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1 - Renzo Zagnoni VICENDE STORICHE DEL SANTUARIO DELLA ...

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alla Querciola, pure essa recentemente trafugata. Tale icona doveva risalire alla seconda metà del<br />

1600 poiché la sua presenza presso rio Scorticato è attestata una cinquantina d’anni prima della fondazione<br />

del santuario nel 1722. Anche se il suo valore devozionale ed affettivo era ed è sicuramente<br />

grandissimo, il suo valore venale era certo poco apprezzabile, in un inventario del 1858 don Gian<br />

Battista Giannelli la definiva in rozzo coccio e di circa mezzo piede (cm. 19) . Demetrio Lorenzini nel<br />

1910 affermava che è in loassonlievo di terra cotta, non so di qual pregio artistico 89 .<br />

A proposito dell’antica terracotta vorrei pure segnalare una interessante storia riferita da Carolina<br />

Tamarri della Ca d sotta e da suo marito Armando Masini della Casetta ed ca di B’tin, entrambi castelluccesi,<br />

ma residenti da vari anni a Riola. Racconta dunque la signora Carolina che il suo bisnonno<br />

Giuseppe Tamarri aveva in casa una Madonna in terracotta che aveva la particolarità di essere<br />

del tutto identica a quella venerata al Faggio. Questo fatto appare del tutto possibile perché, come<br />

già si diceva, quest’ultima era una semplice targa devozionale, prodotta con uno stampo e percio,<br />

sicuramente, in svariate copie. Un giorno, prosegue il racconto, un incaricato del parroco, poiché era<br />

nota in tutto il paese la perfetta somiglianza delle due immagini, venne a domandarla in prestito a<br />

Giuseppe Tamarri, adducendo il motivo che la vera Madonna del Faggio si era rotta ed occorreva<br />

perciò farne una nuova ed identica prendendo a modello la sua perfetta copia. La Madonnina venne<br />

perciò prelevata con la promessa solenne che sarebbe stata restituita non appena riprodotta. Quando<br />

però giunse il momento della restituzione a Giuseppe Tamarri venne riportata spezzata a metà: chi<br />

la restituiva sosteneva che anch’essa si era spezzata a metà in senso orizzontale in modo accidentale.<br />

Quella immagine è restata in casa Tamarri fino ai nostri giorni, passando in eredità prima a Battista<br />

Tamarri e poi al figlio Giuseppe (junior), rispettivamente nonno e padre della signora Carolina, ed<br />

infine alla signora Carolina stessa che ancora oggi la conserva fra gli oggetti a lei più cari. La cosa<br />

che qui ci preme sottolineare e che è una conseguenza del fatto sopra narrato, è che tutti i Tamarri<br />

che l’hanno posseduta hanno sempre pensato che la loro era ed è la vera immagine originale, che<br />

per owi motivi sarebbe stata sostituita alla loro; non si spiegherebbe infatti la rottura di entrambe le<br />

immagini. I Tamarri perciò pensano che la loro Madonna la buona sia stata sostituita a quella rotta<br />

cosicché l’immagine che essi possiedono e venerano sarebbe la vera ed originale. Oggi poi il furto<br />

dell’immagine del Faggio rende questo racconto e questa convinzione ancora più interessanti. Naturalmente<br />

tutto ciò non è più verificabile in alcun modo, ma abbiamo voluto ugualmente riportare<br />

questa storia perchè testimonia ancora una volta l’attaccamento dei castelluccesi, ancorchè emigrati,<br />

alla loro Madonna .<br />

L’immagine di proprietà dei Tamarri di Riola appare oggi spezzata orizzontalmente e sommariamente<br />

restaurata tramite quattro viti fissate ad una tavoletta di legno che serve a tenere uniti i due<br />

pezzi. Anche la datazione approssimativa di questa terracotta potrebbe essere un’ulteriore, anche se<br />

non definitiva, conferma del racconto surriportato. Maria Cecchetti, infatti, la farebbe risalire ad un<br />

periodo compreso fra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700, cioè proprio al tempo dell’origine del santuario.<br />

Ancora la Cecchetti afferma che si tratta di una targa plasticata in terracotta ingobbiata con<br />

policromia sotto vetrina e colori ferraccia e ramina 90 .<br />

L immagine che oggi è posta in venerazione è la fedele copia in scagliola, di cui già in precedenza<br />

si è parlato, opera di Giuseppe Pranzini che la eseguì sull’originale, prima del furto. Di essa è stata<br />

eseguita una seconda copia che sostituisce la prima dopo il secondo furto del gennaio 1988.<br />

8 - Gli arredi<br />

89 D. Lorenzini, Guida dei Bagni della Porretta e dintorni, Bologna 1910, p. 230.<br />

90 Maria Cecchetti mi ha gentilmente fornito queste informazioni segnalando anche che<br />

un’immagine avente iconografia analoga è pubblicata in Ceramiche devozionali nell’area emilianoromagnola,<br />

Imola 1976, p. 53, foto n. 14 e un’altra in M. Cecchetti, Targhe devozionali dell’Emilia<br />

Romagna, Faenza 1984, pp. 150-151; in quest’ultimo testo, fra le targhe devozionali simili, è citata<br />

anche la Madonna del Faggio.<br />

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