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Abstract Book - Associazione Vulvodinia

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Il dolore sessuale femminile<br />

e le comorbilità associate<br />

- dai sintomi alla diagnosi e alla terapia -<br />

Con il patrocinio di:<br />

venerdi12marzo2010<br />

MILANO - Museo della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci<br />

A.G.E.O. <strong>Associazione</strong> Ginecologi Extra Ospedalieri<br />

A.GI.CO. <strong>Associazione</strong> Ginecologi Consultoriali<br />

<strong>Abstract</strong> <strong>Book</strong><br />

Organizzato da:<br />

<strong>Associazione</strong> Italiana <strong>Vulvodinia</strong> O.N.L.U.S.<br />

Fondazione Alessandra Graziottin<br />

per la cura del dolore nella donna<br />

F.I.O.G. Federazione Italiana di Ostetricia e Ginecologia<br />

S.I.G.O. Società Italiana dI Ginecologia e Ostetricia<br />

S.I.I.V. Società Italiana Interdisciplinare di Vulvologia


semeiotica del dolore e le comorbilità associate5<br />

Fisiopatologia e semeiologia della dispareunia e del vaginismo<br />

6<br />

A. Graziottin<br />

Le dermatosi quale causa di dolore vulvare<br />

M. Preti<br />

La sfida terapeutica delle candidosi ricorrenti<br />

F. Murina<br />

L’infezione da HPV: dalla prevenzione all’overtreatment<br />

L. Mariani IndexLa<br />

Mastociti, infiammazione e comorbilità nel dolore sessuale femminile<br />

Il punto di vista del ginecologo<br />

A. Graziottin<br />

Il punto di vista dell’urologo<br />

D. Grassi<br />

Il punto di vista del gastroenterologo<br />

V. Stanghellini<br />

Aspetti relazionali e sociali del dolore sessuale femminile<br />

L’<strong>Associazione</strong> Italiana <strong>Vulvodinia</strong><br />

M. Puliatti<br />

L’<strong>Associazione</strong> Italiana Cistite Interstiziale<br />

L. Nasta<br />

L’<strong>Associazione</strong> Italiana Endometriosi<br />

J. Veit<br />

L’<strong>Associazione</strong> Nazionale Fibromialgia e Stanchezza Cronica<br />

R. Romor<br />

Implicazioni ostetriche del dolore sessuale femminile<br />

Il punto di vista del ginecologo<br />

G. Radici<br />

Il punto di vista dell’ostetrica<br />

M. Esposito<br />

Il punto di vista del sessuologo<br />

N. Giovannini, A. Graziottin<br />

Il punto di vista del fisioterapista<br />

A. Bortolami<br />

Dolore sessuale femminile: comorbilità, diagnosi e terapia<br />

Endometriosi e dispareunia: diagnosi e terapia<br />

P. Vercellini<br />

Sindrome della vescica dolorosa e dispareunia: diagnosi e terapia<br />

M. Cervigni<br />

Il dolore vulvare: implicazioni neurologiche e muscolari<br />

L. Bertolasi<br />

<strong>Vulvodinia</strong>, dispareunia e contraccezione ormonale<br />

Innocente?<br />

A. Graziottin<br />

Colpevole?<br />

F. Murina<br />

La vulvodinia: il dilemma del dolore “senza cause apparenti”<br />

Eziopatogenesi e semeiologia<br />

A. Graziottin, F. Murina<br />

Le implicazioni psicosessuologiche<br />

M. Puliatti<br />

Strategie terapeutiche<br />

F. Murina, A. Graziottin<br />

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60


La semeiotica del dolore e<br />

le comorbilità associate<br />

5


6<br />

Fisiopatologia e semeiologia della dispareunia e del vaginismo<br />

A. Graziottin<br />

Direttore del Centro di Ginecologia, H. San Raffaele Resnati, Milano<br />

Definizioni<br />

La dispareunia indica il persistente o ricorrente dolore genitale durante i tentativi di penetrazione o durante la<br />

penetrazione completa vaginale nel rapporto sessuale. Può interessare l’entrata vaginale (dispareunia superficiale<br />

o introitale o vestibolare), o comparire a penetrazione completa (dispareunia profonda). Nella forma che la donna<br />

definisce “superficiale” c’è in realtà una componente medio vaginale, dovuta al variabile spasmo del muscolo elevatore<br />

dell’ano.<br />

Il vaginismo indica la persistente o ricorrente difficoltà della donna ad accettare la penetrazione vaginale del pene,<br />

di un dito o di un oggetto, nonostante l’espresso desiderio della donna di farlo. Ci sono spesso un evitamento fobico e<br />

una paura anticipatoria del dolore. Anomalie anatomiche devono essere escluse o trattate.<br />

I disturbi sessuali non coitali si riferiscono alla clitoralgia e/o al dolore al vestibolo vulvare durante il petting.<br />

Prevalenza<br />

La dispareunia colpisce il 12-15% delle donne in età fertile e fino al 44% di quelle in post-menopausa sessualmente<br />

attive (spesso in comorbilità con la secchezza vaginale da atrofia).<br />

Il vaginismo è causa di dolore nello 0.5-1% delle donne fertili e costituisce il 15-17% della popolazione trattata per<br />

dolore coitale.<br />

I disturbi sessuali non coitali sono rari ma presentano un drammatico impatto sulla vita e sulla sessualità della donna<br />

e della coppia.<br />

Etiologia della dispareunia superficiale<br />

● In età fertile<br />

a) nelle adolescenti e nullipare<br />

La vestibolite vulvare (VV), spesso su base infettiva, interessa circa 89% dei casi di dolore coitale cronico in età<br />

fertile (tabella 1). E’ caratterizzata da: dolore acuto vestibolare ad ogni tentativo di penetrazione; dolorabilità alla<br />

pressione localizzata al vestibolo vaginale, massima alle 5 e alle 7 dell’introito vaginale; eritema di vario grado limitato<br />

al vestibolo vaginale. La diagnosi di VV dev’ essere sospettata in caso di dolore all’inserimento dei tamponi interni,<br />

presente fino al 66% dei casi di VV.<br />

La dispareunia nelle donne affette da VV è perlopiù acquisita (61%) con contrazione difensiva dell’elevatore, più<br />

raramente primaria o intermittente.<br />

Il ritardo nella diagnosi può causare il peggioramento e la cronicizzazione del sintomo doloroso, per proliferazione<br />

delle terminazioni nervose del dolore, istologicamente dimostrata. Essa è indotta dal Nerve Growth Factor, liberato<br />

dai mastociti iperattivati, ed è responsabile dell’iperalgesia all’introito vaginale. Il dolore perde allora la relazione con<br />

l’evento scatenante e tende ad automantenersi (viraggio del dolore da nocicettivo a neuropatico).<br />

Le vaginiti, specie da Candida, possono causare dispareunia superficiale occasionale e rappresentano un fattore<br />

predisponente per la vestibolite vulvare, che compare in circa il 20% delle donne con questo tipo di infezione<br />

vaginale<br />

I contraccettivi orali (CO), soprattutto se a basso dosaggio, possono portare a scarsa eccitazione genitale con<br />

ipolubrificazione, microabrasioni e iperattività dell’elevatore dell’ano, predisponendo a VV e dispareunia (RR 2.6,<br />

IC 1.1-6.3). L’utilizzo di CO, soprattutto se prima dei 18 anni, in donne che abbiano già problemi nell’inserimento dei<br />

tamponi (spia di ipertono primario dell’elevatore) aumenta il loro rischio di dispareunia e vulvodinìa. L’ipertono va<br />

diagnosticato e trattato così da evitare danni vestibolari organici e dispareunia a lungo termine.<br />

L’amenorrea ipotalamica, associata a stress psicofisico, a disturbi dell’alimentazione e attività sportiva specie<br />

se agonistica, può causare ipoestrogenizzazione e inadeguata eccitazione genitale, con secchezza vaginale e<br />

dispareunia.<br />

Di frequente riscontro in giovane età è l’iperattività del muscolo elevatore dell’ano primaria con inversione del


comando, documentata a livello di ricerca mediante elettromiografia. Anche in questo caso la difficoltà nell’utilizzare<br />

i tamponi interni può essere la prima spia del disturbo.<br />

Disturbi proctologici (stipsi ostruttiva primaria, emorroidi, ragadi) o urologici (cistiti recidivanti, urgenza minzionale)<br />

sono spesso associati. In particolare il rischio di dispareunia è circa 7 volte maggiore tra le donne che hanno sintomi<br />

vescicali.<br />

Le cause fisiche del vaginismo, molto rare, possono essere un imene parti colarmente fibroso; S. di Rokitanski; esiti<br />

cicatriziali di traumi genitali; infibulazione.<br />

Aspetti psicosessuali e relazionali possono associarsi ai fattori biologici (tabella 1). Sarà utile pertanto studiare<br />

la coppia, poichè spesso esiste un indut tore del sintomo (es: la donna affetta da vaginismo) e un portatore del<br />

medesimo (es: il partner affetto da deficit erettivo di mantenimento).<br />

b) in puerperio<br />

La dispareunia è il disturbo sessuale che più frequentemente aumenta nel post partum, con rischio di 2-4 volte<br />

maggiore se la donna lamentava già dispareunia prima del parto. Nelle primipare, è più elevata dopo episiotomia/<br />

rrafia, specie se complicata da parto vaginale operativo rispetto al parto spontaneo non complicato da lacerazioni/<br />

episiotomia o il parto cesareo fino a 6 mesi dal parto, poi l’incidenza cala drasticamente, ma aumenta il rischio che la<br />

dispareunia sia di maggiore intensità. Il rischio di dispareunia aumenta con la profondità della lacerazione vaginale<br />

da parto: da 2 volte per le lacerazioni più superficiali a 3.6 volte per le lacerazioni estese allo sfintere anale.<br />

Le condizioni ormonali tipiche della donna in allattamento (ipoestrogenismo e iperprolattinemia), determinano<br />

maggior secchezza vaginale e mancanza di desiderio. Il rischio di dispareunia nelle donne che allattano aumenta da<br />

2 volte alla ripresa dei rapporti, a 4 volte dopo 6 mesi dal parto, per il ripetersi di microabrasioni della mucosa se il<br />

coito avviene in condizioni di secchezza vaginale.<br />

● In menopausa<br />

In post-menopausa, la dispareunia è spesso causata da distrofie vagi nali per alte razioni di ela sticità e lubrificazione<br />

vagi nale da carenza ormonale (estrogeni e androgeni) che portano a: minore eccitazione centrale e periferica;<br />

invecchiamento dei tessuti genitali (progressiva atrofia dei tessuti urogenitali, minore congestione vascolare<br />

attorno ad uretra e vagina). L’ipoestrogenismo può essere facilmente curato dal medico di famiglia con estrogeni<br />

locali che non modificano il rischio di tumori alla mammella con estradiolo vaginale (RR 0.67). Un caso particolare<br />

è la menopausa precoce dove i livelli di ormoni sessuali circolanti possono essere ulteriormente ridotti a causa di<br />

fenomeni autoimmunitari.<br />

Di frequente riscontro è la comorbilità tra secchezza vaginale e disturbi urinari (RR 4.02, IC 2.75-5.89) che<br />

predispongono per la dispareunia (RR 7.61, IC 4.06-14.26).<br />

Etiologia della dispareunia profonda<br />

La cause principali di dispareunia profonda sono:<br />

• Endometriosi, specie nella adenomiosi e nelle localizzazioni al terzo superiore del setto vaginale, al fornice vaginale<br />

posteriore e ai ligamenti utero sacrali; la dispareunia profonda può essere il sintomo di esordio di una endometriosi<br />

ancora altrimenti asintomatica;<br />

• Malattia infiammatoria pelvica, (PID, Pelvic Inflammatory Disease) che può aumentare la probabilità di avere<br />

dolore profondo di quasi 10 volte (OR=9.98);<br />

• Dolore pelvico cronico, spesso risultante di patologie molteplici: sindrome della vescica dolorosa (o cistite<br />

interstiziale); endometriosi; vestiolitevulvare/vulvodinìa; PID; sindrome del colon irritabile.<br />

Sono cause più rare:<br />

• Esiti di chirurgia radicale e/o radioterapia sulla cupola vaginale per Cancro cervicale con accorciamento,<br />

retrazione e stenosi della vagina;<br />

• Varicocele, sindrome di Master-Allen e sindrome da intrappolamento dei nervi cutanei addominali (ACNES,<br />

Abdominal Cutaneous Nerve Entrapment Syndrome, per esempio dopo laparotomie e incisioni di Pfannenstiel),<br />

che sono cause di dispareunia profonda citate in letteratura ma aneddotiche.<br />

La semeiotica del dolore e le comorbilità associate 7


8<br />

TABELLA 1<br />

Etiologia della dispareunia<br />

Le differenti cause possono sovrapporsi o associarsi al dolore coitale con meccanismi patofisiologici complessi e dinamici.<br />

1. Fattori biologici<br />

a) dispareunia superficiale (introitale e/o medio vaginale):<br />

• infettive: vulviti, vaginiti, cistiti, vestibolite vulvare<br />

• infiammatorie: iper-attivazione dei mastociti<br />

• ormonali: atrofia vulvo-vaginale<br />

• anatomiche: imene cribroso, agenesia vaginale, S.Rokitansky<br />

• muscolari: primitiva o secondaria all’iperattività dell’elevatore dell’ano<br />

• iatrogene: esiti di chirurgia perineale, radioterapia pelvica<br />

• neurologiche: dolore neuropatico<br />

• immunitarie: sindrome di Sjogren<br />

• vascolari<br />

b) dispareunia profonda<br />

• endometriosi<br />

• malattia infiammatoria pelvica (PID)<br />

• dolore pelvico cronico e dolore riferito<br />

• varicocele pelvico<br />

• esiti di radioterapia endovaginale (brachiterapia)<br />

• sindrome da intrappolamento di nervi cutanei addominali (ACNES)<br />

2. Fattori psicosessuali<br />

• co-morbidità con disordini del desiderio e dell’eccitazione o vaginismo<br />

• abusi sessuali<br />

• depressione e/o disturbi d’ansia<br />

• catastrofismo come modalità psicologica dominante<br />

Nel vaginismo, condizioni che abbiano attivato o slatentizzato una specifica fobia del<br />

coito:<br />

• tabù e inibizioni educative<br />

• paura del primo rapporto, della gravidan za e del parto<br />

3. Fattori relazionali<br />

• mancanza di intimità emotiva<br />

• preliminari inadeguati<br />

• conflitti nella coppia (verbali o fisici)<br />

• scarsa compatibilità anatomica (dimensioni del pene e/o genitali femminili infantili)<br />

• insoddisfazione sessuale e inadeguata eccitazione successiva<br />

Modificato da: A.Graziottin, il dolore segreto, Mondadori, Milano, 2005<br />

Approccio clinico e semeiologia<br />

Un’accurata anamnesi, integrata con l’esame obiettivo, dovrà quindi indagare:<br />

1. tempo d’insorgenza del dolore sessuale: primario o secondario (acquisito);<br />

2. relazione tra sintomo e contesto: generalizzato (sempre e con qualsiasi partner) o situazionale;<br />

3. livello di stress emotivo associato al disturbo: assente, lieve, medio, grave;<br />

4. la mappa del dolore:<br />

• introitale: dolore evocato in genere a ore 5 e 7, considerando l’entrata vaginale come il quadrante di un<br />

orologio, tra faccia esterna dell’imene e introito;<br />

• medio vaginale-laterale: dolore evocato alla visita ginecologica con una leggera pressione in<br />

corrispondenza dell’inserzione sacro-spinosa dell’elevatore per il suo ipertono/mialgia<br />

• medio vaginale-anteriore: da cistalgia, trigonite, uretrite;<br />

• introitale e mediovaginale posteriore: da ragadi, esiti iatrogeni di emorroidectomia, anismo;<br />

• vaginale profonda: da cause di dispareunia profonda (tabella 1);


5. l’intensità del dolore: annotato graficamente nella cartella clinica o descritto dalla paziente con un diario del<br />

dolore per il monitoraggio nel tempo della sensibilità algica.<br />

Sono caratteristiche: le esacerbazioni della dispareunia in fase premestruale in alcune pazienti con VV;<br />

persistenza durante il sonno se nocicettivo; dolore minimo/assente di notte se neuropatico.<br />

6. quando prova dolore? Prima (atteggiamento fobico connesso a vaginismo; VV), all’’inizio (dolore introitale),<br />

durante la penetrazione (mialgia dell’elevatore), a penetrazione completa (dispareunia profonda), dopo il rapporto<br />

sessuale (ipolubrificazione, VV, ipertono/mialgia del pavimento pelvico);<br />

7. quanto a lungo prova dolore? solo durante il coito oppure fino a 2-3 giorni dopo il rapporto (VV e/o sindrome della<br />

vescica dolorosa);<br />

8. sintomi associati:<br />

• urinari: bisogno di urinare dopo il rapporto, riferito dall’80% delle donne;<br />

• sintomi uretralgici o cistitici entro 24-72 ore dal rapporto, soprattutto in condizioni di ipoestrogenismo o di<br />

sindrome della vescica dolorosa;<br />

• secchezza vaginale, spesso associata a ipoestrogenismo e/o disordini dell’eccitazione. Necessaria la<br />

diagnosi differenziale con la S. di Sjogren in caso di secchezza di bocca e mucosa congiuntivale;<br />

• intolleranza alla frizione sui vestiti, all’inserimento di tampone interni e a stimolazioni manuali durante il<br />

petting (sintomo importante in adolescenza);<br />

• disturbi vulvari: prurito e secchezza (es. lichen sclerosus);<br />

• clitoragia e/o vulvodinia, spontanee e/o peggiorate dall’eccitazione sessuale che può associarsi a<br />

dispareunia, elevatore dell’ano ipertonico e/o dolore neuropatico;<br />

• comparsa di dolore con le stesse caratteristiche della dispareunia durante la visita ginecologica, sintomo<br />

presente nel 90% dei casi e quindi patognomonico;<br />

• stipsi ostruttiva; dischezia (defecazione dolorosa): se presente in fase mestruale, pensare<br />

all’endometriosi<br />

9. valutazione ormonale<br />

• la misurazione ambulatoriale del pH vaginale: in condizioni di ipoestrogenismo, si muove dal normale pH 4<br />

fino a pH 7;<br />

• profilo ormonale sierico, utile in caso di secchezza vaginale nel dubbio di una menopausa precoce;<br />

10. nodi di tensione: aree del corpo, di particolare rilievo dal punto di vista emotivo e relazionale, interessate dalla<br />

somatizzazione muscolare dello stato d’ansia-fobia, specie nelle forme di vaginismo severo: spasmo difensivo del<br />

muscolo elevatore; bocca serrata; tensione dei muscoli paraverte brali, cervicali con cefalea a casco e lombare<br />

con iperlordosi lombare in posizione supina che si accen tua di fronte ai tentativi di penetrazione con la protezione<br />

dei genitali con le mani. Va verificata un’ eventuale comorbilità con fibromialgìa.<br />

Etiologia e semeiologia del vaginismo<br />

Tre fattori etiologici concorrono al vaginismo:<br />

1) spasmo muscolare del muscolo elevatore dell’ano;<br />

2) fobia della penetrazione (lieve, media o severa): può variare molto a seconda della situazione psichica, dei<br />

livelli di ansia e stress con cui è associata, del livello di maturazione esistenziale, della qualità del rapporto<br />

emotivo che si instaura con il partner;<br />

3) fattori psicosessuali, personali o di coppia, che concorrano alla genesi e/o al mantenimento del sintomo.<br />

Nel vaginismo di I e II grado, lo spasmo è moderato e la penetrazione è ancora possibile, anche se è dolorosa: si parla in questo<br />

caso di dispareunia primaria (o lifelong), che normalmente tende a peggiorare con il tempo. Le microabrasioni associate al<br />

rapporto praticato in queste condizioni scatenano infatti una risposta infiammatoria cronica, con iperattività del mastocita e<br />

attivazione del sistema del dolore, contribuendo all’insorgenza della vestibolite vulvare, causa principe di vulvodinia.<br />

Nel vaginismo di III e IV grado, lo spasmo muscolare è così serrato da rendere la penetrazione praticamente impossibile e<br />

dolorosissimo ogni tentativo in questo senso. Questo livello di vaginismo, quasi sempre primario, è la causa femminile più<br />

frequente di mancata consumazione del matrimonio, o comunque del rapporto sessuale.<br />

L’intensità della fobia è, in genere, proporzionale alla gravità del vaginismo, quindi maggiore nel III e IV grado. Non si tratta tuttavia<br />

di una regola generale, né automatica. È infatti possibile che una paziente presenti uno spasmo assai marcato (iperattività<br />

miogena) e una fobia lieve: in questi casi, il problema può essere risolto, con uno specifico trattamento farmacologico (per<br />

La semeiotica del dolore e le comorbilità associate 9


10<br />

esempio tossica botulinica) e riabilitativo.<br />

A volte, invece, la fobia è così intensa che la donna, indipendentemente dall’entità effettiva dello spasmo muscolare, arriva<br />

persino a rifiutare la visita: in tal caso nella “stadiazione”, ossia nella diagnosi del grado di gravità del vaginismo, si usa la<br />

sigla XO.<br />

L’attacco di panico associato alla fobia è scatenato da ogni tentativo di penetrazione, e a volte dal solo pensiero di un rapporto<br />

completo. Esso comporta un picco di adrenalina che a sua volta scatena un vero e proprio terremoto neurovegetativo:<br />

compaiono allora la sudorazione fredda e profusa, la vasocostrizione periferica (che provoca brividi come di freddo), la<br />

tachicardia, la tachipnea (accelerazione del respiro), l’aumento della tensione muscolare generale che va a potenziare quella<br />

locale, a carico del muscolo elevatore. Tutti queste manifestazioni sono i “correlati somatici”, ossia le espressioni fisiche<br />

dell’attacco fobico. In parallelo, la persona avverte una sensazione di paura, di angoscia, di “fame d’aria”, a volte persino un<br />

senso di morte imminente.<br />

A variare, nei diversi casi, è dunque la gravità con cui i due sintomi principali - la contrazione e la fobia si combinano. Ad essi,<br />

va poi aggiunta la possibile associazione, in comorbilità, di altre condizioni cliniche, mediche e/o psicosessuali, che possono<br />

favorirli o mantenerli.<br />

La presentazione discuterà questi aspetti in modo orientato alla pratica clinica quotidiana, così da fornire uno strumento<br />

semeiologico di immediato utilizzo per la diagnosi accurata del dolore sessuale e delle comorbilità associate.<br />

TABELLA 2<br />

Gradi Descrizione semeiologica<br />

I Spasmo dell’elevatore dell’ano, che scompare con la rassicurazione<br />

II Spasmo dell’elevatore, che persiste durante la visita ginecologica/urologica/proctologica<br />

III Spasmo dell’elevatore e sollevamento delle natiche al solo tentativo di visita ginecologica<br />

IV Spasmo dell’elevatore, inarcamento dorsale, adduzione delle cosce, difesa e retrazione<br />

XO Rifiuta la visita<br />

modificata da Lamont, 1972<br />

Riferimenti bibliografici<br />

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Superficial Dyspareunia. Arch Sex Behav. 38(4): 476–485; 2009<br />

• Brauer M, ter Kuile MM, Jannsen SA, Laan E: The effect of pain-related fear on sexual arousal in women with<br />

superficial dyspareunia. Eur J Pain;11(7):788-98; 2007<br />

• Fraser IS: Recognising, understanding and managing endometriosis. J Hum Reprod Sci. 1(2): 56–64, 2008<br />

• Frasson E, Graziottin A, Cappelletti JY, Dall'Ora E, Vicentini S, Bertolasi L: Botulinum neurotoxin Type A injections for<br />

vaginismus secondary to vulvar vestibulitis syndrome. Obstetrics & Gynecology (accepted)<br />

• Graziottin A: Il dolore segreto. Mondadori, Milano; 2005<br />

• Graziottin A: Female sexual dysfunction: Assessment. in: Bø K. Berghmans B. Mørkved S. Van Kampen M. (Eds),<br />

Evidence-Based Physical Therapy For The Pelvic Floor - Bridging Science and Clinical Practice, Elsevier, Oxford, UK,<br />

p. 266-277; 2007<br />

• Graziottin A, Rovei V: Sexual pain disorders. in: Owens A.F. Tepper M.S. (Eds), Sexual Health, Praeger, Westport (CT,<br />

USA) - London (UK), p. 287-313; 2007<br />

• Graziottin A: Vaginismo: fisiopatologia e diagnosi. in: Jannini E.A. Lenzi A. Maggi M. (Eds), Sessuologia Medica.<br />

Trattato di psicosessuologia e medicina della sessualità, Elsevier Masson, Milano, p. 374-379; 2007<br />

• Graziottin A, Rovei V: Fisiopatologia, classificazione e diagnosi della dispareunia. In: Jannini EA, Lenzi A, Maggi M<br />

(Eds), Sessuologia Medica. Trattato di psicosessuologia e medicina della sessualità, Elsevier Masson, Milano, 2007,<br />

p. 379-382<br />

• Graziottin A, Serafini A, Palacios S: Aetiology, diagnostic algorithms and prognosis of female sexual dysfunction.<br />

Special issue on "Female sexual dysfunctions in the office: tools to meet the challenge"<br />

Maturitas 63, 2: 128-134; 2009<br />

• Kao A, Binik YM, Kapuscinski A, and Khalifé S: Dyspareunia in postmenopausal women: A critical review. Pain Res<br />

Manag. May–Jun; 13(3): 243–254; 2008<br />

• Lara LA, Useche B, Ferriani RA et al: The effects of hypoestrogenism on the vaginal wall: interference with the normal<br />

sexual response. J.Sex Medicine 6(1):30-9; 2009<br />

• Latthe P, Mignini L, Gray R, Hills R, Khan K: Factors predisposing women to chronic pelvic pain: systematic review.<br />

BMJ. 332(7544): 749–755, 2006


Le dermatosi quale causa di dolore vulvare<br />

M. Preti, I. Allais, F. Possavino, P. Nicolaci, D. Caccuri, V. Condello, M. Mitidieri, S. Cosma<br />

Dipartimento di Discipline Ginecologiche ed Ostetriche, Università di Torino<br />

Per quanto riguarda il termine dermatosi un tentativo di definizione più completa e precisa, pur se vogliamo nella sua vaghezza,<br />

rimane forse ancora quella riportata da Hewitt e coll. nel volume Patologia vulvare del 1989:<br />

“Sotto la denominazione generale ed imprecisa di dermatosi vengono comprese malattie essenzialmente cutanee o cutaneomucose<br />

molto diverse che non sono nè infettive, nè tumorali, nè secondarie a malattie sistemiche. Sono spesso croniche,<br />

generalmente acquisite, il più delle volte plurifocali. Benchè specifiche (la loro diagnosi è quasi sempre facile sia dal punto di<br />

vista clinico, sia sotto l’aspetto istologico), se ne ignora frequentemente la causa. Tuttavia, si conosce sempre di più la natura<br />

reattiva, immunitaria, autoimmune di alcune di esse, talvolta insorte su un terreno genetico particolare”.<br />

Esempi classici di dermatosi sono: il lichen sclerosus, il lichen planus, la psoriasi, ecc.<br />

Queste dermatosi vulvari sono generalmente ritenute rare e si può affermare che non esistono dati in letteratura sulla loro<br />

prevalenza. È nostra opinione tuttavia che ciò sia dovuto anche alla scarsa attenzione medica che è stata generalmente<br />

prestata alla patologia vulvare in genere e soprattutto alle dermatosi, con una conseguente sottostima diagnostica di queste<br />

malattie.<br />

A rendere difficile la diagnosi di dermatosi vulvare concorrono non solo la scarsa attenzione del clinico ma anche la struttura<br />

della vulva stessa, che è sede di numerose pieghe anatomiche, con facilità all’umidità, al calore, ed agli sfregamenti, fattori<br />

tutti che concorrono nell’alterare gli aspetti classici delle dermatosi note. Non infrequente è inoltre una sovrainfezione<br />

batterica e/o micotica, che al quadro clinico di dermatosi appone anche il quadro clinico di dermatite.<br />

La componente algica di queste dermatosi sarà funzione dello stato flogistico o cicatriziale retrattivo da esse causate.<br />

Una buona conoscenza terminologica, classificativa e patogenetica delle dermatiti e dermatosi è indispensabile sia per<br />

una corretta impostazione terapeutica che per una capacità interpretativa del referto istologico, qualora sia stata eseguita<br />

una biopsia vulvare. Infatti l’anatomopatologo non è sempre in grado di formulare una diagnosi precisa, limitandosi alla<br />

descrizione delle modificazioni cito-istologiche. Sarà pertanto solamente attraverso l’integrazione clinica ed istopatologica<br />

che si potrà formulare una diagnosi e decidere un approccio terapeutico adeguato.<br />

Quest’ultimo consisterà nell’evidenziare i fattori scatenanti in modo da eliminarli, nel fornire indicazioni igienicocomportamentali<br />

vulvari e nell’utilizzare farmaci topici o per os.<br />

Lichen sclerosus<br />

Il lichen sclerosus (LS) è una dermatosi cronica che si riscontra in entrambi i sessi, senza distinzioni di età, ma con un’età<br />

media di insorgenza intorno ai 55 anni. È probabile che l’etiopatogenesi sia multifattoriale e nel corso dei decenni sono stati<br />

chiamati in causa: patologie flogistiche croniche, fattori endocrini, malattie metaboliche, fattori genetici. Ma le alterazioni<br />

immunitarie locali sicuramente giocano il ruolo più importante e sono stati evidenziati una maggior presenza di Linfociti T<br />

attivati e di cellule di Langherans CD1+ nei tessuti affetti da LS.<br />

La sintomatologia del lichen sclerosus è rappresentata dal prurito nel 75% dei casi. Il bruciore è generalmente ascrivibile alla<br />

comparsa di erosioni e/o fissurazioni conseguenti a lesioni da grattamento.<br />

Il quadro obiettivo clinico dipende dalla durata della malattia, dalla precocità della diagnosi e da una eventuale terapia<br />

intrapresa. Si distinguono i quadri clinici seguenti:<br />

• lichen sclerosus esteso o classico: caratteristica forma ad 8, di colore madreperlaceo o avorio con cute di aspetto<br />

atrofico, ipoelastico pergamenaceo;<br />

• lichen sclerosus localizzato o iniziale: importante per una corretta diagnosi precoce;<br />

• lichen sclerosus vitiligoide: l’aspetto biancastro intenso non è da confondere con la vitiligo;<br />

• lichen sclerosus eritematoso: coesiste sovrainfezione che può celare la patologia primitiva.<br />

Da sottolineare che talvolta il lichen sclerosus può entrare nella diagnosi differenziale con abusi sessuali, in quanto ripropone<br />

aspetti clinici come abrasioni e fissurazioni, tipici della patologia stessa.<br />

Dirimente di fronte al sospetto diagnostico clinico è l’esame istologico previa anestesia locale. Una corretta interpretazione da<br />

parte dell’anatomopatologo permetterà a sua volta di indirizzare il ginecologo o il dermatologo verso una adeguata terapia.<br />

Microscopicamente è interessata sia la componente epiteliale che dermica. L’epitelio è assottigliato con perdita delle lingue<br />

epiteliali ed è spesso caratterizzato da una ipercheratosi superficiale responsabile dell’aspetto clinico biancastro. Il derma<br />

è sede di edema e degenerazione ialina sottoepiteliale e perivasale. La ialinizzazione è sottesa da una banda infiammatoria<br />

linfoplasmacellulare che delimita il normale derma intermedio e profondo. Sono presenti danno vascolare con stravaso<br />

eritrocitario e bolle subepidermiche<br />

L’approccio terapeutico al lichen sclerosus ha subito, nel corso degli anni, profonde modificazioni. Negli ultimi venti anni,<br />

gli schemi terapeutici fondati sull’impiego di progesterone, testosterone o corticosteroidi hanno preso il sopravvento. Dagli<br />

ultimi studi si è concluso che il clobetasolo propionato ad uso topico allo 0,05% risulta essere il farmaco di elezione per<br />

il trattamento di questa dermatosi. Il mometasone allo 0,1% ha altresì ottenuto buoni risultati tanto che alcune Scuole lo<br />

La semeiotica del dolore e le comorbilità associate 11


12<br />

utilizzano come primo impiego nell’approccio terapeutico al lichen sclerosus.<br />

Il rationale si identifica nella duplice funzione antipruriginosa e nell’attività antimitotica ed immunomodulante del farmaco<br />

stesso. La posologia, al di là di schemi ben definiti, sarà comunque personalizzata a seconda del quadro clinico-sintomatologico<br />

della paziente, fermo restando le classiche indicazioni di norme eutrofiche-igieniche della vulva.<br />

Le pazienti devono essere informate della necessità di follow-up a lungo termine in quanto la terapia, per quanto di sollievo<br />

o di cura per la sintomatologia, non è attualmente in grado di guarire il Lichen Sclerosus. In aggiunta ai controlli periodici<br />

le pazienti devono essere istruite a contattare l’Ambulatorio che le ha in cura in caso di comparsa di ulcere, tumefazioni o<br />

recrudescenza della sintomatologia. È infatti presente un rischio di comparsa di carcinoma invasivo in pazienti affette da<br />

Lichen sclerosus con una media del 4,5%.<br />

Lichen simplex chronicus<br />

Il lichen simplex chronicus (LSC) può essere considerato il risultato della risposta della cute e della mucosa vulvare ad una<br />

vasta gamma di stimoli irritativi endogeni ed esogeni agenti alcune volte contemporaneamente ed altre volte in successione<br />

temporale. L’instaurarsi del circolo vizioso prurito-grattamento-prurito può essere complicato sia da terapie non opportune,<br />

che dando beneficio immediato entrano in regime di autoprescrizione, sia da sovrainfezioni dovute alle terapie incongrue<br />

ed alle lesioni da grattamento. Inoltre in alcuni casi sono stati evidenziate con tests psicometrici (STAXI) alterazioni delle<br />

modalità di espressione dell’ansia con un aumento dell’ansia interna che porterebbe ad avere come sbocco psicosomatico<br />

il prurito vulvare.<br />

Non esistono dati epidemiologici sul LSC La frequenza relativa di questa dermatosi nel nostro Ambulatorio di Patologia Vulvare<br />

é circa dell’11%. L’età mediana delle pazienti di 54 anni (range 20 - 94): il LSC si può ritrovare infatti ad ogni età, ma nella nostra<br />

casistica il 63% delle pazienti aveva più di 50 anni.<br />

Il quadro clinico è molto variabile, spesso complicato da pregresse svariate terapie, ed è caratteristicamente espressione<br />

della componente irritativa di questa patologia con casi di “autobiopsia” da grattamento od esiti postinfiammatori di ipo<br />

o iperpigmentazione. Possono essere presenti aree (papule o placche) biancastre di spessore variabile ed aree rossastre<br />

isolate od associate ad aree biancastre con possibilità di segni ed esiti di erosioni, fissurazioni e flogosi cutanee.<br />

Istologicamente il LSC è caratterizzato da: iperplasia epidermica con creste epiteliali di lunghezza aumentata ed irregolare<br />

(acantosi); possibile ipercheratosi con aree di paracheratosi (persistenza di materiale nucleare nello strato cheratinico);<br />

assottigliamento od accentuazione dello strato granuloso; infiltrato infiammatorio cronico del derma superficiale<br />

prevalentemente perivascolare; aumento del numero dei vasi capillari; aumento delle fibre collagene che si dispongono<br />

parallele alle creste epidermiche.<br />

L’approccio terapeutico al Lichen Simplex Chronicus deve tenere conto della natura multifattoriale di questa affezione cutanea<br />

(figura 1): obiettivo della terapia è l’interruzione del grattamento ed a questo proposito può risultare utile una terapia sistemica<br />

con antistaminici, o, in casi selezionati, di ansiolitici od antidepressivi. Da non escludere eventuali tecniche di “riduzione dello<br />

stress” quali biofeedback, ipnosi, etc.<br />

Il razionale dell’impiego dei cortisonici nel lichen simplex chronicus si basa sugli effetti cutanei dell’applicazione di steroidi per<br />

uso topico ed in particolare riduzione dell’infiammazione attraverso la riduzione della liberazione di chinine e della produzione<br />

di prostaglandine e di altri mediatori della flogosi, vasocostrizione e riduzione dell’eritema e dell’edema.<br />

FIGURA 1<br />

Approccio terapeutico personalizzato e multifattoriale all’Iperplasia di cellule squamose vulvare<br />

Ricerca e terapia<br />

cause primitive<br />

Allontanamento fattori<br />

favorenti esogeni<br />

SCOMPARSA PRURITO<br />

NORMALIZZAZIONE<br />

QUADRO CLINICO-ISTOLOGICO<br />

TERAPIA<br />

Topica Sistemica<br />

Età paziente<br />

Durata sintomatologia<br />

Presenza ipercheratosi<br />

Estensione lesione<br />

DURATA TERAPIA


La ricerca ed eliminazione dei fattori scatenanti riguarda soprattutto le abitudini igieniche e vestiarie ed è sconsigliata<br />

qualsiasi terapia topica in regime di autoprescrizione per la facilità di induzione di dermatiti allergiche da contatto.<br />

Da non dimenticare infatti gli effetti collaterali locali e sistemici dell’applicazioni di cortisonici topici: atrofia epidermica e<br />

dermica con fragilità cutanea, depigmentazione e facilità alla formazione di petecchie; tachifilassi (diminuzione della risposta<br />

terapeutica); aumentato rischio di sovrainfezioni batteriche e fungine, soppressione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene per<br />

assorbimento di steroidi superpotenti, vasodilatazione ed infiammazione rebound alla sospensione degli steroidi e non ultimo<br />

il rischio di autoprescrizione.<br />

Lichen planus<br />

Il lichen planus (LP) è una dermatosi di tipo infiammatorio cronico che può interessare la cute, le mucose od entrambe le<br />

sedi. La patogenesi del LP è tuttora sconosciuta; alcuni dati indicano come probabile causa un disordine autoimmunitario<br />

cellulomediato. Dal punto di vista epidemiologico il LP colpisce più comunemente le donne e gli individui di età compresa tra<br />

i 40 ed i 70 anni. Solo in meno dell’1% dei soggetti colpiti la dermatosi è limitata alla regione genitale. Il coinvolgimento dei<br />

genitali è stato dimostrato nel 25% degli uomini affetti da LP cutaneo; non esistono invece dati sulla frequenza per il sesso<br />

femminile della localizzazione vulvare che può essere isolata od associata a lesioni extragenitali. Dal 1927 al 1996 vengono<br />

riportati in letteratura poco più di 100 casi di lichen planus vulvare: la presunta rarità di questa dermatosi a livello vulvare può<br />

essere imputata ad una sottostima diagnostica.<br />

Secondo la casistica relativa al periodo 1986-1999 del nostro Ambulatorio di Vulvologia la frequenza del LP è risultata pari al<br />

3.7% di tutte le malattie vulvari diagnosticate istologicamente.<br />

La multiformità clinica del LP a localizzazione genitale e paragenitale è imputabile sia alla particolarità della sede (cutanea/<br />

semimucosa/mucosa) che al tipo delle lesioni (biancastre rilevate ed ipertrofiche, eritemato-erosive, pigmentate) che spesso<br />

rendono non facile la diagnosi differenziale con altre patologie quali il lichen sclerosus, la psoriasi e le alterazioni psoriasiformi,<br />

la dermatite seborroica, il pemfigo, le micosi croniche e le neoplasie intraepiteliali.<br />

Anche dal punto di vista istologico la diagnosi di LP può spesso risultare difficoltosa nonostante siano stati identificati, per<br />

la sua definizione, parametri istomorfologici rappresentati da: 1) iper e/o ortocheratosi, 2) ipergranulosi, 3) acantosi, atrofia<br />

o ulcerazioni epiteliali o formazione di bolle sub-epiteliali, 4) “seghettatura”, peculiare, del profilo dermo-epiteliale, 5)<br />

degerazione idropica dello strato basale, 6) infiltrato infiammatorio sub-epiteliale, compatto a banda, costituito principalmente<br />

da T linfociti, istiociti, plasmacellule e dai corpi colloidali di Civatte.<br />

Questi ultimi sono specificatamente evidenziabili in immunofluorescenza diretta con positività a siero anti IgM e meno<br />

frequentemente anti-IgA, IgG, C3 e fibrina.<br />

Il trattamento del LP è essenzialmente di tipo topico con utilizzo di corticosteroidi fluorati; solo nei casi molto estesi, con<br />

coinvolgimento sia cutaneo che mucoso si rende necessaria la terapia per via sistemica.<br />

Conclusioni<br />

Dagli elementi esaminati risulta evidente come la paziente con dermatosi vulvare necessiti di un approccio integrato da<br />

parte di ginecologi, anatomo-patologi, dermatologi ed in alcuni casi di psicologi. I migliori successi terapeutici si hanno<br />

creando nella paziente un’attitudine positiva nei confronti della terapia, responsabilizzandola cioè sul ruolo dei molteplici<br />

fattori irritativi evitabili solo con una sua partecipazione attiva, poichè la mancata rimozione di questi fattori vanifica l’utilizzo<br />

anche del più potente cortisonico.<br />

La semeiotica del dolore e le comorbilità associate 13


14<br />

Riferimenti bibliografici<br />

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• Virgili A, Bacilieri S, Corazza M: Managing vulvar lichen simplex chronicus. J Reprod Med 46:343; 2001


La sfida terapeutica delle candidosi ricorrenti<br />

F. Murina<br />

Primo Referente Servizio di Patologia Vulvare, Ospedale V. Buzzi, Università di Milano<br />

Direttore Scientifico <strong>Associazione</strong> Italiana <strong>Vulvodinia</strong><br />

Il 70-75% circa delle donne, in particolare in età fertile, sperimenta almeno una volta un’infezione vulvo-vaginale da candida,<br />

ed il 40-50 % di queste va incontro ad una recidiva.<br />

Il 5-8% delle infezioni acute evolve in una forma di vulvo-vaginite da candida ricorrente, caratterizzata da almeno quattro<br />

episodi in un anno.<br />

D’altro canto la candida è un germe che normalmente colonizza la vagina, tanto che è possibile isolarlo fino al 20% degli esami<br />

colturali vaginali di donne asintomatiche.<br />

La maggior parte delle infezioni sono caratterizzate dalla candida albicans, isolata nell’ 85-95% degli esami colturali, e sebbene<br />

vi siano fattori associati alla trasformazione di una colonizzazione asintomatica da candida in vaginite sintomatica, nella<br />

maggior parte dei casi questi non sono identificabili.<br />

La trasmissione sessuale della candida può avvenire attraverso un rapporto per via vaginale o tramite il contatto orogenitale,<br />

malgrado ciò il ruolo della reintroduzione del micete per via sessuale come causa delle forme ricorrenti, è ancora molto<br />

dubbio.<br />

La vulvite ciclica frequentemente insorge in donne celibi e solo una piccola quota di partner maschili di donne affette dalla<br />

condizione presenta una colonizzazione da candida. La maggior parte degli studi ha evidenziato come trattare il partner<br />

maschile delle donne affette dalla condizione non riduce la frequenza e la ricorrenza degli episodi di vulvo-vaginite.<br />

La recidiva occasionale è in genere legata a reinfezione od a fattori esogeni identificabili (diabete, gravidanza, assunzione di<br />

antibiotici,etc.); le forme ciclico ricorrenti, invece, sono legate all’incapacità a tollerare le persistenti piccole quote vaginali<br />

del micete e raramente sono causate da una resistenza ai farmaci anti-micotici.<br />

Il fattore “ospite” responsabile di questi episodi ricorrenti non sono ancora stati del tutto identificati, e verosimilmente più<br />

elementi interagiscono fra loro, prevalentemente di origine genetica (polimorfismi del sistema delle interleuchine).<br />

Partendo dall’osservazione che un elevato numero di pazienti con vulvodinia presenta un’anamnesi positiva per candidosi<br />

vulvo-vaginali, 27 donne con vulvodinia sono state sottoposte a patch-test per una serie di allergeni standard e per alcuni<br />

commensali vaginali, tra i quali quelli per la candida albicans.<br />

Basse concentrazioni di candida albicans hanno evidenziato un numero di patch test più alto rispetto alle concentrazioni<br />

più elevate. I meccanismi immunologici che portano allo sviluppo dei sintomi dopo l’esposizione alla candida albicans sono<br />

speculativi, ma possono coinvolgere i neurotrasmettitori che si è dimostrato influenzare l’ipersensibilità da contatto e che sono<br />

presenti in abbondanza nel vestibolo vulvare. L’uso profilattico del fluconazolo in regime posologico di 150 mg la settimana,<br />

si è dimostrato efficace nel controllare le vulvo-vaginiti ricorrenti da candida nel 90% circa dei casi. In particolare uno studio<br />

prospettico, randomizzato versus placebo ha evidenziato come delle 387 pazienti trattate per 6 mesi con il farmaco, solo l’<br />

1.5% ha dovuto sospendere il trattamento per la comparsa di effetti collaterali.<br />

Riferimenti bibliografici<br />

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2004<br />

La semeiotica del dolore e le comorbilità associate 15


16<br />

L’infezione da HPV: dalla prevenzione all’overtreatment<br />

L. Mariani<br />

Ginecologia Oncologica, Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, Roma<br />

Con la messa a punto del vaccino contro il Papillomavirus (HPV) e l’utilizzo del test HPV-DNA il paradigma di prevenzione della<br />

patologia HPV-correlata si declina ora in modo completo: cioè integrando la prevenzione primaria (vaccinazione di massa)<br />

con quella secondaria (screening organizzato). I benefici che avrà la collettività saranno funzione (in modo direttamente<br />

proporzionale) della copertura di questi due interventi di salute pubblica, e dovranno trovare conferma nel principale obiettivo<br />

sanitario: la diminuzione di incidenza e mortalità per cancro della cervice uterina. Tuttavia, saranno prevedibili altri benefici,<br />

sia in termini oncologici (contrazione del cancro della vulva e vagina), che in quelli non-oncologici (cioè la condilomatosi<br />

ano-genitale).<br />

In attesa che, nello spazio ragionevole di alcuni decenni, si giunga alla conferma degli obiettivi primari, l’attivazione dei<br />

programmi vaccinali è già in grado di diminuire alcune prestazioni diagnostiche e terapeutiche della sfera genitale femminile:<br />

colposcopie, biopsie, laserterapie. È stato infatti già descritto, per entrambi i vaccini, una sensibile contrazione di queste<br />

prestazioni nelle coorti vaccinate (limitatamente ai trials internazionali). Questo si traduce in minori disagi fisici e psicologici<br />

per la donna, ma anche rilevante risparmio economico per la spesa sanitaria.<br />

Un aspetto infine che non va trascurato è il venir meno del substrato patologico HPV-correlato su cui, non infrequentemente,<br />

sono applicate terapie incongrue. In altre parole, la protezione vaccinale dalla patologia legata all’HPV proteggerà la donna<br />

anche da quei trattamenti superflui, se non del tutto inutili, che talvolta sono proposti dallo specialista. Va sottolineato che<br />

il tema della inappropriatezza terapeutica (o dell’overtreatment) è strettamente legato a quella delle conseguenze clinicopsicologiche<br />

che subisce la donna e quindi, in ultima analisi, dell’eventuale danno generato dal trattamento.<br />

È questo un terreno che emerge con sempre maggiore frequenza negli ambulatori di ginecologa, e che trova conferma<br />

nell’aumento di sindromi algiche (vestibulodinia, clitorodinia), accompagnate da disturbi della sessualità (dispareunia) a<br />

seguito di inopportune (se non dichiaratamente controindicate) laserterapie vulvo-vaginali.


La semeiotica del dolore e le comorbilità associate 17


Mastociti, infiammazione<br />

e comorbilità nel dolore<br />

sessuale femminile<br />

La semeiotica del dolore e le comorbilità associate 19


20<br />

Il punto di vista del ginecologo<br />

A. Graziottin<br />

Direttore del Centro di Ginecologia, Ospedale San Raffaele Resnati, Milano<br />

Il mastocita è una cellula specializzata fondamentale nella risposta infiammatoria e algica. Si ritiene oggi che la maggioranza<br />

dei quadri clinici caratterizzati da dolore siano sottesi da uno stato infiammatorio di cui il mastocita è il direttore generale. Il<br />

suo citoplasma contiene molteplici vescicole, che possono rilasciare nei tessuti, in modo selettivo, citochine infiammatorie,<br />

sostanza P, serotonina, fattori vasoattivi, fattori angiogenetici, neurotrofine (quali il Nerve Growth Factor), enzimi a varia<br />

azione litica sui connettivi (quali le eparanasi e le triptasi) e molti altri, responsabili di bruciore, dolore, calore, rossore, edema<br />

tessutale e lesione funzionale tipici dello stato infiammatorio. Il Nerve Growth Factor è responsabile della proliferazione delle<br />

terminazioni nervose del dolore, responsabili dell’iperalgesia periferica, nonché, probabilmente, dell’abbassamento della<br />

soglia centrale del dolore.<br />

La degranulazione, ossia la liberazione nei tessuti del contenuto delle diverse vescicole, può essere attivata da una serie di<br />

stimoli agonisti rappresentati non solo da infezioni (candida, escherichia coli, chlamydia, ureaplasma etc), ma anche danni<br />

fisici o chimici (laser e DTC), estrogeni (responsabili dei flares di dolore in fase premestruale), traumi meccanici, derivanti<br />

anche dal rapporto sessuale (microabrasioni della mucosa in condizioni di secchezza vaginale), in caso di cistiti postcoitali<br />

o vestiboliti vulvari, dalla presenza di sangue nei tessuti (come succede durante lo sfaldamento dell’endometrio ectopico,<br />

nell’endometriosi, in coincidenza del ciclo mestruale) da stimoli neurogeni, e in particolare dallo stress. Proprio l’eterogeneità<br />

degli stimoli agonisti non deve più indurre all’equazione “segni di infiammazione = infezione” ma a riconoscere che molti stati<br />

infiammatori non hanno germi come fattori scatenanti, ma al massimo come fattori di contorno.<br />

L’infiltrazione mastocitaria costituisce il denominatore comune delle diverse patologie pelviche caratterizzate da dolore<br />

(endometriosi, sindrome della vescica dolorosa, vestibolite vulvare/vulvodinìa, sindrome del colon irritabile) che concorrono<br />

al dolore pelvico cronico, spesso in comorbilità. Con opportune colorazioni immunoistochimiche, per le eparanasi e le triptasi,<br />

sono stati individuati tre criteri diagnostici che confermano la presenza di uno stato infiammatorio che sottende il dolore<br />

pelvico cronico:<br />

1. aumento significativo dei mastociti nel tessuto infiammato;<br />

2. aumento significativo dei mastociti degranulati, che conferma il ruolo infiammatorio attivo in atto;<br />

3. presenza dei mastociti a una distanza inferiore ai 25 millimicron dai nervi locali. In ambito ginecologico questi tre<br />

criteri sono stati confermati sia nella vestibolite vulvare sia nell’endometriosi profonda associata a dolore.


Il punto di vista dell’urologo<br />

D. Grassi<br />

Centro di Urologia Funzionale, Hesperia Hospital, Modena<br />

Si parla di sindrome da dolore pelvico cronico (CPPS) come di una condizione di dolore pelvico episodico, persistente o<br />

ricorrente, associato a sintomi e disfunzioni del basso tratto urinario, genitali e sessuali, intestinali e ano rettali, senza alcuna<br />

evidenza di infezioni, né di altre patologie organiche; ciò deriva da una definizione congiunta dell’International Continence<br />

Society (ICS) e della European Association of Urology (EAU). Si definisce “cronico” un dolore che perdura da almeno sei mesi,<br />

con andamento costante o intermittente.<br />

La CPPS è caratterizzata da un impatto negativo sulla sfera cognitiva, comportamentale, sessuale, ed emotiva. A livello del<br />

midollo spinale esiste un complesso sistema di controllo e modulazione, che svolge una funzione di “filtro” degli stimoli<br />

che provengono dall’area pelvica. Il “filtro midollare” (chiamiamolo così) è dotato di una notevole “neuro plasticità”, tale<br />

da consentirgli di determinare se gli stimoli che transitano attraverso di esso, verranno letti e interpretati dalla corteccia<br />

cerebrale come “dolore nocicettivo”, oppure come “dolore cronico”. Qualora l’area pelvica sia teatro di ripetuti episodi<br />

infiammatori, di infezioni ricorrenti, oppure di endometriosi, può accadere che tale infiammazione coinvolga anche le fibre<br />

nervose pelviche. In tale condizione, denominata appunto “infiammazione neurogenica” (neurogenic inflammation) vengono<br />

interessate/coinvolte due popolazioni di fibre nervose: le “fibre Delta” e le “fibre C”. Le prime rappresentano le fibre nervose<br />

normalmente “in servizio”, mentre le seconde sono, invece, piccole fibre nervose “silenti”, normalmente inattive. Le fibre C,<br />

se svegliate ed attivate, producono una formidabile scarica di impulsi che dall’area pelvica “bombardano il filtro midollare”.<br />

Proprio la grande quantità e l’alterata qualità degli impulsi generati dalla infiammazione neurogenica pelvica sono responsabili<br />

dell’accensione della “neural axial central sensitisation” a livello del filtro midollare e, quindi, della lettura amplificata e<br />

distorta che la corteccia cerebrale farà degli stimoli provenienti dall’area pelvica. Uno stesso stimolo, a seconda di quello che<br />

“decide” il filtro midollare, potrà essere trasformato dalla “allodinia” (stimoli di natura sensitiva non dolorosa, che vengono<br />

mutati in stimoli dolorosi), dalla “iperalgesia” (lievi stimoli dolorosi che vengono percepiti come dolore di forte intensità), e<br />

dalla disestesia (deboli stimoli propriocettivi che generano sensazioni sgradevoli). Uno stesso quantitativo di urina in vescica<br />

(150 ml), in condizioni normali, sarà letto dalla corteccia cerebrale come “una normale sensazione di iniziale riempimento<br />

vescicale”, mentre in presenza di “neural axial central sensitization” sarà letto come “una sgradevole, fastidiosa, dolorosa<br />

sensazione vescicale”.<br />

Vi sono sempre più evidenze che il ruolo di “grande trasformatore”, di “regista” della Infiammazione Neurogenica” sia<br />

svolto dal “mastocita”, una cellula immunitaria, contenente numerosi mediatori chimici, dotata di una attività straordinaria.<br />

I mastociti, presenti in tutti gli organi pelvici (vescica, genitali femminili e maschili, intestino, muscoli, etc.), sono localizzati<br />

nei tessuti in stretta connessione anatomica e funzionale con i vasi sanguigni e le terminazioni delle fibre nervose.<br />

Dobbiamo immaginare il mastocita come un’autocisterna che trasporta numerosi contenitori (vescicole) ripieni di diversi<br />

mediatori chimici, pronti ad essere rilasciati nei tessuti (degranulazione mastocitaria): citochine, ammine vasoattive, enzimi<br />

proteolitici, bradichinina, neuropeptidi, NGF – Nerve Growth Factor, triptasi, istamina, serotonina. Questi potenti mediatori<br />

mastocitari, una volta rilasciati nell’ambiente circostante (tessuti e organi pelvici), innescano a cascata i successivi passaggi<br />

dell’infiammazione. In condizioni normali, il mastocita ricopre il delicato ruolo di “promotore/controllore” dell’infiammazione,<br />

un’azione di difesa utile all’organismo. Ripetuti episodi infiammatori nell’area pelvica (es. cistiti ricorrenti, endometriosi, etc.),<br />

possono rappresentare fattori di “sovrastimolazione” mastocitaria. I mastociti rispondono sia moltiplicando di migliaia di volte<br />

il loro numero e la loro concentrazione nei tessuti bersaglio, sia incrementando il processo di degranulazione delle vescicole,<br />

con conseguente liberazione di una grande quantità di mediatori mastocitari. A causa di tale sovrastimolazione, il ruolo del<br />

mastocita si trasforma, da quello di fondamentale presidio del sistema di difesa, in quello di una “santabarbara in fiamme”,<br />

in grado di sferrare nell’area pelvica un vero e proprio attacco di “guerra chimica”, cioè di infiammazione. Sappiamo come<br />

l’infiammazione, coinvolgendo le fibre nervose, divenga infiammazione neurogenica “neurogenic inflammation”, e come<br />

questa porti, a sua volta, alla “neural axial central sensitization”, che rappresenta, di fatto, la condizione da cui nasce la<br />

CPPS. Va detto, tra l’altro, come la progressiva attivazione di fibre C, possa creare un meccanismo con tendenza all’auto<br />

mantenimento, denominato “fenomeno dello wind up”, definizione che si traduce in italiano con “caricare avvolgendo”, come<br />

avviene, per esempio con la molla di un orologio. La tendenza a formare questo circolo vizioso rende ragione del fatto che<br />

la CPPS, con tutto il suo corteo di sintomi, possa sopravvivere a lungo, anche dopo la scomparsa dell’evento/degli eventi<br />

infiammatori pelvici che l’hanno generata.<br />

Nella donna succede assai spesso che la presenza e la persistenza di alcuni sintomi urinari porti a fare diagnosi di “cistiti<br />

ricorrenti”, oppure di “cistite cronica”. In presenza di urinocolture negative, e analizzandone bene i sintomi, si deve<br />

concludere che la maggior parte di queste “pseudo cistiti” altro non sono che condizioni di CPPS, e, nella fattispecie, di<br />

quelle “branche” della CPPS che vanno sotto il nome di “Sindrome del Dolore Vescicale” (Bladder Pain Syndrome – BPS) e<br />

di “Cistite Interstiziale” (Interstitial Cystitis – IC).<br />

Per il gruppo “CPPS/BPS/IC” il sesso più colpito è sicuramente quello femminile, con un rapporto femmine/maschi di 10:1, e<br />

con una prevalenza nella popolazione generale che potrebbe arrivare addirittura al 20%. Per comprendere quante diverse<br />

Mastociti, infiammazione e comorbilità nel dolore sessuale femminile 21


22<br />

connotazioni la CPPS possa assumere, basta guardare l’elenco delle sedici diverse “sindromi dolorose” che vengono descritte<br />

in Medicina, e che le linee guida 2008 della EAU incoraggiano, invece, a fare rientrare tutte sotto l’unica denominazione di<br />

CPPS. Praticamente ogni organo pelvico femminile e maschile ha la sua brava “sindrome dolorosa”, in relazione all’organo<br />

che risulta più ”sintomatico”: vescica, uretra, pene, prostata, scroto, testicolo, epididimo, vagina, vulva, vestibolo vulvare,<br />

clitoride, ano, retto, nervo pudendo, perineo, muscoli del pavimento pelvico. Il trattamento della CPPS è “plurimodale”.<br />

Riveste grande interesse, in quanto potenziale trattamento causale, l’impiego di PEA (Palmitoiletanolamide), una sostanza<br />

endogena, già presente nell’organismo, con funzione regolatrice dell’attività dei mastociti. In caso di aumento del numero<br />

e della attività mastocitaria, la produzione endogena di PEA potrebbe divenire insufficiente, da cui il rationale di fornirne<br />

un’integrazione dall’esterno. Tale approccio costituirebbe un trattamento “causale”, e non solo “sintomatico”, in grado, cioè,<br />

potenzialmente di agire direttamente sulle cause della CPPS, e non soltanto sui suoi sintomi. Si utilizzano anche farmaci<br />

per realizzare una “neuromodulazione farmacologica” che agisca sulla “neural axial central sensitization”: antidepressivi<br />

triciclici (amitriptilina), antiepilettici (gabapentin/pregabalin) ed αlitici.<br />

La stretta collaborazione tra diversi Specialisti impegnati a trattare patologie di confine tra le rispettive specialità costituisce<br />

la base di un’organizzazione multidisciplinare che dovrebbe realizzarsi sempre più spesso. Tale collaborazione ha la finalità di<br />

portare anche ad un arricchimento culturale di tutti i soggetti coinvolti, creando le basi per la formazione di figure professionali<br />

trans disciplinari che assumano tutte le competenze per divenire Chronic Pelvic Pain Specialists.


Il punto di vista del gastroenterologo<br />

V. Stanghellini<br />

Dipartimento di Medicina Clinica, Università degli Studi di Bologna “Alma Mater Studiorum”<br />

Il dolore ai quadranti inferiori dell’addome pone problematiche di non sempre facile soluzione in termini di diagnosi<br />

differenziale tra le varie patologie degli organi pelvici (principalmente apparato uro-genitale e tratto distale del canale<br />

alimentare). La patologia digestiva più frequente caratterizzata da dolore addominale (spesso ai quadranti inferiori) è la<br />

sindrome dell’intestino irritabile (IBS). Studi epidemiologici condotti nei paesi occidentali su tale sindrome riportano un<br />

rapporto ‘uomo: donna’ di circa 1:2. I meccanismi fisiopatologici che sottendono questa particolare predisposizione del sesso<br />

femminile sono stati solo in parte identificati. Sintomi di IBS si aggravano durante la fase luteinica tardiva e i primi giorni del<br />

ciclo suggerendo un possibile ruolo degli ormoni sessuali. IBS si associa spesso a dispareunia e vaginismo.<br />

I meccanismi che legano stipsi, dolore pelvico e dispareunia/vaginismo sono sostanzialmente di due tipi.<br />

A) Dissinergia/distonia dei muscoli del pavimento pelvico. Questo primo tipo è collegato alla stipsi di tipo espulsiva.<br />

Sia l’ipertono che l’ipotonia dei muscoli del pavimento pelvico possono essere chiamati in causa come meccanismi<br />

patogenetici. Quest’ultima infatti si associa a sindrome del perineo discendente, responsabile a sua volta di dolori<br />

alla sfera ginecologica sia durante i rapporti sessuali che spontanei.<br />

B) Flogosi mucosa con conseguente ipersensibilità viscerale. Questo secondo meccanismo fisiopatologico può<br />

predisporre qualsiasi tipo di stipsi a sviluppare dispareunia/vaginismo, anche se è verosimile che la variante stitica<br />

di IBS sia più frequentemente coinvolta.<br />

Dati recenti indicano che l’infiltrato infiammatorio cronico, che caratterizza la mucosa intestinale della maggior parte dei<br />

pazienti affetti da IBS, è caratterizzato da mastociti localizzati in vicinanza delle terminazioni nervose di tipo afferente e<br />

che la loro densità è strettamente correlata a severità e frequenza del dolore addominale. Meccanismi pressoché identici<br />

sembrano essere alla base dei problemi ginecologici associati a disturbi digestivi, tanto che attivazione mastocitaria e<br />

proliferazione delle terminazioni nervose sensoriali vengono considerati criteri anatomopatologici con valore diagnostico<br />

per vestibolite. Anche l’ipersensibilità viscerale e l’ipereccitabilità del sistema nervoso centrale, a sua volta condizionata<br />

da fattori psicosociali, sembrano essere meccanismi fisopatologici comuni a sindromi dolorose intestinali e ginecologiche.<br />

Sebbene non vi siano prove definitive che le pazienti con IBS rispondano meglio dei soggetti di sesso maschile, sono<br />

comparsi in letteratura dati che suggeriscono che ciò si potrebbe verificare con ipnoterapia, terapia psicologica ed anche<br />

con trattamenti farmacologici.<br />

Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, un’efficacia superiore nelle donne è stata riportata sia per gli inibitori dei 5-HT3<br />

che per gli agonisti dei 5-HT4, rispettivamente impiegati nel trattamento delle varianti con alvo diarroico e con alvo stitico<br />

dell’IBS. Tuttavia, la maggior parte di questi trials clinici non aveva una numerosità sufficiente per consentire un adeguato<br />

confronto tra i due sessi. In generale, l’elevata prevalenza delle malattie funzionali nel sesso femminile e la maggior<br />

disponibilità dimostrata dalle donne a prender parte a studi clinici, almeno nei paesi occidentali, ha impedito generalmente<br />

di trarre conclusioni definitive su molti aspetti della malattia nel sesso maschile e altri studi sono necessari in tal senso.<br />

Mastociti, infiammazione e comorbilità nel dolore sessuale femminile 23


Aspetti relazionali e sociali<br />

del dolore sessuale femminile<br />

Mastociti, infiammazione e comorbilità nel dolore sessuale femminile 25


26<br />

L’<strong>Associazione</strong> Italiana <strong>Vulvodinia</strong><br />

M. Puliatti<br />

Presidente <strong>Associazione</strong> Italiana <strong>Vulvodinia</strong> O.N.L.U.S.<br />

Introduzione<br />

L´<strong>Associazione</strong> Italiana <strong>Vulvodinia</strong> (AIV Onlus) è un´organizzazione non profit nata con lo scopo di migliorare la qualità di vita<br />

delle donne affette da vulvodinia e in generale dalle malattie che inducono dolore vulvare cronico. Il Comitato Scientifico di<br />

AIV Onlus è composto da varie figure professionali, ginecologi, psicologi, fisioterapisti, uro-ginecologi, ostetriche, con una<br />

formazione in patologia vulvare, proprio per affrontare insieme alla donna il sintomo in un’ottica multidisciplinare.<br />

Gli obiettivi che l’<strong>Associazione</strong> si prefigge riguardano:<br />

• incoraggiare e sostenere progetti di ricerca finalizzati a trovare terapie sempre più efficaci;<br />

• enfatizzare il coordinamento interdisciplinare dell’approccio alla malattia;<br />

• sostenere le pazienti con vulvodinia tramite iniziative mirate a carattere informativo, psicologico ed eventualmente<br />

economico;<br />

• diffondere una cultura psicologica della malattia, in cui “Psicosomatico” significa che fattori psicologici (quali<br />

stress da eventi di vita personali e relazionali), possono creare un’alterazione psico-biologica rendendo la persona<br />

più vulnerabile all’insorgenza e al mantenimento della malattia;<br />

• formare operatori sanitari e psicologici del settore;<br />

• progetti di ricerca sui fattori di rischio, sulle conoscenze nel personale sanitario della malattia, sui trattamenti<br />

ginecologici.<br />

Ricerca<br />

L’associazione Italiana <strong>Vulvodinia</strong> ha attualmente in corso due studi.<br />

1. Studio ESOVIA (Epidemiological Study Of Vulvodynia Italian Association).<br />

Lo studio si propone di fotografare la reale diffusione della vulvodinia in Italia. I dati di prevalenza negli USA<br />

suggeriscono come la malattia non è rara; in Italia la patologia è sicuramente sottostimata, gettando nello sconforto<br />

le molte donne che ne sono affette, costrette a peregrinare per ricevere una corretta diagnosi ed una terapia<br />

adeguata.<br />

I medici interessati devono rispondere ad un questionario e i dati raccolti sono in forma del tutto anonima e pertanto<br />

nessun dato potrà far risalire al medico compilatore.<br />

Il questionario si compone di 3 sezioni e 11 domande:<br />

• informazioni generali: con dati generici del compilatore (età, sesso e regione di appartenenza, etc.);<br />

• informazioni riguardanti le pazienti: con dati numerici riguardo il numero di pazienti riferito al totale delle<br />

donne visitate nei successivi 30 giorni dall’acquisizione del questionario, che soddisfano i criteri per porre<br />

diagnosi di vulvodinia;<br />

• caratteristiche anamnestiche relative alle pazienti con vulvodinia (www.vulvodinia.eu).<br />

2. Ricerca sui Fattori di Rischio Psicologici nella <strong>Vulvodinia</strong> e nei disturbi uro-ginecologici.<br />

Questo studio indaga alcuni tra i fattori di rischio del dolore:<br />

• abuso/molestia sessuale e maltrattamento nell’infanzia;<br />

• stile emozionale di tipo repressivo;<br />

• rapporto negativo la sessualità;<br />

• comorbidità con altri disturbi sessuali femminili.<br />

Vengono utilizzati:<br />

• il Questionario sui Fattori di Rischio del Dolore Cronico (QFRDC; Grant, 2004. www.overcoingpain.com,<br />

traduzione italiana reperibile in Puliatti M;<br />

• l’EMDR nel trattamento del dolore uro-ginecologico (Medicina Psicosomatica, 2010, in stampa);<br />

• il Questionario Analitico sui Disturbi Sessuali Femminili (QADSF; Giannantonio, 2006), reperibile, con<br />

manuale d’uso, www.sessualitafemminile.com.<br />

I questionari vengono consegnati alle pazienti dal loro ginecologo di fiducia e dopo averli compilati li consegnano<br />

allo stesso.<br />

L’approccio integrato alla vulvodinia dell’AIV<br />

L’approccio alla terapia per la vulvodinia proposto dall’AIV è in linea con la più autorevole letteratura internazionale<br />

(riferimento che racchiude contributi dei maggiori esperti dell’argomento: Goldstein, Pukall, Goldstein: Female Sexual Pain<br />

Disorders. Evaluation and management. Wiley-Blackwell; 2009), sia nelle linee generali, sia nella parte più prettamente<br />

psico-sessuologica (tabella 1).


Tabella 1<br />

Confronto tra letteratura internazionale e approccio psicosessuologico dell’AIV<br />

Letteratura Internazionale Approccio psico-sessuologico dell’AIV<br />

Ipnosi per la gestione del dolore e dello stress Ipnosi e approcci di desensibilizzazione per la<br />

riduzione e il controllo del dolore<br />

Terapia sessuale, EMDR per trauma sessuali Terapia sessuale, EMDR per trauma sessuali ed altri<br />

eventi traumatici associati al dolore<br />

Terapia familiare e di coppia Terapia di coppia<br />

Terapia cognitiva comportamentale (rilassamento<br />

progressivo muscolare) per la gestione della<br />

tensione muscolare<br />

Psicoterapia corporea (Somatic Experiencing e/o<br />

Psicoterapia Sensomotoria) per l’autoregolazione<br />

emozionale e la riduzione dell’iperattivazione del<br />

sistema nervoso simpatico<br />

Pubblicazioni recenti<br />

I membri dell’<strong>Associazione</strong>, singolarmente o insieme scrivono sia pubblicazioni divulgative (visitare il sito www.vulvodinia.org)<br />

sia scientifiche sull’argomento.<br />

• Murina F, Radice G: Electrodiagnostic Functional Sensory Evaluation of the Patients with Generalized Vulvodynia: a<br />

Pilot Study. Congresso Mondiale ISSVD di Edimburgo-Settembre/2009<br />

• Nidasio S, Puliatti M: Mutuo aiuto al femminile. Prospettive Sociali e Sanitarie, XXXIX, 3:14-16; 2009<br />

• Sideri M, Murina F, Bianca V, Radici G: The role of vulvoscopy in the evaluation of dispareunia. In Goldstein A.T.<br />

Pukall F. Goldstein I. Female sexual pain disorders. Evaluation and management. Wiley-Blackwell, 2009: 32-42<br />

• Puliatti M: Psicosomatica del dolore femminile pelvico cronico. SEU, Roma, 2010<br />

• Puliatti M: L’EMDR nel trattamento dei disturbi uro-ginecologici. Medicina Psicosomatica, 2010 in stampa<br />

• Dionisi B, Murina F, Puliatti M: <strong>Vulvodinia</strong>: linee guida d’indirizzo. CIC, Roma, 2010 in stampa<br />

Formazione<br />

L’AIV, anche in collaborazione con altri Enti propone attività formative sotto forma di Corsi, Convegni e Congressi per medici<br />

(ginecologi, urologi), psicoterapeuti e sessuologi che si occupino o si vogliano occupare di patologia vulvare.<br />

Il calendario degli eventi è disponibile sul sito dell’<strong>Associazione</strong>: www.vulvodinia.org.<br />

Convegni rivolti alle pazienti<br />

L’<strong>Associazione</strong> organizza seminari gratuiti per le pazienti per fornire informazioni sulla malattia e sulla sua gestione<br />

terapeutica.<br />

Il calendario degli eventi è disponibile sul sito dell’<strong>Associazione</strong>: www.vulvodinia.org.<br />

Aspetti relazionali e sociali del dolore sessuale femminile 27


28<br />

<strong>Associazione</strong> Italiania Cistite Interstiziale<br />

L. Nasta<br />

Presidente <strong>Associazione</strong> Italiana Cistite Interstiziale O.N.L.U.S.<br />

L’<strong>Associazione</strong> Italiana Cistite Interstiziale (AICI) è una organizzazione, fondata in Italia nel 1995, che rappresenta, attualmente,<br />

oltre 800 pazienti affetti da cistite interstiziale, che ha l’obiettivo di:<br />

• informare, educare e dare supporto alle persone affette da CI ed alle loro famiglie;<br />

• sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso i mass media;<br />

• ricevere assistenza sanitaria e farmaci gratuiti dal SSN;<br />

• ottenere il riconoscimento dell’invalidità in ambito lavorativo;<br />

• promuovere azioni legislative in favore delle persone affette da CI e delle loro famiglie;<br />

• migliorare la qualità della vita per i pazienti con CI ed i loro familiari;<br />

• organizzare corsi e congressi educazionali per la comunità scientifica;<br />

• diffondere informazioni aggiornate medico-scientifiche<br />

• stimolare progetti epidemiologici<br />

• creare un database ed un registro nazionale<br />

• promuovere la ricerca e stimolare le aziende farmaceutiche<br />

• costruire e rafforzare un network tra le associazioni internazionali che si occupano di CI.<br />

L’associazione, fin dalla sua nascita ha lavorato per costituire un Comitato Scientifico innovativo che avesse un approccio<br />

multimodale e multidisciplinare, composto non solo da urologi quindi, ma da tutti gli specialisti dell’area pelvica e delle<br />

sindromi ad essa correlate.


L’<strong>Associazione</strong> Italiana Endometriosi<br />

J. Veit<br />

Presidente <strong>Associazione</strong> Italiana Endometriosi O.N.L.U.S.<br />

Tenere conto del punto di vista della donna affetta è un aspetto cruciale nella comprensione di una malattia come l’endometriosi<br />

in cui non è coinvolta soltanto la dimensione organica, ma sono messi in gioco anche delicati equilibri psicologici, emotivi,<br />

affettivi, relazionali, con ricadute sociali che coinvolgono l’intera comunità.<br />

Mobilizzare le risorse già presenti nella donna e suscitarne di nuove con adeguati programmi di autogestione corrispondono,<br />

per una malattia per la quale non esiste ancora una cura definitiva, alla modalità più adeguata che un’associazione di pazienti<br />

possa offrire in un contesto di auto-aiuto.<br />

L’associazione di pazienti, che lavora per la salute e per il benessere della donna, ha infatti la responsabilità di farsi spunto di<br />

riflessione propositiva per tutti coloro che, a diverso titolo, ruotano attorno al complesso pianeta “endometriosi” per arrivare,<br />

insieme, alla guarigione.<br />

Aspetti relazionali e sociali del dolore sessuale femminile 29


30<br />

<strong>Associazione</strong> Nazionale Fibromialgia e Stanchezza Cronica<br />

R. Romor<br />

Presidente <strong>Associazione</strong> Italiana Fibromialgia e Stanchezza Cronica O.N.L.U.S.<br />

La fibromialgia è una malattia caratterizzata da dolore muscoloscheletrico cronico diffuso, con punti elettivamente dolenti<br />

alla pressione, distribuiti diffusamente e simmetricamente, unitamente a sintomi extrascheletrici, tra i quali i più frequenti<br />

sono rigidità muscolare, facile affaticabilità, parestesie, disturbi del sonno, disturbi cognitivi, cefalea, alterazioni del sistema<br />

nervoso autonomo (intolleranza al caldo e al freddo, fenomeno di Raynaud, ipotensione ortostatica, secchezza della mucosa<br />

orale e congiuntivale, disturbi respiratori, della motilità intestinale e vescicale, dismenorrea).<br />

La prevalenza della fibromialgia nella popolazione generale è di circa il 2% e colpisce approssimativamente 1.5 – 2 milioni di<br />

Italiani.<br />

E’ più frequente nelle donne rispetto agli uomini (rapporto 9:1); colpisce soprattutto tra i 30 e i 50 anni d’età. Spesso i pazienti<br />

affetti da fibromialgia si sottopongono a molti test e vengono visitati da molti specialisti mentre sono alla ricerca di una<br />

risposta sulla causa della loro malattia.<br />

Questo porta a paura e frustrazione, che può aumentare la percezione del dolore.<br />

Ai pazienti fibromialgici viene spesso detto che, poiché obiettivamente non hanno nulla e gli esami di laboratorio risultano<br />

nella norma, non hanno una reale malattia.<br />

I familiari, gli amici e spesso il medico di famiglia possono dubitare dell’esistenza di tali disturbi, aumentando l’isolamento,<br />

i sensi di colpa e la rabbia nei pazienti fibromialgici. Il paziente con fibromialgia e la sua famiglia e i medici devono sapere<br />

che la malattia è una causa reale di dolore cronico e di stanchezza e deve essere affrontata come qualunque altra patologia<br />

cronica.<br />

L’<strong>Associazione</strong> Nazionale A.N.FI.SC Onlus (FM - CFS), nasce con l’intento di far riconoscere le patologie al Sistema Sanitario<br />

Nazionale per far sì che le persone colpite da tali patologie si vedano riconosciuto un diritto da troppo tempo negato, come si<br />

evince dalla Costituzione Italiana, il Diritto alla Salute è un Diritto di tutti!<br />

L’<strong>Associazione</strong> nasce il 18 Luglio 2007, per la necessità di creare un Centro di Riferimento Nazionale dove poter svolgere le<br />

necessità che richiedono le malattie ancora orfane di ricerca, monitoraggio e studio approfondito della multifattorialità dei<br />

sintomi, dati epidemiologici, terapie adeguate e supporto alla persona.<br />

L’associazione ha il compito di fare corretta informazione sulle patologie, sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni<br />

promuovendo seminari, convegni e corsi di aggiornamento per i medici, oltre a diffondere le notizie attraverso i media<br />

nazionali.<br />

Ultimo ma non meno importante scopo umano dell’associazione è aiutare gli ammalati ad accettare queste devastanti<br />

condizioni che rendono inpossibile lo svolgersi della vita quotidiana.<br />

Lo scorso 05 Ottobre 2009 A.N.FI.SC ONLUS ha raggiunto un grande traguardo raggiunto: la nascita del primo Centro di<br />

riferimento nazionale A.N.FI.SC ONLUS, una struttura universitaria ambulatoriale che si occuperà dello studio delle suddette<br />

patologie, del monitoraggio dei pazienti, dei dati epidemiologici e delle cure. Il Centro di riferimento si trova presso l’Istituto<br />

di Reumatologia di Borgo Trento, diretto dal Prof. Silvano Adami con il supporto della sua equipe. L’attività ambulatoriale ha<br />

svolgimento a Valeggio sul Mincio (Verona).


Aspetti relazionali e sociali del dolore sessuale femminile 31


Implicazioni ostetriche del<br />

dolore sessuale femminile<br />

Aspetti relazionali e sociali del dolore sessuale femminile 33


34<br />

Il punto di vista del ginecologo<br />

G. Radici<br />

Servizio di Patologia Vulvare, Ospedale V. Buzzi, Università di Milano<br />

La gravidanza non è una condizione di rischio per l’insorgenza di dispareunia. Il dolore ai rapporti sessuali è riferito meno<br />

frequentemente nel primo trimestre di gravidanza rispetto al secondo e terzo trimestre, epoche in cui la prevalenza di dispareunia<br />

è comunque sovrapponibile a quella osservata nelle donne non gravide. Il dolore sessuale è invece frequentemente riferito<br />

dopo il parto (1). In particolare a 6-8 settimane dal parto, tempo mediano di ripresa dei rapporti sessuali, circa la metà delle<br />

donne riferisce dispareunia (2). Anche se la dispareunia tende a risolversi con il tempo (a 6 mesi dal parto viene riferita da<br />

una donna su quattro), è ancora presente nell’8% delle donne ad un anno dal parto (3). La prevalenza del problema impone<br />

pertanto una maggior attenzione da parte di ginecologi ed ostetriche, anche per l’associazione tra dispareunia e grave<br />

sindrome depressiva dopo il parto (4).<br />

In gravidanza la dispareunia è dovuta prevalentemente alla congestione dei tessuti vaginali e vulvari indotta dal progesterone.<br />

Nell’ultimo periodo di gravidanza alcune donne dopo l’orgasmo riferiscono dolore, dovuto a contrazioni indotte dall’ossitocina<br />

prodotta durante il rapporto e soprattutto durante l’orgasmo; tali contrazioni comunque si risolvono in 15 minuti e non<br />

comportano un rischio di parto prematuro (5).<br />

Dopo il parto i principali fattori di rischio di dispareunia sono l’anamnesi positiva per dispareunia prima del parto, l’allattamento<br />

esclusivamente materno, l’entità del trauma perineale, il parto vaginale operativo.<br />

L’anamnesi positiva per dispareunia prima del parto comporta un rischio più che raddoppiato di dispareunia a 6 mesi dal parto<br />

(6).<br />

La dispareunia è oltre 4 volte più frequente in caso di allattamento esclusivamente materno (6); è dovuta all’atrofia e quindi alla<br />

secchezza vaginale indotta dagli alti livelli ematici di prolattina, che sopprime la produzione di gonadotropine con conseguente<br />

stato di ipoestrogenismo. Questa condizione può essere efficacemente trattata con terapia estrogenica locale (7).<br />

Maggiore è il grado di lacerazione perineale, maggiore è la probabilità di dispareunia dopo il parto. Al momento del primo<br />

rapporto sessuale dopo il parto per via vaginale e a 3 mesi dal parto, rispetto alle donne con perineo intatto o con lacerazione<br />

perineale di primo grado, il rischio di dispareunia è circa il doppio in caso di lacerazione perineale di secondo grado, oltre il<br />

triplo in caso di lacerazione perineale di terzo o quarto grado. Comunque anche la dispareunia associata ad una lacerazione<br />

perineale severa tende a migliorare nel tempo: a 6 mesi dal parto, rispetto alle donne con perineo intatto o con lacerazione<br />

perineale di primo grado, il rischio di dispareunia è aumentato solo del 30% in caso di lacerazione perineale di secondo grado<br />

e del 50% in caso di lacerazione perineale di terzo o quarto grado (6). Fattori di rischio di lacerazione perineale, che meritano<br />

una particolare attenzione al momento del parto, sono la nulliparità, un prolungato periodo espulsivo (>40 minuti), un perineo<br />

corto ( 150%) durante il periodo espulsivo<br />

(8,9). L’analgesia epidurale è associata ad aumentato rischio di lacerazione perineale (8), come conseguenza del possibile<br />

prolungamento del periodo espulsivo (10) e di maggior necessità di parto operativo (11).<br />

A 6 mesi dal parto per via vaginale, rispetto alle donne con perineo intatto o con lacerazione perineale di primo grado, il<br />

rischio di dispareunia è più che raddoppiato in caso di parto vaginale operativo, senza alcuna differenza tra utilizzo di forcipe<br />

e ventosa (6). Il parto vaginale operativo aumenta il rischio di lacerazione dello sfintere anale, indipendentemente dallo<br />

strumento utilizzato, con conseguente aumento di rischio di dispareunia, dolore perineale, incontinenza anale (12).<br />

Non ci sono tecniche validate per prevenire la dispareunia dopo il parto. In particolare, il massaggio perineale durante il<br />

periodo espulsivo non riduce il rischio di lacerazione perineale, dolore dopo il parto, dispareunia, incontinenza urinaria e<br />

fecale (13). Il massaggio perineale nelle ultime settimane di gravidanza riduce nelle nullipare sia il rischio di lacerazione<br />

perineale necessitante una sutura, sia la probabilità di episiotomia; non riduce però il rischio di lacerazione perineale di terzo<br />

e quarto grado. A 3 mesi dal parto solo le multipare beneficiano di minor dolore perineale spontaneo, mentre non c’è alcun<br />

impatto sul rischio di dispareunia e incontinenza urinaria e fecale (14, 15).<br />

Anche l’episiotomia non sembra protettiva nei confronti della dispareunia dopo il parto. Anzi in uno studio è stato riscontrato<br />

che l’episiotomia comporta, a 12-18 mesi dal parto, una maggior incidenza di dispareunia rispetto al parto per via vaginale<br />

senza episiotomia (16). Non sembra esserci differenza tra episiotomia mediana ed episiotomia paramediana in termini di<br />

successiva comparsa di dispareunia, anche se con l’episiotomia mediana c’è un maggior rischio di lacerazione perineale<br />

profonda (17).<br />

Il taglio cesareo non va proposto quale alternativa al parto per via vaginale ai fini di una miglior preservazione della funzione<br />

sessuale, in particolare quale strumento di prevenzione della dispareunia. Il taglio cesareo, analogamente al parto per via<br />

vaginale senza lacerazione perineale, comporta, rispetto al parto per via vaginale con lacerazione perineale o episiotomia<br />

e rispetto al parto vaginale operativo, sia un minor dolore al primo rapporto sessuale che una minor persistenza della<br />

dispareunia oltre i 6 mesi dal parto (2). Rispetto alle donne che hanno partorito per via vaginale senza lacerazione dello<br />

sfintere anale, a 10 mesi dal parto è stata riscontrata una minor incidenza di dispareunia nelle donne sottoposte a taglio<br />

cesareo, indipendentemente dall’aver effettuato il taglio cesareo come elettivo o d’urgenza (4). L’effetto protettivo del taglio<br />

cesareo tende però ad annullarsi nel tempo: in un recente studio è stato riscontrato che rispetto al parto vaginale con


lacerazione spontanea di primo e secondo grado (senza lacerazione perineale di terzo o quarto grado, episiotomia o utilizzo<br />

di forcipe o ventosa) il taglio cesareo comporta una minor incidenza di dispareunia a 3 mesi dal parto, ma il vantaggio non è<br />

più significativo a 6 e 12 mesi dal parto (18). Sempre a 6-12 mesi dal parto non vi sono differenze in termini di dispareunia tra<br />

donne che hanno partorito per via vaginale con episiotomia paramediana e donne sottoposte a taglio cesareo (7). Inoltre il<br />

taglio cesareo aumenta il rischio di dolore pelvico cronico (19).<br />

In sintesi:<br />

• Particolare attenzione va posta alle donne già affette da dispareunia prima del parto e alle situazioni di rischio di<br />

lacerazione perineale: nulliparità, prolungato periodo espulsivo, perineo corto all’inizio della fase attiva del travaglio<br />

e stiramento perineale eccessivo durante il periodo espulsivo.<br />

• La dispareunia riferita dalle donne che allattano al seno è efficacemente trattata con terapia estrogenica locale.<br />

• Il massaggio perineale (nelle ultime settimane di gravidanza o durante il periodo espulsivo) e l’episiotomia non<br />

riducono il rischio di dispareunia dopo il parto.<br />

• L’analgesia epidurale può comportare un aumento del rischio di dispareunia dopo il parto.<br />

• Il taglio cesareo non è strumento di prevenzione della dispareunia dopo il parto, comportando un beneficio solo<br />

temporaneo ed un rischio di dolore pelvico cronico.<br />

Rifermenti bibliografici<br />

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17 Sooklim R, Thinkhamrop J, Lumbiganon P, Prasertcharoensuk W, Pattamadilok J, Seekorn K, Chongsomchai C, Pitak P,<br />

Chansamak S: The outcomes of midline versus medio-lateral episiotomy. Reprod Health 4:10; 2007<br />

18 Klein K, Worda C, Leipold H, Gruber C, Husslein P, Wenzl R: Does the mode of delivery influence sexual function after<br />

Chilbirth? J Women’s Health 18(8): 1227-31; 2009<br />

19 Almeida ECS, Nogueira AA: Candido dos Reis FJ, Rosa e Silva JC. Cesarean section as a cause of chronic pelvic pain. Int<br />

J Gynaecol Obstet 79:101-4; 2002<br />

Implicazioni ostetriche del dolore sessuale femminile 35


36<br />

Il punto di vista dell’ostetrica<br />

M. Esposito<br />

Ostetrica, U.O. Ostetricia e Ginecologia - Ospedale V. Buzzi - Università di Milano<br />

Circa il 10% delle donne riferisce dispareunia a 9-12 mesi dal parto (1).<br />

Solo il 15% delle donne con problemi sessuali ne parla con operatori sanitari: un miglior counselling a riguardo dovrebbe<br />

pertanto essere offerto alle donne sia in gravidanza sia dopo il parto (2).<br />

Una valutazione sessuologica andrebbe effettuata non a 6 settimane dal parto, quando solo la metà delle donne ha ripreso<br />

l’attività sessuale, ma a 3 mesi dal parto, quando il 90% delle donne ha ricominciato ad avere rapporti sessuali con il partner<br />

(3).<br />

I principali fattori di rischio per la comparsa di dispareunia dopo il parto, riportati in letteratura, sono l’allattamento al seno e il<br />

trauma perineale (3). Le donne che allattano riprendono l’attività sessuale più tardi rispetto alle donne che non lo fanno; inoltre<br />

riferiscono un minor desiderio sessuale e una minor soddisfazione ai rapporti sessuali; soffrono più spesso di dispareunia,<br />

dovuta all’ipoestrogenismo indotto dall’iperprolattinemia (3).<br />

Già al momento della dimissione ospedaliera le donne dovrebbero essere consigliate sull’utilizzo di lubrificanti vaginali nei<br />

primi mesi di ripresa dell’attività sessuale.<br />

Alle donne che allattano e che riferiscono una dispareunia persistente può essere prescritta una terapia estrogenica locale.<br />

Come prevenire il trauma perineale? L’episiotomia viene ancora largamente utilizzata in virtù del presunto vantaggio in termini<br />

di minor probabilità di lacerazioni di terzo e quarto grado e di incontinenza urinaria e fecale, inoltre per la maggior facilità<br />

di sutura rispetto alla lacerazione spontanea. In realtà una revisione della letteratura ha evidenziato che l’uso di routine<br />

dell’episiotomia comporta, rispetto all’uso restrittivo, un minor rischio di lacerazione perineale anteriore, ma un maggior<br />

rischio di lacerazione perineale severa, senza tuttavia alcuna differenza in termini di rischio di dispareunia e incontinenza<br />

urinaria. Non si sono potuti comparare benefici e rischi dell’episiotomia mediana rispetto all’episiotomia paramediana, stante<br />

il basso numero di studi al riguardo, peraltro di scarsa qualità metodologica (4).<br />

Anche la tecnica di sutura dell’episiotomia e della lacerazione perineale spontanea può avere un impatto sul dolore perineale<br />

e sulla dispareunia. Si è evidenziato che la sutura continua della cute perineale rispetto alla sutura a punti staccati comporta<br />

un minor dolore a 10 giorni dal parto; il vantaggio è ancora maggiore se viene utilizzata una sutura continua per tutti gli<br />

strati (vagina, muscoli perineali e cute perineale), che comporta anche un minor rischio di dispareunia a 3 mesi dal parto.<br />

Le differenze in termini di dolore tra le due metodiche di sutura possono essere dovute alla variabile tensione del filo dovuta<br />

all’edema del tessuto perineale: nella sutura continua la tensione del filo è trasferita su tutta la lunghezza dello stesso, mentre<br />

i punti staccati compromettono la distribuzione dell’edema tissutale con aumento della tensione del filo e conseguente dolore.<br />

La sutura continua comporta un minor rischio di rimozione del filo di sutura, inoltre nessuna differenza in termini di necessità<br />

di risutura. La sutura continua consente, infine, un vantaggio economico per la minor quantità di filo utilizzato (5).<br />

È stato anche riscontrato che non ci sono differenze quanto a dispareunia, dolore perineale, necessità di risutura e processo<br />

di guarigione, tra sutura continua e sutura a punti staccati introflettenti lasciando la cute non suturata (6).<br />

Per quanto riguarda la sutura della lacerazione dello sfintere anale, che può essere effettuata con tecnica “end-to-end”<br />

o “overlap”, non si sono riscontrate differenze tra le due metodiche in termini di successivo rischio di dolore perineale,<br />

dispareunia e incontinenza fecale a 6 settimane e 3, 6, e 12 mesi dal parto (7).<br />

In alcuni studi sono stati valutati dolore perineale e dispareunia dopo il parto in funzione del materiale del filo utilizzato per la<br />

sutura dell’episiotomia o della lacerazione perineale di primo e secondo grado. Il polyglactin 910 comporta, rispetto al catgut<br />

cromico, un minor dolore nei dieci giorni dopo il parto e un minor rischio di dispareunia ad un anno dal parto, anche se può<br />

comportare un maggior rischio di rimozione della sutura (8,9). Non sono risultate differenze significative tra polyglactin 910<br />

e polyglactin 910 a rapido assorbimento, nel dolore a 10 giorni dal parto e nella dispareunia a 3 mesi dal parto, anche se il<br />

polyglactin a rapido assorbimento comporta un minor rischio di rimozione della sutura (10). L’acido poliglicolico comporta,<br />

rispetto al catgut cromico, seppur in misura statisticamente non significativa, nei 3 giorni successivi al parto un minor dolore,<br />

ma a 6 mesi dal parto un maggior rischio di dolore perineale, dispareunia e necessità di rimozione della sutura (11).


In sintesi<br />

• Un counselling sessuologico dovrebbe essere offerto a tutte le donne a 3 mesi dal parto, quando la quasi totalità<br />

delle donne ha ripreso l’attività sessuale.<br />

• A tutte le donne dopo il parto dovrebbe essere prescritto un lubrificante vaginale ai fini della ripresa dei rapporti<br />

sessuali; una terapia estrogenica locale dovrebbe essere prescritta alle donne che allattano con persistente<br />

dispareunia.<br />

• L’episiotomia non deve essere utilizzata ai fini di minor rischio di dispareunia e incontinenza urinaria; se indicata<br />

per altri motivi, ulteriori studi sono necessari per comparare episiotomia mediana ed episiotomia paramediana.<br />

• La sutura continua di tutti gli strati (vagina, muscolo, cute perineale) dopo lacerazione spontanea o episiotomia<br />

consente un minor rischio di dispareunia dopo il parto rispetto alla sutura della cute perineale a punti staccati.<br />

Lasciando la cute non suturata, risultati analoghi alla sutura continua sono ottenuti con la sutura a punti staccati<br />

introflettenti.<br />

• Non vi sono differenze tra tecnica di sutura della lacerazione dello sfintere anale “end-to-end” o “overlap”, in<br />

termini di successivo rischio di dolore perineale, dispareunia e incontinenza fecale.<br />

• Il polyglactin 910 (Vicryl) e il polyglactin 910 a rapido assorbimento (Vycril rapide) comportano, rispetto al catgut<br />

cromico e all’acido poliglicolico (Dexon), un minor rischio di dispareunia.<br />

Riferimenti bibliografici<br />

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10 Kettle C, Hills RK, Jones P, Darby L, Gray R, Johanson R: Continuous versus interrupted perineal repair with standard or<br />

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11 Upton A, Roberts CL, Ryan M, Faulkner M, Reynolds M, Raynes-Greenow C: A randomised trial, conducted by midwives,<br />

of perineal repairs comparing a polyglycolic suture material and chromic catgut. Midwifery 18(3):223-9; 2002<br />

Implicazioni ostetriche del dolore sessuale femminile 37


38<br />

Il punto di vista del sessuologo<br />

N. Giovannini 1 , A. Graziottin 2<br />

1 Dirigente medico Clinica L. Mangiagalli, Milano<br />

2 Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano<br />

Le disfunzioni sessuali femminili (FSD, Female Sexual Dysfunction) presentano un’elevata prevalenza nel post-partum (22-<br />

86%). Tuttavia, sono poco indagate in letteratura e nella pratica clinica nonostante siano potenzialmente rappresentative di un<br />

malessere di ordine psicologico, organico e socio-economico con un impatto significativo sulla qualità di vita della donna. La<br />

dispareunia (coito doloroso) definisce il dolore che la donna avverte nell’area della vagina, a livello dell’introito o in profondità,<br />

con dolore irradiato alla pelvi, durante un rapporto sessuale. Gli studi condotti sinora mostrano un aumento del ritardo nella<br />

ripresa dei rapporti intimi, nella guarigione dalla dispareunia e dal dolore perineale nelle donne che hanno partorito per via<br />

vaginale. Di converso, alcuni dati mostrano che l’assenza di lacerazioni perineali al parto previene l’instaurarsi di dispareunia.<br />

Le disfunzioni relative ad altre variabili delle FSD (i disturbi del desiderio, dell’eccitamento e dell’orgasmo) sono di valutazione<br />

complessa in quanto strettamente associate alla soggettività del vissuto del rapporto. Nel postpartum, tale situazione è<br />

aggravata dai cambiamenti dei livelli ormonali e dall’eventuale traumatismo anatomo-funzionale genitale. La prevalenza della<br />

dispareunia è del 62% a 3 mesi dal parto con una riduzione al 31% a 6 mesi. Nonostante la donna senta bisogno di un adeguato<br />

counselling, questo disturbo è scarsamente valutato a livello sia clinico sia e scientifico. Ciò determina spesso un ritardo<br />

diagnostico e, quindi, terapeutico nei confronti di un disturbo insidioso, che può avere ripercussioni negative sull’equilibrio<br />

psicofisico della donna e della coppia. La dispareunia causa spesso un rifiuto dei rapporti intimi generato dalla paura del<br />

dolore. Il riconoscimento precoce e attento della dispareunia è cruciale nella prevenzione di una cronicizzazione di questo<br />

disturbo e una sua estensione ad ambiti socio-familiari.<br />

La prevenzione della dispareunia post-partum si articola in:<br />

• preparazione accurata del pavimento pelvico durante la gravidanza attraverso l’insegnamento della conoscenza dei<br />

muscoli pelvici e della loro funzione, del rilassamento e della distensione volontaria, della modalità di spinta corretta. In<br />

caso di ipertono è essenziale insegnare alla donna - durante la gravidanza! - l’esecuzione dello stretching di rilassamento,<br />

eventualmente completato da fisioterapia “hands-on”, così da arrivare al parto con una donna che abbia bene integrato<br />

nell’immagine corporea l’anatomia e la funzione dinamica del pavimento pelvico, e che abbia acquisito fiducia e sicurezza<br />

nella sua capacità di “comandare” bene questi muscoli e partecipare attivamente, da protagonista, ad un parto vaginale<br />

ben riuscito. L’intervento sul pavimento pelvico andrebbe integrato con l’insegnamento del training di rilassamento e/o<br />

con modalità di rilassamento fondate sullo yoga.<br />

• Assistenza accurata durante l’ultima parte del periodo dilatante e il periodo espulsivo, con massaggio hands-on da<br />

parte dell’ostetrica, onde facilitare l’ulteriore distensione del perineo e del muscolo elevatore, dando al contempo alla<br />

donna la sicurezza di essere ben seguita individualmente.<br />

• Limitare l’episiotomia ai casi in cui sia indicata, e curando che l’episiorrafia sia effettuata per piani. Troppo spesso<br />

l’episiorrafia viene fatta velocemente, con punti grossolani che non rispettano la ricostruzione anatomica e in particolare<br />

il perfetto riallineamento di due ventri muscolari dell’elevatore incisi dall’episiotomia. L’attenzione rigorosa all’asepsi<br />

dovrebbe evitare infezioni e guarigioni per seconda intenzione, con tutto il corollario di retrazioni cicatriziali e di dolore.<br />

Episiotomia e episiorrafia costituiscono intervento semplice ma non banale che, se effettuato con negligenza o imperizia,<br />

può condizionare il futuro sessuale di moltissime donne, contribuendo a dispareunia ma anche a vulvodinìa.<br />

L’intervento terapeutico nel post-partum si articola in:<br />

a) intervento medico/ostetrico:<br />

• cura appropriata dell’episiorrafia;<br />

• auto massaggi per evitare cicatrici retraenti e favorire una maggiore elasticità del tessuto;<br />

• igiene intima accurata che riduca il rischio di infiammazioni e ottimizzi il tempo di guarigione. Uno studio multicentrico<br />

italiano (Guaschino et Al, 2008) ha dimostrato che l’igiene intima con estratti di timo per un mese dopo il parto riduce<br />

significativamene la dispareunia e la secchezza, mentre migliora desiderio, eccitazione e orgasmo. La riduzione del dolore<br />

riduce l’effetto inibitorio sulle altre dimensioni della risposta sessuale, facilitando quindi una più rapida e soddisfacente<br />

ripresa dell’intimità;<br />

• cannule vaginali con gel di palmitoiletanolamide, che possono essere utili per ridurre l’infiammazione e la secchezza,<br />

migliorando il trofismo vaginale;<br />

• estrogeni locali (estriolo o estradiolo, due volte la settimana), dopo valutazione del ginecologo curante. Possono<br />

ripristinare rapidamente un adeguato pH vaginale e un ecosistema ottimale, riducendo il rischio di infiammazione, di<br />

infezioni e di secchezza vaginale;


• non ultimo, la cura di un’eventuale stipsi concomitante può ridurre la probabilità di infezioni ricorrenti da escherichia coli,<br />

enterococcus faecalis e simili saprofiti patogeni. In allattamento è molto indicato il macrogol, sostanza inerte che trattiene<br />

acqua aumentando la massa fecale facilitando il transito intestinale, e che anche in gravidanza ha raccomandazione di<br />

grado A.<br />

b) intervento psicosessuale<br />

• Va riservato alla donna nella quale emerga un parallelo problema di vissuto negativo del parto, di depressione postpartum,<br />

di difficoltà nel recupero di una positiva immagine corporea, di inibizione del desiderio in assenza o dopo la cura<br />

delle eventuali cause organiche di dispareunia;<br />

• L’attenzione e il supporto alla coppia sono del pari importanti quando conflitti, difficoltà, incomprensioni, gelosie, anche<br />

nei confronti del bambino, rendano più difficile il recupero di una soddisfacente intimità fisica e psichica<br />

Bibliografia essenziale<br />

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physiopathological conditions. Part I. Minerva Ginecol. 60(2):105-14; 2008<br />

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intimate hygiene in women of different ages and in different physiopathological conditions. Part II. Minerva Ginecol.<br />

60(5):353-62; 2008<br />

Implicazioni ostetriche del dolore sessuale femminile 39


40<br />

Il punto di vista del fisioterapista<br />

A. Bortolami<br />

Fisioterapista Libero Professionista, Padova<br />

Fondatore e Responsabile del Gruppo di Interesse Specialistico (G.I.S.) Riabilitazione del Pavimento Pelvico,<br />

<strong>Associazione</strong> Italiana Fisioterapisti (AIFi)<br />

Dottore Magistrale in Scienze delle Professioni Sanitarie della Riabilitazione<br />

Il dolore sessuale in relazione ad implicazioni ostetriche costituisce interesse e competenza del fisioterapista poiché è un<br />

sintomo che può essere correlato a disfunzione muscolare ed alle disabilità ad essa conseguente. Tale disfunzione riguarda<br />

principalmente il complesso muscolare del pavimento pelvico, e secondariamente, l’intero cingolo pelvico.<br />

Risultano inoltre rilevanti eventuali comorbilità associate alla disfunzione muscolare del pavimento pelvico, come sintomi<br />

urologici e colo-procotologici, solitamente relativi alle difficoltà di svuotamento vescicale e rettale.<br />

La condizione più frequente di dolore sessuale correlato all’ostetricia riguarda il periodo successivo al parto e si identifica con<br />

dispareunia e conseguente vaginismo. Questi sintomi possono originare come esito di episiotomia o di lacerazione avvenuta<br />

durante il parto per via vaginale, oppure possono essere la conseguenza della secchezza vaginale presente durante il periodo<br />

di allattamento e dovuta ad alterazione ormonale. L’esito di episiotomia o lacerazione può determinare una cicatrice dolente e<br />

retratta, che coinvolge anche l’elevatore dell’ano; la seconda condizione invece può determinare dispareunia, alla quale può<br />

conseguire iperattività muscolare dello stesso muscolo e successivo vaginismo.<br />

Possono influire negativamente nella condizione della sessualità della donna, alcune disfunzioni muscolo-scheletriche del<br />

cingolo pelvico. Esse possono generare dolore in questo distretto e sono rappresentate da lombalgia, instauratasi durante<br />

la gravidanza e che può permanere nel periodo successivo al parto, e da distasi della sinfisi pubica, evento pur raro, ma<br />

possibile come conseguenza del parto.<br />

Altra condizione di interesse fisioterapico riguarda la presenza di vaginismo primario o secondario e/o di dispareunia già<br />

in essere prima della gravidanza, nonché il permanere di tali sintomi durante questa: per essi risulta opportuno realizzare<br />

una preparazione del perineo al parto, ai fini di incrementare le proprietà visco-elastiche delle fibre muscolari e dei tessuti,<br />

prevenendo così nel miglior modo possibile le lacerazioni della zona.<br />

In ogni caso nel dolore sessuale correlato a disfunzione muscolare del pavimento pelvico, quest’ultimo si presenta ipertonico<br />

e dolente alla digitopressione.<br />

La fisioterapia costituisce una possibile opzione terapeutica per il dolore sessuale femminile correlato ad implicazioni ostetriche<br />

e sostenuto da disfunzione muscolare. Questa terapia è indirizzata alla risoluzione o diminuzione del dolore, attraverso il<br />

ripristino di corretti parametri muscolari e articolari e, conseguentemente, alla risoluzione delle disabilità presenti. Inoltre,<br />

in caso di comorbilità relativa a sintomi urologici e colo-proctologici, la fisioterapia è indirizzata anche al ripristino di corretti<br />

parametri comportamentali, che potrebbero, se non risolti, mantenere o peggiorare la condizione della paziente.<br />

La fisioterapia si avvale di tecniche e strumenti che vengono diversamente utilizzati a seconda della condizione della paziente<br />

e del momento terapeutico; essi infatti si differenziano per modalità di utilizzo, indicazioni e controindicazioni, evidenza<br />

scientifica. All’interno di un processo di ragionamento clinico, la loro scelta è finalizzata anche a personalizzare ogni singolo<br />

trattamento terapeutico.<br />

Le tecniche e gli strumenti utilizzabili in caso di disfunzione sessuale correlata a disfunzione muscolare sono: esercizio<br />

terapeutico, terapia manuale, biofeedback elettromiografico, elettroterapia antalgica (Tens), dilatatori vaginali, autotrattamento<br />

e trattamento domiciliare, trattamento comportamentale e modificazioni dello stile di vita, prodotti topici non farmacologici.<br />

Le terapie strumentali di biofeedback elettromiografico ed elettroterapia antalgica (Tens) non vengono utilizzate durante il<br />

periodo della gravidanza.<br />

Nel caso in cui siano presenti disfunzioni muscolo-scheletriche del cingolo pelvico che influenzano la funzione o il dolore<br />

sessuale, esse vanno trattate con la fisioterapia secondo tecniche e strumenti adeguati.<br />

La fisioterapia ha anche l’obiettivo di prevenire la trasformazione del dolore da nocicettivo a neuropatico, condizione altamente<br />

invalidante per la qualità di vita della paziente.


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Implicazioni ostetriche del dolore sessuale femminile 41


Dolore sessuale femminile:<br />

comorbilità, diagnosi e terapia<br />

Aspetti relazionali e sociali del dolore sessuale femminile 43


44<br />

Endometriosi e dispareunia: diagnosi e terapia<br />

P. Vercellini 1 , A. Graziottin 2<br />

1 Clinica Ginecologica Mangiagalli, Università di Milano<br />

2 Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica, H. San Raffaele Resnati<br />

L’endometriosi può colpire la sessualità della donna e della coppia con molteplici modalità.<br />

Nella donna, può provocare:<br />

a) dispareunia profonda, soprattutto in caso di adenomiosi e nelle localizzazioni alla parete vaginale posteriore e, in<br />

particolare, al fornice posteriore e ai legamenti utero-sacrali. La dispareunia profonda può essere il primo sintomo di<br />

un’endometriosi ancora altrimenti silente. Il dolore che la donna avverte durante il rapporto può essere evocato con<br />

la messa in tensione dei ligamenti utero-sacrali durante la visita ginecologica.<br />

b) inibizione secondaria del desiderio e dell’eccitazione:<br />

• per il dolore, che causa inibizione riflessa della lubrificazione e della congestione genitale, con secchezza<br />

vaginale, dispareunia e contrazione difensiva, “auto protettiva” dell’elevatore dell’ano;<br />

• per la depressione, conseguente al dolore e alle conseguenze dell’endometriosi sulla vita personale, sulla<br />

fertilità, sulla relazione di coppia;<br />

• per lo stress cronico biologico, conseguente sia al dolore fisico e psichico, sia agli aspetti iatrogeni, per la<br />

frustrazione di non essere creduta nella verità del proprio dolore e per l’effetto “nocebo” di prognosi pesanti<br />

o catastrofiste, che non lasciano spazio alla speranza di guarigione. Lo stress cronico, attraverso l’aumento<br />

persistente dei glucocorticoidi, deprime la via dopaminergica, riducendo l’energia vitale, il desiderio sessuale<br />

e la stessa capacità di provare piacere (“anedonìa”); deprime la via serotoninergica, causando depressione,<br />

e la via opiatergica, aumentando la sensibilità al dolore. Crea inoltre un’iperattività dell’amigdala, facilitando<br />

l’ansia libera (“free floating anxiety”) che aumenta sia la possibilità di percepire maggiormente il dolore, sia di<br />

contribuire ad una sessualità disfunzionale;<br />

• per l’effetto iatrogeno farmacologico di terapie quali gli analoghi, che inibendo la produzione di ormoni ovarici,<br />

riducono sì i sintomi e la progressione della malattia, ma privano - temporaneamente - la donna di un fattore<br />

trofico essenziale per la sua risposta sessuale;<br />

c) inibizione dell’orgasmo coitale:<br />

• per il dolore;<br />

• per l’inadeguata formazione della “piattaforma orgasmica”, conseguente alla inibizione della lubrificazione<br />

e della congestione genitale;<br />

• per l’impossibilità di erotizzare l’aggressività sana implicita nella penetrazione. La paura del dolore e<br />

l’ansia anticipatoria aumentano lo stato d’allerta (antierotico per definizione), impediscono l’abbandono e<br />

inibiscono la possibilità di eccitazione, di piacere e di orgasmo anche a livello centrale.<br />

Per la coppia, l’endometriosi può costituire una pesante “prova da carico” sessuale ed esistenziale, a causa:<br />

• del dolore fisico e psichico che comporta alla donna;<br />

• delle limitazioni sessuali (sessualità non penetrativa fino all’astinenza);<br />

• dei limiti procreativi fino alla franca infertilità.<br />

La difficoltà/impossibilità di avere normali rapporti sessuali può creare sintomi disfunzionali nell’uomo (caduta di desiderio,<br />

difficoltà di mantenimento dell’erezione, eiaculazione precoce), oppure aumento di aggressività e della probabilità di relazioni<br />

extraconiugali fino alla rottura della relazione di coppia.<br />

Inoltre, la secchezza vaginale e l’ipertono difensivo dell’elevatore, correlati al dolore, che ne conseguono, possono facilitare<br />

la comparsa – o peggiorare la progressione - di altre patologie in comorbilità con l’endometriosi. In particolare di:<br />

• vestibolite vulvare, perché facilitano microabrasioni del vestibolo durante la penetrazione;<br />

• sindrome della vescica dolorosa (the “evil twins”): per l’effetto traumatico del coito su uretra e trigono, in assenza<br />

di lubrificazione e congestione dei vasi periuretrali (usualmente consensuale all’eccitazione e alla congestione<br />

vaginale, clitoridea e bulbo vestibolare), per la concomitante iperattività dei mastociti loco-regionali e per il probabile<br />

“cross-talk” tra fibre nervose che innervano tessuti vicini. Va ricordato che nel dolore neuropatico la possibilità<br />

di degranulazione neurogena dei mastociti indotta per via retrograda lungo le vie sensoriali può concorrere a, o<br />

determinare, uno stato infiammatorio cronico non infettivo ma “chimico”.<br />

Obiettivi di questa presentazione sono:<br />

i. discutere le implicazioni relative al rapporto tra endometriosi e sessualità, in base alle evidenze disponibili;<br />

ii. individuare i fattori fisiopatologici che possono concorrere a causare dispareunia profonda e comorbilità associate,<br />

e che meritano di essere precocemente diagnosticati e trattati.


Sindrome della vescica dolorosa e dispareunia: diagnosi e terapia<br />

M. Cervigni<br />

U.O.C. Uroginecologia, Ospedale S. Carlo – IDI, Roma<br />

Introduzione<br />

La Sindrome della Vescica Dolorosa/Dolore Pelvico Cronico (Bladder Painful Syndrome/Chronic Pelvic Pain BPS/CPP) è una<br />

sindrome eterogenea caratterizzata da dolore pelvico cronico, frequenza ed urgenza, in assenza di infezioni del tratto urinario.<br />

Assai spesso è associata una dispareunia superficiale e profonda sostenuta da una vestibulodinia talvolta severa. Diversi<br />

studi suggeriscono che la BPS/CPP può essere più comune di quanto precedentemente ritenuto. La BPS/CPP conosciuta<br />

anche come Cistite Interstiziale (CI) è una diagnosi largamente di esclusione e la presentazione clinica è simile a quella di<br />

altri disturbi similari più comuni (1,2). Un paziente tipico può consultare fino a 5-7 specialisti prima di arrivare ad una diagnosi<br />

definitiva fatta dopo un periodo di 3-5 anni. Sebbene molti medici considerano la CI una malattia relativamente rara per la<br />

quale non esiste una trattamento efficace, attualmente esiste una reale capacità di guarigione della malattia.<br />

Epidemiologia<br />

Il Dolore Pelvico Cronico (CPP) non è soltanto una delle più frequenti condizioni ginecologiche che colpisce oltre 9 milioni di<br />

donne negli Stati Uniti, ma anche una delle più difficili da trattare (3). Attualmente non esistono criteri diagnostici standardizzati<br />

ed accettati a livello internazionale per la definizione di CPP e recentemente due studi multicentrici hanno dimostrato che più<br />

dell’80% dei pazienti con CPP avevano una partenza del Dolore dalla vescica secondario ad un danneggiamento epitaliale o<br />

alla CI(4,5).<br />

La CI è una patologia largamente presente nell’età adulta; il cui inizio è frequentemente compreso tra i 30 e i 70 anni di età con<br />

l’età media di inizio intorno ai 43 anni (6). Il disturbo è più comune nel sesso femminile in un rapporto di 5 a 1 (7). La CI riferita<br />

come “Sindrome”, si sovrappone significativamente con la Prostatite o altre malattie confondenti.<br />

Studi epidemiologici mostrano una prevalenza che può variare da 18.6/100.000 donne fino a 67/100.000 (8,9). Un problema<br />

centrale nella valutazione dell’epidemiologia della CI è la definizione della malattia. Il National Institute of Diabetes and<br />

Digestive and Kidney Diseases (NIDDK) nel 1988 publicò un elenco di criteri diagnostici a scopo di ricerca. Tuttavia questa<br />

definizione esclude tutti i casi avanzati di CI e si perdono così circa il 60% di casi clinici (10). Di fatto,usando metodi differenti,<br />

dati recenti suggeriscono che la prevalenza della CI può essere 10 volte più alto di quanto precedentemente stimato ( 11).<br />

Eziologia e patogenesi<br />

Sebbene la vera causa della CI non sia nota, numerose teorie sono state proposte .<br />

Tra queste quelle ritenute tra le più accreditate sono:<br />

• Disfunzione epiteliale<br />

Una delle principali ipotesi è che la CI sia causata da un difetto della superficie interna della mucosa vescicale (urotelio).<br />

La superficie uroteliale è ricoperta da una superficie mucinosa composta da Glicosaminoglicani (GAG) (12). Questa<br />

componente è idrofila e protegge l’urotelio da agenti potenzialmente pericolosi (batteri, proteine, ioni). In tali pazienti lo<br />

strato dei GAG è deficiente e facilita che le sostanze irritanti presenti nelle urine penetrino attraverso l’urotelio causando<br />

uno stato irritativo ed infiammatorio (13).<br />

• Attivazione delle Mast Cellule<br />

Numerosi investigatori hanno identificato un incremento del numero di mast cellule (MC) nella vescica delle pazienti<br />

affette da CI e nella muscolare e nella sottomucosa (14). L’associazione con l’incremento di MC è più forte allorchè la CI<br />

è in forma più avanzata, come nelle pazienti con Ulcere di Hunner (forma ulcerativa di CI) (15). Le MC sono presenti in<br />

prossimità delle terminazione nervose delle Ulcere di Hunner e la loro attivazione può interferire con la funzione nervosa<br />

(16). Un cut-off con un valore superiore a 25/mm 2 è considerata sinonimo di mastocitosi.<br />

• Infiammazione Neurogena<br />

Infiammazione Neurogena (IN) è considerata un altro importante meccanismo fisiopatologico della CI. La componente<br />

nervosa sensitiva della vescica si attiva per un fenomeno di “upregulation” con una forte attivazione nel sistema<br />

nervoso centrale (17). Possibili cause di attivazione nervosa sensoriale include la stimolazione o una danneggiamento<br />

al sistema nervoso periferico tramite il potassio o la presenza di sostanze tossiche nelle urine. In questo senso, vi è una<br />

cascata di eventi : aumentato livello di sostanza P nelle urine, attivazione delle MC, attivazione delle fibre C e rilascio<br />

di neurotrasmettitori nocicettivi. Possibili fattori causali che scatenano questa cascata di eventi includono: stress,<br />

cambiamenti ormonali (ciclo mestruale e menopausa) (18).<br />

• Autoimmunità<br />

L’Autoimmunità è un’altra possibile componente del processo patologico della CI. Molti dei sintomi della CI sono simili a<br />

quelli di altre malattie autoimmuni quali: Fibromialgia, Sindrome della Stanchezza Cronica, Sindrome di Sjogren, Sindrome<br />

dell’Intestino Irritabile, Lupus Eritematoso Sistemico, Artrite Reumatoide (19,20).<br />

Dolore sessuale femminile: comorbilità, diagnosi e terapia 45


46<br />

Diagnosi<br />

L’abilità a diagnosticare le forme iniziali o moderate dipende dalla consapevolezza del medico. Nonostante la mancanza di<br />

dati per una valutazione clinica certa, la definizione dell’NIDDK è l’unica riconosciuta a livello internazionale, sebbene troppo<br />

restrittiva come strumento clinico.<br />

La valuatzione diagnostica dovrebbe:<br />

1. identificare sintomi di dolore, urgenza e frequenza<br />

2. escludere altre malattie confondibili<br />

3. usare questionari di valutazione specifica (Pain Urgency/Frequency Symptom Score – PUF e O’Leary/Sant Questionnaire)<br />

Una attenta storia clinica ed un esame fisico dovrebbero evidenziare la durata dei sintomi ed il comportamento sessuale.<br />

L’esame pelvico può rilevare la dolorabilità vescicale o gli altri Trigger Point. Il test di sensibilità al Potassio (PST) si basa sulla<br />

ipotesi che la disfunzione uroteliale possa facilitare l’ingresso degli ioni potassio attraverso la mucosa vescicale, che una<br />

volta superata la barriera depolarizzano le terminazioni nervose della muscolare vescicale (detrusore) causando i sintomi di<br />

dolore, urgenza e frequenza (21). Usando il test al Potassio, Parsons riferisce una risposta positiva nell’85% dei casi di pazienti<br />

con CI (22). La Cistoscopia è fondamentale per valutare la presenza di glomerulations o le classiche ulcere di Hunner. La<br />

procedura dovrebbe essere effettuata in narcosi con idrodistensione secondo i criteri dell’ NIDDK per confermare la diagnosi<br />

di CI (23). La Valutazione Urodinamica non è strettamente necessaria se non sono presenti specifiche disfunzioni minzionali<br />

(flusso intermittente, disuria severa, capacità ridotta, iperattività, ecc). Una altra indagine utile alla valutazione di queste<br />

pazienti è la Vulvoscopia associata al Q-tip touch screen per effettuare un Mapping perineale del dolore e per identificare i<br />

vari Trigger Point.<br />

Conclusioni<br />

La CI è una delle patologie croniche più invalidanti soprattutto nel sesso femminile Le pazienti soffrono per la conseguenza<br />

di questa Sindrome assai spesso mal diagnosticata o sottovalutata. Questo è dovuto in parte alla complessità ed agli aspetti<br />

multifattoriali della patologia e d’altro canto alla scarsa attenzione posta dalla Comunità Scientifica. E’ ormai nota una possibile<br />

correlazione tra BPS/CPP e Vestibulodinia, riconoscendo l’infiammazione pelvica di verosimile origine neurogenica alla base<br />

di questa Sindrome polifattoriale e poliviscerale. Un grande miglioramento è stato fatto in questa area negli ultimi 10 anni con<br />

positive aspettative nel futuro di queste donne.<br />

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2000


Il dolore vulvare: implicazioni neurologiche e muscolari<br />

L. Bertolasi<br />

U.O. di Neurologia, Ambulatorio per i disturbi del movimento dell’età pediatrica, Policlinico G. B. Rossi, Università<br />

degli Studi di Verona<br />

Il mantenimento della continenza urinaria e rettale, lo svuotamento urinario e rettale, le funzioni sessuali sono la conseguenza<br />

del corretto coordinamento tra attività della vescica urinaria e dei suoi sfinteri, del retto e dei suoi sfinteri e tra muscoli che<br />

costituiscono il piano perineale. Tali meccanismi dipendono direttamente dall’integrità di un complesso sistema di controllo<br />

neurale, che coinvolge vie nervose periferiche e centrali.<br />

La complessità anatomo-fisiologica del piano pelvico e degli organi ad esso connessi, conferisce allo studio neurofisiologico<br />

un ruolo importante nella comprensione dei meccanismi che ne consentono il corretto funzionamento e nella rilevazione dell<br />

possibili alterazioni.<br />

Lo studio neurofisiologico del pavimento pelvico si basa sulla rilevazione dell’attività elettrica generata dalle fibre muscolari<br />

striate in condizioni basali e durante attività volontaria e riflessa, sulla valutazione della velocità di conduzione della componente<br />

nervosa motoria e sensitiva dei muscoli che lo costituiscono e sull’analisi delle vie centrali oltre che sulla rilevazione dell’integrità<br />

della componente autonomica.<br />

Elettromiografia<br />

A differenza della restante muscolatura striata, i muscoli appartenenti alla linea mediana ed in particolare del piano pelvico<br />

presentano un’attività tonica a riposo caratterizzata dal reclutamento di poche unità motorie che scaricano a bassa frequenza.<br />

Nel soggetto sano, lo sforzo volontario incrementa il reclutamento fino a raggiungere l’interferenza mentre il ponzamento<br />

inibisce la scarica di ogni unità motoria realizzando il silenzio elettrico.<br />

La rilevazione viene generalmente eseguita con elettrodo ad ago concentrico. L’indagine standard con ago concentrico<br />

consiste nell’introduzione dell’ago-elettrodo nel muscolo per rilevare l’attività dei potenziali di unità motoria a riposo e durante<br />

l’attività volontaria e riflessa. Questa metodica di studio consente una valutazione qualitativa e quantitativa dell’innervazione<br />

delle fibre muscolari, documentando quadri di denervazione acuta o cronica, totale o parziale, di reinnervazione o quadri di<br />

iperattività muscolare.<br />

Nelle stuazioni caratterizzate da ipertono muscolare del piano pelvico, accanto ad un’attività tonica di base, il più delle volte<br />

ricca, coesiste una mancata inibizione del reclutamento durante il ponzamento.<br />

VDC motoria del nervo pudendo<br />

La determinazione del tempo di latenza del nervo pudendo è un’indagine facilmente eseguibile con il cosiddetto elettrodo del<br />

“St Mark’s Hospital” in grado di valutare l’integrità funzionale della via motoria periferica. In alcuni pazienti con incontinenza<br />

si rilevano tempi di latenza molto lunghi e in soggetti con sequele chirurgiche o prolasso rettale completo si può dimostrare<br />

un’alterazione.<br />

Riflessi sacrali<br />

Elettrofisiologicamente i riflessi sacrali sono risposte riflesse dei muscoli perineali e pelvici in seguito a stimolazione elettrica<br />

della regione urogenitale. I due riflessi più comunemente evocati a livello sacrale sono il bulbocavernoso e il pudendo-anale.<br />

La branca afferente e quella efferente di entrambi i riflessi si collocano a livello del nervo pudendo e trovano un’integrazione<br />

centrale a livello di S2-S4.<br />

Sono costituiti da due risposte, una più precoce (R1) e una più tardiva (R2).<br />

La risposta R1 appare stimolo-dipendente e mostra una spiccata tendenza all’abitudine. Si ritiene che la risposta R1 sia mediata<br />

da circuiti oligosinaptici complessi.<br />

La risposta R2, più tardiva, polisinaptica, è l’espressione del controllo soprasegmentale.<br />

La valutazione dei riflessi sacrali da stimolo elettrico del nervo dorsale del pene o del clitoride, assume una notevole importanza<br />

nei pazienti con lesioni della cauda equina o del secondo motoneurone, sebbene il riscontro di una latenza normale del riflesso<br />

non possa escludere la possibilità di una lesione assonale nell’arco riflesso. Riflessi sacrali con latenze molto brevi possono<br />

suggerire la presenza di una tethered cord, ma sono stati descritti anche pazienti con lesioni soprasacrali che presentavano<br />

un riflesso diminuito in latenza.<br />

Ma il corretto e fisiologico funzionamento dell’apparato muscolare pelvico è il risultato di un equilibrato controllo eccitatorio<br />

e inibitorio sulle vie finali ultime effettrici. Così anche l’incrementata ampiezza delle risposte riflesse, in particolare della R2,<br />

documenta la presenza di un patologico ridotto controllo inibitorio che clinicamente si esprime con una eccessiva attività<br />

muscolare. Il vaginismo, caratterizzato da spasmi muscolari involontari, ne rappresenta il tipico esempio.<br />

Penziali evocati somatosensitivi da stimolo del nervo pudendo.<br />

I potenziali evocati somatosensitivi (PESS) del nervo pudendo si ottengono dalla stimolazione elettrica del nervo dorsale del<br />

pene o del clitoride, rispettivamente nell’uomo o nella donna mediante elettrodi ad anello o a placca penieni e la registrazione<br />

delle risposte evocate viene effettuata a livello lombare e corticale.<br />

La registrazione dei PESS corticali del nervo pudendo, da stimolo elettrico del nervo dorsale del pene o del clitoride sembra<br />

essere una metodica utile nel monitoraggio intraoperatorio dei pazienti con lesioni del cono o della cauda equina, sottoposti<br />

ad intervento chirurgico.<br />

Le risposte di origine corticale rapprendano anche il frutto di una integrazione ed elaborazione del segnale proveniente dalla<br />

periferia. Così come già descritto per gli arti inferiori, anche per i PESS da stimolo del nervo pudendo, la risposta corticale N50<br />

può dimostrare una mancata inibizione, con la tecnica del doppio stimolo, in situazioni cliniche di iperattività muscolare a livello<br />

del pavimento pelvico come nel vaginismo.<br />

Dolore sessuale femminile: comorbilità, diagnosi e terapia 47


<strong>Vulvodinia</strong>, dispareunia<br />

e contraccezione ormonale<br />

Dolore sessuale femminile: comorbilità, diagnosi e terapia 49


50<br />

Innocente?<br />

A. Graziottin<br />

Direttore del Centro di Ginecologia, H. San Raffaele Resnati, Milano<br />

La contraccezione moderna è nata con l’obiettivo di separare la procreazione dalla sessualità in modo controllato, sicuro,<br />

efficace e reversibile.<br />

Due sono i corollari positivi principali: dare alla genitorialità la dimensione della scelta, nei tempi e nei modi, specialmente per<br />

la donna, e dare alla sessualità una maggiore dimensione ludica e creativa: emozioni, affetti, piacere e soddisfazione fisica<br />

e psichica. Tuttavia, l’accusa di “lesa sessualità” da parte della contraccezione, specialmente ormonale, è periodicamente<br />

riattivata da ricerche scientifiche e rilanciata con clamore sui media.<br />

Due le critiche più recenti.<br />

1) L’incremento persistente della SHBG, oltre la sospensione del contraccettivo orale. Poiché la quantità di testosterone<br />

libero è modulata dal livello di SHBG, alcuni ricercatori ipotizzano che questo incremento sia responsabile sia della<br />

caduta di desiderio lamentata da molte donne in corso di contraccezione ormonale, sia dell’onda lunga di inibizione<br />

del desiderio stesso che in molte donne persisterebbe oltre la sospensione del contraccettivo. Inibizione cui<br />

potrebbero conseguire anche difficoltà di lubrificazione e dispareunia.<br />

2) L’incremento significativo della vulvodinìa nelle donne che hanno fatto uso precedente di contraccettivi ormonali,<br />

specie se usati prima di 18 anni.<br />

Obiettivo di questa presentazione è:<br />

• discutere le implicazioni relative al rapporto tra contraccezione ormonale e sessualità, in base alle evidenze<br />

disponibili;<br />

• evidenziare i bias che possono indurre ad una erronea colpevolizzazione della contraccezione ormonale;<br />

• individuare i fattori fisiopatologici che possono concorrere a causare dispareunia e vulvodinìa e che meritano<br />

di essere precocemente diagnosticati e trattati per evitare cronicizzazioni che possono concorrere a patologie<br />

sessuali.<br />

Infine verrà discusso il peso relativo dei fattori biologici, motivazionali e relazionali presenti nell’uso di un determinato<br />

contraccettivo nonché dell’importanza del dialogo medico-paziente nell’affrontare in modo appropriato anche le implicazioni<br />

sessuali della contraccezione.


Colpevole?<br />

F. Murina<br />

Primo Referente Servizio di Patologia Vulvare, Ospedale V. Buzzi, Università di Milano<br />

Direttore Scientifico <strong>Associazione</strong> Italiana <strong>Vulvodinia</strong><br />

E’ stato evidenziato come fattori ormonali correlati agli estrogeni ed al testosterone possono svolgere un ruolo rilevante nella<br />

vestibolodinia.<br />

Le donne con vestibolodinia hanno una espressione significativamente ridotta di recettori estrogenici in sede vestibolare, ciò<br />

spiega la frequente osservazione un assottigliamento della mucosa vestibolare che appare più fragile e vulnerabile.<br />

Il ruolo degli androgeni nella vestibolodinia è di recente introduzione ed appare molto interessante dal punto di vista<br />

concettuale.<br />

Il tessuto vestibolare è di derivazione dal seno urogenitale, che è embriologicamente analogo alle ghiandole urogenitali del<br />

maschio.<br />

Queste ghiandole esprimono un’alta concentrazione di recettori androgenici, che implicano come un’adeguata quantità di<br />

testosterone è essenziale per il mantenimento di un corretto trofismo tissutale.<br />

Analogamente a quanto avviene per gli estrogeni, anche per gli androgeni è stato dimostrato come nelle donne con<br />

vestibolodinia, c’è una minor espressione recettoriale a livello vestibolare.<br />

Uno studio clinico ha comparato 138 pazienti con vestibolodinia rispetto a 309 controlli, rilevando che le donne che avevano<br />

usato estro progestinici contraccettivi (E-P) erano 6.66 volte più a rischio di sviluppare una vestibolodinia rispetto a quelle<br />

non li avevano mai assunti ; inoltre se l’assunzione era avvenuta prima dei 16 anni, il rischio relativo raggiungeva le 9.3 volte,<br />

in particolare se l’uso era stato protratto dai 2 ai 4 anni.<br />

Gli ormoni contenuti negli E-P agiscono negativamente nella vestibolodinia attraverso un meccanismo di down-regulation<br />

dei recettori estrogenici nel tessuto vulvo-vaginale. Questi, inoltre, modificano la quantità e la qualità del muco, rendendo più<br />

vulnerabile la mucosa vestibolare, che diventa maggiormente irritabile da parte delle secrezioni vaginali fisiologicamente ad<br />

un ph acido, tipico dell’età fertile della donna.<br />

Test di valutazione sensitiva (soglia quantitativa di percezione termico-tattile) eseguiti in sede vestibolare, hanno evidenziato<br />

come nelle donne che assumono E-P vi sia una soglia di percezione tattile al dolore significativamente più bassa rispetto ai<br />

controlli, in particolare nella parte posteriore del vestibolo.<br />

Queste evidenze suggeriscono come l’uso degli E-P può indurre un incremento della sensibilità della mucosa vestibolare in<br />

donne sane, contribuendo allo sviluppo di una vestibolodinia.<br />

Analizzando la dose e la composizione degli E-P, si è evidenziato come non tutti i prodotti si comportano allo stesso modo nei<br />

confronti della vulvodinia. I preparati a basso contenuto estrogenico (


La vulvodinia: il dilemma del<br />

dolore “senza cause apparenti”<br />

La vulvodinia: il dilemma del dolore “senza cause apparenti” 53


54<br />

Eziopatogenesi e semeiologia<br />

A. Graziottin 1 , F. Murina 2<br />

1 Direttore del Centro di Ginecologia, H. San Raffaele Resnati, Milano<br />

2 Primo Referente Servizio di Patologia Vulvare, Ospedale V. Buzzi, Università di Milano. Direttore Scientifico<br />

<strong>Associazione</strong> Italiana <strong>Vulvodinia</strong><br />

Il termine vulvodinìa definisce la sindrome dolorosa vulvare. La vulvodinìa può essere spontanea o provocata.<br />

Dal punto di vista etiologico, la vulvodinìa è in genere multifattoriale, ed è caratterizzata da:<br />

1) fattori predisponenti:<br />

• biologici, costituiti da una iper-reattività del mastocita, probabilmente geneticamente determinata, a stimoli<br />

infiammatori infettivi, per esempio da candida, chimici, fisici, traumatici (incluso in microtrauma introitale<br />

durante la penetrazione in condizioni di secchezza vaginale e/o di ipertono dell’elevatore associato o meno<br />

a vaginismo); da iper-reattività del sistema muscolare locale con iperattività primaria (miogena), che può<br />

associarsi a stipsi ostruttiva, o acquisita; da iperreattività del sistema del dolore, periferico e centrale, cui<br />

può concorrere una più alta ansia di tratto, costituzionale;<br />

• psicogeni, costituiti da traumi psichici, abusi fisici o sessuali, negletto affettivo, che attivano una risposta<br />

cronica da stress attraverso il “corticotropin-releasing factor (CRF) signaling pathways”, con alterazioni<br />

centrali e periferiche conseguenti alla attivazione surrenalica e alla iperproduzione di glucocorticoidi che<br />

aumentano la vulnerabilità del sistema nervoso, immunitario e muscolare a noxae e stimoli algogeni esogeni<br />

and endogeni, nonché ad alterazioni del sonno;<br />

2) fattori precipitanti:<br />

• biologici, costituiti da antibiotici, che possono scatenare un’infezione ricorrente da candida;<br />

rapporti sessuali, per le microabrasioni che possono indurre a livello della mucosa vestibolare, specie se<br />

già infiammata; traumi meccanici, anche sportivi (ciclismo o spinning); lesioni iatrogene, post-episiotomia;<br />

post laser-terapia, post-chemio o radioterapia pelvica; disendocrinie, quali il diabete con cattivo controllo<br />

glicemico e candida secondaria recidivante;<br />

• psicogeni, per traumi acuti sessuali (abusi), affettivi, emotivi;<br />

3) fattori di mantenimento:<br />

• biologici e psicogeni, costituiti da persistenza di uno o più fattori predisponenti e/o precipitanti, per<br />

inadeguata diagnosi, omissione diagnostica, insufficiente terapia;<br />

Dal punto di vista fisiopatologico<br />

• La vestibolite vulvare, quadro clinico che ha un’etiologia di tipo infiammatorio, è caratterizzata da:<br />

- iperattività del mastocita, che è il direttore d’orchestra di tutta la risposta flogistica locale. Esso libera nel<br />

tessuto fattori dell’infiammazione (citochine, sostanza P, tumor-necrosis-factor alpha; sostanze vasoattive)<br />

che promuovono il rossore e l’edema tessutale, il bruciore e il dolore; serotonina; fattori neurotrofici (Nerve<br />

Growth Factor) che stimolano la proliferazione delle fibre nervose del dolore; enzimi ad azione litica (triptasi<br />

ed eparanasi) che distruggono il connettivo del tessuto infiammato, assottigliando la mucosa e aumentando<br />

la vulnerabilità a “traumi” anche minimi, quali la penetrazione in condizione di secchezza vaginale e/o di<br />

spasmo delle fibre nervose;<br />

- iperattività delle fibre nervose del dolore, A delta e C, che proliferano verso gli strati più superficiali della<br />

mucosa vestibolare. L’aumento di numero concorre all’iperalgesia mentre lo spostamento delle fibre<br />

nervose verso gli strati più superficiali della mucosa spiega il viraggio percettivo da stimolo tattile a dolore<br />

urente (“allodinìa”), in caso di contatto per visita ginecologica o con rapporto;<br />

- iperattività del muscolo elevatore dell’ano, che può essere primaria (“miogena”) presente in circa il<br />

28% delle vestiboliti vulvari con dispareunia lifelong, o acquisita, quando la contrazione è difensivamente<br />

evocata dallo stato infiammatorio locale.<br />

• La vulvodinìa disestesica, che include tutti i quadri in cui il sintomo dolore non correla con alcun dato semeiologico<br />

apprezzabile alla visita ginecologica, pur accuratissima. In questi casi la vulvodinìa è espressione di:<br />

- dolore neurologico: da sindrome da intrappolamento del nervo pudendo, post chirurgica o post traumatica,<br />

dopo traumi sacro-coccigei, per compressione di una o più delle branche del pudendo provenienti da<br />

S2,S3,S4; da traumi acuti o cronici del medesimo, a livello vulvare, per esempio nel ciclismo; da sclerosi<br />

multipla, che abbia interessato il pudendo; da neuropatia periferica iatrogena, per esempio postchemioterapia,<br />

post-radioterapia o post- laserterapia vulvare. Le evidenza anatomopatologiche dipendono


dalla patologia di base;<br />

- dolore neuropatico, in cui il viraggio da dolore nocicettivo si caratterizza per la riduzione/perdita dei segni<br />

almeno macroscopici dell’infiammazione e per la predominanza del sintomoalgico, che risulta generato<br />

lungo le vie e i centri del dolore. Dati recenti suggeriscono tuttavia che anche nel dolore neuropatico possa<br />

persistere una componente infiammatoria sottosoglia.<br />

Dal punto di vista semeiologico<br />

• La vulvodinìa a genesi infiammatoria, la cosiddetta vestibolite vulvare, è caratterizzata dai segni tipici<br />

dell’infiammazione, con prevalenza di variabile rossore vestibolare, del dolore/bruciore, specialmente alle h.5 e alle<br />

h.7, se si guardi l’entrata vaginale come un quadrante dell’orologio, e della lesione funzionale (dispareunia introitale).<br />

Edema e calore sono più frequenti nelle vestiboliti associate a infezione da candida. Il dolore può essere spontaneo<br />

o provocato dal contatto con il dito guantato o con un cotton fioc mosso in modo random sulla vulva e sull’introito<br />

vaginale, per valutare la “mappa del dolore”. La quantizzazione va fatta per ciascun punto con scala analogica da<br />

zero a dieci. Il dato va registrato in cartella anche per monitorare nel tempo progressivi miglioramenti.<br />

Accanto a questi, è presente una variabile contrazione dell’elevatore dell’ano che può essere dolente o mialgico.<br />

La mialgia può essere localizzata o associarsi a fibromialgia sistemica. All’esame obiettivo è possibile visualizzare la<br />

contrazione del muscolo elevatore attraverso la retrazione del centro tendineo del perineo. Un’emorroide può essere<br />

più evidente, spesso alle ore 12 dello sfintere anale, in caso di comorbilità con stipsi ostruttiva. All’esplorazione, la<br />

contrazione del muscolo elevatore può essere evidenziata, alla palpazione alla sua inserzione sulla spina ischiatica<br />

bilateralmente, in forma di punto di dolorabilità localizzata (“tender point”) o punto di dolorabilità che si irradia<br />

in forma non metamerica e/o verso la vulva e/o verso la pelvi (“trigger point”). Questa dolorabilità è in genere più<br />

accentuata alla pressione sulla spina ischiatica di sinistra, in circa il 70-75% dei casi, per asimmetrie nella contrazione<br />

del muscolo elevatore (spesso associate a problemi posturali).<br />

• La vulvodinìa disestesica è per definizione muta dal punto di vista dell’esame obiettivo. Medici differenti possono<br />

tuttavia evidenziare segni di iperattività del muscolo elevatore, mialgia localizzata, o altri segni, in base all’accuratezza<br />

dell’esame e all’attenzione a possibili comorbilità.<br />

Semeiologia: esame obiettivo in caso di comorbilità associate a vulvodinìa<br />

• Comorbilità con sindrome della vescica dolorosa (dalle cistiti ricorrenti post-coitali alla cistite interstiziale): la<br />

palpazione può evidenziare dolorabilità in zona uretrale, e/o trigonale.<br />

• Comorbilità con endometriosi: l’esame obiettivo può evidenziare placche endometriosiche a livello della parete<br />

vaginale posteriore, specie del fornice vaginale, e/o dolorabilità specifica alla messa in tensione dei ligamenti utero<br />

sacrali, suggestiva di una localizzazione pelvica di endometriosi profonda. In caso di dischezia (defecazione dolorosa,<br />

specie in coincidenza con il ciclo), la esplorazione rettale potrebbe evidenziare una o più placche endometriosiche.<br />

Eventuali retrazioni cicatriziali della parete del colon, conseguenti all’infiammazione cronica associata ai focolai<br />

endometriosi, sono meglio evidenziabili con clisma opaco.<br />

• Comorbilità con sindrome del colon irritabile (IBS Irritable Bowel Syndrome): è obiettivabile l’iperattività del<br />

muscolo elevatore che può complicarsi con anismo in caso di IBS nella variabile stipsi ostruttiva primaria (lifelong).<br />

A livello addominale, la palpazione può evidenziare meteorismo, corda colica e variabile dolorabilità nella regione<br />

delle fosse iliache o delle flessure del colon.<br />

• Comorbilità con fibromialgia: è obiettivabile la dolorabilità elettiva alla palpazione di alcuni o tutti i 18 punti tipici<br />

della sindrome fibromialgica.<br />

La vulvodinia: il dilemma del dolore “senza cause apparenti” 55


56<br />

Le implicazioni psicosessuologiche<br />

M. Puliatti<br />

Presidente <strong>Associazione</strong> Italiana <strong>Vulvodinia</strong> O.N.L.U.S.<br />

Negli ultimi anni, molti studi si sono concentrati nell’individuare gli esiti dell’impatto della vulvodinia sulla qualità della vita,<br />

relazionale e sessuale della donna e sull’individuazione di fattori predisponenti quali ad esempio traumi sessuali, familiarità<br />

per disagi psicologici e per disfunzioni sessuali, esperienze pregresse di dolore, aborto e conflitti sessuo-relazionali, che<br />

possono insieme a fattori organici, genetici e infettivi, creare una vulnerabilità psicobiologia all’insorgenza della malattia<br />

(Puliatti, 2010 a).<br />

Da un punto di vista psicofisiologico la vulvodinia (Puliatti, 2010) si può inquadrare all’interno del più ampio quadro clinico<br />

delle sindromi dolorose. Il dolore è un fenomeno percettivo molto complesso multidimensionale, in cui pensieri, emozioni e<br />

comportamenti ne influenzano la formazione, la percezione e il mantenimento. Ad esempio fattori squisitamente psicologici<br />

possono causare iper-reattività muscolare nei confronti di uno stress psicologico; sebbene questo fenomeno non possa<br />

essere considerato un indicatore diretto del dolore, tuttavia l’iper-reattività muscolare allo stress psicologico può contribuire<br />

allo spasmo muscolare e pertanto all’aumento dell’effetto nocicettivo e all’esarcebazione del dolore. Il dolore a sua volta può<br />

agire come ulteriore fattore di stress e accrescere la tensione muscolare, nonché provocare la formazione di trigger point<br />

perpetuando l’ormai noto ciclo tensione-dolore-tensione (Rossi, 2004, Ercolani, Pasquini, 2007; Puliatti, 2010 a, b).<br />

La spiegazione di questo meccanismo è prettamente psicofisiologica, poiché l’attività elettrica dei trigger point si incrementa<br />

durante un’attività stressante (Wise, Anderson, 2008).<br />

Il Sistema Nervoso Autonomo (SNA) regola tutte le funzioni di base del nostro organismo, operando autonomamente senza<br />

il nostro controllo ed è l’attivatore delle nostre risposte di sopravvivenza. Il SNA comprende Il Sistema Nervoso Simpatico<br />

(SNS) che aiuta il corpo a prepararsi alla minaccia e il Sistema Nervoso Parasimpatico (SNP) che aiuta a scaricare la tensione<br />

dell’attivazione quando la minaccia è cessata, questo è un processo che di solito avviene naturalmente in un continuo ciclo<br />

di carica- scarica della tensione (Grafico 1) (Levine, 2000).<br />

Grafico 1<br />

La risposta sana ad una minaccia del Sistema Nervoso<br />

Quando questo processo naturale di tensione, scarica non avviene, il Sistema Nervoso rimane bloccato sul Simpatico, con<br />

una iperreattività del Sistema Nervoso Simpatico, in cui la persona rimane in continuo stato di allarme e di tensione muscolare<br />

(Grafico 2) (Levine, 2000; Wise, Anderson, 2008; Bitzer 2009).


Grafico 2<br />

La risposta anomala ad una minaccia del Sistema Nervoso<br />

Per quello che riguarda invece la percezione del dolore, tra le aree cerebrali implicate ci sono quelle che elaborano pensieri<br />

ed emozioni complessi. Corteccia prefrontale e amigdala potrebbero mediare gli effetti del dolore cronico sulla cognizione,<br />

mentre la corteccia anteriore del cingolo, coinvolta negli aspetti emotivi del dolore, potrebbe avere un ruolo in alterazioni<br />

delle emozioni, come la depressione, associate al dolore cronico. Il dolore non stimola solo le aree sensoriali del cervello<br />

ma attiva anche intensamente aree implicate nelle emozioni, per esempio la corteccia anteriore del cingolo, che presiede gli<br />

aspetti emotivi del dolore, e l’amigdala, che fa da mediatrice nelle sensazioni, compresa la paura. Nel dolore cronico queste<br />

aree possono diventare iperattive, e possono avere un ruolo importante nelle reazioni intensificate alla stimolazione (Porreca,<br />

Price, 2010).<br />

Una reazione emotiva sproporzionata ad un evento stressante, allo sviluppo di una infezione o di una sintomatologia dolorosa,<br />

può quindi giocare un ruolo importante nella cronicizzazione della sintomatologia dolorosa, perpetuando un circolo vizioso<br />

che partendo dalla paura del dolore, innesca meccanismi di aumento di tensione muscolare, aumentando o generando il<br />

dolore stesso (Puliatti, 2010 a, b).<br />

L’ansia sembra essere un tratto costante di queste pazienti, che in situazioni critiche sono portate ad attivare reazioni<br />

ansiose di intensità medio-alta, manifestando un’intolleranza verso situazioni nuove e/o di incertezza e verso i cambiamenti.<br />

Il collegamento tra ansia e dolore è costituito dal sistema nervoso simpatico, la cui stimolazione abbassa la soglia del dolore<br />

e aumenta l’attività spontanea dei nocicettori (Ercolani, Pasquini, 2007; Puliatti b).<br />

Appare chiaro quindi, perché il ruolo delle implicazioni psicosessuali nella vulvodinia ormai sia ampiamente studiato, sia<br />

perché tutte le patologie che sono in grado di alterare l’equilibrio vulvo-vaginale esercitano un profondo impatto nella vita<br />

sessuale di una donna sia perché gli organi genitali rappresentano il luogo simbolico in cui i conflitti sessuali e relazionali ed<br />

eventi traumatici trovano modo di esprimersi (Puliatti, 2010 b).<br />

La vulvodinia è un problema che include elementi psicosomatici, sessuali e fattori relazionali rilevabili rispetto la normale<br />

popolazione. Possono inoltre essere presenti disturbi subclinici sotto diagnosticati quali difficoltà ad esprimere le proprie<br />

emozioni, ma anche distorsioni circa l’immagine corporea e dei propri genitali (Jantos, 1997; Puliatti, Petrocelli, 2006;<br />

Gianantonio, Puliatti, 2007; Puliatti a, b, c), come si può notare ad esempio nel disegno dei genitali rappresentato da una<br />

paziente vulvodinica di 28 anni (Figura 1-2).<br />

Figura 1<br />

Disegno dei genitali esterni di paziente vulvodinica di 28 anni<br />

La vulvodinia: il dilemma del dolore “senza cause apparenti” 57


58<br />

Figura 2<br />

Disegno organi interni disegnati dalla stessa paziente<br />

Abusi sessuali, disturbi affettivi, disturbi sessuali, depressione e ansia mettono queste donne nelle condizioni di focalizzarsi<br />

su aspetti negativi di ogni esperienza, specie se dolorosa, tendendo a minimizzare i risultati positivi (Graziottin, Giovannini,<br />

2006; Giannantonio, Puliatti, 2007; Puliatti 2010 a, b, c).<br />

La donna si può sentire più vulnerabile, impotente, può provare una sensazione di minor controllo sul suo corpo e quindi può<br />

percepirsi come inadeguata rispetto al suo ruolo sessuale (Grafico 3).<br />

Grafico 3<br />

Implicazioni psicosessuali della vulvodinia<br />

Sensazione di<br />

impotenza<br />

Sensazione di<br />

mancanza di<br />

controllo<br />

delle<br />

sensazioni del<br />

proprio corpo<br />

<strong>Vulvodinia</strong><br />

Blocco<br />

nell’intimità<br />

sessuale<br />

Sensazione di<br />

difettosità


Al di là che i fattori psicologici siano primari o secondari in questa sindrome, appare chiaro come sia necessaria l’integrazione<br />

della psicoterapia all’approccio più di tipo ginecologico.<br />

Un approccio integrato che dovrebbe includere la riduzione dell’ansia e della tensione muscolare, il trattamento delle<br />

disfunzioni sessuali concomitanti ed eventuali problematiche di coppia, la desensibilizzazione e la gestione del dolore, il<br />

miglioramento delle proprie capacità di autoefficacia nell’affrontare la malattia e il trattamento di eventuali eventi traumatici<br />

pregressi.<br />

Riferimenti bibliografici<br />

• Bitzer J: Female sexuality and chronic pelvic pain. Suppl Giornale Italiana Italiano Ostetricia e Ginecologia 31(6/7):20-<br />

24; 2009<br />

• Ercolani M. Pasquini L: La percezione del dolore. Il Mulino, Bologna, 2007<br />

• Giannantonio M, Puliatti M: Conseguenze sessuologiche e uro-ginecologiche a lungo termine dell’abuso sessuale<br />

infantile: considerazioni diagnostiche e implicazioni terapeutiche. XIV Congresso AIAMC, Genova, 2007<br />

• Graziottin A. Giovannini N: La vestibolite vulvare: prospettive terapeutiche. In Benassi L. Graziottin A. <strong>Vulvodinia</strong> e<br />

vestibolite vulvare. CIC, Roma, 2006<br />

• Jantos M: The vestibulitis syndrome. Medical and Psychosexual assessment. Appl Psychophisiology Biofeedback<br />

33(1):29-38; 1997<br />

• Levine P: Traumi e shock emotivi. Come uscire dall’incubo di violenze, incidenti e esperienze angosciose.<br />

Macroedizioni, Diegaro di Cesena, 2000<br />

• Porreca F. Price T. Quando il dolore non passa. Mente e Cervello 62: 76-85, 2010<br />

• Puliatti M. Petrocelli V: Rappresentazione grafica delle donne con vulvodinia. Medicina Psicosomatica 51(3):111-<br />

1117; 2006<br />

• Puliatti M: L’approccio psicosessuologico alla vulvodinia. In Dionisi B. Murina F. Puliatti M. <strong>Vulvodinia</strong>: linee guida<br />

d’indirizzo. CIC, 2010 a (in stampa)<br />

• Puliatti M: Psicosomatica del dolore pelvico cronico femminile. SEU, Roma, 2010 b<br />

• Puliatti M: L’EMDR nel trattamento del dolore uro-ginecologico. Medicina Psicosomatica, 2010 c (in stampa)<br />

• Rossi N: Psicologia clinica delle professioni sanitarie. Il Mulino, Bologna, 2004<br />

• Wise D: Anderson R. A headache in the pelvis: a new understanding and treatment for chronic pelvic pain syndromes.<br />

National Center for Pelvic Pain Research, Occidental, CA, 2008<br />

La vulvodinia: il dilemma del dolore “senza cause apparenti” 59


60<br />

Strategie terapeutiche<br />

F. Murina 1 , A. Graziottin 2<br />

1 Primo Referente Servizio di Patologia Vulvare, Ospedale V. Buzzi, Università di Milano. Direttore Scientifico<br />

<strong>Associazione</strong> Italiana <strong>Vulvodinia</strong><br />

2 Direttore del Centro di Ginecologia, H. San Raffaele Resnati, Milano<br />

La terapia della vulvodinia non è legata ad un protocollo terapeutico standardizzato e l’impostazione della cura deve essere<br />

personalizzata in relazione alle peculiarità di ogni paziente.<br />

Ciò nonostante il clinico che gestisce la malattia deve costruire un programma che sia razionale, strutturato, multidisciplinare<br />

e, soprattutto, scevro da elementi di casualità. Si deduce, pertanto, che la terapia della vulvodinia può prevedere più strumenti<br />

da utilizzarsi in modo sincrono o metacrono.<br />

Analizzando gli elementi fisiopatologici basilari della malattia, un orientamento terapeutico prevede l’applicazione di cure nei<br />

seguenti campi d’intervento:<br />

1. alterazione delle fibre nervose nocicettive e dei meccanismi di percezione del dolore a livello del sistema nervoso<br />

centrale;<br />

2. iperattività mastocitaria;<br />

3. alterazione del pattern di contrattilità della muscolatura del pavimento pelvico;<br />

4. azione sui fattori predisponenti e precipitanti.<br />

Alterazione delle fibre nervose nocicettive<br />

• TENS (Transcutaneous Electric Nerve Stimulation) - La tecnica prevede l’applicazione di uno stimolo elettrico nei<br />

confronti delle terminazioni nervose sottocutanee; in relazione ai parametri utilizzati (ampiezza e durata dell’impulso),<br />

è possibile agire sulle terminazioni nervose attraverso un meccanismo di neurofisiologico mirato. Il meccanismo<br />

d’azione della Tens è sostenuto dall’attivazione di sistemi d’inibizione periferica degli stimoli nocicettivi (teoria del<br />

“gate control”), nonché dallo stimolo alla produzione e liberazione di oppiodi endogeni, neuropeptidi e neuromediatori<br />

ad azione analgesica; entrambi i meccanismi d’azione non hanno una semplice azione sintomatica, ma agiscono con<br />

sinergia e gradualità ottenendo una sorta di “reset” del sistema nocicettivo, che si era abituato a veicolare in modo<br />

anomalo la percezione del dolore (iperestesia ed allodinia). L’efficacia della tecnica è stata validata in uno studio<br />

randomizzato con placebo, nel quale si è evidenziata una percentuale di efficacia nel 75% delle pazienti; in questo<br />

caso i parametri di stimolazione sono stati scelti tenendo conto di due aspetti: le caratteristiche delle sottopopolazioni<br />

delle fibre nervose (C,Aβ ed Aδ), e la peculiarità della mucosa vestibolare, sito dove viene posizionata la sonda che<br />

emette lo stimolo elettrico.<br />

• Terapia farmacologica - Tra i farmaci il principio attivo maggiormente utilizzato è l’amitriptilina; questa sostanza<br />

esercita un’inibizione noradrenengica e serotonergica della ricaptazione agendo primariamente sui recettori<br />

nocicettivi. Nella vulvodinia, l’amitriptilina ha evidenziato una percentuale di risposta positiva in circa il 50-60 % dei<br />

casi; si raccomanda di incominciare con una dose compresa tra i 5 mg ed i 25 mg, incrementando di 10-25 mg la<br />

settimana, generalmente senza superare i 150 mg al giorno. Gli effetti collaterali sono spesso un fattore limitante al<br />

raggiungimento della dose terapeutica (secchezza delle fauci, sonnolenza, aumento di peso corporeo, tachicardia<br />

e disturbi dell’accomodazione visiva). L’utilizzo appropriato di alcuni gruppi di farmaci, come gli anticonvulsivanti,<br />

poggia sulla loro azione modulatrice nei confronti dei neurotrasmettitori (GABA). La conversione di glutammato<br />

(azione eccitatoria) in GABA (azione inibitoria) e l’antagonismo nei confronti dei recettori NMDA sono i punti cardine<br />

dell’efficacia terapeutica di questi farmaci. Il principio attivo maggiormente utilizzato è la gabapentina, segue la più<br />

recente evoluzione pregabalina. Complessivamente è riportata una risposta clinica pari al 65% dopo terapia con<br />

gabapentina. Gli effetti avversi più comuni in corso di terapia con gabapentin e pregabalina sono vertigini e sonnolenza.<br />

È consigliabile associare farmaci differenti (ad es. amitriptilina + gabapentina) per sfruttare l’azione sinergica di<br />

principi attivi differenti, consentendo di ridurre la posologia, per attenuare gli eventuali effetti collaterali.


Iperattività mastocitaria<br />

• Aliamidi - La palmitoiletanonolamide (PEA), fisiologicamente sintetizzata nel tessuto quando lo stimolo mastocitario<br />

diviene sovra massimale, controlla il tono degranulatorio del mastocita, attraverso un meccanismo noto con l’acronimo<br />

ALIA (Autocoid Local Injury Antagonism). La Politadina, glucoside naturale è in grado di svolgere un’importante<br />

azione antiossidante, contrastando la degranulazione mastocita ria indotta dallo stress ossidativo. L’associazione<br />

di questi due principi attivi può essere un ottimo coadiuvante nel controllo della risposta infiammatoria propria<br />

dell’innesco, del mantenimento e della riattivazione delle alterazioni neuropatiche proprie della vulvodinia.<br />

• Terapia infiltrativa vestibolare - In casi selezionati possono essere efficaci infiltrazioni sottomucose vestibolari di<br />

cortisonico e anestetico locale (metilprednisone o betametasone con lidocaina). La rapida interruzione del sintomo,<br />

l’azione antiinfiammatoria e l’effetto inibitorio esercitato sulle nervose, giustificano l’efficacia di questa strategia.<br />

Alterazione del pattern di contrattilità della muscolatura del pavimento pelvico<br />

• Biofeedback elettromiografico - La tecnica, messa a punto da Glazer (5), utilizza un elettromiografo di superficie<br />

collegato ad un sensore endovaginale. In questo modo, la paziente ha una visione di ritorno di quello che sta facendo<br />

e quindi ha la possibilità di vedere se esegue correttamente l’esercizio affidatogli dal terapeuta ed eventualmente<br />

di correggersi. La finalità della terapia è consentire alla paziente d’imparare a controllare la muscolatura pelvica,<br />

riducendo progressivamente l’ipertono che la caratterizza. A differenza della TENS, il biofeedback elettromiografico<br />

non è facilmente riproducibile, e risente di due fattori limitanti: l’esperienza del terapista che lo coordina e la<br />

compliance della paziente (protocolli domiciliari ripetitivi e di lunga durata), come dimostrato da un elevato numero<br />

di dropout se comparato ad una tecnica invasiva quale la chirurgia.<br />

• Infiltrazione muscolare della tossina botulinica - La tossina agisce a livello della giunzione neuromuscolare inibendo<br />

il rilascio dell’acetilcolina, e quindi provocando una spasmo lisi muscolare. Nella vulvodinia la tecnica non è ancora<br />

standardizzata, ma crescenti sono le promettenti segnalazioni riguardanti il suo utilizzo.<br />

Azione sui fattori predisponenti e precipitanti<br />

• Fattori biologici - Particolare attenzione deve essere posta nella diagnosi e cura di episodi infettivi quali le candidosi,<br />

che devono essere approcciate in modo adeguato e competente. Fondamentale è l’adottare adeguate norme<br />

comportamentali che migliorino l’efficacia del trattamento ed aiutino a ridurre le recidive; tra queste:<br />

- indossare biancheria intima di cotone bianco e pantaloni comodi ed ampi;<br />

- usare detergenti intimi adeguati: delicati, non profumati;<br />

- evitare esercizi fisici che comportino un eccessivo sfregamento e frizione sulla regione vulvare (es.<br />

bicicletta, ciclette o spinning).<br />

• Fattori psicogeni - Un supporto psicoterapeutico può essere utile, in particolare quando in anamnesi si evidenzino<br />

elementi riferibili a traumi psichici, abusi fisici o sessuali.<br />

Bibliografia essenziale<br />

• Reed BD, Caron AM, Gorenflo DW, Haefner HK: Treatment of vulvodynia with tricyclic antidepressants: efficacy and<br />

associated factors. J Low Genit Tract Dis 10(4):245-51; 2006<br />

• Murina F, Tassan P, Roberti P, Bianco V: Treatment of vulvar vestibulitis with submucous infiltrations of<br />

methylprednisolone and lidocaine. J Low Genit Tract Dis 6(1):62; 2002<br />

• F Murina, V Bianco, G Radici, R Felice, M Di Martino, U Nicolini: Transcutaneous electrical nerve stimulation to treat<br />

vestibulodynia: a randomised controlled trial. BJOG 115:1165-1170; 2008<br />

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