo è il popolo di Israele.<br />
L’interpretazione cristiana vi ha ravvisato una tipologia cristologica in Gesù Cristo,<br />
«Servo sofferente» che con la sua morte redime la «moltitudine». Anche la Goulder, che<br />
identifica il servo con il re Jeconia, opera, in pratica, una lettura messianica 42 .<br />
ne avevamo stima (v.3); passa 37 anni in prigione a Babilonia: fu eliminato dalla terra dei viventi… [Nabucodonosor]<br />
pone la sua tomba con l’empio (vv.8-9); nel 561 fu elevato da Amel-Marduk e promosso sopra i<br />
re: il Servo sarà esaltato e i re chiuderanno la loro bocca davanti a lui (52,15); il fatto ingenera stupore in Gerusalemme:<br />
«Chi avrebbe creduto a quanto abbiamo udito?» (53,1).<br />
40<br />
Cf G. VON RAD, Die Botschaft der Propheten (è anche la tesi di GRELOT, cf. bibliografia).<br />
41<br />
C. WESTERMANN, cit., p. 33, cf. 32-33.<br />
42<br />
Cf il già citato articolo di M. GOULDER, «“Behold my Servant Jehoiachin”», VT 52 (2002) 175-190.<br />
98
Is 40-55: UNIVERSO SIMBOLICO E CRITERI DI STRUTTURAZIONE<br />
Mi rifaccio alla ricerca di R. LACK riguardo al Secondo Isaia 43 . Il suo proposito è duplice:<br />
1) mettere in rilievo il sistema dei rapporti che compone l’universo simbolico, e dunque<br />
poetico, dell’autore; 2) dimostrare il carattere letterario di questo universo, nel senso che i<br />
rapporti messi in evidenza non sono semplicemente di analogia, ma fanno seguire i testi gli<br />
uni agli altri in un ordine irreversibile.<br />
L’argomentazione parte principalmente da indizi linguistici, stilistici, statistici, per mettere<br />
in risalto l’organizzazione delle immagini e dei simboli, attraverso la strutturazione letteraria.<br />
Considerato Is 40,1-11 come una “ouverture” (termine musicale) che annuncia i tre<br />
o quattro temi che si ripercuotono lungo i sedici capitoli, l’autore articola il libro in due<br />
parti:<br />
(a) Is 40,1-49,13: – la forza del Signore. Si constata un ordine di entrata delle parole chiave<br />
in un campo semantico linearmente e progressivamente arricchito.<br />
(b) Is 49,14-54,13 – l’amore del Signore, con l’alternanza tematica Sion (madre)/esiliati<br />
(figli). Il messaggio di gioia si ripercuote sulle alture (40,9; 44,23; 52,7) e risuona finalmente<br />
sulle rovine di Sion (52,9s). Gerusalemme, sul punto di rivedere i suoi figli,<br />
è allora invitata alla gioia (54,1ss). Il Servo del c.53 e la parola di Dio, insieme, fanno<br />
riuscire (חַל ׇצ) il disegno di Dio (ץֶפֵח 53,10; 55,11).<br />
I. Is 40,1-49,13: la forza del Signore<br />
Movimento del prologo: 40,1-11<br />
Il prologo raccoglie, come in una ouverture, tutti i motivi rilevanti del messaggio del Deuteroisaia;<br />
appare il progetto che sarà realizzato nell’epilogo (55,10-13).<br />
Il movimento più evidente è quello della parola di Dio: discende da Dio ed è portata fino al<br />
cuore di Gerusalemme (vv.9-10), seguendo il deserto (v.3) e la salita a Sion (v.9).<br />
vv.1-6: La Parola discende da Dio con un messaggio: «gridatele: la schiavitù è finita»<br />
(v.2); «ogni essere vivente vedrà la gloria di Dio» (v.5), e una missione: «consolate, parlate<br />
al cuore, gridate» (v.2); «preparate la strada» (v.3). Il profeta che riceve l’incarico ne<br />
diventa il depositario fino al suo compimento (55,10ss).<br />
Il prologo programma il bilancio finale: in 40,5 la parola discende, in 55,11 ritorna a<br />
Dio non senza aver compiuto la sua missione liberatrice.<br />
All’inizio, «di proposito l’identità di chi parla è lasciata sotto silenzio. L’intenzione di<br />
non farla conoscere è così chiara che dobbiamo rispettarla nella nostra interpretazione»<br />
(Westermann). L’indeterminatezza traduce l’origine sovrumana della parola, la sua discesa<br />
e la sua trasmissione fino al profeta.<br />
vv.6b-7.8: Obiezione del profeta: Israele è come erba secca e fiore avvizzito. Risposta:<br />
ma la parola di Dio resta per sempre; farà rivivere ciò che ora è secco e avvizzito. La realizzazione<br />
è in 55,12: «uscirete con gioia; gioia di montagne e colline; al posto delle<br />
spine sorgerà il cipresso; al posto delle ortiche il mirto. Ciò sarà per JHWH un segno eterno».<br />
All’inizio e alla fine ritornano gli stessi termini: montagne, colline, campagna,<br />
eternità. Is 40,8 e 55,12s appartengono alla medesima simbolica: la vegetazione nei suoi<br />
due stati di avvizzimento e di fioritura è simbolo del popolo decaduto e riscattato.<br />
43 Cf. R. LACK, Letture strutturaliste dell’antico testamento, Borla, 1978, pp. 38-64: «L’universo simbolico del<br />
secondo Isaia [40-55]». È sviluppo e ripresa dei dati contenuti nella sua tesi, Le livre d’Isaïe, cit. Diversa la<br />
suddivisione proposta da Westermann, che riconosce quattro grandi unità: 40-44; 45-48; 49-53; 54-55, ciascuna<br />
termina con un inno: 44,23; 48,20-21; 52,7-10; 55,12-13.<br />
99
vv.9-11: il profeta, a sua volta, ricevuta la parola, annuncia la “buona notizia” ed esorta<br />
Gerusalemme a drizzarsi sulla sua montagna e gridare alle città di Giuda: «Ecco il vostro<br />
Dio». Si intrecciano i due messaggi, del profeta a Sion, di Sion messaggera alle città di<br />
Giuda (vv.9-11).<br />
Degno di nota è il verbo “venire” (אוֹב): la venuta di JHWH (40,10; 50,2), di Ciro<br />
(41,3.25; 46,11; 48,15), delle nazioni (45,20.24; 49,22), della rovina (47,9.11), degli avvenimenti<br />
futuri (41,22; 42,9; 44,7; 48,3.5). È il verbo del ritorno di Israele (43,22;<br />
42,12.18; 51,11). Suppongono una irresistibile attrattiva, quella di Dio che domina lo<br />
spazio e il tempo.<br />
Is 40,12-49,13<br />
1. 40,12-31: INTRODUZIONE<br />
L’universo nella sua totalità spaziale e temporale è trasceso dall’infinito di Dio. Tuttavia,<br />
tra l’essere di Dio e il nulla delle nazioni (v.15) c’è posto per il dono (JHWH dona la forza):<br />
la storia è grazia.<br />
• La prima parte del poema sarà impegnata a superare gli ostacoli: Babilonia e i suoi falsi<br />
dei, l’apatia e la rassegnazione di Israele.<br />
• L’argomentazione andrà dalla creazione alla storia: JHWH Creatore e la sua capacità di<br />
prevedere (prescienza) e di governare. La sua forza è capace di salvare.<br />
2. 41,1-42,17: Unità con DUE SEZIONI (gli inizi simili, 41,1.21) e una conclusione.<br />
Sviluppano Is 40,28: «JHWH è un Dio eterno, crea i confini della terra» = spazio e tempo.<br />
Dio intenta un duplice processo, alle nazioni e agli idoli; ogni volta presenta in alternativa<br />
un suo eroe. Un tema dominante è il «nuovo».<br />
1 – 41,1-20: le NAZIONI – schema di spazio<br />
Isole, fate silenzio davanti a me,<br />
che i popoli rinnovino le forze,<br />
che si facciano avanti per parlare... (41,1)<br />
«Rinnovino le forze» (= TM): le nazioni hanno alle spalle gli idoli, cioè il nulla. Mentre<br />
JHWH – la sua parola – può raggiungere ogni persona e luogo per realizzare i suoi disegni.<br />
L’argomentazione si fonda sul raggio di azione della Parola: così Ciro e Israele sono chiamati<br />
dall’oriente (v.2) e dai confini della terra (v.9). Più tardi le loro traiettorie si incroceranno:<br />
la potenza di JHWH dispone punti di incontro nella totalità dello spazio.<br />
È ripreso del vocabolario di 40,12-31<br />
- JHWH הֵ ֹ שֹ ע/Creatore dei confini della terra (v.28); crea (א ָרָב) gli astri e li fa uscire in<br />
ordine chiamandoli (א ָרָק) per nome (v.26). In 41,8ss JHWH prende Giacobbe dai confini<br />
della terra, lo chiama dall’estremità del mondo; Ciro è chiamato dall’oriente da colui che<br />
chiama le generazioni (41,4), la sua avanzata fa tremare i confini della terra. Ambedue,<br />
Giacobbe e Ciro, hanno un ruolo nella cosmogonia di un mondo nuovo. Per il Secondo<br />
Isaia la storia della salvezza è una cosmogonia.<br />
- JHWH fa correre senza fatica (40,31): ora i piedi di Ciro non sfiorano la strada (41,3),<br />
Giacobbe riceve vigore (41,10, cf. 40,31). JHWH soffia sui principi e li disperde come paglia<br />
al vento (40,24), Ciro polverizza re e nazioni (41,2), Giacobbe trincia le colline in paglia<br />
minuta (41,16).<br />
• Intermezzo dei vv.41,6s. L’attività dei costruttori di idoli è una derisoria controcreazione:<br />
«è buono» (v.7 con Gen 1); chiodo fissato (cf. Sal 93,1 Dio fissa l’universo). Lungi<br />
dall’offrire un appoggio, gli idoli hanno bisogno di essere sostenuti.<br />
100
• א ָרָב è riferito all’ultima creazione che riempie l’universo della conoscenza di Dio<br />
(quattro designazioni dell’acqua e sette specie di alberi, vv.18s, simboli paradisiaci;<br />
conclusione sulla conoscenza di Dio, v.20).<br />
• Le prime tre entrate congiungono JHWH con Israele: לאַָג, riscattare; קַז ׇ<br />
ח, sostenere; רַזע ׇ<br />
aiutare/liberare. Dio riscatta facendo sentire la sua presenza.<br />
• La promessa si realizza: «Coloro che sperano in JHWH rinnovano le forze, mettono ali<br />
come aquile, corrono senza stancarsi, camminano senza fatica» (40,31).<br />
2 – 41,21-42,9: GLI IDOLI – schema di tempo<br />
Presentate la vostra difesa, dice JHWH,<br />
pronunciate le vostre arringhe, dice il re di Giacobbe,<br />
che avanzino per rivelarci... (42,21).<br />
Le categorie di tempo sono più importanti. Il profeta argomenta dalla prescienza: cose passate<br />
(תוֹנוֹשׁ ׅר, 41,22; 42,9), cose future (תוֹאב, ׇ 41,22), cose nuove (תוֹשֲׁדָח, 42,9). L’azione di<br />
Dio riguarda due aspetti:<br />
a) L’appello di Ciro (vv.25s) annunciato «dall’origine (שְׁאֹ ר)»: fa parte dell’azione creatrice<br />
(cf. 40,21; 41,4; 48,16; 45,19). JHWH parla e agisce dalla sua eternità.<br />
Dall’inizio non ho parlato in segreto,<br />
dal tempo che ciò è capitato, io sono là (48,16).<br />
La Parola è prima, al di sopra e all’origine di tutto ciò che esiste. È eterna a causa delle sue<br />
origini: esce dalla bocca di Dio (55,10s), «che chiama le generazioni dall’origine, io JHWH<br />
che sono il primo e resto con gli ultimi» (41,4).<br />
b) L’annuncio della salvezza a Gerusalemme (vv.27ss). Gli dei appaiono vento e vuoto»,<br />
incapaci di annunciare il futuro perché non hanno alcun potere creatore (cf. Is 45,18s):<br />
«Nulla sono le loro opere» (41,29); חַוּר/«vento» si oppone al servo, pieno di «spirito» del<br />
Signore (42,1). L’idolo non è il dio, ma il simbolo di un dio invisibile; partendo da ciò che<br />
è l’idolo, il profeta conclude che il dio, che pretende simbolizzare, non è che un nulla.<br />
Un indizio importante della sezione è il «germinare» (חַמ ׇצ) degli eventi (42,9; 43,19;<br />
44,4; 45,8; 55,10), simbolo temporale. Può indicare la progressività, il carattere insieme<br />
nascosto e manifesto della crescita vegetale; o meglio la spazializzazione della durata.<br />
3 – 42,10-17: CONCLUSIONE INNICA coerente con i due schemi di spazio e tempo - «il nuovo<br />
canto» (cf. il legame con il tema della sezione e il «nuovo che germoglia», v.9).<br />
a) spazio: vv.10-13. Il nuovo canto si innalza dai confini della terra, dal mare, dalle isole<br />
(teatro dell’azione di JHWH e del suo servo, 41,5.9; 42,4) e dalle città del deserto (residuo<br />
del caos primordiale, che sta per essere creato, cioè fiorire, 41,17-20). Il Dio «guerriero»<br />
getta il suo peso (דוֹבכ) ׇ nella battaglia contro idoli e idolatri.<br />
b) tempo: vv.14-1 (cf. salmi di lamentazione individuale). Per lungo tempo JHWH è rimasto<br />
silenzioso, ora sbuffa: l’immagine (escatologica) dei dolori del parto rappresenta la nascita<br />
di un mondo nuovo.<br />
3. 42,18-44,23: DIALETTICA TRA IL PRESENTE CONTRADDITORIO E IL FUTURO CARICO DI<br />
PROMESSE<br />
• Due volte ritorna sul passato (42,18ss; 44,22-28), due volte si volge al presente (43,1;<br />
44,1). Dio sta per impegnarsi in un nuovo piano.<br />
• La dialettica traspare nel verbo «ricordarsi» (רַכ ׇז, 48,18s [l’esperienza passata non deve<br />
misurare le attese del nuovo].25.26 [bisogna eliminare le conseguenze della colpa che<br />
intralciano il cammino]; 44,21 [la memoria come attenzione e presa di coscienza]).<br />
• Appare per la prima volta la radice ע ַשׇׁי , «salvare» (43,3.11.12).<br />
101
• I titoli divini sono formulati al participio: «il tuo creatore / o ricreante» (43,1); «colui<br />
che ti ha formato» o il «te-formante» (43,1; 44,2). La creazione è un atto presente.<br />
Si noti la progressione: il Creatore viene in aiuto a Giacobbe (40,12-31); suscita Ciro e<br />
Giacobbe come crea (41,1-42,17); crea al presente come redentore (42,18-44,23). La creazione<br />
richiama per contrasto la non creazione (43,10-13; 44,10). Appare l’antitesi con gli<br />
idoli:<br />
• non sono creatori, ma un ostacolo alla sana utilizzazione della creazione (44,9, cf.<br />
40,20.29-31);<br />
• l’idolo è la rovina dell’uomo di cui è immagine (44,13.23), mentre Israele e la gloria di<br />
JHWH;<br />
• JHWH con la sua destra sostiene Israele (41,10) e i cieli (48,13), l'idolatra rinchiude la<br />
sua destra sul vento dell’idolo (44,20);<br />
• Israele è il testimone glorioso del suo Dio (48,8; 50,4), l'idolatra è il testimone<br />
dell’idolo che egli stesso ha fatto (44,9).<br />
4. 44,24-46,13: GIUSTIZIA/הקׇ דְצ ׇ e SALVEZZA/עַשֶׁי, IL PROGETTO (ץֶפֵח) DI DIO E IL SUO<br />
STRUMENTO CIRO<br />
– il progetto di JHWH (cf. 44,28), riconosciuto da tutti giusto e salvatore (45,21), consiste<br />
nella giustizia e nella salvezza (45,8.21) insediate in Sion (46,12-13).<br />
– Inclusione tra inizio e fine identici:<br />
Ciro compirà il mio progetto (44,28);<br />
Il mio piano si realizzerà [םוּקת ׇ יתֵצַע] ׅ e ciò che voglio farò.<br />
Dall’oriente chiamo un predatore,<br />
da una terra lontana l’uomo del mio progetto (46,10-11).<br />
La sezione si divide in due parti:<br />
1 – 44,24-45,13: CIRO – creazione/redenzione<br />
L’opera di Ciro, inquadrata nella creazione, prelude all’avvento definitivo della giustizia e<br />
della salvezza:<br />
• Inclusione tra 44,24: «sono io che ho fatto tutto», e 45,7: «sono io, JHWH che ho fatto tutto questo».<br />
• 45,8 determina il contenuto, l’oggetto attuale dell’azione creatrice: giustizia, salvezza, liberazione:<br />
Cieli! spandete come rugiada la giustizia, (ceºdeq)<br />
e le nuvole la facciano piovere.<br />
La terra s’apra perché maturi la salvezza! (eºša`)<br />
Faccia germogliare insieme la liberazione (ûcüdäqâ).<br />
Io, JHWH, l’ho creata (ארׇב). ׇ<br />
Il profeta deve far accettare l’incredibile: un re pagano strumento di Dio. Di fronte a<br />
possibili obiezioni, appellandosi alla creazione, il profeta afferma che il piano di Dio non si<br />
discute (45,9: «forse l’argilla dice a colui che la plasma “che fai?”» + 45,12s).<br />
L’argomentazione procede secondo il solito movimento: creazione – padronanza sul cosmo<br />
e sulla storia. La storia è ricondotta alla creazione, ne è il compimento: far germogliare<br />
la giustizia (45,8b) è atto creativo; la redenzione è atto perfetto nella sua concezione, esemplare<br />
nella sua esecuzione, come la creazione. Is 45,8 (ארׇב) ׇ – cosmogonia, in mezzo tra<br />
44,24-45.7 e 45,9-13 – è l’archetipo del «fare» (cf. tutta la costellazione semantica del «fare»:<br />
formare, tendere, consolidare, 44,24; costruire, 44,26.28; 45,13; forgiare, 45,10.11;<br />
generare, partorire, 45,10; il lavoro delle mani, 45,11; creare, 45,12).<br />
2 – 45,14-46,13: GIUSTIZIA E SALVEZZA IN SION – verbi di movimento<br />
Il profeta immagina il ritorno, con la capitale ricostruita e i deportati rimpatriati (45,14).<br />
102
• Vi è un doppio movimento: la processione degli adoratori di JHWH e la colonna discendente degli<br />
idoli in rotta (45,16.24s; se ne vanno anche gli animali, la cui sorte è legata a quella degli idoli,<br />
46,1s).<br />
• Nell’ultima decisiva controversia con le nazioni (45,20-25) JHWH si autoproclama «giusto e salvatore».<br />
• Nel canto sulla caduta di Babilonia ritorna la satira contro gli idoli: questi, a terra, sono trasportati<br />
e incapaci di portare (46,2, cf. 45,20; l’idea era già espressa in 40,26ss), JHWH porta Israele<br />
dall’inizio della sua esistenza e lo porterà fino alla sua vecchiaia (46,3-4). JHWH possiede la forza<br />
e la comunica.<br />
5. 47,1-15: LAMENTO SU BABILONIA - «Abbasso! siediti nella polvere, Vergine, figlia di<br />
Babilonia, detronizzata»<br />
– Alla caduta degli dei segue la caduta della potenza politica babilonese.<br />
– Elementi comuni (cf Westermann): oracolo di perdizione (1) il mandante (v.4); (2) annuncio<br />
del castigo (v.8); (3) motivazioni (vv.7-8.10.12).<br />
– Insistenze stilistiche: «sedersi» (prima metà), «sapere e venire» (seconda metà):<br />
• Sedersi (vv.1-5): Babilonia è in lutto e schiava (da vestita a festa); sciogliendo il velo, gira la macina;<br />
alzando la veste fino alla cintola, sguazza nei fiumi; non è più Regina di regni.<br />
• Sapere – venire: cambio di tempo (vv.6-7) e dibattito di Babilonia. «Non sederà vedova, non<br />
conoscerà la perdita dei figli» (v.8). Ma le due disgrazie verranno, il «siediti» dei profeti non sarà<br />
annullato: non saprà allontanare la catastrofe, nonostante la sua scienza e i suoi profeti che le<br />
fanno conoscere i presagi. I due verbi sono rilanciati dal «sedersi»: «Sì, tu sarai seduta... tu non<br />
saprai... la disgrazia verrà» (vv.9-12).<br />
Vengono meno tutti gli appoggi: confidava nella malizia (עעׇ ר, ׇ v.10), è vittima della sciagura-rovina<br />
(העׇ ר, ׇ v.11); essa gridava: «Io, io sola!» (facendo il verso a Dio), sta per restare<br />
sola: la folla dei suoi maghi (vv.9.12) se ne fugge (v.15); essa credeva di essere salvata<br />
(v.13) è senza salvatori (v.15). L’attende una sorte inversa a Israele (cf. 45,5).<br />
6. 48,1-49,13: ALTERCO CON IL POPOLO «RIVOLTOSO E TRADITORE».<br />
Eliminati i nemici esterni, gli idoli e Babilonia, per realizzare il nuovo esodo resta l’ostacolo interno,<br />
l’apatia di Israele.<br />
• L’argomento di prescienza ha lo scopo di confermare l’incredibile: Ciro, pagano, strumento<br />
di salvezza (48,12-16; ritorna lo schema: dalla creazione alla salvezza).<br />
• Pausa di riflessione - il canto del servo (49,1-6 + 7-9): rifiuto dell’obiezione di 40,27<br />
con 48,20b (cf. 40,1-9 e 40,27-31).<br />
• Invito a uscire rivolto direttamente al popolo (40,20s; 48,21 con 49,9).<br />
• 49,9b-12.13 chiude riprendendo temi e vocabolario dell’inizio: «Dio pastore» e «strada»<br />
ritorna ai temi del prologo (cf. 40,11.3); «da lontano, dal nord, dal mare, dal paese<br />
dei Sînîm» (v.12) dà contenuto geografico a 48,20 (estremità della terra); «Dio consola<br />
il suo popolo» (49,13) / «Consolate il mio popolo» (40,1).<br />
II. Is 49,14-55,13: l’amore del Signore<br />
Il lamento di Sion: «Dio mi ha abbandonata, il Signore mi ha dimenticata» (49,14), riprende<br />
quello di Giacobbe: «Non conto più agli occhi di Dio» (40,27s). Allora Dio rispondeva<br />
in termini di «forza», a Sion risponde in termini di «affetto»: la forza salvatrice è l’amore<br />
materno, più forte di quello di una donna (49,14s); è amore che sta alla fonte dell’esistenza,<br />
perciò la sua volontà di salvare è incondizionata ed eterna.<br />
Scopriamo una struttura alternata: Sion appare come sposa e come città. L’autore, in<br />
coerenza tematica con il messaggio di salvezza che va e viene tra Babilonia e Sion, evoca<br />
1<strong>03</strong>
alternativamente Sion e il popolo deportato. Lasciando da parte alcune inserzioni, ne risulta<br />
la seguente alternanza:<br />
49,14-26 Sion si lamenta 50,1-3 i figli venduti<br />
51,1-3 JHWH ha pietà di Sion 51,9-11 La preghiera degli esiliati<br />
51,12-13 JHWH consolatore di Sion 51,14-16 La prossima liberazione<br />
51,17-52,2 il risveglio di Sion – si prepari alla festa 52,3-6 La fine del trionfo degli aguzzini<br />
52,7-12 JHWH ritorna in Sion alla testa degli esiliati<br />
54,1-17 ritrovamento di Sion e dei suoi figli – la<br />
salvezza nel suo divenire e la salvezza realizzata<br />
All’interno si pongono tre inserzioni.<br />
- Is 51,4-8: interpolazione vicina a Is 24-27<br />
- I canti del Servo:<br />
• Is 50,4-11: inciso di approfondimento teologico (come 49,1-9a) – l’esperienza del<br />
profeta è proposta alla comunità (vv.4-9), ma invano (vv.10-11);<br />
• Is 52,13-53,12: l’innocente che muore è simbolo della parte innocente di Israele che<br />
ha sofferto per gli altri; simbolizza anche tutto Israele che compie il disegnoprogetto<br />
di Dio come la Parola (cf. 55,10s, cf. vv.4-5 Israele testimone).<br />
Is 55 conclude il libro con una liturgia di alleanza rinnovata – il popolo deve decidersi<br />
di fronte a quanto gli è stato proposto.<br />
• vv.1-3: invito (l’abbondanza è tipica delle esortazioni dell’alleanza, cf. Dt 28,1-8);<br />
• vv.4-5: alleanza confermata con sintesi dei titoli di Israele: testimone (cf. 43,12; 44,8),<br />
centro delle nazioni (cf. 45,14-17), gloria di JHWH (cf. 44,23);<br />
• vv.6-9: appello al ritorno (בוּשׁ), tipico della tradizione profetica.<br />
Is 55,10-13 è l’epilogo del libro e segno dell’alleanza: la Parola annunziata nel prologo<br />
realizza il piano di Dio (vv.10-11) e uscita del nuovo esodo (vv,.12-13).<br />
• vv.10-11: la parola nei simboli del ciclo annuale della vegetazione (movimento circolare),<br />
la produzione agricola (pioggia-pane) simbolo della parola = la parola alimenta, feconda<br />
e fa germogliare (cf. 42,9; 43,19; 45,8). Si confronti Dt 8,3: «non di solo pane<br />
vive l’uomo, ma di ogni parola», con v.3: «ascoltate e vivrete». Bisogna che la parola<br />
impregni il suolo perché maturi la salvezza e germini la giustizia (45,8).<br />
• vv.12-13: il «nuovo esodo» si compie con gioia e fioritura: ciò che era avvizzito rifiorisce.<br />
La vegetazione è simbolo del popolo decaduto e riscattato. Il «nuovo esodo» resta<br />
come “segno eterno” della nuova alleanza.<br />
Conclusione<br />
La creazione è una teofania. Il cosmo acquista il suo pieno valore simbolico; esso accede<br />
alla sua pienezza quando l’uomo prende coscienza di ciò che esso simbolizza.<br />
Appare una duplice simbolica della parola:<br />
1) Il ciclo della parola creatrice nella storia (cf. 55,10s) nelle immagini di germinazione<br />
delle tre prime grandi unità (41,1-42,7; cf. 42,9; 42,18; 44,23 cf. 43,19; 44,24-46,13 cf.<br />
45,8). Dopo l’intermezzo del poema sulla caduta di Babilonia (47), la sezione 48,1-<br />
49,13 non è più toccata dalla simbolica della germinazione, al contrario la redenzione<br />
vi è presentata sotto l’aspetto di istantaneità (48,3.7): la salvezza è presente.<br />
2) Il tragitto della parola di consolazione circolante sulle alture tra Babilonia e Sion: il<br />
prologo (40,1-11), gli inni (42,10ss; 44,23; 49,13), l’alternanza Sion-Babilonia (in<br />
49,14 -54,17).<br />
104
IV Carme del Servo «vittima di espiazione» nel piano di Dio.<br />
L’esaltazione attraverso la sofferenza: IS 52,13-53,12<br />
Contesto<br />
Dall’umiliazione all’esaltazione. Tra i capitoli 52 e 54 il profeta scava nel mistero di Israele<br />
e mostra il cammino di salvezza che il Servo anticipa nella sua esistenza. Il poema riprende<br />
e spiega l’opposizione tra servo e comunità di Is 49,4 e 50,5-8 che culmina nell’interpretazione<br />
del dolore (53,4-6), e descrive l’esaltazione del Servo umiliato e il senso della sua<br />
sofferenza redentrice. Il verbo א ׇשׂ ׇנ collega il Servo con l’uscita del popolo: i vasi sacri sono<br />
“portati” (52,11b) trionfalmente in processione; il Servo, poiché “ha portato/tolto”<br />
(53,4.12) i peccati della “moltitudine”, “sarà esaltato” (52,13). È la teofania del “braccio”<br />
del Signore (52,10; 53,1) che si manifesta.<br />
Contesto immediato. La descrizione precedente termina con il comando: «Uscite di là!». È<br />
il nuovo esodo da Babilonia (52,11-12). Il poema era iniziato con «consolate il mio popolo»<br />
(40,1), ora la consolazione si avvera (52,7-10), al dolore segue la liberazione. Il tema si<br />
inserisce nel brano seguente che l’inizio del canto del Servo interrompe. Questi, mediante<br />
il futuro esaltante (53,11c-12) dopo il dolore e l’umiliazione, diventa simbolo del popolo.<br />
52,11-12 articola il nuovo esodo nella forma di una processione. È il viaggio del “Santo di<br />
Israele”: uscita tutta santa, totale e definitiva separazione dalla terra impura degli dei stranieri<br />
e il trasporto (א ׇשׂ ׇנ) dei vasi sacri; il Signore funge da avanguardia e retroguardia,<br />
senza ostacoli, in pace.<br />
Genere letterario<br />
Incontriamo due generi:<br />
• un duplice oracolo, annunciato in 52,13-15, confermato in 53,11c-12.<br />
• lamentazione o qînâ in 53,1-11b (però è la comunità a parlare), che Begrich considera<br />
un “salmo di ringraziamento” e Von Rad una “liturgia profetica”. Grelot lo considera<br />
un elogio funebre pronunciato dopo la morte del Servo. Si può ravvisare la somiglianza<br />
con le professioni di fede (Alonso; Westermann: «professione di fede dei salvati» o<br />
racconto fatto dalla comunità trasformata dal destino del Servo, incorniciato in una parola<br />
di Dio).<br />
Testo<br />
I - Parla il Signore (o il profeta) - oracolo<br />
52,13: Ecco il mio servo avrà successo, sarà molto onorato,<br />
esaltato (niSSä´), molto grande. Fil 2,9; Ef 1,20-21; Gv 12,32<br />
14 Come molti si stupirono di lui<br />
- tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto Mt 27,29-31; Gv 19,5<br />
e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo -<br />
15 così si meraviglieranno di lui molte genti;<br />
i re davanti a lui si chiuderanno la bocca,<br />
poiché vedranno un fatto mai raccontato /Rm 15,21<br />
e comprenderanno qualcosa di inaudito.<br />
II - Parla la comunità o un suo rappresentante (elogio funebre?, formule del simbolo)<br />
1 Chi avrebbe creduto a quanto noi abbiamo udito? /Gv 12,38; /Rm 10,16<br />
E il braccio del Signore a chi si sarebbe stato rivelato?<br />
2 È cresciuto come un virgulto davanti a lui [BHS davanti a noi] nacque<br />
e come una radice in terra arida. (e crescita -insignficante)<br />
105
Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi<br />
né splendore per essere da lui attratti<br />
3 Disprezzato e reietto dagli uomini cf Sal 22,7-8 patì<br />
uomo di dolori/piaghe (mak´öbôt) e conosciuto/esperto (umiliato) di malattia<br />
e come uno che nasconde la faccia da noi [come velandoci la sua faccia],<br />
disprezzato sicché non ne avevamo stima (lö´ lö´ lö´ lö´ Hášabnuºhû).<br />
Hášabnuºhû Hášabnuºhû Hášabnuºhû<br />
4 Eppure egli ha portato (naśa’) le nostre sofferenze/malattie, /Mt 8,17 riflessione teologica<br />
e i nostri dolori/piaghe (mak´öbêºnû) se li è caricati (sübäläm),<br />
ma [e avv.] noi lo giudicavamo (Hášabnuºhû Hášabnuºhû) Hášabnuºhû Hášabnuºhû castigato,<br />
percosso da Dio e umiliato. Eb 2,10<br />
5 Egli è stato trafitto per i nostri delitti, 2Cor 5,21<br />
schiacciato per le nostre colpe. Gal 3,13; Rm 4,25<br />
Il castigo/disciplina che dà a noi salvezza è su di lui,<br />
e per le sue piaghe noi siamo guariti. /1Pt 2,24<br />
6 Tutti noi come un gregge abbiamo errato,<br />
ognuno deviò per la sua strada.<br />
cf Ez 34; /1Pt 2,25<br />
E il Signore colpì in lui (o per mezzo suo)<br />
la colpa di tutti noi.<br />
2Cor 5,21<br />
7 Fu colpito ed egli si lasciò umiliare<br />
e non apri la sua bocca:<br />
Mt 26,63; 1Pt 2,23 patì<br />
come un agnello condotto al macello, /At 8,32-33<br />
e come pecora di fronte ai suoi tosatori incapace di parlare, Gv 1,29+; Ger 11,19<br />
sì, non apri la sua bocca.<br />
8 Dall’oppressione e dal giudizio fu tolto di mezzo,<br />
e per la sua sorte chi si affligge?<br />
Fu strappato/eliminato dalla terra dei vivi/della vita;<br />
morì<br />
per l’iniquità del mio popolo (TM, Qumrân suo popolo) fu colpito lui.<br />
9 E fu posta con/tra gli empi la sua tomba, /Mt 27,38par fu sepolto<br />
con il ricco dopo/nella sua morte. /Mt 27,60<br />
Sebbene non avesse commesso violenza<br />
e non vi fosse inganno nella sua bocca. /1Pt 2,22<br />
10 Ma JHWH si compiacque (Häpëc) di lui colpito fu gradito<br />
e salvò lui che pose la sua vita come sacrificio di espiazione.<br />
Vedrà una discendenza, avrà lunga vita.<br />
e il piano (Hëºpec) di JHWH per mezzo suo si compie.<br />
11 A motivo della sua sofferenza godrà (o sarà piena, colma) la sua vita (nepeš),<br />
sarà sazio (di anni) per la sua umiliazione. esaltazione / fu risuscitato<br />
III - Parla il Signore (= dichiarazione a conferma della comunità)<br />
11c Il Giusto (Dio) dichiara giusto il mio/suo Servo davanti alla moltitudine (tutti; i grandi): Rm 3,26<br />
Sì, ha portato (yisbol) le loro colpe.<br />
12 Perciò gli assegnerò la parte fra i grandi (rabbîm o moltitudini) cf Sal 2,8; Col 2,15<br />
e con/davanti ai potenti (‘azûmîm) egli spartirà il bottino,<br />
poiché ha denudato il collo per morire<br />
e fu annoverato/destinato con/fra i colpevoli, /Mc 15,28; /Lc 22,37<br />
mentre egli ha portato (naśa’) il peccato di molti (= moltitudine) /1Pt 2,24; /Gv 1,29<br />
e per i colpevoli ha interceduto. Rm 4,25<br />
Struttura<br />
• Dio espone il tema = oracolo (52,13-15): successo-umiliazione-esaltazione (presenta il<br />
Servo anticipandone il destino)<br />
106
• La comunità o un suo rappresentante racconta sviluppando il tema (53,1-11b): sofferenza<br />
ed esaltazione<br />
- introduzione (v.1) stupore-braccio<br />
- sofferenza, passione, morte, sepoltura (vv.2-9), con riflessione teologica sulla sofferenza<br />
(vv.4-6)<br />
- esaltazione (vv.10-11ab)<br />
• Dio conferma il messaggio = oracolo, 53,11c-12: il futuro destino glorioso del Servo.<br />
Esegesi<br />
I. Primo oracolo divino: 52,13-15<br />
Il v.13 anticipa il successo futuro (cf. 42,4; 51,4-9) mediante una serie di verbi in progressione:<br />
ליִכשׂ ַי,<br />
םוּרָי (LXX omette), אָשּׂ ׅנ, ד ֹ אְמ אבׇ גּ. ׇ<br />
I vv.14-15 riassumono il dolore e la gloria nel susseguirsi di protasi (v.14) e apodosi<br />
(v.15). Si nota la struttura parallela delle frasi. L’aspetto è colto indirettamente nella reazione<br />
degli spettatori: duplice stupore, effetto universale (= ampiezza e qualità).<br />
La risposta, in 53,11c-12, indicherà in che consiste il fatto inaudito, inenarrabile: la<br />
morte ha significato di espiazione e salvezza/esaltazione; la sofferenza rientra nel piano divino.<br />
• 52,15a: Cei “si meraviglieranno”, con LXX. TM הֵזַּי, lett. “aspergerà” (cf. 1QIs a ), significato<br />
rituale che appella al sacrificio di espiazione di 53,10, ma qui sembra fuori contesto.<br />
Coppens e Scharbert fanno derivare il verbo dall’arabo nazâ, “saltare”, “stupire”.<br />
BARRÉ (cit.) legge yizhû, «gioire».<br />
II. La comunità racconta: 53,1.2-9.10-11b<br />
Il discorso si interrompe (riprende in v.11c) per sviluppare il tema del “fatto inaudito”. Parla<br />
la comunità o il profeta in suo nome. L’oratore usa il noi: ciò che abbiamo udito, vediamo,<br />
lo consideriamo, nostra sofferenza, nostri dolori, nostri delitti, nostre ribellioni, punizione<br />
per la nostra pace, ci guarì, erravamo, la colpa di tutti noi (cf. noi-lui). Presuppone<br />
un’assemblea di fronte alla quale si commenta l’accaduto e si ripetono le promesse per il<br />
futuro. È una specie di elogio funebre (Grelot): si accenna infatti alla morte, i verbi sono al<br />
passato, si fa appello all’esperienza. Lo stesso popolo riconsidera le proprie ideologie e<br />
considerazioni affrettate.<br />
Introduzione (v.1)<br />
Due domande si collegano al testo precedente. Il “braccio di JHWH” indica la sua potenza<br />
(cf. Dt; 2Cor 12,9b; Is 52,10), che si rivela specialmente nella debolezza umana (cf. 1Cor<br />
1,26-2,5). La teofania è manifesta a tutti i popoli.<br />
Umiliazione e sofferenza (vv.2-9)<br />
Presenta una serie di quadri o fatti con una riflessione teologica centrale (vv.4-6). Contiene<br />
i temi delle “lamentazioni individuali” (es. Sal 31; 69).<br />
NASCITA (v.2). Immagine vegetale del fiore del deserto, a indicare la qualità umile e insignificante;<br />
sfigurato e senza bellezza, subito scompare. Ma la vita del Servo è “davanti a<br />
JHWH” (cf. Abramo e Mosè).<br />
DOLORE (v.3). È dolore fisico e ostracismo sociale. Si noti la progressione: disprezzo della<br />
comunità – sofferenza e dolore personali – disprezzo e giudizio errato (“non ne avevamo<br />
stima”, WhnU)b.v;x] al{ïw>).<br />
107
È un uomo ma sfigurato, vive in società ma è disprezzato. Il motivo è una errata<br />
interpretazione (בַשׁח) ׇ del suo dolore. Perciò, si coprono il volto per non subire il conta-<br />
gio, come davanti a un lebbroso (cf. 52,14-15).<br />
• yôdeă‘, “ben conosce”; o yadûă‘ (passivo), “esperto”; oppure “umiliato” (cf. Grelot, qui<br />
e v.11b, beda‘tô, da עַדׇי II, “umiliarsi”, “sottomettersi”, cf. HALAT, p. 375).<br />
• Il v. 3c: «come uno davanti al quale ci si copre la faccia», può essere inteso: «come velandoci<br />
la sua faccia» (Chouraqui), nel senso che il servo è stato così sfigurato dalla sofferenza<br />
che si può parlare di un velo che copre la sua bellezza 44 . Il richiamo ai Salmi è<br />
spontaneo: «sono un verme e non un uomo... Dio lo liberi se è suo amico» (Sal 22,7s),<br />
«Non gli ha nascosto il suo volto», abbandono superato (22,25); «la pietra scartata dai<br />
costruttori...» (118,22).<br />
PARENTESI TEOLOGICA (vv.4-6). Prende le mosse dal v.3d = 4c «non lo considerammo»: è<br />
una falsa opinione. Il brano riflette sul senso della sofferenza. La dialettica «lui-noi» mette<br />
in evidenza la funzione mediatrice del Servo. Al giudizio errato e al disprezzo si contrappone<br />
il beneficio delle sofferenze: la sofferenza non è più castigo, ma mediatrice di salvezza<br />
(v.10). È la separazione tra dolore e castigo: il castigo è nostro, il dolore è suo. Cf. Ger<br />
2,23-25 con 18,21: Israele è al contempo peccatore e vittima del peccato dei suoi figli:<br />
«Gerusalemme ferita della ferita del suo popolo». Il tema è accentuato nei vv.4a.6b.11-12.<br />
~l'_b's. WnybeÞaok.m;W af'ên" aWhå ‘WnyE’l'x\<br />
!keÛa' (v.4)<br />
`hN (v.12c)<br />
Le espressioni (vv.5.6.11.12) richiamano il linguaggio del capro espiatorio (Lev 16,21-22:<br />
confessare sul capro le colpe dei figli di Israele, i delitti, i peccati; il capro porta su di sé le<br />
colpe): è lingaggio sacrificale ma esistenziale.<br />
Problema ermeneutico. Si pone un problema di interpretazione. Le espressioni richiamano<br />
il linguaggio del “capro espiatorio” (cf. Lev 16,21-22): è linguaggio sacrificale ma esistenziale.<br />
Per spiegare il significato delle sofferenze del Servo, si applica normalmente il<br />
criterio della “soddisfazione vicaria”. Potrebbe essere più valido introdurre il concetto di<br />
solidarietà e identificazione con il popolo e le sue colpe: il Servo è il «rappresentante» immedesimato<br />
nel popolo stesso, di cui diventa il simbolo. La categoria risulta più espressiva<br />
e teologicamente più efficace. D’altra parte, al v. 5, l’espressione Atßr"bux]b;/baḥăbūrātô, «per<br />
la sua ferita-percossa» (noi fummo guariti), fa eco a רַבח, ׇ che indica «compagnia», legame,<br />
società, dunque solidarietà.<br />
La sofferenza accolta e i colpi ricevuti ripropongono la figura dei profeti dell’esilio: Geremia<br />
con le «confessioni» ed Ezechiele, «sentinella di Dio» «sulla breccia», per opporsi a<br />
Dio e avvisare il popolo del pericolo (il nemico è Dio), e per primo può essere colpito.<br />
v.4. Lui e noi. Il Servo è percosso da Dio come castigo per il peccato.<br />
Ebbene, egli ha portato le nostre sofferenze/malattie,<br />
si è addossato i nostri dolori/ferite,<br />
ma [e] noi lo giudicavamo castigato,<br />
percosso da Dio e umiliato.<br />
44 Cf J. WINANDY, «Une traduction communemént reçue et pourtant indéfendable», RB 109 (2002) 321-322.<br />
108
«Sofferenze», LXX ta.j a`marti,aj h`mw/n, «i nostri peccati». Mt 8,17 ha “debolezze, malattie”,<br />
ἀσϑενείας, νόσους, con il TM, per sottolineare il carattere terapeutico dell’azione di<br />
Gesù. Egli porta a compimento e conferma il passo di Isaia:<br />
o[pwj plhrwqh/| to. r`hqe.n dia. VHsai ymiä ArßAD-ta,w><br />
~yYIëx; #r
• Cei corregge וֹרוֹד con וֹכ ְרַד, “cammino” o “sorte”. In LXX, Vulg il TM è inteso come<br />
“generazione”; perciò BJ traduce “tra i suoi contemporanei”. Tuttavia, רוֹד può<br />
significare “generazione” e “sorte” 45 .<br />
3) Morte redentrice. È ribadito il carattere salutare dell’evento (8cd).<br />
• Per alcuni autori l’eliminazione dalla terra dei vivi è l’esilio. Cei: «per l’iniquità del<br />
suo popolo fu percosso a morte» (con la LXX h;cqh eivj qa,naton = תֶוָּמַל עגֻּנְי?, ׇ cf.<br />
BHK). Il TM ha וֹמָל עַגֶנ. Leggendo al passivo, 1) ע גֻנ ׇ + “per noi” (Dahood; continua la<br />
contrapposizione “lui-noi”); 2) potrebbe trattarsi anche di una forma contratta וֹמָל per<br />
תֶוָמַּל: «fu percosso a morte»?<br />
v.9. Fu sepolto: «Dopo la sua morte», «fu sepolto con gli empi/ricchi». Ma è ribadita subito<br />
l’innocenza. A morte avvenuta la comunità comprende il significato della vita (è esclusa<br />
ogni colpa) e della morte (è redentrice).<br />
E fu posta con/tra gli empi la sua tomba,<br />
con il ricco dopo la sua morte (ויתֺמְב). ׇ<br />
Sebbene (לַע) non avesse commesso violenza<br />
e non vi fosse inganno nella sua bocca.<br />
Non occorre correggere “ricchi” con “malfattori”, il parallelo ricco-malvagio è ricorrente.<br />
Si allude forse ai miscredenti o anche alla sepoltura in una fossa comune (?).<br />
Il TM è corretto in וֹתוֹמ תיֵבּ «la casa della sua morte», cioè «tumulo, tomba» in parallelo con וֹרְבק, ׅ<br />
ma sembra preferibile וֹתוֹמְב (= Q a e LXX) , “nel suo morire” o “dopo la sua morte”. “Sebbene” (לַע,<br />
LXX ὅτι) proclama immediatamente l’innocenza: nessuna violenza fisica né parole ingannevoli.<br />
ESALTAZIONE (vv.10-11b.12)<br />
vv.10-11ab. La sofferenza nel piano divino. È possibile tradurre (cf. Begrich):<br />
‘AaK.D: #peÛx' hw" ùhyw:<br />
Avêp.n: ‘~v'a' ~yfiÛT'-~ai yliêx/h,(<br />
~ymi_y" %yrIåa]y: [r;zyI<br />
`xl'(c.yI Adïy"B. hw"ßhy> #p,xeîw><br />
ATª[.d:B. [B'êf.yI ha,är>yI ‘Avp.n: lm;Û[]me<br />
Ma JHWH si compiacque di lui colpito<br />
e salvò lui che pose la sua vita come sacrificio di espiazione<br />
(mutando TM: = וֹשְׁפַנ םֹ ש־תֶא ׇ םלֲחֶה, ׅ cf. 38,16).<br />
Vedrà una discendenza, avrà lunga vita<br />
e il piano di JHWH per mezzo suo si compie. 46<br />
Dopo l’affanno godrà la sua vita (o, la sua vita sarà piena),<br />
sarà sazio della sua conoscenza (o, si sazierà dopo la sua umiliazione).<br />
Il testo fa inclusione su ץפח/ḥpṣ (10a.d, LXX βούλεται), a indicare il piano di Dio: «Dio<br />
accettò o si compiacque di lui colpito». La sofferenza è inserita nel “piano” divino: “per<br />
mezzo” del Servo si realizza. Il testo richiama l’effetto della Parola, che non ritorna a Dio<br />
45<br />
Cf. D. WINTON THOMAS - W.BAUMGARTNER, Lexicon, 209b, e GRELOT, ivi. At 8,32s: «La sua generazione chi<br />
la descriverà?».<br />
46<br />
Una diversa traduzione: «Ma Jhwh ha voluto prostrarlo con quella sofferenza, / il Terribile ha reso la sua<br />
vita un sacrificio di espiazione: / vedrà una discendenza, prolungherà i suoi giorni. / Dopo l’affanno godrà la<br />
sua vita (o, la sua vita sarà piena), / sarà sazio della sua conoscenza (o, si sazierà dopo la sua umiliazione). / e il<br />
progetto di Jhwh si compirà per mezzo suo (cf. 55,11)». «La sofferenza» (con articolo) rimanda a quanto<br />
precede (cf. vv.3.4). «Il Terribile» (ם ׅא, nome divino, Dahood); «ha reso (3 maschile con prefisso t-) la sua<br />
vita un sacrificio di espiazione (ם ׇשׁ א)».<br />
ׇ<br />
110
senza aver compiuto il suo “progetto” (55,10-11). Ambedue - Parola e Servo - attuano il<br />
progetto di Dio, che è progetto di “salvezza e giustizia”, termini centrali in Isaia 44-46.<br />
Al centro sta il fatto che il Servo ha posto la sua vita come ם ׇשׁ א. ׇ In generale, il termine<br />
indica «colpa, reato» e ciò che ne deriva, l’espiazione. Abbraccia dunque tutto il processo –<br />
trasgressione ed espiazione – e ha un riferimento liturgico: è “sacrificio di espiazione” per<br />
la colpa (cf. Lev 5,15.16-26), la cui funzione è quella di guarire (cf. Is 53,5). L’autore di Is<br />
53 intuisce che il Servo in tale processo occupa un posto importante, « sembra consapevole<br />
di dover lavorare con categorie liturgiche per esprimere qualcosa che va al di là dell’espiazione<br />
cultuale conosciuta dalla legge israelitica» 47 .<br />
Il passo aiuta a interpretare 2Cor 5,21: Cristo è divenuto “peccato”, cioè “sacrificio per<br />
il peccato” per la “giustizia” degli uomini: to.n mh. gno,nta a`marti,an u`pe.r h`mw/n<br />
a`marti,an evpoi,hsen( i[na h`mei/j genw,meqa dikaiosu,nh qeou/ evn auvtw/|. «Porreesporre-rimetterci<br />
la vita» ha un corrispondente in Gv 10,11.15.17.18.<br />
L’effetto dell’azione si riversa sul Servo stesso (v.10c, prolungato nel verso 11ab). Il testo<br />
presenta più possibilità di traduzione:<br />
yir´è zeºra` ya´árîk yämîm wüHëºpec yhwh(´ädönäy) Büyädô yicläH<br />
më`ámal napšô yir´è yiSBä` Büda`Tô<br />
~ymi_y" %yrIåa]y: [r;zyI 10c<br />
ATª[.d:B. [B'êf.yI ha,är>yI ‘Avp.n: lm;Û[]me 11ab<br />
Vedrà una discendenza, prolungherà i suoi giorni e il piano del Signore per mezzo suo si realizza.<br />
A motivo della sua sofferenza godrà (o sarà piena, colma) la sua vita (nepeš) 48 ,<br />
sarà sazio (di anni) per la sua umiliazione 49 .<br />
È allusione alla dinastia (cf Westermann e Von Rad): si tratta di «discendenza al di là<br />
della morte»; unita alla vita lunga o a una dinastia longeva? (v.10c), a un’esistenza piena,<br />
sazia, felice. In 11b, se Büda`Tô è tradotto “per la sua conoscenza”, questa riguarda<br />
l’esperienza di Dio, come avviene per Giobbe i cui occhi lo “vedono” (Gb 42,5).<br />
Il TM non presuppone, di per sé, una «risurrezione», anche se alcuni autori interpretano<br />
il passo in tal senso. Come afferma Grelot, non è presente il linguaggio caratteristico del<br />
tema (םוּק, ץי ׅק, רוֹא). Si tratta di un trionfo o riconoscimento prolungato dopo la morte.<br />
Alcuni autori sostengono che non si tratti di vera morte 50 . Ma il testo sembra intendere il<br />
fatto come cosa ovvia: la comunità parla con verbi al passato.<br />
47 Simian-Yofre, p. 1<strong>03</strong>.<br />
48 Così può essere inteso il TM, cf. Qo 9,9: re´eh Hayyîm, “godi la vita”; yir´eh è forma alternativa di yirwëh,<br />
“godere, essere pieno, sazio” (in parallelo con עַבָשׂ in Ger 31,14, Lam 3,15; Sal 91,16). Il verso è inteso anche:<br />
«egli (la sua gola/nepešú) è sazio di sofferenza, ricolmo di umiliazione». LXX e Qumrân: «Dopo l’affanno vedrà<br />
“la luce” (TM omette)».<br />
49 Grelot traduce: «si sazierà dopo la sua umiliazione», da עדי, «umiliarsi, sottomettersi» (cf. HALAT, 375).<br />
50 Cf. ad es. J.A. SOGGIN, «Tod und Auferstehung des leidenden Gottesknechtes. Jesaia 53,8-10», ZAW 87<br />
(1975) 346-355. Così M.L. BARRÉ, cit.: «Il corpo del poema termina non con la morte del Servo, come<br />
frequentemente si crede, ma con una preghiera per la sua reintegrazione (Restoration)» (p.24). Interpreta<br />
perciò Is 53,10cd-11ab come preghiera della comunità in favore del Servo (p.22), e 53,8 “dalla terra di vita”<br />
come l’esclusione dal tempio (p.19). Considera il Servo un saggio, anche se non apre la bocca per dare<br />
insegnamenti: è Dio stesso che insegna. Le sofferenze, in primo luogo, sono quelle imposte su di lui dal<br />
Signore; quelle degli uomini sono: arresto, tolto via dalla sua casa (terra?) mediante un decreto giudiziario e<br />
classificato tra i peccatori; i persecutori agiscono contro di lui convinti che sia maledetto da Dio<br />
(convinzione che nell’antico Vicino Oriente induceva le autorità a rimuovere una tale persona dal contatto<br />
con gli altri: scomunica). Nel corso del poema, tuttavia, a parlare come popolo sono le stesse autorità che<br />
hanno finalmente compreso che le miserie del servo, costituiscono una misteriosa via di sofferenza vicaria<br />
per la sua causa. Ma la morte può ridursi alla sola esclusione sociale? Così M. GOULDER, «“Behold my<br />
Servant Jehoiachin”», VT 52 (2002) 175-190, che identifica il Servo di Isaia 53,1-12 con il re Joiachin. In tal<br />
111
La retribuzione personale del Servo sofferente resta vaga nel contenuto. Si può parlare<br />
di una continuità della vita del personaggio; una “trasfigurazione” della sua vita che si prolunga<br />
nella dinastia e, di conseguenza, nella memoria positiva. È importante però che,<br />
nell’apparente sconfitta, si affermi l'esaltazione del Servo con una nuova linea interpretativa<br />
del dolore. «Va da sé che la rilettura del testo e la sua interpretazione collettiva inviterebbero<br />
ad applicare al Servo stesso tutto ciò che concerne le promesse per l’avvenire» 51 .<br />
vv.11cd. Conferma divina: il Servo dichiarato giusto (sentenza), rapporto con i rabbîm<br />
~yBi_r:l'( yDIßb.[; qyDI±c;<br />
qyDIïc.y:<br />
`lBo)s.yI aWhï ~t'ÞnOwO[]w:<br />
Traduzioni di 11c:<br />
* Il giusto mio Servo giustificherà molti (cf Vaccari, Cei, traduzione classica)<br />
* Dichiarerà giusto il giusto mio Servo davanti alla moltitudine.<br />
* Büda`Tô yacDîq caDDîq `abDî lä|raBBîm; «by his knowledge shall my righteous servant justify many» (KJV).<br />
Propongo<br />
11c Il Giusto (= Dio) dichiarerà giusto il mio Servo davanti alla moltitudine (= tutti o i grandi):<br />
11d Sì, le loro colpe egli ha portato.<br />
«Il Giusto dichiara giusto» (cf. 52,13) richiama יִקיִדְצַם di 50,8: «vicino è il mio giustificatore»,<br />
il giudice e avvocato difensore. «Dichiarare giusto» è espressione giuridica processuale<br />
(cf. Dt 25,1: dichiarare giusto il giusto e colpevole il colpevole; 1Re 8,32//2Cr<br />
6,23; Prov 17,15; Is 5,23 [è elemento di accusa]).<br />
V.11c può essere considerato come introduzione alla sentenza: è il riconoscimento pubblico<br />
con effetto universale. Per il dono della vita il Servo è dichiarato giusto davanti a tutti<br />
(= la comunità o anche, in senso collettivo, davanti a tutti i popoli, cf. 52,14-15: rabbîm,<br />
gôyyîm rabbîm, melakîm). V.11d conferma i vv.4-6: addossandosi le colpe con le sue conseguenze<br />
(castigo ed espiazione), il Servo aprirà la via della salvezza per tutti.<br />
v.12. Ricompensa e riconferma del Servo<br />
- v.12a. Il trionfo del vincitore. In immagini militari, il Servo appare vincitore. Gli spetta<br />
come ricompensa (קלח) uno speciale bottino (cf. Is 9,2). È il nuovo potere universale (cf.<br />
Dan 7; Is 9,5-6: allusione messianica?).<br />
èll'v' qLeäx;y> é~ymiWc[]-ta,w> ~yBiªr:b'<br />
Alå-qL,x;a] !keúl'<br />
(v.12)<br />
Avêp.n: ‘tw< “M'l; hr"Ü[/h, rv, ’a] tx;T; ª<br />
`[:yGI)p.y: ~y[iÞv.Pol;w> af'ên" ~yBiär:-aj.xe ‘aWhw> hn"+m.nI ~y[iÞv.Po-ta,w><br />
Perciò gli assegnerò parte fra i grandi (םיבּׅ ַר), /e con i potenti (~ymiWc[]) egli spartirà il bottino,<br />
poiché ha denudato il collo per morire / e fu annoverato con/tra i colpevoli,<br />
mentre egli ha portato il peccato di molti (moltitudine) / e per i colpevoli ha interceduto.<br />
• Grandi/forti (cf. 52,14-15) è riferito a re e popoli. Il binomio ritorna in: «Verranno popoli grandi<br />
e popoli potenti» (Zac 8,22); Dt 7,1: «sette popoli numerosi e forti più di te»; Is 8,7: le grandi e<br />
forti acque del “Fiume”.<br />
- v.12b Riconferma con motivazione della funzione di espiatore e intercessore solidale con<br />
il popolo colpevole (i molti). Essere annoverato tra i colpevoli diventa il modo per «raggiungere»<br />
e superare le colpe del popolo (cf v.6); oppure, in lui che porta il peccato, Dio<br />
“ha colpito” i loro peccati, diventa quindi «intercessore» per i colpevoli.<br />
caso, il servo non sarebbe morto (però, cf i paralleli anche con Geremia).<br />
51 GRELOT, o.c., p.61 n.44. Nell’interpretazione collettiva, il popolo, condannato a morte e creduto finito, ritorna<br />
a vivere una vita nuova con una nuova discendenza (cf. Ez 37: le ossa aride).<br />
112
• וֹשְׁפַנ/nafšô vale qui per “collo”? In sintonia con il silenzio e la consegna totale, il Servo offre il<br />
collo nudo, liberato da ogni indumento, per essere ucciso, decapitato. La nuova Cei: «“ha spogliato<br />
se stesso” fino alla morte». Si potrebbe intendere:” ha denudato la sua gola” (nefeš), alludendo<br />
al supplizio atroce, con il quale il condannato veniva ucciso facendogli ingoiare una palla rovente.<br />
Conclusione<br />
Il quarto carme, inserito tra Is 52-54, scava nel mistero di Israele per mostrare il cammino<br />
della salvezza attraverso la sofferenza redentrice rappresentato nella figura del Servo.<br />
Il Servo incaricato di restaurare Israele ha umanamente fallito e sembra morto. Dio<br />
l’ha umiliato e il suo sepolcro è stato posto tra quelli dei miscredenti (v.9ae). Questo è<br />
difficile da comprendere. Ha creato una falsa opinione. Ma qui si rivela il “braccio”, il<br />
potere del Signore (1b) che lo esalta. E la sua esaltazione diverrà spettacolo per le nazioni<br />
e i re. Sarà cosa inaudita né mai narrata (52,15).<br />
L’offerta della vita in sacrificio di espiazione compie il piano divino (53,10d): è lo stesso<br />
effetto della Parola che “circola” tra cielo e terra (55,10s). La sofferenza e la morte innocente,<br />
senza aver commesso violenza né inganno, hanno un senso nel piano di Dio. Diventano<br />
via di salvezza, sofferenza redentrice e solidale in favore dei peccatori, non solo<br />
per sé ma per la “moltitudine”; rendono il Servo vicino a Dio e agli uomini.<br />
Le promesse e prospettive dei canti precedenti non vengono meno, ma continuano a essere<br />
oggetto di speranza nazionale per il futuro. Sono collegate all’insuccesso inatteso che<br />
rimette in discussione le speranze dei giudei. È chiaro che il profeta spera contro ogni speranza<br />
e affida la sua causa unicamente a Dio.<br />
Per l’interpretazione occorre interrogarci sul significante per giungere al significato. In altre<br />
parole, dobbiamo chiederci non tanto «chi sia» il personaggio storico, o in quale circostanza<br />
il Servo sia messo a morte (vv.8-9), tracciando corrispondenze, punto per punto, con<br />
le circostanze storiche, quanto piuttosto: «Quest’uomo di chi o di che cosa è simbolo?».<br />
Il significante simbolico, a partire dalla condizione esilica che traspare nel quarto canto,<br />
è un uomo malato e disprezzato 52 . La malattia nell’idea comune è segno della non protezione<br />
divina. Perciò riceve disprezzo e persecuzione. Infatti, il cap.53 inizia con un ragionamento<br />
errato sulla malattia (v.3) e le sue conseguenze (v.5). Invece, sorprendentemente,<br />
le sofferenze del servitore vanno a beneficio: la malattia non è castigo ma sofferenza redentrice.<br />
Il Servo è malato, ma non abbandonato da Dio.<br />
Di riflesso, è simbolo di Israele, che compie il disegno di Dio: come la parola di Dio si<br />
perde in terra per farla germinare, così il Servo compie il disegno del Signore (55,10). Servo<br />
e Parola, insieme, realizzano il piano di Dio.<br />
La chiesa ravvisa il “Servo” innocente in Cristo Gesù che compie il disegno di Dio, nonostante<br />
l’opposizione e la morte. Questa non è castigo, ma redenzione, salvezza, esaltazione<br />
(cf soprattutto Lc 22,37 e Is 53,12). In lui la potenza e sapienza di Dio si rivela nella<br />
debolezza che diventa giustizia, santificazione e redenzione (1Cor 26-30). E assume lo<br />
stesso significato per ogni cristiano che partecipa alle sue sofferenze.<br />
52 Cf D.G. LIKINS-FOWLER, «Sociological Functions of the Servant in Isaiah 52:13-53,12», PEGLMBS 21<br />
(2001) 47-59; seguendo D. Smith, definisce lo sfondo dell’esilio come “quarto mondo”, quello dei dominati,<br />
la minoranza priva di aiuto: vi è avversione, repressione, imprigionamento e ritorno da morte/esilio.<br />
113